1919 - Trattato di Pace di Versailles

 

        

 

Il 7 maggio 1919, a Versailles, gli alleati consegnano a Scheidemann il trattato di pace, che i tedeschi possono solo accettare o respingere, prendendo una decisione entro quindici giorni. Rientrato a Weimar, davanti alla commissione di pace, il cancelliere dichiara trattarsi di un «documento di cecità e di odio, una condanna a morte col beneficio della condizionale». Constatato che la sola alternativa sarebbe la ripresa del conflitto, ipotesi respinta dallo stato maggiore dell'esercito, il 22 giugno il parlamento ratifica il trattato, nonostante il voto contrario della destra.
 Come milioni di tedeschi che cercano di dimenticare di aver perso la guerra, Hitler è indignato. Il trattato effettivamente non è che un'imposizione (diktat) che i tedeschi non hanno alcun diritto di negoziare, e questo è il primo motivo di scontento; è altresì eccessivamente punitivo: sottoscrivendolo la Germania riconosce la propria totale responsabilità per lo scoppio della guerra, assumendosi tutte le conseguenze morali ed economiche (art. 231).
 Guglielmo II e il generale Hindenburg sono deferiti a un tribunale internazionale «per aver commesso atti contrari agli usi e costumi di guerra» (art. 227): sono accusati di aver invaso due paesi neutrali, il Belgio e il Lussemburgo, violando i principi fondamentali del diritto delle genti. La Germania deve rinunciare, a favore delle principali potenze alleate, a tutti i possedimenti d'oltremare: Togo, Camerun e Africa sud-occidentale devono essere consegnate alla Società delle Nazioni (art. 119).
 I confini della Germania sono ridisegnati: l'Alsazia e la Lorena tornano alla Francia, che sfrutterà le miniere di carbone della Saar per quindici anni, trascorsi i quali gli abitanti della regione, governata in questo frattempo dalla Società delle Nazioni, sceglieranno attraverso plebiscito tra Francia e Germania. Analoghe scelte dovranno essere compiute dagli abitanti di Malmedy, Eu-pen e Saint Vith, cittadine ai confini col Belgio, e dello Schleswig, regione confinante con la Danimarca. Il distretto di Memel, che conta quarantamila abitanti, è assegnato alla Lituania. Vaste zone della Prussia Orientale, dove tre milioni di polacchi vivono frammisti con poco più di due milioni di tedeschi, passano alla Polonia, e Danzica diventa città libera con un "corridoio" di accesso alla Germania. Al fine di garantire la Francia da attacchi tedeschi, una parte cospicua della Renania dovrà restare smilitarizzata. Il nuovo esercito tedesco sarà composto da non più di centomila uomini, con non più di quattromila ufficiali. L'accademia militare prussiana viene chiusa, la coscrizione obbligatoria è abolita e gli armamenti sono fortemente limitati: niente più carri armati, né aerei da guerra, né artiglieria pesante; le navi da guerra sono ridotte a trentasei; tutte le altre unità della flotta sono assegnate agli alleati in risarcimento per i danni di guerra. L'ammontare dei danni di guerra sarà fissato da una commissione interalleata che consentirà ai tedeschi di esprimere il loro parere e le cui conclusioni saranno notificate al governo tedesco entro il 1° maggio 1921. Intanto i tedeschi devono versare un acconto di cinque miliardi di marchi oro e a semplice richiesta dovranno consegnare, sempre a titolo di acconto sui danni di guerra, carbone, legname d'opera, bestiame e navi (art. 233). A titolo di garanzia di esecuzione del trattato, le potenze alleate occuperanno i territori a ovest del Reno per quindici anni (art. 428). Riuniti a Spa dal 13 al 16 luglio 1920 per definire la ripartizione dei risarcimenti dei danni di guerra, gli alleati concorderanno di destinarne il 52% alla Francia, il 22% all'Inghilterra, il 10% all'Italia, 1'8% al Belgio. Alla conferenza di Londra del marzo 1921 i vincitori quantificheranno in 132 miliardi di marchi l'importo che la Germania dovrà pagare.
 La Germania si dirà disponibile a pagarne 30. In base al trattato di Saint-Germain-en Laye, l'Austria, a sua volta ridimensionata, diventa repubblica: la regione dei sudeti, la Boemia, la Moravia e la Rutenia entrano a far parte del nuovo stato chiamato Cecoslovacchia. Il Sud Tirolo è assegnato all'Italia.

 

L'UNDICESIMA ORA DELL'UNDICESIMO GIORNO

L'11 Novembre alle ore 11 s'è conclusa col cessate il fuoco la sanguinosa prima Guerra Mondiale. La data e l'orario furono stabiliti a tavolino, o meglio su quel vagone Vagon Lits parcheggiato a Compiegne. Gli stati maggiori alleati non hanno però dato ai comandanti in campo alcuna disposizione circa i comportamenti da adottare nelle ultime ore di guerra. Questo "vuoto" di disposizioni dette luogo a comportamenti diversi tra i vari comandanti di reparto, alcuni dei quali dettero l'ordine di attendere l'undicesima ora, altri adottarono tattiche aggressive nei confronti del nemico. Tant'è che nelle ultime ore di guerra furono oltre 12 mila i soldati colpiti inutilmente, di cui oltre 2500 morirono all'ultima ora e molte migliaia rimasero mutilati dalle granate in quell'ultima giornata di guerra. Le migliaia di lettere inviate dei parenti degli uccisi al Congresso statunitense, obbligarono i politici ad instituire una commissione d'inchiesta del Senato. La commissione giunse, nel dicembre del 1918, alla conclusione che fu l'ambizione e lo spirito di vendetta di ufficiali d'alto grado a determinare quell'inutile sacrificio per migliaia di soldati oramai sul punto di tornare alle loro case, alle loro famiglie. Fu anche accertato che in quelle ore nessun ufficiale superiore perse la vita. Quando però si trattò di passare a considerare le responsabilità individuali dei Capi di Stato Maggiore, tutto finì nel non luogo a procedere per ragioni "politiche" e di "immagine" dell'esercito vittorioso. Non diverso fu il ruolo degli alti ufficiali francesi ed inglesi in quelle ultime ore di guerra. Molti mostrarono un vero e dichiarato disinteresse per le vite inutilmente sacrificate in quelle ultime ore di guerra oramai chiusa a tavolino. Ma né in Francia, né in Inghilterra si giunse a nessun atto di condanna o censura. Anzi, in Francia il Generale Foch fu senza discussioni celebrato come un eroe della Patria e tutt'oggi annoverato fra i Grandi di Francia, nonostante il dichiarato spirito vendicativo nei confronti degli sconfitti, tanto da spingerlo ad ordinare inutili e sanguinosi (per entrambe le parti) attacchi fino all'ultimo minuto. Il Generale comandante il contingente inglese si spinse ad affermare pubblicamente: "se solo fosse durata dieci giorni in più...".

 

 

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