In Italia, questi anni a
cavallo di due secoli sono quelli che vedono
anche lo scoppio delle contraddizioni della
giovane Nazione: la povertà dilagante,
soprattutto nel meridione, spinge almeno 500
mila emigranti ogni anno verso le americhe; il
lungo periodo di pace e stabilità politica (Età
Giolittiana) non ha rafforzato gli ideali
democratici, al contrario si moltiplicano i
movimenti antidemocratici, la corruzione e la
noia, tanto che qualcuno ebbe a dire che "la
pace corrompe lo spirito". La cultura europea
del primo Novecento è impregnata di
catastrofismo e senso della morte come
sacrificio estremo, come riscatto. Tanta parte
dell'arte e della letteratura europea di questo
periodo porta i segni di una catastrofe in
divenire. Non è un caso che proprio in questo
periodo nasce il Movimento Futurista di Tommaso
Marinetti, esploso nel 1909 con il Manifesto
pubblicato su Le Figaro. Il Futurismo è una
sorta di ribellione permanente contro la
tradizione e i valori del passato; il movimento
esalta la guerra come unico mezzo di "igiene"
del mondo. E' anticlericale, antipacifista,
contro la democrazia parlamentare, per
l'abolizione delle scuole e il libero amore, ma
soprattutto opera una profonda trasformazione
del concetto di Libertà, che vuole sottomesso a
quello di "Italia", bene supremo da "liberare"
dal parlamentarismo e dalla "degenerazione
giolittiana" che volle estendere il suffragio a
tutto il sesso maschile, indipendentemente dalla
classe sociale. L'idea di Giolitti era infatti
quella di non escludere dai processi decisionali
la maggioranza della Nazione, costituita da
operai e contadini.
(Carlo Anibaldi 2008).
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