Principio attivo: clindamicina fosfato mg 712,92 equivalente a mg 600 di clindamicina base.
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Per ottenere concentrazioni ematiche di clindamicina superiori a | iniziare con fleboclisi rapida di | indi continuare con |
4 mcg / ml | 10 mg/min x 30' | 0,75 mg/min |
5 mcg / ml | 15 mg/min x 30' | 1,00 mg/min |
6 mcg / ml | 20 mg/min x 30' | 1,25 mg/min |
- Nella malattia infiammatoria pelvica: 900 mg ogni 8 ore per via endovenosa in associazione ad un appropriato antibiotico attivo sugli aerobi gram negativi.
Continuare la terapia per almeno 4 giorni e comunque per 48 ore dopo che si è osservato un miglioramento nella paziente.
- Toxoplasmosi cerebrale in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: 600 - 1200 mg di clindamicina per via endovenosa ogni 6 ore per 2 settimane, proseguire il trattamento con preparazioni per via orale fino a 8-10 settimane.
- Polmonite da Pneumocystis carinii in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: 600 mg di clindamicina per via endovenosa ogni 6 ore, somministrata per 21 giorni, e 15-30 mg di primachina somministrata per os 1 volta al giorno per 21 giorni.
Bambini: al di sopra dei due anni di età somministrazione per via intramuscolare profonda o per fleboclisi:
- infezioni gravi: 15 - 25 mg/kg/die suddivisi in 3 - 4 somministrazioni.
- Infezioni gravissime: 25 - 40 mg/kg/die suddivisi in 3-4 somministrazioni. Il dosaggio da somministrare ai bambini può in alternativa essere valutato in base alla superficie corporea: 350 mg/m2 /die per le infezioni gravi e 450 mg/m2 /die per le infezioni gravissime.
Se si dovesse manifestare una diarrea grave sospendere l'antibiotico.
Diluizione e velocità di somministrazione:
non somministrare per via intramuscolare dosi singole superiori a 600 mg. La concentrazione di clindamicina nel diluente per infusione non deve superare 12 mg/ml e la velocità di infusione non deve superare 30 mg al minuto. La somministrazione di clindamicina mediante fleboclisi va effettuata secondo lo schema seguente:
Dose | diluire in | tempo di somministrazione |
300 mg | 50 ml | 10 minuti |
600 mg | 50 ml | 20 minuti |
900 mg | 100 ml | 30 minuti |
1200 mg | 100 ml | 40 minuti |
Si raccomanda di non somministrare più di 1200 mg in una singola infusione della durata di un'ora.
Compatibilità
La Clindamicina fosfato è risultata fisicamente e chimicamente compatibile per almeno 24 ore in soluzioni iniettabili di destrosio 5 % e cloruro di sodio 0,9 % contenente i seguenti antibiotici nelle concentrazioni comunemente impiegate: amikacina, aztreonam, cefamandolo, cefazolina, cefotaxima, cefoxitina, ceftazidima, ceftizoxima, gentamicina, netilmicina, piperacillina e tobramicina.
La compatibilità e la durata di stabilità delle miscele di farmaci variano in funzione della concentrazione e di altre condizioni.
È invece incompatibile con ampicillina, difenilidantoina, barbiturici, aminofillina, solfato di magnesio e gluconato di calcio.
Per la presenza di alcol benzilico il prodotto non deve essere somministrato ai bambini al di sotto dei due anni.
In gravidanza e durante l'allattamento.
La clindamicina si è dimostrata efficace nel trattamento di infezioni da stafilococchi resistenti ad altri antibiotici; prima dell'impiego è necessario tuttavia eseguire opportuni test microbiologici al fine di stabilire la sensibilità in vitro dei germi verso l'antibiotico.
Per la possibilità di coliti prima di prescrivere la clindamicina il medico deve valutare la natura dell'infezione e la possibilità di impiego di farmaci meno tossici.
A seguito della somministrazione di clindamicina fosfato sono stati segnalati casi di diarrea di modesta entità che possono regredire alla semplice sospensione della terapia. Sono anche stati riportati alcuni casi di diarrea persistente e grave. In concomitanza alla diarrea è stata riscontrata a volte la presenza di sangue e muco nelle feci che in qualche caso è esitata in colite acuta anche ad esito infausto.
Coliti antibiotico dipendenti possono insorgere durante la somministrazione od anche dopo due o tre settimane dalla fine della terapia.
Dagli studi è emerso che una delle cause primarie delle coliti antibiotico dipendenti è rappresentata da una tossina prodotta dai clostridia. La colite è usualmente caratterizzata da grave e persistente diarrea con crampi addominali e può esservi presenza di sangue e muco nelle feci. La colite se non è diagnosticata e trattata tempestivamente può evolvere a peritonite, shock e megacolon tossico.
L'esame endoscopico può rivelare colite pseudomembranosa. Se esiste un sospetto di colite si raccomanda un esame rectosigmoidoscopico.
La presenza di colite può essere ulteriormente confermata dall'esame colturale delle feci per il Clostridium difficile in un medium selettivo e dal saggio per la tossina del C. difficile.
I casi di colite lieve possono risolversi spontaneamente con l'interruzione della somministrazione di clindamicina. I casi di colite moderata o grave devono essere trattati prontamente con somministrazioni di soluzioni di elettroliti e proteine.
Gli antiperistaltici, gli oppiacei e il difenossilato più atropina possono prolungare e/o peggiorare le condizioni.
La vancomicina è risultata efficace nel trattamento delle coliti pseudomembranose antibiotico dipendenti prodotte dal Clostridium difficile. Il dosaggio per gli adulti è da 500 mg a 2 grammi / die di vancomicina per via orale suddivisa in tre-quattro somministrazioni per un periodo di 7 - 10 giorni.
Sono stati descritti alcuni rari casi di tachicardia dopo trattamento con vancomicina.
La colestiramina si lega alla tossina in vitro, però questa resina si lega anche alla vancomicina. Pertanto nel caso di somministrazione contemporanea di colestiramina e vancomicina è consigliabile somministrare ciascun farmaco a orari diversi.
I dati finora disponibili mettono in luce che i pazienti anziani e/o gravemente ammalati tollerano meno bene la diarrea; qualora questi pazienti dovessero essere trattati con clindamicina occorre prestare particolare attenzione alle variazioni della frequenza delle evacuazioni.
La clindamicina fosfato deve essere prescritta con cautela ad individui con anamnesi positiva per malattie gastrointestinali e particolarmente coliti ed agli individui atopici. Talvolta l'uso di antibiotici può provocare lo sviluppo di germi resistenti, in particolare lieviti.
Qualora dovesse manifestarsi una superinfezione intraprendere le misure terapeutiche adeguate.
Durante una terapia prolungata si devono effettuare esami periodici della funzionalità epatica e renale ed esami emocromocitometrici.
L'emivita del farmaco è risultata solo lievemente modificata negli epato-nefro pazienti. Pertanto nelle affezioni epatiche e renali di lieve o media gravità non è necessaria di norma una riduzione della dose che può essere richiesta nei casi di grave deterioramento della funzione del fegato e del rene.
La clindamicina ha mostrato di possedere proprietà di blocco neuromuscolare che possono potenziare l'effetto di farmaci specifici per questa azione; particolare cautela va quindi osservata nell'impiego della clindamicina in associazione a questi farmaci.
È stato dimostrato antagonismo in vitro tra la clindamicina e l'eritromicina che quindi non andrebbero somministrate contemporaneamente.
La clindamicina non deve essere iniettata per via endovenosa sotto forma di bolo non diluito, ma deve essere infusa in un periodo di almeno 10 - 60 minuti.
Non si raggiungono livelli significativi di clindamicina nel liquido cefalorachidiano, pertanto il farmaco non deve essere impiegato per il trattamento delle meningiti.
Tenere fuori dalla portata dei bambini.
In vitro è stato dimostrato un antagonismo fra clindamicina ed eritromicina mentre è riportata un'azione sinergica con il metronidazolo nei confronti del Bacterioides fragilis.
L'associazione con gentamicina può determinare occasionalmente un sinergismo e mai un antagonismo.
È stata dimostrata una reattività crociata fra clindamicina e lincomicina.
- Apparato gastrointestinale: dolore addominale, nausea, vomito e diarrea, ittero ed alterazioni della funzionalità epatica.
- Reazioni di ipersensibilità:
esantemi maculopapulosi, orticaria ed esantemi morbilliformi generalizzati (che sono tra le reazioni collaterali più frequenti), rari casi di eritema multiforme, alcuni tipo sindrome di Stevens-Johnson e di reazioni anafilattoidi. Qualora si verifichi uno di questi effetti collaterali la terapia con clindamicina deve essere sospesa; se le reazioni sono gravi trattarle come di consueto (adrenalina, corticosteroidi, antistaminici).
- Sistema ematopoietico:
si sono verificati casi di neutropenia transitoria (leucopenia), eosinofilia, agranulocitosi e trombocitopenia in cui non era dimostrabile alcuna correlazione eziologica con la clindamicina.
- Sistema cardiovascolare:
dopo somministrazione endovenosa troppo rapida sono stati riportati rari casi di ipotensione e di arresto cardiocircolatorio.
- Rene:
sebbene non sia stata stabilita una causa diretta è stata osservata in rare occasioni disfunzione renale con aumento dell'azotemia, oliguria e / o proteinuria.
- Reazioni locali :
irritazione, dolore ed ascessi locali sono stati osservati dopo somministrazione per via intramuscolare e tromboflebite dopo somministrazione endovenosa. Queste reazioni possono essere evitate praticando le iniezioni intramuscolari profondamente nei glutei ed evitando la somministrazione per endovena (somministrare mediante fleboclisi).
- Cute e mucose:
sono stati osservati prurito, rash cutanei, orticaria, vaginiti e rari casi di dermatite esfoliativa e bollosa.
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La clindamicina ha dimostrato di avere una attività in vitro nei confronti di ceppi isolati dei seguenti microrganismi:
Cocchi aerobi gram-positivi comprendenti Staphilococcus aureus, Staphilococcus epidermidis (compresi i ceppi produttori di penicillinasi). Quando saggiati in vitro alcuni ceppi di stafilococchi originariamente resistenti all'eritromicina sviluppano rapidamente una resistenza alla clindamicina.
Streptococchi (escluso S. faecalis);
Pneumococchi, Chlamydia trachomatis (ceppi sensibili);
Bacilli anaerobi gram-negativi comprendenti Bacterioides spp, Fusobactrium spp. ;
Bacilli anaerobi gram-positivi: asporigeni comprendenti Propionibacterium, Eubacterium, Actinomyces spp.;
Cocchi gram-positivi anaerobi e microaerofili comprendenti Peptococcus spp, Peptostreptococcus spp, Streptococchi microaerofili;
Clostridia: i clostridi sono più resistenti della maggior parte degli anaerobi alla clindamicina. La maggior parte dei C. perfringens sono sensibili ma altre specie, per esempio C. sporogenes e C. tertium sono frequentemente resistenti alla clindamicina.
Protozoi: Toxoplasma gondii, Pneumocystis carinii
Si suggerisce di effettuare test di sensibilità.
È stata dimostrata una resistenza crociata tra la clindamicina e la lincomicina come pure un antagonismo in vitro tra la clindamicina e l'eritromicina, quindi non devono essere somministrate contemporaneamente.
Dopo una iniezione intramuscolare di clindamicina fosfato si raggiungono le massime concentrazioni ematiche di clindamicina attiva entro 3 ore negli adulti e un'ora nei bambini. Le concentrazioni ematiche della clindamicina possono essere mantenute al di sopra delle minime concentrazioni inibenti in vitro la maggior parte dei germi indicati mediante somministrazione ogni 8 - 12 ore negli adulti e ogni 6 - 8 ore nei bambini, o mediante infusione venosa continua. Non si raggiungono livelli significativi di clindamicina nel liquido cefalorachidiano anche in presenza di meningi infiammate.
Nel latte materno la clindamicina è presente in quantità comprese tra 0,7 e 3,8 mcg/ml.
La clindamicina fosfato somministrata nel ratto alla dose di 120 mg/kg per 6 giorni o alla dose di 30 mg/kg per 30 giorni è stata ben tollerata. Somministrata nel cane per via venosa fino a 120 mg/kg per un periodo di 6-27 giorni non ha indotto modificazioni significative.
La somministrazione per via intramuscolare nel cane fino a 90 mg/kg/die per 6-30 giorni ha indotto dolore nel sito di iniezione e un aumento delle transaminasi. La tollerabilità locale e generale, valutata nel coniglio è risultata buona.
La clindamicina fosfato in studi condotti sul topo, ratto e maiale non ha mostrato alcun effetto di tipo teratogeno.
La somministrazione di 100 e 180 mg/kg a femmine di ratto e di topo non ha indotto variazioni dei parametri riproduttivi né effetti di tipo teratogeno.
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ampicillina, sodio difenilidantoina, barbiturici, aminofillina, magnesio solfato, gluconato di calcio.
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