- [Vedi Indice]Trattamento della cardiopatia ischemica
-angina pectoris cronica stabile (angina da sforzo),
-angina pectoris vasospastica (angina di Prinzmetal, angina variante).
Trattamento dell'ipertensione arteriosa.
Trattamento delle crisi ipertensive.
Trattamento della Sindrome di Raynaud (primaria e secondaria).
- Dosaggio
Il trattamento va possibilmente adattato alle necessità individuali in funzione della gravità della malattia e della risposta del paziente.
Inoltre, in relazione al quadro clinico individuale, la dose basale deve essere raggiunta gradualmente.
Qualsiasi aggiustamento ai dosaggi superiori o inferiori dev'essere effettuato solo sotto controllo Medico.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa può rendersi necessario un accurato controllo della situazione pressoria e, nei casi gravi, una riduzione del dosaggio.
Salvo diversa prescrizione medica, per l'adulto valgono le seguenti direttive posologiche:
In caso di cardiopatia ischemica:
-angina pectoris cronica-stabile (angina da sforzo): 1 capsula di Coral 3 volte al dì,
-angina pectoris vasospastica (angina Prinzmetal, angina variante): 1 capsula di Coral 3 volte al dì.
Se necessario il dosaggio può essere incrementato gradualmente in funzione delle esigenze individuali fino ad un massimo di 60 mg al giorno (2 capsule tre volte al dì).
In caso di ipertensione: 1-2 capsule di Coral 3 volte al dì.
Se necessario il dosaggio può essere incrementato gradualmente in funzione delle esigenze individuali fino ad un massimo di 60 mg al giorno (2 capsule tre volte al dì).
In caso di crisi ipertensiva: 1-2 capsule (10-20 mg) in dose singola.
Qualora l'effetto sulla pressione arteriosa fosse insufficiente, un'ulteriore capsula (10 mg) può essere somministrata dopo circa 30 minuti.
Se gli intervalli tra le dosi dovessero essere più brevi e/o la dose più elevata, si potrebbero manifestare pericolose condizioni d'ipotensione.
In caso di Sindrome di Raynaud: 1 capsula di Coral 3 volte al dì.
Se necessario il dosaggio può essere incrementato gradualmente in funzione delle esigenze individuali fino ad un massimo di 60 mg al giorno (2 capsule tre volte al dì).
- Durata del trattamento
La durata del trattamento dev'essere stabilita dal Medico curante. In relazione alla pronunciata attività antiischemica ed antiipertensiva, Coral dovrebbe essere sospesa gradualmente, in particolare quando vengano impiegati dosaggi elevati.
- Somministrazione
In genere le capsule vanno deglutite intere con poco liquido indipendentemente dai pasti.
La contemporanea assunzione di alimenti determina un ritardo, ma non una riduzione, dell'assorbimento.
In caso di dosi singole di 20 mg, l'intervallo di tempo compreso tra due assunzioni delle capsule non dovrebbe essere inferiore a 2 ore.
Qualora si rendesse necessaria un'azione particolarmente rapida ad esempio nel caso di crisi ipertensiva, la capsula va masticata e quindi deglutita.
Ipersensibilità nota al principio attivo o ad uno dei componenti del prodotto.
Gravidanza accertata o presunta ed in corso di allattamento.
Marcata stenosi aortica.
Shock cardiovascolare.
Terapia concomitante con rifampicina (in quanto l'induzione enzimatica non consente di ottenere livelli plasmatici efficaci di nifedipina).
Nifedipina nella formulazione a rilascio immediato è controindicata nell'angina instabile e dopo infarto miocardico recente (almeno 4 settimane dall'infarto miocardico).
Si raccomanda prudenza in caso di marcata ipotensione (pressione sistolica inferiore a 90 mmHg), manifesta insufficienza cardiaca ed in pazienti in trattamento con farmaci b-bloccanti o farmaci ipotensivi.
Il principio attivo, nella formulazione a rilascio immediato, può indurre un'eccessiva caduta pressoria con tachicardia riflessa che potrebbe dare luogo a complicanze cardiovascolari. Come con altre sostanze vasoattive molto raramente, può, inoltre, manifestarsi angina pectoris, in particolare all'inizio del trattamento.
In casi isolati è stata riportata l'insorgenza di infarto miocardico, sebbene non sia stato possibile distinguere tali episodi dal corso naturale della malattia di base.
Esistono alcune segnalazioni relative all'aumento di mortalità e morbilità nel trattamento della cardiopatia ischemica specialmente con dosaggi superiori a 60 mg/die.Il trattamento con nifedipina nella formulazione a breve durata di azione può aggravare l'angina pectoris. Non esistono prove che l'uso della nifedipina a rilascio immediato sia efficace nella prevenzione secondaria dell'infarto miocardico.
In corso di gravidanza (vedi paragrafo "Controindicazioni") in situazioni di emergenza ipertensiva, quali ad esempio l'eclampsia, il farmaco deve essere utilizzato sotto la responsabilità e lo stretto controllo del Medico e si raccomanda particolare cautela quando si somministri nifedipina in associazione a solfato di magnesio per via endovenosa, a causa di una possibile eccessiva caduta pressoria.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa può rendersi necessario un accurato controllo della situazione pressoria e, nei casi gravi una riduzione del dosaggio.
Durante il trattamento di pazienti diabetici o a rischio diabetico, dev'essere accuratamente controllata la glicemia; se compare iperglicemia la terapia dev'essere sospesa.
Nei pazienti sotto dialisi, affetti da ipertensione maligna e insufficienza renale irreversibile con ipovolemia, occorre prestare attenzione in quanto si può verificare un notevole calo pressorio a causa della vasodilatazione.
L'effetto di nifedipina sulla pressione arteriosa può essere potenziato da quello di altri farmaci antiipertensivi.
Qualora si associ a beta-bloccanti il paziente dovrebbe essere accuratamente sorvegliato poiché potrebbe manifestarsi ipotensione di grado elevato. È anche noto che in casi isolati si è verificato un peggioramento dell'insufficienza cardiaca.
La contemporanea somministrazione di nifedipina e di digossina può condurre ad un aumento dei livelli plasmatici di digossina, legata ad una riduzione della sua clearance.
A scopo precauzionale il paziente dovrebbe perciò essere controllato per rilevare l'eventuale comparsa di sintomi di sovradosaggio di digossina e, se necessario, per aggiustare il dosaggio di digossina sulla base dei suoi livelli plasmatici.
In singoli casi durante la contemporanea somministrazione di nifedipina e chinidina sono stati osservati livelli ridotti di chinidina oppure, dopo sospensione di nifedipina, un netto aumento dei livelli plasmatici di chinidina. Per questa ragione, qualora la nifedipina sia impiegata contemporaneamente o venga sospesa, si raccomanda di mantenere controllata la concentrazione di chinidina e, se necessario, di aggiustare il dosaggio.
La cimetidina eleva il livello plasmatico di nifedipina e può potenziarne l'effetto antiipertensivo.
La rifampicina, per il suo effetto d'induzione enzimatica, accelera il metabolismo della nifedipina, riducendone potenzialmente l'efficacia; per tale motivo l'impiego di nifedipina in combinazione con rifampicina risulta controindicato.
Il diltiazem diminuisce la clearance della nifedipina per cui i due principi attivi dovrebbero essere associati con cautela considerando, eventualmente, la riduzione del dosaggio di nifedipina.
L'assunzione contemporanea di succo di pompelmo inibisce il metabolismo ossidativo della nifedipina con conseguente aumento della sua concentrazione plasmatica che può causare un maggiore effetto antiipertensivo.
La valutazione dei valori urinari dell'acido vanilil-mandelico effettuata con il metodo spettrofotometrico, in presenza di nifedipina, può evidenziare falsi incrementi dell'acido stesso.
Tali valori non vengono, invece, modificati utilizzando il metodo HPLC.
Gravidanza
La nifedipina è controindicata in corso di gravidanza.
La nifedipina si è dimostrata in grado di provocare effetti teratogeni nel ratto e nel coniglio, comprese le anomalie digitali. Tali anomalie sono, verosimilmente, il risultato della compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione del principio attivo ha comportato una varietà di effetti tossici a carico dell'embrione, della placenta e del feto come scarso sviluppo fetale (ratto, topo, coniglio), ridotte dimensioni placentari ed ipotrofia dei villi coriali (scimmia), morte degli embrioni e dei feti (ratto, topo coniglio) e prolungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza neonatale (ratto; non valutati in altre specie). Tutti i dosaggi associati ad effetti teratogeni, embriotossici e fetotossici erano tossici per l'organismo materno e, comunque, risultavano di molte volte superiori la posologia massima indicata per l'impiego umano.
Non esistono studi adeguati e ben controllati nelle donne in gravidanza.
In singoli casi di fertilizzazione in vitro i calcio-antagonisti come la nifedipina sono stati associati ad alterazioni biochimiche reversibili con corrispondenza della parte apicale dello spermatozoo, con possibile alterazione funzionale dello sperma.
Nei casi di ripetuto insuccesso della fertilizzazione in vitro, non riconducibili ad altri motivi, i calcio-antagonisti come la nifedipina dovrebbero essere considerati come possibile causa.
Allattamento
La nifedipina passa nel latte materno. Poiché non esistono dati sui possibili effetti sul neonato, qualora dovesse rendersi necessario un trattamento con nifedipina durante questo periodo, l'allattamento dovrebbe essere interrotto.
Le reazioni al farmaco, che variano da individuo ad individuo, possono compromettere la capacità di guidare o di usare macchinari. Ciò si riferisce particolarmente all'inizio del trattamento, al cambio del farmaco ed in relazione all'assunzione di bevande alcoliche.
Le reazioni avverse più comuni basate sulle sperimentazioni cliniche e classificate per frequenza ed apparato sono:
Frequenza d'incidenza
³1% <10%
Organismo nel suo complesso: astenia (stanchezza)Apparato cardiovascolare: vasodilatazione (vampate, sensazione di calore)Disordini metabolici e nutrizionali: edema perifericoSistema nervoso: giramento di testa, cefalea
Frequenza d'incidenza ³ 0,1 <1%
Apparato cardiovascolare: sintomatologia pseudo-anginosa, dolore toracico, ipotensione, palpitazione, tachicardiaApparato digerente: stipsi, diarrea, nauseaSistema nervoso: nervosismoCute ed annessi: prurito, rash (esantema)Organi di senso: alterazione della vista
Frequenza d'incidenza ³ 0,01%< 0,1%
Organismo nel suo complesso: reazione allergicaApparato cardiovascolare: sincopeApparato muscolo-scheletrico: mialgiaSistema nervoso: tremore, vertigineApparato respiratorio: dispneaApparato uro-genitale: aumento dell'escrezione urinaria giornaliera.
Le reazioni avverse più comuni basate sulle segnalazioni spontanee e classificate per frequenza ed apparato, calcolate sulla popolazione esposta al farmaco sono:
Frequenza d'incidenza ³ 0,01%< 0,1%
- Apparato digerente: iperplasia gengivale
Frequenza d'incidenza<0,01%
Apparato digerente: disturbi gastroenterici, alterazione degli indici di funzionalità epaticaApparato emo-linfatico: agranulocitosi, porporaDisordini metabolici e nutrizionali: iperglicemiaSistema nervoso: parestesiaCute ed annessi: ginecomastia, dermatite fotosensibile, orticaria.
Sintomatologia
Nei casi di grave intossicazione da nifedipina sono stati osservati i seguenti sintomi: disturbi della coscienza fino al coma, calo della pressione arteriosa, alterazioni del ritmo cardiaco di tipo tachi/bradicardico, iperglicemia, acidosi metabolica, ipossia, shock cardiogeno con edema polmonare.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento, hanno la priorità l'eliminazione della sostanza attiva e la stabilizzazione delle condizioni cardiovascolari.
Per l'ingestione orale è indicata la lavanda gastrica, eventualmente associata all'irrigazione del piccolo intestino. In caso d'intossicazione, l'eliminazione dev'essere la più completa possibile, compreso l'intestino tenue, al fine di prevenire l'assorbimento del principio attivo. L'emodialisi è inutile in quanto la nifedipina non è dializzabile ma è consigliabile la plasmaferesi (per l'elevato legame proteico ed il relativamente basso volume di distribuzione). I disturbi bradicardici del ritmo cardiaco possono essere trattati con b-simpaticomimetici mentre per le alterazioni di questo tipo pericolose per la vita dev'essere preso in considerazione l'impiego di un "pacemaker" temporaneo. L'ipotensione come risultato dello shock cardiogeno e della vasodilatazione arteriosa può essere trattata con il calcio (10-20 ml di soluzione di calcio gluconato al 10% da somministrarsi lentamente per via endovenosa, eventualmente da ripetersi).
Come risultato, la calcemia può raggiungere i valori alti della norma o superarli di poco.
Qualora l'effetto del calcio sulla pressione sanguigna dovesse rivelarsi insufficiente dovranno essere somministrati anche dei vasocostrittori simpaticomimetici, quali la dopamina o la noradrenalina, il cui dosaggio dovrà essere determinato esclusivamente dal risultato ottenuto.
L'ulteriore somministrazione di liquidi o di espansori plasmatici andrà effettuata con prudenza per il pericolo di sovraccarico cardiaco.
La nifedipina è un calcio-antagonista del gruppo 1,4 diidropiridinico. I calcio-antagonisti riducono l'afflusso intracellulare transmembrana del calcio che si verifica attraverso i canali lenti del calcio. La nifedipina agisce particolarmente sulle cellule miocardiche e su quelle muscolari delle arterie coronarie e dei vasi periferici di resistenza.
A livello cardiaco la nifedipina dilata le arterie coronarie, in particolare i grandi vasi di conduttanza, ed anche i segmenti di parete libera da patologia nelle zone parzialmente stenotiche. Inoltre la nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia vasale allo stesso livello prevenendone il vasospasmo. Il risultato finale di queste azioni è un incremento del flusso ematico post-stenotico e conseguentemente un aumento dell'apporto di ossigeno. Contemporaneamente a ciò la nifedipina riduce la richiesta miocardica di ossigeno riducendo le resistenze periferiche (post-carico). In terapia cronica, a lungo termine, la nifedipina è anche in grado di prevenire lo sviluppo di nuove lesioni aterosclerotiche a livello coronarico.
La nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia arteriolare, pertanto riducendo le resistenze periferiche aumentate, è in grado di abbassare la pressione arteriosa. All'inizio della terapia con nifedipina si può verificare un transitorio incremento riflesso della frequenza cardiaca e quindi della portata cardiaca. Comunque questo incremento non è tale da compensare la vasodilatazione. Inoltre la nifedipina provoca un aumento della escrezione renale di acqua e sodio sia nel trattamento a breve termine che in quello a lungo termine. L'effetto ipotensivo della nifedipina è particolarmente pronunciato nei pazienti ipertesi.
Nei soggetti con Sindrome di Raynaud la nifedipina è in grado di prevenire o ridurre gli episodi di vasospasmo alle dita.
Assorbimento
Dopo somministrazione orale la nifedipina viene immediatamente e quasi completamente assorbita. La biodisponibilità sistemica della nifedipina somministrata per os è del 45-56% a causa dell'effetto del primo passaggio epatico. La massima concentrazione plasmatica e sierica viene raggiunta a 30-60 minuti. La contemporanea assunzione di alimenti ne ritarda l'assorbimento ma non lo riduce.
La tabella seguente mostra il picco medio di concentrazione plasmatica (Cmax ) ed il tempo al quale esso viene raggiunto (Tmax ).
Dose | Cmax mg/l | Tmax (h) |
10 mg | 65-100 | a stomaco vuoto: 0,5-1
a stomaco pieno: 1-2 |
Distribuzione
La nifedipina si lega per il 95% alle proteine plasmatiche (albumina).
Biotrasformazione
Dopo somministrazione orale la nifedipina viene metabolizzata a livello della parete intestinale e del fegato principalmente attraverso un processo ossidativo. I metaboliti ossidati non presentano attività farmacologica. La via di escrezione fondamentale della nifedipina nella forma ossidata è quella renale, solo il 5-15% viene escreto attraverso la bile con le feci. Il farmaco non metabolizzato si trova in tracce (meno dello 0,1%) nelle urine.
Eliminazione
L'emivita di eliminazione è di 1,7-3,4 ore. Non è stato riscontrato alcun accumulo della sostanza, alla posologia usuale, durante trattamento prolungato. In caso di insufficienza renale non sono state rilevate sostanziali modificazioni rispetto ai volontari sani.
In presenza di compromissione della funzionalità epatica l'emivita di eliminazione è nettamente allungata e la clearance totale del farmaco si riduce. Nei casi più severi può essere necessaria una riduzione della dose.
Tossicità acuta
La tossicità acuta è stata indagata in varie specie animali ed i risultati sono elencati in particolare nella tabella seguente:
| Dose letale50 (DL50 ) (mg/kg) |
| orale | endovenosa |
Topo | 494 (421-572)* | 4,2 (3,8-4,6)* |
Ratto | 1022 (950-1087)* | 15,5 (13,7-17,5)* |
Coniglio | 250-500 | 2,3 |
Gatto | circa 100 | 0,5-8 |
Cane | > 250 | 2-3 |
* Intervallo di confidenza 95%
Tossicità subacuta e subcronica
La somministrazione orale giornaliera a ratti (50 mg/kg di peso) ed a cani (100 mg/kg di peso) per periodi rispettivamente di 13 e 4 settimane è stata tollerata senza la comparsa di effetti tossici.
In somministrazione parenterale (endovenosa) i cani hanno tollerato fino a 0,1 mg/kg di peso al dì per 6 giorni senza danni. La somministrazione endovenosa giornaliera di 2,5 mg/kg di peso per un periodo di 3 settimane è stata tollerata dai ratti senza la comparsa di segni di danno d'organo.
Tossicità cronica
I cani hanno tollerato fino a 100 mg/kg di peso al dì, somministrate per os per un periodo di un anno, senza presentare effetti tossici. Nei ratti sono comparsi effetti tossici con concentrazioni superiori ai 100 ppm nel cibo (circa 5-7 mg/kg di peso corporeo).
Cancerogenesi
Uno studio a lungo termine sui ratti (2 anni) non ha fornito evidenze di alcun effetto cancerogeno della nifedipina.
Mutagenicità
Per valutare l'effetto mutageno sono stati eseguiti sul topo il test di Ames, il test della dominanza letale ed il test del micronucleo. Non è stato possibile evidenziare alcun effetto mutageno della nifedipina.
Tossicologia della riproduzione
È stato dimostrato che la nifedipina ha un effetto teratogeno nel ratto e nel coniglio con varie espressioni, tra le quali anomalie digitali. Le anomalie digitali sono probabilmente il risultato di una compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione di nifedipina si è associata a vari effetti tossici su embrione, placenta e feto, tra essi feti poco sviluppati (in ratto, topo e coniglio), placenta piccola e villi coriali ipoplasici (nella scimmia), morte embrionale e fetale (in ratto, topo e coniglio) ed allungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza dei neonati (nel ratto, non valutata in altre specie). Tutte le dosi associate ad effetti teratogeni o tossici su embrione e feto negli animali erano tossiche per la madre e di parecchio superiore alla massima dose consigliata nell'uomo.
Glicerolo, acqua depurata, saccarinato sodico, essenza di menta, polietilenglicole 400.
Composizione della capsula: gelatina F.U., glicerolo F.U., sorbitolo, etil-propil-p-ossibenzoato, titanio biossido (E 171), giallo arancio (E110), ferro ossido giallo (E 172).
Durante la sperimentazione clinica del preparato non si sono riscontrate incompatibilità con altri farmaci.
Anni 2 (due).
La data di scadenza indicata si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato.
La nifedipina è altamente sensibile alla luce: pertanto le capsule non devono essere rotte perché la protezione dalla luce non è più assicurata.
Blister termosaldato di alluminio e PVC contenente 10 capsule.
Astuccio contenente 30 capsule di gelatina molle da 10 mg di p.a. in blister
Astuccio contenente 50 capsule di gelatina molle da 10 mg di p.a. in blister
La sostanza fotosensibile contenuta nella capsula è sostanzialmente protetta dalla luce all'interno ed al di fuori della confezione.
Si consiglia tuttavia di non esporre a lungo le capsule alla luce solare diretta.
So.Se.PHARM S.r.l.
Via dei Castelli Romani, 22 - 00040 Pomezia (RM)
30 capsule 10 mg AIC n. 024599019
50 capsule 10 mg AIC n. 024599021
Vendita su presentazione di ricetta medica.
30 capsule 10 mg - 19.05.1982 / 6.2000
50 capsule 10 mg - 20.12.1984 / 6.2000
y TABELLA DI APPARTENENZA DPR 309/90 - [Vedi Indice]
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22.01.2001
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