Farmacologia
Doridamina agisce sui meccanismi energetici della cellula neoplastica inibendoli. Questa caratteristica distintiva rispetto agli altri antiblastici, che agiscono invece sui meccanismi di duplicazione cellulare, trova riscontro nell'assenza degli effetti tossici (depressione dell'emopoiesi, lesioni del tratto gastroenterico, inibizione delle difese immunitarie, caduta dei capelli, etc.) che normalmente si accompagnano ad un danno del patrimonio genetico della cellula. Le radiazioni, l'ipertermia ed alcuni antiblastici hanno la capacità di potenziare l'azione di Doridamina.
Tossicologia
Prove di tossicità acuta effettuate su ratto e topo hanno evidenziato, per via orale, una DL50 compresa tra 900 e 1700 mg/kg. La tossicità per somministrazione ripetuta nel topo ha fornito una DL50 di 369 mg/kg/die,mentre nel ratto effetti letali compaiono solo a 800 mg/kg/die. Nel cane la Doridamina è ben tollerata. Unicamente nella scimmia, invece, esercita un effetto nefrotossico accompagnato da aumento dell'azotemia. Gli studi di teratogenesi hanno evidenziato una marcata attività embriotossica, mentre ai tests di mutagenesi la sostanza è risultata priva di genotossicità.
Farmacocinetica
Nell'animale da laboratorio la Doridamina presenta un buon assorbimento orale, con concentrazioni ematiche soddisfacentemente correlate alle dosi. La sua emivita va dalle 3,75 ore nel ratto alle 12-15 ore nell'uomo. La Doridamina si distribuisce ai vari organi e tessuti in maniera sufficientemente uniforme, preferendo tuttavia quelli deputati alla sua eliminazione. Nell'uomo questa avviene prevalentemente per via urinaria e la sostanza è escreta come tale o coniugata. In topi portatori di sarcoma 180, uno dei tumori sperimentali sensibili alla Doridamina, è stato osservato un effetto antitumorale con dosi in grado di produrre livelli ematici dell'ordine di 20 microgrammi/ml, simili a quelli ottenibili nell'uomo. È stato ancora osservato, in vitro, che fino a concentrazioni molto elevate, dell'ordine di 400 micro-grammi/ml di siero, oltre il 90% della sostanza è legato alle proteine del sangue. Somministrata p.o. a dosi di 300-600 mg a pazienti con vari tipi di tumore, la sostanza raggiunge concentrazioni ematiche dell'ordine di 6-20 microgrammi/ml, che sono simili a quelle ottenute nell'animale. I picchi di concentrazione e la cinetica nell'uomo sono molto variabili, presumibilmente anche in relazione al fatto che gli studi sono stati condotti su pazienti spesso gravemente defedati.