- [Vedi Indice]Gemcitabina è indicata nel trattamento di pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico.
Gemcitabina è indicata nel trattamento di pazienti con adenocarcinoma del pancreas localmente avanzato o metastatico. Gemcitabina è indicata nei pazienti con carcinoma pancreatico refrattario alla terapia con 5-fluorouracile. Gemcitabina può apportare miglioramenti in termini di sopravvivenza, beneficio clinico significativo, od entrambi.
Gemcitabina può essere somministrata in regime di day-hospital.
- Carcinoma del Polmone Non a Piccole Cellule
Pazienti adulti -La dose di gemcitabina generalmente consigliata è di 1.000 mg/m2 , da somministrare per via endovenosa in 30 minuti, una volta a settimana per 3 settimane consecutive (giorni 1-8-15), facendo poi seguire una settimana di riposo. Questo ciclo di 4 settimane può essere ripetuto.
È opportuno effettuare riduzioni del dosaggio in base al grado di tossicità causata dal farmaco sul paziente.
- Carcinoma del Pancreas
Pazienti adulti -La dose di gemcitabina generalmente consigliata è di 1.000 mg/m2 , da somministrare per via endovenosa in 30 minuti, una volta a settimana per 7 settimane consecutive. I cicli successivi dovranno consistere di somministrazioni una volta a settimana per 3 settimane consecutive, facendo poi seguire una settimana di riposo.
È opportuno effettuare riduzioni del dosaggio in base al grado di tossicità causata dal farmaco sul paziente.
I pazienti in terapia con gemcitabina devono essere sottoposti ogni 2 settimane ad un controllo delle piastrine, dei leucociti e dei granulociti; se necessario, in caso di tossicità ematologica del paziente, il Medico può ridurre o ritardare nel tempo la dose di gemcitabina da somministrare secondo il seguente schema:
Granulociti | | Piastrine | Dose da somministrare |
> 1000/mm3 | e | > 100.000/mm3 | 100% della dose |
500-1000/mm3 | o | 50.000-100.000/mm3 | 75% della dose |
< 500/mm3 | o | < 50.000/mm3 | non somministrare |
Tests periodici di funzionalità epatica e renale (tra cui transaminasi e creatininemia) dovrebbero essere effettuati nei pazienti in trattamento con gemcitabina.
Pazienti anziani -La gemcitabina è stata ben tollerata in pazienti sopra i 65 anni di età. I dati di farmacocinetica hanno evidenziato che l'età non ha alcun effetto sul metabolismo del farmaco.
Compromissione renale e/o epatica -La gemcitabina dovrebbe essere usata con cautela e a dosaggi ridotti nei pazienti con insufficienza epatica e/o renale.
Gemcitabina è controindicata nei pazienti che presentano ipersensibilità ai componenti di questo farmaco o a sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico.
Gemcitabina è controindicata durante la gravidanza e l'allattamento.
Il prolungamento del tempo di infusione ed un'aumentata frequenza di somministrazioni possono determinare un aumento della tossicità del farmaco.
La gemcitabina può determinare mielosoppressione, come evidenziato dalla comparsa di leucopenia, piastrinopenia ed anemia. Comunque la mielosoppressione è di breve durata e generalmente non richiede riduzioni di dosaggio e solo raramente può comportare interruzione del trattamento.
È necessario che la somministrazione del farmaco sia effettuata in centri specializzati, con personale e strutture adeguate poiché i pazienti in terapia con gemcitabina devono essere monitorizzati costantemente.
La terapia deve essere iniziata con cautela nei pazienti con funzionalità midollare compromessa.
Come per altri antitumorali, quando la gemcitabina viene usata in combinazione o in sequenza con altri chemioterapici deve essere tenuta in considerazione la possibilità di una depressione midollare cumulativa.
Nei pazienti in terapia con gemcitabina ogni 15 giorni devono essere effettuate la conta delle piastrine, dei leucociti e dei granulociti. In caso di mielosoppressione secondaria alla somministrazione del farmaco, dovrebbe essere valutata la possibilità di modificare o interrompere la terapia.
Gli elementi cellulari ematologici periferici possono continuare ad abbassarsi anche dopo interruzione della terapia.
Uso nei bambini
La sicurezza e l'efficacia del farmaco nei bambini non sono state studiate.
Nel corso di una sperimentazione clinica in cui gemcitabina è stata somministrata alla dose di 1.000 mg/m2 per 6 settimane consecutive in concomitanza con una radioterapia toracica in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, è stata osservata una tossicità significativa manifestatasi con gravi esofagiti e polmoniti potenzialmente a rischio di vita per i pazienti, particolarmente nei pazienti trattati con radioterapia su campi estesi. Il regime ottimale per una somministrazione sicura di gemcitabina in concomitanza con dosi radianti terapeutiche, non è stato ancora determinato.
L'uso della gemcitabina è controindicato in gravidanza e durante l'allattamento per il potenziale danno per il feto o infante.
Nella specie umana non è stata accertata la sicurezza di questo farmaco in gravidanza.
Studi sperimentali condotti negli animali hanno evidenziato una tossicità sull'attività riproduttiva, difetti congeniti od altri effetti sullo sviluppo dell'embrione o del feto, sul corso della gestazione o sullo sviluppo peri- o post-natale.
La gemcitabina può causare danno fetale quando somministrata in donne in gravidanza ed ha dimostrato di possedere proprietà teratogeniche nei topi e nei conigli a dosaggi inferiori a 2 mg/m2 .
Nel caso in cui gemcitabina venga somministrata a pazienti in gravidanza o nel caso in cui la paziente rimanga incinta durante la terapia con gemcitabina, essa deve essere avvertita del potenziale danno per il feto.
Donne in età fertile dovrebbero essere sconsigliate di iniziare una gravidanza durante la terapia.
Non è noto se la gemcitabina od i suoi metaboliti sono escreti nel latte materno. Considerando che molti farmaci sono escreti nel latte materno ed i potenziali effetti collaterali gravi della gemcitabina nei lattanti, la madre deve esserne messa a conoscenza e deve essere valutato se sia più proficuo interrompere l'allattamento o sospendere la terapia, tenendo conto dell'importanza del farmaco per la madre e dei potenziali rischi per l'infante.
L'uso di gemcitabina può causare sonnolenza di entità lieve o moderata. I pazienti dovrebbero pertanto essere avvertiti di usare cautela nella guida di autoveicoli o nell'operare con macchinari pericolosi, finché siano ragionevolmente sicuri che il trattamento farmacologico non interferisca sfavorevolmente su queste loro capacità.
Sono stati osservati effetti collaterali a carico dei seguenti apparati:
Ematopoietico: essendo la gemcitabina una sostanza con attività mielosoppressiva, a seguito della sua somministrazione possono verificarsi anemia, leucopenia e piastrinopenia.
La mielosoppressione varia da lieve a moderata ed è più pronunciata per la conta dei granulociti.
Nei 2/3 dei pazienti che hanno presentato anemia solo il 7% aveva livelli di emoglobina inferiori a 8 g%. Nel 19% dei pazienti che avevano ricevuto trasfusioni, solo lo 0,2% di questi aveva interrotto la terapia a causa dell'anemia.
I leucociti risultano diminuiti nel 61% dei pazienti ma solo il 9% di questi aveva una conta leucocitaria inferiore a 2.000/mm3 e solo lo 0,1% aveva dovuto interrompere la terapia per la leucopenia.
I granulociti risultano diminuiti nel 64% dei pazienti e quasi il 25% di essi presentava valori inferiori a 1.000/ mm3 . La piastrinopenia è stata riscontrata nel 21% dei pazienti ma solo nel 5% di questi si avevano valori inferiori a 50.000/ mm3 e solo nello 0,4% dei pazienti con piastrinopenia fu interrotto il trattamento. Una precedente terapia con agenti citotossici può determinare un aumento della frequenza e gravità della leucopenia, granulocitopenia e piastrinopenia. Non è dimostrata una tossicità ematologica cumulativa e l'anemia può essere trattata ricorrendo a trasfusioni.
In rari casi di piastrinopenia si è verificata anche emorragia, peraltro ritenuta correlata alla malattia del paziente. Sono stati comunemente riportati anche casi di piastrinosi (7,5%), che non hanno comunque richiesto l'interruzione del trattamento.
Apparato gastro-enterico: modificazioni delle transaminasi si presentano in circa i 2/3 dei pazienti, ma sono usualmente di lieve entità, transitorie e raramente comportano l'interruzione del trattamento.
Meno del 10% dei pazienti hanno avuto valori delle transaminasi superiori di 5 volte ai valori normali e solo lo 0,5% dei pazienti ha interrotto il trattamento per alterazioni della funzionalità epatica. Aumenti della fosfatasi alcalina fino a valori 5 volte superiori a quelli normali si sono verificati nel 6,6% dei pazienti ma potrebbero essere stati provocati da alterazioni a carico delle ossa. Valori di bilirubinemia 5 volte superiori a quelli normali furono osservati nell'1,5% dei pazienti ma il 90% dei pazienti aveva valori di bilirubinemia normali.
La gemcitabina dovrebbe essere usata con cautela in pazienti con funzionalità epatica alterata.
La nausea, sia singolarmente che accompagnata da vomito, è stata osservata in circa 1/3 dei pazienti. Questo effetto collaterale richiede una terapia in circa il 20% dei pazienti, è raramente dose-limitante ed è facilmente trattabile con gli antiemetici tradizionali. Solo lo 0,9% dei pazienti ha presentato vomito intrattabile e solo lo 0,9% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa della comparsa di nausea e vomito.
In alcuni pazienti (7%) è stata osservata diarrea di entità da lieve a moderata; solo raramente è stato necessario ricorrere alla terapia e comunque nessun paziente è stato costretto a sospendere il trattamento con gemcitabina a causa di questo effetto collaterale.
È stata inoltre osservata stomatite (7%).
Apparato renale: lieve proteinuria ed ematuria sono state riscontrate in circa la metà dei pazienti, ma raramente hanno raggiunto valori clinicamente significativi e non sono usualmente associate a variazioni della creatininemia o dell'uremia. La gemcitabina dovrebbe essere usata con cautela nei pazienti con funzionalità renale alterata.
Nei pazienti in trattamento con gemcitabina sono state raramente riportate segnalazioni cliniche compatibili con una sindrome uremica emolitica (H.U.S.). L'interruzione del trattamento costituisce la prima misura da adottare in presenza di segni sospetti di H.U.S.; il danno renale potrebbe non essere reversibile anche dopo l'interruzione del trattamento ed in tali casi dovrà essere preso in considerazione il ricorso alla dialisi.
Manifestazioni allergiche: circa il 25% dei pazienti ha presentato un eritema, associato a prurito nel 10% dei casi.
L'eritema è usualmente di lieve entità, non è dose-limitante e risponde alla terapia locale. Raramente sono state osservate desquamazione, vescicolazione ed ulcerazione. In rari casi (0,3%) la tossicità cutanea ha determinato sospensione del trattamento. La gemcitabina è ben tollerata durante l'infusione e sono stati osservati solo pochi casi di reazione nel sito di iniezione, ma nessun caso di necrosi tissutale nell'area circostante la sede di infusione. La gemcitabina non sembra essere una sostanza che provoca la formazione di vesciche.
In meno dell'1% dei pazienti è stato osservato broncospasmo dopo la somministrazione di gemcitabina; il broncospasmo è generalmente di lieve entità e transitorio, ma talora può richiedere trattamento per via parenterale.
La gemcitabina non deve essere somministrata a pazienti con accertata ipersensibilità al farmaco. Sono state infatti osservate reazioni allergiche fino alla reazione di tipo anafilattoide.
Manifestazioni polmonari: circa il 10% dei pazienti, poche ore dopo la somministrazione di gemcitabina, ha presentato dispnea che, generalmente, è risultata essere di lieve entità, di breve durata, raramente dose-limitante e, di solito, è scomparsa senza effettuare alcuna terapia specifica. Non è nota l'etiopatogenesi di questo effetto e neppure è chiara la sua correlabilità con la gemcitabina.
Solo lo 0,6% dei pazienti ha interrotto il trattamento per la comparsa di dispnea e solo lo 0,1% di questi casi sono stati considerati correlati alla terapia.
In alcuni casi è stata osservata polmonite interstiziale.
Sono stati riscontrati rari casi di edema polmonare in concomitanza con la somministrazione di gemcitabina; se ciò si verifica, il trattamento con gemcitabina deve essere interrotto.
Manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale: circa il 10% dei pazienti ha presentato sonnolenza di entità variabile e solo lo 0,1% di essi ha interrotto la terapia a causa di questo evento. Raramente sono state osservate anche astenia (con interruzione della terapia nell'1,4% dei pazienti) e parestesie (3,4%).
Sindrome simil-influenzale: una sindrome simil-influenzale è stata osservata in circa il 20% dei pazienti. Questa è risultata di lieve entità, di breve durata e, raramente, dose-limitante; solo nell'1,5% dei pazienti si è manifestata con una certa gravità.
Febbre, cefalea, mal di schiena, brividi, mialgia, astenia ed anoressia sono stati i sintomi più comunemente osservati. Altri sintomi possono essere: tosse, rinite, sensazione di malessere generale, sudorazione ed insonnia.
La febbre e l'astenia sono stati osservati anche come sintomi isolati. Il meccanismo di questa tossicità è sconosciuto; il paracetamolo, secondo il parere medico, può produrre un sollievo sintomatico.
Edema ed edema periferico: sono stati osservati in circa il 30% dei pazienti; in alcuni casi è stato osservato anche edema facciale.
L'edema e l'edema periferico, di entità da lieve a moderata, raramente dose-limitante, talvolta sono associati a dolore e sono generalmente reversibili dopo interruzione del trattamento con gemcitabina. L'etiopatogenesi di questa tossicità è sconosciuta e non risulta associata ad insufficienza cardiaca, epatica o renale.
Solo lo 0,7% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa della comparsa di edemi.
Altri effetti indesiderati: minima perdita di capelli (13%), stitichezza (6%) e tossicità da radiazioni (vedi "Interazioni").
Sono stati inoltre osservati pochi casi di ipotensione, di infarto del miocardio, di scompenso cardiaco e di aritmie, ma non c'è stata una chiara correlazione tra la somministrazione della gemcitabina ed una tossicità cardiaca.
Non esistono antidoti per il sovradosaggio di gemcitabina. Dosi uniche fino a 5.700 mg/m2 sono state somministrate per infusione endovenosa in 30 minuti ogni 2 settimane con una tossicità clinicamente accettabile.
In caso di sospetto sovradosaggio, il paziente dovrebbe essere sottoposto ad appropriati esami ematologici e ricevere, se necessario, terapia di supporto.
La gemcitabina mostra una significativa attività citotossica verso varie colture cellulari tumorali murine ed umane. Presenta una specificità a seconda della fase del ciclo cellulare, uccidendo soprattutto quelle cellule che si trovano nella fase di sintesi del DNA (fase S) e bloccando, in particolari condizioni, il passaggio delle cellule dalla fase G1 alla fase S.
L'azione citotossica in vitro della gemcitabina dipende sia dalla concentrazione che dal tempo di esposizione.
La gemcitabina viene metabolizzata a livello intracellulare dalla nucleoside-chinasi nei nucleosidi attivi difosfato e trifosfato.
L'attività citotossica della gemcitabina è dovuta all'inibizione della sintesi del DNA cellulare ad opera dei suoi due metaboliti attivi, la difluorodeossicitidindifosfato (dFdCDP) e la difluorodeossicitidintrifosfato (dFdCTP).
Inizialmente la dFdCDP inibisce la ribonucleotide reduttasi, che è l'unico enzima responsabile della catalizzazione delle reazioni producenti i trifosfati deossinucleosidici necessari per la sintesi del DNA. L'inibizione di questo enzima da parte della dFdCDP causa una riduzione della concentrazione dei deossinucleosidi in generale e, in particolare, della dCTP.
Secondariamente, la dFdCTP compete con la dCTP per l'incorporazione nel DNA. Similmente, una piccola quantità di gemcitabina può anche essere incorporata nel RNA. Di conseguenza, la riduzione nella concentrazione intracellulare della dCTP potenzia l'incorporazione della dFdCTP nel DNA (autopotenziamento).
La DNA e-polimerasi è essenzialmente incapace di rimuovere la gemcitabina e riparare le catene di DNA in replicazione. Dopo che la gemcitabina è stata incorporata nel DNA, un nucleotide supplementare viene aggiunto alle catene di DNA in replicazione. Dopo questa aggiunta, si verifica una completa inibizione dell'ulteriore sintesi del DNA (mascheramento della catena terminale). Dopo essere stata incorporata nel DNA, la gemcitabina appare indurre il programmato processo di morte cellulare conosciuto come apoptosi.
Dopo un'infusione di 30 minuti di una dose di 1000 mg/m2 di gemcitabina radiomarcata, il 92-98% della dose viene eliminato entro una settimana dalla somministrazione. Della quota eliminata, il 99% viene escreto per via urinaria ed è costituito dal metabolita inattivo uracilico 2'-deossi-2', 2'-difluorouridina (dFdU), mentre meno dell'1% viene eliminato con le feci.
La gemcitabina si lega in modo trascurabile alle proteine plasmatiche e la sua distribuzione tissutale non è ampia.
La gemcitabina viene rapidamente metabolizzata in dFdU dalla citidina deaminasi presente nel fegato, nel rene, nel sangue ed in altri tessuti. Meno del 10% del farmaco viene eliminato per via urinaria in maniera immodificata. Il metabolita dFdU si distribuisce ampiamente nei tessuti e viene eliminato immodificato nelle urine. Non esistono studi condotti in pazienti con insufficienza renale od epatica.
L'eliminazione del metabolita dipende dall'escrezione renale; quindi, in caso di diminuita funzionalità renale dovrebbe determinarsi un accumulo di dFdU. Una alterazione della funzionalità epatica può ridurre la percentuale di formazione della dFdU, ma non influenzarne l'eliminazione.
A livello intracellulare la gemcitabina viene trasformata in metaboliti mono-, di- e trifosfati, che comunque non sono rilevabili nel plasma o nelle urine.
Ai dosaggi esaminati la farmacocinetica della gemcitabina è di tipo lineare.
I dati di farmacocinetica variano a seconda del sesso. Nelle donne i valori di clearance sono il 60-80% di quelli riscontrabili negli uomini e sono proporzionali alla superficie corporea. Quindi, a parità di dosaggio, i valori di clearance più bassi nelle donne possono dar luogo a concentrazioni plasmatiche più alte di quelle riscontrabili negli uomini. Anche nelle donne la clearance è rapida, rappresentando circa il 30% della portata cardiaca. La dose consigliata di 1.000 mg/m2 , nonostante i valori di clearance più bassi nelle donne, non dovrebbe comportare una riduzione del dosaggio di gemcitabina.
I dati di farmacocinetica non sembrano essere influenzati dall'età.
Al termine di un'infusione di 30 minuti di una singola dose di 1.000 mg/m2 la gemcitabina produce un picco di concentrazione plasmatica di 10-40 mg/ml; tali concentrazioni plasmatiche sono rappresentabili con una curva bifasica ed un'emivita terminale di 17 minuti.
Il volume medio di distribuzione del compartimento centrale è di 11 l/m2 (variabile da 5 a 21 l/m2 ), mentre il volume medio di distribuzione all'equilibrio (Vss) è di 17 l/m2 (variabile da 9 a 30 l/m2 ). La clearance sistemica media è di 90 l/h/m2 (variabile da 40 a 130 l/h/m2 ), mentre quella renale è di 2-7 l/h/m2 .
Dopo una singola dose di 1000 mg/m2 /30 min. di gemcitabina il picco delle concentrazioni plasmatiche del metabolita dFdU varia da 28 a 52 mg/ml ed è raggiunto 3-15 minuti dopo la fine dell'infusione. Tali concentrazioni plasmatiche sono rappresentabili con una curva trifasica e l'emivita media della fase terminale è di 65 ore (variabile da 33 a 84 ore).
Il volume medio di distribuzione del compartimento centrale del dFdU è di 18 l/m2 (variabile da 11 a 22 l/m2 ). Il volume medio di distribuzione all'equilibrio è di 150 l/m2 (variabile da 96 a 228 l/m2 ) e la clearance media del dFdU è di 2,5 l/h/m2 (variabile da 1 a 4 l/h/m2 ).
Dopo dosaggi settimanali ripetuti, non sono stati osservati fenomeni di accumulo per il metabolita dFdU.
Il metabolita attivo dFdCTP può essere isolato dalle cellule mononucleari del sangue periferico. È stato così osservato che l'emivita della fase di eliminazione terminale di questo metabolita varia da 0,7 a 12 ore; le sue concentrazioni intracellulari aumentano in maniera direttamente proporzionale alla dose di gemcitabina per infusioni variabili da 35 a 350 mg/m2 /30 min. e producono valori di concentrazione all'equilibrio variabili da 0,4 a 5 mg/ml.
A dosi capaci di produrre concentrazioni plasmatiche di gemcitabina superiori a 5 mg/ml, i livelli intracellulari del metabolita dFdCTP non aumentano, suggerendo che la formazione del metabolita è saturabile nelle cellule mononucleari.
Le concentrazioni plasmatiche del metabolita ottenute dopo somministrazione di una dose di gemcitabina di 1.000 mg/ m2 /30 min. risultano maggiori di 5 mg/ml per almeno 30 minuti dopo la fine dell'infusione. Le concentrazioni plasmatiche di gemcitabina dovrebbero mantenersi superiori a 0,4 mg/ml per un'altra ora.
In studi in vitro con gemcitabina sono stati osservati danni cromosomici, fra cui la rottura dei cromatidi.
La gemcitabina causa nel topo maschio una ipospermatogenesi reversibile, dose- e posologia-dipendente. Sebbene gli studi sugli animali abbiano dimostrato un effetto sulla fertilità maschile, nessuna alterazione sulla fertilità femminile è stata osservata.
Non sono stati effettuati studi a lungo termine sugli animali per valutare il potenziale carcinogeno della gemcitabina.
Ogni flacone contiene gemcitabina cloridrato con i seguenti eccipienti: mannitolo (stabilizzante) e sodio acetato (tampone).
N.A.
Il prodotto è stabile per 3 anni conservato a temperatura ambiente in confezionamento integro.
Dopo diluizione, il prodotto può essere conservato per 24 ore a temperatura ambiente.
Non refrigerare.
Astuccio includente un flacone di vetro tipo I, contenente il prodotto sterile liofilizzato, tappato con tappo di adatto materiale elastomero e sigillato con ghiera di alluminio.
Flacone 200 mg:
Flacone 1 g:
a) Flacone da 200 mg
Per preparare la soluzione aggiungere alla polvere contenuta nel flacone almeno 5 ml di una soluzione di cloruro di sodio 0,9%. Agitare per favorire la dissoluzione.
Conservare a temperatura ambiente ed usare la soluzione entro 24 ore.
b) Flacone da 1 g
Per preparare la soluzione aggiungere alla polvere contenuta nel flacone almeno 25 ml di una soluzione di cloruro di sodio 0,9%. Agitare per favorire la dissoluzione.
Conservare a temperatura ambiente ed usare la soluzione entro 24 ore.
ELI LILLY ITALIA S.p.A.
Sesto Fiorentino - FI
Gemzar 200 mg: AIC n. 029452024
Gemzar 1 g: AIC n. 029452012
-----
Gemzar 200 mg: 22 Aprile 1996
Gemzar 1 g: 22 Aprile 1996
y TABELLA DI APPARTENENZA DPR 309/90 - [Vedi Indice]
-----
Aprile 1998.
Prontuariofarmaci. - Copyright � 2000-2012 - Anibaldi.it@Network -
Tutti i diritti riservati.
[http://www.carloanibaldi.com/terapia/schede/summary.htm]