La levocarnitina si è dimostrata essere terapeuticamente efficace nelle seguenti patologie:
deficit primari di carnitina caratterizzati da fenotipi quali miopatie con accumulo lipidico, encefalopatia epatica tipo sindrome di Reyes e/o cardiomiopatia dilatativa progressiva;deficit secondari di carnitina in pazienti con acidurie organiche su base genetica tipo propionic-acidemia, metil-malonic-aciduria, isovaleric-acidemia ed in pazienti con difetti genetici della beta ossidazione. In tali situazioni il deficit secondario si instaura sotto forma di esteri con acidi grassi. Infatti la levocarnitina endogena agisce come "tampone" nei confronti di vari acidi grassi che non possono essere metabolizzati;deficit secondari di carnitina in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente. La deplezione muscolare di levocarnitina è correlata positivamente con la perdita della sostanza nel liquido di dialisi. I sintomi muscolari tipicamente presenti in questi pazienti dopo le sedute emodialitiche sono risultati migliorati col trattamento esogeno;sofferenza metabolica del miocardio ischemico.
La somministrazione di levocarnitina in pazienti coronaropatici è peculiarmente in grado di ridurre la produzione miocardica di acido lattico in corso di crisi ischemica. Inoltre nelle fasi precoci dell'infarto acuto del miocardio è in grado di aumentare l'escrezione di acidi grassi che, in tale situazione, risultano accumularsi nel miocardio esercitando stimoli aritmogenici.
Per la presenza di metile p-idrossibenzoato e propile p-idrossibenzoato il medicinale può provocare orticaria. Generalmente si verificano reazioni di tipo ritardato (dermatiti da contatto); raramente reazioni immediate con orticaria e broncospasmo.
La levocarnitina, essendo un prodotto fisiologico, non presenta alcun rischio di assuefazione né di dipendenza.
La soluzione orale va assunta solo previa diluizione.
Tenere il medicinale fuori dalla portata dei bambini.
La carnitina è un costituente naturale delle cellule nelle quali svolge un ruolo fondamentale nella utilizzazione dei substrati lipidici.
È, infatti, l'unico "carrier" utilizzabile dagli acidi grassi a lunga catena per attraversare la membrana interna mitocondriale ed essere avviati verso la b-ossidazione.
Indirettamente la carnitina influenza anche il metabolismo glucidico e protidico: l'ossidazione degli acidi grassi riduce l'utilizzazione periferica del glucosio mentre permette l'ingresso degli acetili (residui della b-ossidazione) nel ciclo di Krebs, aumentando di conseguenza la disponibilità energetica della cellula.
Determinante si è dimostrato l'impiego terapeutico della carnitina in miopatie da carenza della sostanza e di recente si è rivelato particolarmente utile l'uso in patologia cardiaca.
La carnitina svolge un ruolo essenziale nel metabolismo cardiaco poiché l'ossidazione degli acidi grassi è strettamente dipendente dalla presenza di quantità adeguata della sostanza.
Studi sperimentali hanno dimostrato che in varie condizioni di stress, ischemia acuta, miocardite difterica è dimostrabile un abbassamento dei livelli tissutali miocardici di carnitina.
Molti modelli animali hanno confermato una positiva attività della carnitina in varie alterazioni della funzione cardiaca indotte artificialmente: ischemia acuta e cronica, stati di scompenso cardiaco, insufficienza cardiaca da miocardite difterica, cardiotossicità da farmaci (propranololo, adriamicina).