Derivato sulfamidico non tiazidico a nucleo indolico, appartenente alla famiglia dei diuretici, l'indapamide esercita nell'uomo iperteso, alla dose di 2,5 mg al giorno, una attività antiipertensiva prolungata. Gli studi dose-effetto hanno dimostrato che a 2,5 mg al giorno l'effetto antiipertensivo è massimo mentre l'effetto diuretico è ridotto e clinicamente non evidente. A dosi superiori l'azione antiipertensiva non aumenta mentre aumenta l'effetto diuretico. Alla dose antiipertensiva di 2,5 mg al giorno, l'indapamide riduce l'iperattività dell'iperteso alla noradrenalina e diminuisce le resistenze periferiche totali e le resistenze arteriolari.
L'indapamide svolge la sua attività farmacologica attraverso un doppio meccanismo d'azione:
determina una contrazione del volume plasmatico in seguito ad inibizione del riassorbimento del sodio a livello dell'epitelio tubulare-distale.riduce le resistenze periferiche normalizzando la iperattività vasale attraverso una azione diretta, probabilmente in seguito a riduzione degli scambi ionici attraverso la membrana delle pareti vascolari.
Una nuova teoria propone che l'attività vasale ed ipotensiva sia dovuta alla situazione della sintesi delle prostaglandine PGE2 e della sintesi della prostaciclina PGI2 vasodilatatrice e anti-aggregante.
Numerosi studi hanno recentemente dimostrato che, anche in terapie a lungo termine, al dosaggio raccomandato, l'indapamide:
riduce l'ipertrofia ventricolare sinistranon presenta effetti negativi né sul metabolismo lipidico non influenzando significativamente i livelli di trigliceridi, LDL o il rapporto LDL/HDL, né sul metabolismo glucidico.
Nell'uomo iperteso diabetico è stata osservata una normalizzazione della pressione arteriosa ed una riduzione significativa della microalbuminuria dopo somministrazione prolungata d'indapamide.
Il farmaco non modifica di solito la gittata né la frequenza cardiaca e non riduce in maniera significativa il flusso ematico renale e la filtrazione glomerulare.
L'associazione d'indapamide ad altri antiipertensivi (beta-bloccanti, calcio-antagonisti, ACE-inibitori) ha portato ad un miglioramento degli effetti antiipertensivi in confronto a quelli osservati in monoterapia.