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Trattamento della cardiopatia ischemica: angina
pectoris cronica stabile (angina da sforzo)
Trattamento dell'ipertensione arteriosa
�
Il trattamento va possibilmente adattato alle necessità
individuali in funzione della gravità della malattia e
della risposta del paziente.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa,
può rendersi necessario un accurato controllo della
situazione pressoria e, nei casi gravi, una riduzione del
dosaggio.
Salvo diversa prescrizione medica per l’adulto, valgono
le seguenti direttive posologiche:
��������� Adulti
|
Dosi orientative
|
1.In caso di cardiopatia ischemica
�� - angina pectoris cronica stabile (angina da sforzo)
|
1 capsula di nifedipina 2 volte al dì
|
In alcuni casi può risultare opportuno incrementare la
dose fino ad un massimo di 60 mg al dì.
In genere le capsule vanno deglutite intere, con poco liquido,
indipendentemente dai pasti. L’ingestione contemporanea di
alimenti ritarda l’assorbimento ma non lo riduce.
��������� Adulti
|
Dosi orientative
|
2. In caso di ipertensione arteriosa
|
1 capsula di nifedipina 2 volte al dì
|
In alcuni casi può risultare opportuno incrementare la
dose fino ad un massimo di 60 mg al dì.
In genere le capsule vanno deglutite intere, con poco liquido,
indipendentemente dai pasti. L’ingestione contemporanea di
alimenti ritarda l’assorbimento ma non lo riduce.
L'intervallo di tempo fra due assunzioni di capsule è
di circa 12 ore e non dovrebbe essere inferiore a 4 ore.
Qualora in pazienti affetti da angina pectoris non si ottenga
un sufficiente risultato terapeutico dopo circa 14 giorni di
trattamento, si consiglia su prescrizione medica la
somministrazione di nifedipina capsule (10 mg) a rapida
azione.
La sostanza fotosensibile contenuta nella capsula è
sostanzialmente protetta dalla luce all'interno ed al di fuori
della confezione.
Si consiglia tuttavia di non esporre a lungo le capsule alla
luce solare diretta.
Durata del trattamento
La durata del trattamento deve essere stabilita dal medico
curante.
In relazione alla pronunciata attività antiischemica ed
antiipertensiva, nifedipina dovrebbe essere sospesa gradualmente,
in particolare quando vengono impiegati dosaggi elevati.
�
Ipersensibilità nota al principio attivo o ad altri
componenti della formulazione.
Gravidanza accertata o presunta ed in corso di
allattamento.
Shock cardiovascolare.
Terapia concomitante con rifampicina (in quanto
l’induzione enzimatica non consente di ottenere livelli
plasmatici efficaci di nifedipina).
�
Per gli effetti della nifedipina sulle resistenze vascolari
periferiche è raccomandabile prudenza in caso di marcata
ipotensione (pressione sistolica inferiore a 90 mmHg) ed è
necessario controllare attentamente la pressione arteriosa
all'inizio della terapia e fino a quando non sia stata raggiunta
la posologia di mantenimento. Per lo stesso motivo la nifedipina
deve essere usata con cautela nei pazienti con insufficienza
cardiaca, stenosi aortica e in quelli in trattamento con
ß-bloccanti o farmaci ipotensivi.
Particolare attenzione dovrà essere prestata nelle
donne gravide (vedi Controindicazioni). In situazioni di
emergenza ipertensiva, quale ad esempio l’eclampsia, il
farmaco deve essere utilizzato sotto la responsabilità e
lo stretto controllo del medico. Si raccomanda particolare
cautela quando si somministri nifedipina in associazione a
solfato di magnesio per via endovenosa, a causa di una possibile
eccessiva caduta pressoria.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa
può rendersi necessario un accurato controllo e, nei casi
gravi, una riduzione del dosaggio.
La comparsa di edema periferico in pazienti affetti da
insufficienza cardiaca congestizia rende necessaria la
differenziazione degli edemi dovuti alla nifedipina da quelli
conseguenti ad un peggioramento della funzionalità
ventricolare sinistra.
Durante il trattamento di pazienti diabetici o a rischio
diabetico, la glicemia deve essere accuratamente controllata; se
compare iperglicemia la terapia deve essere sospesa.
�
La terapia concomitante con farmaci ß-bloccanti è
generalmente ben tollerata; tuttavia c'è il rischio di
ipotensione, esacerbazione dell'angina e insufficienza cardiaca.
La contemporanea somministrazione di nifedipina e di digossina
può condurre ad un aumento dei livelli plasmatici di
digossina, legata ad una riduzione della sua clearance.
A scopo precauzionale il paziente dovrebbe perciò
essere controllato per rilevare l'eventuale comparsa di sintomi
di sovradosaggio di digossina e, se necessario, per aggiustare il
dosaggio di digossina sulla base dei suoi livelli plasmatici.
La concomitante somministrazione di nifedipina con agenti
ipotensivi (metildopa, idralazina, captopril ecc.) può
favorire l’incidenza di grave ipotensione.
In caso di somministrazione contemporanea di nifedipina e
cimetidina può riscontrarsi una più marcata
riduzione pressoria.
In singoli casi durante la contemporanea somministrazione di
nifedipina e chinidina sono stati osservati livelli ridotti di
chinidina oppure, dopo sospensione di nifedipina, un netto
aumento dei livelli plasmatici di chinidina. Per questa ragione,
qualora la nifedipina sia impiegata contemporaneamente o venga
sospesa, si raccomanda di mantenere controllata la concentrazione
di chinidina e, se necessario, di aggiustarne il dosaggio.
La rifampicina, per il suo effetto d'induzione enzimatica,
accelera il metabolismo della nifedipina, riducendone
potenzialmente l'efficacia; per tale motivo l'impiego di
nifedipina in combinazione con rifampicina risulta
controindicato.
Il diltiazem diminuisce la clearance della nifedipina per cui
i due principi attivi dovrebbero essere associati con cautela
considerando, eventualmente, la riduzione del dosaggio di
nifedipina.
L'assunzione contemporanea di succo di pompelmo inibisce il
metabolismo ossidativo della nifedipina con conseguente aumento
della sua concentrazione plasmatica che può causare un
maggiore effetto antiipertensivo.
La valutazione dei valori urinari dell'acido vanililmandelico
effettuata con il metodo spettrofotometrico, in presenza di
nifedipina, può evidenziare falsi incrementi dell'acido
stesso; tali valori non vengono, invece, modificati utilizzando
il metodo HPLC.
�
Gravidanza
La nifedipina è controindicata in corso di
gravidanza.
La nifedipina si è dimostrata in grado di provocare
effetti teratogeni nel ratto e nel coniglio, comprese le anomalie
digitali. Tali anomalie sono, verosimilmente, il risultato della
compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione
del principio attivo ha comportato una varietà di effetti
tossici a carico dell’embrione, della placenta e del feto
come scarso sviluppo fetale (ratto, topo, coniglio), ridotte
dimensioni placentari ed ipotrofia dei villi coriali (scimmia),
morte degli embrioni e dei feti (ratto, topo, coniglio) e
prolungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza neonatale
(ratto; non valutati in altre specie). Tutti i dosaggi associati
ad effetti teratogeni, embriotossici e fetotossici erano tossici
per l’organismo materno e, comunque, risultavano di molte
volte superiori la posologia massima indicata per l’impiego
umano.
Non esistono studi adeguati e ben controllati nelle donne in
gravidanza.
In singoli casi di fertilizzazione in vitro i
calcio-antagonisti come la nifedipina sono stati associati ad
alterazioni biochimiche reversibili in corrispondenza della parte
apicale dello spermatozoo, con possibile alterazione funzionale
dello sperma.
Nei casi di ripetuto insuccesso della fertilizzazione in
vitro, non riconducibili ad altri motivi, i calcio-antagonisti
come la nifedipina dovrebbero essere considerati come possibile
causa.
Allattamento
La nifedipina passa nel latte materno. Poiché non
esistono dati sui possibili effetti sul neonato, qualora dovesse
rendersi necessario un trattamento con nifedipina durante questo
periodo, l’allattamento dovrebbe essere interrotto.
�
Le reazioni al farmaco, che variano da individuo ad individuo,
possono compromettere la capacità di guidare o di usare
macchinari. Ciò si riferisce particolarmente
all’inizio del trattamento, al cambio del farmaco ed in
relazione all’assunzione di bevande alcoliche.
�
Le reazioni avverse più comuni, basate sulle
sperimentazioni cliniche e classificate per frequenza ed apparato
sono:
Frequenza di incidenza >1% < 10%
|
|
Organismo nel suo complesso:
|
astenia (stanchezza)
|
Apparato cardiovascolare:
|
vasodilatazione (arrossamento, vampate di calore),
palpitazioni
|
Apparato digerente:
|
nausea
|
Disordini metabolici/nutrizionali:
|
edema periferico
|
Sistema nervoso:
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capogiro, cefalea
|
Frequenza di incidenza > 0,1% < 1%
|
|
Apparato cardiovascolare:
|
sintomatologia simil-anginosa, dolore toracico, ipotensione,
tachicardia, sincope
|
Apparato digerente:
|
stipsi, diarrea
|
Apparato muscolo-scheletrico:
|
mialgia
|
Sistema nervoso:
|
irritabilità, paretesia, tremore, vertigine
|
Cute e annessi:
|
prurito,rash (esantema, eritema)
|
Organi di senso:
|
alterazione della vista
|
Apparato respiratorio:
|
dispnea
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Apparato uro –genitale:
|
aumento dell’escrezione urinaria giornaliera
|
Frequenza di incidenza > 0,01% <
0,1%
|
|
Disordini metabolici nutrizionali:
|
iperglicemia
|
Apparato digerente:
|
disturbi gastroenterici (sensazione di ingombro
gastro-enterico), alterazione degli indici di
funzionalità epatica (aumento delle transaminasi,
colestasi intraepatica)
|
Cute e annessi:
|
orticaria, dermatite fotosensibile
|
Apparato emo-linfatico:
|
porpora
|
|
|
Le reazioni avverse più comuni basate sulle
segnalazioni spontanee e classificate per frequenza ed apparato,
calcolate sulla popolazione esposta al farmaco sono:
Frequenza di incidenza < 0,01%
|
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Apparato digerente:
|
iperplasia gengivale
|
Apparato emo-linfatico:
|
agranulocitosi
|
Cute e annessi:
|
ginecomastia, eritromelalgia, dermatite esfoliativa
|
Sono stati, occasionalmente, segnalati anche: anemia,
leucopenia, trombocitopenia, epatite, aumento della fosfatasi
alcalina, LDH, disturbi della sfera sessuale, ipotensione, pirosi
gastrica, flatulenza, crampi intestinali, insonnia, congestione
nasale, mal di gola, tosse, asma, rigidità ed
infiammazioni articolari, sudorazione, brivido, febbre.
Altre formulazioni di nifedipina: reazione allergica (reazione
anafilattica)
Nei pazienti dializzati con ipertensione maligna ed ipovolemia
si può verificare una importante caduta dei valori
pressori a causa della vasodilatazione periferica.
�
Sintomatologia
Nei casi di grave intossicazione da nifedipina sono stati
osservati i seguenti sintomi: disturbi della coscienza fino al
coma, calo della pressione arteriosa, alterazioni del ritmo
cardiaco di tipo tachi/bradicardico, iperglicemia, acidosi
metabolica, ipossia, shock cardiogeno con edema polmonare.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento, hanno la priorità
l’eliminazione della sostanza attiva e la stabilizzazione
delle condizioni cardiovascolari.
Dopo ingestione orale è indicata una accurata lavanda
gastrica associata, se necessario, ad irrigazione del piccolo
intestino.
Particolarmente nei casi di intossicazione con le formulazioni
di nifedipina a lento rilascio, l’eliminazione deve essere
la più completa possibile, compreso l’intestino
tenue, al fine di prevenire l’assorbimento del principio
attivo.
L'emodialisi è inutile in quanto la nifedipina non
è dializzabile, ma è consigliabile la plasmaferesi
(per l’elevato legame� proteico ed il relativamente basso
volume di distribuzione).
I disturbi bradicardici del ritmo cardiaco possono essere
trattati con ß-simpaticomimetici mentre per le alterazioni
di questo tipo pericolose per la vita deve essere preso in
considerazione l’impiego di un “pacemaker”
temporaneo.
L'ipotensione come risultato dello shock cardiogeno e della
vasodilatazione arteriosa può essere trattata con il
calcio (10-20 ml di soluzione di calcio gluconato al 10% da
somministrarsi lentamente per via endovenosa, eventualmente da
ripetersi). Come risultato, la calcemia può raggiungere i
valori alti della norma o superarli di poco.
Qualora l’effetto del calcio sulla pressione sanguigna
dovesse rivelarsi insufficiente dovranno essere somministrati
anche dei vasocostrittori simpaticomimetici, quali la dopamina o
la noradrenalina, il cui dosaggio dovrà essere determinato
esclusivamente dal risultato ottenuto.
Infusioni di liquidi o plasma expanders andranno effettuate
con cautela a causa del rischio di sovraccaricare il cuore.
�
La nifedipina è un calcio-antagonista del gruppo 1,4
diidropiridinico. I calcio-antagonisti riducono l’afflusso
intracellulare transmembrana del calcio che si verifica
attraverso i canali lenti del calcio. La nifedipina agisce
particolarmente sulle cellule miocardiche e su quelle muscolari
delle arterie coronarie e dei vasi periferici di resistenza.
A livello cardiaco la nifedipina dilata le arterie coronarie,
in particolare i grandi vasi di conduttanza, ed anche i segmenti
di parete libera da patologia nelle zone parzialmente stenotiche.
Inoltre la nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia
vasale allo stesso livello prevenendone il vasospasmo. Il
risultato finale di queste azioni è un incremento del
flusso ematico post-stenotico e conseguentemente un aumento
dell’apporto di ossigeno. Contemporaneamente a ciò
la nifedipina riduce la richiesta miocardica di ossigeno
riducendo le resistenze periferiche (post-carico). In terapia
cronica, a lungo termine, la nifedipina è anche in grado
di prevenire lo sviluppo di nuove lesioni aterosclerotiche a
livello coronarico.
La nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia
arteriolare, pertanto, riducendo le resistenze periferiche
aumentate, è in grado di abbassare la pressione arteriosa.
All’inizio della terapia con nifedipina si può
verificare un transitorio incremento riflesso della frequenza
cardiaca e quindi della portata cardiaca. Comunque questo
incremento non è tale da compensare la vasodilatazione.
Inoltre la nifedipina provoca un aumento della escrezione renale
di acqua e sodio sia nel trattamento a breve termine che in
quello a lungo termine. L’effetto ipotensivo della
nifedipina è particolarmente pronunciato nei pazienti
ipertesi.
�
Assorbimento
Dopo somministrazione orale la nifedipina viene immediatamente
e quasi completamente assorbita.
La disponibilità sistemica della nifedipina
somministrata per via orale è del 45-56% a causa
dell’effetto del primo passaggio. Le massime concentrazioni
plasmatiche e sieriche vengono raggiunte tra 1,5 e 4,2 ore con�
nifedipina.
La contemporanea ingestione di alimenti provoca un ritardo, ma
non riduce l'assorbimento.
La seguente tabella mostra le concentrazioni plasmatiche al
picco (Cmax) ed i tempi corrispondenti
(Tmax) di nifedipina
� ��������
Dose
|
Cmax(mg/l)
|
Tmax(h)
|
20 mg
|
26-77
|
1,5-4,2
|
Distribuzione
La nifedipina si lega per il 95% alle proteine plasmatiche
(albumina). L'emivita di distribuzione dopo somministrazione
endovenosa è stata determinata essere di 5-6 minuti.
Biotrasformazione
Dopo somministrazione orale la nifedipina viene metabolizzata
a livello della parete intestinale o del fegato principalmente
attraverso un processo ossidativo. I metaboliti ossidativi non
presentano attività farmacologica.
La via di escrezione fondamentale della nifedipina nella forma
ossidata è quella renale, solo il 5-15% viene escreto
attraverso la bile con le feci.� Il farmaco non metabolizzato si
ritrova in tracce (meno dello 0,1%) nelle urine.
Eliminazione
L’emivita terminale di eliminazione è di 6-11 ore
a causa dell’assorbimento ritardato. Non è stato
riscontrato alcun accumulo della sostanza, alla posologia usuale,
durante trattamento prolungato. In caso di insufficienza renale
non sono state rilevate sostanziali modificazioni rispetto ai
volontari sani.
In presenza di compromissione della funzionalità
epatica l’emivita di eliminazione è nettamente�
allungata e la clearance totale del farmaco si riduce. Nei casi
più severi può essere necessaria una riduzione
della dose.
�
Tossicità acuta: la tossicità
acuta è stata indagata in varie specie animali ed i
risultati sono elencati in particolare nella tabella
seguente:
|
Dose Letale50 (LD 50)
(mg/kg)
|
|
orale
|
endovenosa
|
Topo
|
494 (421-572)*
|
4,2 (3,8-4,6)*
|
Ratto
|
1022 (950-1087)*
|
15,5 (13,7-17,5)*
|
Coniglio
|
250-500
|
2-3
|
Gatto
|
circa 100
|
0,5-8
|
Cane
|
>250
|
2-3
|
* Intervallo di confidenza 95%
Tossicità subacuta e subcronica:
la somministrazione orale giornaliera a ratti (50 mg/kg di peso)
ed a cani (100 mg/kg di peso) per periodi rispettivamente di 13 e
4 settimane è stata tollerata senza la comparsa di effetti
tossici.
In somministrazione parenterale (endovenosa) i cani hanno
tollerato fino a 0,1 mg/kg di peso al dì per 6 giorni
senza danni. La somministrazione endovenosa giornaliera di 2,5
mg/kg di peso per un periodo di 3 settimane è stata
tollerata dai ratti senza la comparsa di segni di danno
d’organo.
Tossicità cronica: i cani hanno tollerato
fino a 100 mg/kg di peso al dì, somministrate per os per
un periodo di un anno, senza presentare effetti tossici. Nei
ratti sono comparsi effetti tossici con concentrazioni superiori
ai 100 ppm nel cibo (circa 5-7 mg/kg di peso corporeo).
Cancerogenesi: uno studio a lungo termine sui
ratti (2 anni) non ha fornito evidenze di alcun effetto
cancerogeno della nifedipina.
Mutagenicità: per valutare
l’effetto mutageno sono stati eseguiti sul topo il test di
Ames, il test della dominanza letale ed il test del micronucleo.
Non è stato possibile evidenziare alcun effetto mutageno
della nifedipina.
Tossicologia della riproduzione: è stato
dimostrato che la nifedipina ha un effetto teratogeno nel ratto e
nel coniglio con varie espressioni tra le quali anomalie
digitali. Le anomalie digitali sono probabilmente il risultato di
una compromissione del flusso ematico uterino. La
somministrazione di nifedipina si è associata a vari
effetti tossici su embrione, placenta e feto, tra essi feti poco
sviluppati (in ratto, topo e coniglio), placenta piccola e villi
coriali ipoplasici (nella scimmia), morte embrionale e fetale (in
ratto, topo e coniglio) ed allungamento della gestazione/ridotta
sopravvivenza dei neonati (nel ratto, non valutata in altre
specie). Tutte le dosi associate ad effetti teratogeni o tossici
su embrione e feto negli animali erano tossiche per la madre e di
parecchio superiori alla massima dose consigliata
nell’uomo.
�
Saccarosio, amido di mais, lattosio, povidone K30, copolimero
dell’acido metacrilico, talco.
Costituenti della capsula: gelatina, ossido di ferro rosso (E
172), ossido di ferro giallo (E 172), titanio biossido (E
171).
�
Non note.
�
4 anni a confezionamento integro.
�
Nessuna.
�
NIFEDIPINA DOC Generici – astuccio contenente 50 capsule
in blister di PVC e alluminio.
�
La sostanza attiva nifedipina è altamente
fotosensibile. La sostanza attiva fotosensibile contenuta nelle
capsule è protetta dalla luce sia all’interno che
all’esterno della confezione. Ciò nonostante le
capsule devono essere tolte dalla confezione solo immediatamente
prima dell’assunzione.
Le capsule non dovranno essere utilizzate dopo la data di
scadenza.
�
DOC Generici S.r.l. Via Manuzio 7 – 20124 Milano.
�
NIFEDIPINA DOC Generici 50 Capsule a rilascio prolungato
– AIC N° 034105015/G
�
Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica.
�
24/3/2000.
�
Non soggetto al DPR 309/90.
�
Ottobre 2002.
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