1 compressa contiene: ramipril 5 mg, piretanide 6 mg.
Compresse oblunghe, di colore bianco-giallo, con solco di
frattura.
- [Vedi Indice]
Trattamento dell'ipertensione arteriosa essenziale nei
pazienti non sufficientemente controllati con la monoterapia
oppure nei pazienti la cui pressione arteriosa è stata
stabilizzata su valori normali a seguito di trattamento con i due
componenti l'associazione dati nella stessa proporzione
dell'associazione fissa.
�
In generale il trattamento dell'ipertensione deve essere
iniziato con uno dei componenti l'associazione somministrato a
basse dosi da aumentare poi gradualmente.
L'associazione fissa di ramipril 5 mg e di piretanide 6 mg
dovrebbe essere impiegata nei pazienti la cui pressione arteriosa
è già ritornata a valori normali in seguito a
trattamento con l'associazione libera di ramipril e piretanide a
dosi uguali a quella dell'associazione fissa.
La dose abituale nei pazienti in cui è indicato il
trattamento con l'associazione è di 1 compressa al giorno
di Prilace. In caso di inadeguata risposta, non deve essere
aumentata la dose di Prilace ma la dose adeguata di mantenimento
va determinata mediante ulteriore titolazione con l'associazione
libera dei due componenti.
Dosaggio nei pazienti con insufficienza renale di
grado moderato (clearance della creatinina 30-60 ml/min) e negli
anziani: la titolazione della dose deve essere fatta con molta
cautela. La dose giornaliera di mantenimento è di ½
compressa di Prilace e la dose massima giornaliera è di 1
compressa di Prilace.
Prilace può essere assunto
indipendentemente dai pasti e dovrebbe essere inghiottito con
adeguata quantità di liquido. In generale si consiglia di
assumere la dose prescritta in una sola volta al mattino.
�
Prilace non deve essere prescritto nei pazienti che presentino
una qualsiasi delle seguenti condizioni:
ipersensibilità al ramipril, alla piretanide o alle
sulfonamidi (il paziente va osservato per possibili reazioni
incrociate) o ad altri componenti delle compresse;
precedenti di edema angioneurotico (ad esempio: in seguito a
precedente trattamento con inibitori dell'enzima di conversione
dell'angiotensina [ACE]);
insufficienza renale grave (creatininemia superiore a 1,8
mg/dl; clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min);
condizioni renali che richiedano la dialisi;
stenosi dell'arteria renale (di entrambi i reni o nei pazienti
con un solo rene);
precedenti di trapianto renale;
stenosi emodinamicamente rilevante della valvola aortica o
della mitrale oppure cardiomiopatia ipertrofica;
iperaldosteronismo primario;
insufficienza epatica grave (coma epatico o precoma) o
malattia epatica primaria;
disturbi clinicamente rilevanti del bilancio elettrolitico
(iponatriemia, ipokaliemia);
ipovolemia;
gravidanza;
allattamento;
età pediatrica.
Durante il trattamento con Prilace i pazienti non
devono essere sottoposti ad aferesi delle lipoproteine a bassa
densità (LDL) per mezzo di destran solfato nè a
dialisi od emofiltrazione con membrane a flusso elevato
poliacrilonitriliche metallo-sulfonate (per esempio "AN 69"). I
pazienti che richiedano dialisi d'emergenza o emofiltrazione
dovrebbero pertanto essere passati ad un trattamento con un
antiipertensivo non appartenente alla classe degli ACE-inibitori
oppure deve essere impiegata un differente tipo di membrana per
dialisi (vedere anche "Interazioni").
�
In presenza delle condizioni di seguito elencate Prilace
dovrebbe essere impiegato solo dopo attenta valutazione del
rapporto rischio/beneficio (in tutti i casi dovrebbero essere
controllate regolarmente le variabili cliniche e di laboratorio
significative):
proteinuria clinicamente rilevante (più di 1
g/die);
alterazioni della risposta immune o collagenopatia ( ad
esempio: lupus eritematoso, sclerodermia);
trattamento sistemico concomitante con farmaci
immunosoppressori (ad esempio: corticosteroidi, citostatici,
antimetabolici), allopurinolo, procainamide, litio;
gotta;
malattie cerebrovascolari;
malattie coronariche;
alterazioni della funzione epatica.
La funzione renale deve essere controllata prima di
prescrivere Prilace. Prima di iniziare il trattamento deve essere
ripristinato il normale equilibrio idro-elettrolitico.
In particolare, all'inizio del trattamento con Prilace,
dovrebbero essere attentamente controllati la pressione arteriosa
e/o i livelli dei valori significativi di laboratorio nei
pazienti con:
ridotta funzionalità renale;
ipertensione grave;
età superiore a 65 anni;
insufficienza cardiaca concomitante.
Una eccessiva caduta pressoria può
verificarsi in occasione dell'incremento di dose del ramipril o
della piretanide, particolarmente nei pazienti con alterazioni
del bilancio idro-elettrolitico (per esempio in conseguenza di
vomito, diarrea, pre-trattamento con diuretici, insufficienza
cardiaca, ipertensione grave). Tali pazienti devono pertanto
essere controllati per almeno 8 ore.
Determinazioni regolari ed a brevi intervalli degli
elettroliti sierici, della creatininemia, della glicemia e del
quadro ematico sono necessarie in particolare all'inizio del
trattamento e nei gruppi a rischio (pazienti con insufficienza
renale, anziani, pazienti con collagenopatie o in trattamento con
immunosoppressori, citostatici, allopurinolo, procainamide,
glicosidi cardiaci, lassativi).
Concentrazione sierica dell'azoto ureico, colesterolo,
trigliceridi, enzimi epatici e proteinuria dovrebbero essere
determinati prima dell'inizio del trattamento con Prilace e
durante il trattamento, regolarmente.
Una conta leucocitaria deve essere effettuata immediatamente
se il paziente durante trattamento con Prilace sviluppa sintomi
quali aumento della temperatura corporea, ingrossamento dei
linfonodi e/o mal di gola.
�
Sono state riportate le seguenti interazioni fra Prilace,
ACE-inibitori o piretanide e:
sale comune: riduzione dell'effetto antiipertensivo di
Prilace;
antiipertensivi (ad esempio: altri diuretici, beta-bloccanti),
nitrati, vasodilatatori, barbiturici, fenotiazine, antidepressivi
triciclici, alcool: aumento dell'effetto antiipertensivo di
Prilace;
analgesici, antiflogistici (ad esempio: derivati dell'acido
salicilico, indometacina): possibile riduzione dell'effetto
antiipertensivo di Prilace. Un'insufficienza renale acuta
può precipitare soprattutto nei pazienti ipovolemici;
salicilati ad alte dosi: aumento ad opera della
piretanide degli effetti tossici dei salicilati sul sistema
nervoso centrale;
potassio, diuretici potassio-risparmiatori (ad esempio:
spironolattone, amiloride, triamterene) ed altri farmaci (ad
esempio: eparina): maggiore aumento della potassiemia determinata
dalla componente ACE-inibitrice;
litio: aumento della litiemia (si raccomanda il controllo
regolare della litiemia) e quindi aumento degli effetti
cardiotossici e neurotossici del litio;
alcool: aumento degli effetti indotti dall'alcool;
glicosidi cardiaci: gli effetti desiderati e
quelli indesiderati dei glicosidi cardiaci possono aumentare in
presenza di deficienza di potassio e/o di magnesio;
ipoglicemizzanti orali, insulina: i loro effetti possono
essere ridotti dalla piretanide od aumentati dal ramipril;
catecolamine ( ad esempio: adrenalina): riduzione degli
effetti ad opera della piretanide;
diuretici eliminatori di potassio (ad esempio: la furosemide),
glicocorticoidi, ACTH, carbenoxolone, amfotericina B, penicillina
G, salicilati o, in caso di abuso, lassativi: aumento della
perdita di potassio e/o magnesio ad opera della piretanide;
allopurinolo, citostatici, immunosoppressori, corticosteroidi
sistemici, procainamide: diminuzione della conta leucocitaria,
leucopenia;
narcotici, anestetici: aumento dell'effetto antipertensivo (il
medico anestesista dovrebbe essere informato che il paziente
è in terapia con Prilace);
antibiotici nefrotossici e ototossici: aumento
dei loro effetti nefrotossici e ototossici ad opera della
piretanide. Il danno all'udito potrebbe essere non reversibile.
L'uso dei suddetti antibiotici in concomitanza con Prilace
dovrebbe pertanto essere evitato;
probenecid: riduzione degli effetti della piretanide.
In pazienti in trattamento con Prilace e
sottoposti a dialisi d'emergenza o ad emofiltrazione con membrane
a flusso elevato poliacrilonitriliche metallo-sulfonate (per
esempio "AN 69") vi è il pericolo che possano insorgere
reazioni anafilattoidi che possono aggravarsi fino a shock
potenzialmente fatale. Reazioni anafilattoidi simili possono
insorgere quando si esegue aferesi di proteine a bassa
densità (LDL) con destran solfato, in concomitanza di
trattamenti con ACE inibitori.
�
Prilace non deve essere impiegato durante la gravidanza. La
gravidanza deve essere esclusa prima dell'inizio del trattamento
e durante lo stesso devono essere prese adeguate misure
contraccettive.
Le pazienti in trattamento con Prilace non devono
allattare.
Le madri che allattano non devono iniziare la cura con
Prilace: in assenza di un trattamento alternativo la paziente
deve interrompere l'allattamento.
�
Il trattamento con Prilace richiede una regolare supervisione
medica. La capacità di guidare veicoli, di attraversare
con sicurezza la strada o di operare con macchinari può
essere variamente influenzata a seconda della reattività
individuale. Ciò vale in particolare per il periodo
iniziale di trattamento o in caso di passaggio ad altro
trattamento farmacologico o di concomitante assunzione di bevande
alcooliche.
�
Durante trattamento con Prilace, con
ACE-inibitori o piretanide sono stati osservati i seguenti
effetti indesiderati:
Apparato cardiovascolare
Occasionalmente è stato osservato abbassamento
eccessivo della pressione arteriosa (ipotensione ortostatica), in
particolare nello stadio iniziale del trattamento con Prilace od
in occasione di incremento posologico e soprattutto nei pazienti
con alterazioni del bilancio idro-elettrolitico (ad esempio: in
seguito a vomito, diarrea, precedente trattamento con diuretici),
insufficienza cardiaca o ipertensione grave. I sintomi sono, ad
esempio:, capogiro, sensazione di testa vuota (talvolta con
difficoltà di concentrazione), sudorazione, sensazione di
debolezza, disturbi della visione e, in rari casi, perdita di
conoscenza (sincope).
In casi isolati sono stati riportati i seguenti effetti
collaterali, a volte accompagnati da una più pronunciata
caduta della pressione arteriosa: tachicardia, palpitazioni,
aritmia cardiaca, dolore toracico, angina pectoris, infarto del
miocardio, attacco ischemico transitorio (TIA), ictus.
Per la presenza del componente piretanide, i pazienti possono
eliminare una quantità eccessiva di fluidi (soprattutto
con dosaggi elevati) e ciò può portare a
disidratazione ed ipovolemia. Se la perdita di fluidi comporta
emoconcentrazione si può avere tendenza alla formazione di
trombi, soprattutto nei pazienti anziani.
Apparato urogenitale
Occasionalmente può manifestarsi o aggravarsi
un'insufficienza renale che, in alcuni casi può peggiorare
sino ad insufficienza renale acuta. Si sono avute rare
segnalazioni di proteinuria, accompagnata in alcuni casi da
peggioramento della funzione renale.
Possono manifestarsi o intensificarsi i disturbi in pazienti
con difficoltà di minzione o ipertrofia prostatica.
Apparato respiratorio
Occasionalmente può manifestarsi tosse secca e
bronchite. In rari casi sono stati osservati dispnea, sinusite e
rinite, e, in casi isolati, broncospasmo, glossite, secchezza
delle fauci ed aumento della sete.
Gli ACE-inibitori possono causare edema angioneurotico.
Ciò è stato osservato in casi isolati con
interessamento della laringe, della faringe e/o della lingua.
In caso di edema angioneurotico con interessamento della
lingua, della glottide e/o della laringe che può mettere
in pericolo la vita sono consigliate le seguenti misure
d'emergenza: con controllo elettrocardiografico in corso
somministrare prontamente per via sottocutanea 0,3 - 0,5 mg di
adrenalina oppure iniettare lentamente per via intravenosa 0,1 mg
di adrenalina (seguire le istruzioni del fabbricante per la
diluizione!). La pressione arteriosa dovrebbe anche essere
controllata regolarmente ed a brevi intervalli. Si dovrebbe far
seguire una somministrazione sistemica di glicocorticoidi. E'
inoltre raccomandata la somministrazione endovenosa di
antistaminici e di antagonisti dei recettori H2. Se il paziente
presenta un deficit dell'inibitore sierico del primo componente
attivato del complemento (C1), può anche essere opportuno
somministrare in aggiunta all'adrenalina un C1-inibitore.
Apparato gastrointestinale
Occasionalmente possono manifestarsi nausea, disturbi
epigastrici ed indigestione. In rari casi possono osservarsi
vomito, diarrea, costipazione e perdita dell'appetito.
Durante il trattamento con ACE-inibitori vi sono state anche
segnalazioni di disturbi della funzione epatica, di ittero
colestatico, di epatite, di pancreatite e di ileo o pre-ileo.
Apparati cutaneo e vascolare
Occasionalmente possono verificarsi reazioni cutanee
allergiche come rash cutaneo. In rari casi possono insorgere
orticaria, prurito od edema angioneurotico con coinvolgimento
delle labbra, del volto e/o delle estremità.
Sono stati segnalati isolati casi di reazioni cutanee gravi
come l'eritema multiforme. Le reazioni cutanee possono essere
accompagnate da febbre, mialgia, dolori articolari, artrite,
vasculite, eosinofilia, leucocitosi e/o aumento dei livelli degli
anticorpi antinucleari o aumento della velocità di
eritrosedimentazione.
In caso di sospetto di una reazione cutanea grave, il paziente
deve rivolgersi al medico e, se necessario, il trattamento con
Prilace deve essere sospeso.
Ci sono stati anche isolati casi di alterazioni cutanee di
tipo psoriasiforme, di fotosensibilità, di sensazione di
calore, di irritazione congiuntivale, di alopecia. di onicolisi e
di aggravamento del fenomeno di Raynaud. In casi isolati non
possono essere escluse reazioni anafilattiche progredenti sino
allo shock.
Nei pazienti che ricevono un ACE inibitore possono
manifestarsi reazioni anafilattoidi (che in alcuni casi possono
mettere in pericolo la vita) insieme ad una concomitante
desensibilizzazione verso veleni animali (ad esempio punture di
api e vespe).
Apparato nervoso
Occasionalmente possono verificarsi cefalea, stanchezza o
sensazione di debolezza. In rari casi possono aversi apatia,
depressione, stato di torpore, disturbi del sonno, sonnolenza,
impotenza, parestesia, disturbi dell'equilibrio, confusione,
ansietà, nervosismo, irrequietezza, disturbi dell'udito
(ad esempio: tinnito), visione confusa, disturbi o perdita
temporanea del gusto. In alcuni casi questi sintomi sono
provocati da uno squilibrio dei fluidi e degli elettroliti.
Apparato muscolo-scheletrico
In rari casi possono verificarsi crampi muscolari, debolezza
dei muscoli scheletrici, mialgia o, in conseguenza ad ipomagnesia
o ipocalcemia, ipereccitabilità neuromuscolare o
tetania.
Parametri di laboratorio
Saltuariamente possono essere osservati riduzioni
dell'emoglobina, dell'ematocrito e del numero dei leucociti e
delle piastrine.
In casi rari può verificarsi anemia, trombocitopenia,
leucopenia, neutropenia, eosinofilia, in particolare nei pazienti
con alterazione della funzione renale, con collagenopatie o in
soggetti in trattamento con allopurinolo, procainamide o farmaci
immunosoppressori. In casi isolati può verificarsi
agranulocitosi o pancitopenia.
In casi isolati è stata riportata emolisi/anemia
emolitica, anche in presenza di carenza di glucosio-6-fosfato
deidrogenasi, sebbene non sia stato possibile dimostrare una
relazione causale con l'ACE-inibitore.
Per la presenza di piretanide, particolarmente a dosi elevate,
può verificarsi ipokaliemia, ipocloremia, ipomagnesia,
ipocalcemia, glicosuria o alcalosi metabolica.
Sono stati osservati aumenti dell'acido urico, del
colesterolo, dei trigliceridi e del glucosio nel siero.
Può manifestarsi un diabete mellito latente e può
aggravarsi un diabete mellito manifesto.
Possono verificarsi occasionali aumenti delle concentrazioni
sieriche dell'azoto ureico, della creatininemia e della
potassiemia (iperkaliemia) e diminuzioni della sodiemia, in
particolare nei pazienti con insufficienza renale. Si può
inoltre osservare aumento della proteinuria.
In casi isolati può verificarsi aumento della
bilirubina e delle concentrazioni degli enzimi epatici.
�
Sintomi del sovradosaggio
A seconda dell'entità del sovradosaggio possono
osservarsi i seguenti sintomi: diuresi persistente, alterazioni
del bilancio elettrolitico, grave ipotensione, obnubilamento
della coscienza (che può progredire fino al coma),
convulsioni, paresi, aritmie cardiache, bradicardia, shock
circolatorio, insufficienza renale, ileo paralitico.
Un'improvvisa escrezione di una grande quantità di
urina può scatenare una ritenzione urinaria acuta con
distensione della vescica ad esempio in pazienti con ipertrofia
prostatica.
Trattamento del sovradosaggio
Le misure terapeutiche da adottare in seguito a sovradosaggio
od intossicazione dovrebbero essere adeguate alla via di
ingestione, al tempo trascorso ed al tipo e severità dei
sintomi. Oltre alle usuali misure di supporto per eliminare il
Prilace (quali ad esempio: lavanda gastrica, somministrazione di
adsorbenti e di sodio solfato entro 30 minuti dall'assunzione di
Prilace), il paziente dovrebbe essere ricoverato in
un'unità di terapia intensiva tenendo sotto controllo i
segni vitali ed adottando le misure correttive appropriate. Il
ramipril e la piretanide sono difficilmente dializzabili.
Se il paziente è ipoteso, dovrebbero essere
innanzitutto somministrati infusioni saline e plasma expanders.
Se non vi è risposta a queste misure dovrebbero essere
allora somministrate catecolamine per via endovenosa. Può
essere appropriato un trattamento con angiotensina II. Per
trattare una bradicardia refrattaria dovrebbe essere utilizzato
un pacemaker.
Dovrebbero essere tenuti strettamente sotto controllo l'acqua,
gli elettroliti ed l'equilibrio acido-base, la glicemia e le
sostanze azotate. Se è presente ipokaliemia dovrebbero
essere somministrati supplementi di potassio.
�
Il Prilace ha proprietà antipertensive e
diuretiche.
Il ramipril e la piretanide sono utilizzati singolarmente o
insieme per il trattamento dell'ipertensione. Gli effetti
antipertensivi dei due principi attivi sono complementari.
Ramipril
Il ramipril è convertito in ramiprilato dalle esterasi
epatiche. Il ramiprilato è un ACE-inibitore.
L'ACE è una peptidil-dipeptidasi che converte
l'angiotensina I in angiotensina II ad azione vasocostrittrice.
L'inibizione dell'ACE provoca una minore formazione plasmatica e
tessutale del vasocostrittore angiotensina II, il che, a propria
volta, comporta diminuzione dell'increzione di aldosterone.
Ciò può portare ad un aumento della potassiemia.
L'attività della renina plasmatica aumenta in conseguenza
della soppressione del meccanismo di retroazione negativa tra
angiotensina II ed increzione di renina.
Dal momento che l'ACE degrada anche la bradichinina, un
peptide vasodepressore, l'inibizione dell'ACE ha come risultato
l'aumento dei sistemi callicreina-chinina locale e circolante ( e
quindi un'attivazione del sistema delle prostaglandine). E'
possibile che questo meccanismo sia coinvolto nell'effetto
antipertensivo degli ACE inibitori e sia anche parzialmente
responsabile di alcuni degli effetti indesiderati.
Nei pazienti ipertesi il ramipril diminuisce la pressione in
orto e clinostatismo senza aumento compensatorio della frequenza
cardiaca.
Nelle prove di emodinamica il ramipril ha indotto una marcata
riduzione delle resistenze arteriose periferiche. Generalmente
non sono state osservate variazioni clinicamente rilevanti del
flusso plasmatico renale e della velocità di filtrazione
glomerulare.
Nella maggior parte dei pazienti l'effetto antipertensivo ha
inizio circa 1,5 ore dopo l'assunzione per os e l'effetto massimo
generalmente tra 5 e 9 ore. Ai dosaggi raccomandati l'effetto
antipertensivo persiste per 24 ore. Il massimo dell'effetto
antipertensivo di una data dose di ramipril viene raggiunto dopo
3-4 settimane di trattamento.
Alle dosi giornaliere consigliate l'effetto antipertensivo
permane anche durante trattamenti prolungati. Una brusca
interruzione della terapia non causa ipertensione di
rimbalzo.
Piretanide
La piretanide è un diuretico dell'ansa. Essa agisce
bloccando il carrier del Na+/K+/2Cl- nella branca ascendente
dell'ansa di Henle. Ciò comporta l'inibizione del
riassorbimento degli ioni sodio e cloro. La parte di sodio
escreta in questo processo può arrivare al 35% della quota
filtrata dal glomerulo. Effetti secondari dell'aumentata
escrezione di sodio sono l'aumento dell'escrezione urinaria
(dovuta al legame osmotico dell'acqua) e l'aumento della
secrezione di K+ a livello del tubulo distale. E' inoltre
aumentata l'escrezione degli ioni Ca2+ e Mg2+. Oltre
all'eliminazione dei suddetti elettroliti si ha una diminuzione
dell'escrezione di acido urico e possono aversi alterazioni
dell'equilibrio acido-base sino ad alcalosi metabolica.
Gli effetti antipertensivi della piretanide sono attribuibili,
oltre che all'effetto diuretico, alla normalizzazione
dell'alterato equilibrio elettrolitico ed in particolare alla
riduzione dell'attività degli ioni Ca2+ liberi nelle
cellule muscolari delle arterie, che è aumentata
nell'ipertensione essenziale. Ciò presumibilmente riduce
l'aumentata contrattilità e la risposta vasale alle
sostanze pressorie endogene quali le catecolamine. Questo
meccanismo d'azione è suggerito dalla parallela riduzione
della pressione arteriosa aumentata e dell'attività del
Ca2+ intracellulare (misurato negli eritrociti) in seguito a
somministrazione di piretanide.
La piretanide aumenta inoltre la capacità venosa,
mediata dalle prostaglandine ed indipendente dalla diuresi.
Mentre l'effetto diuretico compare in generale rapidamente,
cioè entro 1 ora dall'assunzione, e scompare entro 4 - 6
ore dall'assunzione, l'effetto antipertensivo si manifesta
gradualmente e diventa palese dopo 1 - 2 settimane. Gli effetti
antipertensivi, che persistono per 24 ore, possono così
essere ottenuti con una singola dose giornaliera.
La velocità di filtrazione glomerulare e il flusso
plasmatico renale rimangono stabili durante il trattamento con
piretanide.
�
Ramipril
Il ramipril è rapidamente assorbito dopo
somministrazione orale. L'assorbimento non è influenzato
dal cibo. Le concentrazioni plasmatiche massime di ramipril
vengono raggiunte entro 1 ora. L'eliminazione è rapida con
un'emivita di circa 1 ora. Dopo l'assorbimento il ramipril
è quasi interamente metabolizzato, soprattutto a livello
epatico, a ramiprilato.
Le concentrazioni massime plasmatiche di ramiprilato sono
raggiunte fra 2 e 4 ore dopo la somministrazione orale di
ramipril. Il ramiprilato è eliminato in diverse fasi.
Durante la fase di distribuzione ed eliminazione, le
concentrazioni plasmatiche di ramiprilato diminuiscono con
un'emivita di circa 3 ore; questa è seguita da una fase di
transizione con emivita di circa 15 ore e quindi da una lunga
fase terminale con emivita di 4 - 5 giorni, durante la quale le
concentrazioni plasmatiche di ramiprilato sono molto basse. La
lunga fase terminale è dovuta alla lenta dissociazione del
ramipril dal forte, ma saturabile, legame con l'enzima di
conversione. Un'emivita di 10,7 ore per il processo di
dissociazione è stata calcolata dalle prove in vitro.
Nonostante la lunga emivita terminale lo stato stazionario con
concentrazioni costanti di ramiprilato è raggiunto dopo
circa 4 giorni con dosi giornaliere ripetute di 2,5 mg o
più di ramipril. Pertanto, dopo dosi ripetute, l'emivita
"effettiva", relativa al dosaggio, è tra 13 e 17 ore.
Il volume di distribuzione del ramipril è di circa 90
litri ed il relativo volume di distribuzione del ramiprilato
è di circa 500 litri. Il legame alle proteine sieriche del
ramipril è di circa il 73% e quello del ramiprilato
è del 56%.
La biodisponibilità del ramipril è fra il 15%
per 2,5 mg di ramipril ed il 28% per 5 mg. La
biodisponibilità per il metabolita attivo ramiprilato a
seguito di somministrazione orale di 2,5 o 5 mg di ramipril
è di circa il 45% in confronto agli stessi dosaggi di
ramipril somministrato per via endovenosa.
L'escrezione renale di ramiprilato è diminuita in
presenza di insufficienza renale (clearance della creatinina
inferiore a 60 ml/min). La clearance renale del ramiprilato
diminuisce proporzionalmente alla clearance della creatinina.
Ciò si traduce in un aumento delle concentrazioni
plasmatiche di ramiprilato che diminuiscono più lentamente
che nei pazienti con funzione renale normale.
Nei pazienti con alterata funzionalità epatica, ad alte
dosi (10 mg) la conversione del ramipril a ramiprilato è
rallentata ed il ramiprilato è eliminato più
lentamente.
Nei pazienti con insufficienza cardiaca trattata per 2
settimane con 5 mg giornalieri di ramipril, le concentrazioni
plasmatiche di ramiprilato ed i valori dell'area sottesa della
curva di concentrazione (AUC) sono stati 1,5 - 1,8 volte maggiori
di quelli di pazienti non affetti da insufficienza cardiaca.
La farmacocinetica del ramipril e del ramiprilato è
stata simile negli anziani (65-76 anni) e nei soggetti sani
giovani.
Dopo somministrazione orale di ramipril radiomarcato il 39%
della radioattività è stato ritrovato nelle feci e
circa il 60% nell'urina. Il 50-60% della dose di ramipril e dei
suoi metaboliti è stato ritrovato nell'urina anche dopo
somministrazione endovenosa. Dopo somministrazione endovenosa di
ramiprilato circa il 70% della dose somministrata è stato
ritrovato nelle urine come ramiprilato e suoi metaboliti. La
clearance non renale incide per il 50 e per il 30%
dell'escrezione di ramipril e di ramiprilato rispettivamente,
dopo somministrazione endovenosa. Nei pazienti con drenaggio
della cistifellea circa una uguale proporzione di una dose di 5
mg di ramipril è stata ritrovata nelle urine e nella bile
dopo 24 ore.
A causa del marcato effetto primo-passaggio del ramipril dopo
somministrazione orale, si ritrovano nelle urine solo
quantità molto piccole di sostanza immodificata. Oltre
alla metabolizzazione a ramiprilato il ramipril è anche
convertito in dichetopiperazina, inattiva, ed a glicuronide.
Anche il ramiprilato è glicuronizzato ed è
convertito ad acido dichetopiperazinico. Ad eccezione del
ramiprilato tutti i metaboliti e lo stesso ramipril non hanno
attività farmacologica.
Piretanide
Dopo somministrazione orale la piretanide è rapidamente
assorbita. La massima concentrazione sierica è raggiunta
dopo circa 1 ora dall'assunzione.
La disponibilità della piretanide è tra l'80 ed
il 90% nei soggetti normali ed in quelli con alterata funzione
renale. La variazione inter ed intra-individuale è
relativamente piccola.
L'emivita di eliminazione è di circa 1 - 1,7 ore nei
pazienti con funzione renale normale e fino a 9 ore in quelli con
funzionalità compromessa. Non è stato osservato
accumulo sia nei soggetti con funzionalità renale normale
sia in quelli con funzionalità alterata.
Il legame della piretanide alle proteine sieriche è di
circa il 90%.
La piretanide è escreta principalmente come sostanza
immodificata. E' escreta principalmente attraverso i reni e nei
pazienti con funzionalità renale normale si ritrova tra il
40 ed il 70% della dose somministrata. L'escrezione renale
avviene principalmente nel tubulo prossimale per secrezione
attiva.
Nelle urine e nelle feci si ritrovano alcuni metaboliti
idrossilati in forma coniugata. Il metabolita principale è
un derivato gamma-aminobutanolico della piretanide.
In generale negli anziani non è necessario un
aggiustamento della dose.
Ramipril e Piretanide nel rapporto 5:6
Le massime concentrazioni sieriche (Cmax) di ramipril e di
ramiprilato ed i valori dell'area sottesa dalla curva
concentrazione/tempo (AUC) sono state leggermente maggiori quando
il ramipril e la piretanide sono stati somministrati insieme. Il
recupero urinario del ramiprilato è risultato aumentato ma
il recupero totale di ramipril e dei suoi metaboliti nell'urina
è rimasto inalterato.
La massima concentrazione sierica (Cmax) della piretanide
è risultata leggermente ridotta dalla contemporanea
somministrazione di ramipril. Non sono state invece modificate
l'AUC, il tempo per raggiungere la massima concentrazione sierica
(tmax) e l'emivita di eliminazione (t½). Il recupero
urinario di piretanide non è stato significativamente
modificato.
Queste leggere differenze nella farmacocinetica delle due
sostanze quando somministrate insieme non ha modificato gli
effetti farmacodinamici del ramipril e della piretanide da
soli.
�
Ramipril
Tossicità acuta
La DL50 del ramipril nel ratto è risultata maggiore di
10.000 mg/kg (per os). Ciò significa che la
somministrazione acuta di ramipril è completamente
atossica. I sintomi di intossicazione acuta sono aspecifici.
Anche la somministrazione acuta di ramipril nel cane beagle (DL50
di 1.000 mg/kg di peso corporeo) è risultata atossica.
Tossicità cronica
Gli studi con ramipril sono stati condotti nel ratto, nel cane
e nella scimmia. La somministrazione cronica nel ratto di dosi
giornaliere fino a 40 mg/kg di peso corporeo ha provocato anemia
ed alterazione degli elettroliti plasmatici. Sono stati osservati
segni di incipienti modificazioni morfologiche nei reni (atrofia
del tubulo distale) a partire da dosi di 3,2 mg/Kg di peso
corporeo. Questi effetti possono essere spiegati dall'azione
farmacodinamica degli ACE inibitori. L'atrofia tubulare è
stata osservata solo nel ratto e non nel cane e nella
scimmia.
Un marcato allargamento dell'apparato iuxtaglomerulare, in
particolare a partire da dosi di 250 mg/Kg di peso corporeo, sono
state osservate nei non roditori (cane e scimmia). Ciò
può� essere visto come prova indiretta
dell'attività farmacodinamica del ramipril nell'inibire
l'ACE (aumento della produzione di renina).
Nel cane e nella scimmia sono state rilevate anche indicazioni
di modificazioni del quadro ematico e del bilancio
elettrolitico.
Potere cancerogeno e mutageno
Gli studi a lungo termine condotti con ramipril nel topo e nel
ratto non hanno mostrato effetti neoplastici. Sono state rilevate
cellule acidofile nei tubuli renali dopo dosaggi di ramipril, per
kg di peso corporeo, relativamente elevati. Ciò si
è verificato soprattutto nei ratti maschi ed è
correlato alle modificazioni funzionali e morfologiche dipendenti
dall'età che si verificano durante l'insufficienza renale
cronica. Una completa serie di prove di mutagenesi in molti
sistemi d'organo ha dato risultati negativi.
Tossicità sulla riproduzione
Non sono state osservate proprietà teratogene negli
studi di tossicità sulla riproduzione condotti nel topo,
nel coniglio e nella scimmia.
La somministrazione di ramipril a ratti durante il periodo
dello sviluppo fetale e durante l'allattamento ha dato luogo a
lesioni renali non reversibili (dilatazione della pelvi renale)
nella prole a partire da dosi di 10 mg/kg di peso corporeo.
Non sono stati osservati effetti indesiderati sulla
fertilità nei maschi e nelle femmine di ratto. Il ramipril
è secreto nel latte materno dell'animale.
Negli scorsi anni, sono stati riportati casi di una sindrome
fetale caratterizzata da severa ipoplasia del cranio, ritardo
nella crescita intra-uterina, oligoidramnio e anuria neonatale.
In seguito a questo alcuni neonati sono morti. Questa sindrome si
pensa sia dovuta agli effetti ipotensivi sul feto durante il
2° ed il 3° trimestre di gravidanza.
Non vi è esperienza clinica sull'uso del ramipril in
madri che allattano.
Immunotossicologia
Nei test di immunotossicologia non sono stati osservati
reperti significativi.
Piretanide
Tossicità acuta
Nelle prove di tossicità acuta condotte nel ratto, nel
topo, nella cavia, nel coniglio e nel cane non sono stati
osservati reperti particolari. Dopo somministrazione orale la
DL50 nel ratto e nel topo è stata dell'ordine di diversi
grammi, nel coniglio è stata di 1,25 g/Kg di peso corporeo
e solo nella cavia è stata di 93,2 mg/Kg di peso
corporeo.
Tossicità subcronica e cronica
Nei ratti trattati per 30 giorni (40 e 400 mg di piretanide al
giorno per Kg di peso corporeo) sono stati osservati
emoconcentrazione e calcificazione dei tubuli dose-dipendenti e
reversibili.
Cani trattati per 30 giorni con 1,25 e 16 mg di piretanide per
kg di peso corporeo al giorno hanno sviluppato strie atrofiche
del parenchima renale. Sono state inoltre riscontrate alterazioni
ossee come segni di decalcificazione.
Nei cani beagles trattati per os per 12 mesi con dosi
giornaliere di piretanide di 0,05, 0,8 e 12 mg/Kg di peso
corporeo� tutti i reperti patologici correlabili al farmaco sono
stati osservati solo nel gruppo trattato con la dose più
elevata. Questa dose è 100 volte più elevata della
dose terapeutica consigliata nell'uomo e 250 volte più
elevata della dose soglia diuretica nel cane.
Dopo la dose più elevata l'azoto ureico sierico
risultava significativamente aumentato mentre la PAH e la
clearance dell'inulina erano diminuite. Le concentrazioni
sieriche di calcio erano aumentate durante le prime 6 settimane,
il che è interpretabile come segno di aumentata
mobilizzazione del calcio. Ciò è anche confermato
dall'insorgere di iperplasia reattiva delle ghiandole
paratiroidi� e da segni istologici di alterazione del metabolismo
osseo. Dopo la dose più elevata si sono manifestati anche
focolai di degenerazione specie-specifici, principalmente
subcapsulari, nel parenchima renale.
Scimmie Rhesus sono state trattate per 1 anno con 0,4, 2,0 e
10,0 mg/Kg di piretanide al giorno. Solo la dose più
levata ha prodotto modificazioni patologiche in alcuni degli
animali attribuibili all'eccessiva diuresi: alterazioni ossee
dovute alla mobilizzazione del calcio e lesioni renali da molto
lievi a marcate.
Le prove di tossicità cronica nel ratto, nel cane e
nella scimmia hanno mostrato che la piretanide ha un range
terapeutico molto ampio.
Potere cancerogeno e mutageno
Nessuno degli studi condotti nel topo e nel ratto ha
dimostrato un effetto carcinogenico della piretanide. Tutti i
test di mutagenesi condotti sono risultati negativi.
Tossicità sulla riproduzione
Sono stati eseguiti studi di tossicità sulla
riproduzione con piretanide per via orale e i.v. nel topo, nel
ratto e nel coniglio: nessuno degli studi ha dato indicazioni che
la piretanide provochi effetti avversi la fertilità, la
gravidanza, l'accrescimento fetale e post-natale dei nati.
Ramipril e piretanide nel rapporto 5:6
Tossicità acuta
La DL50 nel ratto è di 5.414 mg/Kg di peso corporeo
(per os), il che indica che singole dosi dell'associazione non
sono state tossiche. Non sono stati osservati effetti sinergici
delle due sostanze.
Tossicità subcronica e cronica
Ratti sono stati trattati per 3 mesi con l'associazione
somministrata per os in dosi giornaliere di 0,66, 1,1, 5,0 e 22,0
mg/Kg di peso corporeo. Tutti gli animali sono sopravvissuti
anche se hanno mostrato ridotto accrescimento di peso corporeo.
Nelle femmine sono stati rilevati diminuzione dei valori degli
eritrociti, dell'emoglobina e dell'ematocrito (solo dopo la dose
giornaliera di 22 mg/Kg di peso corporeo) ed aumento dei livelli
di azoto ureico sierico (dopo le dosi giornaliere di 5 e di 22
mg/Kg di peso corporeo). I valori sono ritornati nell'ambito
normale al termine del trattamento. Segni isolati di atrofia
tubulare sono stati osservati nei gruppi trattati con dosi
elevate (dopo 5 e 22 mg/Kg di peso corporeo al giorno). Ci sono
state anche rare segnalazioni di calcificazione dei tubuli dopo
piretanide.
Tutti i reperti osservati nei ratti con l'impiego
dell'associazione sono stati osservati anche durante le prove di
tossicità condotte con le sostanze somministrate
singolarmente. Non vi è stata indicazione di interazione
tossicologica tra ramipril e piretanide nel senso di reciproco
potenziamento.
Scimmie sono state trattate per 3 mesi con l'associazione di
ramipril e piretanide a dosi di 1,1, 4,4 e 17,6 mg/Kg di peso
corporeo al giorno. L'assunzione di cibo è diminuita e vi
è stata riduzione dell'aumento di peso corporeo, in modo
dose-dipendente. Con la dose più elevata sono diminuiti
eritrociti ed emoglobina mentre sono aumentati i valori
dell'azoto ureico sierico. I valori sono tornati normali dopo il
termine del trattamento. Gli studi istologici hanno mostrato
iperplasia dose-dipendente e reversibile delle cellule
juxtaglomerulari nelle arteriole afferenti renali quale
manifestazione degli effetti del ramipril nei gruppi trattati con
le dosi di 4,4 e di 17,6 mg/Kg di peso corporeo al giorno.
Potere cancerogeno e mutageno
Non sono state condotte prove specifiche di cancerogenesi e
mutagenesi per l'associazione poiché le prove condotte sui
singoli componenti non hanno evidenziato tali
potenzialità.
Tossicità sulla riproduzione
Negli studi specifici di embriotossicità, ratti nella
fase dell'organogenesi sono stati trattati per via orale
inizialmente, allo scopo di individuare la dose, con dosi
giornaliere da 75 a 1.000 mg/Kg di peso corporeo. In tutti i
gruppi di dosaggio si sono verificate morti.
Per permettere di trarre conclusioni su possibili effetti
teratogeni, in uno studio successivo l'associazione è
stata somministrata in ratti in dosi giornaliere di 37,5 mg/Kg di
peso corporeo. Non si sono avuti segni di effetti teratogeni
nè sono state osservate morti.
Il trattamento con l'associazione di ramipril e piretanide al
dosaggio di 0,55 mg/kg di peso corporeo al giorno di coniglie
nella fase sensibile dell'organogenesi ha portato solo ad un
leggero ritardo nell'aumento di peso della prole. Comunque non
sono stati osservati effetti indesiderati sullo sviluppo
intra-uterino e sulla vitalità dei feti nelle 24 ore
successive alla nascita. La prole di femmine trattate con 1,1
mg/kg ha mostrato riduzione di assunzione di cibo e acqua,
riduzione del peso corporeo, aumento del peso dei reni. Inoltre
si sono registrati casi di nati morti, di aborti, di nati
prematuri. I feti vivi hanno mostrato un leggero ritardo nella
crescita. Il tasso di sopravvivenza è diminuito ed il
numero di feti con una 13a costola è risultato leggermente
aumentato.
Complessivamente gli studi condotti nel ratto e nel coniglio
hanno mostrato che l'associazione è un po' più
tossica dei singoli componenti sebbene non ci siano state
indicazioni di effetti teratogeni.
In uno studio di tollerabilità perinatale e postnatale,
a ratte durante la gravidanza e nel periodo trisettimanale di
allattamento sono stati somministrati per via orale dosi
giornaliere di 18,75 mg/Kg di peso corporeo: la prole ha mostrato
una leggera diminuzione nell'assunzione di cibo; le dimensioni
dei feti alla nascita erano ridotte. Tuttavia nel periodo
postnatale gli animali si sono sviluppati normalmente.
Non sono stati condotti studi con l'associazione su possibili
alterazioni della fertilità e della riproduzione dal
momento che, sulla base alle risultanze ottenute con i singoli
componenti, non sono prevedibili effetti tossici.
�
Metilidrossipropilcellulosa, amido pregelatinizzato, cellulosa
microcristallina, magnesio stearato.
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Finora non note.
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3 anni
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Proteggere dalla luce.
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Blister in PVC bianco opaco e alluminio, termosaldati.
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Il tipo di confezionamento primario e secondario non prevede
istruzioni particolari per l'uso e per l'impiego.
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AVENTIS PHARMA S.p.A.
P.le S. Türr, 5 - 20149 MILANO
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14 compresse: A.I.C. n. 029243019
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Prima Autorizzazione: 20 giugno 1996
Rinnovo dell’Autorizzazione: 12 luglio 2001
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Luglio 2001
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