Rebif 22 microgrammi - soluzione iniettabile
Rebif 22 microgrammi (Interferone beta-1a) contiene 22 microgrammi ( 6 milioni di UI*) di Interferone beta-1a per siringa pre-riempita.
*: misurato con� saggio biologico dell'effetto citopatico (CPE) contro uno standard interno di IFN beta-1a, a sua volta calibrato contro il vigente standard internazionale NIH (GB-23-902-531).
Per gli eccipienti, vedere 6.1.
Soluzione iniettabile.
Rebif� è indicato nel trattamento di pazienticon sclerosi multipla con 2 o più esacerbazioni� nei due anni precedenti. Non è stata dimostrata l’efficacia nei pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva in assenza di esacerbazioni. Vedere paragrafo 5.1.�
Rebif è disponibile in due dosaggi: 22 microgrammi e 44 microgrammi.
La posologia consigliata di Rebif è di 44 microgrammi tre volte a settimana per iniezione sottocutanea. Rebif 22 microgrammi, sempre tre volte a settimana per iniezione sottocutanea, è consigliabile per i pazienti che non tollerano il dosaggio più elevato, secondo il� parere del medico curante.
Il trattamento dovrà essere iniziato sotto la supervisione di un medico esperto nel trattamento della malattia.
Quando si inizia per la prima volta il trattamento con Rebif, per permettere lo sviluppo della tachifilassi e quindi una riduzione delle reazioni avverse, si raccomanda di somministrare 8,8�microgrammi (0,1 ml del dosaggio da 44 microgrammi o 0,2 ml del dosaggio da 22 microgrammi ) nelle prime due settimane di terapia, 22 microgrammi (0,25�ml del dosaggio da 44 microgrammi o il dosaggio pieno da 22 microgrammi) nella terza e nella quarta settimana, e il dosaggio pieno da 44�microgrammi (0,5 ml) dalla quinta settimana in poi.
Non esiste nessun dato con Rebif in pazienti con sclerosi multipla di età inferiore a 16 anni e, pertanto, Rebif non deve essere impiegato in questa popolazione.
Al momento non è noto per quanto tempo trattare i pazienti. La sicurezza e l'efficacia di Rebif non sono state dimostrate al di là di 4 anni di trattamento. Si raccomanda di valutare i� pazienti almeno ogni 2 anni nei primi 4 anni di� trattamento con Rebif, e la decisione di proseguire con una� terapia a lungo termine�� sarà� presa dal medico curante in base alla situazione di ogni singolo paziente.
L’Interferone beta-1a è controindicato in pazienti con ipersensibilità all'interferone beta naturale o ricombinante, all'albumina umana, o ad uno qualsiasi degli eccipienti .
L’Interferone beta-1a è controindicato nelle pazienti in gravidanza (vedere anche 4.6 Gravidanza ed allattamento), nei pazienti con gravi sintomi depressivi e/o ideazioni suicide e nei pazienti epilettici con anamnesi positiva per convulsioni non controllate adeguatamente da trattamento (vedere 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego, e 4.8� Effetti indesiderati).
I pazienti devono essere informati sulle più comuni reazioni avverse associate alla somministrazione di interferone beta, inclusa la sintomatologia simil influenzale (vedere 4.8 Effetti indesiderati). Questi sintomi sono più evidenti all'inizio della terapia e diminuiscono in frequenza e severità con il proseguire del trattamento.
Gli interferoni devono essere somministrati con cautela nei pazienti con sindrome depressiva. E' noto che depressione e ideazioni suicide sono presenti con maggior frequenza nella popolazione dei malati di sclerosi multipla ed in associazione con l’uso dell’interferone. I pazienti in trattamento con Interferone beta-1a devono essere avvisati di riferire immediatamente al loro medico curante l’eventuale comparsa di sintomi depressivi o ideazioni suicide. I pazienti affetti da depressione devono essere tenuti sotto stretto controllo medico durante la terapia con Interferone beta-1a e trattati in modo appropriato. In queste circostanze deve essere presa in considerazione l’interruzione del trattamento con Interferone beta-1a (vedere anche 4.3 Controindicazioni, e 4.8 Effetti indesiderati).
La somministrazione di Interferone beta-1a deve essere effettuata con cautela nei pazienti con pregressa anamnesi positiva per convulsioni. Nei pazienti che non hanno mai avuto in precedenza crisi convulsive e che sviluppano il disturbo durante il trattamento con Interferone beta1-a, deve essere stabilita l’eziologia ed adottata una appropriata terapia anticonvulsiva prima di riprendere il trattamento con Interferone beta-1a (vedere anche 4.3 Controindicazioni, e 4.8 Effetti indesiderati).
I pazienti con malattie cardiache, quali angina, scompenso cardiaco congestizio o aritmie, devono essere tenuti sotto stretto controllo per osservare eventuali peggioramenti delle loro condizioni cliniche durante l’inizio della terapia con Interferone beta-1a. I sintomi della sindrome simil-influenzale associati alla terapia con Interferone beta 1-a possono essere fonte di stress nei pazienti con problemi cardiaci.
Sono stati descritti casi di necrosi sul sito di iniezione (NSI) in pazienti in terapia con Rebif� (vedere 4.8 Effetti indesiderati).� Per ridurre al minimo il rischio di necrosi sul sito di iniezione consigliare ai pazienti:
- di usare tecniche di iniezione asettiche
- di variare il sito di iniezione ad ogni dose.
Le procedure per l’auto-somministrazione devono essere periodicamente riesaminate soprattutto se si sono verificate reazioni nel sito di iniezione.
Se il paziente presenta un qualsiasi tipo di lesione cutanea, accompagnato da edema o essudazione dal sito di iniezione, il paziente deve essere avvisato di consultare il proprio medico prima di continuare le iniezioni di Rebif. Se i pazienti presentano lesioni multiple, Rebif� deve essere interrotto fino alla completa cicatrizzazione delle lesioni. I pazienti con lesioni singole possono continuare la terapia se la necrosi non è troppo estesa.
I pazienti devono essere informati sul potenziale effetto abortivo dell' interferone beta (vedere 4.6�Gravidanza ed allattamento e 5.3 Dati preclinici di sicurezza).
In studi clinici con Rebif aumenti asintomatici dei livelli delle transaminasi epatiche (in particolare ALT) sono stati frequenti e una percentuale pari al 1-3% dei pazienti ha sviluppato incrementi delle transaminasi epatiche sopra di 5 volte i� limiti superiori della norma. Una riduzione della� dose di Rebif deve essere presa in considerazione nel caso i livelli di ALT superino di 5 volte i limiti superiori della norma e gradualmente riaumentata quando i livelli enzimatici si normalizzano. Rebif deve essere somministrato con cautela nei pazienti con anamnesi di patologie epatiche significative o� evidenza clinica di patologia epatica in forma attiva o� abuso di alcool o incremento dei livelli di ALT (>2,5 volte i limiti superiori della norma). I livelli sierici di ALT devono essere monitorati prima dell’inizio della terapia ed a� 1, 3 e 6 mesi dall’inizio della terapia,� e successivamente,� controllati periodicamente, anche in assenza di sintomi clinici. Il trattamento con Rebif deve essere interrotto in caso di comparsa di ittero o altri sintomi clinici di disfunzione epatica (vedere 4.8 Effetti Indesiderati).�����
All’impiego di interferoni sono associate alterazioni degli esami di laboratorio. Pertanto, oltre ai� test di laboratorio normalmente richiesti per monitorare i pazienti con la sclerosi multipla, e ai monitoraggi degli enzimi epatici, durante la terapia con Interferone beta-1a sono raccomandati anche la conta leucocitaria con formula e la conta delle piastrine. .
I pazienti in trattamento con Rebif possono occasionalmente sviluppare alterazioni alla tiroide o peggioramento di alterazioni preesistenti. Un test di funzionalità tiroidea deve essere effettuato al basale e, se alterato, ripetuto ogni 6-12 mesi dall’inizio del trattamento. Se i valori al basale sono normali, non è necessario un esame di controllo che deve invece essere effettuato qualora si manifesti una sintomatologia clinica di disfunzione tiroidea (vedere anche 4.8 Effetti Indesiderati).
Cautela e stretta sorveglianza devono essere adottate nella somministrazione dell’Interferone beta-1a a pazienti con grave disfunzione renale ed epatica e a pazienti con grave mielosoppressione.
Possono svilupparsi anticorpi neutralizzanti� anti-Interferone beta-1a. L’esatta incidenza di tali anticorpi non è ancora definita. I dati clinici suggeriscono che tra i 24 e 48 mesi di trattamento con Rebif 22 microgrammi, circa il 24% dei pazienti sviluppa anticorpi sierici persistenti contro l’Interferone beta-1a. E’ stato dimostrato che la presenza di anticorpi attenua la risposta farmacodinamica all’Interferone beta-1a (Beta-2 microglobulina e neopterina). Sebbene l’importanza clinica della comparsa degli anticorpi non è stata completamente chiarita, lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti� si associa ad una riduzione dell’efficacia su parametri clinici e di risonanza magnetica.
Qualora un paziente dimostri una scarsa risposta alla terapia con Rebif ed abbia sviluppato anticorpi neutralizzanti, il medico curante rivaluterà il rapporto beneficio/rischio per proseguire o meno il trattamento con Rebif. L’uso di vari metodi per la determinazione degli anticorpi sierici e le diverse definizioni di positività degli anticorpi limitano la possibilità di confrontare l’antigenicità tra prodotti differenti.
Solo scarsi dati di sicurezza ed efficacia sono disponibili nei pazienti, non in grado di deambulare, affetti da sclerosi multipla.
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