a) Alfa-metildopa
Nel corso del trattamento con alfa-metildopa sono stati segnalati rari casi di anemia emolitica. Qualora ne esistessero i sintomi, si renderanno opportuni controlli dell'emoglobina e/o dell'ematocrito. In presenza di anemia vanno effettuati necessari esami di laboratorio, per accertare un'eventuale emolisi che imporrebbe la sospensione del farmaco. In generale l'anemia regredisce prontamente. Rare sono comunque le segnalazioni di casi letali.
In pazienti trattati a lungo termine con alfa metildopa è stato rilevato un test di Coombs diretto positivo, reperto generalmente riscontrabile non oltre i 6-12 mesi di terapia. Si tratta di fenomeno dose-dipendente, con incidenza minima per dosi giornaliere di alfa-metildopa di 1 g o meno. Il test di Coombs positivo torna alla norma dopo qualche settimana o mese dalla sospensione del farmaco. Se in corso di trattamento con alfa-metildopa è necessario effettuare una trasfusione, va effettuato un test di Coombs sia diretto che indiretto. In assenza di anemia emolitica, in genere risulterà positiva solo la prova diretta. Il solo test di Coombs diretto positivo non interferisce con la determinazione del gruppo sanguigno o le prove ematiche crociate. Se è positiva anche la prova indiretta, possono nascere problemi nella prova crociata di compatibilità e può essere richiesta l'assistenza di un ematologo o di un esperto di trasfusioni.
Sono stati riferiti rari casi di agranulocitosi, reversibile con la sospensione della terapia.
Occasionalmente si è registrata febbre nelle prime settimane di trattamento con alfa-metildopa, associata in alcuni casi ad anormalità di una o più prove di funzionalità epatica, come la fosfatasi alcalina del siero, le transaminasi seriche (GOT, GPT), la bilirubina, il tempo di protrombina e la ritenzione di bromosulftaleina. Può verificarsi ittero. Raramente sono stati segnalati casi di necrosi epatica letale, riferibili ad ipersensibilità al farmaco. L'alfa-metildopa va quindi usata con cautela in soggetti con storia di malattie o disfunzioni epatiche. Se compaiono febbre, alterazioni della funzionalità epatica o ittero, la terapia con alfa-metildopa va sospesa ed i sintomi regrediscono.
L'impiego di alfa-metildopa in associazione ad altri antiipertensivi può potenziare l'effetto ipotensivo.
In corso di trattamento con alfa-metildopa, può essere necessaria una riduzione delle dosi di anestetici.
Raramente sono stati osservati movimenti coreoatetosici involontari in corso di terapia con alfa-metildopa in pazienti con gravi affezioni cerebrovascolari bilaterali. Se si manifestano tali disturbi, sospendere la somministrazione del farmaco.
Poiché l'esperienza clinica e gli studi eseguiti sull'impiego dell'alfa-metildopa in gravidanza sono ancora limitati, si sconsiglia l'uso dell'ipotensivo in tale condizione.
b) Butizide
L'uso dei saluretici, tiazidici inclusi, impone cautela in presenza di nefropatie ed epatopatie, potendosi determinare accumulo, con conseguente aggravamento dell'iperazotemia o della disfunzione epatica, fino al coma.
I tiazidici possono potenziare l'azione di altri ipotensivi (ganglioplegici o adrenolitici periferici).
In pazienti con storia di allergia o asma bronchiale possono sia pur raramente, verificarsi reazioni di ipersensibilità.
È stata segnalata la possibilità di esacerbazione o attivazione di sindromi lupus eritematoso-simili.
Nei trattamenti prolungati occorre controllare periodicamente il quadro elettrolitico serico e urinario, specie in pazienti sottoposti a fleboclisi, con vomito, digitalizzati, cirrotici gravi o in caso di somministrazione contemporanea di corticosteroidi o ACTH, per evidenziare eventuali segni di squilibrio elettrolitico (iposodiemia, ipopotassiemia o alcalosi ipocloremica), precocemente rivelati da secchezza delle fauci, sete, astenia, sonnolenza, crampi muscolari, ipotensione, oliguria, tachicardia, nausea, vomito.
Nei pazienti diabetici e nei pazienti gottosi i diuretici tiazidici possono indurre un aumento rispettivamente della glicemia e dell'uricemia. Un diabete mellito latente o una gotta latente possono diventare manifesti in corso di terapia tiazidica. Le tiazidi possono aumentare la risposta alla tubocurarina. Il loro effetto ipotensivo può risultare più intenso in soggetti simpatectomizzati; può inoltre diminuire la risposta arteriosa alla noradrenalina. Le tiazidi possono ridurre i tassi serici di iodio proteico precipitabile (PBI), senza segni di disfunzione tiroidea.
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