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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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In
questi ultimi anni le vicende legate alla tubercolosi (TB) sono state
contrassegnate, in Italia e nei Paesi ad elevato sviluppo socio-economico
(Europa Occidentale, USA, Canada),
da una inaspettata ripresa della malattia sul piano epidemiologico e clinico,
con una palese inversione della tendenza al progressivo declino, quale si era
manifestata con l'avvento della chemioterapia antitubercolare, al punto da farne
ritenere imminente la eradicazione.
Questa
inattesa e non prevedibile esacerbazione, tanto nelle aree geografiche a bassa
endemicità (alle quali appartiene anche l'Italia), quanto in quelle ad elevata
impronta endemica, ha determinato un improvviso risveglio dell'attenzione e
dell'interesse verso una condizione morbosa che stava per essere accantonata,
come problema sanitario della collettività umana e che invece, si sta
riproponendo ovunque con drammatica istanza.
La
Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in collegamento con l'Unione
Internazionale contro la tubercolosi e le malattie respiratorie (UICTMR), ha
preso piena consapevolezza del problema ponendo in atto un Global TB Programme
volto ad esercitare un estensivo controllo epidemiologico in tutte le parti del
mondo, e a sollecitare la formulazione e l'attuazione di programmi nazionali,
intervenendo, anche direttamente, nei Paesi abbisognevoli di un più concreto
aiuto.
La
Conferenza Mondiale tenutasi a Bethesda (USA) nel 1992 ha definito la TB
"una delle principali minacce della salute pubblica" e, l'anno
successivo, ha proclamato la TB emergenza mondiale.
Non
vi è dubbio che nel determinismo della attuale riaccensione dei movimenti
epidemiologici della TB è ravvisabile l'intervento di nuovi fattori di rischio
che si sono venuti a delineare in tempi recenti, su scala mondiale, come
soverchianti fenomeni, inarrestabili e non facilmente controllabili.
Uno
di questi - di sempre più rilevante portata - è rappresentato dalle forti
correnti migratorie da Paesi poveri e ad alta endemicità tubercolare verso
Paesi socialmente ed economicamente più progrediti e a bassa endemicità.
L'altro
fattore è costituito dalla dilagante diffusione dell'infezione HIV e della
correlata sindrome da immuno deficenza acquisita (AIDS), implicitamente aperte,
entrambe, alla sovraimmissione di molteplici agenti infettanti, ivi compresi -
fra i più frequenti - quelli di tipo micobatterico.
Di
entrambi questi fattori si dovrà fare, nella presente trattazione, più
dettagliato richiamo: in questi preliminari cenni introduttivi è soprattutto
opportuno sottolineare anche il monito, più volte espresso dalla OMS, dalla
UICTMR, e anche dalla Federazione Italiana contro la Tubercolosi e le Malattie
Polmonari Sociali, che la TB esiste ancora e costituisce un sempre imminente
pericolo per le sorti della umanità.
Negli
anni '50 e '60 in conseguenza della introduzione e del perfezionamento della
chemioterapia antitubercolare, si determinò in Europa, USA e Canada e un
progressivo decremento nella incidenza della TB (polmonare e extrapolmonare)
sino a registrare annualmente cifre del 6 - 10% inferiori a quelle dell'anno
precedente. Tale tendenza si manteneva anche per tutti gli anni '70. A un
tratto, agli inizi degli anni '80, si ebbe dapprima un arresto e poi un
continuativo innalzamento dei tassi di incidenza che, anche in altre parti del
mondo, si venivano ad attestare su livelli di sempre più impressionante
rilievo.
Negli
USA, agli inizi degli anni '90, si annoverarono 39.000 casi in eccesso, rispetto
a quelli previsti, in base alle tendenze epidemiologiche degli anni precedenti
(D'Alfonso).
Nel
1982, in occasione del centenario della scoperta dell'agente etiologico della TB
(R. Koch, 23 marzo 1882) le stime elaborate dalla OMS, con il concorso della
UICTMR, davano le seguenti cifre:
-
nuovi casi (incidenza annuale) 4 - 5 milioni;
-
totale dei soggetti malati (prevalenza) 12 milioni.
-
numero totale dei morti 3 milioni.
Nel
1990, appena otto anni dopo le stime prospettate dai medesimi organismi,
allineavano già allarmanti previsioni:
-
soggetti infettati (tubercolino positivi: 1.700.000;
-
nuovi casi (incidenza annuale): 8.000.000 ;
-
di cui con espettorato positivo:4.000.000;
-
totale dei soggetti malati (prevalenza): 20.000.000;
-
numero annuale dei morti: 3.000.000
Queste
ulteriori propulsioni - potenzialmente sempre in atto - hanno portato alla
formulazione di una stima cumulativa della TB nel mondo per tutto l'arco degli
anni '90, come è riprodotto nella figura 1. Da questa valutazione, che porta a
88 - 90 milioni la totalità dei casi previsti, emerge un'ampia e profonda
difformità tra le varie aree geografiche; difformità che risulta evidente
anche nelle cifre della mortalità che, sempre per tutti gli anni '90, prevedono
un totale di 30 milioni di individui destinati a morire nel mondo per TB: un
terzo circa della morbosità totale!
Nella
tabella 1 sono segnati i valori cumulativi relativi alla morbosità e alla
mortalità, quali emergono dalle stime OMS. A parte il soverchiante appannaggio
della malattia nei Paesi dell'Africa sopra e sotto sahariana, dell'Asia, del Sud
America, nei confronti dell'Europa Occidentale, del Nord America (USA e Canada),
del Giappone, dell'Australia, non può non suscitare sensazione il differente
rapporto tra il numero dei soggetti malati e il numero dei morti (indice di
letalità), quale traspare dalle varie aree geografiche e che conferisce
maggiore drammaticità alla incombente minaccia della TB per le popolazioni più
fortemente colpite (tab.02
Un
ulteriore elemento di differenziazione è costituito dalla distribuzione della
infezione (positività tubercolinica) e della malattia nelle varie della vita
(D'Alfonso). Nei Paesi industrializzati la prevalenza della infezione e la
stessa morbosità risultano molto deboli nei soggetti di età inferiore 40 - 45
anni, per divenire poi più elevate nei soggetti al V, VI, VII decennio; nei
Paesi in via di sviluppo si verifica un comportamento inverso, nel senso che una
forte quota di soggetti infettati (tubercolino positivi) e di soggetti malati è
già presente nei primi decenni di vita, che appaiono anche più particolari
esposti al fatale rischio della meningite tubercolare.
Negli
anni passati l'Italia era collocata tra i Paesi a più marcato impegno nella
lotta contro la TB. Già, nel campo dei trattamenti, la proposta di C. Forlanini
(1882) di curare le forme tisiogene di TB polmonare mediante pneumotorace, aveva
trovato, nel corso degli anni '20 - '30 ad opera di E. Morelli e della Scuola
Tisiologica Italiana (A.Omodei - Zorini, V. Monaldi, G. DAddi), sempre più
larga e perfezionata applicazione, costituendo valido mezzo di cura, adottato
anche in altri Paesi. Nello stesso
periodo venivano emanati innovativi provvedimenti legislativi (1927):
-
la istituzione dei Consorzi Provinciali Antitubercolari che, attraverso una
fitta rete dispensariale, avevano il compito del riconoscimento precoce e del
controllo epidemiologico della infezione (esecuzione dei test tubercolinici
nelle collettività a rischio) e della malattia ed anche dei trattamenti
ambulatoriali;
-
la istituzione della assicurazione contro la TB estesa a numerose categorie di
lavoratori e l'affidamento della gestione all'Istituto nazionale di Previdenza
Sociale che, in breve tempo, realizzò una efficiente rete di Ospedali
Sanatoriali, specializzati per l’assistenza e la cura dei malati.
Per
effetto di tali provvedimenti, il percorso storico della epidemia tubercolare ,
statisticamente apertosi nel 1887 (con la obbligatorietà di denuncia delle
cause di morte) con la cifra di 62.614 morti per TB, polmonare ed extrapolmonare
(210,7 per 100.000 abitanti), ed attestata ancora, nel 1927 sul totale di 54.267
morti (153,7 per 100.000 abitanti), venne a segnare, negli anni successivi, un
graduale decremento che, nel 1940, poneva la mortalità su 33.250 unità (74,5
per 100.000 abitanti).
Più
spiccate cadute della mortalità si sono verificate dopo l'avvento della
chemioterapia antitubercolare (1946) e dopo che le conseguenzialità socio -
economiche del secondo conflitto mondiale si erano tradotte in una inevitabile
impennata (tab.03x).
Questo
effettivo crollo, indotto dai ritrovati chemioterapici e comune a tutti i Paesi
industrializzati, ha tolto alle cifre di mortalità per TB gran parte della loro
importanza epidemiologica, affidando più realistico significato alle cifre
della mortalità, soprattutto a quelle riguardanti la neo morbosità, cioè la
incidenza annuale dei nuovi casi.
Anche
gli indici di infezione (percentuale dei soggetti cuti positivi) mantengono
piena validità epidemiologica, specie se correlati a determinate fasce di età
e a determinate collettività e categorie lavorative.
La
rilevazione di questi elementi: indici di infezione, indici di morbosità,
integrati dal conteggio dei soggetti con espettorato batteriologicamente
positivo, essenziali per stabilire le effettive dimensioni
epidemiologiche della TB nel territorio, non riescono ancora ad avere, in
Italia, una completa e sistematica definizione.
La
disattivazione e lo smantellamento delle strutture dispensariali, operati dalla
legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, hanno per larga parte
cancellato il complessivo sistema di controllo e di sorveglianza epidemiologica
e clinica della malattia.
Nei
Paesi del mondo occidentale, ove una gran parte della popolazione è tutelata
dalle strutture della assistenza sanitaria, è stata resa obbligatoria la
notificazione dei nuovi casi di TB attraverso moduli individuali, variamente
circostanziali. Tale sistema informativo è vivamente raccomandato dai
responsabili OMS che gestiscono il Global TB Programme, e sono stati già resi
noti alcuni importanti dati relativi a Paesi europei ed extraeuropei. Questa
procedura ha preso avvio anche in Italia e, da parte ministeriale, sono stati
stabiliti dei flussi informativi che comportano la compilazione, da parte dei
medici delle ASL, di schede individuali e il loro successivo inoltro ai Servizi
di Igiene Pubblici e agli Osservatori Epidemiologici Regionali; e da qui, al
Ministero della Sanità e all'ISTAT (fig.02
Il
Ministero della Sanità, attraverso la Divisione di Profilassi delle Malattie
Infettive, si è assunto, da alcuni anni, il diretto controllo e il monitoraggio
dei flussi di notifica, valutandone anche la accuratezza informativa e la
attendibilità. In rapporto ai dati pervenuti in questi ultimi anni, resta
confermata (Squarcione), per l'Italia, la tendenza all'incremento della morbosità,
tanto per le forme polmonari che per quelle extrapolmonari, con cifre che, a
partire dal 1984, sono passate da 6 per 100.000 abitanti a 9,6 (1994) (fig.03
Peraltro
questi valori, per il nostro Paese, sono certamente al di sotto della realtà,
rappresentando solo la cima emergente di un iceberg che reca ancora larghe quote
statisticamente sommerse. Essa, difatti è ben lontana dai valori che alcune
stime OMS assegnano all'Italia, riconoscendovi circa 20.000 nuovi casi per anno,
con un indice di 31 nuovi malati per 100.000 abitanti. Questa stima trova
credito anche presso la Federazione Italiana contro la TB e le malattie
Polmonari Sociali (Quaranta).
Per
quanto riguarda il comportamento degli indici di infezione (test tubercolinici),
quale espressione della tubercolizzazione del territorio, i rilievi sono
ugualmente alquanto frammentari, con sensibili differenziazioni nelle diverse
Regioni.
In
ambito scolastico le indagini tubercoliniche, sistematicamente ed estensivamente
condotte, avevano dato in passato alte percentuali di positività nelle
cosiddette "età filtro" (6,10,14)e ancora negli anni
"sessanta", al momento dell'ingresso nella scuola (6 anni)l'8-10% dei
soggetti risultava positivo, avendo contratto, in ambiente familiare o
domiciliare, la prima infezione tubercolare. Recenti campionamenti condotti in
alcune Scuole di Napoli, hanno ottenuto i dati riportati nella tabella 4.
I
valori registrati in essa, pur risultando più bassi del 20 - 30% rispetto al
passato, sono tuttavia ancora lontani da quella "soglia di
contenimento" della TB, fissata (OMS) all'1% di positività all'età di 14
anni.
Per
quanto riguarda le successive classi di un età, una adeguata indicazione è
fornita dal comportamento degli indici tubercolinici negli Studenti di Medicina
all'atto della iscrizione alla Università (19 - 20 anni): a Napoli (Biscione)
è stata rilevata, nel quinquennio 1978 - 82, una media di positività del
24,8%, ridottasi a 12,5 % negli anni '80, e risalita poi a 16,4% in quest'ultimo
triennio (1993 - 95).
Per
i militari di leva (20 anni), agli inizi degli anni '80 era stata ottenuta a
Bologna (Capecchi e Coll.) una positività tubercolare del 41% dei soggetti, con
una flessione al 33,3 % alla fine del decennio.
La
TB è una affezione provocata da agenti microbici appartenenti al genere
Mycobacterium, capaci di infettare l'organismo umano, senza indurre una
effettiva condizione morbosa, o anche, di determinare una malattia a vario
profilo anatomoclinico.
La
prima infezione tubercolare comporta, in individui esenti da precedenti
contatti, l'insediamento,nel polmone o in territori extrapolmonari, di cariche
micobatteriche provenienti da individui malati (via inalatoria) o da materiale
contaminato (via alimentare; contatto diretto).
Gli
individui infetti restano per lo più di ogni segno di malattia e all'oscuro,
quindi, della avvenuta acquisiscono memoria mediante il passaggio a positività
delle prove cutanee alla tubercolina; ed acquisiscono anche, nel contempo, uno
stato immunitario capace di annullare, entro determinati limiti, nuovi apporti
micobatterici. Solo il 5 - 10% dei soggetti divenuti cutipositivi può - per un
superamento dello stato immunitario - cadere nel rischio di sviluppare una
malattia tubercolare. Questa può verificarsi come diretta consequenzialità
della prima infezione o per effetto di una reinfezione.
L'eventuale
reinfezione può provenire, ancora una volta, dall'esterno, ad opera di un nuovo
evento contagiante - reinfezione esogena - o anche dall'interno dell'organismo,
ad opera di cariche micobatteriche in sortita da fonti bacillifere intra -
organiche (linfonodali parenchimali) cioè da pregressi focolai tubercolari
bacilliferi, rimasti da più o meno lungo tempo, quiescenti - reinfezione
endogena.
Sulla
scorta di queste preliminari anticipazioni etiopatogenetiche, occorre prendere
in considerazione: gli agenti infettanti; i fattori di rischio; i fondamenti di
ordine immunologico.
Lo
spettro microbiologico dei micobatteri etiologicamente responsabili di infezione
tubercolare è attualmente più ampio e complesso di quanto non fosse in
passato.
Mycobacterium
tubercolosis (comunemente detto bacillo di Koch, dal nome del suo scopritore) è
alla base dell'80-90% dei casi di malattia. Elemento batterico a forma di
piccolo bastoncello ad estremità arrotondate, è lungo 2-3 micron, gram
positivo, alcol-acido resistente: dotato di peculiari esigenze culturali è
naturalmente sensibile ai farmaci antitubercolari.
Successivamente
all'impiego terapeutico dei chemioantibiotici, è emerso il rischio di contagio
da parte di cariche micobatteriche resistenti ad uno o più di tali madicamenti.
Queste provengono da malati cronici, portatori di lesioni polmonari rimaste
bacillifere per effetto di trattamenti non correttamente condotti.
L'affioramento
di nuovi casi di TB con resistenza primaria costituisce un problema di non
trascurabile rilievo, ai tempi attuali, soprattutto perchè tale tipo di
infezione e di malattia presenta non poche difficoltà nei confronti della
terapia, che rischia di diventare inefficace in quanto le quote micobatteriche
di base non sono sensibili a uno o più medicamenti somministrati.
Siffatta
eventualità si sta ormai rivelando in evidente incremento, veicolata, per lo più,
da individui (immigrati) provenienti da Paesi ad alta endemicità tubercolare,
poco disponibili a sottoporsi a una corretta terapia e al dovuto controllo.
Negli
USA, ove la resistenza primaria verso isoniazide e/o rifampicina era, negli anni
scorsi, del 6-10%, si è osservato, di recente un rapporto del 14-23%.
Al
riguardo vi è una larga disparità negli andamenti segnalati dai vari Paesi,
con cifre che vanno dal 5-8% (Giappone) all'8,2% (Grecia), sino al 26,6%
(Turchia).
In
Italia, alcuni campionamenti (Montesano, Matera) hanno dato una cifra attorno
all'11%; mentre Mantellini, a Milano, ha registrato il 24% di resistenza
primaria in immigrati, mai trattati in precedenza, ammalarsi, per la prima
volta, appena dopo l'arrivo in Italia.
Mycobacterium
africanum è una varietà di micobatteri tubercolari individuata - da qualche
decennio - in alcune forme di TB polmonare (ed extrapolmonare) verificatesi in
Paesi africani (Sudan, Kenia, Nigeria, Ghana, Sierra Leone). Segnalazioni sono
provenute anche dalla Francia, ove le caratteristiche microbiologiche del ceppo
sono state studiate presso l'Istituto Pasteur.
Trattasi
di una specie microbica a lento accrescimento, con caratteristiche metaboliche e
culturali intermedie tra il micobatterio umano e quello bovino. In Italia non
risultano segnalazioni in proposito.
Mycobacterium
bovis: una recente accurata analisi epidemiologica (1995), condotta su scala
mondiale da Reilly e Daborn, riconosce alla TB umana da micobatteri bovini una
frequenza dello 0,6-0,2%. Le più alte percentuali concernono Paesi ad alta
concentrazione di allevamenti di bestiame (Inghilterra, Olanda, Argentina,
Australia). In Svizzera le norme di bonifica adottate sugli animali infetti
hanno ridotto considerevolmente il rischio che, in passato, era molto elevato.
In realtà un esatto accertamento è di difficile attuazione poichè, la
similarità delle manifestazioni cliniche, non sempre sollecita indagini
discriminative tra la varietà umana e quella bovina. Peraltro esistono numerose
osservazioni su forme polmonari ed extra polmonari (adenopatie, meningiti)
dovute a micobatteri bovini attraverso contagi interumani o, più spesso,
attraverso prodotti contaminati (latte, latticini freschi) provenienti da
bestiame infetto.
Possibile
dipendenza da infezioni da mic. bovino sono, non di rado, alcuni complessi
primari del cavo orale (con adenopatia satellite latero cervicale) e alcuni
complessi primari del tratto ileo-cecale.
Micobatteri
atipici o non tubercolari (MOTT. myc. other than tuberc.): costituiscono una
categoria molto estesa di micobatteri il cui carattere ubiquitario ne comporta
la possibile presenza nell'aria ambiente,nel terreno, nelle acque, in alcuni
animali (domestici e non) ove si mantengono allo stato saprofitico.
Ne
è segnalata anche la presenza sulle pareti delle piscine, negli acquari
domestici, nei condizionatori d'aria.
Il
contatto può pertanto avvenire per via aerogena, per via digestiva (alimenti
inquinati), per diretto contatto sulla cute. E'inoltre possibile la trasmissione
interumana da individuo portatore o malato a individuo sano.
Sono
più di 50 le specie "atipiche" sinora individuate e non è agevole
stabilirne la collocazione tassonomica; tuttavia solo alcune (tra cui avium/intracellulare,
kansasii, xenopi, scrofulaceum) possono determinare malattia (polmonare o
extrapolmonare) nell'uomo.
Agli
eventuali stati morbosi da MOTT si dà il nome di micobatteriosi e di essi si
farà cenno in un successivo paragrafo (pag.150.A.).
La
loro incidenza non è di facile
quantificazione (in Italia rappresentano il 2-7% di tutte le forme
micobatteriche); essa è, d'altronde, variabile nelle diverse aree geografiche
del mondo.
In
questi ultimi anni, le vicende insorte con il complesso HIV/AIDS hanno
notevolmente incrementato l'incidenza della micobatteriosi, rendendo più ardui
i problemi di loro pertinenza.
Un
ampia serie di fattori è in grado di aprire e di incrementare, nei soggetti
indenni, il rischio di infezione e di malattia tubercolare, o di rinnovarlo in
quelli già infetti.
Trattandosi
di infezione prevalentemente basata su contagio interumano, l'effettivo rischio
è rappresentato da individui con forme bacillifere polmonari.
Secondo
un recente avvertimento OMS/UICTMR un malato non trattato, con espettorato
positivo, può infettare altri 10-20 individui, nello spazio di due anni.
Il
rischio di contagio occasionale assume reale concretezza allorchè si verifica
con cariche micobatteriche sovra minimali, suscettibili di effettivo
attecchimento; più elevate possibilità sono legate a contagi ripetuti e
riavvicinati, apportati da fonti bacillifere persistenti, in ambienti ristretti
e/o superaffollati, come può verificarsi nella convivenza con individui malati
in ambito familiare o domiciliare, scolastico, nosocomiale carcerario. Queste
ripetute occorrenze contagianti che vengono inevitabilmente ad esaurire le
naturali difese immunitarie del soggetto colpito, hanno più ampie possibilità
di tradursi in diretto fattore di infezione e/o di malattia in individui
maggiormente suscettibili a subirne gli effetti: soggetti di età infantile;
portatori o reduci di stati morbosi invalidanti (morbillo, scarlattina,
pertosse); soggetti con gravi compromissioni organiche e dell'assetto
immunitario.
Sono
altresì note alcune condizioni morbose che agevolano l'affioramento di un
quadro tubercolare polmonare o (più raramente) extrapolmonare: diabete;
emopatie maligne; insufficienza renale cronica; gastro-resezione; silicosi
(attualmente di minor nocività grazie all'efficiente opera di protezione
adottata in ambiente lavorativo); trattamenti prolungati con farmaci
immunodepressivi.
Accanto
a questi elementi, tradizionalmente sempre inseriti nei paradigmi
etiopatogenetici della TB, si
sono venuti ad aggiungere - come già accennato - nuovi fattori di rischio che
hanno rapidamente assunto piena responsabilità negli attuali andamenti della TB
nel mondo e nelle previsioni dell'immediato futuro.
I
movimenti migratori. Circa 120 milioni di persone (emigrati, rifugiati), nel
1990 - secondo un calcolo delle Nazioni Unite - hanno lasciato i Paesi di
origine per riversarsi in Paesi con più accettabili condizioni di vita e di
lavoro: USA, Canada, Europa, Giappone, Australia.
Questi
movimenti migratori, sempre più fitti e spesso non adeguatamente controllati,
rappresentano un evidente pericolo per la diffusione della infezione
tubercolare.
Il
problema è stato più volte affrontato nell'ambito dell'International
Organization for Immigration (IOM) e nelle Conferenze di Ginevra (1990),
Bruxelles (1992), Mosca (1993). In tali sedi, come pure nei controlli OMS, è
stato accertato che nei Paesi industrializzati e a bassa endemicità
tubercolare, i flussi migratori provenienti da Paesi a basso sviluppo
socio-economico e ad alta prevalenza tubercolare, comportano nella popolazione
locale un inopinato innalzamento degli indici di infezione e di malattia da 10 a
50 volte superiori a quelli registrati in precedenza.
Significative
informazioni, al riguardo, emergono dagli efficienti sistemi di controllo
apprestati negli USA, Francia, Svizzera, Inghilterra, Canada.
Negli
USA, secondo rilevazioni effettuate nel 1994, l'incidenza della TB nei foreign
born è stata di 31 per 100.000 abitanti in confronto a 9,4 per 100.000 della
popolazione locale; i più elevati tassi hanno riguardato i gruppi etnici di
provenienza asiatica (82,5), africana (62,8), sud americana (34,2). In Svizzera
nel 1994, l'incidenza di nuove forme di TB è risultata di 7,8 per 100.000 per
gli abitanti di nazionalità elvetica e di 24,7 per 100.000 per gli stranieri.
In Italia mancano rilevazioni globali, e, d'altra parte, non vi è predisposto
alcun filtro sanitario. Nelle indagini di Mantellini (1992), su 556 soggetti
passati per il presidio antitubercolare di Milano, di provenienza
extracomunitaria, sono stati estratti 87 casi con TB in fase attiva e 51 con
esiti di pregressa malattia tubercolare.
L'infezione
da HIV. L'infezione HIV e la correlata sindrome da immuno deficienza acquisita
(AIDS) hanno di recente inserito un altro fattore di rischio per la TB.
Le
interazioni TB/HIV portano, in primo luogo, a prospettare:
-
nei soggetti infettati da HIV (sieropositivi) e già tubercolino positivi è
molto frequente la insorgenza di malattia tubercolare;
-
nei soggetti con TB in atto è accelerata la evoluzione della infezione HIV
verso la malattia conclamata (AIDS).
Nel
Workshop tenuto a Ginevra nel maggio 1995, nell'ambito degli impegni OMS e del
Global TB Programme, è stato previsto che la percentule di nuovi casi di TB in
soggetti HIV sieropositivi salirà nel mondo, nei prossimi anni, dal 4 al 14%,
con maggiori spinte in Africa e Sud-Est asiatico, ove si ritiene che, sino al
2000, si verificheranno 500.000 nuovi casi di TB, favoriti da coinfezioni HIV.
Il
rischio di malattia tubercolare, nei soggetti con HIV/AIDS, appare tanto più
elevato quanto più è marcata la caduta del patrimonio linfocitario (CD4 in
specie).
A
rendere più complessa la co-prevalenza TB/HIV sta il fatto che nei soggetti HIV
positivi, o con AIDS conclamata, la Tb è spesso sostenuta da ceppi
micobatterici mono o poliresistenti ai medicamenti antitubercolari, o anche da
micobatteri atipici (MOTT), frequentemente appartenenti al gruppo avium/intracellulare,
responsabili di forme gravi e disseminate di TB polmonare, insorgenti non di
rado terminalmente, come evento conclusivo della complessiva vicenda morbosa.
Inoltre, ogni quadro morboso tubercolare, insorgente in soggetti HIV positivi o
con AIDS in atto, risulta sempre di più difficile gestione terapeutica e poco
sensibile agli ordinari schemi di terapia.
La
infezione micobatterica mette in movimento, nell'organismo ospite, meccanismi di
ordine immunologico, variamente proiettati, a seconda che si tratti di una prima
infezione o di una reinfezione.
La
prima infezione determina una risposta immunitaria, prevalentemente svolta da
cellule immuno competenti (macrofagi, linfociti) cui si affianca un apporto
umorale, di provenienza immunoglobulinica.
Nella
prima penetrazione i micobatteri per gran parte sfuggono alla adesione
nacrofagica (come tutti i germi capsulati): una parte di essi rimane nella sede
di arresto (polmonare) e dà luogo a un processo infiammatorio locale, con
costituzione del cosiddetto focolaio primario, una restante parte viene
fagocitata da macrofagi e granulociti - a guisa di corpo estraneo - e
trasportata nelle strutture linfatiche tributarie (linfonodi) ove l'antigene
micobatterico è presentato ai linfociti T e B che, in tal modo, acquisiscono
una memoria immunologica specifica.
Anche
in sede linfonodale gli elementi micobatterici ivi pervenuti danno luogo a un
focolaio del tutto simile al focolaio primario polmonare, integrando così la
formazione del cosiddetto complesso primario, espressione anatomica
paradigmatica della prima infezione tubercolare, con una componente parenchimale
o viscerale, per lo più a sede polmonare, e una componente linfoghiandolare nei
linfonodi satelliti.
Nelle
reinfezioni la fagocitosi è in grado di esprimersi con carattere specifico: la
adesione della cellula batterica alla superficie macrofagica è agevolata da
anticorpi specifici IgA, IgM e, in particolare, IgG, in funzione opsonizzante,
rilasciati da linfociti B attivi.
La
accorsa e l'attività dei macrofagi sono potenziate da speciali linfochine
rilasciate da T linfociti (CD4): MIF (fattore di inibizione alla migrazione
macrofagica, capace pertanto di intrattenere i macrofagi attivati nel sito della
deposizione batterica); MAF (fattore di attivazione macrofagica); S.MAF (specific
macrophagic arming factor); INF (interferon gamma).
La
completa fagocitosi potrebbe esaurientemente annullare le unità batteriche e
rendere inoperante l'avvenuta reinfezione.
Le
quote micobatteriche che dovessero sopravvivere alla fagocitosi sono circondate
da macrofagi attivati che, in parte, ripetono la presentazione dell'antigene
alle popolazioni linfocitarie, in parte assumono la posizione di cellule
epitelioidi (e giganti) concorrendo alla formazione del granuloma tubercolare (fig.04
Nel
granuloma tubercolare i micobatteri si trovano tanto in posizione
extracellulare, liberi nel materiale necrotico-caseso, quanto in posizione
intracellulare, all'interno dei macrofagi, delle cellule epitelioidi, delle
cellule giganti.
Diretta
conseguenza della immunità acquisita è, nei soggetti infettati, la
instaurazione della sensibilità allergica, intesa come capacità a sviluppare
una reazione essudativa a livello cutaneo, viscerale, sieroso, nei confronti dei
prodotti (tubercoline) della disintegrazione batterica operata dallo stato
immunitario, specificatamente acquisito dopo la prima infezione.
Anche
questa è una risposta cellulo-mediata (macrofagi, linfociti) a carattere
ritardato: essa si instaura tre-quattro settimane dopo l'avvenuta prima
infezione e la sua rispost emerge 24-48 ore dopo l'immissione dei prodotti
tubercolinici (cutipositività).
Teoricamente
lo stato di immunità acquisita è in grado di proteggere l'organismo
dall'apporto di nuove cariche micobatteriche da reinfezione.
Tuttavia
la protezione o difesa immunitaria non è invalicabile: essa può essere
superata o annullata, dando reale validità patogena alle reinfezioni (esogene o
endogene).
Questo
superamento può avvenire:
-
per depressione delle difese immunitarie, da pregressi o coesistenti stati
patologici (compresa infezione HIV) o da trattamenti con farmaci immuno
depressivi;
-
per esaurimento delle difese immunitarie, ripetutamente cimentate da successivi,
riavvicinati apporti batterici (TB in ambienti contagianti);
-
per sopraffazione in rapporto a pullulazioni batteriche intra organiche,
numericamente eccessive rispetto agli elementi cellulari di difesa (processi
disseminativi da massive reinfezioni endogene).
Ed
è da questo superamento che prende origine la patologia tubercolare da
reinfezione (esogena o endogena).
Il
granuloma tubercolare, con le sue implicazioni immunologiche, non rispetta gli
effettivi fondamenti morfopatologici della tubercolosi.
La
tubercolosi è una malattia da agenti infettanti i cui fondamenti
morfopatologici sono rappresentati da focolai di differente tipo, nei quali si
possono vedere impressi i riflessi immunologici della infezione e i segni -
variamente evidenti - della ipersensibilità e della reattività specifica da
essa suscitati.
Il
classico complesso primario traduce l'attecchimento (nel polmone e nei linfonodi
satelliti o in altre possibili sedi) di cariche micobatteriche da prima
infezione, con la formazione (fig.05
Il
focolaio nodulare (fig.06
Limitazione
che, in un certo senso, è anche rivelata da una maggiore proporzione di
elementi micobatterici liberi nel contesto dei materiali necrotico-caseosi,
rispetto a quelli in posizione intra-monocitaria.
Il
focolaio miliarico (fig.07
Per
tal modo, nelle lesioni elementari che improntano i processi tubercolari, le
espressioni immunopatologiche della ipersensibilità e della reattività
specifica sono sempre rappresentate, dando anche impronta al quadro clinico che
ne deriva, pur dispiegandosi tra due differenti polarità:
-
dal lato del focolaio nodulare in attività, ove è presente una elevata
ipersensibilità ed una bassa o assente reattività specifica;
-
al lato del focolaio miliarico attivo, ove è presente una elevata reattività
specifica ed una bassa o assente ipersensibilità.
Anche
se attualmente alcune forme di TB polmonare, ben note nei tempi passati sono
pressochè scomparse o divenute estremamente rare, l'inquadramento
anatomo-clinico dei vari quadri morbosi resta tuttora legato ai paradigmi
trattatistici tradizionali, come riportato nella tab.05
Lo
spostamento della prima infezione verso età più inoltrate della vita -
naturalmente dotate di maggiori difese - ha alleggerito notevolmente il peso
della TB legata alla prima infezione che in passato aveva largamente e
fatalmente colpito le età infantili e l'adolescenza.
Il
complesso primario è l'espressione peculiare della prima penetrazione
nell'organismo e dell'attecchimento di cariche micobatteriche infettanti. Poichè
nella maggior parte dei casi il contagio si compie per via inalatoria, il
complesso primario, nell'80-85% dei casi è a sede polmonare (altre possibili
porte di entrata e sede, quindi, di complesso primario, possono essere il cavo
orale, l'intestino, la cute).
Il
complesso primario tipico, nei suoi aspetti anatomo-patologici, risulta
costituito da tre componenti: il focolaio o componente linfonodale (in uno o più
dei linfonodi tributari del territorio polmonare colpito); la linfoangioite
intermedia (sul decorso delle vie linfatiche afferenti alle stazioni
linfoghiandolari tributarie).
Di
norma il complesso primario svolge la sua completa parabola evolutivo-involutiva
nel totale silenzio clinico e senza che il soggetto colpito ne abbia sentore.
Di
esso rimangono definitive tracce - apprezzabili solo radiologicamente -
costituite da minuscole formazioni calcifiche, prive di significato patologico,
che, a volte, traducono i reliquati della componente viscerale e di quella
linfonodale, a volte quelli di una sola, in genere la linfonodale, essendo
quella viscerale (polmonare) più suscettibile di completo riassorbimento.
Varianti
atipiche del complesso primario possono emergere in rapporto a cariche
contagianti particolarmente elevate e/o cadenti in soggetti immuno compromessi.
Possono derivare: complessi o focolai primari caseosi giganti, con vistosi
nuclei caseosi, non suscettibili di completa involuzione calcifica e non
perfettamente demilitabili, talora a livello di entrambe le componenti, o, più
frequentemente solo a livello polmonare; complesso primario allergizzato, con la
comparsa di ampi aloni essudatizi a ridosso di una o delle due componenti:
evento, questo, che può manifestarsi in soggetti conviventi in ambienti
contagianti, nella fase di acquisizione della sensibilità allergica;
escavazione del focolaio polmonare primario (caverna primaria) allorchè il
nucleocaseoso del focolaio polmonare - in genere di una abnorme grandezza -
subisce parcellari fenomeni di sgretolamento con eliminazione dei frammenti
attraverso le vie bronchiali e il residuo, nel polmone, di uno spazio
patologico.
Successivamente
alla acquisizione della sensibilità allergica e al viraggio alla positività
delle prove tubercoliniche, si possono manifestare, a livello polmonare (e anche
extrapoplmonare) alcuni quadri morbosi caratterizzati da più o meno estese
componenti essudatizie, con assenza di focolai specifici.
Oltre
alla già accennata possibilità di allergizzazione di un complesso primario
ancora in atto,
si
possono verificare nel polmone circoscritti processi essudatizi iuxta ilari o
iuxta scissurali (un tempo designati come epitubercolosi) o anche con estensione
sub lobare o lobare, associati o meno a ingorghi adenopatici. Questi, peraltro,
possono insorgere anche autonomamente - a sede ilare e/o mediastinica -
accompagnati, come del resto tutte queste forme, da vivace cutipositività
tubercolinica.
La
pleurite allergica è stata in passato - e lo è ora in misura molto minore -
una delle espressioni più caratteristiche di questa categoria di processi.
Sia
a livello pleurico sia polmonare la essudazione è di tipo sieroso, con
cellularità non molto marcata, data da linfociti e eosinofili.
Le
manifestazioni cliniche sono, in genere, molto eclatanti nella fase di esordio
(febbre, sudorazioni, compromissioni dello stato generale), per attenuarsi poi
rapidamente e spontaneamente, mentre le componenti essudatizie volgono presto al
completo riassorbimento, senza lasciare alcun reliquato. Similarmente, in sede
extrapolmonare, possono aversi: pericarditi, peritoniti, meningiti (sierose),
laringiti, artro-sinoviti. In passato è stato anche molto frequente l'eritema
nodoso, la cui comparsa veniva spesso a precedere un interessamento pleurico.
Sono
anche essi legati a vicende connesse alla prima infezione e alla mancata
involuzione di una o di entrambe le componenti del complesso primario. Ne sono
espressione alcune entità morbose che, fortunatamente, sono scomparse dal
nosografismo tubercolare del nostro Paese, ove, in passato, hanno costituito
grave appannaggio e causa di morte per l'età infantile e per l'adolescenza:
-
broncopolmoniti caseose contrassegnate dalla presenza, in entrambi i polmoni, di
molteplici focolai, largamente confluenti tra loro e a tendenza colliquativa,
sullo sfondo di estesi campi di essudazione peri ed interlesionale;
-
disseminazioni nodulari polmonari e/o extrapolmonari, con possibile
coinvolgimento della milza, del fegato, dei reni, della colonna vertebrale (m.
di Pott);
-
adenopatie caseose mediastiniche con vistosi ingorghi a tendenza colliquativa,
potenzialmente capaci di dar luogo a perforazioni adeno-bronchiali, con
passaggio, nel sottostante territorio polmonare di materiale caseoso colliquato.
Nella
patologia tubercolare di giovani extracomunitari è ancora possibile
l'occasionale riscontro di questi gravi processi a carattere tisiogeno del ciclo
della TB primaria.
Le
miliari acute hanno anche esse ridotto i margini della loro incidenza:
sostanziate da un finissimo seminìo di focolai miliarici nei campi polmonari (e
anche, nei casi a carattere generalizzato, in molti altri territori organici),
si manifestano ciclicamente con brusco esordio, altamente e persistentemente
febbrile, con ingravescenti compromissioni di ordine generale, con marcate
ripercussioni funzionali (cianosi, dispnea, tachicardia). Più drammatiche
connotazioni il quadro clinico assume allorchè vengono ad associarsi i segni di
interessamento meningitico, la cui insorgenza, in passato, accelerava l'esito
letale.
L'avvento
della chemioterapia ha aperto, per questi quadri morbosi, divenuti sempre più
rari, insperate possibilità di completa guarigione.
Sul
piano patogenetico le miliari acute traggono derivazione da fenomeni bacillemici
legati alla sortita (e alla moltiplicazione nella corrente ematica) di quote
micobatteriche distaccatesi da una o da entrambe le componenti del complesso
primario, rimasto bacillifero.
La
TB post primaria è quella che, in realtà, alimenta la patologia tubercolare
attualmente di più comune occorrenza, venendo a colpire i soggetti cutipositivi,
in rapporto a reinfezioni esogene o a reinfezioni endogene.
Alle
reinfezioni esogene, dovute a nuovo contagio bacillifero, appartengono alcuni
focolai isolati minimali a sede polmonare apicale o sub apicale (reinfetti di
Puhl-Aschof), l'infiltrato precoce tipo Assman, alcuni processi polmonari
localizzati, a tendenza regressiva, o a originaria impronta tisiogena. Le
medesime espressioni possono anche derivare da reinfezioni endogene; ma sono
obbligatoriamente legati a provenienza endogena tutti quadri morbosi a carattere
disseminativo, su base nodulare o miliarica.
Sul
piano anatomo-clinico la TB polmonare post primaria comprende, come già
enunciato (tab.05x), le situazioni seguenti.
Focolai
isolati (reinfetti) o forme paucinodulari; miliari regionali isolate (miliari
fredde); si tratta comunque di entità morbose prive di significative
manifestazioni cliniche, quasi sempre silenti, portate, in genere, all'evidenza
da occasionali riscontri radiografici ove appaiono sotto forma di reliquati
fibrosi e fibro-calcifici. In rapporto a particolari situazioni invalidanti,
possono dar luogo a tardivi fenomeni di esacerbazione che possono anche assumere
secondaria impronta cronicizzante.
Trovano
qui inserimento alcune entità morbose nelle quali le manifestazioni cliniche
esordiscono con apparente scarso rilievo, per tradursi poi, attraverso
discontinue fasi di remissione e di esacerbazione, in complesse fenomenologie di
ordine generale e funzionale (respiratorio), che spesso coincidono con secondari
orientamenti tisiogenetici.
A
tale categoria di processi, per lo più insorgenti in soggetti di età adulta o
in piena senilità, appartengono:
-
focolai isolati relativamente voluminosi - tubercolomi -, solidi o suscettibili
di secondaria escavazione;
-
la TB cronica apicale o bi-apicale, con lesioni nodulari, fibro-nodulari,
fibro-cavernulari, associate, o meno, a collaterali circoscritti mantelli di
cortico pleurite;
-
le miliari croniche mono o bilaterali, tendenti, attraverso successive gittate,
al progressivo incremento e a circoscritti fenomeni tisiogenetici (escavativi),
se non intercettate da opportuna terapia, alla quale, peraltro, conseguono, non
di rado, postumi funzionali respiratori, a carattere invalidante.
Includono
entità morbose originariamente improntate a rapida evolutività tisio-genetica
- colliquativa ed escavativa - con precoce formazione di spazi patologici
(caverne).
Eventi,
questi, che sono contemporaneamente collegati con fenomeni clinici più o meno
marcati, talora simil influenzali, abnormemente persistenti.
Vi
fanno parte:
-
l'infiltrato precoce (tipo Assman) espressione isolata polmonare, ad unico
centro necrotico-caseoso, talora circondato da un tenue mantello essudatizio,
rapidamente evolvente verso la colliquazione, con eliminazione del materiale
fluidificato attraverso il corrispondente ramo bronchiale (bronco di drenaggio)
e formazione di caverna (fig.08
-
le infiltrazioni nodulari, ad estensione segmentaria, plurisegmentaria, lobare (lobiti),
in cui i numerosi centri caseosi (focolai nodulari) richiamano, collateralmente,
ampie reazioni essudatizie che fanno da sfondo a vivaci fenomeni di confluenza,
di colliquazione, di escavazione (fig.09
-
le broncopolmoniti caseose, non dissimili costitutivamente e clinicamente a
quelle del ciclo primario e, come queste, divenute piuttosto rare, restando
appannaggio di soggetti (extracomunitari) con profondo stato carenziale o con
AIDS in atto;
-
le miliari tisiogene, ad estensione regionale, largo raggio disseminativo, con
uno o più spazi patologici ad esile parete e con scarsi o assenti fenomeni
essudatizi collaterali (fig.10
-
le miliari acute, ormai molto rare, spesso legate, attualmente, come episodio
terminale, a forme gravi ed avanzate di AIDS.
La
TB polmonare cavitaria cronica (mono o pluricavitaria), che, in passato,
costituiva il frequente approdo della maggior parte dei processi di TB post
primaria non pervenuti a guarigione o a stabilizzazione, appartiene ormai, o
dovrebbe appartenere , a trascorsi e pressochè dimenticati retaggi. La sua
eventuale occorrenza assume attualmente l'inequivocabile significato di un
deprecabile fallimento delle risorse terapeutiche, per inadeguata o tardiva
applicazione delle stesse.
Essa,
peraltro, potrebbe apparire legata a casi di TB ignorata o trascurata ( da parte
dello stesso malato) o, comunque non trattata. Oltre che mantenere un
persistente stato di malattia ed una attività anatomo-clinica ai limiti
dell'apprezzamento, essa resta tuttora esposta al rischio di ripetuti episodi
emoftoici e di possibili fenomeni bronco-aspirativi, rappresentando anche una
pericolosa fonte di contagio interumano,ancor più temibile in quanto spesso
sostenuta da quote micobatteriche resistenti a uno o più medicamenti.
I
quadri morbosi tubercolari ora richiamati prendono evidenza sul piano clinico
con manifestazioni di variabile profilo. Vi è subito da notare che si è
determinata una specie di patomorfosi clinica della tubercolosi, nel senso che
sono venute ad attenuarsi notevolmente e quasi a scomparire, le gravi sindromi
tossiemiche legate un tempo alla tubercolosi evolutiva, mentre gli stessi
processi tisiogeni (infiltrati e infiltrazioni, lobiti, disseminazione nodulari
e miliariche), un tempo segnalati da esplosioni altamente febbrili e da più o
meno gravi risentimenti generali, restano ora per lo più mascherati da
compromissioni generali e locali effimere e di non evidente risonanza.
Fra
i più abituali fenomeni clinici che accompagnano l'esordio e il decorso della
maggior parte dei processi tubercolari occorre richiamare:
-
L'emoftoe: essa, pur costituendo un frequente appannaggio della tubercolosi
(come, del resto di molte altre affezioni polmonari) non è obbligatoriamente
correlata con particolari fasi evolutive della malattia.Nella molteplicità
delle sue varie estrinsecazioni (dalle semplici striature e chiazze ematiche
nell'espettorato alla più o meno cospicua emissione a boccate, di sangue rosso
vivo) la emottisi - episodica o a ripetizione - può difatti comparire tante
nelle fasi di esordio di processi primitivi tisiogeno da parte di processi
originariamente cronicizzati; quanto anche in rapporto a focolai di tipo
episodico, di più o meno recente costituzione; e, persino, in rapporti a
reliquati fibrocalcifici, fissi ed inattivi, quale semplice espressione de
erosione meccanica delle esigue reti capillari (apprestate per via sistematica
dalle arterie bronchiali) dispiegate attorno alle singole formazioni. Il suo
peso clinico è per tanto variabile
da caso a caso,e va quindi di volta in volta opportunamente valutato nel suo
preciso significato sia quando costituisce il primo segno di allarme della
malattia, sia quando ne contrassegna il decorso, sia, infine, quando rappresenta
una sporadica espressione (post-tubercolare) di un quadro morboso passato
(talora anche da lungo tempo) a completa guarigione.
La
febbre: i processi a primitivo carattere tisiogeno, e le miliari acute, sono
soliti accompagnarsi, nel loro esordio,
con manifestazioni febbrili di una
certa intensità e persistenza, simulanti non di rado un episodio influenzale
(forme di inizio pseudogrippale), per passare poi in stati febbricolari non
cedenti all'uso di chemioterapici a spettro aspecifico. E già questo è un
elemento di sospetto che richiede l'ausilio di sollecite ulteriori indagini
(radiologiche in particolare).
Le
forme episodiche sono di norma afebbrili; mentre i processi a originario
carattere cronicizzante possono restare per lungo tempo afebbrili o suscitare
saltuarie reazioni termiche di tipo febbricolare, quasi sempre
a carattere tisiogeno. Va comunque sottolineato che dall'attuale
fenomenologia clinica della tubercolosi sono scomparsi gli stati altamente
febbrili persistenti e notevolmente debilitanti accompagnati da profuse
sudorazioni, triste appannaggio delle forme di tisi cronica dei tempi passati.
-
La tosse assume anche essa andamenti variabili in rapporto alla qualificazione
del quadro morboso. Nei processi a primitivo carattere tisiogeno (specie in
collegamento con infiltrati e infiltrazioni e con quadri di tipo
broncopneumonico; meno significativamente nelle miliari tisiogene) la tosse,
oltre che in modo insistente suole presentarsi con aspetto produttivo
comportando la emissione di espettorato denso,
giallognolo, a volte di tipo emoftoico. Nei processi su base miliarica,
si ha in genere tosse secca, più o meno insistente e scarsamente produttiva;
essa tende ad assumere carattere preminente - rispetto agli altri sintomi -
nelle miliari croniche, attualmente frequenti nei soggetti di età avanzata, ove
spesso simula una bronchite cronica o si associa esplicitamente ad essa.
-
La dispnea accompagna pressochè di regola i processi tubercolari polmonari ad
ampio raggio disseminato. Divenuta ormai rarissima la miliare acuta
generalizzata della infanzia e della adolescenza (in cui la dispnea, assieme
alla cianosi e alla tachicardia costituiva la classica triade sintomatica del
quadro morboso), una dispnea in-ed espiratoria, di prevalente tipo restrittivo,
viene attualmente a ricorrere, di preferenza, nelle miliari croniche dei
soggetti anziani, ove la difficoltà respiratoria viene gradualmente ad
instaurarsi attraverso un lento, progressivo e spesso discontinuo aggravamento,
indotto dalle ripetute gittate disseminate e dalla loro evoluzione verso la
fibrosi.
Accanto
ai segni clinici ora richiamati,suscettibili di svolgersi in differente
associazione e con differente modulazione, le manifestazioni di ordine generale,
di classica reminiscenza (sudorazioni notturne, anoressia, astenia,
dimagrimento) restano attualmente molto spesso nell'ombra, sfumando
nell'ambito di una modesta rilevanza: ed è anche questo uno dei più
significativi aspetti clinici della tubercolosi dei tempi attuali.
L'impiego
per un sollecito accertamento diagnostico riveste particolare importanza per la
TB, non solo nei riguardi del malato, il quale può così beneficiare di
tempestivi periodi di trattamento, ma anche nell'interesse della collettività e
del possibile conteniamo del contagio, legato - come già detto - a trasmissione
bacillare interumana.
Non
pochi problemi diagnostici emergono da forma tubercolari minimali (reinfetti,
processi paucinodulari, antichi reliquati passati inosservati) messe in evidenza
da riscontri occasionali, in coincidenza con periodiche
ricerche (schermografiche)nelle colletività o attraverso indagini
effettuate per finalità cliniche, assicurative, pensionistiche.
Con
più consueta occorrenza i problemi diagnostici sono suscitati da manifestazioni
generali e/o respiratorie a carattere indifferenziato, comuni a stati morbosi a
similare profilo clinico: sindromi influenzali a tardiva risoluzione,pneumopatie
da agenti infettati non specifici (batterici,virali, micotici, parassitari),
broncopatie croniche riacutizzate, neoplasie. A dare risposta ai vari e talora
complessi quesiti di ordine diagnostico, in vario modo concorrono indagini
radiologiche, bio-umorali, microbiologiche, immuno-allergologiche, funzionali.
La
radiologia ha un insostituibile, determinante ruolo nella diagnosi - per
immagine - delle varie forme di TB polmonare per il monitoraggio della loro
evoluzione e per la constatazione della avvenuta guarigione.
Le
indagini radiologiche (esame standard del torace nella opportune proiezioni,
statigrafia, tomografia assiale computerizzata) vanno pertanto messe
sollecitamente in opera ai primissimi dubbi o sospetti, trovando in esse fedele
riferimento sulla sede e sull'estensione del processo ed anche sulla reale
caratterizzazione delle sue patologiche (focolai isolati, quadri morbosi su base
nodulare o miloarica, escavazioni), sulla eventuale presenza di fenomeni
collaterali (essudazioni perifocali, aree atelettasiche, parcellari, peri ed
interlesionali) e sulla esistenza di antichi reliquati.
La
ripetizione del controllo radiografico a ritmo ravvicinato (per lo meno ogni
quattro settimane) nelle fasi iniziali della malattia, e per i primi due-tre
mesi, è indispensabile non solo per seguirne la evoluzione, ma anche per avere
notizie della validità del trattamento terapeutico, dato che già entro i primi
due mesi dall'inizio di adeguati schemi di cura si delineano significativi
effetti terapeutici.
Una
volta che il movimento regressivo è venuto a delinearsi (scomparsa delle
reazioni essudatizie collaterali; elisione degli spazi patologici; riduzione
numerica e/o dimensionale dei focolai), il controllo radiografico può essere
distanziato, pur ricorrendo
opportunamente
ad esso per accertare l'avvenuta guarigione (per completa risoluzione, con
restitutio ad integrum; per involuzione cicatriziale fibrocalcifica) e per
confermarne poi nel tempo la persistenza. Particolarmente impegnativi sono i
compiti della radiologia nei soggetti esposti a presumibile rischio (immuno-depressi;
HIV siero positivi; AIDS in atto) nei quali gli esami vanno programmati anche
con l'intento di scoprire precocemente quadri morbosi non ancora resisi evidenti
sul piano clinico e di seguirne poi il decorso, quasi sempre notevolmente
complesso e spesso non efficacemente dominato dai trattamenti
terapeutici.
Le
indagini bio-umorali ematologiche e sierologiche, costituiscono anche per la TB
un obbligo di routine, e non possono di certo essere trascurate, pur non
rivestendo alcun ruolo etiologicamente caratterizzante.
Le
alterazioni del quadro ematologico, dei valori della eritro-sedimentazione, del
protidogramma elettroforetico (per non ricordare che le più abituali) si
rinvengono, in genere, con i medesimi profili di qualunque processo infettivo
acuto, comportando più o meno spiccate
variazioni delle fasi iniziali dei processi primitivi tisiogeni, nelle fasi di
riesacerbazione di forme da tempo quiescenti, o in coincidenza di secondario
orientamento tisiogeno di processi cronicizzati.
Il
loro studio è pertanto importante per segnalare in certo modo il grado di
attività della malattia e per sottolineare, con la loro normalizzazione, il
passaggio delle fasi di attività e quelle di quiescenza o di completa
estinzione.
Non
pochi casi di TB dell'epoca attuale (a carattere cronicizzante o a moderata
impronta tisiogenica) possono non trovare alcuna corrispondenza nei comuni
indici bio-umorali, che manifestano, sin dall'esordio, una piena normalità.
Peraltro, nell'ambito delle ricerche emato-chimiche, trovano anche posto le
indagini (sulla sfera epatica e renale soprattutto) volte a rivelare eventuali
effetti indesiderati (da tossicità cronica) imputabili al prolungato impiego
dei medicamenti chemioterapici.
Le
ricerche microbiologiche assumono decisivo valore etiologico quando riescono a
dare dimostrazione, nel soggetto malato, della presenza dell'agente infettante.
Presenza che, d'ordinario, per la TB polmonare, è rilevabile nell'espettorato,
ove vengono a raccogliersi le unità batteriche provenienti con i prodotti
patologici, dalle vie bronchiali e dal polmone profondo. In casi particolari può
essere necessario il prelievo selettivo, per via broncoscopica, del territorio
parenchimale (lobare, segmentario) sede del processo.
Le
ricerche microbiologiche possono avere varie modalità di espletamento:
-
esame colorimetrico dell'espettorato (basato, come nel metodo di Ziehl-Neelsen,
sulle proprietà di acido-alcool alcaliresistenza delle specie microbatteriche),attraverso
trattamento diretto o dopo omogeneizzazione (arricchimento): questo è
indubbiamente il metodo più in uso - anche se non di assoluta affidabilità -
nella pratica medica, data anche la brevità di tempo occorrente per la
risposta;
-
ricerca colturale mediante inseminazione del materiale in studio su terreni
solidi (Lowenstein-Jansen; Petragnani) o, meno preferenzialmente su terreni
liquidi: essa è in grado di consentire lo sviluppo (in termostato a 37°) di
colonie microbatteriche anche da materiali paucibacilliferi, nei quali l'esame
diretto può aver dato ripetutamente esito negativo. La risposta, peraltro, è
consentita entro tempi relativamente lunghi, tra il 15° giorno (per i casi di
alta positività) e il 60° giorno (per una risposta sicuramente negativa). Le
indagini colturali, inoltre, servono anche per la tipizzazione dell'agente
microbatterico (tubercolare, bovino, non tubercolare) e per la determinazione,
sui ceppi isolati, della loro sensibilità (o resistenza) ai comuni medicamenti
antitubercolari, nonchè per la dimostrazione, nei casi di nuovo accertamento,
di una eventuale resistenza primaria, o, in quelli a lungo tempo trattati, di
una resistenza secondaria a uno o più farmaci;
-
ricerca biologica, inoculando il materiale in esame negli animali recettivi
(cavia, topolini, coniglio): essa viene praticamente impiegata in caso di non
convincente negatività dei precedenti esami, o anche per un più approfondito
accertamento del potenziale patogeno del ceppo microbatterico in studio.
Tra
le varie forme cliniche di TB polmonare, quelle a carattere tisiogeno primitivo
o secondario) o, comunque le forme con una o più escavazioni, hanno più
esplicita possibilità di fornire espettorato bacillifero, idoneamente
dimostrabile; molte altre (cosiddette forme chiuse) restano per lo più
batteriologicamente negative.
Il
test fondamentale per mettere in evidenza gli effetti immuno-biologici
realizzati da una avvenuta infezione tubercolare è rappresentato dalla prova
tubercolinica che è una reazione di ipersensibilità cellulo-mediata di tipo
ritardato. Le tubercoline sono costituenti del corpo bacillare o prodotti del
metabolismo batterico, ottenute mediante vari procedimenti (vecchia e nuova
tubercolina di Koch; anatubercolina integrale di Petragnani; PPD: purified
protein derivative). La introdermoreazione alla Mantoux rimane tuttora la prova
tubercolinica più attendibile e raccomandabile: essa viene praticata iniettando
sulla faccia volare dell'avambraccio, per via intradermica, cc 0,1 di soluzione
fisiologica contenente 5-10 unità tubercoliniche. La lettura va fatta tra la 48°
e la 72° ora, mediante rilievo, in caso di positività, di indurimento locale,
con arrossamento su un'area, misurabile,di 5-6 mm o più. Essa può essere
eseguita su scala allergometrica con diluizioni differenziate, allo scopo di
quantificare la soglia di sensibilità del soggetto in esame. Molto utili nella
pratica sono i test con multipuntura intradermica, anche se non sempre fedeli.
Meno
impiegata la cultireazione alla von Pirquet; mentre è ormai caduta in disuso,
per la sua scarsa affidabilità negli adulti, la cerotto-reazione, un tempo
largamente usata nelle indagini di massa delle età infantili.
La
cutiposività tubercolinica - è opportuno sottolineare - è espressione di un
avvenuto primo attecchimento microbatterico nell'organismo ed ha quindi il
significato di memoria dell'evento infettante, indipendentemente dalla presenza
o meno di una malattia tubercolare.
E'
stato sottolineato anche, specie nella patologia tubercolare dei soggetti
immunodepressi, la possibilità di prove tubercoliniche negative, pur in
presenza di forme tubercolari gravi, da considerare quindi, di tipo areattivo.
Nelle
infezioni sostenute da microbatteri non tubercolari (atipici) la prova
dell'avvenuta infezione è attesa da sensitine, derivati proteici purificati,
provenienti dal corpo bacillare o dal metabolismo del corrispondente ceppo
microbatterico.
Di
recente è entrata in uso - anche se ancora non molto diffusa - una prova
immunologica che appare dotata di elevata sensibilità e specificità e che è
basata sulla ricerca nel siero del soggetto in esame - mediante tecnica
immuno-enzimatica ELISA - di titolabili risposte anticorpali IgM verso
l'antigene A60 (componente termostabile di tipo tubercolinico) Con detto
antigene (A60) sono stati del pari effettuati tentativi di prove intradermiche
(alla Mantoux) ottenendo, in soggetti con precedenti anamnestici tubercolari,
risposte simili a quelle ottenute con PPD.
Sono
tuttora oggetto di studio alcune metodiche di tipo molecolare, intese a mettere
in evidenza quantità minimali di DNA microbatterico.
Le
indagini sulla funzione respiratoria non rivestono, di norma, particolare
interesse clinico nei processi tubercolari a carattere circoscritto, mentre
hanno più decisiva importanza - anche se non caratterizzante - nei processi a
più o meno esteso raggio disseminativo. In passato l'espressione più classica
di compromissioni funzionali era data delle miliari acute dell'infanzia e
dell'adolescenza (attualmente quasi del tutto scomparse dal nosografismo
tubercolare italiano) ove la dispnea e la cianovi venivano a tradurre, nel modo
più eclatante, il grave perturbamento della meccanica ventilatoria e, in
particolare, degli scambi gassosi. Al momento attuale, le compromissioni più
gravi e significative trovano realizzazione, con progressiva gradualità, nelle
miliari croniche a gittate discontinue, nelle quali il movimento granulomatoso
viene a mescolarsi ed imbricarsi con reazioni fibrillogenetiche e con campi di
fibrosi disomogeneamente dispiegati nel polmone, con deterioramenti sempre più
marcati della meccanica ventilatoria (in senso restrittivo ed ostruttivo) e
degli scambi gassosi. Eventi, questi, direttamente collegati con stati di
irreversibile invalidità, sul cui riconoscimento e sulla cui quantificazione
possono inserirsi importanti quesiti medico-legali e pensionistici.
Le
sequele extrapolmonari che, nel passato, venivano secondariamente
a manifestarsi durante il decorso di un processo tubercolare polmonare,
con localizzazione osteo-articolari, urogenitali, surrenaliche e con
compromissioni, spesso terminali, a livello intestinale, laringeo,
meningo-encefalico, sono venute a cadere pressochè totalmente con l'impiego
della chemioterapia antimicobatterica, capace di intercettare al completo il
dinamismo evolutivo delle malattie tubercolari.
Pertanto
la TB extrapolmonare dei tempi attuali è prevalentemente rappresentata da
processi primitivi, autonomamente insorgenti in sedi non polmonari: per essi si
tratta quasi sempre di una primitività clinica che presuppone l'esistenza, a
livello polmonare o linfonodale, di focolai anatomici silenti, in posizione di
fonti endogene bacillifere. A tali dipendenze sfuggono solo alcuni rari apporti
microbatterici di provenienza esogena, con attecchimento in settori organici
(cute, mucosa del cavo orale, dell'intestino, dei genitali esterni) capaci di
costituire porta di entrata per le cariche infettanti.
Le
sierositi tubercolari raccolgono attualmente le più elevate quote di processi
specifici extrapolmonari, intendendo con ciò le pleuriti isolate (non legate
cioè ad una contemporanea partecipazione a processi polmonari in atto), le
peritoniti, le pericarditi.
Di
queste varie occorrenze, la pleurite è certamente quella più frequente, specie
nell'età giovanile (adolescenza, prima giovinezza) e nelle età molto avanzate,
con quadri morbosi di tipo essudivo, a cospicua carica linfocitaria.
Nei
giovani la maggior parte delle pleuriti si manifesta (con prevalente carattere
serioso) al momento del viraggio verso la positività delle prove
tubercoliniche,rappresentando una significativa espressione clinica della
acquisita sensibilità allergica.
Dello
stesso carattere possono essere le pericarditi (talora in associazione ad una
pleurite monolaterale), mentre molto rare risultano le forme pericarditiche a
netta impronta granulomatosa specifica, integranti quadri di pericardite
costrittiva.
Per
quanto concerne le peritoniti, più che di manifestazioni prettamente
essudative, sono state non poche volte segnalate - attraverso la pratica
laparoscopica e l'esplorazione chirurgica - forme di miliare peritoneale,
isolate o associate a TB miliare del fegato, con territorio polmonare
completamente indenne: queste disseminazioni ad esclusivo interessamento
endoaddominale, sono, per lo più, legate a fonti bacillifere linfonodali
mesenteriche, residuate a pregressa infezione primaria intestinale.
Le
adenopatie tubercolari periferiche sono prevalentemente rappresentate da
interessamento delle stazioni cervicali (alte e profonde): e quivi, nei soggetti
di età infantile e nella adolescenza, esse rappresentano molto spesso la
esacerbazione - per lo più tardiva - della componente ghiandolare di un
complesso primario del cavo orale (quasi sempre da microbatteri bovini) passato
del tutto inosservato.
Altre
sedi periferiche, molto più rare, possono rilevarsi a carico dei linfonodi
sopraclaveari, ascellari, inguinali. L'interessamento adenopatico può svolgersi
su base granulomatosa o su base caseosa, con evoluzione, in questa ultima
occorrenza, in senso colliquativo.
Anche
se non si vedono più ripetuti gli aspetti delle antiche scrofolosi, le
adenopatie tubercolari periferiche, specie quelle a sede cervicale, comportano
vistose tumefazioni e fistolizzazioni, esteticamente sgradevoli, non sempre di
agevole trattamento (per via generale e locale), per cui per esse è spesso
necessaria l'asportazione chirurgica.
La
TB renale mantiene ancora una certa incidenza, potendo manifestarsi in forma
cavitaria o con conglomerati
nodulari, accompagnati da contemporaneo interessamento calico-pielico e/o
pielo-ureterale, di cui si ha anche testimonianza mediante l'isolamento, dalle
urine, di micobatteri tubercolari (o, molto più raramente, di micobatteri non
tubercolari, tipo M. Kansasii o M. Fortuitum).
La
TB della sfera genitale, può manifestarsi nell'uomo a livello epididimario e/o
prostatico; nella donna con endometriti o con annessiti, di cui la forma più
frequente è la salpingite caseosa, causa non rara di sterilità.
La
TB del sistema osteo-articolare ha avuto nel nostro Paese un notevole declino;
solo raramente si rende evidente qualche localizzazione vertebrale (morbo di
pott) o coxo femorale, agevolmente dominabili dalla terapia medicamentosa.
Aspetti
epidemiologicamente del tutto sporadici dimostrano le localizzazioni laringee,
intestinali (qualche caso di tubercoloma ileo-cecale), surrenaliche,
meningitiche.
Soprattutto
queste ultime - ancora tristemente frequenti nei Paesi a spiccata endemia
tubercolare - sono divenute fortunatamente di rarissimo rilievo nel panorama
nosografico tubercolare del nostro Paese, al pari di quanto si è verificato nei
Paesi ad elevato sviluppo socio-economico.
Come
è stato già anticipato nel paragrafo sulla etiopatogenesi (pag.133), sono
indicate con il termine di micobatteriosi le affezioni causate da micobatteri
atipici o non tubercolari (Mycobacteria other than tuberculosis: MOTT).
Di
tale categoria fanno parte numerosissime specie, dotate di particolari
atteggiamenti nei terreni di cultura: alcune, difatti, si sviluppano (come il
Myc.tuberc.) con lento accrescimento (20-30 giorni),altre con accrescimento
rapido (2-7 giorni); inoltre, alcune specie sviluppano spontaneamente una
colorazione arancione (o marrone scuro) se le culture sono tenute alla luce
(microbatteri fotocromogeni), altre sviluppano tale colorazione se il coltivo
avviene al buio (micobatteri scotocromogeni), altre, infine, restano acromogene,
con lento o con rapido accrescimento.
Sulla
base di tali proprietà è tuttora seguita la classificazione proposta da Runyon
(1965), nella quale sono inserite le varie specie di MOTT, comprese quelle che
rivestono attualmente maggiore interesse clinico:
-
1° gruppo: fotocromogeni: kansasii (così denominato dalla città - Kansas city
- ove avvenne il primo riconoscimento), marinum, szulgai;
-
2° gruppo: scotocromogeni: scrofulaceum, ulcerans, acquae;
-
3° gruppo: acromogeni a lento accrescimento avium/intracellulare (gruppo),
xenopi, malmoense, rhodesiae;
-
4° gruppo: acromogeni a rapido accrescimento: fortuitum, chelonei.
Vi
è una notevole diversità geografica nella frequenza delle varie forme di
micobatteriosi: in Italia esse sembrano corrispondere al 2-7% di tutte le forme
di TB; quozienti molto più alti - sino al 15-25% - sono registrati in Giappone
(ove è operante un apposito Gruppo di Ricerca), in USA, in Inghilterra. Il
recente affioramento del complesso HIV/AIDS ha cospicuamente aumentato il numero
dei casi accertati, molti dei quali emergono in soggetti HIV sieropositivi e nel
corso o nelle fasi terminali di AIDS, con marcato predominio del gruppo
avium/intracellulare.
Nell'uomo
le specie di MOTT più frequentemente responsabili di micobatteriosi sono:
avium/intracellulare, Kansasii, fortuitum, xenopi.
Oltre
che singolarmente, alcune emergenze si verificano sotto forma di micro epidemie:
intradomiciliari; intraospedaliere (xenopi); o in collettività chiuse, non di
rado in rapporto a contaminazioni nella canalizzazione delle acque o nei
condizionatori d'aria.
Nelle
micobatteriosi polmonari più colpita è l'età adulta , mentre in alcune forme
extrapolmonari - linfoghiandolari - è quasi esclusivo l'interessamento dei
primissimi anni di vita e delle età infantili.
Indipendentemente
dal fattore età, il rischio di micobatteriosi viene a cadere soprattutto in
individui carenti nelle risorse immunitarie (anche a seguito di preesistenti o
contemporanei stati morbosi), o significativamente compromessi. In questo senso
l'infezione HIV e l'AIDS rappresentano - come già in precedenza accennato
(pag.135) - spiccato fattore favorente non solo per TB, ma anche per la
micobatteriosi.
Fra
queste la più frequente sovraimmissione è
quella da avium/intracellulare, secondo quanto è stato più volte accertato in
USA, Giappone, Inghilterra, Francia, e anche in
Italia.
In
senso elementare le lesioni da MOTT non sono dissimili da quelle che
conseguono a micobatteriosi tubercolari, e il granuloma da MOTT contempla del
pari il concorso di linfociti (CD4 in specie), di cellule macrofagiche ed
epitelioidi, di cellule giganti, con centri necrotico-caseosi più o meno ampi.
Le unità batteriche, oltre che in questi centri, si ritrovano pure all'interno
dei macrofagi e delle cellule epitelioidi
e giganti, ove possono mantenere, per molto tempo, vitalità e capacità
moltiplicativa. Alla infezione da MOTT consegue uno stato immunitario-allergico
come nella TB, con il conseguimento di cutiopositività verso sensitine,
specifiche della specie interessata, talora crociate con altre specie e con
micobatteri tubercolari.
A
livello del polmone le manifestazioni arieggiano quelle della TB, con aspetti
infiltrativi, noduliformi, cavitari (Kansasii, xenopi) o con focolai variamente
disseminati (avium/intracellulare).
Alcuni quadri morbosi si svolgono con diffusi impegni interstiziali e con
evoluzioni verso la fibrosi.
Tosse
e dispnea possono accompagnare le anzidette manifestazioni, unitamente a rialzi
termici, astenia, sudorazioni, cali ponderali; fenomeni, questi, che assumono
carattere più attenuato e ai limiti dell'apprezzamento in alcune forme ad
andamento cronico.
Alta
drammaticità setticemica - in corso di AIDS - assumono alcuni processi
disseminativi, polmonari ed extrapolmonari (da avium/intracellulare), la cui
esplosione accelera l'esito fatale della sindrome.La frequenza di questa
eventualità - a volte clinicamente ignorante - è attestata dalle
constatazioni, riportate dalla letteratura americana, di disseminazioni
miliariformi, attribuibili a avium/intracellulare, in circa il 50% delle
autopsie di soggetti deceduti per AIDS.
Tanto
in passate epoche che attualmente sono state segnalate localizzazioni
extrapolmonari da MOTT (isolate o associate a interessamento polmonare):
-a
livello oculare: ulcerazioni corneali, lesioni perforative (fortuitum),
susseguenti, in molti casi, a pregressi traumi oculari;
-
a livello meningo-encefalico: kansasii, scrofulaceum, fortuitum;
-nell'apparato
osteo-articale: artrosinotivim osteomieliti: kansasii, avium, fortuitum, xenopi,
scrofulaceum;
-
nell'apparato urgo-genitale: kansasii, xenopi, fortuitum;
Più
numerosa è la casistica di micobatteriosi a carico delle ghiandole linfatiche e
della cute:
-
adenopatie da scrofulaceum e, meno frequentemente da avium/intracellulare,
possono essere rinvenute nei primissimi anni di vita, con interessamento dei
linfonodi cervicali, sottomandibolari, ascellari, e con costituzione di ingorghi
ghiandolari tendenti alla colliquazione e alla fistolizzazione. Per alcuni di
questi casi è da ipotizzare un contagio per via alimentare, attraverso latte
contaminato;
-lesioni
cutanee da <<atipici>> risultano piuttosto frequenti nei Paesi
tropicali dell'Africa e dell'Asia, spesso impiantate su abrasioni e soluzioni di
continuo della pelle, in soggetti abituati a camminare scalzi e scarsamente
ricoperti da indumenti.
Lesioni
cutanee a carattere indurativo o ulcerativo possono essere date da marinum,
ulcerans, intracellulare, xenopi.
Attorno
agli anni '50 venne segnalata in Svezia una microepidemia di micobatteriosi
cutanea, con lesioni al braccio e al gomito, in giovani soggetti che
frequentavano una piscina dalle cui pareti venne isolato il Myc.marinum.
La
diagnosi di micobatteriosi è basata sull'isolamento dei germi (e coltivazione)
dai materiali provenienti dal polmone (espettorato,BAL), dalle urine, dai
linfonodi in fluidificazione e fistolizzazione, dalle lesioni cutanee; nonchè
dalle risposte alle prove intradermiche con <<sensitine>>.
La
condotta terapeutica delle micobatteriosi comporta non pochi problemi: essi
verranno trattati nel paragrafo della terapia (pag 150.G.).
Qualunque
nuova forma di TB, ai tempi attuali, deve poter guarire, in modo completo e
definitivo, nello spazio di 6-9 mesi: il mancato raggiungimento di questo
obbiettivo costituirebbe grave colpa, imputabile al medico (per tardivo
riconoscimento della malattia o per inadeguata condotta della terapia), al
malato (per mancata osservanza della prescrizione), o a deprecabili deficienze
della organizzazione sanitaria.
Queste
osservazioni sono state più volte ribadite, sotto forma di raccomandazione o di
monito, dalla OMS e della UICTMR, che, a renderne più vincolare il significato,
non solo hanno provveduto ad accreditarne - su scala mobile - i più idonei
schemi di trattamento, ma hanno anche avviato nei Paesi ove sussistono evidenti
carenze nella coscienza terapeutica dei malati, sistemi di somministrazione da
effettuare sotto diretto controllo DOTS (directly observed short-course).
Il
trattamento della TB, in tutte le sue forme - polmonari ed extrapolmonari - è
essenzialmente medicamentoso, fondato sull'impiego di farmaci a diretta azione
antimicobatterica, il cui valore terapeutico è configurato dalle seguenti
proprietà:
-
attività, espressa dalla concentrazione minima inibente (c.m.i.) accertata in
vitro, e tanto più elevata quanto più bassi i dati numerici della inibizione;
-
proprietà farmacocinetiche idonee a giungere rapidamente nella corrente ematica
e nei tessuti e liquidi organici, e a penetrare all'interno delle lesioni,
mantenendo livelli di piena copertura terapeutica,
-
capacità di agire su unità micobatteriche in posizione extra e intracellulare;
a un pH intralesionale neutro (focolai recenti) o acido (focolai caseosi
consolidati), e su popolazioni in fase moltiplicativa rapida (bordo in
caseificazione di focolai recenti, contorno piogenico delle caverne), lenta
(focolai e materiale caseosi consolidati), intermittente (bacilli all'interno
delle cellule monocitarie), o nulla ("dormiente", come si ha in
lesione fibro-caseose o parzialmente calcifiche);
-
sicurezza di impiego, in rapporto alla entità e qualità di eventuali effetti
tossici collaterali;
-
accettabilità da parte del malato in rapporto alla facilità e comodità nella
assunzione dei farmaci:
Queste
proprietà sono possedute in modo diverso dai numerosi farmaci che,
successivamente alla scoperta della streptomicina (Waksman, 1946), sono entrati,
con differente ruolo, nella pratica tisiologica; di essi, il gruppo più
importante è costituito da medicamenti di primo impiego e di scelta primaria (tab.06
Streptomicina
(SM). E' un aminoglucoside e prevalente azione batteriostatica, con possibile
effetti battericidi secondari.
Il
suo spettro di azione interessa Myc.tuberc., bovis, kansasii, scrofulaceum, con
meccanismi che indicano sulla sintesi proteica degli involucri e del corpo
cellulare.
Non
essendo suscettibile di assorbimento nel tratto digerente, è utilizzabile per
via intramuscolare, raggiungendo, dopo un'ora, concentrazioni plasmatiche di
15-30 microgrammi/ml. I livelli ematici si mantengono significativi per 8-10
ore; la eliminazione è prevalentemente per filtrazione glomerulare.A livello
tessutale la SM è in grado di raggiungere i veri territori organici, ad
esclusione del distretto meningoencefalico; scarsa è, invece, la penetrazione
intralesionale, a meno che non si tratti di piccoli focolai caeosi (miliarici),
di contorni di focolai e conglomerati nodulari, di bordature cavitarie, ove sono
presenti quote micobatteriche in rapida moltiplicazione.
Nei
trattamenti prolungati, oltre 45-60 giorni, possono manifestarsi irreversibili
fenomeni di tossicità a carico del ramo vestibolare dell'VIII paio dei nervi
cranici (acustico). La somministrazione è per via intramuscolare, alla dose
giornaliera di g 1 (adulti); nei soggetti di età infantile essa va
proporzionalmente ridotta. Ne è sconsigliato l'uso in gravidanza.
Isoniziale
(INH). L'idrazione dell'acido isonicotinico è un chemioterapico di sintesi ad
elevata capacità batterica, attivo su Muc.tuberc., bovis, kansasii.
Il
suo meccanismo di azione si applica bloccando alcuni sistemi enzimatici della
cellula batterica (catalasi, perossidasi) con conseguente accumulo
intracellulare di H2O2; inoltre inibisce la sintesi degli acidi grassi a lunga
catena, inducendo deterioramento della membrana esterna e successiva graduale
lisi del corpo cellulare. Effetti, questi, che sono preceduti dalla perdita
della alcol-acido resistenza. Somministrato per via orale, il farmaco raggiunge
il picco ematico entro la seconda ora, dimostrando ampia capacità di
penetrazione tessutale e intralesionale. A livello epatico va incontro ad
acetilazione che può verificarsi
con maggiore o minore rapidità, in rapporto ad attitudini individuali o
etniche; si hanno pertanto acetilatori rapidi o lenti, senza che, peraltro,
questa condizione comporti pregiudizi nei confronti della terapia. La tossicità
è praticamente molto bassa, con possibili neuriti periferiche e perturbamenti
della sfera epatica soprattutto nei soggetti di età avanzata e negli alcolisti.
Il
farmaco viene somministrato per via orale, alla dose di 5-7 mg/kg al giorno, in
associazione polimedicamentosa e per lunghi cicli terapeutici. E' consentito l'uso in gravidanza.
Rifamcipina
(RMP).E' un antibiotico appartenente al gruppo del ansamicine o fifamicine,
dotato di elevata attività battericida verso Myc.tuberc, bovis e alcuni
atipici. Agisce con un meccanismo di blocco del complesso enzimatico RNA
polimerasico.
Somministrando
per via orale e assorbito nel tratto gastro-enterico, realizza un circolo
entero-epatico che assicura persistenti livelli tessutali e lesionali
sino a quasi 24 ore dell'assunzione, denotando spiccate capacità di
penetrazione all'interno dei focolai.
La
tossicità non è elevata: temporanee alterazioni degli indici di sofferenza
epatica (trasmissione, gammaGT) hanno spesso andamento transitorio; più
significativi effetti a livello epatico hanno carattere di reversibilità.
Nei
trattamenti intermittenti possono emergere manifestazioni di tipo
immunoallergico (trombopenie, porpore, insufficienza renale acuta).
E'
impiegata per via orale ad una dose standard che, nell'adulto (di peso superiore
a 50 kg) è di 600mg al giorno; nei bambini 10-20 mg/kg. L'uso di gravidanza è,
sia pure cautamente consentito.
Dal
tronco originario delle rifamicine sono state ottenute, ed entrare nell'impiego
terapeutico due varianti di notevole importanza in quanto attive su ceppi
micobatterici resistenti a RMP, nonchè su
alcuni micobatteri non tubercoalri.
Rifabutina.
Da 10 a 20 volte più attiva di RMP, con c.m.i. di 0,003-0,015 microgrammi/ml
mantiene per oltre 20 ore elevati picchi ematici e tessutali, pur non
raggiungendo il distretto menigo-encefalico. Ha attività anche sui bacilli in
posizione intra-cellulare. Effetti collaterali possono manifestarsi a livello
digestivo (nausea, vomito) ed ematico (leucopenia).
Rifapentina.
a una attività 10 volte superiore a quella della RMP, con proprietà e
applicazioni non dissimili da quelle relative alla rifabutina.
Etambutolo
(EMB): è un chemioterapico di tipo batteriostatico-battericida attivo su
Myc.tuberc., bovis e su alcuni micobatteri non tubercolari (MOTT). Interviene
sul metabolismo del RNA batterico e sulla struttura capsulare, agevolando in tal
modo la penetrazione di altri farmaci.
Facilmente
assorbito per la via digestiva, con picco ematico entro 2-4 ore, è eliminato in
parte per via renale, in parte per via intestinale. Può esplicare effetti
tossici a carico dell'apparato oculare (discromatopsia, riduzione del visus,
neurite ottica), nonchè turbe intestinali prurito, vertigini. L'impiego è per
la via orale alla dose (adulti) di g 1,2-1,5 al giorno. Non è consigliabile
l'impiego nella infanzia e in gravidanza.
Pirazinamide
(PZ). E' un chemioterapico con struttura chimica molto vicina a quella di INH.
Esclusivamente attiva su Myc, tuberc., esercita debole effetto battericida in
vitro, acquisendo potente capacità sterilizzante sulle unità batteriche
all'interno delle cellule monocitarie (macrofagi, cellule epiteliodi) del
focolaio infiammatorio.
E'
facilmente assorbita dallo stomaco e si diffonde rapidamente nei tessuti e
liquidi organici. Metabolizzata nel fegato, è principalmente eliminata per via
renale. A suo carico è imputabile una modesta epato-tossicità, una possibile
sintomatologia artralgica, una uricemia persistente, in genere asintomatica. La
dose giornaliera è di g 1,5-2 (per os). E' sconsigliabile l'uso in gravidanza.
Acido
para-amino-salicilico (PAS). Dopo un estentivo impiego, è attualmente in
marginale posizione terapeutica. atteriostatico (c.m.i. 100microgrammi/ml), è
attivo solo su Myc.tuberc. Viene somministrato per via orale, alla dose
giornaliera di 10-15g, in 4-5 volte; è utilizzabile anche per perfusione
venosa.
Tiacetazone.
Largamente adoperato nei paesi a scarse risorse economiche a causa del suo basso
costo. Segue la via orale (g 6-8 al giorno) per lunghi periodi di cura. Mai
impiegato in Italia.
Etionamide
(ETA). Di uso molto limitato a causa di collaterali disturbi gastroenterici ed
epatici. Ha azione battericida (c.m.i.) con spettro verso Myc.tuberc. e su
alcune specie del primo gruppo di Runyon. Somministrabile per via orale e
perfusiva (g 0,5-1 al giorno).
Kanamicina
(KM). Aminoglucoside molto vicino alla proprietà della SM. Anche esso usato per
via intramuscolare alla dose di g 1 al giorno (adulti).
Cicloserina
(CS). Antibiotico ad azione battericida (c.m.i 15-20 microgrammi/ml), attivo
solo Myc. tuberc. e su alcuni MOTT. Può indurre turbe di natura psichica e
manifestazioni epilettiformi. E' impiegato per via orale alla dose di g 0,750-1
al giorno.
Capreomicina.
Antibiotico attivo solo su Myc. tuberc. e su kansasii. E' usato per via
intramuscolare in preferenziale associazione con IHN e EMB.
Fluorochinolino.
Costituiscono un interessante gruppo di farmaci che si sta sempre più
affermando nella pratica tisiologica, dopo l'accertamento della loro proprietà
bettericida effettuata in Giappone per Ofloxacin, cui sono poi seguiti:
Ciprofloxacin, Pefloxacin, Sparfloxacin, Difloxacin, Levoflixacin. Risultano
attivi tanto su Myc. turbec. e ceppi resistenti, quanto su avium/intracellulare.
Assorbiti per via digestiva hanno larga possibilità di diffusione nei tessuti e
nelle secrezioni bronchiali. Gli effetti collaterali sono poco frequenti: turbe
digestive, vertigini, cefalee, prurito.
Claritromicina
e azitromicina. Macrolidi impiegati di recente con favorevoli risultati in
infezioni da Myc. avium/intracellulare, sulle cui culture agiscono con c.m.i.
attorno a 8 microgrammi/ml. Ne è stata notata la capacità di agire su bacilli
in posizione intracellulare. Anche se hanno dimostrato efficacia più razionale
la associazione con 1-2 altri farmaci: RMP, EMB, KM, Rifabutina, Rifapentina.
La
TB e le micobatteriosi costituiscono le uniche affezioni - tra quelle da agenti
infettati - che esigono, sin dall'inizio, trattamenti medicamentosi con 3-4
farmaci, e con cicli di cura protratti per 6-9 (e talora anche più) mesi.
La
obbligatorietà di questa condotta terapeutica - secondo le stesse tenaci
raccomandazioni OMS - è resa vincolante dalle seguenti finalità:
-
impedire il rapido e precoce affioramento di ceppi resistenti;
-
realizzare un effettivo sinergismo terapeutico, interferendo nelle
diverse fasi biometaboliche della cellula batterica;
-
accelerare il raggiungimento di completi effetti battericidi e sterilizzanti e
la eradicazione dell'agente inflettante;
-
eliminare o ridurre al minimo il rischio di recidive.
Ovviamente,
mantiene sempre piena impellenza il principio della più sollecita nella
applicazione della terapia.
Gli
schemi qui sotto riportati sono da tempo convalidati e pienamente aderenti alle
norme OMS.
a)
Per le forme di nuovo accertamento di TB polmonare ed extrapolmonare:
-una
terapia di attacco della durata di due mesi, con una delle seguenti
associazioni:
RMP+INH+SM+PZ
(specialmente raccomandata per le forme polmonari con espettorato positivo);
RMP+INH+SM;
RMP+INH+EMB.
Ognuna
di queste combinazioni è in grado di determinare, nel 90-95% dei casi, entro 60
giorni la negativizzazione bacilare, ed ottenere anche significativi effetti
clinici e radiologici. I medicamenti prescelti vanno impiegati nel corrispettivo
pieno dosaggio, secondo quanto è stato in precedenza indicato per i vari
farmaci;
-
una terapia di mantenimento da attuare in tempi immediatamente successivi con
due medicamenti: RMP+INH, sino a quattro mesi; oppure INH+EMB, sino a
quattro-sette mesi.
Eventualmente
prosecuzioni o richiami possono essere effettuati con INH+EMB o solo con INH,
ricorrendo, facoltativamente, a trattamenti intermittenti, con somministrazione
bi o tri settimanale. Il complessivo ciclo terapeutici per i nuovi casi in primo
accertamento è compendiato nella tabella 7.
b)
Per i casi di TB in soggetti precedentemente trattati (TB cronicizzata, episodi
di riattivazione o di recidiva), la ripresa della chemioterapia presume
l'accertamento di una possibile acquisita resistenza, dei ceppi batterici
responsabili, verso uno o più dei farmaci già utilizzati. Anche se, in attesa
della risposta dell'antibiogramma, conviene fare ancora ricorso ai farmaci di
scelta primaria, per la ripresa dei trattamenti sono disponibili uno o due dei
farmaci sussidiari (KM, ETA, CS), fra cui sono , in particolare, raccomandabili
le nuove rifamicine (rifabutina, rifapentina) e i fluorochinoli.
c)
Per le forme (polmonari ed extrapolmonari) da Myc. bovis gli schemi di
chemioterapia sono comuni a quelli indicati per i casi dovuti a Myc.tuberc., con
preferenza per RMP, INH, SM, EMB.
d)
Per le micobatteriosi la lista dei medicamenti si è recente arricchita di nuovi
preparati, dando più fondate speranze di successo. Le maggiori difficoltà
riguardano i quadri morbosi sostenuti dal complesso avium/intracellulare, in
soggetti con HIV/AIDS o anche esenti da tali eventualità. Per tale categoria di
malati si stanno prospettando, come già accennato, importanti acquisizioni,
trascritte, assieme ai farmaci tradizionali, nella tabella 8.
e)
Per le forme di TB e di mocobatteriosi emergenti in soggetti HIV siero positivi
o con AIDS in atto, gli schemi indicati restano validi, pur essendo opportuno
protrarne l'impiego per tempi più lunghi sino a 12-14 mesi. Comunque la terapia
di attacco, nelle forme bacillifere, deve essere prolungata sino a 2-3 mesi dopo
la avvenuta negativizzazione bacillare delle secrezioni bronchiali. Anche in
queste situazioni di impiego delle nuove rifamicine, dei fluorochinoloni, dei
macrolidi tipo claritromicina, azitromicina, ha molto migliorato le possibilità
di cura.
Sono
volti a migliorare le condizioni generali e ad accompagnare lo svolgimento del
complesso ciclo chemioterapico.
Gli
apporti vitaminici sono sempre utili, specie con B6 (piridossina), tenendo
presente che INH incide sfavorevolmente sul suo metabolismo. Indicati del pari i
prodotti integratori della crisi ematica e della funzione epatica.
Alcuni
quadri morbosi ad ampia componente essudatizia (processi allergici polmonari,
infiltrati e infiltrazioni, pleuriti e altre sierosi, meningiti) e alcune forme
evolventi verso la fibrosi (miliari) si giovano del collaterale impiego di
corticosteroidi.
E'
raro che alla copertura terapeutica dei farmaci antitubercolari possano sfuggire
i casi di TB tempestivamente e regolarmente trattati. Pertanto le antiche
terapie su base fisiomeccanica adoperate per TB polmonare (pneumotorace,
toracoplastiche, aspirazione endocavitaria) non trovano più (salvo casi
eccezionali, da valutare in sede specialistica), ragione di impiego.
Un
giustificato margine mantiene la exeresi chirurgica nei confronti di alcune
situazioni in cui, ai trattamenti medici, residuano vistose componenti caseose
(grossi focolai tipo tubercoloma, conglomerati noduliformi, a sede polmonare,
encefalica, linfoghiandolare, renale), o, anche, esuberanti componenti
granulomatoso (TB ileo-cecale): la rimozione chirurgica della lesione, quasi
sempre racchiudente popolazioni microbatteriche dormienti o in intermittente
attività moltiplicativa, ha anche lo scopo di eliminare possibili fonti
bacillari di reinfezione endogena.
La
protezione del singolo individuo e il contenimento del contagio nella
collettività umana rappresentano l'obbiettivo primario della prevenzione. In
questo senso, il sollecito trattamento del soggetto malato, spesso bacillifero,
l'attento controllo nell'effettuazione delle cure, sino a osservare direttamente
la assunzione dei medicamenti (DOTS: directly observed treatment short-course),
mirano, in vario modo, a intercettare la espansione della malattia.
Gli
aspetti indiretti della prevenzione sono volti a migliorare l'alimentazione,
l'abitabilità, le condizioni igieniche nell'ambiente di vita e di lavoro:
aspetti, questi, per gran parte superati nel mondo occidentale, ma ancora
paurosamente immanenti in estese aree dell'Africa, dell'Asia, del Sud America.
La
prevenzione diretta è fondata su due procedimenti - vaccinazione e
chemioprofilassi - ad ognuno dei quali è legato un differente campo di
applicazione.
La
vaccinazione antitubercolare con BCG è attuata su soggetti esenti da qualunque
traccia di infezione tubercolare e, quindi, cutinegativi, e si propone -
teoricamente - di indurre uno stato di immunità valido ad annullare possibili
infezioni provenienti da fonti contagianti. Essa pertanto viene praticata nelle
età infantili, e, in alcuni Paesi, già alla nascita, secondo programmi
nazionali (spesso patrocinati o sponsorizzati dalla OMS) obbligatoriamente
estesi a tutta la popolazione delle età interessate; o secondo criteri
selettivi, dettati da esigenze epidemiologiche localizzate. In Italia la
obbligatorietà, sancita per legge nel 1972, ma per gran parte disattesa, è
riservata a soggetti di età infantile residenti in zone dove l'indice
tubercolonico, a 6 anni, è superiore al 6%, nonchè ai militari, all'atto
dell'arruolamento e agli studenti di medicina, al momento dell'iscrizione
all'Università. Per tutte queste categorie è prescritto il preliminare
accertamento della cutinegatività.
La
vaccinazione è attuata per via intradermica con BCG: bacillo di
Calmette-Guerin, ottenuto da ceppi di Myc. bovis resi avirulenti mediante
ripetuti passaggi su terreni di cultura biliati.
La
chemioprofilassi è attuata su soggetti cutipositivi, ma esenti da malattia, con
lo scopo di impedirne l'insorgenza. Essa viene praticata mediante
somministrazione giornaliera di INH (5 mg/kg) negli individui conviventi in
nuclei famigliari o in collettività in cui è elevato il rischio di contagio.
Ne è raccomandato l'impiego anche in soggetti cutinegativi per TB e
sieropositivi per HIV, nell'ipotesi che, in questi, la cutinegatività possa
essere la conseguente espressione della immuno deficienza.
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