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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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La
vertigine costituisce un sintomo ricorrente in molti soggetti sofferenti di
malattie organiche e/o psichiche che può interessare il medico di base, lo
specialista e tra questi soprattutto l'otorinolaringoiatra, il neurologo, lo
psichiatra, il cardiologo e il geriatra. Per tali motivi sulla sua origine non
è facile pronunciarsi se non dopo una valutazione attenta del malato e della
modalità di insorgenza. Solo quando la vertigine si associa, in maniera chiara
e costante ad altri segni o sintomi, costituisce una vera e propria sindrome
clinica.
La
vertigine può essere definita come "allucinosi della sensibilità
spaziale" (Arslan); si tratta quindi di una sensazione soggettiva o
oggettiva di movimento da tener ben distinta dal concetto di pseudovertigine in
cui si ha soltanto una sensazione di instabilità del proprio corpo.
La
vertigine vera è caratterizzata da una sensazione erronea di movimento del
corpo nello spazio che può assumere spesso carattere rotatorio (vertigine
soggettiva) o di rotazione dell'ambiente circostante (vertigine oggettiva). In
genere quasi tutte le forme di vertigine sono accompagnate da sintomi
neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione, pallore e ipotensione).
La
pseudovertigine comprende invece le alterazioni fugaci, non rotatorie
dell'equilibrio come il senso di sbandamento o di instabilità durante la
marcia, i sintomi pre-lipotimici, la sensazione di <<testa vuota>>.
Alla
base del meccanismo di controllo dell'equilibrio vi è il corretto funzionamento
della via vestibolare (fig.01
Gli
impulsi visivi, provenienti dalla retina, oltre ad essere importanti per
giudicare la distanza degli oggetti dal nostro corpo, partecipano con le
afferenze labirintiche e del collo a stabilizzare lo sguardo durante i movimenti
della testa e del corpo.
Gli
impulsi provenienti dai recettori articolari e muscolari sono essenziali per il
controllo dei movimenti riflessi, posturali e volontari.
L'insieme
di queste afferenze è poi collegato con il cervelletto, i nuclei tronco
encefalici (oculomotori e vestibolari), il nucleo rosso, il fascicolo
longitudinale mediale, il midollo spinale, la corteccia cerebrale che provvedono
alla coordinazione degli impulsi sensitivi e al mantenimento dell'equilibrio
cosi come agli aggiustamenti posturali. Il collegamento esistente tra le
afferenze vestibolari ed i nuclei oculomotori (3°, 4°, 6°), attraverso il
fascicolo longitudinale mediale, spiega un altro sintomo che si associa spesso
alla vertigine e cioè il nistagmo (fig.02
Il
nistagmo può essere definito come un movimento, o scossa, involontario e
ritmico dei globi oculari. Si compone di una fase lenta e di una fase rapida di
compenso, quest'ultima viene di solito impiegata per indicare la direzione del
nistagmo stesso. A seconda della direzione delle scosse, il nistagmo può essere
orizzontale, verticale, rotatorio, più raramente il movimento è di retrazione
o di vergenza.
È certa anche l'esistenza di un controllo corticale della funzione
dell'equilibrio, verosimilmente temporale, la cui dimostrazione è avvenuta
nella scimmia ma non è ancora ben definita nell'uomo.
Altri
meccanismi che intervengono nella regolazione della funzione vestibolare sono di
natura psicofisiologica e riguardano un continuo adattamento tra quello che è
lo schema corporeo, da noi acquisito attraverso l'integrazione dei dati
sensoriali, e lo schema ambientale , cioè lo spazio situato intorno al nostro
corpo.
La
vertigine può dipendere da una compromissione a vari livelli ed i suoi
caratteri variare in funzione della sede della lesione. Si suole pertanto
distinguere una vertigine di origine periferica comprendendo in questa tutte le
lesioni dei recettori, del nervo e dei nuclei ed una vertigine centrale legata
ad una sofferenza delle altre componenti propriamente centrali (tab.01
La
vertigine oggettiva con netta componente rotatoria e con segni di sofferenza
della funzione cocleare depone per un interessamento del recettore o del nervo
vestibolare. La vertigine soggettiva può considerarsi l'espressione della
vertigine "centrale", qui la componente rotatoria è rara in quanto
non si ha un'alterazione degli impulsi vestibolari veri e propri ma degli
impulsi già integrati con le altre afferenze sensoriali.
Appare
pertanto, ai fini pratici, relativamente più facile la definizione di vertigine
periferica rispetto a quella centrale per la complessità dei meccanismi che
partecipano a quest'ultima e per la difficoltà da parte di chi ne soffre di
definirne spesso i caratteri.
La
vertigine di origine periferica si manifesta generalmente con crisi vertiginose,
spontanee ma più spesso favorite da movimenti del capo e accompagnate da
disturbi di tipo vegetativo, vertigine labirintica, ed eventualmente da segni di
compromissione della via cocleare quando la lesione è a partenza dal nervo
vestibolare per le sue strette connessioni anatomiche con la via cocleare,
vertigine vestibolare.
Le
principali cause di vertigine periferica sono rappresentate dalla malattia di Ménière,
dalla ctipololitiasi, dalla neuronite vestibolare, dai processi infettivi, da
incidenti vascolari, da intossicazioni esogene e dall'otosclerosi.
Essa
è caratterizzata da attacchi parossistici di vertigine, nausea e vomito
accompagnati da acufeni e ipoacusia. Le crisi insorgono in completo benessere e
vengono precedute da acufeni in genere a tonalità acuta e ipoacusia
inizialmente unilaterale poi bilaterale.La vertigine è rotatoria ed è di tipo
oggettivo, può essere tanto violenta da far cadere a terra l'individuo, è
accompagnata da nausea e spesso da vomito, pallore, sudorazione e tachicardia.
È presente inoltre nistagmo che batte verso il lato dove maggiore è lo
stimolo irritativo ed è limitato all'attacco.
Le
crisi durano da qualche minuto a 24-36 ore e possono assumere carattere
subentrante. Possono essere seguite da astenia intensa e sonno. La causa di tale
malattia è determinata da una distensione del sacco endolinfatico con
degenerazione successiva delle cellule ciliate della coclea e del labirinto.
È caratterizzata da crisi di vertigine parossistica e nistagmo quando il
soggetto assume alcune posizioni critiche della testa, in particolare quando è
sdraiato a letto o inclina il capo all'indietro. Si tratta di una labirintopatia
con distacco degli otoliti dalla macula dell'utricolo determinata da processi
degenerativi su base vascolare o traumatica.
È conosciuta anche una forma idiopatica. Si accompagna anche a nistagmo
di tipo orizzontale o rotatorio.
È caratterizzata da attacchi ricorrenti di vertigine non accompagnati
però, a differenza della malattia di Ménière, da segni di interessamento
cocleare. Colpisce giovani adulti, si associa ad una notevole varietà di
infezioni soprattutto a carico delle vie aeree superiori.
Molti
agenti, sia batterici che virali, possono determinare processi infiammatori dei
labirinti e dell'orecchio medio che si accompagnano a vertigine. Tra questi, in
ordine di frequenza, possono essere menzionati la parotite, le meningiti, la
sifilide congenita, le labirintiti secondarie a otiti medie. In queste
situazioni sono sempre presenti i segni e i sintomi propri della malattia
principale e possibili segni meningei per l'eventuale estensione del processo
patologico anche a tali strutture.
Tipica
è la cosiddetta apoplessia labirintica caratterizzata da crisi improvvise di
vertigine accompagnate da nausea e vomito senza ipoacusia né tinnito, in genere
singole che portano ad una compromissione della funzionalità vestibolare di un
lato. Essa sarebbe conseguenza della occlusione della branca labirintica
dell'arteria uditiva interna.
Molte
sostanze esogene possono causare vertigine con un meccanismo di labirintosi
tossica. Fra queste ricordiamo gli antibiotici aminoglicosidici (streptomicina,
gentamicina, neomicina, kanamicina, vancomicina, bleomicina). Oltre all'effetto
tossico abituale sui recettori cocleari possono determinare vertigini
accompagnate da iporeflessia o areflessia vestibolare bilaterale. Un'altra causa
è data dalla intossicazione tabagica legata all'azione della nicotina sui
recettori o a fenomeni vasospastici.
Eccezionalmente
in corso di otosclerosi, quando si determina una lesione della capsula
labirintica, si osserva la comparsa di vertigini.
Molte
malattie neurologiche possono accompagnarsi a vertigini. Le cause più frequenti
sono: le sofferenze vascolari, degenerative, neoplastiche con conseguente
disturbo funzionale delle aree corticali deputate al controllo dell'equilibrio.
L'aumento
dell'età media degli individui e le maggiori conoscenze sulla patologia del
circolo cerebrale rendono molto più frequente l'osservazione di pazienti con
disturbi di tipo vertiginoso. Il sintomo vertigine può costituire il primo
segno di una compromissione vascolare che può assumere i caratteri di
episodicità o divenire un disturbo subcontinuo. Generalmente lo scatenamento
del disturbo è dato da una lieve ipertensione o da un processo
arteriosclerotico o da una modificazione della colonna vertebrale con
conseguente stiramento dell'arteria vertebrale. La vertigine da insufficienza
vertebro-basilare, in genere, segue ad un improvviso movimento della testa o ad
un cambiamento della postura, per esempio nel passaggio dalla posizione
clinostatica all'ortostatica. Il sintomo vertigine è spesso associato a
disturbi visivi transitori, parestesie o drop attacks, TIA. Spesso si associano
ipoacusia bilaterale e acufeni. Il disturbo è in genere collegato ad ischemia
nel territorio di irrorazione dell'arteria cerebellare antero-inferiore.
Una
malattia neurologica con localizzazioni multiple quale è la sclerosi multipla
può favorire un interessamento anche a più livelli delle strutture coinvolte
nella funzione vestibolare. La placca, elemento caratteristico della malattia,
può formarsi nella regione dei nuclei vestibolari e la vertigine costituisce
pertanto uno dei primi segni; indubbiamente rappresenta un sintomo frequente nel
corso della malattia, assumendo anche i caratteri di episodicità tipici della
sclerosi multipla.
Una
possibilità, peraltro rara, di scatenamento delle vertigini può essere data,
nell'ambito di una epilessia, da una crisi parziale nella quale la vertigine può
comparire isolata o associata ad altri sintomi. I caratteri delle crisi sono
rappresentati da un episodio improvviso, non favorito da movimenti del capo, di
durata estremamente breve e a risoluzione brusca. I caratteri della vertigine
possono essere sia di tipo oggettivo che soggettivo. Più frequentemente il
sintomo può costituire un momento di una crisi parziale complessa con
compromissione della coscienza. Nell'ambito dell'epilessia riflessa sono state
inoltre descritte crisi vertiginose da stimolazione calorica labirintica. A
conferma di quanto esposto sono le prove di stimolazione della parte
posterolaterale del lobo temporale e del lobulo parietale inferiore che possono
determinare una vertigine intensa.
Tutti
i processi occupanti spazio che in qualche modo interessano direttamente o
secondariamente le strutture coinvolte nella funzione vestibolare possono
favorire l'insorgenza di vertigini. Talora la vertigine costituisce il primo
segno della neoplasia stessa quale sintomo di tipo irritativo. Tra i tumori che
abitualmente determinano la vertigine il neurinoma dell'acustico è il più
comune. A questo seguono i tumori del tronco encefalico, i meningiomi, i
sarcomi.
Il
neurinoma presenta una lenta evoluzione e talora una subdola insorgenza. La sua
sintomatologia è caratterizzata da acufeni dal lato della lesione con ipoacusia
a cui si associa una sintomatologia vertiginosa, generalmente ad insorgenza
ingravescente che può risentire anche dei movimenti bruschi del capo. Quando il
neurinoma raggiunge dimensioni maggiori e infiltra le zone circostanti si
realizza la sindrome dell'angolo ponto-cerebellare che è caratterizzata
dall'associazione di compromissione dell'ottavo, del settimo e del quinto nervo
cranico e segni di interessamento cerebellare. Tale situazione comunque può
realizzarsi anche per altre neoplasie: il meningioma della porzione posteriore
della rocca petrosa, l'epidermoide, l'endotelioma del meato acustico interno, i
sarcomi primitivi, i tumori metastatici e l'emangioblastoma.
Tutti
i processi infiammatori possono favorire un interessamento delle strutture che
stiamo esaminando, ma soprattutto le encefalomieliti virali, la sindrome di
Ramsay Hunt (herpes zoster oticus), la sifilide, prevalentemente nel terzo
stadio per la localizzazione di gomme in genere a livello dell'angolo ponto
cerebellare. Accanto a queste va ricordata la possibilità che una infezione
determini la formazione di un ascesso che può organizzarsi in maniera anche
asintomatica nel tempo e dare poi manifestazione di sè come massa occupante
spazio. Quando tale evento interessa la fossa cranica posteriore la
sintomatologia può esordire anche con la comparsa di vertigini. A queste si
aggiunge la sindrome di Cogan caratterizzata da cheratite interstiziale non
sifilitica, vertigini, sordità e tinnito che rientra nel capitolo delle
vasculiti.
Tra
le malattie degenerative del sistema nervoso che si accompagnano a vertigini
vanno ricordate tutte le forme di degenerazione cerebellare che coinvolgono
principalmente le aree connesse con la via vestibolare, quale il lobulo flocculo
nodulare o archicerebellum.
I1
trauma cranico, se non comporta una contusione cerebrale ovvero non favorisce
una sofferenza diretta del parenchima cerebrale, non determina abitualmente una
sintomatologia vertiginosa. Tuttavia, nei casi di commozione cerebrale o di
brusco stiramento del tronco (colpo di frusta) essa può manifestarsi per una
probabile sofferenza transitoria e non documentabile delle strutture di
controllo dell'equilibrio; un'altra possibilità è data dalle fratture della
rocca petrosa e conseguente sofferenza labirintica.
Il
sintomo vertigine, insieme alla cefalea, è comunque riferito, al contrario,
molto frequentemente nelle sindromi post-traumatiche e tende a mantenersi anche
per tempi lunghi. Tale condizione tuttavia rientra generalmente in un disturbo
complesso di tipo psichico secondario all'eventuale stato di shock, in cui la
vertigine costituisce insieme ad altre manifestazioni, una somatizzazione
dell'ansia, talora anche favorita da sindromi da indennizzo. In questi casi la
vertigine è sempre di tipo soggettivo.
La
somministrazione cronica di farmaci, quali ad esempio la difenilidantoina o una
intossicazione cronica da alcool, possono favorire nel tempo, in relazione alla
durata di trattamento o di abuso ed alla quantità di sostanza introdotta, un
processo degenerativo di strutture interessate al controllo dell'equilibrio, tra
queste soprattutto il cervelletto, con conseguente comparsa anche di vertigini.
Si
verifica per alterazioni dell'apparato diottrico o per diplopia, specie in
soggetti che per la prima volta portano lenti correttive.
Riferiamo
in questa parte tutti quei disturbi di probabile natura funzionale la cui
definizione spesso risulta complessa per la difficile obiettivabilità e
localizzazione del sintomo.
Nell'ambito
delle nevrosi e più raramente delle psicosi la vertigine rappresenta un sintomo
ricorrente; soprattutto quando in tali disturbi psichiatrici l'ansia appare il
sintomo prevalente la vertigine può divenire una sua manifestazione. Comunque,
essa è sempre favorita dall'accentuazione dell'ansia e tende a scomparire nelle
fasi di remissione del sintomo psichico principale. I suoi caratteri sono sempre
quelli di una vertigine soggettiva; se ne può favorire la comparsa attraverso
manovre suggestive o che comunque possono indurre un'accentuazione dell'emotività
o modificazioni metaboliche. Sempre nell'ambito dei disturbi psichici,
pseudovertigini si possono ritrovare nell'agorafobia, in cui il soggetto avverte
tale sintomatologia negli spazi aperti, e nell'acrofobia, in cui invece tali
sensazioni si verificano quali fobia per le altezze.
Tali
disturbi possono indurre sintomatologia vertiginosa attraverso una ipossia delle
strutture deputate al controllo della funzione dell'equilibrio.
Il
meccanismo è simile a quello descritto per l'anemia e si manifesta soprattutto
durante gli sforzi quando c'è un ridotto ritorno venoso al cuore e quindi di
conseguenza una ridotta gittata cardiaca.
L'interessamento
del sistema neurovegetativo quale si può riscontrare nella sindrome di
Shy-Drager, nel diabete mellito, nella sindrome di Guillain-Barré, nella
sindrome di Riley-Day comporta una riduzione del flusso cerebrale di lieve o
modesta entità con conseguente sensazione di leggerezza del capo, obnubilamento
mentale, prima di arrivare ai sintomi più eclatanti quali sincopi o convulsioni
generalizzate. Il sintomo cardinale di tali malattie è l'ipotensione
ortostatica.
Sono
soprattutto i disturbi della conduzione cardiaca che si possono manifestare con
improvvisi episodi vertiginosi che precedono la sincope e dei quali non sempre
il malato riesce a rendersi conto.Crisi ipertensive spesso possono favorire
anche la comparsa di vertigini e acufeni.
Tra
questi la principale causa di vertigini è rappresentata da una ipoglicemia
episodica o da uno stato carenziale eventualmente associato ad un'anemia.
Un
esempio è costituito dalla chinetosi che è caratterizzata dalla comparsa di
vertigini in situazioni particolari, quali viaggi in automobile, in treno, in
aereo o in mare. La spiegazione di questa è data dal cattivo adattamento del
sistema vestibolare a stimoli insoliti. Ricordiamo ancora la vertigine visiva
che è scatenata dalla visione di scene in movimento quali si possono verificare
durante una proiezione cinematografica.
Il
primo momento fondamentale per comprendere il sintomo vertigine è costituito da
un'approfondita anamnesi, ma soprattutto da un colloquio attento con il paziente
per individuare tutti gli elementi utili che possono contribuire ad un corretto
inquadramento del sintomo. Deve essere operata innanzitutto una distinzione,
prima di procedere agli esami strumentali, tra vertigine oggettiva e soggettiva
e tra disturbo organico e funzionale. Inoltre, non può non essere considerato
lo stato generale del soggetto in quanto la vertigine acquista valore non solo
come disturbo in se stesso ma come segno di patologie complesse. Due esempi
sottolineano l'importanza di quanto esposto: l'insorgenza di vertigine nel
bambino come possibile prima manifestazione di una patologia neoplastica
cerebellare e le vertigini dell'anziano, precoce segno di un disturbo
circolatorio.
All'atto
della visita possono essere effettuate alcune prove già indicative, prima di
passare ad esami strumentali specifici.
Prova
in stazione eretta. Si apprezzerà la tendenza all'inclinazione in direzione
latero-laterale e antero-posteriore del tronco. Nella prova di Romberg e/o nella
prova di Mann (Romberg sensibilizzato con il paziente in piedi e con un piede
avanti all'altro sulla stessa linea) si osserva se alla chiusura degli occhi
peggiora un disturbo già presente o se compare una deviazione in senso frontale
o sagittale.
Prova
del filo a piombo di Barré. Il paziente è in posizione eretta con i piedi
paralleli e vicini e gli occhi aperti, si pone in posizione mediana un filo a
piombo che rileva anche le più piccole deviazioni nei diversi piani dello
spazio.
Deambulazione.
Si rileva la direzione del cammino notando la tendenza a deviare verso uno dei
due lati o in direzione sagittale o frontale sia ad occhi aperti che chiusi.
Prova
della marcia a stella. Il soggetto deve compiere ad occhi chiusi 3 passi avanti
e 3 indietro; in caso di lesione vestibolare si ha deviazione verso il labirinto
deficitario nella marcia in avanti e verso il lato opposto nella marcia a
ritroso venendosi così a determinare, proseguendo la prova, un tracciato di
marcia simile ad una stella.
Prova
degli indici protesi. I1 soggetto è seduto con gli arti superiori protesi, gli
indici puntati e gli occhi chiusi, l'esaminatore è seduto di fronte e
contrappone i suoi indici a quelli del paziente, in caso di malattia vestibolare
si verificano deviazioni in direzione orizzontale o verticale.
Prova
dell'indicazione o di Barany.Il paziente e l'esaminatore si trovano nella stessa
posizione della prova degli indici protesi.I1 paziente ad occhi chiusi deve
compiere con gli arti movimenti alterni verso l'alto, verso il basso e
orizzontalmente a destra e a sinistra; nelle alterazioni vestibolari si
osservano deviazione sul piano orizzontale e sagittale.
Manovra
di Dix e Hallpike. L'esaminatore, tenendo con la mano destra la testa del
paziente, lo fa passare rapidamente dalla posizione eretta a quella supina, con
testa iperestesa e ruotata da un lato. La manovra si ripete due volte con il
lato destro e sinistro mantenendo le posizioni raggiunte per almeno 30 sec. In
caso di positività della prova compare nistagmo a cui quasi sempre si associa
una vertigine oggettiva intensa, spesso con nausea. Tale manovra è utile nella
diagnosi di cupololitiasi.
In
una percentuale di casi alle prove cliniche devono essere affiancate prove
strumentali per una più certa e corretta definizione del sintomo.
Prova
rotatoria. Il paziente è posto su una sedia girevole e con una graduata
accelerazione o decelerazione angolare vengono stimolati i due canali
semicircolari, in genere quelli laterali. Si valutano i sintomi post-rotatori,
per cui, ad esempio, al termine della rotazione in senso antiorario si saggia il
canale semicircolare destro con deviazione lenta degli occhi verso sinistra.
Prova
termica. Si applicano al soggetto gli occhiali di Bartels o di Franzel, si fa
estendere la testa di 60°, si irriga il condotto uditivo esterno con 5 ml di
acqua calda (45-48° C) e fredda (20° C). In tal modo si determina una corrente
endolinfatica utricolifuga nel canale irrigato con acqua fredda e utricolipeta
in quello irrigato con acqua calda e vengono così stimolati i recettori
ampollari. Nel soggetto normale comparirà nistagmo dopo una latenza di 15-30
sec. di durata fra 60 e 90 sec. si noterà inoltre una deviazione degli indici
nel senso della fase lenta del nistagmo, quindi verso il labirinto stimolato, se
si è impiegata acqua calda.
Elettronistagmografia.
Per rendere più obiettiva la valutazione della comparsa del nistagmo a seguito
di una stimolazione calorica può essere a questa aggiunta
l'elettronistagmografia ovvero la registrazione del nistagmo attraverso la
valutazione della differenza di potenziale che si genera fra la cornea e la
retina nel corso dei movimenti oculari.
Esame
audiometrico. È un'indagine
che permette di saggiare la capacità uditiva e può essere perciò utile nel
valutare una sofferenza più ampia che abbia interessato anche la via uditiva.
L'esame si effettua con le prove della audiometria tonale che può essere
liminare, sopraliminare ed automatica e dell'audiometria vocale.
Esame
elettroencefalografico. È
l'esame più semplice ed indicativo nel caso di una lesione cerebrale. Diventa
di grande utilità quando si sospetti una lesione parenchimale o una sofferenza
funzionale quale si potrebbe realizzare nell'epilessia vertiginosa. In un
paziente con vertigine ed elettroencefalogramma positivo per punte e onde aguzze
si deve sospettare una lesione del sistema nervoso centrale. Ovviamente pazienti
con lesioni vestibolari periferiche e con disturbi psichici non presentano
alterazioni di tipo irritativo. Una particolare applicazione dell'esame
elettroencefalografico, associato ad altre prove, può essere, nel caso delle
lesioni post-traumatiche, molto importante perché il rilevamento di alterazioni
soprattutto unilaterali in sede temporale, può costituire un fondato sospetto
di una sofferenza organica, responsabile del sintomo clinico.
Potenziali
evocati del tronco (BAERs). Sono importanti nel caso si sospetti un tumore
dell'angolo ponto-cerebellare o una lesione demielinizzante del tronco.
È una tecnica utile nelle lesioni vestibolari, perché a livello del
tronco le vie nervo se provenienti dalla coclea viaggiano in stretta vicinanza
con quelle provenienti dai recettori vestibolari. A causa di questa relazione
anatomica lesioni del tronco spesso causano sia vertigini sia disturbi della
conduzione degli impulsi uditivi. In genere BAERs patologici sono indicativi di
una patologia del sistema nervoso centrale, tuttavia un esame normale non
esclude la possibilità di una lesione del tronco.
Tomografia
Computerizzata e Risonanza Magnetica Nucleare. Molte lesioni che causano
vertigini si ritrovano nel tronco cerebrale e nel cervelletto, regioni difficili
da studiare con la Tomografia Computerizzata per cui oggi più facilmente si
ricorre alla Risonanza Magnetica Nucleare che presenta dei vantaggi rispetto
alla prima, in quanto elimina gli artefatti dovuti alle strutture ossee e
presenta maggiore sensibilità nel rilevare differenze di contrasto.
Metodica
Doppler. È un esame utile
per lo studio di alterazioni vascolari che possono determinare insufficienza
vertebrobasilare. È
utilizzata nello studio emodinamico dei tronchi sovraortici e particolarmente
delle arterie vertebrali, succlavie e comunicanti posteriori. Le principali
indicazioni a tale esame, in pazienti affetti da sindrome vertiginosa di
sospetta natura vascolare, sono l'insufficienza vertebro-basilare e il furto
ematico vertebrosucclaveare.
Radiografia
della colonna cervicale. Da effettuarsi in proiezione antero-posteriore e
laterale.Può evidenziare un'eccessiva lordosi della colonna cervicale,
alterazioni degenerative con artrosi delle articolazioni tronco-vertebrali e
disordini congeniti come invaginazione basilare e displasia dell'arco dorsale
dell'atlante.
Possiamo
suddividere il trattamento delle vertigini in due grandi categorie: specifico e
sintomatico. La terapia specifica include gli antibiotici per le labirintiti
batteriche o sifilitiche, gli antiaggreganti e gli anti-coagulanti per
l'insufficienza vertebro-basilare, un trattamento chirurgico per le neoplasie
dell'ottavo nervo cranico. Nel caso poi di una epilessia vertiginosa, una volta
certi della diagnosi, è opportuno iniziare un trattamento specifico
anti-epilettico e il farmaco di scelta è la carbamazepina. Nella malattia di Ménière,
oltre alle misure previste per le altre forme vertiginose, si può ricorrere ad
interventi chirurgici, quali la distruzione del labirinto, la sezione
intracranica della porzione vestibolare dell'ottavo nervo cranico e lo shunt
endolinfatico subaracnoideo.
I
farmaci antivertiginosi appartengono a classi farmacologiche diverse
(anti-istaminici, anticolinergici, simpaticomimetici) ma la loro azione è
comune e consiste in una riduzione dell'eccitabilità dei neuroni dei nuclei
vestibolari. La vertigine severa acuta è un sintomo estremamente fastidioso,
diventa molto importante effettuare una sedazione; il farmaco di scelta è il
diazepam per via parenterale, tenendo conto che può causare depressione
respiratoria e ipotensione. Quando sono preminenti nausea e vomito è utile
associare un agente anti-emetico (proclorperazina) ad un farmaco
antivertiginoso.
La
vertigine cronica ricorrente pone dei problemi perché non sempre è possibile
attuare una sedazione. Si può ricorrere allora agli anti-istaminici e di questi
la prometazina è quella che ha l'effetto più sedativo. La ciclizina, il
dimenidrato, la meclizina e la scopolamina sono utili negli episodi lievi.
Vengono
poi ancora impiegati dei farmaci vasodilatatori come la cinnarizina e la
flunarizina che avrebbero un'azione inibente sull'eccitabilità dei neuroni
labirintici e la betaistina attiva a livello della microcircolazione labirintica
(tab.02x).
Gli
effetti collaterali principali di questi farmaci si esplicano a livello
gastroenterico e possono essere attutiti consigliandone l'assunzione a stomaco
pieno. Un altro effetto indesiderato è la sedazione, che impone cautela nei
soggetti che svolgono attività che richiedono una certa attenzione. Può
comunque essere diminuita riducendo il dosaggio o somministrando della caffeina.
Importante è poi ricordare, per un uso prolungato di flunarizina, la comparsa
di sintomi extrapiramidali, per cui tale trattamento è sconsigliato negli
anziani. Un altro possibile effetto collaterale che deve essere previsto dal
medico, è l'insorgenza di crisi dislettiche in corso di trattamento con
fenotiazine e butirrofenoni talora anche in dosi modeste. Comunque queste
possono essere neutralizzate dalla somministrazione per via endovenosa di
diazepam.
Il
capitolo delle vertigini rappresenta una sintesi difficile di patologie di
interesse multidisciplinare, ma al tempo stesso costituisce una parte della
medicina pratica che non può essere misconosciuta dal medico di base. Molte
sono le condizioni infatti che fanno riferire al medico la vertigine come primo
ed unico sintomo da parte dei malati. La sua presenza spesso viene mal riferita
ed il medico può non dare la giusta importanza a questo segno per la facilità
con cui viene riportato anche da pazienti con una sintomatologia prettamente
psichica o la frequenza con la quale di esso si abusa a scopo di risarcimento,
indennizzo o richieste di invalidità.
È quindi necessario approfondire sempre l'osservazione clinica e
strumentale di questi malati prima di negare l'esistenza di una vertigine. La
diversità delle manifestazioni tra soggetto e soggetto impone anche una
diagnosi differenziale tra i vari tipi di vertigine e altre turbe del controllo
motorio, quali l'atassia, l'incoordinazione motoria e i disturbi del tono
muscolare ed anche con gli attacchi ischemici transitori.
Pur
avendo a disposizione differenti farmaci non sempre è facile la scelta e non
sempre è prevedibile o sicuro il risultato, è quindi prudente valutarne la
risposta prima di attuare un trattamento cronico anche per la possibilità di
insorgenza di effetti collaterali sgraditi. Non sempre comunque è la vertigine
come tale che deve essere trattata bensì la patologia che ne sta alla base.
Infine,
di fronte ad un malato che presenta una sindrome vertiginosa è necessario
considerare prima del sintomo la persona e l'eventuale patologia in essa
presente per la quale la vertigine non è altro che il sintomo spia.
Riteniamo
utile alla completezza del capitolo sulle vertigini aggiungere una breve sintesi
di ciò che può essere osservato nell'anziano. È infatti abituale per il medico pratico imbattersi
nel sintomo vertigine nel caso di pazienti anziani e di dover impostare un
trattamento spesso sulla base di un sintomo difficilmente obiettivabile anche
con esami strumentali specifici.
La
vertigine si può manifestare nell'anziano soggettivamente come instabilità
della postura, disorientamento spaziale e sensazione di rotazione o capogiro,
sintomi questi che possono creare notevole disagio per il paziente.
L'incidenza
della vertigine in questa fascia d'età è molto elevata, intorno al 50-60% e
sembra prevalere nel sesso femminile. La possibilità conseguente di cadute
impone una considerazione attenta da parte del medico. Varie sono le condizioni
che nell'anziano possono causare questa sintomatologia.
Essa
deve essere comunque distinta la vertigine vera, che denota una specifica
illusione di movimento collegata ad una sensazione di rotazione e di caduta, e
disequilibrio o presbiastasia, che indica invece più propriamente un
disorientamento spaziale, un senso di instabilità nella posizione eretta o in
seguito ad un cambiamento brusco di postura o di direzione della marcia.
La
vertigine vera non si discosta da quella presente nelle altre fasce di età che
abbiamo precedentemente descritto, mentre il disequilibrio è più specifico
dell'età avanzata.
Tali
manifestazioni possono essere episodiche o costanti.
Nel
caso di manifestazioni episodiche bisogna ricercare una causa scatenante, anche
se non è sempre facile da riconoscere, e in particolare le variazioni
pressorie, l'ipotensione ortostatica, il brusco stiramento dei vasi del collo,
favorito da una spondiloartrosi, eventuali effetti tossici, metabolici
(ipoglicemia), o disturbi del ritmo cardiaco.
Tra
le cause centrali di vertigine nell'anziano la più importante e più comune è
l'insufficienza cerebro-vascolare, soprattutto nel distretto vertebro-basilare,
che può essere dovuta ad arteriosclerosi e/o cardiopatie, soprattutto se sono
presenti fattori di rischio quali ipertensione arteriosa, diabete e
dislipidemie. Altre cause da ricordare sono l'arteriosclerosi generalizzata,
l'insufficienza carotidea, la vasocostrizione dell'arteria cerebellare
postero-inferiore o delle arterie terminali che vanno ad irrorare il labirinto
stesso (arteriosclerosi locale, spasmo dell'arteria uditiva interna o della vena
emissaria vestibolare). Non rara è l'insorgenza nei soggetti anziani di episodi
di vertigine benigna che sono caratterizzati da attacchi parossistici che
insorgono all'improvviso e poi si placano fino al momento in cui non si verifica
un'altra serie di episodi acuti. Questi durano da qualche secondo ad un minuto e
si accompagnano raramente a nausea o vomito.
Pur
essendo la sintomatologia di solito lieve, negli anziani può essere grave e
invalidante e necessitare quindi di una terapia continua o intermittente con
farmaci antivertiginosi. Questa forma va distinta dalla vertigine posturale,
conseguenza del passaggio alla posizione eretta da quella orizzontale, e che,
come abbiamo ricordato, può essere dovuta a variazioni della pressione
arteriosa o ad insufficienza vascolare.
Nel
caso di una sintomatologia costante si deve creare una condizione patologica
stabile che frequentemente nell'anziano è data da una degenerazione
dell'apparato vestibolare. È
stata notata in particolare una riduzione delle cellule ciliate delle macule e
delle creste ampollari, delle cellule sensoriali vestibolari, soprattutto del
tipo I, e delle fibre nervose del nervo vestibolare (Rosenhall, 1973; Engstrom,
1977).
Naturalmente,
anche nell'anziano possono verificarsi condizioni patologiche quali la malattia
di Ménière, anche se più raramente rispetto ad altre età. Altre cause da
tenere in considerazione sono i tumori della fossa cranica posteriore e i
neurinomi dell'acustico.
Non
raramente, infine, una sintomatologia vertiginosa si accompagna ad un
trattamento anti-ipertensivo, per una minore funzionalità dei meccanismi di
compenso, o ad una terapia con farmaci neurolettici.
In
caso di disequilibrio, gli esami che normalmente vengono effettuati per il
riscontro di vertigine (esame audiovestibolare, elettronistagmografia,
potenziali evocati del tronco) non portano alcun contributo. Tale constatazione
non deve far escludere tuttavia la sintomatologia riferita, in quanto allo stato
attuale non abbiamo a disposizione nessun mezzo diagnostico che permetta di
constatare la sede del danno che, verosimilmente, in caso di disequilibrio è da
interpretare come un processo di invecchiamento di tutto il sistema che regola
la funzione dell'equilibrio. A conferma di ciò è la presenza del disturbo
spesso in associazione con processi involutivi clinicamente dimostrabili.
Talora, il disequilibrio può essere riferito da persone anziane senza altri
segni di invecchiamento, in questi casi è opportuno sospettare una natura
psichica del disturbo che spesso è databile in epoche precedenti.
Occorre
allora prendere in considerazione lo stato di tensione-ansia, la sindrome da
iperventilazione, le nevrosi. Il meccanismo fondamentale di queste cause
psichiche è un'aumentata stimolazione del sistema nervoso simpatico; ne
consegue iperventilazione che può scatenare vertigine o senso di barcollamento.
Nelle persone anziane la causa più comune sembra essere la nevrosi
ansioso-depressiva.
Non
bisogna dimenticare che la vertigine è un sintomo che suscita sgomento e paura
per cui prima di porre una diagnosi differenziale fra vertigine psicogena e
somatica bisogna alleviare il più possibile il timore e l'ansia che ne
conseguono. Per questo è molto importante instaurare un valido rapporto
medico-paziente.
Il
trattamento delle vertigini nell'anziano non si discosta da quello
precedentemente enunciato, tenendo però presenti gli effetti collaterali dei
farmaci indicati che nell'anziano possono essere particolarmente fastidiosi.
Per
gli antistaminici, essi sono riconducibili essenzialmente ad azioni di tipo
parasimpaticolitico e centrali (sonnolenza, secchezza delle fauci, disturbi
dell'accomodazione).
Somministrazioni
prolungate di elevati dosaggi di flunarizina possono evidenziare parkinsonismi
latenti o scatenare sindromi depressive forse legate alle affinità strutturali
fra tale farmaco ed i neurolettici.
Le
fenotiazine, in particolare quelle a nucleo piperazinico, possono provocare
gravi manifestazioni extrapiramidali di tipo parkinsoniano e sindromi
dislettiche. Tali fenomeni sono legati sia alla lenta eliminazione del farmaco,
e quindi ad accumulo, sia alla necessità di ricorrere a dosaggi elevati per
ottenere gli effetti desiderati.
trattati:
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articoli
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g.
sideri
Dipartimento di
Scienze Neurologiche
Università “La
Sapienza”, Roma
m. felici
Università “La
Sapienza”, Roma
m. gennaio
Università “La
Sapienza”, Roma
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