L’esposizione a radiazioni per scopi diagnostici potrebbe essere associata a un
aumentato rischio di tumori.
Un gruppo di Ricercatori irlandesi ha condotto uno studio clinico con lo scopo
di esaminare l’uso delle tecniche di imaging nella malattia di Crohn,
quantificare la dose efficace cumulativa ( CED ) di radiazioni diagnostiche
ricevuta dai pazienti e identificare i pazienti a maggior rischio di esposizione
ad alti livelli di radiazioni diagnostiche.
Sono stati identificati 409 pazienti con malattia di Crohn per i quali la CED è
stata calcolata in maniera retrospettiva dalle immagini ottenute tra il luglio
1992 e il giugno 2007.
È stata definita alta esposizione una CED > 75 mSv, un livello di esposizione
che secondo le conoscenze attuali, porta a un aumento del 7.3% della mortalità
per tumore.
Per 399 pazienti erano disponibili dati completi e 45 pazienti sono stati
esclusi ( 20 trattati al di fuori del periodo di studio e 25 seguiti
principalmente in altri centri ).
L’uso della tomografia computerizzata è aumentato significativamente e
rappresenta il 77.2% delle radiazioni diagnostiche.
La CED media è stata di 36.1 mSv e ha superato i 75 mSv nel 15.5% dei pazienti.
Fattori associati a un’alta esposizione cumulativa sono: età < 17 anni alla
diagnosi ( odds ratio ( OR ): 2.1 ); malattia del tratto intestinale superiore (
OR: 2.4 ), malattia penetrante ( OR: 2.0 ) e necessità di trattamento steroideo
intravenoso ( OR: 3.7 ), Infliximab ( OR: 2.3 ) o più di un intervento
chirurgico ( OR: 2.7 ).
Sottogruppi identificabili di pazienti con la malattia di Crohn sono a rischio
di esposizione a quantità significative di radiazioni diagnostiche.
Dato il rischio di base di neoplasia ed esposizione ad agenti potenzialmente
sinergici come gli analoghi purinici e altri immunomodulatori, i Centri
specialistici dovrebbero sviluppare dei protocolli di imaging a basse
radiazioni. ( 2008 )
Desmond AN et al, Gut 2008; 57: 1524-1529
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