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ACLASTA 5 MG SOLUZIONE PER INFUSIONE.
Ogni flacone con 100 ml di soluzione contiene 5 mg di acido zoledronico (come monoidrato).
Ogni ml della soluzione contiene 0,05 mg di acido zoledronico anidro corrispondenti a 0,0533 mg di acido zoledronico monoidrato.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Soluzione per infusione
Soluzione limpida ed incolore.
Trattamento dell’osteoporosi
• nelle donne in post-menopausa
• negli uomini ad aumentato rischio di fratture, compresi quelli con una recente frattura dell’anca da trauma lieve.
Trattamento dell’osteoporosi associata a terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi
• in donne in post-menopausa
• in uomini ad aumentato rischio di frattura.
Trattamento del morbo di Paget osseo in adulti.
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Posologia
Per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, dell’osteoporosi nell’uomo e per il trattamento dell’osteoporosi associata a terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi, la dose raccomandata è una singola infusione endovenosa di Aclasta 5 mg somministrata una volta all’anno.
Nei pazienti con una recente frattura dell’anca da trauma lieve, si raccomanda la somministrazione per infusione di Aclasta dopo due o più settimane dalla guarigione della frattura dell’anca (vedere paragrafo 5.1).
Per il trattamento del morbo di Paget, Aclasta deve essere prescritto solo da medici esperti nel trattamento del morbo di Paget osseo. La dose raccomandata è una singola infusione endovenosa di Aclasta 5 mg.
Ritrattamento del morbo di Paget: non sono disponibili dati specifici sul ritrattamento. Nel morbo di Paget, dopo un singolo trattamento con Aclasta, è stato osservato un periodo di remissione prolungato nei pazienti rispondenti. Tuttavia, il ritrattamento con Aclasta può essere considerato in pazienti che hanno una recidiva sulla base di aumenti della fosfatasi alcalina sierica, in pazienti che non hanno raggiunto la normalizzazione della fosfatasi alcalina sierica o in pazienti con sintomi, come dettato dalla pratica medica (vedere paragrafo 5.1).
I pazienti devono essere idratati adeguatamente prima della somministrazione di Aclasta. Ciò è particolarmente importante per gli anziani e per i pazienti in terapia con diuretici.
Si raccomanda di associare alla somministrazione di Aclasta un adeguato supplemento di calcio e vitamina D. In aggiunta, ai pazienti affetti da morbo di Paget, è fortemente consigliato garantire un adeguato supplemento di calcio corrispondente ad almeno 500 mg di calcio due volte al giorno almeno nei 10 giorni successivi alla somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.4).
Nei pazienti con una recente frattura dell’anca da trauma lieve, si raccomanda la somministrazione di una dose di carico da 50.000 a 125.000 UI di vitamina D, somministrata per via orale o per via intramuscolare, precedente alla prima infusione di Aclasta.
L’incidenza dei sintomi post-dose che si verificano nei primi tre giorni successivi alla somministrazione di Aclasta può essere ridotta con la somministrazione di paracetamolo o ibuprofene poco dopo l’assunzione di Aclasta.
Pazienti con compromissione della funzionalità renale
L’impiego di Aclasta non è raccomandato nei pazienti con clearance della creatinina <35 ml/min a causa della limitata esperienza clinica in questa popolazione (vedere paragrafo 4.4).
Nei pazienti con clearance della creatinina ≥35 ml/min non è necessario un aggiustamento della dose.
Pazienti con compromissione della funzionalità epatica
Non è richiesto un aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).
Anziani (≥65 anni)
Poichè la biodisponibilità, la distribuzione e l’eliminazione erano simili nei pazienti anziani e nei soggetti più giovani, non è necessario un aggiustamento della dose.
Popolazione pediatrica
La sicurezza e l’efficacia di Aclasta nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni non sono state stabilite.
Modo di somministrazione
Uso endovenoso.
Aclasta (5 mg in 100 ml di soluzione pronta per l’infusione) è somministrato attraverso una linea infusionale con membrana di ventilazione a velocità di infusione costante. Il tempo di infusione non deve essere inferiore a 15 minuti. Per informazioni sulla modalità di infusione di Aclasta, vedere il paragrafo 6.6.
- Ipersensibilità al principio attivo, a qualsiasi bisfosfonato o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
- Pazienti con ipocalcemia (vedere paragrafo 4.4).
- Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6).
La dose di 5 mg di acido zoledronico deve essere somministrata in almeno 15 minuti.
Aclasta non è raccomandato in pazienti con grave compromissione della funzionalità renale (clearance della creatinina <35 ml/min) a causa di una limitata esperienza clinica in questa popolazione. Prima della somministrazione di Aclasta, i pazienti devono essere sottoposti a controllo del livello di creatinina sierica.
Prima della somministrazione di Aclasta i pazienti devono essere idratati adeguatamente. Ciò è particolarmente importante per gli anziani e per i pazienti in terapia con diuretici. Usare cautela se Aclasta è somministrato in associazione a prodotti medicinali che possono avere un impatto significativo sulla funzionalità renale (ad esempio aminoglicosidi o diuretici che possono causare disidratazione), vedere paragrafo 4.5.
Un’ipocalcemia preesistente deve essere trattata con un’adeguata somministrazione di calcio e vitamina D prima di iniziare la terapia con Aclasta (vedere paragrafo 4.3). Anche altre alterazioni del metabolismo minerale devono essere adeguatamente trattate, (ad es. ridotta riserva paratiroidea, malassorbimento intestinale del calcio). Per questi pazienti i medici devono valutare la possibilità del monitoraggio clinico.
Un elevato ricambio osseo è una caratteristica del morbo di Paget osseo. A causa della rapida insorgenza dell’effetto dell’acido zoledronico sul ricambio osseo, si può sviluppare un’ipocalcemia transitoria, talvolta sintomatica, che raggiunge i massimi livelli solitamente nei 10 giorni successivi all’infusione di Aclasta (vedere paragrafo 4.8).
Si raccomanda di associare alla somministrazione di Aclasta un adeguato supplemento di calcio e vitamina D. In aggiunta, ai pazienti affetti dal morbo di Paget, è fortemente consigliato garantire un adeguato supplemento di calcio corrispondente ad almeno 500 mg di calcio due volte al giorno almeno nei 10 giorni successivi alla somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.2). I pazienti devono essere informati sui possibili sintomi causati dall’ipocalcemia e devono essere monitorati adeguatamente da un punto di vista clinico durante il periodo a rischio. Nei pazienti affetti dal morbo di Paget si raccomanda di misurare il calcio sierico prima dell’infusione di Aclasta.
Nei pazienti in trattamento con bisfosfonati, compreso Aclasta, è stato riportato non frequentemente dolore severo e occasionalmente invalidante alle ossa, alle articolazioni e/o ai muscoli (vedere paragrafo 4.8).
Aclasta contiene lo stesso principio attivo presente in Zometa (acido zoledronico), utilizzato per indicazioni oncologiche e pertanto un paziente in trattamento con Zometa non deve essere trattato con Aclasta.
Osteonecrosi della mandibola
È stata riportata osteonecrosi della mandibola principalmente in pazienti oncologici in regimi di trattamento che comprendevano bisfosfonati e l’acido zoledronico. Molti di questi pazienti erano in trattamento anche con chemioterapici e con corticosteroidi. La maggioranza dei casi segnalati è stata associata a procedure dentarie come estrazioni dentarie. Molti mostravano segni di infezioni localizzate comprendenti osteomielite. Prima di iniziare il trattamento con bisfosfonati in pazienti con fattori di rischio concomitanti (ad esempio diagnosi di cancro, chemioterapia, corticosteroidi, scarsa igiene orale) si deve considerare di effettuare un esame odontoiatrico con le appropriate procedure odontoiatriche preventive. Nel corso del trattamento, questi pazienti devono evitare, se possibile, procedure dentarie invasive. Nei pazienti che sviluppano osteonecrosi della mandibola durante il trattamento con bisfosfonati, interventi di chirurgia dentale possono esacerbare questa condizione. Per i pazienti che necessitano di procedure odontoiatriche, non ci sono dati disponibili che suggeriscano che l’interruzione del trattamento con bisfosfonati riduca il rischio di osteonecrosi della mandibola. Il giudizio clinico del medico curante deve guidare il programma di gestione di ogni singolo paziente sulla base della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio.
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Non sono stati effettuati studi di interazione con altri medicinali. L’acido zoledronico non è metabolizzato a livello sistemico e non influenza in vitro l’attività degli enzimi del citocromo P450 umano (vedere paragrafo 5.2). L’acido zoledronico non si lega ampiamente alle proteine plasmatiche (circa il 43-55% del farmaco risulta legato) e pertanto sono improbabili interazioni derivanti dallo spiazzamento di farmaci con elevato legame alle proteine.
L’acido zoledronico è eliminato per escrezione renale. Usare cautela se Aclasta viene somministrato in associazione a prodotti medicinali che possono avere un impatto significativo sulla funzionalità renale (ad esempio aminoglicosidi o diuretici che possono causare disidratazione) (vedere paragrafo 4.4).
Gravidanza
Non vi sono dati adeguati riguardanti l’uso dell’acido zoledronico in donne in gravidanza. Gli studi condotti su animali con acido zoledronico hanno evidenziato una tossicità riproduttiva comprese malformazioni (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.
Allattamento
Non è noto se l’acido zoledronico sia escreto nel latte umano. Aclasta è controindicato in gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.3).
Donne potenzialmente fertili
Aclasta non è raccomandato in donne in età fertile.
Fertilità
L’acido zoledronico è stato valutato nei ratti per potenziali effetti avversi sulla fertilità dei genitori e della generazione F1. Ciò ha avuto come conseguenza accentuati effetti farmacologici considerati correlati all’inibizione della mobilizzazione del calcio scheletrico da parte del composto, risultanti in ipocalcemia durante il periparto, un effetto di classe dei bisfosfonati, distocia e conclusione anticipata dello studio. Questi risultati non consentono quindi di determinare un effetto definitivo di Aclasta sulla fertilità negli esseri umani.
Reazioni avverse, come per esempio capogiri, possono alterare la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari, tuttavia non sono stati effettuati studi su questo effetto con Aclasta.
La percentuale complessiva di pazienti che hanno manifestato reazioni avverse era pari rispettivamente a 44,7%, 16,7% e 10,2% dopo la prima, la seconda e la terza infusione. L’incidenza di reazioni avverse individuali in seguito alla prima infusione era: febbre (17,1%), mialgia (7,8%), sintomi simil-influenzali (6,7%), artralgia (4,8%) e cefalea (5,1%). L’incidenza di queste reazioni è diminuita marcatamente con dosi successive di Aclasta. La maggior parte di queste reazioni si è verificata nei primi tre giorni successivi alla somministrazione di Aclasta. La maggior parte di queste reazioni è risultata da lieve a moderata e si è risolta entro tre giorni dalla comparsa dell’evento. In uno studio di dimensioni più ridotte dove è stata effettuata la profilassi delle reazioni avverse come di seguito descritta, la percentuale di pazienti che hanno manifestato reazioni avverse è stata inferiore (rispettivamente del 19,5%, 10,4%, 10,7% dopo la prima, la seconda e la terza infusione).
L’incidenza delle reazioni avverse verificatisi nei primi tre giorni successivi alla somministrazione di Aclasta può essere ridotta con la somministrazione di paracetamolo o ibuprofene poco dopo l’assunzione di Aclasta (vedere paragrafo 4.2).
Nello studio HORIZON - Pivotal Fracture Trial [PFT] (vedere paragrafo 5.1), l’incidenza complessiva della fibrillazione atriale era pari al 2,5% (96 su 3.862) e 1,9% (75 su 3.852) in pazienti in trattamento rispettivamente con Aclasta e placebo. La percentuale di eventi avversi seri di fibrillazione atriale aumentava nei pazienti in trattamento con Aclasta (1,3%) (51 su 3.862) rispetto ai pazienti che ricevevano placebo (0,6%) (22 su 3.852). Il meccanismo dietro l’aumentata incidenza di fibrillazione atriale è sconosciuto. Negli studi sull’osteoporosi (PFT, HORIZON - Recurrent Fracture Trial [RFT]) l’incidenza cumulativa della fibrillazione atriale è stata paragonabile tra Aclasta (2,6%) e placebo (2,1%). Per gli eventi avversi seri di fibrillazione atriale l’incidenza complessiva è stata pari a 1,3% per Aclasta e a 0,8% per il placebo.
Le reazioni avverse nella Tabella 1 sono elencate secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi e categoria di frequenza. Le categorie di frequenza sono definite usando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.
Tabella 1
Infezioni ed infestazioni | Non comune | Influenza, nasofaringite |
Patologie del sistema emolinfopoietico | Non comune | Anemia |
Disturbi del sistema immunitario | Non nota ** | Reazioni di ipersensibilità compresi rari casi di broncocostrizione, orticaria e angioedema e casi molto rari di reazione/shock |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Comune | Ipocalcemia * |
Non comune | Anoressia, diminuzione dell’appetito |
Disturbi psichiatrici | Non comune | Insonnia |
Patologie del sistema nervoso | Comune | Cefalea, capogiri |
Non comune | Letargia, parestesia, sonnolenza, tremori, sincope, disgeusia |
Patologie dell'occhio | Comune | Iperemia oculare |
Non comune | Congiuntivite, dolore oculare |
Raro | Uveite, episclerite, irite |
Patologie dell’orecchio e del labirinto | Non comune | Vertigine |
Patologie cardiache | Comune | Fibrillazione atriale |
Non comune | Palpitazioni |
Patologie vascolari | Non comune | Ipertensione, vampate |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Non comune | Tosse, dispnea |
Patologie gastrointestinali | Comune | Nausea, vomito, diarrea |
Non comune | Dispepsia, dolore addominale superiore, dolore addominale, malattia da reflusso gastroesofageo, stipsi, secchezza delle fauci, esofagite, mal di denti, gastrite # |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Non comune | Eruzione cutanea, iperidrosi, prurito, eritema |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Comune | Mialgia, artralgia, dolore osseo, dolore dorsale, dolore alle estremità |
Non comune | Dolore al collo, rigidità muscoloscheletrica, gonfiore articolare, spasmi muscolari, dolore alle spalle, dolore toracico muscoloscheletrico, dolore muscoloscheletrico, rigidità articolare, artrite, debolezza muscolare |
Patologie renali e urinarie | Non comune | Aumento della creatininemia, pollachiuria, proteinuria |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Molto comune | Febbre |
Comune | Sintomi simil-influenzali, brividi, affaticamento, astenia, dolore, malessere, reazione al sito d’infusione |
Non comune | Edema periferico, sete, reazione di fase acuta, dolore toracico non cardiaco |
Esami diagnostici | Comune | Aumento della proteina C reattiva |
Non comune | Diminuzione del calcio nel sangue |
# Osservato in pazienti che assumevano in concomitanza glucocorticoidi.
* Comune solo nel morbo di Paget.
** Sulla base delle segnalazioni post-marketing. Poiché questi casi si riferiscono ad una popolazione di incerta numerosità e sono soggetti a fattori confondenti, non è possibile stimare in modo attendibile la loro frequenza o stabilire una relazione causale con l’esposizione al medicinale.
Effetti di classe:
Alterata funzionalità renale
L’acido zoledronico è stato associato a disfunzione renale evidenziata dal deterioramento della funzionalità renale (ovvero aumento della creatinina sierica) e in rari casi da insufficienza renale acuta. In seguito a somministrazione di acido zoledronico, soprattutto in pazienti con preesistente compromissione della funzionalità renale o con ulteriori fattori di rischio (ad esempio pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia, cure concomitanti nefrotossiche, grave disidratazione) si è osservata un’alterazione della funzionalità renale. Nella maggioranza dei casi questi pazienti avevano ricevuto una dose di 4 mg ogni 3-4 settimane, ma l’alterazione è stata rilevata anche dopo una singola somministrazione.
In studi clinici sull’osteoporosi, le variazioni di clearance della creatinina (misurate annualmente prima del dosaggio) e l’incidenza dell’insufficienza e della compromissione renale sono risultate paragonabili in entrambi i gruppi di trattamento con Aclasta e placebo nell’arco dei tre anni. Si è verificato un aumento transitorio della creatinina sierica osservato nei primi 10 giorni nell’1,8% delle pazienti trattate con Aclasta rispetto allo 0,8% delle pazienti trattate con placebo.
Ipocalcemia
In studi clinici sull’osteoporosi, circa lo 0,2% delle pazienti ha mostrato una considerevole diminuzione dei livelli di calcio sierico (meno di 1,87 mmol/l) in seguito a somministrazione di Aclasta. Non sono stati osservati casi sintomatici di ipocalcemia.
Negli studi sul morbo di Paget, l’ipocalcemia sintomatica è stata osservata nell’1% circa dei pazienti, recedendo in tutti i casi.
Sulla base di valori di laboratorio, livelli di calcio transitori asintomatici sotto l’intervallo di riferimento normale (meno di 2,10 mmol/l) si sono verificati nel 2,3% dei pazienti trattati con Aclasta in uno studio clinico di grandi dimensioni rispetto al 21% dei pazienti trattati con Aclasta negli studi sul morbo di Paget. La frequenza dell’ipocalcemia era molto più bassa in seguito a infusioni successive.
È stato somministrato un adeguato supplemento di vitamina D e di calcio a tutti i pazienti arruolati nello studio sull’osteoporosi post-menopausale, nello studio sulla prevenzione delle fratture cliniche dopo frattura dell’anca e negli studi sul morbo di Paget (vedere anche paragrafo 4.2). Nello studio sulla prevenzione delle fratture cliniche dopo una recente frattura dell’anca, non sono stati misurati di routine i livelli di vitamina D ma la maggioranza dei pazienti aveva ricevuto una dose di carico di vitamina D prima della somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.2).
Reazioni locali
In uno studio clinico di grandi dimensioni sono state riportate reazioni locali nel sito di infusione (0,7%) come rossore, gonfiore e/o dolore dopo la somministrazione dell’acido zoledronico.
Osteonecrosi della mandibola
Non comunemente, sono stati riportati casi di osteonecrosi (soprattutto della mandibola), principalmente in pazienti oncologici in trattamento con bisfosfonati, compreso l’acido zoledronico. Molti di questi pazienti mostravano segni di infezioni localizzate comprendenti osteomielite, e la maggioranza delle segnalazioni si riferiva a pazienti oncologici che erano stati sottoposti a estrazioni dentarie o altro tipo di chirurgia dentale. L’osteonecrosi della mandibola ha diversi fattori di rischio ben documentati che includono diagnosi di cancro, terapie concomitanti (ad esempio chemioterapia, radioterapia, corticosteroidi) e condizioni di co-morbidità (ad esempio anemia, coaugulopatie, infezioni, malattia dentale pre-esistente). Sebbene non sia stato stabilito un nesso di causalità, è prudente evitare interventi di chirurgia dentale poiché il recupero può essere prolungato (vedere paragrafo 4.4). In uno studio clinico di grandi dimensioni condotto in 7.736 pazienti è stata riportata osteonecrosi della mandibola in un paziente trattato con Aclasta e in uno trattato con placebo. In entrambi i casi vi è stata remissione.
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L’esperienza clinica con sovradosaggio acuto è limitata. Pazienti che sono stati trattati con dosi superiori a quelle raccomandate devono essere monitorati con particolare attenzione. In caso di sovradosaggio che comporti un’ipocalcemia clinicamente significativa, può essere effettuata una terapia sintomatica mediante la somministrazione di un supplemento di calcio per via orale e/o di calcio gluconato per infusione endovenosa.
Categoria farmacoterapeutica: Farmaci per il trattamento delle malattie delle ossa, bisfosfonati, codice ATC: M05BA08
Meccanismo di azione
L’acido zoledronico appartiene alla classe dei bisfosfonati contenenti azoto ed agisce principalmente sul tessuto osseo. E’ un inibitore del processo di riassorbimento del tessuto osseo mediato dagli osteoclasti.
Effetti farmacodinamici
L’azione selettiva dei bisfosfonati sull’osso è dovuta alla loro elevata affinità per l’osso mineralizzato.
Il principale target molecolare dell’acido zoledronico è l’enzima farnesil pirofosfato sintetasi nell’osteoclasta. La lunga durata d’azione dell’acido zoledronico è attribuibile alla sua elevata affinità di legame per il sito attivo della farnesil pirofosfato (FPP) sintetasi e alla sua forte affinità nei confronti dell’osso mineralizzato.
Il trattamento con Aclasta ha ridotto rapidamente il tasso di turnover osseo dagli elevati livelli post-menopausali con il nadir dei marker di riassorbimento osservato al giorno 7 e dei marker di formazione alla settimana 12. Successivamente i marker ossei si sono stabilizzati nei range pre-menopausali. Non si è verificata riduzione progressiva dei marker di turnover osseo con dosaggio annuale ripetuto.
Efficacia clinica nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale (PFT)
L’efficacia e la sicurezza di Aclasta 5 mg una volta all’anno per 3 anni consecutivi sono state dimostrate in donne in post-menopausa (7.736 donne di età 65-89 anni) con: T-score della densità minerale ossea (BMD) del collo femorale ≤ -1,5 e almeno due fratture vertebrali pre-esistenti lievi o una moderata; oppure T-score della BMD del collo femorale ≤ -2,5 con o senza evidenza di fratture vertebrali pre-esistenti. L’85% dei pazienti era al primo trattamento con bisfosfonati. Le donne valutate per l’incidenza di fratture vertebrali non hanno ricevuto terapia concomitante per l’osteoporosi, che era invece concessa alle donne valutate per le fratture all’anca e tutte le fratture cliniche. La terapia concomitante per l’osteoporosi ha compreso: calcitonina, raloxifene, tamoxifene, terapia ormonale sostitutiva, tibolone; ma ha escluso altri bisfosfonati. Tutte le donne hanno ricevuto giornalmente da 1.000 a 1.500 mg di calcio elementare e da 400 a 1.200 UI di supplemento di vitamina D.
Effetto sulle fratture vertebrali morfometriche
Aclasta ha ridotto in modo significativo l’incidenza di una o più nuove fratture vertebrali in tre anni e già alla rilevazione del primo anno (vedere Tabella 2).
Tabella 2 Riassunto dell’efficacia nelle fratture vertebrali a 12, 24 e 36 mesi
Risultati | Aclasta (%) | Placebo (%) | Riduzione assoluta nell’incidenza di frattura (%) (CI) | Riduzione relativa nell’incidenza di frattura (%) (CI) |
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-1) | 1,5 | 3,7 | 2,2 (1,4, 3,1) | 60 (43, 72)** |
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-2) | 2,2 | 7,7 | 5,5 (4,4, 6,6) | 71 (62, 78)** |
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-3) | 3,3 | 10,9 | 7,6 (6,3, 9,0) | 70 (62, 76)** |
** p <0,0001 |
I pazienti di età maggiore o uguale a 75 anni trattati con Aclasta hanno mostrato una riduzione del rischio di fratture vertebrali del 60% rispetto ai pazienti trattati con placebo (p<0,0001).
Effetto sulle fratture all’anca
Aclasta ha dimostrato un consistente effetto in 3 anni determinando una riduzione del 41% nel rischio di fratture all’anca (95% CI, da 17% a 58%). Il tasso degli episodi di frattura all’anca è stato 1,44% nel gruppo trattato con Aclasta, rispetto al 2,49% nel gruppo trattato con placebo. La riduzione del rischio è stata del 51% nei pazienti al primo trattamento con bisfosfonati e del 42% nei pazienti a cui era stata concessa l’assunzione della terapia concomitante per l’osteoporosi.
Effetto su tutte le fratture cliniche
Tutte le fratture cliniche sono state esaminate sulla base di evidenze radiografiche e/o cliniche. Un riassunto dei risultati è presentato nella Tabella 3.
Tabella 3 Confronto tra trattamenti nell’incidenza delle variabili delle principali fratture cliniche in 3 anni
Risultati | Aclasta (N=3.875) tasso evento (%) | Placebo (N=3.861) tasso evento (%) | Riduzione assoluta del tasso di evento frattura (%) (CI) | Riduzione relativa del rischio nell’incidenza della frattura (%) (CI) |
Qualsiasi frattura clinica (1) | 8,4 | 12,8 | 4,4 (3,0, 5,8) | 33 (23, 42)** |
Frattura vertebrale clinica (2) | 0,5 | 2,6 | 2,1 (1,5, 2,7) | 77 (63, 86)** |
Frattura non vertebrale (1) | 8,0 | 10,7 | 2,7 (1,4, 4,0) | 25 (13, 36)* |
*valore p <0,001, **valore p <0,0001 |
(1) Eccetto fratture viso, dita mani e dita piedi. |
(2) Comprese fratture vertebrali cliniche toraciche e cliniche lombari. |
Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)
Aclasta ha aumentato in modo significativo il valore della BMD a colonna lombare, anca e radio distale in relazione al trattamento con placebo su tutti i timepoints (6, 12, 24 e 36 mesi). Il trattamento con Aclasta ha evidenziato un aumento del 6,7% della BMD alla colonna lombare, del 6,0% all’anca totale, del 5,1% al collo femorale e del 3,2% al radio distale nel confronto con placebo nei 3 anni di trattamento.
Istologia ossea
In 152 pazienti in post-menopausa con osteoporosi trattate con Aclasta (N=82) e placebo (N=70), le biopsie ossee sono state ottenute dalla cresta iliaca 1 anno dopo la terza dose annuale. L’analisi istomorfometrica ha mostrato una riduzione del 63% del turnover osseo. Nelle pazienti trattate con Aclasta non sono state rilevate osteomalacia, fibrosi cistica e formazione di woven bone. Con l’eccezione di un caso, il marcatore delle tetracicline è stato rintracciato in tutte le 82 biopsie eseguite sulle pazienti trattate con Aclasta. La tomografia microcomputerizzata (mcCT) ha dimostrato un aumento del volume dell’osso trabecolare e il mantenimento dell’architettura dell’osso trabecolare nelle pazienti trattate con Aclasta in confronto al gruppo trattato con placebo.
Marker di turnover osseo
Sono state eseguite valutazioni di fosfatasi alcalina osso-specifica (BALP), propeptide sierico N-terminale del collagene di tipo I (P1NP) e telopeptidi beta-C (b-CTx) sierici in sottogruppi da 517 a 1.246 pazienti ad intervalli periodici nel corso dello studio. Il trattamento con una dose annuale di 5 mg di Aclasta ha ridotto in modo significativo la BALP del 30% rispetto al valore basale a 12 mesi, mantenuto al 28% sotto il livello basale a 36 mesi. Il P1NP è diminuito significativamente del 61% al di sotto del livello basale a 12 mesi e si è mantenuto al 52% al di sotto del livello basale a 36 mesi. Il b-CTx è risultato ridotto in modo significativo del 61% rispetto al livello basale a 12 mesi e si è mantenuto al 55% al di sotto dei livelli basali a 36 mesi. In tutto il periodo di tempo osservato i marker di turnover osseo sono rimasti all’interno del range pre-menopausale alla fine di ogni anno. La ripetizione del dosaggio non ha provocato ulteriori riduzioni dei marker di turnover osseo.
Effetto sulla statura
Nello studio di tre anni sull’osteoporosi, è stata misurata annualmente la statura in posizione eretta con l’ausilio di uno stadiometro. Il gruppo trattato con Aclasta ha evidenziato circa 2,5 mm in meno di riduzione della statura rispetto al gruppo trattato con placebo (95% CI: 1,6 mm, 3,5 mm) [p=0,0001].
Giorni di disabilità
Rispetto a placebo, Aclasta ha ridotto in modo significativo la media dei giorni di attività ridotta e dei giorni di riposo a letto dovuti a dolore lombare rispettivamente di 17,9 giorni e di 11,3 giorni, riducendo altresì la media dei giorni di attività ridotta e dei giorni di riposo a letto dovuti a fratture rispettivamente di 2,9 giorni e di 0,5 giorni in confronto con placebo (p=0,01).
Efficacia clinica nel trattamento dell’osteoporosi in pazienti ad aumentato rischio di fratture dopo una recente frattura dell’anca (RFT)
L’incidenza di fratture cliniche, vertebrali, non vertebrali e fratture dell’anca incluse, è stata valutata in 2.127 uomini e donne di età compresa tra 50-95 anni (età media 74,5 anni) con una recente (entro 90 giorni) frattura dell’anca da trauma lieve che erano stati seguiti per una media di 2 anni nell’ambito di uno studio. In circa il 42% dei pazienti il T-score del collo del femore era inferiore a -2,5 e in circa il 45% dei pazienti il T-score del collo del femore era superiore a -2,5. Aclasta è stato somministrato una volta all’anno, finchè le fratture cliniche sono state confermate in almeno 211 pazienti della popolazione in studio. I livelli di vitamina D non sono stati misurati di routine ma è stata somministrata alla maggioranza dei pazienti 2 settimane prima dell’infusione una dose di carico di vitamina D (da 50.000 a 125.000 UI per via orale o per via intramuscolare). Tutti i partecipanti avevano assunto giornalmente da 1.000 a 1.500 mg di calcio elementare più da 800 a 1.200 UI di supplemento di vitamina D. Il 95% dei pazienti aveva ricevuto l’infusione dopo due o più settimane dalla riparazione della frattura dell’anca e il tempo mediano dell’infusione era di circa sei settimane dopo la riparazione della frattura dell’anca. La variabile primaria di efficacia è stata l’incidenza di fratture cliniche per tutta la durata dello studio.
Effetto su tutte le fratture cliniche
Le percentuali di incidenza delle principali variabili di frattura clinica sono presentate nella Tabella 4.
Tabella 4 Confronto tra trattamenti nell’incidenza delle principali variabili di frattura clinica
Risultato | Aclasta (N=1.065) tasso evento (%) | Placebo (N=1.062) tasso evento (%) | Riduzione assoluta della frequenza di eventi fratturativi (%) (CI) | Riduzione del rischio relativo dell’incidenza di frattura (%) (CI) |
Qualsiasi frattura clinica (1) | 8,6 | 13,9 | 5,3 (2,3, 8,3) | 35 (16, 50) ** |
Frattura clinica vertebrale (2) | 1,7 | 3,8 | 2,1 (0,5, 3,7) | 46 (8, 68) * |
Frattura clinica non vertebrale (1) | 7,6 | 10,7 | 3,1 (0,3, 5,9) | 27 (2, 45) * |
* p-value <0,05, ** p-value <0,01 |
(1) Eccetto fratture delle dita delle mani, dei piedi e facciali |
(2) Comprese fratture cliniche vertebrali toraciche e lombari |
Lo studio non era stato disegnato per misurare differenze significative nella frattura dell’anca ma è stato osservato un andamento a favore della riduzione di nuove fratture dell’anca.
Nel gruppo di trattamento Aclasta tutte le cause di mortalità sono risultate il 10% (101 pazienti) rispetto al 13% (141 pazienti) nel gruppo placebo. Ciò corrisponde ad una riduzione del rischio di tutte le cause di mortalità del 28% (p=0,01).
L’incidenza di un ritardo della guarigione delle fratture dell’anca è stato confrontabile tra Aclasta (34 [3,2%]) e placebo (29 [2,7%]).
Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)
Nello studio HORIZON-RFT il trattamento con Aclasta ha aumentato in modo significativo il valore della BMD dell’anca totale e del collo femorale in relazione al trattamento con placebo su tutti i timepoints. Il trattamento con Aclasta ha evidenziato un aumento del 5,4% della BMD dell’anca totale e del 4,3% del collo femorale nei 24 mesi di trattamento rispetto al placebo.
Efficacia clinica nell’uomo
Nello studio HORIZON-RFT sono stati randomizzati 508 uomini e 185 pazienti sono stati valutati per la BMD al mese 24. Nei pazienti trattati con Aclasta è stato osservato al mese 24 un aumento significativo simile del 3,6% della BMD dell’anca totale paragonabile agli effetti osservati nelle donne in post-menopausa nell’ambito dello studio HORIZON-PFT. Lo studio non era stato dimensionato per dimostrare una riduzione delle fratture cliniche nell’uomo; l’incidenza di fratture cliniche è stata del 7,5% negli uomini trattati con Aclasta rispetto all’8,7% nel placebo.
In un altro studio nell’uomo (studio CZOL446M2308) la percentuale di variazione della BMD della colonna vertebrale al mese 24 in relazione al basale è risultata non inferiore dopo un’infusione annuale di Aclasta rispetto ad alendronato somministrato settimanalmente.
Efficacia clinica nell’osteoporosi indotta dalla terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi
L’efficacia e la sicurezza di Aclasta nel trattamento e nella prevenzione dell’osteoporosi indotta da terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi sono state valutate in uno studio randomizzato, multicentrico, in doppio cieco, stratificato, con controllo attivo su 833 uomini e donne di età tra 18-85 anni (età media per gli uomini 56,4 anni; per le donne 53,5 anni) trattati con >7,5 mg/die di prednisone per via orale (o equivalente). I pazienti erano stati stratificati in funzione della durata del trattamento con glucocorticoidi prima della randomizzazione (≤3 mesi rispetto a >3 mesi). La durata dello studio è stata di un anno. I pazienti erano stati randomizzati ad Aclasta 5 mg singola infusione o a risedronato per via orale 5 mg al giorno per un anno. Tutti avevano ricevuto giornalmente 1.000 mg di calcio elementare più un supplemento di vitamina D da 400 a 1.000 UI. L’efficacia è stata dimostrata con un disegno di non inferiorità rispetto a risedronato mostrando in modo sequenziale la variazione percentuale della BMD alla colonna vertebrale al mese 12 rispetto al basale rispettivamente nelle sottopopolazioni trattamento e prevenzione. La maggioranza dei pazienti ha continuato l’assunzione di glucocorticoidi per la durata di un anno dello studio.
Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)
Gli aumenti della BMD alla colonna vertebrale e al collo femorale al mese 12 sono stati significativamente maggiori nel gruppo in trattamento con Aclasta rispetto a risedronato (p<0,03 per entrambe le valutazioni). Nella sottopopolazione di pazienti che aveva ricevuto glucocorticoidi per più di 3 mesi prima della randomizzazione, Aclasta ha prodotto un aumento della BMD alla colonna vertebrale del 4,06% rispetto al 2,71% di risedronato (differenza media: 1,36%; p<0,001). Nella sottopopolazione di pazienti che aveva ricevuto glucocorticoidi per 3 mesi o meno prima della randomizzazione, Aclasta ha prodotto un aumento della BMD alla colonna vertebrale del 2,60% rispetto allo 0,64% di risedronato (differenza media: 1,96%; p<0,001). Lo studio non era stato dimensionato per dimostrare una riduzione delle fratture rispetto a risedronato. L’incidenza di fratture è stata 8 per i pazienti trattati con Aclasta rispetto a 7 per i pazienti trattati con risedronato (p=0,8055).
Efficacia clinica nel trattamento del morbo di Paget osseo
Aclasta è stato studiato in pazienti di sesso maschile e femminile di età superiore a 30 anni con morbo di Paget osseo di grado principalmente da lieve a moderato (media del livello sierico di fosfatasi alcalina pari a 2,6-3,0 volte il limite superiore della norma specifico per l’età al momento dell’arruolamento nello studio) confermato da esame radiologico.
L’efficacia di un’infusione di 5 mg di acido zoledronico rispetto a dosi giornaliere di 30 mg di risedronato somministrate per 2 mesi è stata dimostrata in due studi di confronto della durata di 6 mesi. Dopo 6 mesi, Aclasta ha evidenziato percentuali pari al 96% (169/176) e 89% (156/176) di risposta terapeutica e normalizzazione della fosfatasi alcalina sierica (SAP) rispetto al 74% (127/171) e 58% (99/171) ottenute con risedronato (sempre p<0,001).
Con i risultati aggregati, è stata evidenziata per Aclasta e risedronato una diminuzione simile nei punteggi relativi alla severità del dolore e all’interferenza del dolore nell’arco dei 6 mesi rispetto al basale.
I pazienti che alla fine dei 6 mesi dello studio base erano stati classificati come rispondenti al trattamento, erano considerati idonei ad essere inseriti nel periodo di valutazione prolungata. Dei 143 pazienti trattati con Aclasta e dei 107 pazienti trattati con risedronato che sono entrati nel periodo di osservazione prolungata dello studio, 141 pazienti trattati con Aclasta hanno mantenuto la propria risposta terapeutica rispetto ai 71 pazienti trattati con risedronato, dopo una durata media del periodo di valutazione prolungata di 18 mesi dal momento della somministrazione. Ciò corrisponde ad una riduzione del 96% del rischio di ricaduta nei pazienti trattati con Aclasta rispetto ai pazienti trattati con risedronato.
L’istologia del tessuto osseo è stata valutata in 7 pazienti con morbo di Paget 6 mesi dopo il trattamento con 5 mg di acido zoledronico. I risultati della biopsia ossea hanno mostrato una qualità normale dell’osso senza evidenze di compromissione del rimodellamento osseo e senza evidenze di difetti di mineralizzazione. Questi risultati erano in accordo con il marker biochimico di evidenza di normalizzazione del ricambio osseo.
L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Aclasta in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il morbo di Paget osseo, l’osteoporosi in donne in post-menopausa ad aumentato rischio di frattura, l’osteoporosi in uomini ad aumentato rischio di frattura e la prevenzione di fratture cliniche dopo una frattura dell’anca in uomini e donne (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).
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Infusioni singole e multiple di 5 e 15 minuti di 2, 4, 8 e 16 mg di acido zoledronico in 64 pazienti hanno evidenziato i seguenti dati di farmacocinetica, indipendentemente dalla dose.
Dopo l’inizio dell’infusione di acido zoledronico, le concentrazioni plasmatiche del principio attivo sono aumentate rapidamente, raggiungendo il picco al termine del periodo di infusione, seguito da una diminuzione rapida <10% del picco dopo 4 ore e <1% del picco dopo 24 ore, con un successivo periodo prolungato di concentrazioni molto basse non superiori allo 0,1% dei livelli di picco.
Dopo somministrazione endovenosa l’acido zoledronico è eliminato attraverso un processo che si svolge in tre fasi: scomparsa rapida con un andamento bifasico dalla circolazione sistemica, con emivita di t½alfa 0,24 e t½beta 1,87 ore, seguita da una lunga fase di eliminazione con emivita terminale di eliminazione di t½gamma 146 ore. Non si è osservato accumulo di principio attivo nel plasma dopo dosi multiple somministrate ogni 28 giorni. Le fasi iniziali di predisposizione (alfa e beta con i valori di t½ di cui sopra) rappresentano presumibilmente la rapida captazione ossea e l’escrezione per via renale.
L’acido zoledronico non è metabolizzato ed è escreto immodificato per via renale. Nell’arco delle prime 24 ore, 39 ± 16% della dose somministrata viene recuperata nelle urine, mentre la parte rimanente è legata principalmente al tessuto osseo. Dal tessuto osseo il farmaco viene rilasciato molto lentamente nella circolazione sistemica ed eliminato poi per via renale. La clearance corporea totale è 5,04 ± 2,5 l/h, indipendentemente dalla dose, e non viene influenzata da sesso, età, razza o peso corporeo. La variazione della clearance plasmatica di acido zoledronico tra individui ed all’interno dello stesso individuo è risultata rispettivamente pari al 36% e 34%. L’incremento del tempo di infusione da 5 a 15 minuti ha determinato una diminuzione del 30% della concentrazione di acido zoledronico al termine dell’infusione, ma non ha avuto alcun effetto sull’area sotto la curva della concentrazione plasmatica verso il tempo.
Non sono stati effettuati studi di interazione con altri medicinali e l’acido zoledronico. Poiché l’acido zoledronico non viene metabolizzato negli esseri umani e poiché è stato riscontrato che il principio ha scarsa o nessuna capacità come inibitore ad azione diretta e/o irreversibile metabolismo-dipendente degli enzimi del P450, è improbabile che l’acido zoledronico possa ridurre la clearance metabolica delle sostanze metabolizzate attraverso i sistemi enzimatici del citocromo P450. L’acido zoledronico non è ampiamente legato alle proteine plasmatiche (legato pari a circa il 43-55%) e il legame è indipendente dalla concentrazione. Pertanto, le interazioni risultanti dallo spiazzamento di farmaci con elevato legame proteico sono improbabili.
Popolazioni speciali (vedere paragrafo 4.2)
La clearance renale dell’acido zoledronico è stata correlata alla clearance della creatinina, dal momento che la clearance renale rappresenta il 75 ± 33% della clearance della creatinina, la quale nei 64 pazienti studiati è risultata in media pari a 84 ± 29 ml/min (intervallo da 22 a 143 ml/min). I piccoli aumenti osservati nella AUC(0-24hr), tra circa il 30% e 40% nell’insufficienza renale da lieve a moderata, rispetto ai pazienti con funzione renale normale, e l’assenza di accumulo del farmaco a seguito di dosi multiple indipendentemente dalla funzione renale, suggeriscono che non sono necessari aggiustamenti della dose di acido zoledronico in caso di insufficienza renale lieve (Clcr = 50-80 ml/min) e moderata fino a clearance della creatinina pari a 35 ml/min. In considerazione della disponibilità di dati limitati in pazienti con insufficienza renale grave (clearance della creatinina <30 ml/min), non è possibile fornire raccomandazioni posologiche per questa popolazione.
Tossicità acuta
La dose massima non letale per somministrazione endovenosa singola è stata pari a 10 mg/kg di peso corporeo nel topo e pari a 0,6 mg/kg nel ratto. In studi di infusione di una dose singola nel cane, 1,0 mg/kg (6 volte l’esposizione terapeutica umana raccomandata in base alla AUC) somministrati nell’arco di 15 minuti sono stati ben tollerati senza effetti renali.
Tossicità subcronica e cronica
In studi di infusione endovenosa, la tollerabilità renale di acido zoledronico è stata stabilita nel ratto con somministrazione di 0,6 mg/kg sotto forma di infusioni da 15 minuti a intervalli di 3 giorni, per un totale di sei infusioni (per una dose cumulativa che corrisponde a livelli di AUC pari a circa 6 volte l’esposizione terapeutica nell’uomo) mentre cinque infusioni da 15 minuti di 0,25 mg/kg somministrate a intervalli di 2-3 settimane (una dose cumulativa corrispondente a 7 volte l’esposizione terapeutica umana) sono state ben tollerate nel cane. Negli studi con bolo endovenoso, le dosi che risultavano ben tollerate diminuivano all’aumentare della durata dello studio: le dosi di 0,2 e 0,02 mg/kg al giorno sono state ben tollerate per 4 settimane nel ratto e nel cane, rispettivamente, ma solo le dosi di 0,01 mg/kg e 0,005 mg/kg sono state ben tollerate nei ratti e nei cani, rispettivamente, quando somministrate per 52 settimane.
La somministrazione ripetuta a lungo termine, ad esposizioni cumulative sufficientemente superiori all’esposizione massima prevista nell’uomo, ha prodotto effetti tossicologici in altri organi, compresi il tratto gastrointestinale e il fegato, e nel sito di somministrazione endovenosa. Non è nota la rilevanza clinica di questi risultati. Il risultato più frequente negli studi a dosi ripetute consiste nell’aumento del tessuto osseo spugnoso nelle metafisi delle ossa lunghe negli animali in sviluppo con quasi tutte le dosi, risultato che riflette l’attività farmacologica anti-riassorbitiva del prodotto.
Tossicità riproduttiva
Gli studi di teratologia sono stati effettuati in due specie, entrambi impiegando la somministrazione sottocutanea. Teratogenicità è stata osservata in ratti a dosi ≥0,2 mg/kg e si è manifestata con malformazioni esterne, viscerali e scheletriche. Distocia è stata osservata alla dose minima testata nel ratto (0,01 mg/kg di peso corporeo). Non sono stati osservati nei conigli effetti teratogeni o embrio/fetali, sebbene la tossicità materna fosse marcata alla dose di 0,1 mg/kg a causa dei ridotti livelli sierici di calcio.
Mutagenicità e potenziale cancerogeno
L’acido zoledronico non è risultato mutageno nei test di mutagenesi eseguiti ed i test di carcinogenesi non hanno fornito prove di potenziale cancerogeno.
Mannitolo
Sodio citrato
Acqua per preparazioni iniettabili
Questo medicinale non deve entrare in contatto con soluzioni contenenti calcio. Aclasta non deve essere miscelato o somministrato per via endovenosa con altri medicinali.
Flacone chiuso: 3 anni
Dopo l’apertura: 24 ore a 2°C - 8°C
Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere utilizzato immediatamente. Se non usato immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni di conservazione prima dell’uso rientrano nella responsabilità dell’utilizzatore e di norma non dovrebbero superare le 24 ore a 2°C - 8°C.
Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. Per le condizioni di conservazione del medicinale dopo l’apertura, vedere paragrafo 6.3.
100 ml di soluzione in un flacone di plastica trasparente (polimero cicloolefinico) chiuso da un tappo di gomma bromobutilica rivestito di fluoropolimero e capsula di chiusura di alluminio/polipropilene con elemento a strappo.
Aclasta è fornito in confezioni singole contenenti un flacone o in confezioni multiple costituite da 5 confezioni, ognuna da 1 flacone.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Solo monouso.
Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente. La soluzione deve essere utilizzata solo se è trasparente, priva di particelle o di alterazione del colore.
Se conservata in frigorifero, lasciare che la soluzione raggiunga la temperatura ambiente prima della somministrazione. Durante la preparazione dell’infusione devono essere seguite tecniche asettiche.
Novartis Europharm Limited
Wimblehurst Road
Horsham
West Sussex, RH12 5AB
Regno Unito
EU/1/05/308/001, A.I.C.: 037105018
EU/1/05/308/002
Data di prima autorizzazione: 15 Aprile 2005
Data di ultimo rinnovo: 15 Aprile 2010
30.03.2010