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AMARKOR
AMARKOR 30
Ogni compressa da 30 mg contiene, principio attivo: nifedipina 30.0 mg.
Per gli eccipienti vedere 6.1
AMARKOR 60
Ogni compressa da 60 mg contiene, principio attivo: nifedipina 60.0 mg.
Per gli eccipienti vedere 6.1
Compresse rivestite con film a rilascio prolungato.
Trattamento della cardiopatia ischemica: angina pectoris cronica stabile (angina da sforzo).
Trattamento dell’ipertensione arteriosa.
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Il trattamento va possibilmente adattato alle necessità individuali in funzione della gravità della malattia e della risposta del paziente.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa può rendersi necessario un accurato controllo e, nei casi gravi, una riduzione del dosaggio.
Salvo diversa prescrizione medica valgono le seguenti direttive posologiche:
Adulti
Cardiopatia ischemica
Angina pectoris cronica-stabile (angina da sforzo): 1 compressa da 30 mg al dì.
La dose può essere gradualmente aumentata, in accordo con le esigenze individuali dei pazienti, fino ad un dosaggio massimo di 120 mg somministrato una volta al giorno, al mattino.
Ipertensione arteriosa
1 compressa da 30 mg al dì.
In alcuni casi può risultare opportuno incrementare gradualmente la dose, secondo le esigenze individuali, fino ad un dosaggio massimo di 60 mg somministrato una volta al giorno, al mattino.
Modalità d’uso
La compressa rivestita con film deve essere inghiottita con un pò di acqua al mattino a digiuno; le compresse non devono essere masticate o spezzate.
Qualsiasi aggiustamento ai dosaggi superiori o inferiori deve essere effettuato solo sotto controllo medico.
La sostanza fotosensibile contenuta nella compressa è sostanzialmente protetta dalla luce all’interno e al di fuori della confezione.
Internamente alla confezione, le compresse sono anche protette dall’umidità e quindi devono essere estratte dall’astuccio solo a scopo di assunzione.
Durata del trattamento
Secondo prescrizione del medico curante.
Ipersensibilità già nota al principio attivo o ad altri componenti della formulazione.
Gravidanza accertata o presunta ed in corso di allattamento.
Shock cardiovascolare.
Trattamento concomitante con rifampicina (in quanto l’induzione enzimatica può non consentire di raggiungere dei livelli plasmatici efficaci di nifedipina).
Per gli effetti che la nifedipina esercita a livello delle resistenze vascolari periferiche è raccomandabile prudenza in caso di marcata ipotensione (pressione sistolica inferiore a 90 mmHg) e risulta necessario controllare attentamente la pressione arteriosa all’inizio della terapia e fino a quando non sia stata raggiunta la posologia di mantenimento. Per lo stesso motivo la nifedipina deve essere usata con cautela nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia, stenosi aortica ed in quelli in trattamento con β-bloccanti o farmaci ipotensivi.
Come per altri materiali non deformabili dovrebbe essere usata prudenza qualora si somministri AMARKOR a pazienti con gravi stenosi del tratto gastrointestinale poiché potrebbero insorgere dei sintomi ostruttivi; in singoli casi questi sono stati descritti anche senza il riscontro anamnestico di disturbi gastrointestinali. AMARKOR non deve essere usato nei pazienti portatori di tasca di Kock (ileostoma dopo proctocolectomia). Nel corso di indagini radiologiche con contrasto di bario AMARKOR può dare immagini falsamente positive (come dei difetti di riempimento interpretabili come polipi).
In corso di gravidanza (vedi paragrafo 4.3 “Controindicazioni”), in situazioni di emergenza ipertensiva, quali ad esempio l’eclampsia, il farmaco deve essere utilizzato sotto la responsabilità e lo stretto controllo del medico. Si raccomanda particolare cautela quando si somministri nifedipina in associazione a solfato di magnesio per via endovenosa, a causa di una possibile eccessiva caduta pressoria.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa può rendersi necessario un accurato controllo e, nei casi gravi, anche una riduzione del dosaggio.
Nei pazienti sotto dialisi, affetti da ipertensione maligna e insufficienza renale irreversibile con ipovolemia, occorre prestare attenzione in quanto si può verificare un notevole calo pressorio a causa della vasodilatazione.
Nei rari casi in cui compare dolore in ambito toracico (talora disturbi tipo angina pectoris), deve essere consultato il medico curante.
Qualora si manifesti un edema periferico in pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia, occorre differenziare gli edemi dovuti alla nifedipina da quelli conseguenti ad un peggioramento della funzione ventricolare sinistra.
Durante il trattamento di pazienti diabetici o a rischio diabetico, la glicemia deve essere accuratamente controllata; se compare iperglicemia la terapia deve essere sospesa.
AMARKOR non esercita comunque alcun effetto diabetogeno.
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La terapia concomitante con farmaci β-bloccanti è di norma ben tollerata; tuttavia c’è il rischio di ipotensione, esacerbazione dell’angina e insufficienza cardiaca.
La contemporanea somministrazione di nifedipina e di digossina può condurre ad un aumento dei livelli plasmatici di digossina, legato ad una riduzione della sua clearance.
La concomitante somministrazione di nifedipina con agenti ipotensivi (metildopa, idralazina, captopril, ecc.) può favorire l’insorgenza di grave ipotensione.
In caso di somministrazione contemporanea di nifedipina e cimetidina può riscontrarsi una più marcata riduzione pressoria.
In singoli casi, durante la contemporanea somministrazione di nifedipina e chinidina sono stati osservati livelli ridotti di chinidina oppure, dopo sospensione di nifedipina, un netto aumento dei livelli plasmatici di chinidina. Per questa ragione, qualora la nifedipina sia impiegata contemporaneamente o venga sospesa, si raccomanda di mantenere controllata la concentrazione di chinidina e, se necessario, di aggiustarne il dosaggio.
La rifampicina, per il suo effetto d’induzione enzimatica, accelera il metabolismo della nifedipina, riducendone potenzialmente l’efficacia; per tale motivo l’impiego di nifedipina in combinazione con rifampicina risulta controindicato.
Il diltiazem diminuisce la clearance della nifedipina per cui i due principi attivi dovrebbero essere associati con cautela considerando, eventualmente, la riduzione del dosaggio di nifedipina.
L’assunzione contemporanea di succo di pompelmo inibisce il metabolismo ossidativo della nifedipina con conseguente aumento della sua concentrazione plasmatica che può causare un maggiore effetto antiipertensivo.
La valutazione dei valori urinari dell’acido vanililmandelico effettuata con il metodo spettrofotometrico, in presenza di nifedipina, può evidenziare falsi incrementi dell’acido stesso. Tali valori non vengono modificati utilizzando il metodo HPLC.
Gravidanza
La nifedipina è controindicata in corso di gravidanza.
La nifedipina si è dimostrata in grado di provocare effetti teratogeni nel ratto e nel coniglio, comprese le anomalie digitali. Tali anomalie sono, verosimilmente, il risultato della compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione del principio attivo ha comportato una varietà di effetti tossici a carico dell’embrione, della placenta e del feto come scarso sviluppo fetale (ratto, topo, coniglio), ridotte dimensioni placentari ed ipotrofia dei villi coriali (scimmia), morte degli embrioni e dei feti (ratto, topo, coniglio) e prolungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza neonatale (ratto; non valutati in altre specie). Tutti i dosaggi associati ad effetti teratogeni, embriotossici e fetotossici erano tossici per l’organismo materno e, comunque, risultavano di molte volte superiori la posologia massima indicata per l’impiego umano.
Non esistono studi adeguati e ben controllati nelle donne in gravidanza.
In singoli casi di fertilizzazione in vitro i calcio-antagonisti come la nifedipina sono stati associati ad alterazioni biochimiche reversibili in corrispondenza della parte apicale dello spermatozoo, con possibile alterazione funzionale dello sperma.
Nei casi di ripetuto insuccesso della fertilizzazione in vitro, non riconducibili ad altri motivi, i calcio-antagonisti come la nifedipina dovrebbero essere considerati come possibile causa.
Allattamento
La nifedipina perviene nel latte materno, ma non è attualmente noto se il trattamento in corso nella madre possa condizionare nel lattante un’azione farmacologica.
Pertanto si consiglia, per motivi precauzionali, di sospendere l’allattamento materno.
Il prodotto, specie se assunto contemporaneamente a bevande alcoliche, può ridurre la capacità di reazione; di ciò devono tenere conto coloro che guidano autoveicoli o eseguono operazioni che richiedono integrità del grado di vigilanza.
I più comuni effetti indesiderati segnalati durante gli studi clinici con AMARKOR vengono riportati per incidenza e per apparato.
Frequenza > 1% < 10%
Organismo nel suo complesso: astenia (stanchezza).
Apparato cardiovascolare: vasodilatazione (vampate, sensazione di calore), palpitazione.
Apparato digerente: costipazione.
Disordini metabolico/nutrizionali: edema periferico.
Sistema nervoso: capogiro, cefalea.
Frequenza > 0,1% < 1%
Organismo nel suo complesso: dolori alle estremità.
Apparato cardiovascolare: sintomatologia simil-anginosa, dolore toracico, ipotensione, tachicardia, sincope.
Apparato digerente: diarrea, alterazioni della funzionalità epatica (aumento delle transaminasi, colestasi intraepatica), nausea.
Apparato muscolo-scheletrico: mialgia.
Sistema nervoso: insonnia, nervosismo, parestesia, vertigine.
Apparato respiratorio: dispnea.
Cute ed annessi: prurito, rash (esantema, eritema).
Organi di senso: alterazione della vista.
Apparato uro-genitale: aumento dell’escrezione urinaria giornaliera.
Frequenza > 0,01% < 0,1%
Organismo nel suo complesso: reazione allergica (anafilattica).
Apparato digerente: disturbi gastroenterici (senso di replezione gastroenterica), iperplasia gengivale.
Apparato muscolo-scheletrico: artralgia.
Sistema nervoso: tremore.
Cute ed annessi: orticaria.
I più comuni effetti indesiderati segnalati come spontanei con AMARKOR vengono riportati per incidenza e per apparato calcolati sull’esposizione dei pazienti al farmaco:
Frequenza < 0,01%
Apparato emo-linfatico: porpora.
Disordini metabolico/nutrizionali: iperglicemia.
Cute ed annessi: ginecomastia, dermatite fotosensibile.
Sono stati, occasionalmente, segnalati anche: episodi di epatite, aumento della fosfatasi alcalina o LDH, pirosi gastrica, flatulenza, mal di gola, tosse, congestione nasale, disturbi della sfera sessuale, febbre, sudorazione, trombocitopenia, anemia, leucopenia, crampi muscolari, rigidità articolari.
Con altre formulazioni di nifedipina: agranulocitosi, dermatite esfoliativa, eritromelalgia.
Nei pazienti in dialisi con ipertensione maligna ed ipovolemia si può verificare, a seguito della vasodilatazione, una marcata caduta della pressione arteriosa.
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Sintomi
Nei casi di grave intossicazione da nifedipina sono stati osservati i seguenti sintomi: disturbi della coscienza fino al coma, calo della pressione arteriosa, alterazioni del ritmo cardiaco di tipo tachi/bradicardico, iperglicemia, acidosi metabolica, ipossia, shock cardiogeno con edema polmonare.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento, hanno la priorità l’eliminazione della sostanza attiva e la stabilizzazione delle condizioni cardiovascolari.
Dopo l’ingestione orale è indicata una accurata lavanda gastrica associata, se necessario, ad irrigazione del piccolo intestino. Particolarmente nei casi di intossicazione con le formulazioni di nifedipina a lento rilascio, come AMARKOR, l’eliminazione deve essere la più completa possibile, compreso l’intestino tenue, al fine di prevenire l’assorbimento del principio attivo. L’emodialisi è inutile in quanto la nifedipina non è dializzabile, ma è consigliabile la plasmaferesi (per l’elevato legame proteico ed il relativamente basso volume di distribuzione).
I disturbi bradicardici del ritmo cardiaco possono essere trattati con β-simpaticomimetici, mentre per le alterazioni di questo tipo pericolose per la vita dev’essere preso in considerazione l’impiego di un "pacemaker" temporaneo.
L’ipotensione, come risultato dello shock cardiogeno e della vasodilatazione arteriosa può essere trattata con il calcio (10-20 ml di soluzione di calcio gluconato al 10% da somministrarsi lentamente per via endovenosa, eventualmente da ripetersi). Come risultato, la calcemia, può raggiungere i valori alti della norma o superarli di poco.
Qualora l’effetto del calcio sulla pressione sanguigna dovesse rivelarsi insufficiente dovranno essere somministrati anche dei vasocostrittori simpaticomimetici, quali la dopamina o la noradrenalina, il cui dosaggio dovrà essere determinato esclusivamente dal risultato ottenuto.
Infusioni di liquidi o plasma expanders andranno effettuate con cautela a causa del rischio di sovraccaricare il cuore.
Categoria farmacoterapeutica: calcioantagonisti selettivi con prevalente effetto vascolare: derivati diidropiridinici; ATC C08CA05
La nifedipina è un calcio-antagonista del gruppo 1,4-diidropiridinico, come tale è attiva nel ridurre l’afflusso intracellulare transmembrana degli ioni Ca2+ che si verifica attraverso i canali lenti del calcio.
In particolare, la nifedipina è efficace soprattutto sulle cellule miocardiche, su quelle muscolari delle arterie coronarie e dei vasi periferici di resistenza.
Da ricerche sul principio attivo sono emerse importanti proprietà come la protezione, da parte di nifedipina, dei danni cardiaci funzionali e strutturali causati dall’ischemia tramite la diminuzione del consumo energetico ed il mantenimento del normale metabolismo delle fibre miocardiche.
A livello cardiaco, la nifedipina dilata le arterie coronarie, in particolare i grandi vasi di conduttanza, ed anche i segmenti di parete libera da patologia nelle zone parzialmente stenotiche. Inoltre, la nifedipina, riducendo il tono della muscolatura liscia vasale delle coronarie, ne previene il vasospasmo.
Il risultato finale di queste azioni è un incremento del flusso ematico post-stenotico e, di conseguenza, un aumento dell’apporto di ossigeno. Contemporaneamente, la nifedipina diminuisce la richiesta miocardica di ossigeno riducendo le resistenze periferiche (post-carico).
In terapia cronica, il farmaco è in grado di prevenire lo sviluppo di nuove lesioni aterosclerotiche a livello coronarico.
La nifedipina, stimolando la vasodilatazione delle arterie, riduce le resistenze periferiche e, quindi, comporta la diminuzione e la normalizzazione della pressione arteriosa.
All’inizio della terapia con la nifedipina si può verificare un transitorio aumento riflesso della frequenza e, di conseguenza, della portata cardiaca. Comunque, questo incremento non è tale da compensare la vasodilatazione. Inoltre, la nifedipina aumenta l’escrezione renale di sodio ed acqua sia nel trattamento a breve che a lungo termine. L’effetto ipotensivo della nifedipina è particolarmente pronunciato nei pazienti ipertesi.
Nei soggetti con Sindrome di Raynaud la nifedipina è in grado di prevenire o ridurre gli episodi di vasospasmo alle dita.
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Lo sviluppo delle compresse con nifedipina in forma film-rivestita a rilascio prolungato ha consentito la riduzione del numero delle somministrazioni giornaliere con miglioramento della tollerabilità al trattamento e della compliance dei pazienti nel trattamento dell’angina stabile e dell’ipertensione arteriosa essenziale.
La nuova compressa film-rivestita a rilascio prolungato (FRM) a contatto con acqua o con i fluidi biologici conduce all’interazione tra le sostanze polimeriche contenute nella FRM e l’acqua.
Tale interazione H2O/polimero, inizialmente leggermente rallentata dalla filmatura idrosolubile, provoca l’idratazione e la distensione delle catene polimeriche, con conseguente liberazione di energia meccanica che determina il rigonfiamento della FRM.
L’interazione immediata nella prima fase del processo, viene controllata nei tempi successivi dalla dissoluzione dei componenti solubili del nucleo idratato. Questo permette di controllare il rigonfiamento della FRM, in modo da non provocare la distruzione del sistema.
Contemporaneamente al processo di rigonfiamento della FRM avviene la cessione del principio attivo che, nel caso della nifedipina, si verifica prevalentemente per diffusione secondo gradiente di concentrazione, attraverso la porzione rigonfiata della FRM, la quale riduce la sua funzione di barriera man mano che i componenti polimerici si disciolgono.
Grazie al suo comportamento cinetico, queste compresse riescono a mantenere i livelli plasmatici terapeutici per 24 ore.
Principali parametri farmacocinetici di AMARKOR compresse:
| C max* Ng ·ml-1) | T max** (h) | Clearance (L/h) |
a) 30 mg | 42,8 ± 7,4 | 9,7 ± 1,4 | 35,9 ± 9,1 |
b) 60 mg | 68,9 ± 9,5 | 9,08 ± 2,7 | 44,3 ± 6,8 |
* Valore medio delle concentrazioni plasmatiche massime.
** Valore medio dei tempi di raggiungimento della concentrazione plasmatica massima.
Quota di assorbimento: superiore al 90%.
Metabolita principale: acido 2-idrossimetil-5-metossicarbonil-6-metil-4-(O-nitrofenil)-piridin-3-carbossilico; farmacologicamente inattivo; riscontrabile anche nell’urina dell’uomo dopo somministrazione per os.
Eliminazione: 70-80% per via renale, 15% attraverso la bile con le feci.
Escrezione urinaria: superiore al 90% nelle 24 ore.
Legame proteico nell’uomo: circa 90%
Legame proteico del metabolita: circa 55%.
Distribuzione
La nifedipina si lega per il 95% alle proteine plasmatiche (albumina). L’emivita di distribuzione dopo somministrazione endovenosa è compresa tra i 5 e i 6 minuti.
Biotrasformazione
Dopo somministrazione orale, la nifedipina viene metabolizzata a livello della parete intestinale e del fegato principalmente attraverso processi ossidativi. I metaboliti ossidati non presentano attività farmacologica.
Eliminazione
La via di escrezione principale della nifedipina nella forma ossidata è quella renale, solo il 5-15% viene escreto attraverso la bile con le feci. Il farmaco non metabolizzato si trova nelle urine soltanto in tracce (meno dello 0,1%).
L’emivita di eliminazione per AMARKOR compresse non rappresenta un parametro significativo dato che la concentrazione plasmatica si mantiene pressoché costante grazie al continuo rilascio ed al successivo assorbimento: solo dopo l’ultima somministrazione la concentrazione plasmatica progressivamente declina, evidenziando un’emivita di eliminazione sovrapponibile a quella della formulazione capsule. In caso di insufficienza renale non sono state rilevate sostanziali modificazioni rispetto ai volontari sani.
In presenza di compromissione della funzionalità epatica l’emivita di eliminazione è nettamente allungata e la clearance totale del farmaco si riduce.
Tossicità acuta
La tossicità acuta è stata studiata in diverse specie animali ed i singoli risultati sono riportati nella tabella seguente:
| Dose Letale50 (DL50) (mg/kg) |
orale | endovenosa |
Topo | 494 (421-572)* | 4,2 (3,8-4,6)* |
Ratto | 1022 (950-1087)* | 15,5 (13,7-17,5)* |
Coniglio | 250-500 | 2,3 |
Gatto | circa 100 | 0,5-8 |
Cane | > 250 | 2-3 |
* Intervallo di confidenza 95%
Tossicità subacuta e subcronica
La somministrazione orale giornaliera ai ratti (50 mg/kg di peso) ed ai cani (100 mg/kg di peso) per un periodo rispettivamente di 13 e 4 settimane è stata tollerata senza la comparsa di effetti tossici.
In somministrazione parenterale (endovenosa) i cani hanno tollerato, senza danni tossici, fino a 0,1 mg/kg di peso al dì per 6 giorni. Analogamente, nel ratto, la somministrazione endovenosa giornaliera di 2,5 mg/kg di peso per un periodo di 3 settimane non ha indotto alcuna manifestazione di tipo tossico.
Tossicità cronica
I cani hanno tollerato la somministrazione per via orale di dosi giornaliere di nifedipina fino a 100 mg/kg protratta per un anno senza evidenziare reazioni di tipo tossico.
Nei ratti sono comparsi effetti tossici con concentrazioni superiori ai 100 ppm nell’alimentazione (circa 5-7 mg/kg di peso corporeo).
Carcinogenicità
Uno studio a lungo termine sui ratti (2 anni) non ha evidenziato effetti carcinogeni a carico della nifedipina.
Mutagenicità
Per valutare l’effetto mutageno sono stati eseguiti sul topo il test di Ames, il test Dominante Letale ed il test del Micronucleo. Non è stato evidenziato alcun effetto mutageno della nifedipina.
Tossicologia della riproduzione
Consultare paragrafo “Gravidanza e allattamento”.
Ogni compressa da 30 mg contiene:
Idrossipropilmetilcellulosa, polivinilpirrolidone, carbossimetilcellulosa, magnesio stearato, silice colloidale, talco, polietilenglicole 6000, simeticone, titanio biossido (E 171), ferro ossido rosso (E 172).
Ogni compressa da 60 mg contiene:
Idrossipropilmetilcellulosa, polivinilpirrolidone, carbossimetilcellulosa, magnesio stearato, silice colloidale, talco, polietilenglicole 6000, simeticone, titanio biossido (E 171), ferro ossido rosso (E 172).
Non pertinente.
A confezionamento integro: tre anni.
La sostanza fotosensibile contenuta nella compressa è sostanzialmente protetta dalla luce all’interno ed al di fuori della confezione.
Si consiglia tuttavia di non esporre a lungo le compresse alla luce diretta.
La protezione dall’umidità è garantita solo all’interno della confezione; le compresse dovrebbero quindi essere estratte dal blister solo immediatamente prima dell’uso.
Astuccio di cartone litografato contenente blister opaco costituito da lamina di PVC/PVDC e foglio di alluminio/PVC termosaldati.
AMARKOR 30 mg compresse rivestite con film a rilascio prolungato: 14 compresse
AMARKOR 60 mg compresse rivestite con film a rilascio prolungato: 14 compresse
Vedere paragrafo “Posologia e modo di somministrazione”.
S.F. GROUP srl - Via di Fioranello n. 186 - 00134 Roma
AMARKOR 30 mg compresse rivestite con film a rilascio prolungato - AIC n. 035067014
AMARKOR 60 mg compresse rivestite con film a rilascio prolungato - AIC n. 035067026
AMARKOR compresse 30 mg: 09/07/2003
AMARKOR compresse 60 mg: 09/07/2003
13/09/2007