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ARACYTIN
ARACYTIN | mg 100 | mg 500 |
Ogni flacone di liofilizzato contiene: citarabina | mg 100 | mg 500 |
Per l’elenco completo degli eccipienti vedere il paragrafo 6.1.
Polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso endovenoso o sottocutaneo.
ARACYTIN è indicato per indurre la remissione nella leucemia acuta mieloide dell’adulto e del bambino.
È secondariamente indicato nel trattamento delle altre forme proliferative della serie bianca.
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ARACYTIN non è attivo per via orale. Lo schema ed il modo della somministrazione variano in funzione del programma terapeutico che verrà adottato.
ARACYTIN può essere somministrato per iniezione endovenosa rapida o per infusione venosa lenta e per iniezione sottocutanea.
In alcuni pazienti si sono verificate tromboflebiti al sito dell’infusione venosa e raramente si è verificato dolore e infiammazione al sito dell’iniezione sottocutanea. I pazienti possono tollerare dosi complessivamente superiori quando il farmaco viene somministrato mediante iniezione endovenosa rapida rispetto all’infusione lenta.
Infatti in tale caso si verifica una rapida inattivazione del farmaco con riduzione del tempo di esposizione sia delle cellule normali che neoplastiche.
Le cellule normali e neoplastiche sembrano rispondere in modo approssimativamente parallelo a questi diversi modi di somministrazione e non è stata dimostrata alcuna chiara differenza sul piano clinico.
Nella terapia di induzione nella leucemia acuta non-linfocitica la dose usuale di citarabina in associazione ad altri farmaci anti-blastici è 100 mg/m²/die in infusione endovenosa continua (giorni 1-7) oppure 100 mg/m² E.V. ogni 24 ore (giorni 1-7).
Per l’impiego nella leucemia acuta linfocitica si deve consultare la letteratura per le raccomandazioni correnti.
Ipersensibilità nota verso il farmaco. La terapia con ARACYTIN non deve essere effettuata in pazienti con pre-esistente depressione midollare indotta da altri farmaci, a meno che tale terapia sia considerata la migliore alternativa terapeutica per il paziente.
Generali
ARACYTIN deve essere usato solo da clinici esperti in chemioterapia antineoplastica.
Per la terapia d’induzione i pazienti devono essere ospedalizzati in reparti attrezzati di apparecchiature e laboratori tali da garantire un controllo sufficiente della tollerabilità al farmaco e proteggere o mantenere in vita un paziente compromesso dalla tossicità del farmaco.
Da non usarsi in gravidanza accertata o presunta.
Il principale effetto secondario di ARACYTIN è la mieloinibizione con conseguente leucopenia, trombocitopenia ed anemia.
Manifestazioni secondarie di minore entità sono rappresentate da nausea, vomito, diarrea, dolori addominali ed ulcerazioni del cavo orale; sono possibili alterazioni della funzionalità epatica.
Il medico deve valutare attentamente il possibile beneficio che dalla terapia potrà trarre il paziente in contrapposizione alle manifestazioni secondarie che il farmaco può indurre.
Il medico dovrebbe conoscere bene il contenuto del foglio illustrativo prima di emettere un giudizio sull’opportunità di questo trattamento.
Effetti ematologici
ARACYTIN ha una potente attività mieloinibitrice; la gravità dipende dal dosaggio e dallo schema di somministrazione. La terapia deve essere iniziata con cautela nei pazienti con preesistente depressione midollare indotta da farmaci. I pazienti trattati con ARACYTIN devono essere tenuti sotto stretta sorveglianza medica e, durante la terapia deve essere effettuato giornalmente il conteggio dei globuli bianchi e delle piastrine. Esami del midollo osseo devono essere effettuati frequentemente dopo la scomparsa delle forme blastiche dal sangue periferico. Devono essere disponibili tutte le misure idonee alla gestione di complicazioni, anche fatali, della soppressione del midollo osseo (infezioni conseguenti a granulocitopenia ed alla compromissione di altri sistemi di difesa dell’organismo, e emorragie dovute a trombocitopenia).
La terapia con ARACYTIN deve essere modificata o sospesa quando le piastrine scendono al di sotto di 50.000/mm³ o quando i granulociti scendono al di sotto di 1.000/mm³ .
Il conteggio degli elementi formati nel sangue periferico può continuare a scendere dopo la sospensione del farmaco e raggiungere il nadir dopo intervalli di 12-24 giorni dal termine della somministrazione.
Il trattamento può essere ripreso quando si manifestano segni precisi di recupero dell’attività midollare con aumento delle piastrine o dei granulociti.
Attendere che i valori ematologici si normalizzino prima di riprendere il trattamento può comportare la perdita del controllo della malattia.
Precauzioni diverse possono essere adottate in caso di gravi segni di tossicità in altri apparati o per la rapida caduta degli elementi formati nel sangue periferico.
Sono state riportate reazioni anafilattiche in seguito a trattamento con citarabina. Sono stati segnalati casi di anafilassi che hanno portato ad arresto cardiopolmonare acuto, per i quali è stata necessaria la rianimazione del paziente. Questi eventi si sono verificati subito dopo l’infusione di citarabina.
Schemi posologici convenzionali
Sono stati riportati dolore addominale (peritonite) e colite positiva al test al guaiaco, con associate neutropenia e trombocitopenia, in pazienti trattati con dosi convenzionali di citarabina in associazione ad altri medicinali. I pazienti hanno risposto ad un intervento medico di tipo non chirurgico. È stata segnalata una paralisi ascendente progressiva ritardata, che è risultata fatale, in bambini affetti da leucemia mieloide acuta in seguito alla somministrazione intratecale ed endovenosa di dosi convenzionali citarabina in associazione ad altri medicinali.
Funzionalità epatica e/o renale
Una parte consistente di citarabina dopo somministrazione è apparentemente soggetta a detossificazione epatica. In particolare è più probabile che i pazienti con funzionalità epatica o renale compromesse sviluppino tossicità a carico del S.N.C. a seguito del trattamento con dosaggi elevati di citarabina. Si consiglia pertanto di usare il farmaco con cautela e, se possibile, di ridurre il dosaggio in pazienti con funzionalità epatica o renale compromesse.
I pazienti in trattamento con ARACYTIN devono essere sottoposti a controlli periodici della attività del midollo osseo e della funzionalità epatica e renale.
Sindrome da lisi tumorale
Come tutti i farmaci citotossici, ARACYTIN può indurre uno stato di iperuricemia secondario alla rapida lisi delle cellule neoformate. È opportuno controllare pertanto i livelli della uricemia ed instaurare le misure terapeutiche adatte qualora ciò si renda necessario.
Sono stati segnalati casi di pancreatite acuta nei pazienti che sono in trattamento con ARACYTIN in associazione a numerosi altri farmaci.
Effetti immunosoppressori/Aumentata suscettibilità alle infezioni
La somministrazione di vaccini vivi o vivi attenuati in pazienti immunocompromessi dagli agenti chemioterapici incluso la citarabina, possono determinare infezioni gravi o fatali. La vaccinazione con un vaccino vivo deve essere evitata nei pazienti che assumono citarabina. I vaccini uccisi o inattivati possono essere somministrati; tuttavia, la risposta a tali vaccini potrebbe essere ridotta.
Schemi posologici elevati non autorizzati (2-3 g/m²)
L’ARACYTIN somministrato secondo schemi posologici elevati (2-3 g/m²) ha provocato tossicità grave a volte fatale a carico del S.N.C., dell’apparato gastro-intestinale e dei polmoni (diversa da quella riscontrata con i regimi terapeutici convenzionali).
Queste reazioni comprendono tossicità corneale reversibile e congiuntivite emorragica; disfunzioni cerebrali e cerebellari, usualmente reversibili, con cambio della personalità, sonnolenza, convulsioni e coma; gravi ulcerazioni gastrointestinali, compresa la pneumatosi cistoide intestinale esitante in peritonite; sepsi e ascessi epatici; danni epatici con aumento della iperbilirubinemia; necrosi intestinale e colite necrotizzante; edema polmonare.
In seguito alla somministrazione di citarabina secondo schemi posologici elevati, sono stati riportati tossicità polmonare, sindrome da insufficienza respiratoria ed edema polmonare
Dopo terapia sperimentale con dosi elevate di citarabina per il trattamento delle recidive della leucemia è stata segnalata una sindrome da improvvisa insufficienza respiratoria, che è progredita rapidamente ad edema polmonare e cardiomegalia radiograficamente evidente. L’esito di questa sindrome può essere fatale.
Casi di cardiomiopatia con conseguenze fatali, si sono verificati dopo terapia con dosi sperimentali elevate di citarabina in associazione a ciclofosfamide per la preparazione al trapianto midollare: questa reazione può essere dipendente dallo schema terapeutico.
È stata riportata neuropatia periferica del motorio e del sensorio dopo consolidamento con dosi elevate di citarabina, daunorubicina e asparaginasi in pazienti adulti affetti da leucemia acuta non linfocitica.
I pazienti trattati con ARACYTIN a dosi elevate devono essere osservati per la possibile insorgenza di neuropatie dal momento che possono essere necessarie variazioni dello schema posologico per evitare alterazioni neurologiche irreversibili.
Raramente è stato segnalato grave rash cutaneo che ha indotto desquamazione. L’alopecia totale è stata più comunemente osservata nella terapia con dosaggi elevati rispetto al normale programma terapeutico autorizzato.
La somministrazione di elevate dosi per via endovenosa rapida è accompagnata frequentemente da nausea e talvolta da vomito che si può protrarre anche per alcune ore. Questo problema è generalmente minore qualora si utilizzi la somministrazione per infusione lenta.
La citarabina ha mostrato attività mutagena e cancerogena negli animali.
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Digossina
Diminuzioni reversibili delle concentrazioni plasmatiche allo steady-state della digossina e dell’escrezione del glicoside renale sono state osservate in pazienti riceventi beta-acetildigossina con regimi chemioterapeutici contenenti ciclofosfamide, vincristina e prednisone con o senza ARACYTIN o procarbazina. Le concentrazioni plasmatiche allo steady-state della digitossina non apparivano cambiate. Pertanto può essere indicato il monitoraggio dei livelli plasmatici di digossina nei pazienti in trattamento con tale regime di chemioterapia.
L’impiego della digitossina in tali pazienti può essere considerato come un’alternativa.
Gentamicina
La citarabina ha mostrato un antagonismo in vitro con la gentamicina nella suscettibilità dei ceppi K.pneumoniae. Pertanto nei pazienti in trattamento con citarabina che presentano una infezione da K.pneumoniae trattata con gentamicina, l’assenza di una pronta risposta terapeutica può indicare la necessità di una rivalutazione della terapia antibatterica.
Fluorocitosina
È possibile una inibizione dell’efficacia della fluorocitosina durante la terapia con ARACYTIN per potenziale inibizione competitiva del suo uptake.
Gravidanza
Non sono stati condotti studi sull’uso di citarabina nelle donne in gravidanza. ARACYTIN ha azione teratogena in alcune specie animali. Questo medicinale deve essere utilizzato in gravidanza o in età fertile solo dopo aver preso in considerazione il potenziale beneficio ed il potenziale rischio sia per la madre sia per il feto.
Neonati normali sono stati partoriti da pazienti trattate con citarabina durante la gravidanza (da sola o in associazione con altri farmaci); alcuni di questi neonati erano prematuri o avevano un basso peso alla nascita. Alcuni dei neonati normali a seguito dell’esposizione alla citarabina sono stati monitorati dall’età di 6 settimane all’età di 7 anni e non hanno mostrato anomalie. Un neonato apparentemente normale è morto a 90 giorni a seguito di una gastroenterite.
Sono state riportate anomalie congenite, soprattutto quando il feto è stato esposto alla terapia sistemica con citarabina durante il primo trimestre di gestazione. Queste anomalie comprendono alterazioni delle estremità superiori ed inferiori e malformazioni delle estremità e delle orecchie.
Durante il periodo neonatale, nei neonati esposti alla citarabina in utero, sono stati riportati: pancitopenia, leucopenia, anemia, trombocitopenia, alterazioni elettrolitiche, eosinofilia transitoria, elevati livelli di IgM e iperpiressia, sepsi e morte. Alcuni di questi neonati erano anche prematuri.
Sono stati effettuati aborti terapeutici in donne in gravidanza che assumevano citarabina. Alcuni feti erano normali mentre altri hanno riportato conseguenze fetali quali splenomegalia e trisomia di un cromosoma del gruppo C nel tessuto corionico.
Per il rischio di potenziali anomalie, causate dalla terapia citotossica, particolarmente durante il primo trimestre di gestazione, le pazienti già gravide o che lo diventino durante il trattamento con ARACYTIN, devono essere informate sui potenziali rischi per il feto e consigliate sull’opportunità di continuare o meno la gravidanza. Tale rischio, pur essendo presente, è considerevolmente ridotto se la terapia viene iniziata durante il secondo o il terzo trimestre di gravidanza. Benchè neonati normali siano stati partoriti da pazienti trattate durante l’intero periodo della gravidanza, è consigliabile che questi bambini vengano tenuti sotto osservazione medica.
Allattamento
Non sono disponibili dati nell’uomo o nell’animale relativi alla escrezione di citarabina nel latte. È buona norma pertanto interrompere l’allattamento o sospendere la terapia con ARACYTIN, tenendo in considerazione l’importanza del farmaco per la madre.
Non sono noti dati al riguardo.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Essendo la citarabina un agente citotossico con attività di mieloinibizione, le reazioni avverse previste sono quelle comuni ai farmaci di questa classe, quali: anemia, leucopenia, trombocitopenia, megaloblastosi, reticolocitopenia, alterazioni qualitative della popolazione cellulare del midollo osseo.
La gravità di queste reazioni è dipendente dallo schema posologico e dall’entità della dose.
Possono presentarsi variazioni della morfologia delle cellule del midollo osseo e degli strisci periferici.
Dopo 5 giorni di infusione continua o di iniezioni acute di dosi da 50 mg/m² a 600 mg/m², la diminuzione dei globuli bianchi segue un andamento bifasico. Indipendentemente dalla conta iniziale, dalla dose o dai tempi di somministrazione, nelle prime 24 ore si presenta una diminuzione iniziale che raggiunge il nadir tra il 7° ed il 9° giorno dalla somministrazione. In seguito si registra un breve aumento che raggiunge il picco intorno al dodicesimo giorno. Si ha poi una seconda e più profonda diminuzione che raggiunge il nadir tra il 15° ed il 24° giorno. Nei 10 giorni seguenti si presenta una rapida crescita fino a superare il livello basale. La riduzione piastrinica si registra dopo 5 giorni con un minimo tra il 12° ed il 15° giorno. Nei dieci giorni successivi si ha una rapida crescita fino a superare il livello basale.
Infezioni ed infestazioni
Infezioni virali, batteriche, micotiche, parassitiche o saprofitiche a qualsiasi localizzazione corporea, possono essere associate all’impiego di citarabina da sola o in combinazione ad altri agenti immunosoppressivi in seguito alla somministrazione di dosaggi che influenzano l’immunità cellulare o umorale.
Queste infezioni possono essere lievi, ma anche gravi e a volte ad esito infausto.
Sindrome da citarabina
È stata descritta una sindrome da citarabina, caratterizzata da febbre, mialgia, dolore osseo, occasionalmente dolore toracico, rash maculopapulare, congiuntivite e malessere. Usualmente si manifesta dopo 6-12 ore dalla somministrazione. La somministrazione di corticosteroidi è risultata efficace nel trattamento/prevenzione di questa sindrome.
Se i sintomi della sindrome sono ritenuti trattabili, dovrebbe essere previsto sia l’impiego dei corticosteroidi che la continuazione della terapia con citarabina.
Altri effetti indesiderati includono:
Infezioni ed infestazioni: polmonite, sepsi, cellulite al sito di iniezione.
Disturbi del sistema immunitario: anafilassi, edema allergico.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione: anoressia.
Patologie del sistema nervoso: neurotossicità, neuriti, capogiri, cefalea.
Patologie dell’occhio: congiuntivite (può essere associata a rash).
Patologie cardiache: pericardite.
Patologie vascolari: tromboflebite.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche: respiro corto, mal di gola.
Patologie gastrointestinali: pancreatite, ulcerazioni esofagee, dolore addominale, diarrea, esofagiti, nausea/vomito, infiammazioni o ulcerazioni orali e anali.
Patologie epatobiliari: disfunzioni epatiche, ittero.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: ulcerazioni cutanee, alopecia, pigmentazioni, rash, prurito, orticaria.
Patologie renali e urinarie: disfunzioni renali, ritenzione urinaria.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: dolore toracico, febbre, reazioni al sito di iniezione (dolore ed infiammazione nel tessuto sottocutaneo)
Terapia con dosaggi elevati non autorizzati (vedere anche paragrafo 4.4)
L’ARACYTIN somministrato secondo schemi posologici elevati (2-3 g/m²) ha provocato tossicità grave a volte fatale a carico del S.N.C., dell’apparato gastro-intestinale e dei polmoni (diversa da quella riscontrata con i regimi terapeutici convenzionali).
Queste reazioni comprendono:
Infezioni ed infestazioni : sepsi, ascesso epatico.
Patologie del sistema nervoso: coma, disfunzioni cerebrali e cerebellari con cambio della personalità, sonnolenza e convulsioni, neuropatia periferica del motorio e del sensorio.
Patologie dell’occhio: tossicità corneale, congiuntivite emorragica.
Patologie cardiache : cardiomiopatia con conseguenze fatali.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche: sindrome da insufficienza respiratoria negli adulti, edema polmonare.
Patologie gastrointestinali : necrosi intestinale, colite necrotizzante, ulcerazione gastrointestinale (compresa la pneumatosi cistoide intestinale esitante in peritonite).
Patologie epatobiliari : danni epatici con aumento della iperbilirubinemia.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo : rash cutaneo che induce desquamazione, alopecia.
È stata riportata in dieci pazienti trattati con dosi sperimentali intermedie di citarabina (1 g/m²) da sola o in associazione ad altri agenti chemioterapici (meta-AMSA, daunorubicina, etoposide) una polmonite interstiziale diffusa senza una chiara correlazione di causalità con la citarabina.
Dopo terapia sperimentale con dosi elevate di citarabina per il trattamento delle recidive della leucemia è stata segnalata una sindrome da improvvisa insufficienza respiratoria, che è progredita rapidamente ad edema polmonare e cardiomegalia radiograficamente evidente; l’esito di questa sindrome può essere fatale.
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Non esiste un antidoto per il sovradosaggio di ARACYTIN. Un dosaggio di 4,5 g/m² somministrato per 1 ora ogni 12 ore per 12 volte per infusione endovenosa ha determinato un aumento inaccettabile degli effetti tossici irreversibili a carico del S.N.C. e casi di decesso. Interrompere la terapia e trattare la mieloinibizione risultante includendo le trasfusioni di sangue intero o di piastrine e, se richiesto, gli antibiotici.
ARACYTIN (1-beta-D-arabinofuranosil-citosina) è un nucleotide sintetico che differisce dai normali nucleotidi, citidina e deossicitidina, per sostituzione del ribosio e del deossiribosio con l’arabinosio.
Categoria farmacoterapeutica: antimetaboliti - analoghi della pirimidina. Codice ATC: L01BC01
Colture cellulari
La citarabina è citotossica per una vasta varietà di cellule proliferative di mammifero in coltura.
La sua attività è fase specifica e primariamente diretta sulle cellule in fase S, durante la sintesi del DNA.
Inoltre in determinate condizioni blocca il passaggio delle cellule dalla fase G1 alla fase S. Sebbene il meccanismo d’azione non sia completamente chiarito, sembra che la citarabina agisca inibendo la DNA polimerasi.
È stata riportata una limitata, ma significativa incorporazione della citarabina sia nel DNA che nell’RNA. La citarabina induce estesi danni cromosomiali, comprese le rotture dei cromatidi e la trasformazione neoplastica di cellule di topo in coltura.
La deossicitidina previene o ritarda, ma non elimina, l’attività citotossica della citarabina.
La citarabina ha mostrato attività antivirali nelle cellule in coltura, che non è stata confermata negli studi clinici controllati nell’herpes zoster e nella varicella.
Sensibilità e resistenza cellulare
La citarabina è metabolizzata dalla deossicitidina chinasi e da altre chinasi nucleotidiche a nucleotide trifosfato, potente inibitore della DNA polimerasi; è inattivata dalla pirimidina-nucleoside-deaminasi che la trasforma in un derivato uracilico privo di citotossicità. Il rapporto tra i livelli di chinasi e deaminasi sembra essere un importante fattore nel determinare la sensibilità o la resistenza cellulare alla citarabina.
Farmacologia animale
Nel topo, la citarabina è risultata maggiormente attiva nei tumori con alto indice proliferativo. L’efficacia, dipendente dallo schema terapeutico, è risultata ottimale quando la somministrazione effettuata con dosi ripetute ravvicinate o per infusione continua, assicura il contatto del farmaco con il massimo numero di cellule neoplastiche in fase S. I migliori risultati sono stati ottenuti quando i cicli terapeutici venivano intervallati con periodi di tempo sufficienti a permettere un adeguato recupero delle condizioni di base.
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ARACYTIN è rapidamente metabolizzato e non è efficace se somministrato per OS in quanto solo il 20% della dose è assorbito dal tratto gastrointestinale.
Dopo infusione EV rapida di citarabina marcata, si osserva una curva di eliminazione bifasica, caratterizzata da una fase di distribuzione iniziale con una emivita di circa 10 minuti, seguita da una seconda fase di eliminazione con una emivita di 1-3 ore. Una volta completata la distribuzione, più dell’80% della radioattività plasmatica può essere attribuita all’1-beta-D-arabino-furanosiluracile (ara-U), metabolita inattivo. Entro 24 ore, circa l’80% della radioattività somministrata può essere ritrovata nelle urine, in cui viene escreta per il 50% sotto forma di ara-U.
Livelli plasmatici relativamente costanti possono essere raggiunti mediante infusione continua EV. Dopo somministrazione IM o sottocutanea di citarabina marcata, i picchi plasmatici di radioattività vengono raggiunti in 20-60 minuti e sono considerevolmente inferiori a quelli raggiunti dopo somministrazione EV.
Dopo una sola somministrazione EV, i livelli di citarabina nel liquido cefalorachidiano sono inferiori in confronto a quelli plasmatici. Tuttavia in un paziente, dopo due ore di infusione EV continua, furono riscontrati livelli nel liquido cefalorachidiano pari al 40% di quelli plasmatici allo stato di equilibrio. Dopo somministrazione intratecale l’emivita media è di circa 2 ore e segue un andamento di prim’ordine. Poichè nel liquido cefalorachidiano si hanno scarsi livelli di deaminasi, si osserva una bassa conversione ad ara-U.
Azione immunosoppressiva
ARACYTIN può annullare le risposte immunitarie nell’uomo con scarsa o assente tossicità. È stata dimostrata la soppressione della risposta anticorpale sia primaria che secondaria alla tossina tetanica e all’antigene VI dell’E.Coli. ARACYTIN ha anche mostrato di inibire le risposte immunitarie cellulo-mediate, come l’ipersensibilità ritardata cutanea al dinitroclorobenzene. Non ha invece mostrato alcun effetto in caso di reazioni di ipersensibilità ritardata già in atto.
Dopo 5 giorni di trattamento intensivo con ARACYTIN, si è osservata una soppressione della risposta immunitaria rilevata dai seguenti parametri: ingresso dei macrofagi nelle skin windows; risposta degli anticorpi circolanti alla stimolazione antigenica primaria; blastogenesi linfocitaria con fitoemoagglutinina.
Alcuni giorni dopo la sospensione della terapia, si è verificato un rapido ritorno alla normalità.
La tossicità della citarabina negli animali da laboratorio, analogamente alla sua attività, è marcatamente influenzata dallo schema di somministrazione.
Dopo somministrazione intraperitoneale unica di farmaco, la DL10 risulta superiore a 6000 mg/m², mentre dopo somministrazioni ripetute ogni 3 ore, suddivise in 8 volte, la DL10 risulta inferiore e corrisponde ad una dose totale pari a 750 mg/m².
Analogamente, benchè una dose totale di 1920 mg/m² somministrata in 12 iniezioni ad intervalli di 6 ore fosse letale per i cani beagle (grave ipoplasia midollare con danni epatici e renali), cani trattati con la stessa dose totale suddivisa in 8 iniezioni, sempre ad intervalli di 6 ore, sopravvissero con manifestazioni minime di tossicità. La principale alterazione riscontrata nei cani sopravvissuti fu un elevato livello delle transaminasi. In tutte le specie animali studiate, il principale effetto tossico è costituito dalla mieloinibizione con leucopenia. La citarabina è teratogena nel ratto ed induce anormalità dello sviluppo neonatale del cervelletto del ratto e del criceto.
Ogni fiala di solvente contiene: acqua per preparazioni iniettabili.
La citarabina è incompatibile in soluzione con vari farmaci; le incompatibilità sono in relazione a vari fattori come ad esempio la concentrazione dei farmaci, i diluenti impiegati, il pH della soluzione e la temperatura.
ARACYTIN è fisicamente incompatibile con: eparina, insulina, metotrexato, 5-fluorouracile, nafcillina, oxacillina, penicillina G, metilprednisolone sodio succinato e vitamine del gruppo B.
A confezionamento integro: 60 mesi.
Previa ricostituzione della soluzione la stabilità microbiologica è di 6 ore a temperatura ambiente e di 12 ore in frigorifero.
Non impiegare il prodotto se la soluzione non è limpida.
Vedere paragrafo 6.3.
Flaconi e fiale in vetro di classe I. Tappi in gomma butilica.
ARACYTIN 100 mg/5 ml: flacone contenente 100 mg di polvere liofilizzata + fiala solvente da 5 ml.
ARACYTIN 500 mg/10 ml: flacone contenente 500 mg di polvere liofilizzata + fiala solvente da 10 ml.
Vedere paragrafo 4.2 “Posologia e modo di somministrazione”
Pfizer Italia S.r.l. - Via Isonzo, 71 - 04100 Latina
AIC n. 022391015 - 1 flacone 100 mg/5 ml di polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso endovenoso o sottocutaneo
AIC n. 022391039 - 1 flacone 500 mg/10 ml di polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso endovenoso o sottocutaneo
31 maggio 2005
3 marzo 2009