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ARTILOG CAPSULE
Ogni capsula contiene 100 mg o 200 mg di celecoxib.
Le capsule di ARTILOG contengono lattosio (ogni capsula contiene rispettivamente 149,7 mg o 49,8 mg di lattosio monoidrato; vedere paragrafo 4.4).
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Capsule rigide.
Capsule opache di colore bianco con bande blu contrassegnate 7767 e 100.
Capsule opache di colore bianco con bande oro contrassegnate 7767 e 200.
Trattamento sintomatico dell’osteoartrosi, dell’artrite reumatoide e della spondilite anchilosante.
La decisione di prescrivere un inibitore selettivo della COX-2 deve essere basata su una valutazione dei rischi globali del singolo paziente (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
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Poiché i rischi cardiovascolari di celecoxib possono aumentare con il dosaggio e con la durata dell’esposizione, la durata del trattamento deve essere la più breve possibile e deve essere utilizzato il dosaggio giornaliero minimo efficace. La necessità di trattamento e larisposta alla terapia devono essere rivalutate periodicamente, specialmente nei pazienti con osteoartrosi (vedere paragrafi 4.3, 4.4, 4.8 e 5.1).
Osteoartrosi:
la dose giornaliera raccomandata è di 200 mg una volta al giorno o in due dosi refratte. In pazienti in cui il sollievo dei sintomi non si è dimostrato sufficiente, una dose da 200 mg due volte al giorno può aumentare l’efficacia. Dopo due settimane di trattamento, in assenza di un maggiore beneficio terapeutico, si devono valutare altre alternative terapeutiche.
Artrite Reumatoide:
la dose iniziale giornaliera raccomandata è di 200 mg in due dosi refratte. Se necessario, la dose può essere successivamente incrementata fino a 200 mg due volte al giorno. Dopo due settimane di trattamento, in assenza di un maggiore beneficio terapeutico, si devono valutare altre alternative terapeutiche.
Spondilite Anchilosante:
la dose giornaliera raccomandata è di 200 mg una volta al giorno o in due dosi refratte. In pazienti in cui il sollievo dei sintomi non si è dimostrato sufficiente, una dose da 400 mg una volta al giorno o in due dosi refratte può aumentare l’efficacia. Dopo due settimane di trattamento, in assenza di un maggiore beneficio terapeutico, si devono valutare altre alternative terapeutiche.
La dose massima giornaliera raccomandata è pari a 400 mg per tutte le indicazioni.
ARTILOG può essere assunto con o senza cibo.
Anziani:
(età superiore ai 65 anni): Come negli adulti più giovani, inizialmente si devono utilizzare 200 mg al giorno. Se necessario, la dose può essere successivamente incrementata fino a 200 mg due volte al giorno. Si richiede particolare attenzione nei pazienti anziani con peso corporeo inferiore ai 50 kg (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
Alterata funzionalità epatica:
in pazienti con moderata alterazione della funzionalità epatica accertata (albumina sierica compresa tra 25-35 g/l) il trattamento deve essere iniziato con un dosaggio pari alla metà di quello accomandato.
L’esperienza clinica in questo gruppo è limitata ai pazienti con cirrosi epatica (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.2).
Alterata funzionalità renale:
l’esperienza clinica in pazienti con alterazione lieve o moderata della funzionalità renale trattati con celecoxib è limitata; pertanto si consiglia di trattare con cautela questa categoria di pazienti (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.2).
Bambini:
l’uso di celecoxib non è indicato nei bambini.
Riduzione dell’attività metabolica del CYP2C9:
ai pazienti che presentano una riduzione – accertata o sospetta – dell’attività metabolica per il CYP2C9 sulla base del genotipo o di storia/esperienze precedenti con altri substrati del CY2C9, bisogna somministrare celecoxib con cautela, poiché il rischio di effetti indesiderati dose dipendenti aumenta in questi pazienti. In questi casi si deve considerare di dimezzare la dose minima raccomandata (vedere paragrafo 5.2).
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti (vedere paragrafo 6.1).
Ipersensibilità nota alle sulfonamidi.
Ulcera peptica attiva o sanguinamento gastrointestinale.
Soggetti nei quali si sono verificati accessi asmatici, rinite acuta, polipi nasali, edema angioneurotico,
orticaria o reazioni di tipo allergico dopo l’assunzione di acido acetilsalicilico o di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) inclusi gli inibitori della COX-2 (ciclo-ossigenasi-2).
Gravidanza e donne in età fertile che non fanno uso di adeguate misure contraccettive (vedere paragrafo 4.5).
Sono state osservate malformazioni nelle due specie animali studiate con celecoxib (vedere paragrafi 4.6 e 5.3). Il potenziale rischio derivante dalla somministrazione durante la gravidanza è sconosciuto, ma non può essere escluso.
Allattamento (vedere paragrafi 4.6 e 5.3).
Grave insufficienza epatica (albumina sierica < 25 g/l o punteggio Child-Pugh ³10).
Clearance stimata della creatinina renale <30 ml/min.
Infiammazione cronica dell’intestino.
Insufficienza cardiaca congestizia (NYHA II-IV).
Cardiopatia ischemica, arteriopatia periferica e/o vasculopatia cerebrale accertate.
Complicazioni a carico del tratto gastrointestinale superiore (perforazioni, ulcere o sanguinamenti), alcune delle quali fatali, sono state riscontrate in pazienti trattati con celecoxib. Si consiglia cautela nel trattamento di pazienti che presentano un rischio maggiore di complicanze gastrointestinali associate all’impiego di FANS: gli anziani, i pazienti che assumono contemporaneamente qualsiasi altro FANS o acido acetilsalicilico o i pazienti con anamnesi positiva per malattie gastrointestinali, quali ulcere e sanguinamento gastrointestinale.
Quando celecoxib viene assunto insieme all’acido acetilsalicilico (anche a basse dosi) si osserva un ulteriore aumento del rischio di eventi avversi gastrointestinali (ulcerazione gastrointestinale o altre complicazioni gastrointestinali).
Negli studi clinici a lungo termine non è stata dimostrata una differenza significativa nella sicurezza gastrointestinale tra gli inibitori selettivi della COX-2 + acido acetilsalicilico e FANS + acido acetilsalicilico (vedere paragrafo 5.1).
L’uso concomitante di celecoxib e FANS diversi dall’aspirina deve essere evitato.
In uno studio clinico a lungo termine controllato verso placebo in pazienti con poliposi adenomatosa sporadica trattati con celecoxib ai dosaggi di 200 mg BID e 400 mg BID rispetto al placebo è stato osservato un aumento del numero degli eventi cardiovascolari gravi, principalmente infarto del miocardio (vedere paragrafo 5.1).
Poiché i rischi cardiovascolari di celecoxib possono aumentare con il dosaggio e con la durata dell’esposizione, la durata del trattamento deve essere la più breve possibile e deve essere utilizzato il dosaggio giornaliero minimo efficace. La necessità di trattamento e la risposta alla terapia devono essere rivalutati periodicamente, specialmente nei pazienti con osteoartrosi (vedere paragrafi 4.2, 4.3, 4.8 e 5.1).
I pazienti con fattori di rischio significativi per eventi cardiovascolari (p.es. ipertensione, iperlipidemia, diabete mellito, abitudine al fumo di sigaretta) devono essere trattati con celecoxib solo dopo attenta valutazione (vedere paragrafo 5.1).
Gli inibitori selettivi della COX-2 non sono un sostituto dell’acido acetilsalicilico per la profilassi delle malattie tromboemboliche di origine cardiovascolare perché non hanno effetti antipiastrinici. Pertanto, la terapia antipiastrinica non deve essere interrotta (vedere paragrafo 5.1).
Analogamente a quanto riscontrato con altri farmaci che inibiscono la sintesi delle prostaglandine, in pazienti trattati con celecoxib sono stati riscontrati ritenzione di liquidi ed edemi. Pertanto, celecoxib deve essere usato con cautela nei pazienti con anamnesi positiva per insufficienza cardiaca, disfunzione ventricolare sinistra o ipertensione e nei pazienti con edema preesistente di altra natura, poiché l’inibizione delle prostaglandine può causare un peggioramento della funzionalità renale e ritenzione di liquidi. È inoltre richiesta cautela nei pazienti che assumono diuretici o che sono a rischio di ipovolemia.
Analogamente agli altri FANS, celecoxib può portare alla comparsa di ipertensione o al peggioramento dell’ipertensione pre-esistente, che possono entrambe contribuire all’aumento dell’incidenza degli eventi cardiovascolari. La pressione arteriosa deve quindi essere monitorata attentamente all’inizio della terapia con celecoxib e durante tutto il corso del trattamento.
Una compromissione della funzionalità renale o epatica e specialmente un’alterata funzionalità cardiaca sono più facilmente riscontrabili nei pazienti anziani e pertanto questi pazienti devono essere tenuti sotto appropriato controllo medico.
I FANS, incluso celecoxib, possono causare tossicità renale. Studi clinici condotti concelecoxib hanno dimostrato effetti a carico della funzionalità renale simili a quelli osservati con i FANS di confronto. I pazienti con rischio più elevato di tossicità renale sono quelli con funzionalità renale alterata, scompenso cardiaco, compromissione della funzionalità epatica e gli anziani. Tali pazienti devono essere attentamente monitorati durante il trattamento con celecoxib.
Se nel corso del trattamento si verifica un deterioramento delle condizioni cliniche del paziente di uno qualsiasi dei sistemi d’organo descritti sopra, devono essere adottate misure appropriate e deve essere presa in considerazione l’interruzione della terapia con celecoxib.
Celecoxib inibisce il citocromo CYP2D6. Sebbene non sia un forte inibitore di questo enzima, una riduzione della dose, su base individuale, può rendersi necessaria per i farmaci metabolizzati dal citocromo CYP2D6 (vedere 4.5). I pazienti che hanno un’attività metabolica ridotta per il CYP2C9 devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2).
Gravi reazioni cutanee, alcune delle quali fatali, tra cui dermatiti esfoliative, sindrome di Stevens-Johnson e epidermolisi necrotica sono state segnalate molto raramente in associazione all’uso di celecoxib (vedere paragrafo 4.8). I pazienti sembrano essere maggiormente a rischio per queste reazioni avverse nelle fasi iniziali del trattamento: nella maggior parte dei casi l’insorgenza dei sintomi si verifica entro il primo mese di trattamento. In pazienti in trattamento con celecoxib sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità (anafilassi e angioedema) (vedere paragrafo 4.8). I pazienti con anamnesi di allergia alle sulfonamidi o altre allergie da farmaci possono presentare un rischio maggiore di reazioni cutanee gravi o reazioni di ipersensibilità (vedere paragrafo 4.3). Il trattamento con celecoxib deve essere interrotto alla comparsa dei primi segni di eruzione cutanea, lesioni a livello delle mucose o di qualsiasi altro segno di ipersensibilità.
Celecoxib può mascherare gli stati febbrili e altri segni di infiammazione
In pazienti in concomitante trattamento con warfarin si sono verificati gravi episodi di sanguinamento. Si raccomanda cautela in caso di somministrazione contemporanea di celecoxib e warfarin ed altri anticoagulanti orali (vedere paragrafo 4.5).
Le capsule di ARTILOG 100 mg e 200 mg contengono lattosio (rispettivamente 149,7 mg e 49,8 mg). I pazienti che presentano rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, una carenza da Lapp lattasi o un malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.
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Interazioni farmacodinamiche
L’attività anticoagulante deve essere monitorata particolarmente nei primi giorni successivi all’inizio del trattamento o alla modifica del dosaggio di celecoxib in pazienti che assumono warfarin o altri anticoagulanti perché questi pazienti presentano un rischio maggiore di complicanze da sanguinamento. Pertanto, i pazienti in trattamento con anticoagulanti orali devono essere attentamente monitorati per il tempo di protrombina (INR), in particolare nei primi giorni di terapia quando inizia il trattamento con celecoxib o quando il dosaggio di celecoxib viene modificato (vedere 4.4.). Sono stati segnalati episodi di sanguinamento, alcuni dei quali fatali, associati ad incrementi del tempo di protrombina, soprattutto in pazienti anziani trattati con celecoxib e warfarin.
I FANS possono ridurre l’effetto dei diuretici e degli antipertensivi. Come per i FANS, il rischio di insufficienza renale acuta, che generalmente è reversibile, può aumentare in alcuni pazienti con funzionalità renale compromessa (p.es. pazienti disidratati o anziani) quando gli ACE-inibitori o gli antagonisti dei recettori dell’angiotensina II vengono associati insieme ai FANS, incluso celecoxib. Pertanto, la somministrazione di questi farmaci in associazione deve essere effettuata con cautela, specialmente nei pazienti anziani. I pazienti devono essere idratati in modo adeguato e si deve prendere in considerazione il monitoraggio della funzionalità renale dopo l’inizio del trattamento e successivamente su base periodica.
In uno studio clinico di 28 giorni effettuato su pazienti con ipertensione di stadio I e II controllata con lisinopril, la somministrazione di 200 mg BID di celecoxib non ha portato, rispetto al placebo, ad aumenti clinicamente significativi dei valori medi giornalieri della pressione arteriosa sistolica o diastolica, come risulta dal controllo pressorio ambulatoriale delle 24 ore. Tra i pazienti trattati con celecoxib 200 mg BID, 48% sono stati considerati non rispondenti al lisinopril alla visita clinica finale (pazienti che presentavano o una pressione arteriosa diastolica >90 mmHg oppure un aumento della pressione arteriosa diastolica >10% rispetto al basale), in confronto al 27% dei pazienti trattati con placebo; questa differenza è risultata statisticamente significativa.
E’ ipotizzabile che la co-somministrazione di FANS e ciclosporina o tacrolimus possa aumentare l’effetto nefrotossico di ciclosporina e tacrolimus. La funzionalità renale deve essere monitorata quando il celecoxib viene somministrato insieme ad uno di questi farmaci.
Celecoxib può essere utilizzato in associazione a bassi dosaggi di acido acetilsalicilico ma non è un sostituto dell’acido acetilsalicilico per la profilassi cardiovascolare. Negli studi registrativi, così come con altri FANS, la somministrazione concomitante di bassi dosaggi di acido acetilsalicilico ha evidenziato un aumento del rischio di ulcere gastrointestinali o di altre complicanze gastrointestinali se confrontato all’uso di celecoxib da solo (vedere paragrafo 5.1).
Interazioni farmacocinetiche
Effetti di celecoxib su altri farmaci
Celecoxib è un inibitore del citocromo CYP2D6. Durante il trattamento con celecoxib, le concentrazioni plasmatiche del destrometorfano, substrato del citocromo CYP2D6, sono aumentate del 136 %. Le concentrazioni plasmatiche dei farmaci che interagiscono con questo enzima possono aumentare in caso di somministrazione contemporanea di celecoxib. Gli antidepressivi (triciclici e inibitori selettivi del reuptake della serotonina), neurolettici, antiaritmici, ecc. costituiscono un esempio di questa categoria di farmaci. La dose determinata individualmente di tali farmaci, substrati del citocromo CYP2D6, può richiedere una riduzione quando è iniziato il trattamento con celecoxib, o un aumento quando viene interrotto.
Studi in vitro hanno dimostrato che celecoxib possiede un certo potenziale di inibizione nei confronti del metabolismo catalizzato dal citocromo CYP2C19. La rilevanza clinica di tale fenomeno, rilevato in vitro, non è nota. Diazepam, citalopram ed imipramina sono esempi di farmaci metabolizzati dal citocromo CYP2C19.
Nel corso di uno studio di interazione, celecoxib non ha evidenziato alcun effetto clinicamente significativo sulla farmacocinetica dei contraccettivi orali (1 mg noretisterone/ 35 mg etinilestradiolo).
Celecoxib non altera in misura clinicamente rilevante la farmacocinetica di tolbutamide (substrato del citocromo CYP2C9) o glibenclamide.
In pazienti con artrite reumatoide celecoxib non ha alterato in misura statisticamente significativa la farmacocinetica (clearance plasmatica o renale) del metotressato (alle dosi utilizzate in questa patologia). Tuttavia, un adeguato monitoraggio della tossicità del metotressato deve essere considerato in caso di associazione con celecoxib.
Nel volontario sano la co-somministrazione di celecoxib 200 mg due volte al giorno e di litio 450 mg due volte al giorno ha comportato un incremento medio dei valori della Cmax e della AUC del litio rispettivamente del 16 % e del 18 %. Pertanto i pazienti in terapia con litio devono essere strettamente monitorati quando viene iniziato o sospeso il trattamento con celecoxib.
Effetti di altri farmaci su celecoxib
Nei pazienti che presentano una riduzione dell’attività metabolica del CYP2C9 e che mostrano un aumento dell’esposizione sistemica al celecoxib, il trattamento concomitante con gli inibitori del CYP2C9 può aumentare ulteriormente l’esposizione al celecoxib. Nei pazienti con accertata riduzione dell’attività metabolica per il CYP2C9 bisogna evitare queste associazioni (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Poiché celecoxib viene metabolizzato principalmente dal citocromo CYP2C9, i pazienti in trattamento con fluconazolo devono essere trattati con un dosaggio pari alla metà di quello raccomandato. L’uso concomitante di una dose singola di celecoxib 200 mg e di 200 mg/die di fluconazolo, un potente inibitore del CYP2C9, ha causato un aumento medio della Cmax e della AUC di celecoxib rispettivamente del 60 % e del 130 %. L’uso concomitante degli induttori del citocromo CYP2C9 quali rifampicina, carbamazepina e barbiturici può ridurre le concentrazioni plasmatiche di celecoxib.
Il ketoconazolo o gli antiacidi non hanno prodotto alcuna alterazione della farmacocinetica di celecoxib.
Non sono disponibili dati clinici relativi all’impiego di celecoxib in gravidanza. Studi negli animali (ratto e coniglio) hanno evidenziato una tossicità sulla funzione riproduttiva, incluse malformazioni (vedere paragrafi 4.3 e 5.3). Il rischio potenziale derivante dalla somministrazione durante la gravidanza è sconosciuto, ma non può essere escluso. Analogamente ad altri farmaci inibitori della sintesi delle prostaglandine, celecoxib può causare inerzia uterina e chiusura prematura del dotto arterioso durante il terzo trimestre di gravidanza. Celecoxib è controindicato in caso di gravidanza accertata o possibile (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). In caso di gravidanza nel corso del trattamento, celecoxib deve essere sospeso.
Celecoxib viene escreto nel latte di ratto in fase di allattamento in concentrazioni simili a quelle riscontrabili nel plasma. La somministrazione di celecoxib a un numero ristretto di donne in allattamento ha dimostrato un’escrezione molto bassa di celecoxib nel latte materno. Le donne in trattamento con celecoxib non devono allattare.
I pazienti che avvertono capogiri, vertigini o sonnolenza durante il trattamento con celecoxib devono evitare di guidare o usare macchinari.
Le reazioni avverse sono elencate secondo la classificazione sistemica organica, e suddivise per frequenza nella Tabella 1, in base ai dati emersi dalle fonti seguenti:
Reazioni avverse segnalate in pazienti affetti da osteoartrosi e artrite reumatoide, con incidenze maggiori di 0,01% e maggiori di quelle riportate per il placebo, nel corso di 12 studi clinici vs placebo e/o altro controllo attivo della durata massima di 12 settimane, con dosaggi giornalieri di celecoxib che variavano da 100 mg a 800 mg. In altri studi condotti con FANS non selettivi come farmaci di confronto, circa 7.400 pazienti affetti da osteoartrosi e artrite reumatoide sono stati trattati con dosi giornaliere di celecoxib fino a un massimo di 800 mg, compresi i circa 2.300 pazienti in trattamento per un anno o più. Le reazioni avverse riscontrate con celecoxib in questi ulteriori studi sono risultate in linea con quelle segnalate nei pazienti affetti da osteoartrosi o artrite reumatoide elencate nella Tabella 1.
Reazioni avverse segnalate con incidenze maggiori rispetto al placebo per soggetti trattati con dosi giornaliere di 400 mg di celecoxib negli studi a lungo termine della durata di 3 anni sulla prevenzione della poliposi (studi APC e PreSAP; vedere paragrafo 5.1, Proprietà farmacodinamiche: Sicurezza cardiovascolare – Studi a lungo termine su pazienti con polipi adenomatosi sporadici).
Reazioni avverse risultanti dalla farmacovigilanza post-marketing segnalate spontaneamente in un arco di tempo in cui si stima siano stati trattati con celecoxib (con diverse dosi, durate e indicazioni) oltre 70 milioni di pazienti. Poiché non tutte le reazioni avverse da farmaco vengono segnalate al Titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio e incluse nel database di farmacovigilanza, non è possibile determinare con attendibilità le frequenze di queste reazioni.
Tabella 1. Reazioni avverse negli Studi clinici con Celecoxib e nella Farmacovigilanza post-marketing (Terminologia MedDRA)¹,²
| Frequenza delle reazioni avverse |
| Molto Comune (≥1/10) | Comune (≥1/100 e <1/10) | Non Comune (≥1/1000 e <1/100) | Raro (≥1/10,000 e <1/1000) | Frequenza non nota (Esperienza post-marketing)³ |
Infezioni ed infestazioni |
| | Sinusite, infezioni delle alte vie respiratorie, infezioni delle vie urinarie | | | |
Patologie del sistema emolinfopoietico |
| | | Anemia | Leucopenia, trombocitopenia | Pancitopenia |
Disturbi del sistema immunitario |
| | Peggioramento delle allergie | | | Reazioni allergiche gravi, shock anafilattico, anafilassi |
Disturbi psichiatrici |
| | Insonnia | Ansia, depressione, stanchezza | Confusione | Allucinazioni |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione |
| | | Iperkaliemia | | |
Patologie del sistema nervoso |
| | Capogiri, ipertonia | Parestesia, sonnolenza, infarto cerebrale¹ | Atassia, alterazioni del gusto | Cefalea, epilessia aggravata, meningite asettica, ageusia, anosmia, emorragia intracranica fatale |
Patologie dell’occhio |
| | | Visione offuscata | | Congiuntivite, emorragia oculare, occlusione delle arterie o delle vene della retina |
Patologie dell’orecchio e del labirinto |
| | | Tinnito, ipoacusia¹ | | |
Patologie cardiache |
| | Infarto del miocardio¹ | Scompenso cardiaco, palpitazioni, tachicardia | | Aritmia |
Patologie Vascolari |
| Ipertensione¹ | | Ipertensione aggravata | | Vampate, vasculite |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche |
| | Faringite, rinite, tosse, dispnea¹ | | | Broncospasmo |
Patologie gastrointestinali |
| | Dolore addominale, diarrea, dispepsia, flatulenza, vomito¹ disfagia¹ | Stipsi, eruttazione, gastrite, stomatite, peggioramento delle infiammazioni gastrointestinali | Ulcerazioni duodenali, gastriche, esofagee, intestinali e del colon; perforazione intestinale; esofagite, melena; pancreatite | Nausea, emorragia gastrointestinale, colite/colite aggravata |
Patologie epatobiliari |
| | | Alterata funzionalità epatica, aumento di SGOT e SGPT | Aumento degli enzimi epatici | Epatite, ittero, insufficienza epatica |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo |
| | Rash, prurito | Orticaria | Alopecia, fotosensibilità | Ecchimosi, eruzioni bollose, dermatite esfoliativa, eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, epidermolisi necrotica, angioedema |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo |
| | | Crampi agli arti inferiori | | Artralgia, miosite |
Patologie renali e urinarie |
| | | Aumento della creatinina, aumento dell’azotemia | | Insufficienza renale acuta, nefrite interstiziale, iponatriemia |
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella |
| | | | | Disturbi mestruali (non altrimenti definiti) |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione |
| | Sintomi influenzali, edema periferico/ ritenzione di liquidi | | | |
| | | | | |
¹ Reazioni avverse che si sono verificate negli studi sulla prevenzione della poliposi, con soggetti trattati con dosi giornaliere di 400 mg di celecoxib in 2 studi clinici della durata massima di 3 anni (studi APC e PreSAP). Le reazioni avverse sopra elencate per gli studi sulla prevenzione della poliposi sono soltanto quelle che erano state precedentemente identificate nella farmacovigilanza post-marketing, o che si sono verificate con maggior frequenza rispetto agli studi su osteoartrosi e artrite reumatoide. |
² Inoltre, le seguenti reazioni avverse precedentemente non note si sono verificate negli studi sulla prevenzione della poliposi, con soggetti trattati con 400 mg di celecoxib in 2 studi clinici della durata massima di 3 anni (studi APC ePreSAP). |
Comuni: angina pectoris, sindrome del colon irritabile, nefrolitiasi, aumento della creatininemia, ipertrofia prostatica benigna, incremento ponderale. |
Non comuni: infezione dahelicobacter, herpes zoster, erisipela, broncopolmonite, labirintite, infezione gengivale, lipoma, mosche volanti, emorragia congiuntivale, trombosi venosa profonda, disfonia, emorragia emorroidale, movimenti intestinali frequenti, ulcere della bocca, dermatite allergica, ganglio, nocturia, emorragia vaginale, sensibilità al seno, frattura degli arti inferiori, incremento del sodio ematico. |
³ Reazioni avverse segnalate spontaneamente al database di farmacovigilanza in un arco di tempo in cui sono stati trattati con celecoxib (con diverse dosi, durate e indicazioni) oltre 70 milioni di pazienti. Pertanto le frequenze di queste reazioni avverse non possono essere determinate con attendibilità. Le reazioni avverse elencate per la popolazione post-marketing sono soltanto quelle che non sono già elencate per gli studi su osteoartrosi e artrite reumatoide o sulla prevenzione della poliposi. |
Nei dati finali (aggiudicati) risultanti dagli studi APC e PreSAP nei pazienti trattati con dosi giornaliere di 400 mg di celecoxib per un periodo massimo di 3 anni (dati combinati di entrambi gli studi - vedere paragrafo 5.1 per i risultati dei singoli studi), l’incidenza maggiore dell’infarto miocardico rispetto al placebo era pari a 7,6 eventi per 1.000 pazienti (non comune), e non è stata riscontrata un’incidenza maggiore rispetto al placebo per quanto riguarda l’ictus (tipologie non differenziate).
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Non sono stati evidenziati casi di sovradosaggio. Dosi singole fino a 1200 mg e dosi multiple fino a 1200 mg due volte al giorno sono state somministrate in volontari sani per 9 giorni senza che si siano verificati eventi avversi clinicamente significativi. In caso di sospetto sovradosaggio occorre fornire assistenza medica appropriata, ad esempio lavanda gastrica, supervisione medica e, se necessario, l’istituzione di un trattamento sintomatico. Non si ritiene che la dialisi possa essere un metodo efficace per l’eliminazione del farmaco, dato il suo elevato legame con le proteine plasmatiche.
Categoria farmacoterapeutica: Antinfiammatori e antireumatici non steroidei, FANS, Coxib
Codice ATC M01AH01
Celecoxib è un inibitore selettivo della ciclo-ossigenasi-2 (COX-2), efficace per via orale, quando somministrato alla dose di 200-400 mg/die (intervallo di efficacia clinica). A queste dosi non è stato osservato nel volontario sano un effetto inibitorio statisticamente significativo sulla COX-1 (misurato come inibizione ex-vivo del trombossano B2 [TxB2]).
La ciclo-ossigenasi è responsabile della formazione di prostaglandine. Sono state identificate due isoforme della ciclo-ossigenasi, la COX-1 e la COX-2. E’ stato dimostrato che la COX-2 è l’isoforma dell’enzima indotta in risposta a stimoli pro-infiammatori e si ritiene che sia primariamente responsabile della sintesi dei prostanoidi che causano dolore, infiammazione e febbre. La COX-2 è anche coinvolta nei processi di ovulazione, impianto dell’ovulo e chiusura del dotto arterioso, nella regolazione della funzionalità renale e nell’attività del sistema nervoso centrale (induzione della febbre, percezione del dolore e funzionalità cognitiva). Può avere un ruolo anche nella cicatrizzazione delle ulcere: è stata infatti isolata nei tessuti circostanti ulcere gastriche nell’uomo, ma la sua importanza nel processo di cicatrizzazione delle ulcere non è stata stabilita.
La differenza nell’attività antipiastrinica tra alcuni FANS inibitori della COX-1 e gli inibitori selettivi della COX-2 può essere clinicamente significativa in pazienti a rischio di reazioni tromboemboliche. Gli inibitori della COX-2 riducono la formazione della prostaciclina sistemica (e quindi forse anche di quella endoteliale) senza agire sul trombossano piastrinico.
Celecoxib è un pirazolo diaril-sostituito, chimicamente simile ad altre sulfonamidi non-arilaminiche (es. tiazidici, furosemide) ma che differisce dalle sulfonamidi arilaminiche (es. sulfametossazolo e altri antibiotici sulfonamidici).
Un effetto dose-dipendente sul TxB2 è stato osservato in seguito alla somministrazione di alte dosi di celecoxib. Tuttavia, in studi di dimensioni ridotte, condotti su volontari sani con dosi multiple da 600 mg BID (3 volte il dosaggio massimo raccomandato), celecoxib non ha evidenziato alcun effetto sull’aggregazione piastrinica e sul tempo di sanguinamento rispetto al placebo.
Sono stati effettuati numerosi studi clinici che hanno confermato l’efficacia e la sicurezza di celecoxib nell’osteoartrosi, nell’artrite reumatoide e nella spondilite anchilosante. Celecoxib è stato valutato nel trattamento degli stati infiammatori e dolorosi nell’osteoartrosi del ginocchio e dell’anca in circa 4.200 pazienti arruolati in studi clinici fino a 12 settimane, controllati verso placebo e farmaci attivi. Celecoxib è stato valutato anche per il trattamento degli stati infiammatori e dolorosi nell’artrite reumatoide in circa 2.100 pazienti arruolati in studi clinici fino a 24 settimane controllati verso placebo e farmaci attivi. Con l’impiego di celecoxib in dosi giornaliere di 200-400 mg è stata ottenuta una riduzione del dolore in meno di 24 ore dalla somministrazione. Celecoxib è stato valutato inoltre per il trattamento sintomatico della spondilite anchilosante in 896 pazienti arruolati in studi clinici fino a 12 settimane controllati verso placebo e farmaci attivi. In questi studi, somministrato in dosi di 100 mg BID, 200 mg QD, 200 mg BID e 400 mg QD, Celecoxib ha dimostrato un significativo miglioramento del dolore, dell’attività globale di malattia e della funzionalità nella spondilite anchilosante.
Cinque studi controllati, randomizzati in doppio cieco, hanno previsto il controllo endoscopico del tratto gastrointestinale superiore su circa 4.500 pazienti, trattati a dosaggi di 50 - 400 mg BID di celecoxib e che all’inizio dello studio non presentavano ulcerazioni. Negli studi endoscopici a 12 settimane celecoxib (100-800 mg/die) è stato associato ad un rischio significativamente inferiore di ulcere gastroduodenali rispetto a naprossene (1000 mg/die) ed ibuprofene (2400 mg/die). I dati non sono risultati significativi rispetto al diclofenac (150 mg/die). In due degli studi a 12 settimane la percentuale di pazienti con ulcerazione gastroduodenale endoscopicamente rilevata non è stata significativamente diversa rispetto al placebo e a celecoxib 200 mg BID e 400 mg BID.
In uno studio prospettico a lungo termine condotto per valutare la sicurezza del trattamento (studio CLASS, durata 6-15 mesi), 5.800 pazienti con osteoartrosi e 2.200 pazienti con artrite reumatoide sono stati trattati con celecoxib 400 mg BID (rispettivamente 4 volte e 2 volte i dosaggi raccomandati per l’osteoartrosi e l’artrite reumatoide), ibuprofene 800 mg TID o diclofenac 75 mg BID (entrambi ai dosaggi terapeutici). Il 22% dei pazienti arruolati assumeva contemporaneamente bassi dosaggi di acido acetilsalicilico (£ 325 mg/die), principalmente per la profilassi cardiovascolare. Per quanto concerne l’endpoint primario, ovvero il numero di ulcere complicate (definite come sanguinamento gastrointestinale, perforazione o ostruzione), celecoxib non si è dimostrato significativamente diverso dall’ibuprofene o dal diclofenac valutati singolarmente. Anche quando il confronto è stato effettuato con i FANS nel loro complesso non è stata osservata una differenza statisticamente significativa per le ulcere complicate (rischio relativo 0.77, 95% IC 0.41-1.46, basato sull’intera durata del trattamento). Per quanto riguarda l’endpoint combinato, ovvero le ulcere complicate e sintomatiche, l’incidenza è stata significativamente inferiore nel gruppo trattato con celecoxib rispetto al gruppo in trattamento con FANS (rischio relativo 0.66, 95% IC 0.45-0.97), anche se questa differenza non è stata riscontrata tra celecoxib e diclofenac. Nei pazienti in trattamento con celecoxib e bassi dosaggi di acido acetilsalicilico è stata segnalata una frequenza di ulcere complicate 4 volte maggiore rispetto ai pazienti che assumevano solo celecoxib. L’incidenza di riduzioni clinicamente significative dei livelli di emoglobina (>2 g/dl), confermata da test ripetuti, è stata significativamente inferiore nei pazienti in trattamento con celecoxib rispetto al gruppo di pazienti in trattamento con i FANS (rischio relativo 0.29, 95% IC 0.17-0.48). L’incidenza significativamente inferiore di questo evento è rimasta inalterata sia con o senza l’uso di acido acetilsalicilico.
Sicurezza cardiovascolare – Studi a lungo termine su pazienti con polipi adenomatosi sporadici
Con Celecoxib sono stati condotti due studi su pazienti con polipi adenomatosi sporadici: lo studio APC (Adenoma Prevention with Celecoxib) e lo studio PreSAP (Prevention of Spontaneous Adenomatous Polyps). Nello studio APC, con Celecoxib è stato riportato un aumento dose-correlato dell’endpoint combinato (aggiudicato) di morte cardiovascolare, infarto miocardico o ictus rispetto al placebo, nel corso dei 3 anni di trattamento. Per lo stesso endpoint combinato, lo studio PreSAP non ha mostrato un aumento statisticamente significativo del rischio.
Nello studio APC i rischi relativi rispetto al placebo per l’endpoint combinato (aggiudicato) di morte cardiovascolare, infarto miocardico o ictus sono stati di 3,4 (95% IC 1,4-8,5) con dose di 400 mg BID di celecoxib e di 2,8 (95% IC 1,1-7,2) con dose di 200 mg BID di celecoxib. Le percentuali cumulate nell’arco di 3 anni per questo endpoint combinato sono risultate pari a 3,0% (20/671 pazienti) e a 2,5% (17/685 pazienti) rispettivamente, rispetto allo 0,9% (6/679 pazienti) per il placebo. Gli aumenti per entrambi i gruppi in trattamento con celecoxib rispetto al placebo sono stati dovuti principalmente a una maggiore incidenza dell’infarto miocardico.
Nello studio PreSAP, il rischio relativo rispetto al placebo per questo stesso endpoint combinato (aggiudicato) è stato di 1,2% (95% IC 0,6 – 2,4) con dose singola giornaliera di 400 mg di celecoxib, rispetto al placebo. Le percentuali cumulate nei 3 anni per questo endpoint combinato sono state 2,3% (21/933 pazienti) e 1,9% (12/628 pazienti), rispettivamente. L’incidenza di infarto miocardico (aggiudicato) è risultata pari a 1,0% (9/933 pazienti) con dose singola giornaliera di 400 mg di celecoxib e a 0.6% (4/628 pazienti) con placebo.
I dati provenienti da un terzo studio a lungo termine, ADAPT (The Alzheimer’s Disease Anti-inflammatory Prevention Trial), non hanno mostrato un aumento significativo del rischio cardiovascolare con celecoxib 200 mg BID rispetto al placebo. Il rischio relativo rispetto al placebo per un endpoint combinato simile (morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus) è stato pari a 1,14 (95% IC 0,61 – 2,12) con 200 mg BID di celecoxib. L’incidenza di infarto miocardico è risultata pari a 1,1% (8/717 pazienti) con celecoxib 200 mg BID e a 1,2% (13/1070) con placebo.
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Celecoxib è ben assorbito e raggiunge il picco plasmatico dopo circa 2-3 ore. L’assunzione a stomaco pieno (pasto ricco di grassi) ritarda l’assorbimento di circa 1 ora.
Celecoxib viene principalmente eliminato dopo metabolizzazione; meno dell’1% della dose è escreta in forma immodificata nelle urine. La variabilità soggettiva nell’esposizione al celecoxib è di circa 10 volte. Celecoxib presenta un profilo farmacocinetico dose e tempo-indipendente nell’ambito dell’intervallo posologico terapeutico. Alle concentrazioni plasmatiche che corrispondono alle dosi terapeutiche il legame con le proteine plasmatiche è pari a circa il 97%. Celecoxib non si lega in modo preferenziale agli eritrociti. L’emivita di eliminazione è pari a 8-12 ore. Le concentrazioni plasmatiche allo steady state sono raggiunte entro 5 giorni dall’inizio del trattamento. L’attività farmacologica viene esercitata dal principio attivo immodificato. I principali metaboliti trovati in circolo non hanno un’attività rilevabile sulla COX-1 o sulla COX-2.
Il metabolismo del Celecoxib è mediato principalmente dal citocromo P450 2C9. Nel plasma umano sono stati identificati tre metaboliti, inattivi come inibitori della COX-1 o della COX-2, cioè un alcol primario, il corrispondente acido carbossilico e il suo glicuroconiugato.
L’attività del citocromo P450 2C9 è ridotta nei soggetti con polimorfismi genetici che portano a una riduzione dell’attività enzimatica, come quelli omozigoti per il polimorfismo del CYP2C9*3.
In uno studio farmacocinetico con monosomministrazione giornaliera di 200 mg di celecoxib a volontari sani, con diversi genotipi come CYP2C9*1/*1, CYP2C9*1/*3 o CYP2C9*3/*3, la Cmax e l’AUC 0-24 mediane di celecoxib al settimo giorno sono risultate rispettivamente circa 4 e 7 volte più elevate nei soggetti con genotipo CYP2C9*3/*3, rispetto agli altri genotipi. In tre studi distinti con dosi singole, su un totale di 5 soggetti con genotipo CYP2C9*3/*3, l’AUC 0-24 per singola dose è quasi triplicata rispetto ai metabolizzatori normali. Si calcola che la frequenza del genotipo *3/*3 omozigote sia pari a 0,3-1,0% tra i diversi gruppi etnici.
Ai pazienti con accertata o sospetta riduzione dell’attività metabolica per il CYP2C9 sulla base della storia/esperienze precedenti con altri substrati del CYP2C9 bisogna somministrare celecoxib con cautela (vedere paragrafo 4.2).
Non sono state rilevate differenze clinicamente significative nei parametri di farmacocinetica del celecoxib tra i pazienti anziani di etnia afro-americana e quelli di etnia caucasica.
La concentrazione plasmatica di celecoxib risulta quasi raddoppiata nelle donne anziane (età >65 anni).
Rispetto ai soggetti con funzionalità epatica normale, i pazienti con lieve alterazione della funzionalità epatica hanno evidenziato un incremento medio della Cmax e della AUC di celecoxib rispettivamente del 53% e del 26%. I corrispondenti valori in pazienti con alterazione moderata della funzionalità epatica sono stati pari a 41% e 146% rispettivamente. La capacità metabolica in pazienti con alterazione da lieve a moderata è stata direttamente correlata ai valori dell’albumina. Nei pazienti con moderata alterazione della funzionalità epatica (albumina sierica compresa tra 25-35 g/l) il trattamento deve essere iniziato con un dosaggio pari alla metà di quello raccomandato. I pazienti con grave alterazione della funzionalità epatica (albumina sierica < 25 g/l) non sono stati studiati e pertanto celecoxib è controindicato in questa popolazione.
L’esperienza sull’uso di celecoxib in pazienti con compromissione della funzionalità renale è limitata. La farmacocinetica del farmaco non è stata studiata in pazienti con alterazione della funzionalità renale ma è improbabile che questa possa subire variazioni significative in questa popolazione. Si raccomanda pertanto cautela nel trattare pazienti con alterazione della funzionalità renale. L’impiego di celecoxib in caso di grave alterazione della funzionalità renale è controindicato.
Negli studi convenzionali di tossicità embrio-fetale la comparsa di ernia diaframmatica in feti di ratto e di malformazioni cardiovascolari in feti di coniglio in seguito a esposizione sistemica al farmaco in forma libera è stata di circa 5 volte (ratto) e 3 volte (coniglio) più elevata rispetto ai livelli raggiunti alla massima dose giornaliera raccomandata nell’uomo (400 mg). È stata osservata inoltre la comparsa di ernia diaframmatica nel ratto in uno studio di tossicità peri-post natale, che prevedeva l’esposizione durante il periodo dell’organogenesi. In questo studio, la più bassa esposizione sistemica a cui si è verificata quest’anomalia in un singolo animale è stata stimata pari a 3 volte la dose raccomandata nell’uomo.
Nell’animale, l’esposizione a celecoxib durante le prime fasi dello sviluppo embrionale ha avuto come effetto perdite pre- e post-impianto. Questi effetti sono attesi in quanto conseguenti all’inibizione della sintesi delle prostaglandine.
Celecoxib viene escreto nel latte di ratto. In studi peri-post natali effettuati sul ratto è stata osservata tossicità fetale.
Gli studi convenzionali di genotossicità o carcinogenesi non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo, al di là di quelli descritti in altre sezioni del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto. In uno studio di tossicità a due anni in ratti maschi a dosi elevate è stato osservato un aumento di trombosi in tessuti diversi dalla ghiandola surrenale.
Le capsule da 100 mg contengono lattosio monoidrato, sodio laurilsolfato, povidone K30, croscarmellosa sodica e magnesio stearato. Gli involucri delle capsule contengono: gelatina, titanio diossido E171; l’inchiostro contiene indigotina E132.
Le capsule da 200 mg contengono lattosio monoidrato, sodio laurilsolfato, povidone K30, croscarmellosa sodica e magnesio stearato. Gli involucri delle capsule contengono: gelatina, titanio diossido E171; l’inchiostro contiene ossido di ferro giallo E172.
Non pertinente
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Astucci da 2 cps, 6 cps, 10 cps, 20 cps, 30 cps, 40 cps, 50 cps, 60 cps, 100 cps, 10 x 10 cps, 10 x 30 cps, 10 x 50 cps, 1 x 50 cps in unità separabili, 1 x 100 cps in unità separabili.
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10 capsule rigide 100 mg 034622175/M
20 capsule rigide 100 mg 034622187/M
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40 capsule rigide 100 mg 034622201/M
50 capsule rigide 100 mg 034622213/M
60 capsule rigide 100 mg 034622225/M
100 capsule rigide 100 mg 034622237/M
10 x 10 capsule rigide 100 mg 034622249/M
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100 capsule rigide 100 mg 034622377/M
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10 x 30 capsule rigide 100 mg 034622391/M
10 x 50 capsule rigide 100 mg 034622403/M
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100 capsule rigide 200 mg 034622516/M
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30 capsule rigide 200 mg 034622617/M
40 capsule rigide 200 mg 034622629/M
50 capsule rigide 200 mg 034622631/M
60 capsule rigide 200 mg 034622643/M
100 capsule rigide 200 mg 034622656/M
10 x 10 capsule rigide 200 mg 034622668/M
10 x 30 capsule rigide 200 mg 034622670/M
10 x 50 capsule rigide 200 mg 034622682/M
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40 capsule rigide 200 mg 034622769/M
50 capsule rigide 200 mg 034622771/M
60 capsule rigide 200 mg 034622783/M
100 capsule rigide 200 mg 034622795/M
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10 x 30 capsule rigide 200 mg 034622819/M
10 x 50 capsule rigide 200 mg 034622821/M
1 x 50 capsule rigide 200 mg in unità separabili 034622833/M
1 x 100 capsule rigide 200 mg in unità separabili 034622845/M
4 agosto 2000/3 dicembre 2004
12 febbraio 2008