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COMBIVIR
Ogni compressa rivestita con film contiene 150 mg di lamivudina e 300 mg di zidovudina.
Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1.
Compresse rivestite con film.
Le compresse rivestite con film sono divisibili, a forma di capsula, di colore da bianco a biancastro, con impresso “GXFC3” su entrambi i lati.
Combivir è indicato nella terapia di associazione antiretrovirale per il trattamento dell’infezione da Virus dell’Immunodeficienza Umana (HIV) (vedere paragrafo 4.2).
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La terapia deve essere iniziata da un medico con esperienza nella gestione dell’infezione da HIV.
Combivir può essere assunto con o senza cibo.
Al fine di garantire la somministrazione dell’intera dose, la compressa dovrebbe idealmente essere deglutita senza essere rotta. Per i pazienti che non sono in grado di deglutire le compresse, queste possono essere frantumate e aggiunte ad una piccola quantità di cibo semi-solido o di liquido, il tutto deve essere assunto immediatamente (vedere paragrafo 5.2).
Adulti e adolescenti di peso almeno pari a 30 kg: la dose raccomandata di Combivir è di una compressa due volte al giorno.
Bambini di peso compreso fra 21 kg e 30 kg: la dose orale raccomandata di Combivir è di mezza compressa assunta al mattino e di una compressa intera assunta alla sera.
Bambini di peso compreso fra 14 kg e 21 kg: la dose orale raccomandata di Combivir è di mezza compressa due volte al giorno.
Il regime posologico per pazienti in età pediatrica che pesino tra 14 e 30 kg è basato soprattutto su modelli farmacocinetici e supportato dai dati derivanti da studi clinici, che prevedono l’uso dei componenti singoli lamivudina e zidovudina. Può verificarsi una sovraesposizione farmacocinetica di zidovudina, perciò deve essere assicurato un attento monitoraggio di questi pazienti. Se si verifica intolleranza gastrointestinale nei pazienti con peso compreso fra 21 e 30 kg, può essere adottato uno schema posologico alternativo che prevede l’assunzione di mezza compressa tre volte al giorno nel tentativo di migliorare la tollerabilità.
Non si devono usare le compresse di Combivir in bambini con peso inferiore ai 14 kg, dal momento che non è possibile aggiustare in modo appropriato le dosi in base al peso del bambino. Questi pazienti devono assumere lamivudina e zidovudina in formulazioni separate secondo le raccomandazioni di dosaggio prescritte per questi prodotti. Per questi pazienti e per quelli non in grado di inghiottire le compresse, sono disponibili le soluzioni orali di lamivudina e zidovudina.
Dove siano necessarie o l’interruzione della terapia con uno dei principi attivi di Combivir o la riduzione di dose, sono disponibili preparazioni a base di lamivudina e zidovudina separate in compresse/ capsule o in soluzione orale.
Compromissione renale: nei pazienti con compromissione renale, i livelli di lamivudina e zidovudina sono aumentati a causa della ridotta clearance. Pertanto, poiché possono essere necessari aggiustamenti della posologia si raccomanda di utilizzare preparazioni separate di lamivudina e zidovudina nei pazienti con ridotta funzionalità renale (clearance creatinina <50 ml/min). Il medico è invitato a fare riferimento per la prescrizione di questi farmaci alle informazioni relative ai singoli medicinali.
Compromissione epatica: dati limitati in pazienti con cirrosi suggeriscono che può verificarsi accumulo di zidovudina in pazienti con compromissione epatica a causa della diminuzione della glucuronidazione. I dati ottenuti da pazienti con compromissione epatica di entità da moderata a grave, mostrano che la farmacocinetica della lamivudina non è significativamente alterata dalla disfunzione epatica. Tuttavia, poichè possono rendersi necessari adattamenti posologici della zidovudina, si raccomanda di usare preparazioni separate di lamivudina e zidovudina nei pazienti con grave compromissione epatica. Il medico è invitato a fare riferimento per la prescrizione di questi farmaci alle informazioni relative ai singoli medicinali.
Aggiustamenti posologici nei pazienti con reazioni avverse ematologiche: possono rendersi necessari aggiustamenti nella posologia della zidovudina se i livelli di emoglobina scendono al di sotto di 9 g/dl o 5,59 mmol/l o la conta dei neutrofili scende al di sotto di 1,0 x 109/l (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). Poichè non è possibile l’aggiustamento della posologia di Combivir devono essere usate preparazioni separate di zidovudina e lamivudina. Il medico è invitato a fare riferimento per la prescrizione di questi farmaci alle informazioni relative ai singoli medicinali.
Posologia nell’anziano: non sono disponibili dati specifici, tuttavia è consigliata speciale attenzione in questa classe di età alla quale si associano modificazioni come la diminuita funzionalità renale e le alterazioni dei parametri ematologici.
Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
La zidovudina è controindicata nei pazienti con marcata neutropenia (<0,75 x 109/l) oppure con livelli molto bassi di emoglobina (<7,5 g/dl o 4,65 mmol/l). Pertanto Combivir è controindicato in questi pazienti (vedere paragrafo 4.4).
In questa sezione vengono incluse le speciali avvertenze e precauzioni relative sia alla lamivudina sia alla zidovudina. Non vi sono ulteriori precauzioni e avvertenze relative al prodotto di associazione Combivir.
Nei casi in cui viene richiesto un aggiustamento della posologia, si raccomanda che vengano somministrate preparazioni medicinali separate di lamivudina e zidovudina (vedere paragrafo 4.2). In questi casi il medico è invitato a far riferimento alle informazioni relative ai singoli medicinali.
L’uso concomitante di stavudina con zidovudina deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5).
Infezioni opportunistiche
I pazienti che ricevono Combivir o altre terapie antiretrovirali possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche ed altre complicanze dell’infezione da HIV. Pertanto i pazienti devono rimanere sotto stretta osservazione clinica da parte di medici esperti nel trattamento dell’infezione da HIV.
Trasmissione dell’HIV: i pazienti vanno avvertiti che l’attuale terapia antiretrovirale, incluso il Combivir, non si è dimostrata in grado di impedire la trasmissione dell’HIV ad altri, tramite contatti sessuali o per contaminazione con il sangue. Si devono continuare a prendere le adeguate precauzioni.
Reazioni ematologiche avverse
Ci si può attendere che nei pazienti in trattamento con zidovudina si verifichino anemia, neutropenia e leucopenia (di solito secondaria alla neutropenia). Queste reazioni avvengono con maggior frequenza ai dosaggi più alti di zidovudina (1200-1500 mg/die) e in pazienti con una scarsa riserva di tessuto midollare prima del trattamento, in particolar modo in quelli con una malattia da HIV in fase avanzata. Pertanto i parametri ematologici devono essere attentamente tenuti sotto controllo (vedere paragrafo 4.3) nei pazienti che ricevono Combivir. Questi effetti ematologici di solito non vengono osservati prima di 4-6 settimane di trattamento. Nei pazienti con malattia da HIV sintomatica in fase avanzata, si raccomanda generalmente di effettuare i controlli ematologici almeno ogni due settimane per i primi tre mesi di terapia ed almeno ogni mese in seguito.
Nei pazienti con malattia da HIV in fase precoce le reazioni avverse ematologiche sono infrequenti. A seconda delle condizioni generali del paziente i test ematologici possono essere effettuati con minor frequenza, per esempio ogni uno-tre mesi.
Inoltre, può essere richiesto un aggiustamento della posologia della zidovudina se si verificano anemia grave e mielosoppressione durante il trattamento con Combivir, o nei pazienti con preesistente compromissione midollare, ad es. emoglobina <9 g/dl (5,59 mmol/l) o conta dei neutrofili <1,0 x 109/l (vedere paragrafo 4.2).
Poichè non è possibile un aggiustamento della posologia di Combivir, devono essere impiegate preparazioni separate di lamivudina e zidovudina. Il medico è invitato a far riferimento, per la prescrizione di questi farmaci, alle informazioni relative ai singoli medicinali.
Pancreatite
Raramente si sono verificati casi di pancreatite nei pazienti trattati con lamivudina e zidovudina.
Tuttavia non è chiaro se questi casi siano stati provocati dal trattamento antiretrovirale o dalla malattia da HIV in corso. Il trattamento con Combivir deve essere interrotto immediatamente se si verificano segni clinici, sintomi, o anomalie di laboratorio indicativi di pancreatite.
Acidosi lattica
Con l’uso di analoghi nucleosidici è stata riportata acidosi lattica di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattacidemia sintomatica) che includono sintomi non gravi a carico dell’apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita di appetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o sintomi neurologici (compresa debolezza motoria).
L’acidosi lattica presenta un’alta mortalità e può essere associata a pancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale.
L’acidosi lattica è stata in genere osservata sia dopo i primi mesi di trattamento sia dopo molti mesi.
Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattacidemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotransferasi.
Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di malattia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool).
I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono essere ad alto rischio.
I pazienti con aumentato rischio devono essere attentamente seguiti.
Disfunzione mitocondriale
È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici (anemia, neutropenia), disturbi metabolici (iperlattatemia e iperlipasemia).
Questi eventi sono spesso transitori. Sono stati riportati disturbi neurologici a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). Al momento non è noto se i disturbi neurologici siano transitori o permanenti. Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIVnegativi, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV.
Lipodistrofia
La terapia antiretrovirale combinata è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) in pazienti con infezione da HIV. Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente sconosciute. La conoscenza del meccanismo è incompleta. É stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi (PIs) e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI’s). Un rischio maggiore di lipodistrofia è stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l’età avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici associati. L’esame clinico deve includere la valutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso.
Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi serici e della glicemia a digiuno. I disturbi del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata (vedere sezione 4.8).
Sindrome da riattivazione immunitaria
In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche serie, o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Esempi rilevanti di ciò sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis jiroveci (precedentemente nota come polmonite da Pneumocystis carinii). Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e deve essere instaurato un trattamento, se necessario.
Malattia epatica
Se la lamivudina viene impiegata in concomitanza per il trattamento dell’HIV e dell’HBV, nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Zeffix sono disponibili ulteriori informazioni relative all’impiego di lamivudina nel trattamento dell’infezione da virus dell’epatite B.
La sicurezza e l’efficacia della zidovudina non sono state stabilite nei pazienti con significativi disturbi epatici concomitanti.
I pazienti con epatite cronica B o C e trattati con una terapia di combinazione antiretrovirale sono considerati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante contro l’epatite B o C si faccia riferimento alle relative informazioni di tali medicinali.
Se Combivir viene sospeso nei pazienti con infezione concomitante da virus dell’epatite B, si raccomanda un controllo periodico sia dei test di funzionalità epatica sia dei marker di replicazione dell’HBV per 4 mesi, dal momento che la sospensione della lamivudina può condurre ad una riacutizzazione dell’epatite.
I pazienti con disfunzione epatica pre-esistente, comprendente l’epatite cronica attiva, presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalità epatica durante la terapia antiretrovirale di combinazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualora si evidenzi un peggioramento della malattia epatica in tali pazienti, si deve prendere in considerazione l’interruzione o la definitiva sospensione del trattamento.
Pazienti con co-infezione da virus dell’epatite C: L’uso concomitante di ribavirina con zidovudina non è raccomandato a causa dell’aumentato rischio di anemia (vedere paragrafo 4.5).
Osteonecrosi
Sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcol, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Ai pazienti deve essere raccomandato di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento.
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Poichè Combivir contiene lamivudina e zidovudina ogni interazione che sia stata identificata con i singoli medicinali può verificarsi con Combivir. La probabilità di interazioni metaboliche con la lamivudina è bassa a causa del limitato metabolismo e del basso legame con le proteine plasmatiche e della clearance renale pressoché completa. La zidovudina è eliminata principalmente mediante la coniugazione epatica con un metabolita inattivo glucuronidato. I medicinali che vengono eliminati principalmente attraverso il metabolismo epatico specialmente attraverso la via della glucuronidazione, possono inibire potenzialmente il metabolismo della zidovudina. Le interazioni riportate di seguito non devono essere considerate complete ma sono rappresentative delle classi di medicinali che richiedono cautela.
Il metabolismo della lamivudina e della zidovudina non coinvolge il citocromo CYP3A, rendendo improbabili le interazioni con medicinali metabolizzati attraverso questo sistema (ad es. i PI).
Interazioni relative alla lamivudina
Deve essere tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza al Combivir, in particolar modo quando la via di eliminazione principale è la secrezione renale attiva, specialmente attraverso il sistema di trasporto dei cationi, come ad es. trimetoprim. Gli analoghi nucleosidici (ad es. la zidovudina, la didanosina e la zalcitabina) ed altri medicinali (ad es. ranitidina, cimetidina) sono eliminati solo in parte per mezzo di questo sistema e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina.
La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento del 40% nella esposizione alla lamivudina, a causa del componente trimetoprim; il componente sulfametossazolo non interagisce. Tuttavia, nessuna modifica posologica della lamivudina è necessaria, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale (vedere paragrafo 4.2.). La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametossazolo. Quando è giustificata la somministrazione concomitante di co-trimossazolo il paziente deve essere tenuto sotto osservazione clinica. Deve essere evitata la somministrazione di Combivir in concomitanza con alte dosi di co-trimossazolo per il trattamento della polmonite da Pneumocystis jiroveci (precedentemente nota come polmonite da Pneumocystis carinii [PCP] e della toxoplasmosi.
La somministrazione contemporanea di lamivudina con ganciclovir o foscarnet per via endovenosa non è raccomandata.
Interazioni relative alla zidovudina
Dati limitati suggeriscono che la somministrazione concomitante di zidovudina e rifampicina riduce l’area sotto la curva (AUC) della zidovudina del 48% + 34%. Tuttavia il significato clinico di tale osservazione è sconosciuto. Non sono state formalmente valutate modifiche della dose di zidovudina in tale situazione.
Dati limitati indicano che il probenecid aumenta l’emivita media e l’area sotto la curva della concentrazione plasmatica della zidovudina attraverso una riduzione della glucuronidazione. L’escrezione renale del glucuronide (e forse anche della zidovudina stessa), è ridotta in presenza di probenecid. Pazienti che assumono entrambi i medicinali devono essere attentamente monitorati per tossicità ematologica.
In alcuni pazienti in terapia con zidovudina sono stati segnalati bassi livelli ematici di fenitoina, mentre in un paziente si é osservato un incremento degli stessi. Tali osservazioni suggeriscono che i livelli di fenitoina devono essere attentamente controllati in pazienti che ricevono Combivir e fenitoina.
In uno studio di farmacocinetica, la somministrazione concomitante di zidovudina e atovaquone in compresse ha mostrato una riduzione della clearance della zidovudina dopo somministrazione orale che ha portato ad un incremento del 35% + 23% della AUC della zidovudina plasmatica. La modalità di interazione non è nota e, dal momento che concentrazioni maggiori di atovaquone possono essere ottenute con atovaquone in sospensione, è possibile che variazioni maggiori nei valori dell’AUC per zidovudina possano essere indotte quando atovaquone viene somministrato come sospensione orale. Considerati i dati limitati disponibili, il significato clinico di ciò non è conosciuto.
L’acido valproico, il fluconazolo o il metadone, quando somministrati in concomitanza con la zidovudina, hanno mostrato di aumentare l’AUC della zidovudina, con una corrispondente riduzione della sua clearance. Poiché sono disponibili solo dati limitati, il significato clinico non è conosciuto. Se la zidovudina è usata contemporaneamente all’acido valproico, al fluconazolo o al metadone, i pazienti devono essere attentamente monitorati per potenziale tossicità della zidovudina.
Zidovudina e stavudina in combinazione sono antagonisti, in vitro,pertanto l’uso concomitante della stavudina con Combivir deve essere evitato (vedere paragrafo 4.4).
Un peggioramento dell’anemia dovuta a ribavirina è stato riportato quando zidovudina è inclusa nel regime di trattamento dell’HIV, sebbene l’esatto meccanismo non sia ancora stato stabilito. L’uso concomitante di ribavirina con zidovudina non è raccomandato dato l’aumentato rischio di anemia (vedere paragrafo 4.4). Occorre prendere in considerazione la sostituzione di zidovudina nel regime di combinazione ART se tale regime è già stato intrapreso. Ciò è particolarmente importante nei pazienti con nota storia di anemia indotta da zidovudina, La terapia concomitante, in special modo la terapia acuta, con medicinali potenzialmente nefrotossici o mielosoppressivi (ad es. pentamidina sistemica, dapsone, pirimetamina, cotrimossazolo, amfotericina, flucitosina, ganciclovir, interferone, vincristina, vinblastina e doxorubicina) può anche aumentare il rischio di reazioni avverse della zidovudina. Ove la terapia concomitante con Combivir ed uno qualsiasi di questi medicinali si renda necessaria, ulteriore cautela andrà posta nel monitoraggio della funzionalità renale e dei parametri ematologici e, se richiesto, il dosaggio di uno o più farmaci deve essere ridotto.
Poiché alcuni pazienti in terapia con Combivir possono continuare a presentare infezioni opportunistiche, può rendersi necessario l’uso concomitante di una terapia profilattica antimicrobica. Dati limitati, relativi a studi clinici, non indicano un aumento significativo del rischio di reazioni avverse alla zidovudina con il cotrimossazolo (vedere le informazioni sulle interazioni sopra riportate relative alla lamivudina e al cotrimossazolo), pentamidina aerosol, pirimetamina e aciclovir alle dosi usate in profilassi.
La claritromicina in compresse riduce l’assorbimento della zidovudina. Ciò può essere evitato separando di almeno due ore la somministrazione di Combivir da quella di claritromicina.
Gravidanza
Non è stata stabilita la sicurezza della lamivudina nella gravidanza umana. Non sono disponibili dati per il trattamento con un’associazione di lamivudina e zidovudina nell’uomo o negli animali (vedere anche paragrafo 5.3). Si è dimostrato che l’uso della zidovudina da sola nelle donne in gravidanza, e il successivo trattamento dei neonati, riducono la frequenza della trasmissione materno-fetale dell’HIV. Tuttavia, non sono disponibili dati di questo tipo per la lamivudina.
Nell’uomo, in accordo con la trasmissione passiva della lamivudina attraverso la placenta, le concentrazioni sieriche della lamivudina nel bambino alla nascita erano simili a quelle della madre ed a quelle sieriche nel cordone ombelicale al parto. La zidovudina è stata misurata nel plasma e ha dato risultati simili a quelli osservati per la lamivudina (vedere paragrafo 5.2).
Poiché i principi attivi di Combivir possono inibire la replicazione del DNA cellulare, l’utilizzo, in special modo durante il primo trimestre di gravidanza, presenta un rischio potenziale per il feto. Pertanto, la somministrazione di Combivir durante la gravidanza deve essere presa in considerazione solo se i benefici attesi superano i possibili rischi.
Le donne in stato di gravidanza che intendano usare Combivir durante la gravidanza devono essere messe al corrente dei dati provenienti dagli studi di cancerogenesi e di mutagenesi negli animali (vedere paragrafo 5.3).
Nell’uomo la zidovudina non ha mostrato effetti sulla conta degli spermatozoi, sulla loro morfologia o motilità.
Allattamento
Sia la lamivudina che la zidovudina sono escrete nel latte materno in concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Si raccomanda pertanto alle madri che assumono Combivir di non allattare al seno i loro bambini. Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro bambini, al fine di evitare la trasmissione dell’HIV.
Non sono stati condotti studi sugli effetti sulla capacità di guidare e di usare macchinari.
Sono state riportate reazioni avverse durante la terapia per la malattia da HIV con la lamivudina e con la zidovudina, da sole od in associazione. Per molte di esse non è chiaro se siano correlate alla lamivudina, alla zidovudina, o all’ampia gamma di medicinali usati per il trattamento della malattia da HIV, oppure se siano dovute al decorso della malattia di base.
Poichè Combivir contiene lamivudina e zidovudina, ci si possono attendere reazioni avverse del tipo e della gravità associate a ciascuno dei due composti. Non vi sono prove di tossicità additiva a seguito della concomitante somministrazione dei due composti.
Con l’uso di analoghi nucleosidici sono stati riferiti casi di acidosi lattica, talvolta fatali, di solito associati a grave epatomegalia e steatosi epatica (vedere paragrafo 4.4).
La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) nei pazienti con infezione da HIV, inclusi la perdita di grasso sottocutaneo periferico e facciale, l’aumento del grasso addominale e viscerale, l’ipertrofia mammaria e l’accumulo di grasso dorsocervicale (gobba di bufalo).
La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata ad anormalità metaboliche come ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, insulino resistenza, iperglicemia e iperlattatemia (vedere paragrafo 4.4).
In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento dell’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a infezioni opportunistiche asintomatiche o residuali (vedere paragrafo 4.4).
Casi di osteonecrosi sono stati riportati soprattutto in pazienti con fattori di rischio generalmente noti, con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). La frequenza di tali casi è sconosciuta (vedere paragrafo 4.4).
Lamivudina
Le reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate al trattamento sono elencate di seguito per organo, apparato/sistema e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, < 1/10), non comune (≥1/1000, < 1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000).
All’interno di ciascun gruppo di frequenza, gli effetti indesiderati sono presentati in ordine di gravità decrescente.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comune: neutropenia ed anemia (entrambe talvolta gravi), trombocitopenia.
Molto raro: aplasia eritrocitaria pura.
Patologie del sistema nervoso
Comune: cefalea, insonnia.
Molto raro: neuropatia periferica (o parestesie).
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comune: tosse, sintomatologia nasale.
Patologie gastrointestinali
Comune: nausea, vomito, dolori o crampi addominali, diarrea.
Raro: pancreatite, aumenti dell’amilasi sierica.
Patologie epatobiliari
Non comune: aumenti transitori degli enzimi epatici (AST, ALT).
Raro: epatite.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune: rash, alopecia.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune: artralgia, disturbi muscolari.
Raro: rabdomiolisi.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: affaticamento, malessere, febbre.
Zidovudina
Il profilo delle reazioni avverse appare simile sia negli adulti sia negli adolescenti. Le reazioni avverse più gravi includono anemia (che può richiedere trasfusioni), neutropenia e leucopenia. Questi insorgono più frequentemente ai dosaggi maggiori (1200 - 1500 mg/die) ed in pazienti con malattia da HIV in fase avanzata (specialmente in caso di compromissione midollare antecedente al trattamento) e particolarmente in pazienti con numero di cellule CD4 inferiore a 100/mm³ (vedere paragrafo 4.4).
L’incidenza della neutropenia é altresì aumentata nei pazienti che presentano basse conte dei neutrofili, anemia o bassi livelli di vitamina B12 al momento dell’inizio della terapia con zidovudina.
Le reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate al trattamento sono elencate di seguito per organo, apparato/sistema e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, < 1/10), non comune (≥1/1.000, < 1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Comune: anemia, neutropenia e leucopenia.
Non comune: trombocitopenia e pancitopenia (con ipoplasia midollare).
Raro: aplasia eritrocitaria pura.
Molto raro: anemia aplastica.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Raro: acidosi lattica in assenza di ipossiemia, anoressia.
Disturbi psichiatrici
Raro: ansia e depressione.
Patologie del sistema nervoso
Molto comune: cefalea.
Comune: capogiro.
Raro: insonnia, parestesie, sonnolenza, perdita di concentrazione mentale, convulsioni.
Patologie cardiache
Raro: cardiomiopatia.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Non comune: dispnea.
Raro: tosse.
Patologie gastrointestinali
Molto comune: nausea.
Comune: vomito, dolori addominali e diarrea.
Non comune: flatulenza.
Raro: pigmentazione della mucosa orale, disgeusia e dispepsia. Pancreatite.
Patologie epatobiliari
Comune: innalzamento dei livelli ematici degli enzimi epatici e della bilirubina.
Raro: affezioni epatiche quali grave epatomegalia con steatosi.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Non comune: rash e prurito.
Raro: pigmentazione delle unghie e della pelle, orticaria e sudorazione.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune: mialgia.
Non comune: miopatia.
Patologie renali e urinarie
Raro: pollachiuria.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Raro: ginecomastia.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: malessere.
Non comune: febbre, algie diffuse e astenia.
Raro: brividi, dolore toracico e sindrome simil-influenzale.
I dati disponibili relativi a studi controllati con placebo e condotti in aperto indicano che l’incidenza di nausea e di altri effetti indesiderati di frequente osservazione si riducono nel tempo durante le prime settimane di terapia con zidovudina.
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Esiste un’esperienza limitata di sovradosaggio con Combivir. Non sono stati identificati sintomi e segni specifici in seguito a sovradosaggio acuto con zidovudina e lamivudina, se si escludono quelli indicati come effetti indesiderati. Non sono stati osservati decessi e tutti i pazienti si sono ristabiliti.
In caso di sovradosaggio il paziente deve essere monitorato per evidenziare segni di tossicità (vedere paragrafo 4.8) e deve essere sottoposto ad adeguato trattamento standard di supporto, se necessario. Poichè la lamivudina è dializzabile, nel trattamento del sovradosaggio potrebbe essere usata l’emodialisi continua, sebbene tale pratica non sia stata studiata. L’emodialisi e la dialisi peritoneale sembrano avere effetti limitati sull’eliminazione della zidovudina, ma aumentano l’eliminazione del metabolita glucuronide. Per ulteriori informazioni il medico è invitato a far riferimento alle informazioni relative alla lamivudina e zidovudina da sole.
Categoria farmacoterapeutica: antivirali per il trattamento dell’infezione da HIV, associazioni, codice ATC: J05AR01.
La lamivudina e la zidovudina sono analoghi nucleosidici che hanno attività contro l’HIV. In aggiunta la lamivudina ha attività contro il virus dell’epatite B (HBV). Entrambi i medicinali sono metabolizzati all’interno delle cellule nelle parti attive lamivudina 5’- trifosfato e zidovudina 5'-TP) rispettivamente. Il loro principale meccanismo d’azione è basato sull’interruzione della catena nucleotidica durante la trascrizione inversa virale. La lamivudina-TP e la zidovudina-TP hanno un’attività inibitoria selettiva verso la replicazione dell’HIV-1 e dell’HIV-2 in vitro; la lamivudina è attiva anche verso i ceppi zidovudina- resistenti dell’HIV isolati clinicamente. La lamivudina in associazione con la zidovudina mostra attività sinergica anti HIV verso gli isolati clinici in colture cellulari.
La resistenza HIV-1 alla lamivudina comporta lo sviluppo di una modifica dell’aminoacido in posizione 184 (mutazione M184V) vicino al sito attivo della trascrittasi inversa virale (RT). Tale variante si presenta sia in vitro sia nei pazienti con infezione da HIV-1 trattati con una terapia antiretrovirale contenente lamivudina. I virus con mutazione M184V presentano una sensibilità alla lamivudina estremamente ridotta e mostrano una diminuita capacità replicativa virale in vitro. Studi in vitro indicano che isolati di virus resistenti alla zidovudina possono diventare sensibili alla zidovudina qualora essi acquisiscano simultaneamente resistenza alla lamivudina. La rilevanza clinica di tali osservazioni rimane, tuttavia, non ben definita.
I dati in vitro indicano che l’uso continuato della lamivudina nel regime anti-retrovirale, nonostante lo sviluppo della mutazione M184V, possa conferire una residua attività anti-retrovirale (probabilmente a seguito di una alterata fitness virale). La rilevanza clinica di tali dati non è stata stabilita. In ogni caso i dati clinici disponibili sono molto limitati e precludono qualsiasi conclusione attendibile in materia. Comunque l’avvio di una terapia con NRTI ai quali il virus è sensibile è sempre da preferirsi al mantenimento della terapia con lamivudina. Di conseguenza, il mantenimento della terapia con lamivudina, nonostante l’emergenza della mutazione M184V, deve essere preso in considerazione solo nei casi in cui nessun altro NRTI attivo sia disponibile.
La resistenza crociata conferita con la mutazione M 184V nella trascrittasi inversa è limitata all’interno della classe degli inibitori nucleosidici degli agenti antiretrovirali. La zidovudina e la stavudina mantengono la loro attività antiretrovirale contro i ceppi dell’HIV-1 resistenti alla lamivudina. Abacavir mantiene la sua attività antiretrovirale contro i ceppi HIV-1 resistenti alla lamivudina che contengono solo la mutazione M184V. I virus con mutazione M184V della trascrittasi inversa mostrano una diminuzione di 4 volte inferiore nella sensibilità alla didanosina e alla zalcitabina; il significato clinico di queste osservazioni non è noto. I test di sensibilità in vitro non sono stati standardizzati e i risultati possono variare a seconda dei fattori metodologici.
La lamivudina mostra bassa citotossicità sui linfociti del sangue periferico, sulle linee cellulari linfocitarie mature e monocitarie-macrofagiche e su una varietà di cellule progenitrici del midollo osseo in vitro. La resistenza agli analoghi della timidina (in cui è compresa la zidovudina), è stata ben caratterizzata, essa viene conferita dall’accumulo graduale di più di sei specifiche mutazioni nella trascrittasi inversa dell’HIV ai codoni 41, 67, 70, 210, 215 e 219. I virus acquisiscono la resistenza fenotipica agli analoghi della timidina attraverso la combinazione delle mutazioni ai codoni 41 e 215, ovvero attraverso l’accumulo di almeno quattro delle sei mutazioni sopra citate. Queste mutazioni degli analoghi della timidina non provocano da sole alti livelli di resistenza crociata ad altri analoghi nucleosidici permettendo pertanto, un impiego successivo di altri inibitori della trascrittasi inversa disponibili.
Sono due i patterns di mutazioni che conferiscono resistenza a molti farmaci, il primo è caratterizzato da mutazioni della trascrittasi inversa dell’HIV ai codoni 62, 75, 77, 116 e 151 mentre il secondo coinvolge una mutazione T69S più un’inserzione alla sesta coppia di basi nella stessa posizione; essi portano a resistenza fenotipica all’AZT così come ad altri NRTI disponibili. Entrambi questi due patterns di mutazioni conferiscono resistenza multipla agli analoghi nucleosidici e rappresentano una evidente limitazione per future opzioni terapeutiche.
Esperienza clinica
Negli studi clinici la lamivudina in associazione con la zidovudina ha mostrato di ridurre la carica virale dell’HIV-1 e di incrementare la conta delle cellule CD4. I risultati clinici indicano che la lamivudina in associazione con la zidovudina porta ad una riduzione significativa del rischio di progressione della malattia e di mortalità.
La lamivudina e la zidovudina sono state largamente impiegate come componenti della terapia antiretrovirale di associazione con altri agenti antiretrovirali della stessa classe (NRTI) o di classi differenti (PI, inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa).
La terapia antiretrovirale multi farmacologica contenente lamivudina ha dimostrato di essere efficace nei pazienti mai sottoposti a terapie antiretrovirali così come nei pazienti che si presentano con virus contenenti le mutazioni M184V.
Gli studi clinici evidenziano che la lamivudina associata alla zidovudina ritarda l’insorgenza di isolati resistenti alla zidovudina negli individui mai esposti prima a terapia antiretrovirale. I soggetti che ricevono lamivudina e zidovudina con o senza terapie antiretrovirali concomitanti aggiuntive e che già presentano il virus con la mutazione M184V riscontrano anche un ritardo nell’insorgenza delle mutazioni che conferiscono resistenza alla zidovudina e alla stavudina (mutazioni timidina analoghe TAMs).
La relazione tra la sensibilità in vitro dell’HIV alla lamivudina e alla zidovudina e la risposta clinica alla terapia contenente lamivudina/zidovudina resta sotto osservazione.
La lamivudina al dosaggio di 100 mg una volta al giorno ha dimostrato anche di essere efficace per il trattamento dei pazienti adulti con infezione cronica da HBV (per i dettagli degli studi clinici vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Zeffix). Tuttavia, per il trattamento dell’infezione da HIV solo una dose giornaliera di 300 mg di lamivudina (in associazione con altri agenti antiretrovirali) ha mostrato essere efficace.
La lamivudina non è stata specificatamente studiata nei pazienti HIV con infezione concomitante da HBV.
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Assorbimento
La lamivudina e la zidovudina sono ben assorbite dal tratto gastrointestinale. La biodisponibilità della lamivudina per via orale negli adulti è compresa di norma fra 80 e 85%, e quella della zidovudina fra 60 e 70%.
Uno studio di bioequivalenza ha confrontato Combivir con la lamivudina 150 mg e la zidovudina 300 mg assunte insieme. È stato anche studiato l’effetto del cibo sulla velocità ed il grado di assorbimento, Combivir si è dimostrato bioequivalente alla lamivudina 150 mg ed alla zidovudina 300 mg, somministrate in compresse separate, nei soggetti a digiuno.
Dopo somministrazione di una singola dose di Combivir in volontari sani, i valori medi (CV) della Cmax della lamivudina e della zidovudina sono stati di 1,6 mcg/ml (32%) e 2,0 mcg/ml (40%) rispettivamente e i corrispondenti valori di AUC sono stati 6,1 mcg.ora/ml (20%) e 2,4 mcg.ora/ml (29%) rispettivamente. La mediana (intervallo) dei valori di tmax della lamivudina e della zidovudina è stata di 0,75 (0,50 - 2,00) ore e 0,50 (0,25 - 2,00) ore rispettivamente. Il grado di assorbimento della lamivudina e della zidovudina (AUC∞) e le stime dell’emivita dopo somministrazione di Combivir con il cibo sono state simili quando confrontate con i soggetti a digiuno, benchè la velocità di assorbimento (Cmax, tmax) fosse ridotta. In base a questi dati Combivir può essere somministrato con o senza cibo.
La somministrazione delle compresse frantumate con una piccola quantità di cibo semi-solido o di liquido non dovrebbe avere un impatto sulla qualità del farmaco e pertanto non ci si dovrebbe attendere un’alterazione dell’effetto clinico. Questa conclusione si basa su dati chimico-fisici e di farmacocinetica presumendo che il paziente frantumi la compressa e la utilizzi al 100% e la ingerisca immediatamente.
Distribuzione
Il volume medio apparente di distribuzione della lamivudina e della zidovudina, misurato negli studi per via endovenosa, è di 1,3 e 1,6 litri/kg rispettivamente. La lamivudina mostra una cinetica lineare nell’intervallo di dosi terapeutiche ed un limitato legame alla frazione proteica plasmatica più importante l’albumina (< 36% dell’albumina sierica in vitro). Il legame della zidovudina con le proteine plasmatiche è del 34-38%. Non sono prevedibili con Combivir interazioni con spiazzamento dei siti di legame.
I dati mostrano che la lamivudina e la zidovudina penetrano nel sistema nervoso centrale (SNC) e raggiungono il liquido cerebrospinale. I rapporti medi tra la concentrazione della lamivudina e della zidovudina nel liquor e nel siero, dopo 2-4 ore dalla somministrazione orale, sono stati di circa 0,12 e 0,5 rispettivamente. Non è nota la reale entità del passaggio nel SNC della lamivudina ed il suo rapporto con una eventuale efficacia clinica.
Metabolismo
Il metabolismo della lamivudina rappresenta una via di eliminazione minore. La lamivudina per la maggior parte viene escreta immodificata per via renale. A causa del limitato metabolismo epatico (5-10%) e del basso legame nel plasma, è ridotta la probabilità di interazioni metaboliche di altri farmaci con la lamivudina.
Il 5'-glucuronide della zidovudina è il maggiore metabolita sia nel plasma sia nelle urine e rappresenta circa il 50-80% della dose somministrata eliminata attraverso l’escrezione renale. La 3’-amino-3’-deossitimidina (AMT) è stata identificata come metabolita della zidovudina a seguito della somministrazione per via endovenosa.
Eliminazione
L’emivita di eliminazione osservata per la lamivudina è di 5-7 ore. La clearance sistemica media è circa 0,32 litri/ora/kg, e prevalentemente (>70%) renale attraverso il sistema di trasporto dei cationi organici. Gli studi nei pazienti con compromissione renale mostrano che l’eliminazione della lamivudina è influenzata dalla disfunzione renale. Nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min è necessaria una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).
Da studi con la zidovudina per via endovenosa, l’emivita plasmatica terminale media era di 1,1 ora e la clearance sistemica media di 1,6 litri/ora/kg. La clearance renale della zidovudina è valutata intorno a 0,34 litri/ora/kg, e ciò indica una filtrazione glomerulare e secrezione tubulare attiva da parte dei reni. Le concentrazioni di zidovudina sono aumentate nei pazienti con compromissione renale in fase avanzata.
Farmacocinetica nei bambini
Nei bambini di età superiore a 5-6 mesi, il profilo farmacocinetico della zidovudina è simile a quello negli adulti. La zidovudina è ben assorbita dall’intestino e a tutti i livelli di dosaggio studiati negli adulti e nei bambini, la biodisponibilità era fra 60 e 74% con una media di 65%. I livelli di Cssmax erano 4.45 mc;M (1.19 mc;g/ml) dopo l’assunzione di 120 mg di zidovudina (in soluzione)/m² di superficie corporea e 7.7 mcM (2.06 mcg/ml) dopo l’assunzione di 180 mg/m² di superficie corporea. L’assunzione di 180 mg/m² quattro volte al giorno nei bambini ha prodotto un’esposizione sistemica simile (dopo 24 ore AUC 40.0 h mcM o 10.7 h mcg/ml) all’assunzione di 200 mg sei volte al giorno negli adulti (40.7 h mcM o 10.9 h mcg/ml).
In sei bambini con infezione da HIV di età compresa fra 2 e 13 anni, sono state valutate le farmacocinetiche plasmatiche di zidovudina mentre i soggetti assumevano 120 mg/m² di zidovudina tre volte al giorno e successivamente dopo il passaggio a 180 mg/m² due volte al giorno. Le esposizioni sistemiche nel plasma (AUC e Cmax giornaliere) derivanti dal regime di due somministrazioni al giorno sono apparse equivalenti a quelle derivanti dalla stessa dose totale giornaliera suddivisa in tre somministrazioni [Bergshoeff, 2004].
In generale, la farmacocinetica di lamivudina nei pazienti in età pediatrica è simile a quella negli adulti. Tuttavia la biodisponibilità assoluta (circa 55-65%) risultava ridotta nei pazienti pediatrici di età inferiore a 12 anni.
Inoltre, i valori di clearance sistemica erano più elevati nei pazienti pediatrici più giovani e diminuivano con l’aumentare dell’età, avvicinandosi ai valori dei pazienti adulti intorno ai 12 anni di età. Date queste differenze, la dose raccomandata di lamivudina nei bambini (di età superiore ai tre mesi e di peso inferiore ai 30 kg) è 4 mg/kg due volte al giorno. Questo dosaggio consentirà di ottenere una AUC0-12 media che oscilla tra circa 3.800 e 5.300 ng h/ml. Risultati di studi recenti indicano che si può ridurre l’esposizione nei bambini di età inferiore ai 6 anni di circa il 30% in confronto ad altri gruppi di età. Al momento si attendono ulteriori dati a supporto di tale osservazione. I dati attualmente disponibili non suggeriscono che la lamivudina sia meno efficace in tale gruppo di età.
Farmacocinetica in gravidanza
La farmacocinetica della lamivudina e della zidovudina erano simili a quelle nelle donne non gravide.
Gli effetti clinici rilevanti della lamivudina e della zidovudina in associazione sono anemia, neutropenia e leucopenia.
Né la lamivudina né la zidovudina sono mutagene nei test sui batteri ma, come molti analoghi dei nucleosidi, presentano attività nei test in vitro sui mammiferi, come il test sul linfoma del topo.
La lamivudina non è genotossica in vivo a dosi che producono concentrazioni plasmatiche circa 40-50 volte più alte dei livelli plasmatici previsti in ambito clinico. La zidovudina ha mostrato effetti clastogenici nel test del micronucleo sul topo dopo dosi ripetute per via orale. Si è osservato un più alto numero di rotture cromosomiche nei linfociti del sangue periferico di pazienti con AIDS che ricevevano il trattamento con zidovudina.
Uno studio pilota ha dimostrato che la zidovudina viene incorporata all’interno del DNA nucleare dei leucociti di soggetti adulti incluse le donne in gravidanza che assumono zidovudina come trattamento dell’infezione da HIV- 1 o come prevenzione della trasmissione materno-fetale dell’infezione virale. La zidovudina viene anche incorporata nel DNA dei leucociti provenienti dal cordone ombelicale dei bambini nati da madri trattate con zidovudina. Uno studio di genotossicità transplacentare condotto nelle scimmie ha confrontato la zidovudina da sola con l’associazione di zidovudina e lamivudina a livelli di esposizioni equivalenti a quelli raggiunti nell’uomo. Tale studio ha dimostrato che i feti esposti in utero alla associazione andavano incontro a un livello maggiore di incorporazione di analoghi nucleosidici del DNA all’interno di vari organi fetali ed evidenziavano un maggior accorciamento dei telomeri rispetto a quanto osservato nei feti di scimmia esposti alla sola zidovudina. Il significato clinico di questi dati non è noto.
Non è stato verificato il potenziale cancerogenico di una associazione di lamivudina e zidovudina.
Negli studi a lungo termine di cancerogenesi per somministrazione orale nel ratto e nel topo, la lamivudina non ha mostrato potenziale cancerogeno.
In studi di cancerogenesi nei topi e nei ratti con somministrazione orale di zidovudina sono stati osservati tumori dell’epitelio vaginale a comparsa tardiva. Uno studio successivo di cancerogenesi intravaginale ha confermato l’ipotesi che i tumori vaginali erano il risultato di una esposizione locale a lungo termine dell’epitelio vaginale dei roditori a elevate concentrazioni di zidovudina non metabolizzata nelle urine. Non vi erano altri tumori in relazione alla somministrazione della zidovudina in entrambi i sessi delle due specie animali.
Inoltre sono stati condotti sui topi due studi di cancerogenesi transplacentare. In uno studio condotto dal National Cancer Institute degli Stati Uniti, è stata somministrata zidovudina alle dosi massime tollerate a femmine di topo gravide dal 12o al 18o giorno di gestazione. Un anno dopo la nascita c’è stato un aumento dell’incidenza di tumori del polmone, del fegato e dell’apparato riproduttivo femminile della prole esposta al livello di dose più elevato (420 mg/kg di peso corporeo a termine).
In un secondo studio, ai topi è stata somministrata zidovudina per 24 mesi a dosi fino a 40 mg/kg con l’inizio dell’esposizione nel periodo prenatale al 10o giorno della gestazione. Le osservazioni collegate al trattamento erano limitate a tumori dell’epitelio vaginale a comparsa tardiva, riscontrati con incidenza e un tempo di insorgenza simile a quelli dello studio standard di cancerogenesi orale. Il secondo studio pertanto, non ha fornito prove che la zidovudina possa essere un agente cancerogeno transplacentare.
Si è concluso che poichè l’incremento nell’incidenza di tumori osservato nel primo studio di cancerogenesi transplacentare rappresenta un rischio ipotetico, questo dovrebbe essere bilanciato da un dimostrato beneficio terapeutico.
Negli studi di tossicità della riproduzione la lamivudina ha dimostrato di causare un incremento delle morti embrionali precoci nel coniglio ad esposizioni sistemiche relativamente basse comparabili a quelle ottenute nell’uomo ma non nel ratto anche ad esposizioni sistemiche molto alte. La zidovudina ha avuto un effetto simile in entrambe le specie ma solo ad esposizioni sistemiche molto alte. La lamivudina non si è dimostrata teratogena negli studi animali. Alle dosi tossiche per la madre, la zidovudina somministrata ai ratti durante l’organogenesi ha comportato un incremento nell’incidenza delle malformazioni, ma non è stata osservata alcuna evidenza di anomalie fetali a dosaggi bassi.
Nucleo della compressa
• Cellulosa microcristallina (E460)
• Sodio amido glicolato
• Silice colloidale anidra
• Magnesio stearato
Rivestimento della compressa
• Ipromellosa (E464)
• Titanio biossido (E171)
• Macrogol 400
• Polisorbato 80
Non pertinente.
2 anni.
Conservare a temperatura non superiore ai 30°C.
Astucci con sigillo di garanzia contenenti blister opachi PVC/alluminio o un flacone di polietilene bianco ad alta densità (HDPE) munito di chiusura di sicurezza a prova di bambino. Ogni confezione contiene 60 compresse rivestite con film.
Nessuna istruzione particolare.
Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
Glaxo Group Ltd
Greenford Road
Greenford
Middlesex UB6 0NN
Regno Unito
EU/1/98/058/001 - AIC n. 034092015
EU/1/98/058/002 - AIC n. 034092027
18 Marzo 2003
16 Settembre 2008