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DOXORUBICINA EBEWE
1 ml contiene 2 mg di doxorubicina cloridrato.
Ogni flaconcino da 5 ml contiene 10 mg di doxorubicina cloridrato.
Ogni flaconcino da 25 ml contiene 50 mg di doxorubicina cloridrato.
Ogni flaconcino da 50 ml contiene 100 mg di doxorubicina cloridrato.
Ogni flaconcino da 100 ml contiene 200 mg di doxorubicina cloridrato.
Concentrato per soluzione per infusione.
La doxorubicina è utilizzata nelle seguenti indicazioni: sarcoma dei tessuti molli e osteosarcoma, linfoma di Hodgkin e non-Hodgkin, leucemia linfoblastica acuta, leucemia mieloblastica acuta, carcinoma della tiroide, della mammella, dell’ovaio, della vescica, carcinoma polmonare a piccole cellule e neuroblastoma.
Alcuni studi hanno dimostrato che la Doxorubicina può essere utilizzata per via intravescicale.
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La Doxorubicina può essere somministrata: per iniezione endovenosa (in bolo) in 2-5 minuti oppure come infusione endovenosa continua in una soluzione allo 0.9% p./v. di sodio cloruro; o in una soluzione di destrosio al 5% p./v. per infusione e.v., oppure in una infusione endovenosa di cloruro di sodio e destrosio.
La somministrazione in bolo provoca picchi più elevati di concentrazioni plasmatiche e pertanto è probabilmente più cardiotossica.
Adulti
Monoterapia
Il dosaggio dipende dal tipo di tumore, dalla funzionalità cardiaca o epatica e dalla chemioterapia combinata.
Dose raccomandata in monoterapia
La dose raccomandata è di 60-75mg/m² somministrata in una unica iniezione endovenosa ogni 3 settimane. Un dosaggio alternativo é di 20 mg/m² per via endovenosa, per tre giorni consecutivi, una volta ogni 3 settimane.
La dose cumulativa massima non deve superare i 550mg/m².
La somministrazione della Doxorubicina a regime settimanale è risultata efficace quanto la somministrazione ogni 3 settimane ai dosaggi indicati al precedente paragrafo, riducendo la tossicità cardiaca.
Il dosaggio raccomandato è 20 mg/m² settimanale, sebbene risposte efficaci siano state osservate a dosi comprese fra 6 e 12 mg/m².
Terapia combinata
Il dosaggio deve essere diminuito se il prodotto è utilizzato in associazione con altri farmaci citostatici con simili effetti tossici.
La dose cumulativa massima: se il paziente è sottoposto a irradiazione mediastinica, oppure ha una patologia cardiaca concomitante, o è curato con altri composti cardiotossici, oncolitici non antraciclinici, la dose cumulativa massima raccomandata è di 450 mg/m².
Regolazione dei dosaggi in gruppi di pazienti specifici
Pazienti con disfunzione epatica
Il dosaggio deve essere ridotto nei pazienti che presentano una funzionalità epatica compromessa. Si raccomanda di ridurre la dose di Doxorubicina in caso di elevati livelli di bilirubina come indicato: bilirubina sierica da 12 a 30 mg - somministrare ½ della dose normale, bilirubina > di 30 mg - somministrare ¼ della dose normale.
Pazienti con disfunzione renale
In generale, una compromissione della funzionalità renale non richiede una riduzione della dose.
Pazienti con rischio cardiaco
Pazienti ad aumentato rischio di cardiotossicità devono essere trattati con una infusione continua della durata di 24 ore, piuttosto che una iniezione in bolo. In questo modo, la cardiotossicità può essere meno frequente, senza ridurre l’efficacia terapeutica. In questi pazienti si raccomanda di misurare la frazione di eiezione ventricolare sinistra prima di ogni trattamento. Il rischio di sviluppare cardiomiopatia aumenta gradualmente con il dosaggio. Non deve essere superata una dose cumulativa di 450-550 mg/m².
In caso di preesistente cardiopatia, o di precedente irradiazione mediastinica o cardiaca devono essere evitate dosi cumulative superiori a 400 mg/m² (monitoraggio della funzione cardiaca - vedere sezione 4.4. Avvertenze Speciali e Opportune Precauzioni di Impiego).
Nella terapia in associazione con altri oncolitici vengono somministrate dosi di 50-75 mg/m².
Può verificarsi mielosoppressione più pronunciata a causa degli effetti additivi dei farmaci.
Dosaggio nei bambini
Il dosaggio nei bambini deve essere ridotto a causa dell’alto rischio di insorgenza di cardiotossicità che può manifestarsi a distanza di tempo pertanto si raccomanda un attento follow-up cardiaco. La mielosoppressione deve essere prevista, con nadirs da 10 a 14 giorni dopo l’inizio del trattamento, ma è generalmente seguita da una rapida guarigione a causa dell’ampia riserva di midollo osseo dei bambini rispetto agli adulti.
Carcinoma della vescica superficiale e carcinoma della vescica in situ
La dose raccomandata è 50 mg in 50 ml di soluzione salina normale, somministrata tramite un catetere sterile. Inizialmente, questo dosaggio è somministrato settimanalmente, successivamente mensilmente. La durata ottimale del trattamento non è stata ancora determinata; varia tra i 6-12 mesi.
Le limitazioni circa la dose massima cumulativa, come per la somministrazione endovenosa, non si applicano alla somministrazione intravescicale, perché l’assorbimento sistemico della doxorubicina è irrilevante.
Si deve prestare attenzione durante la somministrazione per evitare l’infiltrazione perivenosa che può indurre a necrosi locale e tromboflebiti.
La Doxorubicina non deve essere somministrata per via intratecale o intramuscolare o sottocutaneo o infusioni a lungo termine. (È stato dimostrato che l’associazione di doxorubicina con eparina e 5 -fluorouracile forma precipitati, di conseguenza non deve essere mescolata con nessun altro farmaco.)
La Doxorubicina è controindicata nei pazienti con spiccata mielosoppressione (i.e. indotta da precedenti trattamenti antitumorali), in pazienti con insufficienza cardiaca acuta o preesistente o in pazienti già trattati con la dose cumulativa massima di doxorubicina o daunorubicina.
In presenza di ulcera del cavo orale; questa può essere preceduta da sintomi premonitori quali bruciori del cavo orale e non è raccomandata una ripetizione del trattamento in presenza di questo sintomo.
Durante la gravidanza e l’allattamento.
Ipersensibilità alla doxorubicina, prodotti chimicamente correlati, o qualsiasi altro eccipiente.
La doxorubicina non deve essere utilizzata per via intravescicale per il trattamento del carcinoma della vescica nei pazienti affetti da stenosi uretrale che non possono essere cateterizzati.
La somministrazione per via intravescicale non deve essere effettuata in quei pazienti affetti da tumori invasivi che hanno penetrato la parete vescicale, infezioni del tratto urinario oppure in condizioni infiammatorie della vescica.
Precauzioni generali
La Doxorubicina deve essere somministrata solo sotto il controllo dello specialista con esperienza nell’uso di agenti chemioterapici. Si raccomanda il ricovero dei pazienti almeno durante la prima fase del trattamento poiché è necessaria una attenta sorveglianza e analisi di laboratorio. Prima del trattamento con la Doxorubicina, occorre effettuare dei test clinici iniziali sulla funzionalità cardiaca, epatica ed ematologica.
La nausea, il vomito e l’infiammazione delle mucose sono spesso estremamente gravi e devono essere curate adeguatamente. La doxorubicina non deve essere somministrata per via intramuscolare o sottocutanea.
Stravaso
Lo stravaso provoca una necrosi grave e progressiva del tessuto. Lo stravaso produce dolore e/o una sensazione di bruciore sulla zona dove si è effettuata la somministrazione endovenosa di doxorubicina. In caso di stravaso sospendere immediatamente l’infusione e ricominciare in un’altra vena. Si deve applicare ghiaccio sulla zona colpita; il lavaggio con una soluzione salina normale, infiltrazioni locali con corticosteroidi oppure con una soluzione di sodio idrogeno carbonato (8-4%) e l’applicazione di dimetilsulfossido hanno riportato risultati più o meno soddisfacenti.
L’applicazione locale di creme all’idrocortisone 1% può procurare beneficio. Si consiglia di interpellare un chirurgo plastico, e va presa in considerazione una ampia asportazione della zona interessata.
Cardiotossicità
Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa, e pertanto tale dose non deve superare i 450-550 mg/m². A dosi superiori a queste, il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca aumenta notevolmente. La riduzione della dose cumulativa rappresenta la misura più importante per evitare la cardiotossicità della doxorubicina. Questa può manifestarsi con tachicardia, alterazioni del tracciato ECG o insufficienza cardiaca, che può insorgere improvvisamente anche alcuni mesi/anni dopo il trattamento, senza essere preceduta da modificazioni dell’ECG. Il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con doxorubicina persiste per tutta la vita. L’insufficienza cardiaca dovuta alla doxorubicina può essere non responsiva al trattamento.
Il rischio di cardiotossicità aumenta nei pazienti precedentemente trattati con irradiazione mediastinica o pericardica, in quelli trattati con altre o precedenti antracicline e/o antracenedioni, nei pazienti con anamnesi positiva per cardiopatia, in quelli anziani (età ≥70 anni), nonché nei bambini di età <15 anni. La cardiotossicità può verificarsi per dosi inferiori a quelle cumulative limite raccomandate. La dose cumulativa totale di doxorubicina per un singolo paziente deve pertanto tener conto di ogni trattamento precedente o concomitante con altri farmaci potenzialmente cardiotossici, di terapie quali ciclofosfamide, mitomicina C o dacarbazina e.v. ad alte dosi, di altre antracicline come la daunorubicina, o della irradiazione mediastinica o pericadica.
Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione della doxorubicina.
Possono verificarsi modificazioni del tracciato ECG, tra cui riduzione del complesso QRS, un prolungamento dell’intervallo sistolico e una diminuzione della frazione di eiezione.
Occorre prestare grande attenzione ai pazienti con cardiopatie in atto, quali infarto miocardio recente, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, pericarditi o disritmie, o a quelli che sono stati trattati con altri composti cardiotossici, come ad es. la ciclofosfamide (vedere sezione 4.5).
Monitoraggio della funzione cardiaca
La funzione cardiaca va valutata prima dell’inizio del trattamento, accuratamente monitorata durante l’intera durata di questo, e valutata nuovamente dopo la fine della terapia. Prima e dopo ogni trattamento si consiglia di eseguire un ECG. Alterazioni del tracciato, quali depressione o negativizzazione dell’onda T, riduzione del tratto ST o aritmie sono di solito segni di effetto tossico acuto ma transitorio (reversibile), e non vengono considerate indicazioni alla sospensione della terapia con doxorubicina. Tuttavia, una persistente diminuzione di ampiezza del complesso QRS e un prolungamento dell’intervallo sistolico sono maggiormente indicativi di cardiotossicità indotta dalle antracicline.
Quando il voltaggio del complesso QRS diminuisce del 30% o vi è un accorciamento frazionale del 5%, si raccomanda di interrompere il trattamento.
Il metodo ottimale per predire la cardiomiopatia è costituito dalla identificazione di una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (FEVS), determinata ecograficamente o mediante cardioscintigrafia (MUGA). La valutazione della FEVS va eseguita prima dell’inizio del trattamento e ripetuta dopo ciascuna dose cumulativa di 100 mg/m² e in caso di comparsa di segni di insufficienza cardiaca. Di regola, una riduzione assoluta >10% o al di sotto del 50% nei pazienti in cui essa era inizialmente normale rappresenta un segno di compromissione della funzione cardiaca. In tali pazienti, la continuazione del trattamento con doxorubicina va attentamente valutata.
Mielosoppressione
Attenti controlli ematici devono essere effettuati a causa dell’alta incidenza di depressione midollare. Esiste un alto rischio di neutropenia; la trombocitopenia e anemia si verificano meno frequentemente.
Il nadir si verifica dopo 10-14 giorni dalla somministrazione. I livelli ematici raggiungono i valori normali entro i 21 giorni dopo somministrazione. La terapia con doxorubicina non deve essere iniziata o continuata quando la conta dei granulociti polinucleati sono al di sotto dei 2000/mm³.
Nel trattamento delle leucemie acute, questo limite può essere ridotto, a seconda delle circostanze.
Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni, e costituisce una indicazione alla riduzione o la sospensione della Doxorubicina.
Poiché il farmaco può causare immunosoppressione, devono essere prese adeguate misure per prevenire una infezione secondaria.
Iperuricemia
Come con altri agenti chemioterapici antitumorali, con regimi posologici che contengono doxorubicina esiste il rischio di iperuricemia che può risultare in gotta acuta o nefropatia da urati a seguito di lisi tumorale.
Alterata funzionalità epatica
Poiché la doxorubicina è escreta principalmente attraverso il fegato, la riduzione della funzionalità o l’insufficienza epatica può ritardare l’eliminazione e aumentarne la tossicità.
Pertanto si raccomanda di eseguire i tests di funzionalità epatica (SGOT, SGPT, fosfatasi alcalina e bilirubina) prima e durante il trattamento con Doxorubicina.
I livelli ematici di acido urico vanno monitorati; deve essere assicurato un sufficiente apporto di liquidi (al minimo 3 l/m²/die). Se necessario, si può somministrare un inibitore della xantinoossidasi (allopurinolo).
Uomini e donne devono assumere misure contraccettive durante e per almeno 3 mesi dopo la terapia con Doxorubicina.
Colorazione delle urine
I pazienti devono essere avvertiti che la doxorubicina può causare una colorazione rossa delle urine, in particolar modo nel primo prelievo dopo la somministrazione, ma ciò non deve provocare allarmismo.
Via intravescicale
La somministrazione per via intravescicale non deve essere effettuata in quei pazienti affetti da tumori invasivi che hanno penetrato la parete vescicale, infezioni del tratto urinario oppure in condizioni infiammatorie della vescica.
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Si deve prestare cautela quando la doxorubicina è somministrata dopo o in associazione con altri composti cardiotossici o anti-tumorali (specialmente mielotossici) in quanto la cardiotossicità è aumentata.
I picchi massimi di Doxorubicina, l’emivita e il volume di distribuzione finale possono essere incrementati dalla somministrazione contemporanea di verapamil.
La doxorubicina può causare esacerbazione delle cistiti emorragiche indotte da precedenti terapie con ciclofosfamide.
Poiché la doxorubicina viene rapidamente metabolizzata ed eliminata prevalentemente per via biliare, la contemporanea somministrazione di note sostanze chemioterapiche epatotossiche (i.e. metotressato) può potenzialmente aumentarne la tossicità come risultato di una riduzione della clearance epatica del farmaco.
Elevate dosi di ciclosporina e doxorubicina aumentano i livelli ematici di entrambe. Questo può causare un aumento della mielotossicità e un’eccessiva immunosoppressione.
Gli inibitori del citocromo P-450 (i.e. cimetidina e ranitidina) possono diminuire il metabolismo della doxorubicina e conseguentemente aumentarne gli effetti tossici. Gli induttori dell’enzima citocromo P-450 (i.e. rifampicina e barbiturici) possono aumentare il metabolismo della doxorubicina con una possibile diminuzione dell’efficacia.
La doxorubicina potenzia l’effetto della radioterapia e può causare gravi sintomi nell’area coinvolta, anche se somministrata molto tempo dopo la sospensione della terapia.
Studi riproduttivi condotti sugli animali hanno dimostrato che la doxorubicina è teratogenica e embriotossica (vedere il paragrafo 5.3). La doxorubicina è escreta nel latte materno. La doxorubicina non deve essere usata nelle donne in stato di gravidanza e allattamento (vedere il paragrafo 4.3).
La Doxorubicina è escreta nel latte materno. Si sconsiglia l’uso del farmaco durante l’allattamento.
I pazienti che soffrono di qualsiasi effetto collaterale (sonnolenza, nausea e vomito) che possa mettere a repentaglio la guida, devono evitare di guidare e di utilizzare macchinari.
Le reazioni avverse sono molto comuni (>10%). Tossicità dose-limitanti sono la mielodepressione e la cardiotossicità, che si verificano, rispettivamente, in >10% e nell’1-10% dei pazienti.
La doxorubicina può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie antineoplastiche (streptozotocina, metotrexato, ciclofosfamide).
Neoplasie benigne e maligne (rare: >0,01% - <0,1%). Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria, con o senza fase preleucemica, è stato segnalato raramente in pazienti trattati con doxorubicina in associazione con farmaci anti-neoplastici che danneggiano il DNA.
Tali casi possono anche avere un breve periodo di latenza (1-3 anni).
Patologie del sistema emolinfopoietico (molto comuni: > 10%): la mielodepressione include una leucopenia transitoria, anemia e trombocitopenia, che raggiungono il proprio nadir 10-14 giorni dopo il trattamento.
Patologie cardiache (comuni - molto comuni: >1% - <10%): la cardiotossicità può manifestarsi come aritmia direttamente dopo la somministrazione; alterazioni del tracciato ECG, tra cui appiattimento dell’onda T e depressione del tratto S-T, possono durare fino a 2 settimane dopo la somministrazione.
Il rischio di sviluppo di cardiomiopatia aumenta gradualmente con l’aumento del dosaggio.
Non va superata una dose cumulativa di 450-550 mg/m², ma una insufficienza cardiaca congestizia irreversibile può verificarsi perfino con una dose di 240 mg/m².
Un’età >70 o <15 anni va considerata un fattore di rischio. È stato riportato che anche un trattamento concomitante o pregresso con mitomicina C, ciclofosfamide o dacarbazina potenzia la cardiomiopatia indotta dalla doxorubicina (vedere sezione 4.4.).
La cardiotossicità può manifestarsi dopo molte settimane, mesi o perfino anni dopo la sospensione della terapia con doxorubicina. Il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con doxorubicina persiste per tutta la vita.
Patologie gastrointestinali (molto comuni: ≥10%): la nausea, il vomito, l’infiammazione della mucosa (come stomatiti e infiammazione del retto) e diarrea possono verificarsi 5-10 giorni dopo la somministrazione. Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ad ulcera, emorragia e perforazione.
Le mucositi iniziano di solito, 5-10 giorni dopo il trattamento, con una sensazione di bruciore alla bocca e alla gola e possono evolvere in ulcerazioni, con il rischio associato di infezioni secondarie. Mucositi possono colpire anche la vagina, il retto e l’esofago.
Patologie epatobiliari (comuni: >1% - <10%): sono stati descritti lievi e transitori aumenti degli enzimi epatici. La concomitante irradiazione del fegato può causare grave epatotossicità, che a volte evolve in cirrosi.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo (molto comuni: ≥10%): alopecia reversibile nella maggior parte dei pazienti, iperpigmentazione della matrice dell’unghia, pieghe della pelle, onicolisi.
La doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dell’infusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare un’ulcera grave e necrosi della cute.
Occasionalmente sono state riportate reazioni di ipersensibilità come reazioni cutanee (eruzione cutanea, prurito, orticaria, angioedema, febbre e anafilassi).
La doxorubicina influenza e potenzia le reazioni dei tessuti normali alle radiazioni. Quando la doxorubicina viene somministrata qualche tempo dopo l’irradiazione, possono aversi anche reazioni ritardate (“richiamo”).
Patologie renali e urinarie (comuni: >1% - <10%): la somministrazione intravescicale può causare le seguenti reazioni avverse, ematuria, irritazione vescicale e uretrale, stranguria e poliuria. Queste reazioni sono in genere di moderata intensità e di breve durata. La somministrazione intravescicale di doxorubicina può a volte causare cistiti emorragiche; ciò può provocare una riduzione della capacità della vescica. La doxorubicina causa modificazioni verso il rosso del colorito delle urine.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione (rari: >0,01% - <0,1%): congiuntivite, lacrimazione.
Se l’iniezione viene praticata troppo rapidamente, possono aversi vampate di calore al volto.
Sono state descritte tromboflebiti e congiuntiviti.
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I sintomi di un sovradosaggio sono probabilmente una esagerazione/estenzione dell’azione farmacologica. Sono stati riportati decessi dovuti a singole dosi di 250 mg e 500 mg di doxorubicina. Una degenerazione acuta del miocardio si può manifestare entro le 24 ore. Può verificarsi grave mielosoppressione con il massimo di gravità dopo 10-15 giorni dalla somministrazione di doxorubicina. L’insufficienza cardiaca può insorgere fino a 6 mesi dopo un sovradosaggio del farmaco.
In caso di sovradosaggio vanno adottate misure sintomatiche di sostegno.
Appena possibile, misure appropriate devono essere intraprese quali ad esempio la somministrazione di glicosidi cardiaci e diuretici.
Può essere necessario un trattamento per curare una possibile emorragia o infezioni dovute alla grave mielo- o immuno- depressione. Può essere necessario il ricorso a trasfusioni di sangue e all’isolamento protettivo.
Non procura beneficio l’emodialisi in quanto la doxorubicina è principalmente escreta nel tratto biliare e dall’intestino.
Classificazione ATC: L01D B01
Studi effettuati sugli animali hanno evidenziato l’attività antineoplastica della doxorubicina e la sua efficacia sull’uomo; tuttavia non c’è ancora unanime consenso su come la doxorubicina e altre antracicline esplichino la loro azione antitumorale. Sono stati proposti tre principali meccanismi biochimici: intercalazione nel DNA, legame alle membrane e attivazione metabolica via riduzione.
Un motivo importante dell’insuccesso terapeutico con doxorubicina e altre antracicline è lo sviluppo della resistenza. Per risolvere la resistenza cellulare alla doxorubicina è stato considerato l’uso degli antagonisti del calcio quali il verapamil poiché il target principale è la membrana cellulare; verapamil inibisce il canale di trasporto lento del calcio e può aumentare la captazione cellulare della doxorubicina. Chang et al, 1989 hanno dimostrato che la citotossicità della doxorubicina è potenziata dal verapamil in vitro utilizzando tre linee cellulari di cancro pancreatico.
È stato inoltre investigato il possibile ruolo del suo maggior metabolica di riduzione, il doxorubicinolo, che risiede nel plasma umano, tuttavia si è giunti alla conclusione che esso non è coinvolto nell’accumulo/ritenzione intracellulare della doxorubicina. È stato evidenziato in esperimenti condotti sugli animali che l’associazione di doxorubicina e verapamil ha causato gravi effetti tossici. (Sridhar et al, 1992).
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La somministrazione endovenosa di doxorubicina è seguita da una rapida clearance plasmatica (t½=10 min) e un legame tissutale significativo.
L’emivita terminale è approssimativamente di 30 ore. La doxorubicina è parzialmente metabolizzata, principalmente in doxorubicinolo e in quantità minore in aglicone e si coniuga al glucuronide e al solfato. L’escrezione biliare e fecale rappresenta la principale via di eliminazione.
Circa il 10% della dose somministrata è escreta per via renale. Il legame della doxorubicina alle proteine plasmatiche varia da 50-85%. Il volume di distribuzione è pari a 800-3500L/m².
La doxorubicina non è assorbita dopo la somministrazione orale e non attraversa la barriera ematoencefalica. La disfunzione epatica può determinare una riduzione della clearance della doxorubicina e dei suoi metaboliti.
Dopo una dose singola di doxorubicina e.v. in bolo somministrata nei ratti, topi e conigli, la DL50 è rispettivamente 12.6, 9.4 e 6mg/kg.
Dopo somministrazione a topi vecchi e giovani di una dose e.v. singola di 2,5 e 5 mg/kg sono stati riscontrati, rispettivamente, calo ponderale e ridotta sopravvivenza.
I dati sugli animali mostravano un aumento della tossicità della doxorubicina nei ratti vecchi.
Come previsto sulla base della sua interazione con il DNA e delle sue proprietà citotossiche, la doxorubicina é mutagena e in vitro mostra danni cromosomici nei linfociti umani, e negli animali è anche carcinogenica. La formulazione è inoltre teratogena e embriocida. Sebbene un dosaggio endovenoso e intraperitoneale sui topi e ratti fino a 1mg/kg dal 7° al 13° giorno di gestazione non produceva segni di teratogenicità, una dose più alta di 2mg/kg i.p. per un periodo più lungo nei ratti causava atresia dell’esofago e intestino e anomalie cardiovascolari. In studi condotti in conigli con dosi e.v. fino a 0,6 mg/kg somministrate ai giorni 16-18 di gestazione si sono verificati aborti, ma non anomalie fetali. Danni renali post natali sono stati osservati in ratti cui venivano somministrate dosi di 1 o 1,5 mg/kg di doxorubicina nei giorni 6-9 e 10-12.
Un esame al microscopio del cuore dei pazienti ha mostrato una evidente cardiomiopatia grave e molteplici alterazioni, la maggior parte di queste sono state riprodotte su modelli animali nel topo, ratto, coniglio, cane e scimmia; lo sviluppo e carattere delle lesioni nel ratto e coniglio sono simili a quelli riscontrati sull’uomo sebbene i ratti sviluppano una cardiomiopatia a dosi totali minori rispetto ai conigli. La patogenesi è di difficile valutazione, poiché a livello cardiaco sono stati riscontrati un gran numero di effetti biochimici complessi.
Acido cloridrico, sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili.
Deve essere evitato il contatto con qualsiasi soluzione a pH alcalino poiché provoca idrolisi del farmaco. La doxorubicina non deve essere mescolata con eparina e con il 5-fluorouracile poiché può formare precipitato ed è da evitare la miscelazione con altri farmaci.
2 anni.
Conservare in frigorifero (2°C-8°C), al riparo dall a luce, pertanto bisogna conservare il flaconcino nella confezione. Prelevare la soluzione dal flaconcino immediatamente prima dell’uso. Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere utilizzato immediatamente. Se non venisse utilizzato immediatamente, il tempo e le condizioni di conservazione prima dell’uso sono sotto la completa responsabilità dell’utilizzatore e normalmente non devono superare le 24 ore se il prodotto è conservato a temperature comprese tra i 2-8° C, a meno che la diluizione non sia stata effettuata in condizioni asettiche controllate e validate. Tests eseguiti sulla soluzione diluita nelle 24 ore a 2-8° C non hanno mostrato significativi cambiamenti se conservata in presenza o in assenza di protezione dalla luce.
Flaconcino di vetro di tipo I (Ph. Eur.) con tappo grigio in gomma clorobutilica rivestita di teflon e ghiera di alluminio. I flaconcini sono confezionati con o senza contenitore protettivo di plastica (ONCO-SAFE) in una scatola di cartone.
Dimensioni della confezione
• 5 ml di Doxorubicina Ebewe 2 mg/ml: 1, 5 o 10 flaconcini sono confezionati in una scatola di cartone.
• 25 ml di Doxorubicina Ebewe 2 mg/ml: ciascun flaconcino è confezionato in una scatola di cartone.
• 50 ml di Doxorubicina Ebewe 2 mg/ml: ciascun flaconcino è confezionato in una scatola di cartone.
• 100 ml di Doxorubicina Ebewe 2 mg/ml: ciascun flaconcino è confezionato in una scatola di cartone.
Monouso.
Maneggiare in accordo con le linee guida sui farmaci citotossici.
Si devono rispettare le seguenti misure di sicurezza a causa della natura tossica del prodotto:
• il personale deve essere istruito alla buona tecnica di manipolazione.
• il personale in stato di gravidanza deve essere escluso da tali compiti.
• il personale che manipola la doxorubicina deve indossare indumenti protettivi: occhiali, camici, maschere e guanti monouso.
• tutti gli articoli usati per la somministrazione e la pulizia, inclusi i guanti, dovranno essere posti in appositi sacchi per rifiuti ad alto rischio, per l’incenerimento ad alte temperature (700°C).
In caso di contatto accidentale con la cute o con gli occhi, bisogna lavare immediatamente e abbondantemente la cute con acqua, o acqua e sapone o con una soluzione di sodio bicarbonato. Successivamente deve essere consultato uno specialista.
Le fuoriuscite o le perdite di soluzione devono essere trattate con ipoclorito di sodio diluito (soluzione di ipoclorito all’1%) che preferibilmente va lasciato agire per tutta la notte e a cui va fatto seguire un risciacquo con acqua.
Tutti i materiali di pulizia devono essere eliminati come indicato precedentemente.
Le soluzioni per infusione endovenosa raccomandate sono il sodio cloruro per infusione endovenosa (e.v.) allo 0.9% p./v., glucosio per infusione endovenosa (e.v.) al 5% p./v. oppure sodio cloruro e glucosio per infusione endovenosa e.v. (vedere paragrafo 4.2).
A causa dei vari schemi posologici disponibili, l’uso di questo farmaco deve essere effettuato sotto la supervisione di personale esperto nella terapia citotossica.
Ebewe Italia S.r.l.
Via Viggiano 90
00178 Roma
Italia
AIC n. 034879015/M - Flaconcino da 10 mg/5 ml
AIC n. 034879054/M - 5 Flaconcini da 10 mg/5 ml
AIC n. 034879066/M - 10 Flaconcini da 10 mg/5 ml
AIC n. 034879027/M - Flaconcino da 50 mg/25 ml
AIC n. 034879039/M - Flaconcino da 100 mg/50 ml
AIC n. 034879041/M - Flaconcino da 200 mg/100 ml
Settembre 2004
Dicembre 2008