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DOXORUBICINA TEVA
1 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contiene 2 mg di doxorubicina cloridrato
5 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 10 mg di doxorubicina cloridrato
25 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 50 mg di doxorubicina cloridrato
100 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 200 mg di doxorubicina cloridrato
Eccipienti:
1 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contiene 3,54 mg di sodio
5 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 17,7 mg di sodio
25 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 88,5 mg di sodio
100 ml di Doxorubicina Teva 2 mg/ml contengono 354,1 mg di sodio
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Concentrato per soluzione per infusione
Soluzione rossa trasparente.
pH = 2,7-3,3
• Carcinoma mammario
• Terapia neoadiuvante e adiuvante dell’osteosarcoma
• Sarcoma dei tessuti molli avanzato nell’adulto
• Carcinoma polmonare a piccole cellule
• Linfoma di Hodgkin
• Linfoma non-Hodgkin altamente maligno
• Terapia di induzione e consolidamento nella leucemia linfatica acuta
• Leucemia mieloblastica acuta
• Mieloma multiplo avanzato
• Carcinoma endometriale avanzato o ricorrente
• Carcinoma tiroideo papillare/follicolare avanzato o recidivante
• Carcinoma tiroideo anaplastico
• Trattamento sistemico del carcinoma della vescica localmente avanzato o metastatizzato
• Profilassi endovescicale delle ricorrenze del carcinoma superficiale della vescica successive alla resezione transuretrale
• Carcinoma ovarico ricorrente
• Tumore di Wilms (allo stadio II nelle varianti altamente maligne, a tutti gli stadi avanzati [III-IV])
• Neuroblastoma avanzato
La doxorubicina viene usata frequentemente nei regimi chemioterapici di associazione con altri medicinali citotossici.
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La doxorubicina cloridrato può essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato esperto nella terapia citotossica. Inoltre, i pazienti devono essere monitorati frequentemente e attentamente durante il trattamento.
A causa del rischio di cardiomiopatia, spesso fatale, prima di ogni applicazione devono essere valutati i rischi e i benefici per il singolo paziente.
Prima dell’inizio del trattamento, si consiglia di misurare la funzione epatica mediante esami convenzionali, quali AST, ALT, ALP e bilirubina, e di misurare la funzione renale (vedere paragrafo 4.4).
Deve essere condotta un’analisi della LVEF mediante ecografia o cardioscintigrafia allo scopo di valutare le condizioni cardiache del paziente. Questo controllo deve essere effettuato prima dell’inizio del trattamento e dopo ogni dose cumulativa di 100 mg/m² circa (vedere paragrafo 4.4).
La somministrazione endovenosa (e.v.) di doxorubicina deve essere eseguita con estrema attenzione; è opportuno somministrare il farmaco mediante l’infusione di una soluzione fisiologica o di glucosio al 5% che scorra liberamente e.v. nell’arco di 3-5 minuti. Questo metodo riduce al minimo il rischio di sviluppo di trombosi e stravaso perivenoso, che determina grave cellulite, vescicazione e necrosi tissutale. La doxorubicina può essere somministrata per via endovenosa come bolo nell’arco di qualche minuto, come infusione breve nell’arco di un’ora al massimo oppure come infusione continua per un massimo di 96 ore. L’iniezione endovenosa diretta è sconsigliata a causa del rischio di stravaso, che può avvenire anche in presenza di un adeguato ritorno del sangue mediante aspirazione con ago.
La doxorubicina non può essere somministrata per via intramuscolare, sottocutanea, orale o intratecale.
Somministrazione endovenosa
La dose viene abitualmente calcolata in base all’area della superficie corporea (mg/m²). La posologia di somministrazione della doxorubicina può variare secondo l’indicazione (tumori solidi o leucemia acuta) e secondo l’uso nel regime terapeutico specifico (in monoterapia o in associazione ad altri agenti citotossici o come parte di procedure multidisciplinari che includono un’associazione di chemioterapia, procedura chirurgica, radioterapia e trattamento ormonale).
Monoterapia
La dose consigliata è di 60-75 mg/m² di superficie corporea e.v. come dose singola o in dosi suddivise su 2-3 giorni consecutivi, con somministrazione endovenosa a intervalli di 21 giorni. La posologia e le dosi possono essere regolati in base al protocollo. Per informazioni precise sulla posologia, consultare i protocolli vigenti.
Terapia di associazione
Se doxorubicina cloridrato viene somministrata in associazione ad altri agenti citostatici, la dose deve essere ridotta a 30-60 mg/m² ogni 3-4 settimane.
Dose cumulativa massima
Non deve essere superata la dose totale massima di 450-550 mg/m² di superficie corporea (incluso l’utilizzo con farmaci correlati come la daunorubicina).
I pazienti con cardiopatia concomitante sottoposti a irradiazione mediastinica e/o cardiaca, i pazienti trattati in precedenza con agenti alchilanti e i pazienti ad alto rischio (ossia i pazienti con ipertensione arteriosa per un periodo superiore ai 5 anni; con pregresso danno cardiaco coronarico, valvolare o miocardico o età superiore a 70 anni) non devono superare la dose totale massima di 400 mg/m² di superficie corporea; la funzione cardiaca di questi pazienti deve essere monitorata (vedere paragrafo 4.4).
Gruppi di popolazioni speciali
Pazienti immunosoppressi
La dose deve essere ridotta in caso di immunosoppressione; una dose alternativa è di 15-20 mg/m² di superficie corporea alla settimana.
Pazienti con ridotta funzionalità epatica
In caso di ridotta funzione epatica, la dose deve essere ridotta secondo lo schema seguente.
Bilirubina sierica | Dose consigliata |
20-50 mcmol/l | ½ dose normale |
> 50-85 mcmol/l | ¼ dose normale |
> 85 mcmol/l | interruzione del trattamento |
Pazienti con ridotta funzionale renale
Nei pazienti con insufficienza renale (GFR inferiore a 10 ml/min.), deve essere somministrato soltanto il 75% della dose pianificata.
Pazienti a rischio di insufficienza cardiaca
Per i pazienti con rischio aumentato di cardiotossicità va preso in considerazione il trattamento con un’infusione continua di 24 ore di una singola dose, anziché un’iniezione. In questo modo, si può ridurre la frequenza della cardiotossicità, senza diminuire l’efficacia terapeutica. In questi pazienti, prima di ogni ciclo, deve essere misurata la frazione di eiezione.
Pazienti con riserva limitata di midollo osseo non correlata al coinvolgimento del midollo osseo da parte della malattia
Le dosi possono essere ridotte nei pazienti precedentemente trattati con agenti mielosoppressivi. La riserva di midollo osseo di questi pazienti può essere insufficiente.
Anziani
Le dosi possono essere ridotte nei pazienti anziani.
Popolazione pediatrica
A causa del concreto rischio di cardiotossicità indotta da doxorubicina nell’infanzia, devono essere applicate determinate dosi cumulative massime in base all’età dei pazienti. In genere, nei bambini (sotto i 12 anni di età) la dose cumulativa massima è calcolata in 300 mg/m², mentre negli adolescenti (oltre i 12 anni di età) la dose cumulativa massima è fissata a 450 mg/m². Per i neonati le dosi cumulative massime non sono state ancora definite, ma si presume una tollerabilità ulteriormente inferiore.
Per i bambini la dose deve essere ridotta, in quanto presentano un maggiore rischio di cardiotossicità, soprattutto a distanza di tempo. Deve essere prevista la mielotossicità, con nadir 10-14 giorni dopo l’inizio del trattamento. Consultare i protocolli di trattamento vigenti e la letteratura specialistica.
Nota: la posologia di doxorubicina S-liposomiale e quella di doxorubicina (tradizionale) sono differenti. Le due formulazioni non sono intercambiabili.
Somministrazione endovescicale
La doxorubicina cloridrato può essere somministrata mediante instillazione endovescicale per il trattamento del carcinoma superficiale della vescica e per prevenire la recidiva dopo la resezione transuretrale (T.U.R.). La dose consigliata per il trattamento endovescicale del carcinoma superficiale della vescica è di 30-50 mg in 25-50 ml di soluzione fisiologica per instillazione. La concentrazione ottimale è di circa 1 mg/ml. La soluzione deve restare nella vescica per 1-2 ore. Durante questo periodo, il paziente deve essere ruotato di 90° ogni 15 minuti. Per evitare la diluizione indesiderata con l’urina, il paziente deve essere informato del divieto di bere qualsiasi liquido nelle 12 ore precedenti all’instillazione (ciò riduce la produzione di urina a circa 50 ml/h). L’instillazione può essere ripetuta con un intervallo compreso tra 1 settimana e 1 mese, a seconda del tipo di trattamento, terapeutico o profilattico.
Ipersensibilità alla doxorubicina, ad altre antracicline o altri antracenedioni o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Controindicazioni per la somministrazione endovenosa:
• mielosoppressione persistente marcata e/o grave stomatite indotta da precedente trattamento citotossico e/o radiazioni (inclusi i pazienti ad alto rischio di emorragia)
• infezione sistemica acuta
• grave riduzione della funzionalità epatica
• grave aritmia, ridotta funzionalità cardiaca, infarto miocardico acuto, pregresso infarto miocardico, cardiopatia infiammatoria acuta
• precedente trattamento con antracicline a dosi cumulative massime
• allattamento.
Controindicazioni per la somministrazione endovescicale:
• tumori invasivi che hanno penetrato la vescica (oltre T1)
• infezioni delle vie urinarie
• infiammazione della vescica
• problemi con la cateterizzazione
• ematuria
• allattamento.
Avvertenze generali
La doxorubicina può essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato esperto nella terapia citotossica. Inoltre, i pazienti devono essere monitorati frequentemente e attentamente durante il trattamento.
Deve essere eseguito un attento controllo delle possibili complicazioni cliniche, in particolare nei pazienti anziani, nei pazienti con storia di cardiopatia o con soppressione del midollo osseo e nei pazienti che sono stati trattati in precedenza con antracicline o con irradiazione mediastinica.
Prima o durante il trattamento con doxorubicina, sono consigliati i seguenti esami di monitoraggio (la frequenza di esecuzione di questi esami dipende dalle condizioni generali del paziente, dalla dose e dai medicinali concomitanti assunti):
• radiografie dei polmoni e del torace ed ECG
• monitoraggio regolare della funzione cardiaca (LVEF misurata, ad esempio, con ECG, ecocardiogramma e cardioscintigrafia)
• ispezione della cavità orale e della faringe per verificare la presenza di alterazioni delle mucose
• analisi del sangue: ematocrito, piastrine, formula leucocitaria, SGPT, SGOT, LDH, bilirubina, acido urico.
Doxorubicina non può essere somministrata per via intramuscolare, sottocutanea, orale o intratecale.
Il paziente deve essere informato della possibile colorazione rossa dell’urina dopo la somministrazione.
Spesso, la nausea, il vomito e la mucosite sono estremamente gravi e devono essere trattati in modo appropriato.
Cardiotossicità
Se si supera la dose cumulativa totale massima (negli adulti 550 mg/m² della BSA, in caso di precedente radioterapia toracica o durante la terapia concomitante con alchilanti 400 mg/m² della BSA), la percentuale di cardiomiopatie indotte da antraciclina aumenta rapidamente, anche in assenza di fattori di rischio preesistenti. Tuttavia, in casi isolati, la cardiotossicità è stata osservata a dosi totali assai inferiori. Dopo una dose cumulativa totale di 550 mg/m² della BSA, i pazienti hanno, ad esempio, un rischio del 5% circa di sviluppare una grave insufficienza cardiaca.
La dose cumulativa deve essere valutata quando il prodotto medicinale viene utilizzato su bambini che, in generale, tollerano dosi totali inferiori nell’arco della vita e nei quali la radioterapia supplementare, la giovane età all’inizio della terapia e le terapie concomitanti aggressive determinano un rischio particolarmente elevato di sviluppare successivamente una tossicità organica e cardiaca potenzialmente fatale con disfunzione ventricolare, insufficienza cardiaca e/o aritmia. Inoltre, rispetto ai maschi, le femmine sembrano particolarmente predisposte allo sviluppo di una cardiotossicità ritardata dopo la terapia con doxorubicina.
Particolare cautela è indicata anche nei bambini di età inferiore a 2 anni e nei pazienti con pre-trattamento cardiologico (cardiopatia coronarica, insufficienza cardiaca), come pure in relazione cronologica con la terapia ipertermica.
Prima, durante e dopo la chemioterapia con doxorubicina, la funzione cardiaca deve essere monitorata mediante ECG, ecografia e cardioscintigrafia.
Mielosoppressione
Se è presente una grave mielosoppressione, doxorubicina non può essere utilizzata; è quindi necessaria una riduzione della dose o il posticipo della somministrazione.
Occorre adottare le precauzioni necessarie ad assicurare che sia possibile trattare in modo rapido ed efficace una grave infezione e/o un grave episodio di emorragia. Le infezioni esistenti devono essere trattate prima di iniziare la terapia con doxorubicina.
Patologie gastrointestinali
È consigliata una profilassi antiemetica.
Nota: doxorubicina non deve essere utilizzata in presenza di infiammazioni, ulcerazioni o diarrea.
Controllo dei valori ematici
Prima di ogni ciclo di trattamento, devono essere eseguiti la conta leucocitaria totale e differenziale, la conta eritrocitaria e la conta piastrinica. La soppressione del midollo osseo indotta da doxorubicina cloridrato, che incide principalmente sui leucociti, richiede un monitoraggio ematologico approfondito dal momento che una grave mielosoppressione può condurre a superinfezioni ed emorragie. Può apparire una grave leucopenia alle dosi consigliate per il trattamento dei tumori solidi (è prevista un quantità di leucociti pari o inferiore a 1000/mm³ durante il trattamento a dose piena con doxorubicina cloridrato). La leucopenia è maggiormente pronunciata 10 - 14 giorni dopo il trattamento e, nella maggior parte dei casi, i leucociti sono tornati al livello normale dopo 21 giorni. Il trattamento non può essere iniziato o proseguito se i granulociti polinucleari sono inferiori a 2000/mm³. Con il trattamento delle leucemie acute, questo valore può essere corretto al ribasso, a seconda delle circostanze. Sono richiesti anche regolari esami ematologici a causa del rischio di leucemia secondaria dopo il trattamento con agenti oncolitici. Una remissione della leucemia acuta può essere realizzata se diagnosticata in fase iniziale e trattata con i regimi chemioterapici appropriati.
Controllo della funzione cardiaca
Esiste un rischio noto di sviluppo di cardiopatia dipendente dalla dose cumulativa indotta dalle antracicline. Per questo motivo, non deve essere superata la dose cumulativa di 450-550 mg/m². A dosi superiori, il rischio di sviluppare un’insufficienza cardiaca aumenta considerevolmente. In genere, la cardiotossicità indotta da doxorubicina si verifica durante il trattamento o entro i due mesi successivi all’interruzione del trattamento, ma sono stati segnalati casi di complicazioni tardive (mesi o anni dopo il trattamento). La funzione cardiaca deve quindi essere valutata prima dell’inizio del trattamento e monitorata con cura durante l’intero trattamento. Si consiglia un’elettrocardiografia prima e dopo ciascun ciclo di trattamento. Le alterazioni del tracciato dell’ECG, quali depressione o negativizzazione dell’onda T, riduzione del tratto ST o aritmie, sono di solito segni di un effetto tossico acuto ma transitorio (reversibile) e non vengono considerate indicazioni alla sospensione della terapia con doxorubicina. Tuttavia, una negativizzazione dell’onda T e un prolungamento dell’intervallo sistolico sono considerati maggiormente indicativi di cardiotossicità indotta dalle antracicline.
Il metodo ottimale per predire la cardiomiopatia è l’identificazione di una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), determinata mediante ecografia o cardioscintigrafia. La valutazione della LVEF va eseguita prima del trattamento e ripetuta dopo ogni dose cumulativa di 100 mg/m² circa e in caso di segni clinici di insufficienza cardiaca. Di regola, una riduzione assoluta ≥10% o al di sotto del 50% nei pazienti con valori iniziali della LVEF nella norma rappresenta un segno di compromissione della funzione cardiaca. In questi casi, la prosecuzione del trattamento con doxorubicina deve essere attentamente valutata. Il rischio di cardiotossicità può aumentare nei pazienti precedentemente trattati con radioterapia del pericardio mediastinico, in quelli precedentemente trattati con altre antracicline e/o antracenedioni, nei pazienti di età superiore ai 70 anni o inferiore ai 15 anni e nei pazienti con storia di cardiopatie. La dose cumulativa totale di doxorubicina somministrata al singolo paziente deve anche tenere conto di ogni terapia precedente o concomitante con altri agenti potenzialmente cardiotossici, quali ciclofosfamide e.v. ad alto dosaggio, irradiazione mediastinica o composti antraciclinici correlati, come la daunorubicina.
Gravi aritmie acute sono state segnalate durante o poche ore dopo la somministrazione di doxorubicina.
I sintomi cardiaci possono manifestarsi anche durante la gravidanza in donne che sono state trattate con doxorubicina in passato (fino a 20 anni prima), anche se non avevano presentato segni di eventi avversi cardiaci in precedenza. Sono stati segnalati casi di insufficienza cardiaca congestizia ed edema polmonare. Le donne che sono state trattate con doxorubicina in passato e sono entrate in gravidanza devono essere monitorate per escludere eventi avversi cardiaci. Vedere anche il paragrafo 4.8.
Controllo della funzione epatica
La doxorubicina viene eliminata principalmente dall’apparato epatobiliare. L’eliminazione del farmaco può quindi essere prolungata con una conseguente tossicità generale in caso di ridotta funzione epatica o ostruzione della secrezione biliare. Prima e durante il trattamento, si consiglia di monitorare la funzione epatica con analisi tradizionali, quali AST, ALT, ALP e bilirubina, dal momento che potrebbe essere necessario un aggiustamento della dose (vedere paragrafo 4.2). Nei pazienti con grave insufficienza epatica, occorre valutare il rapporto rischio-beneficio del trattamento con doxorubicina prima della somministrazione. In pazienti sottoposti in precedenza a radioterapia nell’area mediastinica, è stata segnalata grave epatotossicità, in alcuni casi con esito fatale. È necessario valutare la bilirubina sierica totale prima e durante il trattamento con doxorubicina.
Controllo dell’acido urico sierico
Durante la terapia, è possibile che si verifichi un aumento dell’acido urico sierico. In caso di iperuricemia, occorre iniziare una terapia antiperuricemica.
È necessario monitorare il livello di acido urico nel sangue e appurare che il paziente assuma una quantità sufficiente di liquidi (con un apporto giornaliero minimo di 3 l/m²). Se necessario, può essere somministrato un inibitore della xantino-ossidasi (allopurinolo).
Nei pazienti con grave insufficienza renale possono essere necessarie riduzioni della dose (vedere paragrafo 4.2).
Associazione con altre chemioterapie antitumorali
La doxorubicina cloridrato può potenziare la tossicità di altre chemioterapie antitumorali (vedere paragrafo 4.5). La doxorubicina potenzia la tossicità delle radiazioni a muscolo cardiaco, mucose, cute e fegato.
Carcinogenicità, mutagenicità e compromissione della fertilità
La doxorubicina è risultata genotossica e mutagena nei test in vitro e in vivo. Nelle donne, la doxorubicina può causare l’infertilità durante il periodo di somministrazione del farmaco. La doxorubicina può causare l’amenorrea. Sembra che l’ovulazione e la mestruazione ricompaiano al termine della terapia, sebbene si possa verificare una menopausa prematura.
La doxorubicina è mutagena e può indurre un danneggiamento cromosomico negli spermatozoi umani. L’oligospermia e l’azoospermia possono essere permanenti; tuttavia, è stato riportato il ritorno a livelli normospermici in alcuni casi. Ciò può accadere diversi anni dopo la conclusione della terapia. Gli uomini sottoposti al trattamento con doxorubicina devono adottare metodi contraccettivi efficaci. Agli uomini trattati con doxorubicina viene consigliato di non concepire un figlio durante il trattamento e per i 6 mesi successivi e di informarsi in merito alla crioconservazione (o criopreservazione) dello sperma prima del trattamento, a causa della possibilità di infertilità reversibile dovuta alla terapia con doxorubicina. Le donne non devono entrare in gravidanza durante il trattamento e nei 6 mesi successivi.
Stravaso
Un dolore acuto o una sensazione di bruciore nel sito di somministrazione può indicare un piccolo stravaso. Lo stravaso provoca la necrosi grave e progressiva dei tessuti. In caso di stravaso avvenuto o presunto, sospendere l’iniezione e ricominciare in un altro vaso sanguigno. Il raffreddamento dell’area colpita per 24 ore riesce a ridurre il fastidio. Il paziente deve essere sottoposto ad attento monitoraggio per qualche settimana. Possono rendersi necessarie misure chirurgiche.
Vaccini
I vaccini non sono consigliati (vedere paragrafo 4.5). Durante il trattamento con doxorubicina cloridrato, i pazienti devono evitare il contatto con persone che abbiano subito di recente la vaccinazione contro la poliomielite.
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La cardiotossicità della doxorubicina viene potenziata dall’uso precedente o concomitante di altre antracicline o di altri farmaci potenzialmente cardiotossici (ad es. 5-fluorouracile, ciclofosfamide o paclitaxel) o di prodotti che incidono sulla funzione cardiaca (come i calcioantagonisti). Quando doxorubicina viene utilizzata insieme agli agenti summenzionati, la funzione cardiaca deve essere monitorata con attenzione.
L’uso di trastuzumab in associazione alle antracicline (come doxorubicina) è associato a un rischio cardiotossico elevato.
Se possibile, i medici devono evitare la terapia a base di antracicline per un periodo massimo di 24 settimane dopo l’interruzione del trastuzumab. Se si utilizzano le antracicline, la funzione cardiaca del paziente deve essere monitorata con attenzione. L’uso concomitante di antracicline e trastuzumab deve essere limitato a un contesto di sperimentazione clinica ben controllato, con monitoraggio cardiaco. I pazienti che hanno ricevuto delle antracicline in precedenza sono a rischio di cardiotossicità anche con il trattamento con trastuzumab, sebbene il rischio sia inferiore rispetto all’uso concomitante di trastuzumab e antracicline.
Il (pre-)trattamento con farmaci che incidono sulla funzionalità del midollo osseo (ad es. agenti citostatici, sulfonamidi, cloramfenicolo, fenitoina, derivati dell’amidopirina, farmaci antiretrovirali) può determinare gravi disturbi ematopoietici. Se necessario, deve essere modificata la dose di doxorubicina. Gli effetti tossici della terapia con doxorubicina possono aumentare in associazione ad altri agenti citostatici (ad es. citarabina, cisplatino, ciclofosfamide).
L’epatotossicità della doxorubicina può essere potenziata da altre modalità di trattamento epatotossiche (ad es. la 6-mercaptopurina).
La doxorubicina cloridrato utilizzata in associazione alla ciclosporina può richiedere un aggiustamento della dose. In caso di somministrazione concomitante di ciclosporina, la clearance della doxorubicina si riduce del 50% circa. L’AUC di doxorubicina aumenta del 55% e l’AUC di doxorubicinolo aumenta del 350%. Con questa associazione, si consiglia una riduzione del 40% della dose di doxorubicina. Analogamente al verapamil, la ciclosporina inibisce sia il CYP3A4 che la P-glicoproteina, il che può spiegare l’interazione e il risultante aumento degli effetti avversi.
Anche gli inibitori del citocromo P-450 (ad es. cimetidina) riducono la clearance plasmatica e aumentano l’AUC di doxorubicina, forse mediante meccanismi simili come suggerito per la ciclosporina, e possono quindi determinare un aumento degli effetti avversi. Per contro, gli induttori del citocromo P-450 (ad es. fenobarbitale e rifampicina) riducono i livelli di doxorubicina nel plasma e possono quindi determinare una diminuzione dell’efficacia.
La doxorubicina è un potente agente radiosensibilizzante e può indurre fenomeni di recall, anche con esito fatale. Ogni ciclo di radioterapia precedente, concomitante o successivo può aumentare la cardiotossicità o l’epatotossicità della doxorubicina. Questo vale anche per le terapie concomitanti con farmaci cardiotossici o epatotossici. Se la terapia con doxorubicina segue un trattamento con ciclofosfamide, oltre ad aumentare la cardiotossicità, può anche aggravare la cistite emorragica.
In caso di somministrazione di paclitaxel prima di doxorubicina, si può avere una concentrazione elevata nel plasma della doxorubicina e/o dei suoi metaboliti. Questi dati suggeriscono che questo effetto è minore se l’antraciclina viene somministrata prima di paclitaxel.
La terapia con doxorubicina può determinare un aumento dell’acido urico nel siero, pertanto può rendersi necessario l’aggiustamento della dose degli agenti somministrati per ridurre l’acido urico.
La doxorubicina può ridurre la biodisponibilità orale della digossina.
L’assorbimento dei farmaci antiepilettici (ad es. carbamazepina, fenitoina, valproato) diminuisce dopo l’uso concomitante di doxorubicina cloridrato.
Durante il trattamento con doxorubicina cloridrato, i pazienti non devono essere sottoposti a vaccini attivi e devono evitare il contatto con persone che abbiano subito di recente la vaccinazione contro la poliomielite.
La doxorubicina si lega all’eparina e al 5-fluorouracile. Sono quindi possibili precipitazioni e perdita di azione di entrambe le sostanze. Vedere il paragrafo 6.3 per ulteriori informazioni.
Gravidanza
La doxorubicina non deve essere somministrata durante la gravidanza. In generale, gli agenti citostatici possono essere somministrati in gravidanza soltanto su stretta indicazione e dopo aver valutato il beneficio per la madre rispetto ai possibili rischi per il feto. Negli studi sugli animali, la doxorubicina ha mostrato effetti embriotossici, fetotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3).
Gli uomini e le donne non devono concepire un figlio durante il trattamento e nei 6 mesi successivi.
Allattamento
È stato riportato che la doxorubicina viene secreta nel latte materno umano. Non è possibile escludere rischi per il bambino allattato. Poiché l’uso di doxorubicina durante l’allattamento è controindicato, è opportuno interrompere l’allattamento durante il trattamento con doxorubicina (vedere paragrafo 4.3).
Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Tuttavia, data la frequenza di nausea e vomito, i pazienti devono essere avvisati che è opportuno evitare di guidare veicoli e utilizzare macchinari.
Il trattamento con doxorubicina causa spesso effetti indesiderati, alcuni dei quali sono di gravità tale da richiedere un attento monitoraggio del paziente. La frequenza e il tipo di effetti indesiderati sono influenzati dalla velocità di somministrazione e dalla dose. La soppressione del midollo osseo è un effetto avverso acuto limitante la dose, ma è generalmente transitoria. Le conseguenze cliniche della tossicità ematologica a carico del midollo osseo provocata da doxorubicina possono includere febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragie, ipossia tissutale o decesso. Nella quasi totalità dei pazienti si osservano nausea, vomito e alopecia.
La somministrazione endovescicale può causare le seguenti reazioni avverse: ematuria, irritazione vescicale e uretrale, stranguria e pollachiuria. Queste reazioni hanno generalmente gravità moderata e breve durata.
La somministrazione endovescicale di doxorubicina può talvolta causare la cistite emorragica, che può provocare una diminuzione della capacità della vescica.
Lo stravaso può condurre a grave cellulite, vescicazione, tromboflebiti, linfangite e necrosi tissutale locale che può richiedere misure chirurgiche (inclusi innesti cutanei).
Le reazioni avverse sono elencate di seguito, in base alla classificazione per sistemi e per organi e frequenza assoluta (tutti gli eventi segnalati). Le frequenze sono definite come segue: molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Patologie cardiache
Molto comuni: cardiotossicità.
Comuni: cardiomiopatia congestizia (dilatativa) potenzialmente fatale (dopo una dose cumulativa di 550 mg/m²); tachicardia sinusale, tachicardia ventricolare, tachiaritmia, extrasistole ventricolare e sopraventricolare, bradicardia, aritmia; riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra.
Molto rari: alterazioni aspecifiche del tracciato dell’ECG (variazioni del tratto ST, basso voltaggio, intervalli QT prolungati); casi isolati di aritmie potenzialmente fatali, insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite, sindrome della pericardite-miocardite fatale; blocco atrioventricolare, blocco di branca.
La doxorubicina è cardiotossica. Il rischio che si manifestino effetti indesiderati cardiotossici è elevato durante e dopo la radioterapia nella regione mediastinica, dopo un pre-trattamento con agenti potenzialmente cardiotossici (ad es. antracicline, ciclofosfamide) e nei pazienti anziani (di età superiore a 60 anni) e nei pazienti con ipertensione arteriosa evidente (vedere paragrafo 4.4).
L’effetto cardiotossico della doxorubicina si può manifestare in due tipologie:
Tipo acuto
Gli effetti indesiderati di tipo acuto si verificano nella maggior parte dei casi entro le prime 24-48 ore successive all’inizio della terapia, non sono dipendenti dalla dose e sono caratterizzati dai seguenti sintomi: aritmia transitoria (frequente), tachicardia soprattutto sinusale (frequente) ed extrasistole ventricolari e sopraventricolari. Sono caratterizzati (molto raramente) da alterazioni aspecifiche del tracciato dell’ECG (variazioni del tratto ST, basso voltaggio e intervalli QT prolungati).
Queste alterazioni sono generalmente reversibili e la loro comparsa non costituisce una controindicazione all’uso ripetuto di doxorubicina. Tuttavia, possono insorgere aritmie potenzialmente fatali durante o qualche ora dopo l’uso di doxorubicina; in casi isolati, sono state segnalate insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite o sindrome della pericardite-miocardite fatale.
Tipo ritardato
Gli effetti indesiderati di tipo ritardato sono manifestazioni di tossicità organica dipendenti dalla dose cumulativa, generalmente irreversibili e spesso con potenziale esito fatale. Spesso si manifestano come una cardiopatia congestizia (dilatativa) con segni di insufficienza ventricolare sinistra entro qualche mese dalla conclusione della terapia. Tuttavia, la cardiotossicità può manifestarsi per la prima volta anche diversi anni dopo la conclusione della terapia; l’incidenza aumenta in funzione della dose cumulativa (vedere paragrafo 4.4).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Molto comuni: mielosoppressione incluse leucopenia, neutropenia, trombocitopenia, anemia.
La mielosoppressione è uno degli effetti indesiderati limitanti la dose e può essere seria. Si manifesta principalmente con il calo della conta leucocitaria. La leucopenia è stata osservata in almeno il 75% dei pazienti con una riserva di midollo osseo adeguata che erano stati trattati con 60 mg/m² della BSA ogni 21 giorni. Seppure con minore frequenza, sono state segnalate anche trombocitopenia, neutropenia e anemia. Sono state osservate anche superinfezioni (molto frequenti) ed emorragia correlate alla comparsa di soppressione del midollo osseo. La mielosoppressione culmina generalmente 10-14 giorni dopo la somministrazione di doxorubicina e nella maggior parte dei casi recede tra il ventunesimo e il ventottesimo giorno. Nello stesso periodo può comparire trombocitopenia o anemia, ma generalmente di minore gravità (vedere paragrafo 4.4).
Patologie dell’occhio
Frequenza non nota: congiuntivite/cheratite, aumento della lacrimazione.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Frequenza non nota: broncospasmo.
Patologie gastrointestinali
Molto comuni: disturbi gastrointestinali; diarrea; nausea e vomito; mucosite, stomatite, esofagite.
Comuni: anoressia.
Non comuni: emorragia gastrointestinale; dolori addominali; necrosi dell’intestino crasso con grave emorragia e gravi infezioni.
Molto rari: erosioni/ulcere gastrointestinali; ulcerazione delle membrane mucose (bocca, faringe, esofago, tratto gastrointestinale); iperpigmentazione della membrana mucosa orale.
Il potenziale emetico della doxorubicina è elevato; nausea e vomito relativamente gravi si verificano nell’80% circa dei pazienti il primo giorno di terapia, ma anche successivamente (vedere paragrafo 4.4). Inoltre, possono comparire inappetenza (frequente) e ulcerazione delle membrane mucose di bocca, faringe, esofago e tratto gastrointestinale. Nelle forme gravi, questi effetti possono condurre a infezioni. La diarrea (molto frequente) può insorgere secondariamente all’inibizione della proliferazione nell’epitelio intestinale. È stata segnalata necrosi dell’intestino crasso con grave emorragia e gravi infezioni (non comuni) correlate alle terapie di associazione con citarabina. In seguito alla radioterapia, può verificarsi un’esofagite (non comune) durante la terapia con doxorubicina, che può determinare la formazione di stenosi esofagee.
Patologie renali e urinarie
Molto comuni: colorazione di rosso dell’urina.
Comuni: disuria; cistite chimica successiva alla somministrazione endovescicale (con disturbi disurici, quali irritazione vescicale, irritazione uretrale, disuria, stranguria, pollachiuria, ematuria, spasmi ventricolari, cistite emorragica).
Molto rari: insufficienza renale acuta (casi isolati).
Iperuricemia e successiva nefropatia da acido urico a seguito della forte lisi tumorale.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Molto comuni: alopecia (dose-dipendente e nella maggior parte dei casi reversibile); arrossamento; fotosensibilizzazione.
Comuni: reazioni di ipersensibilità locali nel campo delle radiazioni ("reazione di recall da radiazione"); prurito.
Rari: orticaria; esantema; iperpigmentazione di pelle e unghie; onicolisi; stravaso (che può causare grave cellulite, vescicazione, tromboflebite, linfangite e necrosi tissutale locale).
Molto rari: eritemi acrali; formazione di vescicole; eritrodisestesia palmo-plantare.
Frequenza non nota: cheratosi actinica.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Frequenza non nota: artralgia.
Patologie endocrine
Molto rari: amenorrea; vampate di calore; oligospermia; azoospermia.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Molto rari: iperuricemia.
Infezioni e infestazioni
Non comuni: sepsi/setticemia.
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Non comuni: leucemia linfocitica acuta; leucemia mielogenica acuta.
Leucemia secondaria (talvolta) con o senza fase preleucemica è stata osservata in pazienti che erano stati trattati con antracicline (inclusa la doxorubicina). La leucemia secondaria insorge con maggiore frequenza se il farmaco viene somministrato in associazione ad agenti citostatici alteranti il DNA (ad es. sostanze alchilanti, derivati del platino) o alla radioterapia, se i pazienti hanno ricevuto una precedente terapia intensiva con farmaci citotossici o se la dose delle antracicline è stata aumentata. Questo tipo di leucemie può insorgere dopo una latenza di 1-7 anni.
Procedure mediche e chirurgiche
Frequenza non nota: il danneggiamento dovuto alle radiazioni (cute, polmoni, esofago, mucosa gastrointestinale, cuore) in fase di guarigione può ricomparire dopo la somministrazione di doxorubicina.
Patologie vascolari
Comuni: emorragia.
Molto rari: tromboembolia.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Molto comuni: febbre.
Non comuni: disidratazione.
Rari: tremore; capogiri; reazioni nel sito di iniezione (reazioni eritematose locali lungo la vena, dolore, flebite, flebosclerosi).
Disturbi del sistema immunitario
Rari: reazioni anafilattiche.
Patologie epatobiliari
Frequenza non nota: epatotossicità (talvolta con progressione in cirrosi); aumento temporaneo degli enzimi epatici.
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Non è noto alcun antidoto specifico per doxorubicina.
Un’intossicazione acuta può manifestarsi entro 24 ore, ad esempio con insufficienza cardiaca con dolore al torace, angina pectoris e infarto miocardico. In questi casi, occorre consultare un cardiologo. Altri segni di sovradosaggio sono grave mielosoppressione, che generalmente si verifica 10-14 giorni dopo l’inizio della terapia, e grave infiammazione delle membrane mucose. La mielosoppressione pronunciata deve essere trattata in ospedale. Secondo le circostanze, il trattamento può includere la sostituzione dei componenti mancanti e una terapia antibiotica. Può essere necessario ricoverare il paziente in una stanza sterile. In presenza di segni di intossicazione, la somministrazione di doxorubicina deve essere interrotta immediatamente. I segni di intossicazione cronica sono in particolare i segni di cardiotossicità sopraindicati. In caso di insufficienza cardiaca, deve essere consultato un cardiologo.
La terapia di emodialisi è probabilmente inutile nei casi di intossicazione con doxorubicina poiché doxorubicina ha un volume di distribuzione molto elevato e solo il 5% della dose viene eliminato dai reni.
Stravaso
Un’errata iniezione perivenosa risulta nella necrosi locale e nella tromboflebite. Una sensazione di bruciore nella regione dell’ago di infusione è indicativa della somministrazione perivenosa.
In caso di stravaso, l’infusione o iniezione deve essere interrotta immediatamente. L’ago deve essere lasciato in posizione per un breve periodo e quindi rimosso dopo una breve aspirazione.
In caso di stravaso, iniziare un’infusione endovenosa di dexrazoxano, non oltre 6 ore dopo lo stravaso (consultare il Riassunto delle caratteristiche del prodotto del dexrazoxano per indicazioni sulla somministrazione e per ulteriori informazioni). Se il dexrazoxano è controindicato, si consiglia di applicare dimetilsulfossido (DMSO) 99% localmente su un’area grande il doppio dell’area interessata (4 gocce su 10 cm² di area di superficie cutanea) e ripetere l’operazione tre volte al giorno per almeno 14 giorni. Se necessario, deve essere preso in considerazione lo sbrigliamento. A causa del meccanismo antagonistico, l’area deve essere raffreddata dopo l’applicazione di DMSO (vasocostrizione vs. vasodilatazione) per ridurre il dolore.
Non utilizzare il DMSO su pazienti che stanno assumendo il dexrazoxano per il trattamento di uno stravaso indotto dalle antracicline.
Altre misure sono state trattate in modo controverso nella letteratura e non hanno un valore definito.
Categoria farmacoterapeutica: antracicline e sostanze correlate, codice ATC: L01D B01
La doxorubicina appartiene al gruppo delle antracicline ed è un antibiotico citostatico che è stato isolato da colture di Streptomyces peucetius var. caesius. Oggi, viene ricavata in maniera semi-sintetica dalla daunorubicina. La doxorubicina è un forte irritante tissutale.
L’attività biologica della doxorubicina è attribuita alla sua capacità di legarsi al DNA, che determina l’inibizione del sistema enzimatico, vitale per la replicazione e la trascrizione del DNA. Il blocco del ciclo cellulare sembra raggiungere il livello massimo durante la fase S e la mitosi, ma l’inibizione è stata osservata anche durante altre fasi del ciclo cellulare.
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Dopo la somministrazione endovenosa, l’eliminazione di doxorubicina è caratterizzata da un’eliminazione trifasica dal plasma con un’emivita terminale di circa 30 ore. Il volume di distribuzione è di circa 25 l/kg. Il grado di legame proteico nel plasma è del 70% circa.
Le massime concentrazioni di farmaco si ottengono nel polmone, nel fegato, nella milza, nel rene, nel cuore, nell’intestino tenue e nel midollo osseo. La doxorubicina non attraversa la barriera emato-encefalica.
La doxorubicina viene metabolizzata rapidamente e il metabolita principale è il 13-diidro derivato doxorubicinolo, meno attivo. Entro cinque giorni, il 5% circa viene recuperato nell’urina, mentre il 40-50% viene eliminato attraverso la bile entro 7 giorni. Una ridotta funzione epatica può determinare un’eliminazione più lenta della sostanza.
Gli studi sugli animali descritti nella letteratura mostrano che doxorubicina compromette la fertilità, è embriotossica, fetotossica e teratogena. Altri dati indicano che doxorubicina è mutagena.
Sodio cloruro
Acido cloridrico (E507)
Sodio idrossido (E524)
Acqua per preparazioni iniettabili
La doxorubicina non può essere miscelata con l’eparina, poiché ciò può determinare una precipitazione. Fino a quando non saranno disponibili informazioni dettagliate sulla compatibilità delle miscelazioni, la doxorubicina non deve essere miscelata con altri prodotti medicinali oltre a quelli menzionati nel paragrafo 6.6.
Sono state segnalate incompatibilità con i seguenti prodotti: aminofillina, cefalotina, desametasone, fluorouracile, idrocortisone.
Prima dell’apertura:
18 mesi.
Dopo la prima apertura:
Utilizzare immediatamente dopo la prima apertura.
Dopo la diluizione:
La stabilità chimica e fisica in uso dopo la diluizione a una concentrazione di 0,5 mg/ml in sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) soluzione per infusione o in glucosio 50 mg/ml (5%) soluzione per infusione è stata dimostrata per 7 giorni al riparo dalla luce a temperatura ambiente e a 2-8°C.
Dopo la diluizione a una concentrazione di 0,05 mg/ml in sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) soluzione per infusione o in glucosio 50 mg/ml (5%) soluzione per infusione, la diluizione di 0,05 mg/ml risultante deve essere utilizzata subito dopo la preparazione.
Relativamente alla diluizione di 0,5 mg/ml nella soluzione di sodio cloruro o glucosio, si consiglia, dal punto di vista microbiologico, di usare il medicinale immediatamente. Se non viene usato immediatamente, il periodo di conservazione in uso e le condizioni precedenti all’uso sono responsabilità dell’utilizzatore e normalmente non superano le 24 ore a 2-8°C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.
Conservare in frigorifero (2-8°C).
Non congelare.
Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere paragrafo 6.3.
Doxorubicina Teva 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione è fornita in flaconcini da 5 ml (10 mg), 25 ml (50 mg) o 100 ml (200 mg) contenenti una soluzione sterile trasparente di colore rosso-arancio.
Materiale del confezionamento primario: flaconcini con volume nominale di 5, 25 o 100 ml, di vetro incolore di tipo I (Ph.Eur.), con tappo in gomma clorobutilica con rivestimento in fluoropolimero inerte (PTFE) sul lato interno e sigillo in alluminio coperto da un disco colorato in polipropilene.
Contenuto delle confezioni: scatole con un flaconcino da 5, 25 o 100 ml.
La doxorubicina può essere somministrata anche come infusione endovenosa diluita nell’intervallo di concentrazione compreso tra 0,05 mg/ml e 0,5 mg/ml in sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) soluzione per infusione o in glucosio 50 mg/ml (5%) soluzione per infusione utilizzando sacche per infusione non in PVC.
Il personale deve essere istruito alla buona tecnica di manipolazione dei farmaci citotossici. Il personale in stato di gravidanza deve essere escluso dal lavoro con questo medicinale. Il personale che manipola doxorubicina e tutti i farmaci citotossici deve indossare indumenti produttivi: occhiali, camici, guanti e maschere monouso.
In caso di contatto di doxorubicina con la cute o le mucose, l’area esposta deve essere lavata abbondantemente con acqua e sapone. In caso di contatto della sostanza con gli occhi, sciacquare con acqua o soluzione fisiologica sterile, quindi consultare un oculista.
Dopo l’uso, i flaconi e i materiali utilizzati per l’iniezione, inclusi i guanti, devono essere distrutti conformemente alle regole per gli agenti citotossici.
Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
L’inattivazione delle fuoriuscite o perdite di farmaco si ottiene con una soluzione di ipoclorito di sodio all’1% o più semplicemente con un tampone fosfato (pH>8) fino all’eliminazione della soluzione. Tutti i materiali utilizzati per la pulizia devono essere smaltiti come indicato in precedenza.
Teva Italia S.r.l. - Via Messina 38 - 20154 Milano
AIC n. 039646017/M - 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione 1 flaconcino 10 mg/5 ml
AIC n. 039646031/M - 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione 1 flaconcino 50 mg/25 ml
AIC n. 039646043/M - 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione 1 flaconcino 200 mg/100 ml
15 luglio 2010
Giugno 2010