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DUFASTON
Una compressa rivestita con film contiene, principio attivo: didrogesterone 10 mg.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1
Compressa rivestita con film di colore bianco, rotonda, biconvessa, con linea di frattura, con impresso “S” su un lato e “155” sull’altro lato da entrambe le parti della linea di frattura.
Terapia ormonale sostitutiva
Per bilanciare gli effetti degli estrogeni sull’endometrio in donne con utero intatto sottoposte a terapia ormonale sostitutiva per i sintomi da carenza estrogenica inclusi quelli conseguenti a menopausa fisiologica o chirurgica.
Insufficienza di progesterone
Trattamento dei casi di insufficienza di progesterone che si possono verificare in:
• minaccia d’aborto e aborto abituale
• infertilità dovuta ad insufficienza del corpo luteo
• dismenorrea
• endometriosi
• cicli irregolari
• amenorrea secondaria
• menometrorragie funzionali
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Terapia ormonale sostitutiva
In associazione ad una terapia continuativa con estrogeni, 10 mg di Dufaston al giorno dal 15° al 28° giorno di un ciclo di 28 giorni.
In associazione ad una terapia ciclica con estrogeni, 10 mg di Dufaston al giorno durante gli ultimi 12-14 giorni di un ciclo di estrogeni.
Nel caso in cui la biopsia endometriale o l’ecografia transvaginale mostrino una inadeguata risposta al progestinico, possono essere prescritti 20 mg di didrogesterone.
Minaccia d’aborto: dose iniziale 40 mg in una sola volta seguiti da 10 - 5 mg ogni otto ore. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata. Se i sintomi non scompaiono o ritornano durante il trattamento si deve aumentare la dose di 10 mg ogni otto ore. La dose efficace deve essere continuata per una settimana dopo la scomparsa dei sintomi, poi può essere gradualmente ridotta.
Aborto abituale: si deve iniziare il trattamento il più presto possibile, preferibilmente prima del concepimento alla posologia di 10 - 5 mg due volte al giorno dal 14° al 25° giorno del ciclo poi in modo continuativo dopo il concepimento. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata. Il trattamento deve essere continuato fino alla ventesima settimana della gravidanza, poi la dose può essere gradatamente ridotta. Il dosaggio può anche essere valutato in base ai risultati dell’esame citologico vaginale. Se durante il trattamento si riscontrano segni di minaccia d’aborto, la terapia deve essere quella indicata sotto questa indicazione.
Infertilità da insufficienza del corpo luteo: 10 mg al giorno dal 14° al 25° giorno del ciclo. Continuare il trattamento per almeno sei cicli consecutivi. È consigliabile continuare questa terapia nei primi mesi di gravidanza alle dosi raccomandate per l’aborto abituale. Poiché il didrogesterone non è termogenico è possibile, misurando la temperatura basale, controllare se l’ovulazione ha avuto luogo. In questo modo si può individuare la gravidanza durante il trattamento non solo per la mancata mestruazione, ma anche in base alla temperatura basale. Dato che il didrogesterone ha un effetto progestativo sull’epitelio della vagina, si possono valutare il dosaggio e la durata del trattamento per mezzo della citologia vaginale.
Dismenorrea: 10 - 5 mg due volte al giorno dal 5° al 25° giorno del ciclo. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata.
Endometriosi: 10 - 5 mg due o tre volte al giorno dal 5° al 25° giorno del ciclo o in modo continuativo. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata.
Cicli irregolari: 10 - 5 mg due volte al giorno dall’11° al 25° giorno dopo l’inizio della mestruazione. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata
Amenorrea: dal 1° al 25° giorno 17Beta-estradiolo a cui si aggiungono 10 - 5 mg di Dufaston due volte al giorno aggiunti dall’11° giorno. Cinque giorni dopo l’emorragia da privazione ormonale ripetere lo stesso schema.
Menometrorragie funzionali: per arrestare l’emorragia: 10 - 5 mg di Dufaston associati ad una terapia con 17Beta-estradiolo due volte al giorno per 5 - 7 giorni. Si consiglia di iniziare la terapia con la dose più alta indicata. Per prevenire forti emorragie successive: 10 - 5 mg di Dufaston due volte al giorno dall’11° al 25° giorno del ciclo. Se necessario aggiungere quotidianamente 17Beta-estradiolo dall’11° al 25° giorno.
Dufaston non deve essere utilizzato nelle bambine al di sotto dei 18 anni, poiché non sono disponibili dati sufficienti di sicurezza ed efficacia in tale popolazione.
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, emorragie vaginali di origine non accertata, processi tromboembolici in atto o recenti, insufficienza epatica grave, cancro mammario sospetto o accertato, neoplasie progestinico-dipendenti accertate o sospette.
Se utilizzato nella prevenzione dell’iperplasia endometriale (in donne utilizzatrici di estrogeni): controindicazioni per l’utilizzo degli estrogeni in combinazione con progestinici come il didrogesterone
Prima di iniziare il trattamento di sanguinamenti anomali con didrogesterone, l’eziologia del sanguinamento deve essere chiarita.
L’uso dei progestinici nella minaccia d’aborto è consentito soltanto dopo prescrizione e sotto accurato controllo medico, in cui detto impiego sia assolutamente indispensabile in rapporto all’eziologia dello specifico quadro patologico (infertilità da insufficienza della seconda fase, minaccia d’aborto da insufficiente attività del corpo luteo gravidico, deficit ormonale).
Il trattamento con didrogesterone è stato raramente associato ad alterazioni della funzionalità epatica talvolta accompagnate da sintomi clinici.
Il didrogesterone deve perciò essere somministrato con cautela a pazienti con epatite acuta o storia di disordini epatici fintanto che i test di funzionalità epatica risultano alterati. Nei casi di insufficienza epatica grave si deve interrompere il trattamento.
Può accadere che in qualche paziente si verifichino sanguinamenti interciclo.
Se durante il trattamento compaiono sintomi di perdita parziale o totale della vista, o diplopia, interrompere il trattamento stesso ove si accertino edema papillare o lesioni dei vasi della retina.
Condizioni che richiedono una supervisione
Le pazienti in postmenopausa trattate con estrogeni e didrogesterone dovrebbero essere strettamente controllate se con storia familiare di neoplasie mammarie e se soffrono o hanno sofferto delle patologie che seguono:
• colestasi ricorrente o prurito insistente durante la gravidanza;
• alterazioni della funzionalità epatica;
• insufficienza renale o cardiaca;
• noduli al seno o mastopatia fibrocistica;
• epilessia;
• asma;
• otospongiosi;
• diabete mellito;
• sclerosi multipla;
• Lupus eritematoso sistemico;
• porfiria
• depressione
Altre condizioni
Le pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, deficienza di Lapp lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.
Terapia ormonale sostitutiva (TOS)
Avvertenze e precauzioni quando il didrogesterone è utilizzato nella prevenzione dell’iperplasia endometriale in donne utilizzatrici di estrogeni: vedere anche le seguenti avvertenze riportate per i prodotti a base di estrogeni.
Per il trattamento dei sintomi da carenza estrogenica in donne in postmenopausa, la TOS deve essere iniziata solo in presenza di sintomi che influiscano negativamente sulla qualità di vita. Si deve comunque effettuare periodicamente, almeno ogni anno, una accurata valutazione dei rischi e dei benefici e la terapia deve proseguire solo nel caso in cui i benefici superino i rischi.
Nelle donne in postmenopausa, prima di iniziare o riprendere una TOS con estrogeni e didrogesterone, oltre ad eseguire una visita generale e ginecologica, dovrebbe essere valutata l’anamnesi personale e familiare della paziente, alla luce delle controindicazioni e delle avvertenze speciali e precauzioni per l’uso anche degli estrogeni. Durante il trattamento con estrogeni e didrogesterone in postmenopausa sono raccomandati controlli specialistici periodici la cui natura e frequenza va adattata alla paziente e vanno condotte ripetute visite del seno e/o mammografia in linea con i programmi di controllo consigliati per le donne sane, modificati in rapporto alle necessità cliniche individuali. Le pazienti devono essere avvertite di riferire al proprio medico o al personale sanitario cambiamenti avvertiti nel seno.
Il rischio di iperplasia e carcinoma endometriale aumenta quando gli estrogeni sono somministrati da soli per periodi prolungati in donne con utero intatto. L’aggiunta di un progestinico, come il didrogesterone, agli estrogeni, per almeno 12 giorni a ciclo, riduce molto tale rischio.
Per quel che riguarda la TOS in donne in postmenopausa, attualmente i dati clinici disponibili (derivanti dalla valutazione dei dati emersi da cinquantuno studi epidemiologici) suggeriscono che nelle donne in postmenopausa che si sottopongano o si siano sottoposte a terapia ormonale sostitutiva vi sia un aumento, da lieve a moderato, della probabilità di diagnosi di cancro mammario. Ciò può essere dovuto sia ad una diagnosi precoce nelle pazienti trattate, che ad un reale effetto della TOS, che alla combinazione di ambedue. La probabilità di porre diagnosi di cancro mammario aumenta con la durata del trattamento e sembra ritornare al valore iniziale dopo cinque anni dalla sospensione della TOS. Il cancro mammario diagnosticato in pazienti che usino o abbiano usato recentemente TOS sembrerebbe di natura meno invasiva di quello trovato in donne non trattate.
Nelle donne di età compresa tra i cinquanta e i settanta anni, che non usano TOS, viene diagnosticato il cancro mammario a circa quarantacinque soggetti ogni mille, con un aumento legato all’età. È stato stimato che nelle donne che fanno uso di TOS, per almeno cinque anni, il numero di casi supplementari di diagnosi di cancro mammario sarà tra due e dodici per ogni mille soggetti, ciò in relazione all’età in cui le pazienti iniziano il trattamento e alla durata dello stesso.
È importante che il medico discuta l’aumento di probabilità di diagnosi di cancro mammario con la paziente candidata a terapia a lungo termine, valutandolo in relazione ai benefici della TOS.
Uno studio randomizzato, controllato verso placebo, “Women’s Health Initiative study” (WHI), e studi epidemiologici, che includono il “Million Women Study” (MWS), hanno riportato un aumentato rischio di diagnosi di cancro mammario in donne in trattamento con la TOS a base di estrogeni, estroprogestinici o tibolone per molti anni.
Per tutte le TOS, l’eccesso di rischio compare entro pochi anni dall’inizio del trattamento, aumenta con la durata dell’assunzione ma ritorna al valore iniziale entro pochi anni (al massimo 5) dopo la sospensione del trattamento.
Lo studio MWS ha dimostrato che il rischio relativo di cancro mammario in donne trattate con estrogeni coniugati equini (ECE) o estradiolo (E2) risultava maggiore quando veniva aggiunto un progestinico e che non dipendeva dallo schema di dosaggio impiegato (somministrazione sequenziale o continua di progestinico) e dal tipo di progestinico.
La TOS è associata ad un rischio relativo aumentato di sviluppare tromboembolismo venoso (TEV), ad es. trombosi venosa profonda o embolia polmonare.
Uno studio controllato randomizzato e studi epidemiologici indicano un rischio 2-3 volte maggiore per le donne in terapia rispetto alle non trattate.
La possibilità che si verifichi tale evento è più alta nel primo anno di TOS che non successivamente.
I fattori di rischio generalmente riconosciuti per la TEV sono:
• una storia positiva personale;
• una storia positiva familiare;
• l’obesità grave (indice di massa corporea >30 kg/m²);
• il lupus eritematoso sistemico (LES).
Non vi è consenso circa il possibile ruolo delle vene varicose nell’ambito della TEV.
Pazienti con storia di TEV o notoriamente affette da trombofilia hanno un aumentato rischio di TEV. La TOS può aumentare ulteriormente questo rischio. La presenza di una storia personale o di una storia familiare importante di tromboembolie o di aborti spontanei ricorrenti deve essere approfondita per escludere una predisposizione alla trombofilia. Fino a quando non si è fatta un’accurata valutazione dei fattori trombofilici o non si sia instaurato un trattamento con anticoagulanti, l’utilizzo di TOS in queste pazienti deve essere considerato come controindicato. Le donne già in trattamento con anticoagulanti richiedono un’attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio nell’utilizzo della TOS.
Il rischio di TEV può essere temporaneamente aumentato da una prolungata immobilizzazione, gravi traumi o interventi chirurgici importanti. Come in tutte le pazienti in condizioni post-operatorie, deve essere data un’attenzione scrupolosa alle misure di profilassi per prevenire la TEV post-chirurgica. Se è prevista l’immobilizzazione prolungata dopo un intervento di chirurgia non essenziale (in particolare addominale o ortopedica agli arti inferiori), deve essere presa in considerazione la sospensione della TOS per un periodo di 4-6 settimane prima dell’intervento e la ripresa solo dopo la completa mobilizzazione della paziente.
Se la TEV si verifica dopo l’inizio della terapia, il farmaco deve essere sospeso. Le pazienti devono essere avvertite di contattare immediatamente il loro medico se avvertono sintomi potenziali di tromboembolia (es. edema dolorante ad una gamba, dolore improvviso al torace, dispnea).
Non vi è evidenza, in base a studi clinici controllati randomizzati, di benefici in relazione al rischio cardiovascolare derivanti dall’impiego di una terapia combinata continua con estrogeni coniugati e medrossiprogesterone acetato (MAP). Due studi clinici su larga scala (WHI e HERS che sta per “Heart and Estrogen/progestin Replacement Study”) hanno dimostrato un possibile aumento del rischio di malattia cardiovascolare durante il primo anno di impiego e nessuna indicazione di un favorevole effetto in generale.
In uno studio clinico randomizzato su larga scala (Studio WHI) in donne sane, è stato riportato, come risultato relativo ad un obiettivo secondario, un aumentato rischio di ictus cerebrale ischemico in corso di trattamento con estrogeni coniugati e MAP secondo uno schema combinato continuo.
Informazioni importanti su alcuni eccipienti
Dufaston contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit di Lapp lattasi o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.
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Non sono stati effettuati studi di interazione.
Si stima che circa 35 milioni di donne siano state trattate con il didrogesterone.
Sebbene risulti difficile fare una stima precisa, si può assumere approssimativamente che circa 9 milioni di gravidanze abbiano comportato l’esposizione del feto al trattamento con didrogesterone.
I dati finora disponibili derivanti dalla sorveglianza spontanea suggeriscono che il didrogesterone può essere impiegato in gravidanza. Non sono disponibili altri dati epidemiologici di rilievo sul didrogesterone.
Tuttavia, un recente studio statunitense caso-controllo su 502 pazienti affetti da ipospadia e 1286 controlli sani ha evidenziato un rischio almeno 2 volte maggiore di ipospadia di secondo/terzo grado nei soggetti maschi nati da madri che hanno assunto progestinici (in particolare progesterone) per un breve periodo antecedente la gravidanza o nelle prime fasi della gravidanza (OR 2.2, 95% IC 1.0-5.0). La relazione di causalità non è chiara dal momento che l’indicazione per l’uso del progesterone in gravidanza può essere un potenziale fattore di rischio per l’ipospadia. Per quanto concerne il didrogesterone, non è noto il rischio di ipospadia.
Sono stati condotti studi su animali che sono tuttavia insufficienti per evidenziare gli effetti sulla gravidanza, sullo sviluppo embrionale/fetale o sullo sviluppo post-natale a causa di differenze significative tra il metabolismo del ratto e quello umano (per i dettagli vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.
Dati limitati di sicurezza sull’animale suggeriscono che il didrogestrone ritarda il parto, effetto in linea con la sua attività progestinica.
Il didrogesterone è secreto nel latte materno: un rischio per il neonato allattato al seno non può pertanto essere escluso. Il didrogesterone non deve essere impiegato durante l’allattamento.
Non vi è evidenza che il didrogesterone utilizzato al dosaggio terapeutico diminuisca la fertilità.
Il didrogesterone induce effetti nulli o insignificanti sulla capacità di guidare o usare macchinari.
Nel corso di studi clinici e/o dopo la commercializzazione sono stati osservati gli effetti indesiderati di seguito riportati.
Classificazione Organo Sistema (MedDRA) | Comuni (>1/100, <1/10) | Non comuni (>1/1.000, <1/100) | Rari (>1/10.000, <1/1.000) | Molto rari (<1/10.000, incluse segnalazioni isolate) |
Patologie del sistema emolinfopoietico | | | | Anemia emolitica |
Disturbi del sistema immunitario | | | | Ipersensibilità |
Patologie del sistema nervoso | Emicrania/ cefalea | | | |
Patologie epatobiliari | | Anomalie nella funzionalità epatica (con ittero, astenia o malessere, e dolore addominale) | | |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | | Dermatiti allergiche (ad es. rash, prurito, orticaria) | | Angioedema |
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella | Metrorragia | Dolore/tensione mammaria | | |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | | | | Edema |
Altre reazioni avverse segnalate dopo la commercializzazione, associate al trattamento con didrogesterone di frequenza non nota:
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Aumento della dimensione delle neoplasie progestinico-dipendenti (ad es.meningioma) (vedi sezione 4.3 Controindicazioni).
Disturbi psichiatrici
Umore depresso.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Gonfiore mammario.
Effetti indesiderati associati ad un trattamento estro-progestinico (vedi anche sezione 4.4 “Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego”):
• Cancro della mammella
• Iperplasia e carcinoma endometriale
• Neoplasie (maligne/benigne) dipendenti dagli ormoni sessuali
• Trombosi venosa
• Infarto miocardico, ictus cerebrale
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Ci sono pochi dati disponibili relativi al sovradosaggio nell’uomo. Il didrogesterone risulta ben tollerato dopo somministrazione orale (il massimo dosaggio somministrato equivale a 360 mg). Non esistono specifici antidoti e il trattamento deve essere di tipo sintomatico. Le precedenti indicazioni sono applicabili anche in caso di sovradosaggio nei bambini.
Categoria farmacoterapeutica: Sistema genito-urinario ed ormoni sessuali.
Codice ATC: G03DB01
Il didrogesterone è un progestinico (orale) selettivo che appartiene agli steroidi con 21 atomi di carbonio.
Gli effetti progestinici del didrogesterone si esercitano quasi esclusivamente sull’endometrio, la vagina e la mucosa cervicale.
A differenza del progesterone il Dufaston alle posologie raccomandate non blocca l’ovulazione, non deprime la secrezione follicolinica né quella del corpo luteo.
Il didrogesterone e i suoi metaboliti non sono termogenici.
Il didrogesterone non ha attività androgenica (non presenta alcun rischio di mascolinizzazione sul feto femmina e non sono mai stati evidenziati segni di virilizzazione nelle donne trattate), estrogenica, anabolizzante o corticoide.
Nelle donne nel periodo peri e postmenopausale, la terapia sostitutiva con estrogeni porta ad una continua stimolazione dell’endometrio. Il didrogesterone, quando somministrato ciclicamente in un utero precedentemente stimolato da estrogeni, produce una trasformazione secretoria dell’endometrio, proteggendo così l’endometrio dall’aumento di rischio di iperplasia e/o di carcinoma endometriale provocato dagli estrogeni. A differenza dei progestinici con spiccata attività androgenica, il didrogesterone non influenza le concentrazioni plasmatiche di lipidi e lipoproteine, mantenendo inalterati gli effetti positivi indotti dagli estrogeni su tali parametri.
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Assorbimento
Dopo la somministrazione orale del didrogesterone, le concentrazioni plasmatiche del DHD sono sostanzialmente più alte, se rapportate al farmaco di partenza. L’AUC e il Cmax del DHD rispetto al didrogesterone sono nell’ordine di 40 e 25 volte rispettivamente.
Il didrogesterone è assorbito rapidamente.
Metabolismo
Il didrogesterone è completamente metabolizzato. Il principale metabolita del didrogesterone è il 20 alfa-didro-didrogesterone (DHD) ed è rintracciabile nell’urina per lo più sotto forma di glucuronide. Una caratteristica comune di tutti i metaboliti individuati è la ritenzione della configurazione 4,6 diene-3-one del componente originale e l’assenza di 17alfa-idrossilazione. Questo spiega la mancanza di attività estrogenica ed androgenica del didrogesterone.
Eliminazione
Dopo la somministrazione orale di didrogesterone marcato, in media il 63% della dose è eliminata con l’urina. L’escrezione è completa entro le 72 ore.
I valori del Tmax di didrogesterone e DHD variano tra le 0,5 e 2,5 ore. La durata media dell’emivita di eliminazione del didrogesterone e del DHD varia rispettivamente dalle 5 alle 7, e dalle 14 alle 17 ore.
Diversamente dal progesterone naturale, il didrogesterone non è escreto nell’urina sotto forma di pregnandiolo. Rimane quindi possibile analizzare la produzione endogena di progesterone basandosi sull’escrezione urinaria del pregnandiolo. Non ci sono interazioni farmacocinetiche tra estradiolo e didrogesterone.
Studi di affinità recettoriale e studi di attività funzionale hanno mostrato un potenziale antiandrogenico del progesterone, del didrogesterone e del suo metabolita diidrodidrogesterone (DHD). La potenza antiandrogenica è probabilmente molto più debole per il didrogesterone e per il suo metabolita DHD rispetto al progesterone.
In merito agli effetti antiandrogenici mediati dall’inibizione della 5 a-riduttasi di tipo II, enzima importante per la differenziazione dei genitali esterni maschili, il progesterone è potente quanto l’inibitore sintetico finasteride, mentre il didrogesterone e il DHD sono inattivi. Il potenziale complessivo di azione quale interferente endocrino antiandrogenico può essere considerato massimo per il progesterone, minore per il didrogesterone e minimo per il DHD.
Studi di sviluppo embriofetale condotti su ratti e conigli utilizzando alti dosaggi di didrogesterone non hanno evidenziato effetti avversi strutturali sulla prole.
In un successivo studio di sviluppo peripostnatale ratte gravide sono state trattate durante la gestazione con dosaggi simili di didrogesterone e la prole è stata successivamente allevata. Sono stati evidenziati casi di ipospadia nei maschi, solo alla dose massima. La dose successiva più bassa di didrogesterone ha mostrato un margine di sicurezza sufficiente di esposizione plasmatica nei ratti (> 80 volte) rispetto all’esposizione prevista alla dose massima giornaliera di 60 mg utilizzata nella donna. Comunque, a causa di differenze significative tra il metabolismo del ratto e quello umano, non è possibile determinare un adeguato margine di esposizione per il metabolita umano diidrodidrogesterone.
Dati limitati di sicurezza sull’animale, suggeriscono che il didrogesterone ritarda il parto, effetto in linea con la sua attività progestinica.
Il didrogesterone è stato utilizzato in diversi modelli animali dimostrando di possedere una bassa tossicità e di non avere proprietà mutagene o cancerogene.
Nucleo
Lattosio, ipromellosa, amido di mais, silice colloidale, magnesio stearato.
Film di rivestimento
Opadry bianco Y-1-7000 [ipromellosa, Macrogol 400, biossido di titanio (E171)]
Non pertinente.
5 anni.
Nessuna speciale precauzione per la conservazione.
Blister, astuccio da 14 o da 42 compresse rivestite con film da 10 mg.
Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
Solvay Pharmaceuticals B.V. Weesp - Paesi Bassi.
Rappresentante per la vendita per l'Italia:
SOLVAY PHARMA SpA, via della Libertà n. 30 - 10095 Grugliasco (TO).
AIC n. 020008052 - 14 compresse rivestite con film da 10 mg
AIC n. 020008049 - 42 compresse rivestite con film da 10 mg
27-08-1962 / 31-05-2005
Determinazione AIFA del 06/10/2009