Pubblicità
FLUDARABINA ACTAVIS
Ogni flaconcino contiene 50 mg di fludarabina fosfato.
1 ml di soluzione ricostituita contiene 25 mg di fludarabina fosfato.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Polvere per soluzione iniettabile o infusione.
Liofilizzato di colore bianco o quasi bianco.
Trattamento della leucemia linfatica cronica di linea B (LLC) in pazienti con riserve sufficienti di midollo osseo.
Il trattamento di prima linea con FLUDARABINA ACTAVIS si deve iniziare solo in pazienti con malattia in stadio avanzato, stadi Rai III/IV (stadio C di Binet), o stadi Rai I/II (stadio A/B di Binet) in cui il paziente presenta sintomi collegati alla malattia o evidenze di malattia in progressione.
Pubblicità
FLUDARABINA ACTAVIS deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico qualificato specializzato nell’uso della terapia neoplastica.
Si raccomanda nel modo più assoluto di utilizzare FLUDARABINA ACTAVIS solo per via endovenosa. Non sono stati segnalati casi in cui la fludarabina somministrata per via paravenosa abbia portato a gravi reazioni avverse locali. Tuttavia, si deve evitare la somministrazione paravenosa involontaria.
Adulti
Lo schema posologico raccomandato è 25 mg/die di fludarabina fosfato/m² di superficie corporea somministrati per 5 giorni consecutivi ogni 28 giorni per via endovenosa. Ciascun flaconcino si deve sciogliere in 2 ml di acqua per soluzione iniettabile. Ciascun ml della risultante soluzione ricostituita conterrà 25 mg di fludarabina fosfato. La dose necessaria (calcolata in base alla superficie corporea del singolo paziente) di soluzione ricostituita viene introdotta in una siringa. Per l’iniezione del bolo endovenoso questa dose viene ulteriormente diluita in 10 ml di sodio cloruro 0,9 %. Per l’infusione, invece, la dose richiesta, può venire diluita in 100 ml di sodio cloruro 0,9 % e infusa nell’arco di circa 30 minuti (vedi anche paragrafo 6.6).
La durata ottimale del trattamento ancora non è stata chiaramente stabilita. Tale durata dipende dal successo del trattamento e dalla tollerabilità del farmaco.
Si raccomanda di somministrare FLUDARABINA ACTAVIS finché non si ottiene una risposta (solitamente dopo 6 cicli); poi il farmaco può essere sospeso.
Insufficienza epatica
Non sono disponibili dati sull’uso della fludarabina fosfato in pazienti con insufficienza epatica. In questo gruppo di pazienti, FLUDARABINA ACTAVIS deve essere usato con precauzione e somministrato quando i benefici previsti superano i potenziali rischi.
Insufficienza renale
La clearance totale del principale metabolita plasmatico, 2F-ara-A, mostra una correlazione con la clearance della creatinina, il che sta ad indicare l’importanza della via di escrezione renale per l’eliminazione del composto. I pazienti con funzione renale ridotta hanno mostrato una maggiore concentrazione in tutto l’organismo (AUC di 2F-ara-A). Sono disponibili limitati dati clinici relativi a pazienti con insufficienza renale (clearance della creatinina inferiore a 70 ml/min). Pertanto, se vi è un sospetto clinico di insufficienza renale, o se i pazienti hanno superato i 70 anni di età, si deve misurare la clearance della creatinina. Se la clearance della creatinina è compresa fra 30 e 70 ml/min, si deve ridurre la dose fino al 50% e si deve instaurare un attento monitoraggio ematologico per valutare la tossicità. Se la clearance della creatinina è <30 ml/min, il trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS è controindicato.
Bambini
L’uso di fludarabina nei bambini non è raccomandato, perché mancano dati sulla sicurezza e l’efficacia di questo farmaco in questa fascia d’età.
FLUDARABINA ACTAVIS è controindicato:
- nei pazienti che sono ipersensibili al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti;
- nei pazienti con alterazione della funzione renale la cui clearance della creatinina è < 30 ml/min;
- nei pazienti con anemia emolitica scompensata;
- in gravidanza e durante l’allattamento.
Quando è stata usata a dosi elevate in studi su intervalli di dose in pazienti affetti da leucemia acuta, la fludarabina fosfato è stata associata a gravi effetti neurologici, comprendenti cecità, coma e morte. Questa grave tossicità a carico del sistema nervoso centrale ha avuto luogo nel 36 % dei pazienti trattati con dosi circa quattro volte superiori (96 mg/m²/die per 5 7 giorni) alla dose raccomandata per il trattamento della LLC. Nei pazienti trattati con dosi che rientravano nell’intervallo di dosi raccomandate per la LLC, una tossicità grave a carico del sistema nervoso centrale è comparsa raramente (coma, attacchi epilettici e agitazione) o sporadicamente (confusione). I pazienti vanno osservati attentamente per individuare i segni degli effetti collaterali neurologici.
Non è conosciuto l’effetto della somministrazione cronica di fludarabina fosfato sul sistema nervoso centrale. Comunque, nell’ambito di alcuni studi clinici condotti per periodi di trattamento relativamente lunghi, i pazienti hanno tollerato la dose consigliata anche quando sono stati somministrati fino a 26 cicli di terapia.
Nei pazienti con stato di salute deteriorato, FLUDARABINA ACTAVIS deve essere somministrato con precauzione e dopo un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. Ciò riguarda in particolare i pazienti con grave insufficienza della funzione midollare (trombocitopenia, anemia e/o granulocitopenia), immunodeficienza o anamnesi di infezioni opportunistiche.
In pazienti trattati con fludarabina fosfato è stata segnalata una grave depressione dell’attività del midollo osseo, in particolare anemia, trombocitopenia e neutropenia. In uno studio di Fase I su pazienti con tumori solidi, il tempo mediano per il raggiungimento dei valori minimi era 13 giorni (intervallo, 325) per i granulociti e 16 giorni (intervallo, 232) per le piastrine. La maggior parte dei pazienti presentava un’alterazione ematologica alla valutazione basale, come conseguenza della malattia o come conseguenza di una pregressa terapia mielosoppressiva. Si può osservare mielosoppressione cumulativa. Anche se la mielosoppressione indotta dalla chemioterapia è spesso reversibile, la somministrazione di fludarabina fosfato richiede un attento monitoraggio dei valori ematologici.
FLUDARABINA ACTAVIS è un potente agente antineoplastico con effetti collaterali tossici potenzialmente gravi. I pazienti che si sottopongono a questa terapia devono essere tenuti sotto stretta osservazione per individuare eventuali segni di tossicità ematologica e non ematologica. Si raccomanda una periodica valutazione delle conte ematiche periferiche per rilevare lo sviluppo di anemia, neutropenia e trombocitopenia.
Come altri agenti citotossici, la fludarabina fosfato deve essere utilizzata con prudenza, quando si prende in considerazione un ulteriore prelievo di campioni di cellule staminali ematopoietiche.
Dopo trasfusione di sangue non irradiato, in pazienti trattati con fludarabina fosfato è stata osservata la comparsa di malattia da trapianto contro l’ospite associata a trasfusione (reazione verso l’ospite da parte dei linfociti immunocompetenti trasfusi). L’esito di fatale associato a tale malattia è stato segnalato con frequenza elevata. Pertanto, i pazienti che richiedono trasfusioni e che siano o siano stati in trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS dovranno ricevere esclusivamente sangue irradiato.
Sono stati segnalati un peggioramento o una riacutizzazione reversibili di preesistenti lesioni tumorali della cute in alcuni pazienti durante o dopo una terapia con fludarabina fosfato.
È stata segnalata sindrome da lisi tumorale associata al trattamento con fludarabina fosfato in pazienti con LLC in cui sono presenti grosse masse tumorali. Poiché la fludarabina fosfato può già indurre una risposta nella prima settimana di trattamento, si devono prendere delle precauzioni per quei pazienti che sono a rischio di sviluppo di questa complicanza.
Indipendentemente dalla presenza nell’anamnesi del paziente di processi autoimmuni o della risposta al test di Coombs, sono stati riferiti nel corso o successivamente al trattamento con fludarabina fosfato fenomeni di autoimmunità (ad es. anemia emolitica autoimmune, trombocitopenia autoimmune, porpora trombocitopenica, pemfigo, sindrome di Evans) che hanno posto in pericolo la vita del paziente e qualche volta si sono rivelati fatali. La maggior parte dei pazienti che hanno sofferto di anemia emolitica ha manifestato una ricomparsa del processo emolitico quando trattati nuovamente con fludarabina fosfato. Pertanto, i pazienti in trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS. devono essere attentamente monitorati per i fenomeni emolitici.
I pazienti sottoposti ad un trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS devono essere attentamente sorvegliati per individuare eventuali segni di anemia emolitica autoimmune (diminuzione dell’emoglobina collegata all’emolisi e test di Coombs positivo). In caso di emolisi si raccomanda la sospensione della terapia con FLUDARABINA ACTAVIS. Le trasfusioni di sangue (irradiato, vedere sopra) ed i preparati corticossurrenali costituiscono le più comuni misure di trattamento dell’anemia emolitica autoimmune.
Dal momento che esistono informazioni limitate sull’uso della fludarabina fosfato nelle persone anziane (più 75 anni), FLUDARABINA ACTAVIS si deve somministrare con cautela in questi pazienti.
Non ci sono informazioni sull’uso della fludarabina fosfato nei bambini, e pertanto si sconsiglia un trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS in età pediatrica.
Le donne in età fertile, così come gli uomini, devono usare metodiche contraccettive durante la terapia e per almeno 6 mesi dopo l’interruzione della stessa.
Durante e dopo il trattamento con FLUDARABINA ACTAVIS si devono evitare vaccinazioni con vaccini vivi.
Nei pazienti che non rispondono alla fludarabina fosfato si eviti di passare da un trattamento iniziale con fludarabina fosfato al clorambucile poiché la maggiorparte dei pazienti che hanno mostrato di resistere alla fludarabina fosfato hanno mostrato resistenza anche al clorambucile.
Questo farmaco contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per ml dopo la ricostituzione, è quindi essenzialmente “privo di sodio”.
Links sponsorizzati
Negli studi clinici che hanno utilizzato fludarabina fosfato in associazione con pentostatina (deossicoformicina) per il trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC) refrattaria, c’è stata un’incidenza inaccettabilmente alta di tossicità polmonare fatale; pertanto, si sconsiglia di utilizzare FLUDARABINA ACTAVIS in associazione con pentostatina.
L’efficacia terapeutica della fludarabina fosfato può venire ridotta dal dipiridamolo e da altri inibitori della captazione di adenosina.
È stata osservata un’interazione farmacocinetica nei pazienti con LLC e AML in terapia di associazione con fludarabina fosfato e Ara-C. Studi clinici ed esperimenti in vitro con linee cellulari tumorali hanno evidenziato elevati livelli di Ara-CTP intracellulare nelle cellule leucemiche in termini di concentrazioni massime intracellulari e di esposizione intracellulare (AUC) associando un trattamento con fludarabina fosfato e un successivo trattamento con Ara-C. Le concentrazioni plasmatiche di Ara-C e il tasso di eliminazione di Ara-CTP non risultavano influenzati.
Gravidanza
FLUDARABINA ACTAVIS è controindicato in gravidanza.
È opportuno raccomandare alle pazienti in età fertile di non intraprendere una gravidanza e di avvertire immediatamente il medico curante, qualora questo evento si verifichi.
Gli studi animali di embriotossicità che hanno dimostrato un potenziale embriotossico e/o teratogeno col farmaco assunto in dose terapeutica non sono confermati da sufficienti studi eseguiti sull’uomo. I dati degli studi preclinici sui ratti hanno dimostrato che la fludarabina fosfato e/o i suoi metaboliti attraversano la barriera fetoplacentare.
Allattamento
L’allattamento deve essere interrotto per tutta la durata della terapia con FLUDARABINA ACTAVIS.
Non è noto se questo farmaco viene escreto nel latte umano.
Tuttavia ci sono prove da dati preclinici che la fludarabina fosfato e/o i suoi metaboliti passano dal sangue materno al latte.
Non sono stati condotti studi relativamente alla capacità di guidare veicoli e sull’utilizzo di macchinari.
FLUDARABINA ACTAVIS può influenzare la capacità di guidare e di usare macchinari, dato che sono stati osservati effetti come stanchezza, debolezza, agitazione, attacchi epilettici e disturbi alla vista.
Qui di seguito sono presentate le reazioni avverse, raggruppate per classe sistemica organica secondo MedDRA e classificate in base alla loro frequenza di comparsa: molto comuni (≥1/10); comuni (da ≥1/100 a <1/10); non comuni (da ≥1/1000 a ≤1/100); rari (da ≥1/10.000 a <1/1000); molto rari (<1/10.000), non noti (non stimabile in base ai dati disponibili)
La frequenza degli eventi avversi segnalati comunemente e non comunemente e le reazioni che sono più chiaramente collegabili al farmaco si basano sui dati di studi clinici, indipendentemente dal rapporto causale con la fludarabina fosfato. I casi rari sono stati essenzialmente identificati in seguito all’esperienza post-commercializzazione del farmaco. Sono stati segnalati casi di mortalità come conseguenza di eventi avversi gravi.
Gli effetti indesiderati più comuni riguardano la mielosoppressione (neutropenia, trombocitopenia ed anemia), infezioni tra cui polmonite, febbre, nausea, vomito e diarrea. Altre reazioni comunemente segnalate sono affaticamento, debolezza, stomatite, malessere, anoressia, edema, brividi, neuropatia periferica, disturbi della vista e rash cutanei. In pazienti trattati con fludarabina fosfato si sono manifestate gravi infezioni opportunistiche. Sono stati segnalati casi di mortalità come conseguenza di eventi avversi gravi.
Patologie cardiache
Rari: insufficienza cardiaca ed aritmia.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Sono state segnalate alterazioni dei valori ematici (neutropenia, trombocitopenia, e anemia) nella maggioranza dei pazienti trattati con fludarabina fosfato. La mielosoppressione può essere grave e cumulativa. L’effetto prolungato del medicinale sulla diminuzione del numero di linfociti T può tradursi in un rischio più elevato di infezioni opportuniste, comprese quelle dovute a una riattivazione virale latente, come l’Herpes zoster, il virus di Epstein-Barr (EBV) o la leucoencefalopatia multifocale progressiva (vedere paragrafo 4.4). Nei pazienti immunodepressi è stata osservata un’evoluzione di una infezione/riattivazione da EBV in disturbi linfoproliferativi associati all’EBV.
Occasionali: fenomeni autoimmuni clinicamente significativi (vedere paragrafo 4.4).
Rari: è stata descritta la sindrome mielodisplasica (MDS) in pazienti trattati con fludarabina fosfato. La maggioranza di questi pazienti ha anche ricevuto un trattamento antecedente, concomitante o successivo con agenti alchilanti o irradiazioni. Fludarabina Actavisbina Actavisbina fosfato in monoterapia non è stata associata ad un aumento di rischio di sviluppo di MDS.
Patologie sistema nervoso
Frequenti: neuropatia periferica.
Occasionali: confusione.
Rari: coma, agitazione e attacchi epilettici.
Patologie dell’occhio
Frequenti: alterazioni della visione
Rari: nevrite ottica, neuropatia ottica e cecità.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Frequenti: polmonite.
Occasionali: reazioni di ipersensibilità polmonare (infiltrati polmonari/polmonite/fibrosi) associate a dispnea e tosse.
Patologie gastrointestinali
Frequenti: disturbi gastrointestinali come nausea e vomito, diarrea, stomatite, e anoressia
Occasionali: emorragie gastrointestinali, legate essenzialmente a trombocitopenia.
Patologie renali e urinarie
Rari: istite emorragica.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Frequenti: rash cutanei.
Rari: sindrome di Stevens-Johnson o necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell).
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Frequenti: edema.
Occasionali: sindrome da lisi tumorale. Questa complicanza può comprendere iperuricemia, iperfosfatemia, ipocalcemia, acidosi metabolica, iperkaliemia, ematuria, cristalluria di urato e insufficienza renale. La comparsa di questa sindrome può essere preannunciata da dolore al fianco ed ematuria. Variazioni dei livelli enzimatici epatici e pancreatici.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Frequenti: infezione, febbre, affaticamento, debolezza, malessere e brividi.
Links sponsorizzati
Dosi elevate di fludarabina fosfato sono state associate a tossicità irreversibile a danno del sistema nervoso centrale caratterizzata da cecità ritardata, coma e morte. Dosi elevate sono state associate anche a grave trombocitopenia e neutropenia gravi dovute a depressione del midollo osseo. Non esiste uno specifico antidoto noto per il sovradosaggio di fludarabina fosfato. Il trattamento consiste nella sospensione dell’assunzione del farmaco e in una terapia di sostegno.
Categoria farmacoterapeutica: Agenti antineoplastici Codice ATC L01B B05
FLUDARABINA ACTAVIS contiene fludarabina fosfato, nucleotide fluorurato idrosolubile analogo dell’agente antivirale vidarabina, 9-β-D-arabinofuranosiladenina (ara-A), che è relativamente resistente alla deaminazione operata dall’adenosina deaminasi.
La fludarabina fosfato viene rapidamente defosforilata a 2F-ara-A che, una volta penetrata all’interno della cellula, viene successivamente fosforilata ad opera della deossicitidin-kinasi nella forma attiva trifosfato, 2F-ara-ATP. Questo metabolita inibisce la ribonucleotide riduttasi, la DNA polimerasi α/δ e ε, la DNA primasi e la DNA ligasi, inibendo così la sintesi del DNA. Inoltre, inibisce parzialmente la RNA polimerasi II con conseguente riduzione della sintesi proteica.
Sebbene alcuni aspetti del meccanismo d’azione della 2F-ara-ATP non siano ancora stati completamente chiariti, si può ritenere che le azioni sul DNA, RNA e sulla sintesi proteica complessivamente contribuiscano all’inibizione della crescita cellulare, essenzialmente attraverso l’inibizione della sintesi del DNA. Inoltre, studi in vitro hanno dimostrato che l’esposizione di linfociti di pazienti con LLC alla 2F-ara-A scatena un’estesa frammentazione del DNA e morte cellulare caratteristica dell’apoptosi.
Uno studio in fase III su pazienti affetti da leucemia linfocitica cronica a cellule B non trattati in precedenza che metteva a confronto un trattamento con fludarabina fosfato e clorambucil (40 mg/m² ogni quattro settimane) in 195 e 199 pazienti rispettivamente ha dato i seguenti risultati: tassi di risposta globale significativamente più alti dal punto di vista statistico e tassi di risposta completa dopo un trattamento di prima linea con fludarabina fosfato vs. clorambucil (61,1% vs. 37,6% e 14,9% vs. 3,4%, rispettivamente); una durata della risposta più lunga dal punto di vista statistico (19 vs. 12,2 mesi) e tempo più lungo fino alla progressione (17 vs. 13,2 mesi) per i pazienti del gruppo trattato con fludarabina fosfato. La sopravvivenza media dei due gruppi di pazienti è stata di 56,1 mesi per quelli trattati con fludarabina fosfato e di 55,1 mesi per quelli trattati con clorambucil, una differenza non significativa, come è stata anche quella relativa allo stato di performance. La percentuale di pazienti per i quali sono state segnalate tossicità era paragonabile fra i pazienti trattati con fludarabina fosfato (89,7%) e quelli che assumevano clorambucil (89,9%). Anche se la differenza di incidenza globale delle tossicità ematologiche fra i due gruppi di trattamento non era significativa, una percentuale significativamente maggiore di pazienti trattati con fludarabina fosfato ha sviluppato tossicità leucocitarie (p=0,0054) e linfocitarie (p=0,0240) rispetto ai pazienti trattati con clorambucil. La percentuale di pazienti che hanno avuto nausea, vomito e diarrea era significativamente inferiore nei pazienti trattati con fludarabina fosfato (p<0,0001, p<0,0001, e p=0,0489, rispettivamente) rispetto ai pazienti trattati con clorambucil. Sono state inoltre segnalate tossicità epatiche in percentuali di pazienti trattati con fludarabina fosfato significativamente inferiori (p=0,0487) a quelle segnalate nei pazienti trattati con clorambucil.
I pazienti che rispondono inizialmente alla fludarabina fosfato hanno una probabilità di rispondere nuovamente a una monoterapia con fludarabina fosfato.
Uno studio randomizzato di fludarabina fosfato vs. ciclofosfamide, adriamicina e prednisone (CAP) in 208 pazienti con LLC, stadio B o C di Binet, ha rilevato i seguenti risultati nel sottogruppo di 103 pazienti trattati precedentemente: la percentuale di risposta complessiva e di risposta completa era superiore con fludarabina fosfato rispetto al CAP (45% contro 26% e 13% contro 6%, rispettivamente); la durata della risposta e il tempo di sopravvivenza complessiva erano simili con fludarabina fosfato e CAP. Entro il periodo di trattamento previsto di 6 mesi, il numero di decessi è stato di 9 (fludarabina fosfato) contro 4 (CAP).
L’analisi "post-hoc" usando solo i dati a 6 mesi dall’inizio del trattamento ha rilevato una differenza tra le curve di sopravvivenza di fludarabina fosfato e CAP in favore del CAP nel sottogruppo dei pazienti pretrattati allo stadio C di Binet.
Links sponsorizzati
Farmacocinetica plasmatica ed urinaria di fludarabina (2F-ara-A)
La farmacocinetica della fludarabina (2F-ara-A) è stata studiata dopo somministrazione endovenosa in bolo rapido e infusione di breve durata così come a seguito di infusione continua di fludarabina fosfato (fludarabina fosfato, 2F-ara-AMP).
La 2F-ara-AMP è un profarmaco idrosolubile che nell’organismo umano viene rapidamente e completamente defosforilato al nucleoside fludarabina (2F-ara-A). Dopo infusione di una dose singola di 25 mg/m² di 2F-ara-AMP protratta per 30 minuti in pazienti oncologici la concentrazione plasmatica massima di 2F-ara-A ha raggiunto il valore medio di 3,5-3,7 mcM al termine dell’infusione. I corrispondenti livelli di 2F-ara-A dopo la quinta dose hanno evidenziato un moderato accumulo con livelli massimi medi di 4,4-4,8 mcM al termine dell’infusione. Nel corso di un trattamento di 5 giorni consecutivi i livelli plasmatici di 2F-ara-A sono aumentati di un fattore 2. Un accumulo di 2F-ara-A dopo parecchi cicli di trattamento può essere escluso. Dopo il picco i livelli plasmatici si sono ridotti con un andamento trifasico con un’emivita iniziale di circa 5 minuti, intermedia di 1-2 ore e terminale di circa 20 ore.
Un confronto tra studi sulla farmacocinetica della 2F-ara-A ha mostrato un valore medio della clearance plasmatica totale (CL) di 79 ± 40 ml/min/m² (2,2 ± 1,2 ml/min/kg) ed un volume medio di distribuzione (Vss) di 83 ± 55 l/m² (2,4 ± 1,6 l/kg). I dati hanno evidenziato un’elevata variabilità interindividuale. I livelli plasmatici di 2F-ara-A e le aree sotto le curve delle concentrazioni plasmatiche nel tempo aumentavano in modo lineare con la dose; mentre le emivite, la clearance plasmatica e i volumi di distribuzione rimanevano costanti indipendentemente dalla dose dimostrando una corrispondenza lineare con la dose.
La comparsa di neutropenia e variazioni dell’ematocrito indicavano che la citotossicità della fludarabina fosfato si manifesta come depressione dell’ematopoiesi in modo dose-dipendente.
La 2F-ara-A è in gran parte escreta per via renale. Dopo somministrazione endovenosa, il 40 - 60% della dose è escreto nelle urine. In studi su animali da laboratorio condotti con ³H-2F-ara-AMP, le sostanze marcate sono state ritrovate totalmente nelle urine. Un altro metabolita, la 2F-ara-ipoxantina, che nel cane rappresenta il metabolita principale, è stato osservato nell’uomo in minore quantità. Soggetti con funzionalità renale compromessa presentano una ridotta clearance totale, il che depone per la necessità di diminuire la dose di farmaco in tali pazienti. Le sperimentazioni in vitro con proteine plasmatiche umane non hanno rilevato alcuna marcata tendenza al legame proteico per la 2F-ara-A.
Farmacocinetica cellulare della fludarabina trifosfato
La 2F-ara-A entra con meccanismo di trasporto attivo nelle cellule leucemiche, dove è rifosforilata a monofosfato e poi a di- e trifosfato. Il trifosfato 2F-ara-ATP è il maggior metabolita intracellulare l’unico metabolita del quale sia nota l’attività citotossica. I livelli massimi di 2F-ara-ATP nei linfociti leucemici di pazienti con LLC sono stati osservati ad un tempo mediano di 4 ore ed hanno mostrato notevoli variazioni con un picco mediano di concentrazione di circa 20 mcM. I livelli di 2F-ara-ATP nelle cellule leucemiche sono sempre stati notevolmente più elevati dei livelli massimi di 2F-ara-A nel plasma; ciò indica un accumulo a livello delle cellule bersaglio. L’incubazione in vitro di linfociti leucemici ha evidenziato una correlazione lineare tra l’esposizione extracellulare alla 2F-ara-A (prodotto della concentrazione della 2F-ara-A e della durata dell’incubazione) e l’arricchimento intracellulare del 2F-ara-ATP. L’eliminazione del 2F-ara-ATP dalle cellule bersaglio ha mostrato valori di emivita mediana di 15 e 23 ore.
Non è stata trovata una chiara correlazione fra la farmacocinetica di 2FaraA e l’efficacia del trattamento nei pazienti oncologici.
Negli studi di tossicità acuta, singole dosi di fludarabina fosfato hanno causato sintomi gravi di intossicazione o morte a dosi circa 2 ordini di grandezza superiori alla dose terapeutica. Come atteso per un farmaco citotossico sono stati influenzati il midollo osseo, il sistema linfatico, la mucosa gastrointestinale, i reni e le gonadi maschili.
Studi di tossicità sistemica dopo somministrazione ripetuta di fludarabina fosfato hanno evidenziato la comparsa degli effetti previsti sui tessuti in rapida proliferazione al di sopra di una dose soglia. La gravità delle manifestazioni morfologiche aumentava in rapporto alla dose ed alla durata del trattamento e le modificazioni osservate sono state in genere considerate reversibili. In linea di massima, l’esperienza acquisita dall’uso terapeutico della fludarabina fosfato depone per un profilo tossicologico comparabile nell’uomo, sebbene nei pazienti siano stati osservati ulteriori effetti collaterali come ad es. la neurotossicità (vedere paragrafo 4.8).
I risultati degli studi di embriotossicità animale hanno indicato per fludarabina fosfato una potenziale teratogenicità. In considerazione dell’esiguo margine di sicurezza tra dosi teratogene negli animali e la dose terapeutica nell’uomo, così come per analogia con altri antimetaboliti che si ritiene interferiscano con il processo di differenziazione, l’uso terapeutico della fludarabina fosfato è associato nell’uomo a un rischio teratogeno rilevante (vedi paragrafo 4.6).
La fludarabina fosfato induce aberrazioni cromosomiche in un test citogenetico in vitro, causa danni al DNA in un test di scambio di cromatidi fratelli e aumenta la frequenza di micronuclei nel test dei micronuclei di topo in vivo, ma i test di mutazione genica e dei dominanti letali nei topi maschi sono risultati negativi. Pertanto, il potenziale mutageno è stato dimostrato nelle cellule somatiche, ma non è stato osservato nelle cellule germinali.
Un sospetto di potenziale effetto neoplastico può derivare dalla nota attività della fludarabina fosfato a livello del DNA e dai risultati del test di mutagenicità. Non sono stati condotti studi specifici sulla possibilità della fludarabina fosfato di indurre tumori negli animali poiché solo dati epidemiologici possono costituire verifica al sospetto di un aumentato rischio di insorgenza di un secondo tumore, a seguito di trattamento con fludarabina fosfato.
Sulla base dei risultati sperimentali nell’animale in seguito a somministrazione di fludarabina fosfato per via endovenosa, non è prevedibile la comparsa di irritazioni locali degne di nota nella sede di iniezione. Anche in caso di erronea somministrazione per via paravenosa, endoarteriosa e intramuscolare di una soluzione acquosa contenente 7,5 mg di fludarabina fosfato/ml, non è stata osservata irritazione locale rilevante.
Mannitolo, sodio idrossido (per adattamento del pH).
Questo medicinale non deve essere miscelato con altri farmaci, tranne quelli citati nella sezione 6.6.
Prima dell’apertura
21 mesi.
Dopo ricostituzione
La stabilità fisico-chimica del farmaco dopo la ricostituzione in acqua per preparazioni iniettabili è stata dimostrata per 8 ore a 25°C ± 2°C/ 60% ± 5 %RH e per 7 giorni a 5°C ± 3°C Dal punto di vista microbiologico il prodotto dovrebbe essere usato immediatamente. Se non viene utilizzato immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni prima dell’utilizzo sono responsabilità dell’utilizzatore.
Conservare a una temperatura inferiore a 25°C.
Per la conservazione dopo la ricostituzione o la diluizione, vedere paragrafo 6.3.
Flaconcino di vetro incolore (tipo I) con chiusura in gomma bromobutile e ghiera metallica (alluminio) con disco in polipropilene.
Dimensioni delle confezioni
Flaconcino 1 x 50 mg
Flaconcino 5 x 50 mg
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Ricostituzione
FLUDARABINA ACTAVIS deve essere preparato per l’uso parenterale, aggiungendo acqua sterile per preparazioni iniettabili in condizioni di sterilità. Una volta ricostituito con 2 ml di acqua sterile per preparazioni iniettabili la polvere si dissolverà completamente in 15 secondi o meno. Ogni ml della soluzione preparata conterrà 25 mg di fludarabina fosfato, 25 mg di mannitolo e idrossido di sodio per portare il pH a 7,7. Il valore di pH del prodotto finale è di 7,2 - 8,2.
Diluizione
La dose necessaria (calcolata in base alla superficie corporea del singolo paziente) viene introdotta in una siringa.
Per l’iniezione del bolo endovenoso questa dose viene ulteriormente diluita in 10 ml di cloruro di sodio allo 0,9 %. Per l’infusione, invece, la dose richiesta, può venire diluita in 100 ml di cloruro di sodio allo 0,9 % (vedere paragrafo 4.2).
Controllo prima dell’uso
La soluzione ricostituita è chiara e incolore. Prima dell’uso deve essere controllata visivamente.
Si devono utilizzare esclusivamente le soluzioni chiare e incolori senza particelle. FLUDARABINA ACTAVIS non deve essere utilizzato se il contenitore risulta difettoso.
Manipolazione ed eliminazione
FLUDARABINA ACTAVIS non deve essere maneggiata da personale in stato di gravidanza.
Devono essere osservate le procedure per la corretta manipolazione, in accordo alle linee guida locali usate per i farmaci citotossici. Si raccomanda comunque cautela nella preparazione e manipolazione della soluzione di FLUDARABINA ACTAVIS. È consigliato l’uso di guanti di lattice e occhiali di protezione per evitare il contatto diretto in caso di rottura del flaconcino o di schizzi accidentali.
In caso di contatto con pelle o mucose, lavare accuratamente con acqua e sapone. In caso di contatto della soluzione con gli occhi, risciacquarli abbondantemente con acqua. Evitare l’esposizione per inalazione.
Il medicinale è esclusivamente monouso. Il prodotto non utilizzato od il materiale di scarto deve essere smaltito in conformità con le disposizioni locali in materia di prodotti citotossici.
Actavis Group PTC ehf - Reykjavíkurvegi 76-78 - IS-220 Hafnarfjörður (Islanda)
AIC n. 038375010/M - 50 mg polvere per soluzione iniettabile o infusione - 1 flaconcino
AIC n. 038375022/M - 50 mg polvere per soluzione iniettabile o infusione - 5 flaconcini
Determinazione n.900/2008 del 30/7/2008 - GU n. 184 del 7/8/2008
Agosto 2008