Pubblicità
GLIVEC
Ogni capsula contiene 100 mg di imatinib (come mesilato).
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Capsula rigida.
Polvere di colore da bianco a giallo in una capsula opaca di colore da arancione a grigio-arancione, con la scritta “NVR SI”.
Glivec è indicato per il trattamento di:
pazienti adulti e pediatrici con leucemia mieloide cronica (LMC) con cromosoma Philadelphia (bcr-abl) positivo (Ph+) di nuova diagnosi, per i quali il trapianto di midollo osseo non è considerato come trattamento di prima linea;
pazienti adulti e pediatrici con LMC Ph+ in fase cronica dopo il fallimento della terapia con interferone-alfa, o in fase accelerata o in crisi blastica;
pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia positivo (LLA Ph+) di nuova diagnosi integrato con chemioterapia;
pazienti adulti con LLA Ph+ recidivante o refrattaria come monoterapia;
pazienti adulti con malattie mielodisplastiche/mieloproliferative (MDS/MPD) associate a riarrangiamenti del gene del recettore per il fattore di crescita di origine piastrinica (PDGFR);
pazienti adulti con sindrome ipereosinofila avanzata (HES) e/o con leucemia eosinofila cronica (LEC) con riarrangiamento FIP1L1-PDGFRα.
L’effetto di Glivec sull’esito del trapianto di midollo osseo non è stata determinato.
Glivec è anche indicato per il trattamento di:
pazienti adulti con tumori stromali del tratto gastro-intestinale (GIST) maligni non operabili e/o metastatici, positivi al Kit (CD 117).
pazienti adulti con dermatofibrosarcoma protuberans (DFSP) non resecabile e pazienti adulti con DFSP recidivante e/o metastatico non elegibili per la chirurgia.
Nei pazienti adulti e pediatrici, l’’efficacia di Glivec si basa sui valori globali di risposta ematologica e citogenetica e di sopravvivenza libera da progressione nella LMC, su valori di risposta ematologica e citogenetica nella LLA Ph+, MDS/MPD, su valori di risposta ematologica nelle HES/LEC e su valori di risposta obiettiva nei pazienti adulti con GIST e nel DFSP. L’esperienza con Glivec in pazienti con MDS/MPD associata a riarrangiamenti del gene PDGFR è molto limitata (vedere paragrafo 5.1). Non ci sono sperimentazioni cliniche controllate che dimostrano un beneficio clinico o un aumento della sopravvivenza per queste patologie, ad eccezione di quelle condotte nella LMC di nuova diagnosi in fase cronica.
Pubblicità
La terapia deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento di pazienti con tumori ematologici e sarcomi maligni, come appropriato.
La dose prescritta deve essere somministrata per via orale, durante un pasto e con un abbondante bicchiere d’acqua per ridurre il rischio di irritazioni gastrointestinali. Dosi di 400 mg e di 600 mg devono essere somministrate in un’unica somministrazione giornaliera, mentre una dose giornaliera di 800 mg deve essere somministrata come 400 mg due volte al giorno, al mattino e alla sera. Per i pazienti (bambini) che non riescono ad ingoiare le capsule, il contenuto può essere diluito in un bicchiere di acqua non gassata o succo di mela. Poichè gli studi negli animali hanno evidenziato segni di tossicità riproduttiva e il rischio potenziale per il feto umano non è noto, le donne in età fertile che aprono le capsule devono maneggiare il contenuto con cautela ed evitare il contatto con gli occhi o l’inalazione (vedere paragrafo 4.6). Le mani devono essere lavate immediatamente dopo aver toccato le capsule aperte.
Posologia per la LMC in pazienti adulti:
Per i pazienti con LMC in fase cronica il dosaggio raccomandato di Glivec è di 400 mg/die. La LMC si definisce in fase cronica quando sono soddisfatti tutti i seguenti criteri: blasti nel sangue e nel midollo osseo <15%, basofili nel sangue periferico <20%, piastrine >100 x 109/l.
Per i pazienti in fase accelerata il dosaggio raccomandato di Glivec è di 600 mg/die. La fase accelerata è definita dalla presenza di uno qualsiasi dei seguenti fattori: blasti nel sangue o nel midollo osseo ≥15% ma <30%, blasti più promielociti nel sangue o nel midollo osseo ≥30% (purché i blasti siano <30%), basofili nel sangue periferico ≥20%, piastrine non correlate alla terapia <100 x 109/l.
Per i pazienti in crisi blastica il dosaggio raccomandato di Glivec è di 600 mg/die. La crisi blastica è definita dalla presenza di blasti nel sangue o nel midollo osseo ≥30% o da malattia extramidollare diversa dalla epatosplenomegalia.
Durata del trattamento: Negli studi clinici, il trattamento con Glivec è continuato fino alla progressione della malattia. Non è stato studiato l’effetto dell’interruzione del trattamento dopo il raggiungimento di una risposta citogenetica completa.
E’ possibile aumentare le dosi da 400 mg a 600 mg o 800 mg nei pazienti con malattia in fase cronica o da 600 mg ad un massimo di 800 mg (somministrati con dosi da 400 mg due volte al giorno) nei pazienti con malattia in fase accelerata o crisi blastica in assenza di gravi reazioni avverse al farmaco e grave neutropenia o trombocitopenia non associata alla leucemia nelle seguenti condizioni: progressione della malattia (in qualsiasi momento); mancato ottenimento di una risposta ematologica soddisfacente dopo almeno 3 mesi di trattamento; mancato ottenimento della risposta citogenetica dopo 12 mesi di trattamento; o perdita di una risposta ematologica e/o citogenetica precedentemente ottenuta. I pazienti devono essere strettamente monitorati a seguito dell’aumento della dose dato il potenziale aumento di incidenza delle reazioni avverse a dosaggi superiori.
Posologia per la LMC in pazienti pediatrici:
Il dosaggio per i pazienti pediatrici deve essere calcolato sulla base della superficie corporea (mg/m² ). A bambini con LMC in fase cronica e in fase avanzata si raccomanda la dose giornaliera di 340 mg/m² (non superare la dose totale di 800 mg). La dose totale giornaliera può essere assunta in un’unica somministrazione o suddivisa in due somministrazioni, una al mattino e una alla sera. Le raccomandazioni per il dosaggio si basano al momento su un numero limitato di pazienti pediatrici (vedere paragrafi 5.1 e 5.2). Non ci sono dati nel trattamento dei bambini di età inferiore ai 2 anni.
E’ possibile aumentare la dose giornaliera da 340 mg/m² a 570 mg/m² (non superare la dose totale di 800 mg) nella popolazione pediatrica in assenza di gravi reazioni avverse al farmaco e grave neutropenia o trombocitopenia non associata alla leucemia nelle seguenti circostanze: progressione della malattia (in qualsiasi momento); mancato ottenimento di una risposta ematologica soddisfacente dopo almeno 3 mesi di trattamento, mancato ottenimento di una risposta citogenetica dopo 12 mesi di trattamento; o perdita di una risposta ematologica e/o citogenetica precedentemente ottenuta. I pazienti devono essere strettamente monitorati dopo l’aumento di dose, data la potenziale maggior incidenza di reazioni avverse a dosaggi più alti.
Posologia per LLA Ph+:
Per i pazienti con LLA Ph+ il dosaggio raccomandato di Glivec è di 600 mg/die. Ematologi esperti nella gestione di questa malattia devono supervisionare la terapia in tutte le fasi del trattamento.
Schema di trattamento: Sulla base dei dati esistenti, Glivec ha mostrato di essere efficace e sicuro quando viene somministrato a 600 mg/die in associazione a chemioterapia nelle fasi d’induzione, consolidamento e mantenimento (vedere paragrafo 5.1) utilizzate nel trattamento di pazienti adulti con LLA Ph+ di nuova diagnosi. La durata della terapia con Glivec può variare in funzione dello schema di trattamento scelto, ma generalmente risultati migliori si sono raggiunti con esposizioni più prolungate a Glivec.
Per i pazienti adulti con LLA Ph+ recidivante o refrattaria, Glivec in monoterapia a 600 mg/die risulta sicuro, efficace e può essere somministrato fino a progressione della malattia.
Posologia per MDS/MPD:
Per i pazienti con MDS/MPD il dosaggio raccomandato di Glivec è di 400 mg/die.
Durata del trattamento: Nell’unico studio clinico condotto finora, il trattamento con Glivec è stato continuato fino a progressione della malattia (vedere paragrafo 5.1). Al momento dell’analisi, la durata mediana del trattamento era di 47 mesi (24 giorni – 60 mesi).
Posologia per HES/LEC:
Per i pazienti con HES/LEC il dosaggio raccomandato di Glivec è 100 mg/die.
Si può considerare un incremento della dose da 100 mg a 400 mg in assenza di reazioni avverse al farmaco, se le valutazioni dimostrano una risposta terapeutica insufficiente.
Posologia per i GIST:
Per i pazienti con GIST maligni non operabili e/o metastatici il dosaggio raccomandato di Glivec è di 400 mg/die.
Esistono dati limitati sull’effetto degli aumenti della dose da 400 mg a 600 mg o 800 mg nei pazienti che progrediscono con il trattamento con la dose più bassa (vedere paragrafo 5.1).
Non vi sono attualmente dati disponibili che supportino specifiche raccomandazioni sul dosaggio nei pazienti con GIST sulla base della precedente resezione gastrointestinale. La maggior parte dei pazienti (98%) nello studio clinico (vedere paragrafo 5.2) aveva subito una precedente resezione. Per tutti i pazienti dello studio, vi era almeno un intervallo di due settimane tra la resezione e la prima dose somministrata di Glivec; tuttavia, sulla base di questo studio non si possono formulare ulteriori raccomandazioni.
Durata del trattamento: Negli studi clinici nei pazienti con GIST, il trattamento con Glivec era continuato fino alla progressione della malattia. Al momento dell’analisi, la durata del trattamento era in media di 7 mesi (da 7 giorni a 13 mesi). Non è stato studiato l’effetto dell’interruzione del trattamento dopo il raggiungimento della risposta.
Posologia per DFSP:
Per i pazienti con DFSP il dosaggio raccomandato di Glivec è di 800 mg/die.
Adeguamento della dose in caso di reazioni avverse:
Reazioni avverse non ematologiche
Se dovesse presentarsi una reazione avversa non ematologica con l’uso di Glivec, il trattamento deve essere sospeso fino alla risoluzione dell’evento. In seguito il trattamento può essere ripreso in modo appropriato, a seconda della gravità iniziale dell’evento.
Se si verificano innalzamenti dei livelli di bilirubina superiori a 3 volte i normali limiti massimi istituzionali (“Institutional upper limit of normal” IULN) o dei livelli di transaminasi epatiche superiori a 5 volte i limiti IULN, Glivec deve essere sospeso fintanto che i livelli di bilirubina siano tornati a valori inferiori a 1,5 volte i limiti IULN e i livelli di transaminasi inferiori a 2,5 volte i limiti IULN. Il trattamento con Glivec può essere continuato con un dosaggio giornaliero ridotto. Negli adulti la dose deve essere ridotta da 400 a300 mg o da 600 a 400 mg, o da 800 mg a 600 mg e nei bambini da 340 a 260 mg/m² /die.
Reazioni avverse ematologiche:
Si raccomanda una riduzione della dose o l’interruzione del trattamento in caso di grave neutropenia e trombocitopenia, come indicato nella tabella seguente.
Aggiustamenti della dose in caso di neutropenia e trombocitopenia:
HES/LEC (dose iniziale di 100�mg) | ANC <�1,0�x�109/l e/o piastrine <�50�x�109/l | Sospendere Glivec fino a ANC ≥�1,5�x�109/l e piastrine ≥�75�x�109/l. Riprendere il trattamento con Glivec alla dose precedente (es. prima della reazione avversa grave). |
LMC in fase cronica, MDS/MPD e GIST (dose iniziale 400�mg) HES/LEC (dose 400�mg) | ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l | Sospendere Glivec fino a ANC ≥1,5�x�109/l e piastrine ≥75�x�109/l. Riprendere il trattamento con Glivec alla dose precedente (es. prima della reazione avversa grave). In caso si ripresenti ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l, ripetere la fase�1 e la somministrazione di Glivec ad un dosaggio ridotto di 300�mg. |
LMC in fase cronica in pediatria (dose 340�mg/m2) | ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l | Sospendere Glivec fino a ANC ≥1,5�x�109/l e piastrine ≥75�x�109/l. Riprendere il trattamento con Glivec alla dose precedente (es. prima della reazione avversa grave). In caso si ripresenti ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l, ripetere la fase�1 e la somministrazione di Glivec al dosaggio ridotto di 260�mg/m2. |
LMC in fase accelerata e crisi blastica e LLA Ph+ (dose iniziale 600�mg) | aANC <0,5�x�109/l e/o piastrine <10�x�109/l | Controllare se la citopenia è correlata alla leucemia (aspirazione o biopsia del midollo). Se la citopenia non è correlata alla leucemia, ridurre la dose di Glivec a 400�mg. Se la citopenia persiste per 2�settimane, ridurre ulteriormente a 300�mg. Se la citopenia persiste per 4�settimane e continua a non essere correlata alla leucemia, sospendere Glivec finché ANC ≥1�x�109/l e le piastrine ≥20�x�109/l, quindi riprendere il trattamento a 300�mg. |
LMC in fase accelerata e crisi blastica in pediatria (dose iniziale 340�mg/m2) | aANC <0,5�x�109/l e/o piastrine <10�x�109/l | Controllare se la citopenia è correlata alla leucemia (aspirazione o biopsia midollare). Se la citopenia non è correlata alla leucemia, ridurre la dose di Glivec a 260�mg/m2. Se la citopenia persiste per 2�settimane ridurre ulteriormente a 200�mg/m2. 4.������ Se la citopenia persiste per 4�settimane e continua a non essere correlata alla leucemia, sospendere Glivec finché ANC ≥1�x�109/l e le piastrine ≥20�x�109/l, quindi riprendere il trattamento a 200�mg/m2. |
DFSP (dose 800�mg) | ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l | Sospendere Glivec fino a ANC ≥1,5�x�109/l e piastrine ≥75�x�109/l. Riprendere il trattamento con Glivec a 600�mg. In caso si ripresenti ANC <1,0�x�109/l e/o piastrine <50�x�109/l, ripetere il punto�1 e riprendere Glivec ad un dosaggio ridotto di 400�mg. |
ANC = conta assoluta dei neutrofili |
a che insorga dopo almeno 1�mese di trattamento |
Uso pediatrico: Non c’è esperienza nei bambini con LMC di età inferiore a 2 anni (vedere paragrafo 5.1). C’è limitata esperienza nei bambini con LLA Ph+ e molto limitata esperienza nei bambini con MDS/MPD e DFSP. Non c’è esperienza nei bambini o adolescenti con GIST e con HES/LEC.
Insufficienza epatica: Imatinib è principalmente metabolizzato attraverso il fegato. Ai pazienti con disfunzione epatica di natura lieve, moderata o grave dovrebbe essere somministrata la minima dose raccomandata di 400 mg al giorno. La dose può essere ridotta se non tollerata (vedere paragrafi 4.4, 4.8 e 5.2).
Classificazione della disfunzione epatica:
Disfunzione epatica | Analisi della funzione epatica |
Lieve | Bilirubina totale: = 1,5�UL AST: >ULN (può essere normale o <ULN se la bilirubina totale è >ULN) |
Moderata | Bilirubina totale: >1,5–3,0�ULN AST: qualunque |
Grave | Bilirubina totale: >3–10�ULN AST: qualunque |
ULN = limite superiore del valore normale per l’istituzione AST = aspartato aminotransferasi
Insufficienza renale: Poichè la clearance renale di imatinib è trascurabile, non si prevede una diminuzione nella clearance di imatinib libero nei pazienti affetti da insufficienza renale. Ai pazienti con disfunzione renale lieve o moderata (clearance della creatinina = 20‑59 ml/min) deve essere somministrata come dose iniziale la dose minima raccomandata di 400 mg al giorno. Sebbene siano disponibili informazioni molto limitate, anche i pazienti con disfunzione renale grave (clearance della creatinina = < 20 ml/min) o sottoposti a dialisi potrebbero assumere una dose iniziale di 400 mg. Comunque, si raccomanda cautela in questi pazienti. La dose può essere ridotta se non tollerata o aumentata per mancanza di efficacia (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
Pazienti anziani: La farmacocinetica di imatinib negli anziani non è stata specificamente studiata. Nei pazienti adulti non si sono osservate significative differenze farmacocinetiche correlate all’età negli studi clinici che comprendevano più del 20% dei pazienti di 65 anni o di età superiore. Non è necessaria una specifica raccomandazione della dose nei pazienti anziani.
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Quando Glivec è somministrato insieme ad altri medicinali, sono possibili interazioni farmacologiche (vedere paragrafo 4.5).
L’uso concomitante di imatinib e di medicinali che inducono il CYP3A4 (es. desametasone, fenitoina, carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale o Hypericum perforatum, anche noto come erba di San Giovanni) può ridurre significativamente l’esposizione a Glivec, aumentando potenzialmente il rischio di fallimento terapeutico. Pertanto l’uso concomitante di forti induttori del CYP3A4 e di imatinib deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5).
Sono stati riportati casi clinici di ipotiroidismo in pazienti tiroidectomizzati in trattamento sostitutivo con levotiroxina durante la terapia con Glivec (vedere paragrafo 4.5). In tali pazienti si devono monitorare attentamente i livelli di TSH.
Il metabolismo di Glivec è principalmente epatico, e solo il 13% dell’escrezione avviene attraverso i reni. Nei pazienti con disfunzione epatica (lieve, moderata o grave), l’esame del sangue periferico e gli enzimi epatici devono essere attentamente monitorati (vedere paragrafi 4.2, 4.8 e 5.2). E’ stato rilevato che i pazienti con GIST possono avere metastasi epatiche che potrebbero causare compromissione epatica.
Quando imatinib è associato a regimi di chemioterapia ad alte dosi in pazienti con LLA Ph+, si può osservare una tossicità epatica transitoria sotto forma di aumento delle transaminasi ed iperbilirubinemia. Il monitoraggio della funzione epatica deve essere considerato in situazioni in cui imatinib è unito a regimi di chemioterapia, noti anche per essere associati a disfunzione epatica (vedere paragrafi 4.5 e 4.8).
Sono stati segnalati casi di grave ritenzione di fluidi (effusione pleurica, edema, edema polmonare, ascite, edema superficiale) approssimativamente nel 2,5% dei pazienti con LMC di nuova diagnosi trattati con Glivec. Pertanto è altamente raccomandato di pesare regolarmente i pazienti. Un imprevisto rapido aumento di peso deve essere accuratamente esaminato e se necessario devono essere adottate appropriate cure di supporto e misure terapeutiche. Negli studi clinici, vi è un aumento dell’incidenza di questi eventi in pazienti anziani e in quelli con storia pregressa di malattie cardiache. Pertanto, si deve prestare attenzione nei pazienti con disfunzione cardiaca.
I pazienti con malattia cardiaca o con fattori di rischio per l’insufficienza cardiaca devono essere monitorati attentamente e tutti i pazienti con segni o sintomi correlati all’insufficienza cardiaca devono essere valutati e trattati.
In pazienti con sindrome ipereosinofila (HES) ed interessamento cardiaco, casi isolati di shock cardiogeno/disfunzione del ventricolo sinistro sono stati associati all’inizio della terapia di imatinib. La condizione è stata riportata come reversibile con la somministrazione di steroidi per via sistemica, di misure di supporto emodinamico e con la sospensione temporanea di imatinib. Poiché sono stati riportati non comunemente eventi avversi cardiaci con imatinib, si deve valutare con attenzione il rapporto beneficio/rischio della terapia con imatinib nella popolazione di pazienti con HES/LEC prima di iniziare il trattamento. Le malattie mielodisplastiche/mieloproliferative con riarrangiamenti del gene PDGFR potrebbero essere associate a livelli elevati di eosinifili. Pertanto nei pazienti con HES/LEC e nei pazienti con MDS/MPD associate a livelli elevati di eosinofili, prima della somministrazione di imatinib, si deve considerare la valutazione di un cardiologo, l’esecuzione di un ecocardiogramma e la determinazione della troponina sierica. Se uno dei due è fuori dalla norma, si devono considerare, all’inizio della terapia, il controllo periodico di un cardiologo e l’uso profilattico di steroidi per via sistemica (1‑2 mg/kg) da una a due settimane in concomitanza con l’inizio della terapia.
Nello studio clinico sui GIST, sono state riportate emorragie sia gastrointestinali sia intra-tumorali (vedere paragrafo 4.8). Sulla base dei dati disponibili, non sono stati identificati fattori predisponenti (esempio dimensione del tumore, localizzazione del tumore, alterazioni della coagulazione) che pongono i pazienti con GIST ad un rischio maggiore verso entrambe i tipi di emorragie. Poichè l’aumentata vascolarizzazione e la propensione al sanguinamento sono parte della natura e del decorso clinico dei GIST, per tutti i pazienti si devono adottare le comuni pratiche mediche e procedure per il monitoraggio ed il trattamento delle emorragie.
Analisi di laboratorio:
Durante la terapia con Glivec effettuare regolarmente un conteggio ematico completo. Il trattamento con Glivec di pazienti affetti da LMC è stato associato a neutropenia o trombocitopenia. Tuttavia il verificarsi di queste citopenie è probabilmente correlato allo stadio della malattia trattata ed è risultato più frequente nei pazienti con LMC in fase accelerata o crisi blastica rispetto ai pazienti con LMC in fase cronica. Il trattamento con Glivec può essere interrotto o la dose può essere ridotta come raccomandato nel paragrafo 4.2.
Nei pazienti trattati con Glivec la funzione epatica (transaminasi, bilirubina, fosfatasi alcalina) deve essere monitorata regolarmente.
Nei pazienti con funzionalità renale compromessa, l’esposizione plasmatica di imatinib sembra essere maggiore rispetto a quella osservata in pazienti con normale funzionalità renale, probabilmente a causa di elevati livelli plasmatici di alfa glicoproteina acida (AGP), proteina a cui si lega imatinib, in questi pazienti. Ai pazienti con compromissione renale deve essere somministrata la minima dose iniziale. I pazienti con grave compromissione renale devono essere trattati con cautela. La dose può essere ridotta se non tollerata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Links sponsorizzati
Principi attivi che potrebbero aumentare le concentrazioni plasmatiche di imatinib:
Le sostanze che inibiscono l’attività dell’isoenzima CYP3A4 del citocromo P450 (esempio ketoconazolo, itraconazolo, eritromicina, claritromicina) potrebbero ridurre il metabolismo ed aumentare le concentrazioni di imatinib. E’ stato riscontrato un significativo aumento dell’esposizione a imatinib (i valori medi di Cmax e di AUC di imatinib sono aumentati rispettivamente del 26% e del 40%) nei soggetti sani in caso di somministrazione contemporanea di una singola dose di chetoconazolo (un inibitore di CYP3A4). E’ necessaria cautela nella somministrazione di Glivec con la famiglia di inibitori CYP3A4.
Principi attivi che potrebbero ridurre le concentrazioni plasmatiche di imatinib:
Le sostanze che stimolano l’attività del CYP3A4 potrebbero aumentare il metabolismo e ridurre le concentrazioni plasmatiche di imatinib. La somministrazione contemporanea con farmaci che stimolano il CYP3A4 (es. desametasone, fenitoina, carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale, fosfenitoina, primidone o Hypericum perforatum, anche noto come erba di San Giovanni) può ridurre significativamente l’esposizione a Glivec, aumentando potenzialmente il rischio di fallimento terapeutico. Il pretrattamento con dosi multiple di rifampicina 600 mg seguite da una dose singola di 400 mg di Glivec, ha determinato una diminuzione di Cmax, e di AUC (0-∞) di almeno il 54% e il 74% rispetto ai relativi valori senza trattamento con rifampina. Risultati simili sono stati osservati in pazienti con gliomi maligni trattati con Glivec mentre assumevano farmaci antiepilettici induttori enzimatici (EIAED) quali carbamazepina, oxcarbamazepina e fenitoina. L’AUC plasmatica di imatinib è stata ridotta del 73% rispetto ai pazienti non trattati con EIAED. L’uso concomitante di rifampicina o di forti induttori del CYP3A4 e di imatinib deve essere evitato.
Principi attivi la cui concentrazione plasmatica può essere alterata da Glivec
Imatinib aumenta i valori medi Cmax e AUC della simvastatina (substrato del CYP3A4) rispettivamente di 2 e 3,5 volte, indicando un’inibizione del CYP3A4 da parte di imatinib. Si raccomanda quindi cautela nella somministrazione di Glivec con substrati del CYP3A4 con una stretta finestra terapeutica (es. ciclosporina e pimozide). Glivec potrebbe aumentare le concentrazioni plasmatiche di altri farmaci metabolizzati da CYP3A4 (es. triazolo-benzodiazepina, didiropiridina, bloccanti dei canali del calcio, alcuni inibitori della HMG-CoA reduttasi, es. statine etc.).
Poichè la warfarina è metabolizzata dal CYP2C9, i pazienti che richiedono anticoagulanti dovrebbero ricevere eparina standard o di basso peso molecolare.
In vitro Glivec inibisce l’attività dell’isoenzima CYP2D6 del citocromo P450 a concentrazioni simili a quelle che influiscono sull’attività del CYP3A4. Imatinib 400 mg due volte al giorno ha avuto un effetto inibitorio sul metabolismo del metoprololo mediato da CYP2D6, con un aumento della Cmax e dell’AUC di circa il 23% (90%IC [1,16‑1,30]). Aggiustamenti della dose non sembrano essere necessari quando imatinib è somministrato in concomitanza con substrati del CYP2D6, tuttavia si consiglia cautela per i substrati del CYP2D6 con una stretta finestra terapeutica come il metoprololo. In pazienti trattati con metoprololo deve essere preso in considerazione il monitoraggio clinico.
In vitro, Glivec inibisce la O-glucuronidazione del paracetamolo (valore Ki di 58,5 micromoli/l a livelli terapeutici).
Deve essere pertanto prestata attenzione quanto Glivec è usato in concomitanza a paracetamolo, specialmente ad alte dosi di paracetamolo.
Nei pazienti tiroidectomizzati in trattamento con levotiroxina, può essere diminuita l’esposizione plasmatica alla levotiroxina in caso di somministrazione concomitante di Glivec (vedere paragrafo 4.4). Si raccomanda pertanto cautela. Il meccanismo dell’interazione osservata è, comunque, al momento non noto.
Nei pazienti con LLA Ph+ ci sono esperienze cliniche di Glivec somministrato in concomitanza alla chemioterapia (vedere paragrafo 5.1), ma non sono state completamente caratterizzate le interazioni farmacologiche tra imatinib e regimi chemioterapici. Gli eventi avversi di imatinib, come epatotossicità, mielosoppressione o altri, potrebbero aumentare ed è stato riportato che l’uso concomitante con L-asparaginasi può essere associato ad un’aumentata epatotossicità (vedere paragrafo 4.8). Pertanto l’uso di Glivec in combinazione richiede una speciale precauzione.
Gravidanza:
Non vi sono dati adeguati riguardanti l’uso di imatinib in donne in gravidanza. Gli studi condotti su animali hanno evidenziato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3) e il rischio potenziale per il feto non è noto. Glivec non deve essere usato durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità. In caso di somministrazione in gravidanza, informare la paziente circa il potenziale rischio per il feto. Alle donne in età fertile deve essere segnalata la necessità di utilizzare una efficace contraccezione durante il trattamento.
Allattamento:
Non è noto se imatinib sia escreto nel latte materno. Negli animali, imatinib e/o i suoi metaboliti sono ampiamente escreti nel latte. Pertanto le donne che stanno assumendo Glivec non devono allattare.
Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. I pazienti tuttavia devono essere avvisati che potrebbero comparire effetti indesiderati come capogiri o offuscamento della vista durante il trattamento con imatinib. Perciò si raccomanda attenzione durante la guida di veicoli e durantre l’uso di macchinari.
I pazienti con tumori in stadi avanzati potrebbero presentare numerose condizioni cliniche poco chiare che rendono difficile valutare la causa delle reazioni avverse data la varietà di sintomi correlati alla malattia di base, alla sua progressione e alla somministrazione contemporanea di numerosi medicinali.
Negli studi clinici sulla LMC la sospensione del farmaco per reazioni avverse associati al farmaco stesso è stata osservata nel 2,4% dei pazienti di nuova diagnosi, nel 4% dei pazienti in fase cronica avanzata dopo fallimento della terapia con interferone, nel 4% dei pazienti in fase accelerata dopo fallimento della terapia con interferone e nel 5% dei pazienti con crisi blastica dopo fallimento della terapia con interferone. Negli studi sui GIST la somministrazione del farmaco è stata interrotta nel 4% dei pazienti a causa di reazioni avverse correlate al farmaco.
Le reazioni avverse erano simili in tutte le indicazioni, con due eccezioni. Vi è stata maggiore mielosoppressione osservata nei pazienti con LMC rispetto ai pazienti con GIST, che probabilmente è dovuta alla malattia di base. Nello studio clinico sui GIST, in 7 pazienti (5%) si sono verificati sanguinamenti GI di grado ¾ CTC (3 pazienti), sanguinamenti intra-tumorali (3 pazienti) o entrambi (1 paziente). La localizzazione dei tumori GI potrebbe essere stata la causa dei sanguinamenti GI (vedere paragrafo 4.4). Il sanguinamento GI ed il sanguinamento tumorale potrebbero essere seri e alcune volte fatali. Le reazioni avverse associate al farmaco segnalate più comunemente (≥10%) in entrambe le patologie sono state nausea lieve, vomito, diarrea, dolori addominali, fatica, mialgia, crampi muscolari ed eruzioni cutanee. In tutti gli studi sono stati comunemente riscontrati edemi superficiali, descritti primariamente come edemi preorbitali o agli arti inferiori. Tuttavia raramente questi edemi sono risultati gravi e possono essere gestiti con diuretici, altre misure di supporto o riducendo la dose di Glivec.
Quando imatinib è stato associato a chemioterapia ad alte dosi nei pazienti con LLA Ph+, si è osservata tossicità epatica transitoria in termini di aumento delle transaminasi ed iperbilirubinemia.
Varie reazioni avverse come effusione pleurica, ascite, edemi polmonari e rapido aumento del peso corporeo con o senza edemi superficiali possono essere descritte collettivamente come “ritenzione di fluidi”. Queste reazioni possono essere gestite generalmente sospendendo temporaneamente il trattamento con Glivec e con diuretici e altre misure terapeutiche di supporto adeguate. Alcune di queste reazioni, tuttavia, possono essere gravi o rischiose per la vita dei soggetti e diversi pazienti con crisi blastica sono deceduti con un complesso quadro clinico di effusione pleurica, insufficienza cardiaca congestizia e insufficienza renale. Nessun particolare aspetto di safety è emerso dagli studi clinici condotti in pazienti pediatrici.
Reazioni avverse:
Le reazioni avverse riportate come più di un caso isolato, sono elencate di seguito, secondo classificazione sistemica organica e frequenza. Le frequenze sono classificate: molto comune (>1/10), comune (>1/100, ≤1/10), non comune (>1/1.000, ≤1/100), raro (≤1/1.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine di frequenza, il più frequente per primo.
Le reazioni avverse e le loro frequenze riportate nella Tabella 1 si basano sui principali studi registrativi.
Tabella 1 Reazioni avverse in studi clinici
Esami diagnostici: |
Molto comune: | Aumento di peso |
Comune: | Diminuzione di peso |
Non comune: | Aumento della creatinina ematica, aumento della creatinfosfochinasi ematica, aumento della lattato deidrogenasi ematica, aumento della fosfatasi alcalina ematica |
Raro: | Aumento dell’amilasi ematica |
Patologie cardiache: |
Non comune: | Palpitazioni, tachicardia, scompenso cardiaco congestizio1, edema polmonare |
Raro: | Aritmia, fibrillazione atriale, arresto cardiaco, infarto miocardico, angina pectoris, effusione pericardica |
Patologie del sistema emolinfopoietico: |
Molto comune: | Neutropenia, trombocitopenia, anemia |
Comune: | Pancitopenia, neutropenia febbrile |
Non comune: | Trombocitemia, linfopenia, depressione midollare, eosinofilia, linfoadenopatia |
Raro: | Anemia emolitica |
Patologie del sistema nervoso: |
Molto comune: | Cefalea2 |
Comune: | Capogiri, parestesia, alterazioni del gusto, ipoestesia |
Non comune: | Emicrania, sonnolenza, sincope, neuropatia periferica, indebolimento della memoria, sciatalgia, sindrome delle gambe senza riposo, tremore, emorragia cerebrale |
Raro: | Aumento della pressione intracranica, convulsioni, neurite ottica |
Patologie dell’occhio: |
Comune: | Edema delle palpebre, aumento della lacrimazione, emorragia congiuntivale, congiuntivite, secchezza oculare, offuscamento della visione |
Non comune: | Irritazione oculare, dolore oculare, edema orbitale, emorragia della sclera, emorragia retinica, blefarite, edema maculare |
Raro: | Cataratta, glaucoma, papilledema |
Patologie dell’orecchio e del labirinto: |
Non comune: | Vertigini, acufeni, perdita di udito |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche: |
Comune: | Dispnea, epistassi, tosse |
Non comune: | Effusione pleurica³, dolore faringolaringeo, faringite |
Raro: | Dolore pleuritico, fibrosi polmonare, ipertensione polmonare, emorragia polmonare |
Patologie gastrointestinali: |
Molto comune: | Nausea, diarrea, vomito, dispepsia, dolori addominali4 |
Comune: | Flatulenza, distensione addominale, reflusso gastroesofageo, stipsi, secchezza delle fauci, gastrite |
Non comune: | Stomatite, ulcerazione della bocca, emorragia gastrointestinale5, eruttazione, melena, esofagite, ascite, ulcera gastrica, ematemesi, cheilite, disfagia, pancreatite |
Raro: | Colite, ileo, malattia infiammatoria intestinale |
Patologie renali e urinarie: |
Non comune: | Dolore renale, ematuria, insufficienza renale acuta, pollachiuria |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: |
Molto comune: | Edema periorbitale, dermatite/eczema/eruzione cutanea |
Comune: | Prurito, edema facciale, secchezza della cute, eritema, alopecia, sudorazione notturna, reazioni di fotosensibilità |
Non comune: | Eruzione cutanea pustolosa, contusioni, aumento della sudorazione, orticaria, ecchimosi, aumento della tendenza a sviluppare lividi, ipotricosi, ipopigmentazione cutanea, dermatite esfoliativa, onicoclasia, follicolite, petecchie, psoriasi, porpora, iperpigmentazione cutanea, eruzioni bollose |
Raro: | Dermatosi neutrofila febbrile acuta (sindrome di Sweet), alterazione del colore delle unghie, edema angioneurotico, eruzione cutanea vescicolare, eritema multiforme, vasculite leucocitoclastica, sindrome di Stevens-Johnson |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo: |
Molto comune: | Spasmi e crampi muscolari, dolore muscoloscheletrico incluso mialgia, artralgia, dolore osseo6 |
Comune: | Gonfiore articolare |
Non comune: | Rigidità articolare e muscolare |
Raro: | Debolezza muscolare, artrite |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione: |
Comune: | Anoressia |
Non comune: | Ipokaliemia, aumento dell’appetito, ipofosfatemia, diminuzione dell’appetito, disidratazione, gotta, iperuricemia, ipercalcemia, iperglicemia, iponatriemia |
Raro: | Iperkaliemia, ipomagnesiemia |
Infezioni e infestazioni: |
Non comune: | Herpes zoster, herpes simplex, rinofaringite, polmonite7, sinusite, cellulite, infezione delle vie respiratorie superiori, influenza, infezione del tratto urinario, gastroenterite, sepsi |
Raro: | Infezione micotica |
Patologie vascolari8: |
Comune: | Vampate, emorragia |
Non comune:: | Ipertensione, ematoma, raffreddamento delle estremità, ipotensione, fenomeno di Raynaud |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: |
Molto comune: | Ritenzione idrica ed edema, affaticamento |
Comune: | Debolezza, febbre, anasarca, brividi, tremore |
Non comune: | Dolore toracico, malessere |
Patologie epatobiliari: |
Comune: | Aumento degli enzimi epatici |
Non comune: | Iperbilirubinemia, epatite, ittero |
Raro: | Insufficienza epatica9, necrosi epatica |
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella: |
Non comune: | Ginecomastia, disfunzione erettile, menorragia, mestruazioni irregolari, disfunzione sessuale, dolore al capezzolo, ingrossamento della mammella, edema scrotale |
Disturbi psichiatrici: |
Comune: | Insonnia |
Non comune: | Depressione, riduzione della libido, ansia |
Raro: | Stato confusionale |
Su base paziente-anno, gli eventi cardiaci incluso lo scompenso cardiaco congestizio sono stati osservati più comunemente nei pazienti con LMC avanzata rispetto ai pazienti con LMC cronica.
La cefalea è stata più comune nei pazienti con GIST.
Effusione pleurica è stata segnalata più comunemente nei pazienti con GIST e nei pazienti con LMC avanzata (LMC-AP e LMC-BC) rispetto ai pazienti con LMC cronica.
Dolore addominale ed emorragia gastrointestinale sono stati osservati più comunemente nei pazienti con GIST.
Dolore muscoloscheletrico ed eventi correlati sono stati osservati più comunemente nei pazienti con LMC che nei pazienti con GIST.
Polmonite è stata segnalata più comunemente nei pazienti con LMC avanzata e nei pazienti con GIST.
Le vampate sono state più comuni nei pazienti con GIST ed il sanguinamento (ematoma, emorragia) è stato più comune nei pazienti con GIST e con LMC avanzata (LMC-AP e LMC-BC).
Sono stati segnalati alcuni casi fatali di insufficienza epatica e di necrosi epatica.
I seguenti tipi di reazioni sono stati segnalati principalmente dall’esperienza dopo la commercializzazione di Glivec. Comprendono segnalazioni spontanee ed eventi avversi gravi riportati in studi in corso, programmi di accesso allargato, studi di farmacologia clinica e studi esplorativi in indicazioni non approvate. Poiché tali reazioni sono segnalate in una popolazione di dimensioni sconosciute, non è sempre possibile stimarne in modo affidabile la frequenza o stabilire una relazione causale con l’esposizione ad imatinib.
Tabella 2 Reazioni avverse da segnalazioni dopo la commercializzazione
Tumori benigni, maligni e non specificati compresi) |
Non noto: | Emorragia tumorale/necrosi tumorale |
Disturbi del sistema immunitario |
Non noto: | Shock anafilattico |
Patologie cardiache |
Non noto: | Pericardite, tamponamento cardiaco |
Patologie del sistema nervoso |
Non noto: | Edema cerebrale |
Patologie dell’occhio |
Non noto: | Emorragia del vitreo |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche |
Non noto: | Insufficienza respiratoria acuta1, malattia polmonare interstiziale |
Patologie gastrointestinali |
Non noto: | Ileo/ostruzione intestinale, perforazione gastrointestinale, diverticolite |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo |
Non noto: | Cheratosi lichenoide, lichen planus |
Non noto: | Necrolisi epidermica tossica |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo |
Non noto: | Necrosi avascolare/necrosi dell’anca |
Patologie vascolari |
Non noto: | Trombosi/embolia |
1 Sono stati riportati casi fatali in pazienti con malattia avanzata, gravi infezioni, grave neutropenia ed altre gravi condizioni concomitanti.
Anomalie nelle analisi di laboratorio:
Ematologia
Nella LMC, le citopenie, ed in particolare la neutropenia e la trombocitopenia, sono state di riscontro comune in tutti gli studi, con l’indicazione di una maggiore frequenza ad alte dosi ≥750 mg (studio fase I). Tuttavia la comparsa di citopenia è risultata dipendere chiaramente anche dallo stadio della malattia, la frequenza di neutropenia (ANC <1,0 x 109/l) e trombocitopenia (conteggio delle piastrine <50 x 109/l) di grado 3 o 4 è risultata di 4 e 6 volte superiore nei pazienti in crisi blastica e in fase accelerata (59–64% e 44–63% rispettivamente per la neutropenia e la trombocitopenia) rispetto ai pazienti con LMC di nuova diagnosi in fase cronica (16,7% neutropenia e 8,9% trombocitopenia). Nella LMC di nuova diagnosi in fase cronica, la neutropenia (ANC <0,5 x 109/l) e la trombocitopenia (conteggio delle piastrine <10 x 109/l) di grado 4 sono state osservate rispettivamente nel 3,6% e in meno dell’1% dei pazienti. La durata media degli episodi neutropenici e trombocitopenici variava in genere rispettivamente da 2 a 3 settimane e da 3 a 4 settimane. Questi eventi possono essere gestiti generalmente sia con una riduzione della dose sia con l’interruzione del trattamento con Glivec. Tuttavia in casi rari possono portare ad una sospensione permanente del trattamento. Nei pazienti pediatrici con LMC le tossicità osservate con maggiore frequenza sono state citopenie di grado 3 o 4 comprendenti neutropenia, trombocitopenia ed anemia. Di solito si manifestavano entro i primi mesi di terapia.
Nei pazienti con GIST, è stata riportata anemia di grado 3 e 4 rispettivamente nel 5,4% e nello 0,7% dei pazienti, che potrebbe essere correlata al sanguinamento gastrointestinale o intra-tumorale almeno in alcuni di questi pazienti. E’ stata osservata neutropenia di grado 3 e 4 rispettivamente nel 7,5% e nel 2,7% dei pazienti, e trombocitopenia di grado 3 nello 0,7% dei pazienti. Nessun paziente ha sviluppato trombocitopenia di grado 4. La diminuzione dei leucociti (WBC) e della conta dei neutrofili si è verificata per lo più durante le prime sei settimane di terapia, con valori che si sono mantenuti relativamente stabili successivamente.
Biochimica
Nei pazienti con LMC è stato osservato un grave innalzamento delle transaminasi (<5%) o della bilirubina (<1%) e generalmente è stato gestito con una riduzione della dose o con una interruzione del trattamento (la durata media di questi episodi è stata approssimativamente di una settimana). Il trattamento è stato sospeso permanentemente in meno dell’1% dei pazienti con LMC a causa di anormalie nelle analisi epatiche di laboratorio. Nei pazienti con GIST (studio B2222) è stato osservato nel 6,8% un aumento della ALT (alanina aminotrasferasi) di grado 3 o 4 e nel 4,8% un aumento della AST (aspartato aminotrasferasi) di grado 3 o 4. L’aumento della bilirubina è stato inferiore al 3%.
Ci sono stati casi di epatite citolitica e colestatica e di insufficienza epatica; alcuni dei quali l’esito è stato fatale, incluso un paziente in trattamento con dosi elevate di paracetamolo.
Links sponsorizzati
L’esperienza con dosi superiori a 800 mg è limitata. Sono stati riportati casi sporadici di sovradosaggio con Glivec.
Un paziente con crisi blastica mieloide ha assunto inavvertitamente 1.200 mg di Glivec per 6 giorni e ha manifestato aumenti di creatinina sierica di Grado 1, asciti di Grado 2 e aumento dei livelli di transaminasi epatiche, e aumenti di bilirubina di Grado 3. Il trattamento è stato temporaneamente interrotto e vi è stata una completa regressione di tutte le anormalità entro una settimana. Il trattamento è stato ripreso alla dose di 400 mg senza la ricomparsa dei problemi. Un altro paziente ha avuto crampi muscolari gravi dopo l’assunzione di 1.600 mg di Glivec al giorno per sei giorni. Dopo l’interruzione del trattamento, vi è stata una completa risoluzione dei crampi muscolari e il trattamento è stato di conseguenza ripreso.
Nel caso di sovradosaggio, il paziente deve essere tenuto in osservazione e sottoposto ad un adeguato trattamento di supporto.
Categoria farmacoterapeutica: inibitore della protein-tirosin chinasi, codice ATC: L01XX28
Imatinib è un inibitore della protein-tirosin chinasi che inibisce potentemente la tirosin-chinasi Bcr-Abl ai livelli in vitro, a livello cellulare e in vivo. Il composto inibisce selettivamente la proliferazione e induce l’apoptosi nelle linee cellulari positive Bcr-Abl e nelle cellule leucemiche fresche prelevate da pazienti affetti da LMC positiva al cromosoma Philadelphia e da leucemia linfoblastica acuta (ALL).
In vivo il composto evidenzia una attività antitumorale come agente singolo nei modelli animali con cellule tumorali positive a Bcr-Abl.
Imatinib è anche un inibitore del recettore delle tirosin chinasi per il fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF), PDGF-R, e per il fattore della cellula staminale (SCF), c-Kit, e inibisce gli eventi cellulari mediati da PDGF e SCF. In vitro, imatinib inibisce la proliferazione e induce apoptosi nelle cellule dei tumori stromali del tratto gastro-intestinale (GIST), che esprimono una mutazione attiva di kit. Nella patogenesi delle MDS/MPD, della HES/LEC e del PDSP sono state coinvolte l’attivazione costitutiva del recettore del PDGF o delle proteine tirosin chinasi Abl come conseguenza della fusione di diverse proteine patners o della produzione costitutiva di PDGF. Imatinib inibisce il segnale e la proliferazione di cellule guidate dalla deregolazione del PDGFR e dall’attività chinasica di Abl.
Studi clinici nella leucemia mieloide cronica:
L’efficacia di Glivec si basa sui valori globali di risposta ematologica e citogenetica e sopravvivenza libera da progressione della malattia. Ad eccezione della LMC di nuova diagnosi in fase cronica non ci sono sperimentazioni cliniche controllate che dimostrino un beneficio clinico, inteso come miglioramento dei sintomi correlati alla malattia o un aumento della sopravvivenza.
Sono stati condotti tre grandi studi internazionali fase II, aperti, non controllati, in pazienti con LMC positiva al cromosoma Philadelphia (Ph+) con la malattia in fase avanzata, accelerata o in crisi blastica, altre leucemie Ph+ o con la LMC in fase cronica, ma che non hanno tratto beneficio da una precedente terapia con interferone-alfa (IFN). E’ stato condotto un grande studio internazionale di fase III, randomizzato e in aperto in pazienti con LMC Ph+ di nuova diagnosi. Inoltre, in due studi di fase I ed uno di fase II sono stati trattati pazienti pediatrici.
In tutti gli studi clinici il 38–40% dei pazienti era di età ≥60 anni e il 10–12% dei pazienti era di età ≥70 anni.
Fase cronica, nuova diagnosi: Questo studio di fase III condotto in pazienti adulti ha messo a confronto il trattamento con il solo Glivec e la combinazione di interferone-alfa (IFN) e citarabina (Ara-C). Ai pazienti che non hanno risposto (assenza di risposta ematologica completa (REC) a 6 mesi, aumento del numero dei globuli bianchi (WBC), nessuna risposta citogenetica maggiore (MCR) a 24 mesi), che hanno manifestato una perdita della risposta (perdita della REC e della MCR -o una grave intolleranza al trattamento, è stato consentito di passare al trattamento alternativo. Nel braccio in trattamento con Glivec, i pazienti sono stati trattati con dosi giornaliere di 400 mg. Nel braccio in trattamento con IFN, ai pazienti sono state somministrate per via sottocutanea dosi di IFN di 5 MIU/m² /die in associazione a Ara-C alla dose di 20 mg/m² /die, per 10 giorni al mese.
Sono stati randomizzati complessivamente 1.106 pazienti, 553 per ogni braccio. Le caratteristiche basali dei due gruppi erano simili. L’età mediana era 51 anni (range 18–70 anni), con il 21,9% dei pazienti di età ≥60 anni. Il 59% erano maschi e il 41% femmine; l’89,9% era di razza caucasica e il 4,7% di razza nera. Dopo cinque anni dall’arruolamento dell’ultimo paziente, la durata mediana del trattamento di prima linea è stata rispettivamente di 60 e 8 mesi nel braccio Glivec e nel braccio IFN. La durata mediana del trattamento di seconda linea con Glivec è stata 45 mesi. Complessivamente, nei pazienti in trattamento di prima linea con Glivec, la dose media giornaliera somministrata è stata 389 ± 71 mg. L’obiettivo principale dello studio in termini di efficacia è la sopravvivenza libera da progressione. La progressione è stata definita come uno dei seguenti eventi: progressione verso una fase accelerata o una crisi blastica, morte, perdita della risposta ematologica completa (REC) o della risposta citogenica maggiore (MCR) o, nei pazienti che non raggiungono una REC, un aumento del numero dei globuli bianchi malgrado una appropriata gestione terapeutica. I principali obiettivi secondari sono la risposta citogenetica maggiore, la risposta ematologica, la risposta molecolare (valutazione della malattia minima residua), il tempo alla fase accelerata ed alla crisi blastica e la sopravvivenza. I risultati sono riportati nella Tabella 3.
Tabella 3 Risposta nello studio LMC di nuova diagnosi (dati a 60 mesi)
| Glivec | IFN+Ara-C |
(Migliori percentuali di risposta ) | n=553 | n=553 |
Risposta ematologica | | |
REC n (%) | 534(96,6%)* | 313 (56,6%)* |
���� [95% CI] | [94,7%, 97,9%] | [52,4%, 60,8%] |
Risposta citogenetica | | |
Risposta maggiore n (%) | 490 (88,6%)* | 129 (23,3%)* |
���� [95% CI] | [85,7%, 91,1%] | [19,9%, 27,1%] |
���� CyR completa n (%) | 454 (82,1%)* | 64 (11,6%)* |
���� CyR parziale n (%) | 36 (6,5%) | 65 (11,8%) |
Risposta molecolare | | |
Risposta maggiore a 12�mesi (%) | 40%* | 2%* |
Risposta maggiore a 24�mesi (%) | 54% | NA** |
* p<0,001, test esatto di Fischer ** dati insufficienti, disponibili solo due pazienti con campioni Criteri della risposta ematologica (tutte le risposte devono essere confermate dopo almeno 4�settimane): WBC<�10�x�109/l, piastrine <�450�x�109/l, mielociti+metamielociti <�5% nel sangue, assenza di blasti e di promielociti nel sangue, basofili <�20%, nessun coinvolgimento extramidollare Criteri della risposta citogenetica: completa (0% metafasi Ph+), parziale (1–35%), minore (36–65%) o minima (66–95%). La risposta maggiore (0–35%) combina sia le risposte complete che parziali. Criteri della risposta molecolare maggiore: nel sangue periferico riduzione ≥ di 3�logaritmi del trascritto di Bcr-Abl (misurato mediante RT-PCR quantitativa a transcriptasi inversa) rispetto al basale standardizzato. |
I tassi di risposta ematologica completa, risposta citogenetica maggiore e risposta citogenetica completa nel trattamento di prima linea erano stati calcolati secondo il metodo Kaplan-Meier, in base al quale le non risposte sono state troncate alla data dell’ultima valutazione. Con questo metodo, le percentuali di risposte cumulative, stimate per il trattamento di prima linea con Glivec, sono risultate migliori passando da 12 mesi a 60 mesi di terapia come di seguito riportato: CHR rispettivamente da 96,4% a 98,4% e CCyR rispettivamente da 69,5% a 86,7%.
Dopo 5 anni di follow-up c’erano stati 86 (15,6%) eventi di progressione nel braccio Glivec: 35 (6,3%) di progressione a fase accelerata/crisi blastica, 28 (5,1%) di perdita di MCyR, 14 (2,5%) di perdita di CHR o aumento dei globuli bianchi e 9 casi (1,6%) di morte non correlata alla LMC. Ci sono stati invece 155 eventi (28,0%) nel braccio di trattamento IFN+Ara-C, di cui 128 insorti durante il trattamento di prima linea con IFN+Ara-C.
La frequenza stimata di pazienti liberi da progressione verso una fase accelerata o una crisi blastica a 60 mesi è stata significativamente più alta nel braccio Glivec rispetto al braccio IFN (92,9% verso 86,2%, p<0,001). La frequenza annuale di progressione a fase accelerata o crisi blastica diminuiva all’aumentare della durata della terapia e su base annuale risultava minore dell’1% nel quarto e nel quinto anno. La frequenza stimata di sopravvivenza libera da progressione a 60 mesi è stata dell’83,2% nel braccio Glivec e del 64,1% nel braccio di controllo (p<0,001). Anche il tasso annuale di qualsiasi tipo di progressione per Glivec era diminuito nel tempo.
Ci sono stati 57 (10,3%) e 73 (13,2%) casi di morte rispettivamente nei bracci Glivec e IFN+Ara-C. La sopravvivenza globale stimata a 60 mesi è rispettivamente 89,4% (86, 92) nel braccio di randomizzazione Glivec e 85,6% (82, 89) nel braccio IFN+Ara-C (log-rank test p=0,049). L’end point tempo all’evento risulta altamente influenzato dall’alta percentuale di cross-over dal braccio IFN+Ara-C al braccio Glivec. L’effetto del trattamento di Glivec sulla sopravvivenza nella LMC di nuova diagnosi in fase cronica è stato ulteriormente valutato mediante un’analisi retrospettiva dei dati di Glivec sopra riportati e dei dati primari di un altro studio di Fase III che utilizzava IFN+Ara-C (n=325) con un identico schema posologico. In questa analisi retrospettiva è stata dimostrata la superiorità di Glivec nei confronti di IFN+Ara-C in termini di sopravvivenza globale (p<0,001); nell’arco di 42 mesi ci sono stati 47 (8,5%) casi di morte nel braccio Glivec e 63 (19,4%) nel braccio IFN+Ara-C.
Il grado di risposta citogenetica e di risposta molecolare aveva avuto un effetto evidente sui risultati a lungo termine nei pazienti in trattamento con Glivec. Mentre il 97% stimato (93%) dei pazienti con CCyR (PCyR) a 12 mesi risultava libero da progressione a fase accelerata/crisi blastica a 60 mesi, solo 81% dei pazienti senza MCyR a 12 mesi risultava libero da progressione a LMC in fase avanzata a 60 mesi (globale p<0,001, tra CCyR e PCyR p=0,20). Per i pazienti con CCyR e riduzione dei trascritti Bcr-Abl di almeno 3 logaritmi a 12 mesi, la probabilità di rimanere liberi da progressione a fase accelerata/crisi blastica a 60 mesi era del 100%. Basandosi sulla valutazione a 18 mesi si erano trovate evidenze simili.
In questo studio, gli aumenti di dose autorizzati sono stati da 400 mg al giorno a 600 mg al giorno, quindi da 600 mg al giorno a 800 mg al giorno. Dopo 42 mesi di follow-up, 11 pazienti avevano sperimentato una perdita confermata (in 4 settimane) della loro risposta citogenetica. Di questi 11 pazienti, 4 pazienti avevano avuto un aumento della dose fino a 800 mg al giorno, 2 di questi con recupero della risposta citogenetica (1 parziale ed 1 completa, raggiungendo quest’ultimo anche la risposta molecolare), mentre dei 7 pazienti che non avevano avuto l’aumento della dose, solo uno aveva recuperato la risposta citogenetica completa. La percentuale di alcune reazioni avverse è stata più alta nei 40 pazienti nei quali la dose giornaliera è stata aumentata a 800 mg rispetto alla popolazione di pazienti prima dell’aumento della dose (n=551). Le reazioni avverse più frequenti hanno compreso emorragie gastrointestinali, congiuntiviti ed innalzamento delle transaminasi o bilirubina. Sono state riportate altre reazioni avverse con uguale o minore frequenza.
Fase cronica, fallimento della terapia con interferone: 532 pazienti adulti sono stati trattati con una dose iniziale di 400 mg. I pazienti erano distribuiti in tre categorie principali: insufficienza ematologica (29%), insufficienza citogenetica (35%) o intolleranza all’interferone (36%). I pazienti erano stati precedentemente sottoposti mediamente ad una terapia di 14 mesi con IFN a dosi ≥25 x 106 IU/settimana e si trovavano tutti in fase cronica avanzata, con un tempo medio di 32 mesi dalla diagnosi. La variabile primaria di efficacia dello studio era il tasso di risposta citogenetica maggiore (risposta completa più parziale, metafasi Ph+ dallo 0 al 35% a livello del midollo osseo).
In questo studio il 65% dei pazienti ha raggiunto una risposta citogenetica maggiore che è risultata completa nel 53% dei pazienti (confermata per il 43%) (Tabella 4). Una risposta ematologica completa è stata ottenuta nel 95% dei pazienti.
Fase accelerata: sono stati arruolati nello studio 235 pazienti adulti con la malattia in fase accelerata. I primi 77 pazienti hanno cominciato il trattamento a 400 mg, in seguito il protocollo è stato corretto per permettere dosi maggiori ed i restanti 158 pazienti hanno cominciato il trattamento a 600 mg.
La variabile primaria di efficacia era il tasso di risposta ematologica, riportato come risposta ematologica completa, nessuna evidenza di leucemia (vale a dire clearance dei blasti dal midollo e dal sangue ma senza un pieno recupero ematico periferico come si ha invece per le risposte complete), oppure ritorno alla LMC in fase cronica. Una risposta ematologica confermata è stata ottenuta nel 71,5% dei pazienti (Tabella 4). Fatto importante, nel 27,7% dei pazienti è stata raggiunta anche una rilevante risposta citogenetica, che è risultata completa nel 20,4% dei pazienti (confermata per il 16%). Per i pazienti trattati a 600 mg, le attuali stime di sopravvivenza mediana libera da progressione e di sopravvivenza globale sono state rispettivamente di 22,9 e di 42,5 mesi.
Crisi blastica mieloide: Sono stati arruolati 260 pazienti con crisi blastica mieloide. 95 (37%) erano stati precedentemente sottoposti a chemioterapia per il trattamento della malattia in fase accelerata o crisi blastica (“pazienti pretrattati”), mentre 165 (63%) non era stato trattato (“pazienti non trattati”). I primi 37 pazienti hanno iniziato il trattamento con 400 mg, in seguito il protocollo è stato corretto per permettere dosi superiori ed i restanti 223 pazienti hanno iniziato il trattamento con 600 mg.
La variabile di efficacia primaria era il tasso di risposta ematologica, riportato come risposta ematologica completa, nessuna evidenza di leucemia o ritorno alla LMC in fase cronica, utilizzando gli stessi criteri dello studio per la fase accelerata. In questo studio il 31% dei pazienti ha raggiunto una risposta ematologica (36% nei pazienti precedentemente non trattati e 22% nei pazienti precedentemente trattati). Il tasso di risposta è risultato quindi più elevato nei pazienti trattati con 600 mg (33%) rispetto ai pazienti trattati con 400 mg (16%, p=0,0220). La stima della sopravvivenza media dei pazienti precedentemente non trattati e di quelli trattati era rispettivamente di 7,7 e 4,7 mesi.
Crisi blastica linfoide: un numero limitato di pazienti sono stati arruolati negli studi di fasi I (n=10). Il valore della risposta ematologica era del 70%, con una durata di 2–3 mesi.
Tabella 4 Risposta in studi su LMC nell’adulto
| Studio 0110 dati a 37�mesi Fase cronica, fallimento terapia IFN (n=532) | Studio 0109 dati a 40,5�mesi Fase accelerata (n=235) | Studio 0102 dati a 38�mes Crisi blastica mieloid (n=260) |
| % di pazienti (CI95%) |
Risposta ematologica1 | 95% (92,3–96,3) | 71% (65,3–77,2) | 31% (25,2–36,8) |
Risposta ematologica completa (REC) | 95% | 42% | 8% |
Nessuna evidenza di leucemia (NEL) | Non pertinente | 12% | 5% |
Ritorno alla fase cronica (RFC) | Non pertinente | 17% | 18% |
Risposta citogenetica maggiore2 | 65% (61,2–69,5) | 28% (22,0–33,9) | 15% (11,2–20,4) |
Completa (Confermato³)[95% CI] | 53% (43%) [38,6–47,2] | 20% (16%) [11,3–21,01] | 7% (2%) [0,6–4,4] |
Parziale | 12% | 7% | 8% |
1Criteri della risposta ematologica (tutte le risposte devono essere confermate dopo ≥4�settimane): REC� Studio 0110 [WBC <10�x�109/l, piastrine <450�x�109/l, mielociti+metamielociti <5% nel sangue, assenza di blasti e di promielociti nel sangue, basofili <20%, nessun coinvolgimento extramidollare] e negli studi 0102 e 0109 [ANC ≥1,5�x�109/l, piastrine ≥100�x�109/l, assenza di blasti nel sangue, blasti midollari <5% e nessuna malattia extramidollare] NEL� Stessi criteri di REC ma ANC ≥1�x�109/l e piastrine ≥20�x�109/l (solo 0102 e 0109) RFC�� <15% blasti nel MO e nel SP, <30% blasti+promielociti nel MO e nel SP, <20% basofili nel SP, nessuna malattia extramidollare se non milza e fegato (solo per il 0102 e 0109). MO = midollo osseo, SP = sangue periferic 2Criteri della risposta citogenetica: Una risposta rilevante combina sia le risposte complete che parziali: completa (0% P metafasi Ph+), parziale (1–35%). ³ Risposta citogenetica completa confermata da un secondo esame citogenetico del midollo osseo eseguito almeno una volta al mese dopo l’indagine iniziale del midollo osseo. |
Pazienti pediatrici: Un totale di 26 pazienti pediatrici di età <18 anni sia con LMC in fase cronica (n=11) o con LMC in fase blastica o con leucemia acuta Ph+ (n=15) sono stati arruolati in uno studio di fase I ad incremento di dose. Questi pazienti erano stati pesantemente pretrattati, poichè il 46% avevano subito in precedenza il trapianto di midollo osseo e il 73% una precedente polichemioterapia. I pazienti erano trattati alle dosi di Glivec di 260 mg/m² /die (n=5), 340 mg/ m² /die (n=9), 440 mg/m² /die (n=7) e 570 mg/m² /die (n=5). Tra i 9 pazienti con LMC in fase cronica per i quali erano disponibili i dati citogenetici, 4 (44%) e 3 (33%) avevano raggiunto rispettivamente una risposta citogenetica completa e parziale, per una frequenza di risposta citogenetica maggiore (MCR) del 77%.
Un totale di 51 pazienti pediatrici con LMC in fase cronica di nuova diagnosi e non trattati sono stati arruolati in uno studio di fase II, a braccio singolo, multicentrico, in aperto. I pazienti erano stati trattati con Glivec 340 mg/m² /die, senza alcuna interruzione in assenza di tossicità dose-limitante. Nei pazienti pediatrici con LMC di nuova diagnosi, il trattamento con Glivec ha indotto una rapida risposta con una risposta ematologica completa (REC) del 78% dopo 8 settimane di terapia. L’alto tasso di REC è risultato associato allo sviluppo di una risposta citogenetica completa (CCyR) del 65%, valore paragonabile ai risultati osservati negli adulti. Inoltre è stata osservata una risposta citogenetica parziale (PCyR) nel 16% dei casi per una risposta maggiore (MCyR) dell’81%. Nella maggioranza dei pazienti che aveva raggiunto una risposta citogenetica completa (CCyR), la CCyR si era manifestata tra il mese 3 ed il mese 10°con un tempo mediano di risposta, basato sulla stima Kaplan-Meier, di 5,6 mesi.
Studi clinici nella LLA Ph+:
LLA Ph+ di nuova diagnosi: In uno studio controllato (ADE10) con imatinib verso chemioterapia d’induzione, condotto in 55 pazienti di nuova diagnosi di età uguale o superiore a 55 anni, imatinib utilizzato come agente singolo ha indotto una percentuale di risposte ematologiche complete significativamente superiore rispetto alla chemioterapia (96,3% verso 50%; p=0,0001). Quando la terapia di salvataggio con imatinib è stata somministrata ai pazienti non responsivi o che rispondevano in modo insufficiente alla chemioterapia, si è osservato che 9 pazienti (81,8%) su 11 avevano raggiunto una risposta ematologica completa. Questo effetto clinico era associato ad una riduzione del trascritto bcr-abl nei pazienti trattati con imatinib maggiore rispetto ai pazienti trattati con chemioterapia dopo 2 settimane di terapia (p=0,02). Tutti i pazienti avevano ricevuto imatinib e chemioterapia di consolidamento (vedere Tabella 5) dopo la fase d’induzione ed i livelli del trascritto bcr-abl alla settimana 8 risultavano identici in entrambi i bracci. Come previsto dal disegno dello studio, non è stata osservata differenza nella durata della remissione, della sopravvivenza libera da malattia o della sopravvivenza globale, anche se i pazienti con risposta molecolare completa e rimanenti con malattia minima residua avevano un esito migliore sia in termini di durata della remissione (p=0,01) che di sopravvivenza libera da malattia (p=0,02).
I risultati osservati in una popolazione di 211 pazienti con LLA Ph+ di nuova diagnosi in quattro studi clinici non controllati (AAU02, ADE04, AJP01 e AUS01) sono in linea con i risultati sopra descritti. Imatinib in associazione alla chemioterapia d’induzione (vedere Tabella 5) ha ottenuto una percentuale di risposta ematologica completa del 93% (147 su 158 pazienti valutabili) ed una percentuale di risposta citogenetica maggiore del 90% (19 su 21 pazienti valutabili). La percentuale di risposta molecolare completa è stata del 48% (49 su 102 pazienti valutabili). Nei due studi (AJP01 e AUS01) la durata della sopravvivenza libera da malattia (DFS) e della sopravvivenza globale (OS) superava costantemente 1 anno ed è stata superiore ai controlli storici (p DFS<0,001; p OS<0,0001).
Tabella 5 Regimi chemioterapici usati in combinazione con Glivec
Studio ADE10 | |
Pretrattamento | DEX 10�mg/m2 per via orale, giorni�1-5; CP 200�mg/m2 i.v., giorni�3, 4, 5; MTX 12�mg per via intratecale, giorno�1 |
Induzione | DEX 10�mg/m2 per via orale, giorni�6-7, 13-16; VCR 1�mg i.v., giorni�7, 14; IDA 8�mg/m2 i.v. (0,5�h), giorni�7, 8, 14, 15; CP 500�mg/m2 i.v.(1�h) giorno�1; Ara-C 60�mg/m2 i.v., giorni�22-25, 29-32 |
Consolidamento I, III, V | MTX 500�mg/m2 i.v. (24�h), giorni�1, 15; 6-MP 25�mg/m2 per via orale, giorni�1-20 |
Consolidamento II, IV | Ara-C 75�mg/m2 i.v. (1�h), giorni�1-5; VM26 60�mg/m2 i.v. (1�h), giorni�1-5 |
Studio AAU02 | | | | |
Induzione (LLA Ph+ de novo) | Daunorubicina 30�mg/m2 i.v., giorni�1-3, 15-16; VCR dose totale 2�mg i.v., giorni�1, 8, 15, 22; CP 750�mg/m2 i.v., giorni�1, 8; prednisone 60�mg/m2 per via orale, giorni�1-7, 15-21; IDA 9�mg/m2 per via orale, giorni�1-28; MTX 15�mg per via intratecale, giorni�1, 8, 15, 22; Ara-C 40�mg per via intratecale, giorni�1, 8, 15, 22; metilprednisolone 40�mg per via intratecale, giorni�1, 8, 15, 22 |
Consolidamento (LLA Ph+ de novo) | Ara-C 1.000�mg/m2/12�h i.v.(3�h), giorni�1-4; mitoxantrone 10�mg/m2 i.v. giorni�3-5; MTX 15�mg per via intratecale, giorno�1; metilprednisolone 40�mg per via intratecale, giorno�1 |
Studio ADE04 | | | |
Pretrattamento | DEX 10�mg/m2 per via orale, giorni�1-5; CP 200�mg/m2 i.v., giorni�3-5; MTX 15�mg per via intratecale, giorno�1 |
Induzione I | DEX 10�mg/m2 per via orale, giorni�1-5; VCR 2�mg i.v., giorni�6, 13, 20; daunorubicina 45�mg/m2 i.v., giorni�6-7, 13-14 |
Induzione II | CP 1�g/m2 i.v. (1�h), giorni�26, 46; Ara-C 75�mg/m2 i.v. (1�h), giorni�28-31, 35-38, 42-45; 6-MP 60�mg/m2 per via orale, giorni�26-46 |
Consolidamento | DEX 10�mg/m2 per via orale, giorni�1-5; vindesina 3�mg/m2 i.v., giorno�1; MTX 1,5�g/m2 i.v. (24�h), giorno�1; etoposide 250�mg/m2 i.v. (1�h) giorni�4-5; Ara-C 2x 2�g/m2 i.v. (3�h, q�12�h), giorno�5 |
Studio AJP01 | | | | |
Induzione | CP 1,2�g/m2 i.v. (3�h), giorno�1; daunorubicina 60�mg/m2 i.v. (1�h), giorni�1-3; vincristina 1,3�mg/m2 i.v., giorni�1, 8, 15, 21; prednisolone 60�mg/m2/die per via orale |
Consolidamento | Ciclo chemioterapico alternativo: chemioterapia con MTX ad alte dosi 1�g/m2 i.v. (24�h), giorno�1, e Ara-C 2�g/m2 i.v. (q�12�h), giorni�2-3, per 4�cicli |
Mantenimento | VCR 1,3�g/m2 i.v., giorno�1; prednisolone 60�mg/m2 per via orale, giorni�1-5 |
Studio AUS01 | | | |
Induzione-consolidamento | Schema posologico Hyper-CVAD: CP 300�mg/m2 i.v. (3�h, q�12�h), giorni�1-3; vincristina 2�mg i.v., giorni�4, 11; doxorubicina 50�mg/m2 i.v. (24�h), giorno�4; DEX 40�mg/die ai giorni�1-4 e 11-14, in alternanza con MTX 1�g/m2 i.v. (24�h), giorno�1, Ara-C 1�g/m2 i.v. (2�h, q�12�h), giorni�2-3 (per un totale di 8�cicli) |
Mantenimento | VCR 2�mg i.v. una volta al mese per 13�mesi; prednisolone 200�mg per via orale, 5�giorni al mese per 13�mesi |
Tutti i regimi di trattamento comprendono la somministrazione di steroidi per la profilassi del SNC. |
Ara-C: citarabina; CP: ciclofosfamide; DEX: desametasone; MTX: metotrexate; 6-MP: 6-mercaptopurina; VM26: teniposide; VCR: vincristina; IDA: idarubicina; i.v.: endovenoso |
LLA Ph+ recidivante/refrattaria: Quando imatinib è stato utilizzato come agente singolo in pazienti con LLA Ph+ recidivante/refrattaria si è osservata una percentuale di risposta ematologica del 30% (9% completa) ed una percentuale di risposta citogenetica maggiore del 23% in 53 pazienti, su 411 valutabili per la risposta. (Più precisamente, su 411 pazienti 353 sono stati trattati nell’ambito di un programma di accesso allargato che non prevedeva la raccolta di dati sulla risposta primaria). In tutta la popolazione di 411 pazienti con LLA Ph+ recidivante/refrattaria il tempo mediano alla progressione variava da 2,6 a 3,1 mesi e, nei 401 pazienti valutabili la sopravvivenza globale mediana variava da 4,9 a 9 mesi. I dati sono risultati simili quando sono stati rianalizzati per includere solo pazienti di età pari o superiore a 55 anni.
Studi clinici in MDS/MPD:
In questa indicazione l’esperienza con Glivec è molto limitata e si basa sulle percentuali di risposta ematologica e citogenetica. Non ci sono studi clinici controllati che dimostrano un beneficio clinico o un’aumentata sopravvivenza. E’ stato condotto uno studio clinico di fase II, in aperto, multicentrico (studio B2225) per valutare Glivec in diverse popolazioni di pazienti con patologie a rischio associate a proteine tirosin chinasi Abl, Kit o PDGFR. In questo studio sono stati inclusi 7 pazienti con MDS/MPD che erano stati trattati con Glivec 400 mg al giorno. Tre pazienti avevano presentato una risposta ematologica completa (CHR) ed un paziente aveva avuto una risposta ematologica parziale (PHR). Al tempo dell’analisi originale, tre dei quattro pazienti con riscontro del riarrangiamento del gene PDGFR avevano sviluppato una risposta ematologica (2 CHR e 1 PHR). L’età di questi pazienti era compresa tra 20 e 72 anni. Inoltre sono stati riportati in 13 pubblicazioni ulteriori 24 pazienti con MDS/MPD. 21 pazienti erano stati trattati con Glivec 400 mg al giorno, mentre gli altri 3 pazienti avevano ricevuto dosi inferiori. In undici pazienti era stato riscontrato il riarrangiamento del gene PDGFR, 9 di questi avevano raggiunto una CHR ed 1 una PHR. L’età di questi pazienti era compresa tra 2 a 79 anni. In una recente pubblicazione, informazioni aggiornate su 6 di questi 11 pazienti avevano rivelato che tutti i pazienti erano rimasti in remissione citogenetica (intervallo 32‑38 mesi). La stessa pubblicazione ha riportato i dati di follow-up a lungo termine di 12 pazienti (di cui 5 pazienti dello studio B2225) affetti da MDS/MPD con riarrangiamenti del gene PDGFR. Questi pazienti avevano ricevuto Glivec per una mediana di 47 mesi (intervallo 24 giorni – 60 mesi). In 6 di questi pazienti il follow-up supera ora 4 anni. Undici pazienti avevano raggiunto rapidamente la CHR, dieci avevano avuto una completa risoluzione delle anomalie citogenetiche ed una diminuzione o scomparsa dei trascritti di fusione misurati mediante RT-PCR. Le risposte ematologiche e citogenetiche sono state mantenute rispettivamente per una mediana di 49 mesi (intervallo 19‑60) e di 47 mesi (intervallo 16‑59). La sopravvivenza globale è 65 mesi dalla diagnosi (intervallo 25‑234). La somministrazione di Glivec a pazienti senza traslocazione genetica non porta generalmente ad un miglioramento.
Studi clinici nelle HES/LEC:
E’ stato condotto uno studio clinico di fase II, in aperto, multicentrico (studio B2225) per valutare Glivec in diverse popolazioni di pazienti affetti da patologie gravi associate alle proteine tirosin chinasi Abl, Kit o PDGFR. In questo studio, 14 pazienti con HES/LEC sono stati trattati con dosi giornaliere di Glivec da 100 mg a 1.000 mg. Ulteriori 162 pazienti con HES/LEC, riportati in 35 casi clinici e serie di casi pubblicati avevano ricevuto Glivec alle dosi giornaliere da 75 mg a 800 mg. Sono state valutate anomalie citogenetiche in 117 pazienti della popolazione totale di 176 pazienti. In 61 di questi 117 pazienti è stata identificata la chinasi di fusione FIP1L1-PDGFRα. In altri 3 lavori pubblicati, ulteriori quattro pazienti con HES sono risultati positivi per la chinasi di fusione FIP1L1-PDGFRα. Tutti i 65 pazienti, positivi per la chinasi di fusione FIP1L1-PDGFRα, avevano raggiunto una CHR mantenuta per mesi (intervallo da 1+ a 44+ mesi troncati al momento del report). Come riportato in una recente pubblicazione, 21 di questi 65 pazienti avevano anche raggiunto una remissione molecolare completa con un follow-up mediano di 28 mesi (intervallo 13‑67 mesi). L’età di questi pazienti variava da 25 a 72 anni. Inoltre, sono stati riportati dagli sperimentatori casi clinici di miglioramento della sintomatologia e di altre anomalie funzionali d’organo. Sono stati riportati miglioramenti a livello cardiaco, del sistema nervoso, del tessuto cutaneo/sottocutaneo, del tratto respiratorio/toracico/mediastinico, dell’apparato muscolo-scheletrico/tessuto connettivo/vascolare e gastrointestinale.
Studi clinici nei GIST:
E’ stato condotto uno studio internazionale, randomizzato, non controllato, di fase II, in aperto, in pazienti con tumori stromali del tratto gastro-intestinale (GIST) maligni non operabili o metastatici. In questo studio sono stati arruolati e randomizzati 147 pazienti che hanno ricevuto, per via orale, 400 mg o 600 mg una volta al giorno fino a 36 mesi. Questi pazienti avevano età compresa tra 18 e 83 anni ed avevano una diagnosi patologica dei GIST maligni non operabili e/o metastatici positivi per kit. Sono stati periodicamente condotti test immunoistochimici con anticorpo Kit (A-4502, antisiero di coniglio policlonato, 1:100; DAKO Corporation, Carpinteria, CA) in accordo all’analisi con il metodo del complesso avidina-biotina-perossidasi dopo recupero dell’antigene.
L’evidenzia primaria di efficacia era basata su valori di risposta obiettiva. Era necessario che i tumori fossero misurabili almeno in un punto della malattia, e la caratterizzazione della risposta era basata sui criteri del Southwestern Oncology Group (SWOG). I risultati sono riportati in Tabella 6.
Tabella 6 Migliore risposta al tumore nello studio STIB2222 (GIST)
Migliore risposta | Tutte le dosi (n=147) 400�mg (n=73) 600�mg (n=74) n (%) |
Risposta completa | 1 (0,7) |
Risposta parziale | 98 (66,7) |
Malattia stabile | 23 (15,6) |
Progressione di malattia | 18 (12,2) |
Non valutabile | 5 (3,4) |
Sconosciuta | 2 (1,4) |
Non vi erano differenze nella percentuale di risposta tra i due gruppi di trattamento. Un numero significativo di pazienti che ha avuto una stabilizzazione della malattia al momento dell’analisi ad interim ha raggiunto una risposta parziale con un trattamento più lungo (follow-up mediano di 31 mesi). Il tempo mediano alla risposta è stato di 13 settimane (95% C.I. 12–23). Il tempo mediano al fallimento del trattamento nei pazienti responsivi è stato di 122 settimane (95% C.I 106–147) mentre nella totalità della popolazione coinvolta nello studio è stato di 84 settimane (95% C.I 71–109). La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta. Per la sopravvivenza la stima Kaplan-Meir dopo 36 mesi di follow-up è 68%.
Nei due studi clinici (studio B2222 e lo studio intergruppo S0033) la dose giornaliera di Glivec è stata aumentata fino a 800 mg nei pazienti in progressione alle dosi giornaliere più basse di 400 mg o 600 mg. La dose giornaliera è stata aumentata a 800 mg in un totale di 103 pazienti; 6 pazienti hanno raggiunto una risposta parziale e 21 una stabilizzazione della malattia dopo l’aumento della dose per un beneficio clinico globale del 26%. Dai dati di sicurezza disponibili, il profilo di sicurezza di Glivec non sembra essere influenzato dall’aumento della dose giornaliera a 800 mg nei pazienti in progressione alle dosi giornaliere più basse di 400 mg o 600 mg.
Studi clinici nel DFSP:
E’ stato condotto uno studio clinico di fase II, in aperto, multicentrico (studio B2225) che includeva 12 pazienti con DFSP trattati con Glivec 800 mg al giorno. L’età dei pazienti con DFSP variava da 23 a 75 anni; il DFSP era metastatico, con recidive locali dopo resezione chirurgica iniziale e considerato non ulteriormente resecabile al momento dell’entrata nello studio. L’evidenza primaria di efficacia era basata sulle percentuali di risposte obiettive. Su 12 pazienti arruolati, 9 avevano avuto una risposta, uno dei quali completa e 8 parziale. Tre dei pazienti con risposta parziale erano stati resi successivamente liberi da malattia mediante chirurgia. La durata mediana della terapia nello studio B2225 è stata 6,2 mesi, con una durata massima di 24,3 mesi. Ulteriori 6 pazienti con DFSP trattati con Glivec sono stati riportati in 5 casi clinici pubblicati, la loro età era compresa tra 18 mesi e 49 anni. I pazienti adulti descritti nella letteratura pubblicata erano stati trattati con Glivec 400 mg (4 casi) o con 800 mg al giorno (1 caso). Il paziente pediatrico aveva ricevuto 400 mg/m² /die, successivamente aumentato a 520 mg/m² /die. 5 pazienti hanno avuto una risposta, 3 dei quali completa e 2 parziale. La durata mediana della terapia nella letteratura pubblicata variava da 4 settimane a più di 20 mesi. In quasi tutti i pazienti che rispondevano al trattamento con Glivec era presente la traslocazione t(17:22)[(q22:q13)] o il suo prodotto genico.
Links sponsorizzati
Farmacocinetica di Glivec:
La farmacocinetica di Glivec è stata valutata in un intervallo di dosaggio da 25 a 1.000 mg. I profili farmacocinetici plasmatici sono stati analizzati il giorno 1 e il giorno 7 o il giorno 28, entro i quali le concentrazioni plasmatiche avevano raggiunto lo steady state.
Assorbimento:
La biodisponibilità media assoluta per la formulazione in capsule è del 98%. Vi è un’elevata variabilità tra i pazienti nei livelli plasmatici di AUC di imatinib dopo una dose orale. Se somministrato con un pasto ad elevato contenuto di grassi, il tasso dell’assorbimento di imatinib era ridotto in modo minimo (riduzione del 11% di Cmax e prolungamento di tmax di 1,5 h), con una lieve diminuzione dell’AUC (7,4%) in rapporto alle condizioni di digiuno. Non è stato studiato l’effetto di un precedente intervento chirurgico sull’assorbimento del farmaco.
Distribuzione:
Alle concentrazioni clinicamente rilevanti di imatinib, il legame alle proteine plasmatiche, sulla base degli esperimenti in vitro, era approssimativamente del 95%, principalmente all’albumina e alle glicoproteine alfa-acide, con un minimo legame alle lipoproteine.
Metabolismo:
Il principale metabolita circolante nell’uomo è il derivato N-demetilato della piperazina che mostra in vitro un’attività simile alla molecola da cui deriva. E’ emerso che l’AUC plasmatica di questo metabolita è soltanto il 16% dell’AUC di imatinib. Il legame con le proteine plasmatiche del metabolita N-demetilato è simile a quello del composto originale.
Imatinib e il metabolita N-demetilato erano insieme responsabili circa del 65% della radioattività in circolo (AUC(0-48h)). Il resto della radioattività in circolo era da ricondurre ad un numero di metaboliti minori.
I risultati in vitro mostravano che il CYP3A4 era il maggiore enzima umano P450 che catalizza la biotrasformazione di imatinib. Di tutto un gruppo di potenziali comedicazioni (paracetamolo, aciclovir, allopurinolo, amfotericina, citarabina, eritromicina, fluconazolo, idrossiurea, norfloxacina, penicillina V), solamente eritromicina (IC50 50 mcM) e fluconazolo (IC50 118 mcM) hanno mostrato un’inibizione del metabolismo di imatinib che poteva essere clinicamente rilevante.
Imatinib in vitro si è rivelato un inibitore competitivo dei substrati marcati per il CYP2C9, il CYP2D6 ed il CYP3A4/5. I valori Ki nei microsomi epatici umani erano rispettivamente 27, 7,5 e 7,9 mcmol/l. Le concentrazioni plasmatiche massime di imatinib nei pazienti sono di 2–4 mcmol/l, ed è dunque possibile un’inibizione metabolica mediata dal CYP2D6 e/o dal CYP3A4/5 dei farmaci somministrati in associazione. Imatinib non interferiva nella biotrasformazione del 5-fluorouracile ma inibiva il metabolismo del paclitaxel, come conseguenza dell’inibizione competitiva del CYP2C8 (Ki = 34,7 mcM). Questo valore Ki è ben più elevato dei livelli plasmatici di imatinib attesi nei pazienti e non ci si attende quindi alcuna interazione con la somministrazione in associazione di 5-fluorouracile o del paclitaxel e di imatinib.
Eliminazione:
In base al recupero del/dei composto/i dopo una dose orale di imatinib marcata con 14C, approssimativamente l’81% della dose era recuperata entro 7 giorni nelle feci (68% della dose) e nelle urine (13% della dose). Il 25% della dose era costituito da imatinib invariato (5% urina, 20% feci), il resto era rappresentato da metaboliti.
Farmacocinetica plasmatica:
A seguito di somministrazione orale in volontari sani, il t½ era approssimativamente di 18 ore, suggerendo che la dose giornaliera unica è appropriata. L’aumento dell’AUC medio in seguito all’aumento della dose era lineare e proporzionale alla dose nel range di 25–1.000 mg di imatinib dopo la somministrazione orale. La cinetica dell’imatinib non ha subito variazioni in caso di dosaggio ripetuto e l’accumulo è stato di 1,5–2,5 volte quello che si verifica allo steady-state dopo una dose unica giornaliera.
Farmacocinetica nei pazienti con GIST:
Nei pazienti con GIST l’esposizione allo steady-state era 1,5 volte superiore rispetto a quella osservata per i pazienti con LMC con lo stesso dosaggio (400 mg al giorno). Sulla base delle analisi preliminari della farmacocinetica di popolazione nei pazienti con GIST, erano tre le variabili (albumina, WBC e bilirubina) che hanno mostrato di possedere una correlazione statisticamente significativa con la farmacocinetica di imatinib. Una diminuzione dei valori di albumina ha causato una riduzione della clearance (CL/f); e maggiori livelli di WBC hanno portato ad una riduzione della CL/f. Tuttavia, queste correlazioni non sono sufficientemente marcate da giustificare un adattamento della dose. In questa popolazione di pazienti, la presenza di metastasi epatiche potrebbe potenzialmente portare ad un’insufficienza epatica e ad un ridotto metabolismo.
Farmacocinetica di popolazione:
Dall’analisi della farmacocinetica di popolazione nei pazienti con LMC è emerso un limitato effetto dell’età sul volume di distribuzione (aumento del 12% in pazienti di età >65 anni). Questa variazione non è ritenuta clinicamente significativa. L’effetto del peso corporeo sulla clearance dell’imatinib è tale che, per un paziente di 50 kg di peso, la clearance media prevista è 8,5 l/h, mentre per un paziente di 100 kg di peso, la clearance aumenterà fino a 11,8 l/h. Queste variazioni non sono considerate sufficienti per permettere un aggiustamento della dose in base ai chilogrammi di peso corporeo. Il sesso non ha alcun effetto sulla cinetica dell’imatinib.
Farmacocinetica nei bambini:
Come nei pazienti adulti, imatinib è stato rapidamente assorbito in pazienti pediatrici dopo somministrazione orale in studi sia di fase I che di fase II. Somministrando a bambini dosi di 260 e di 340 mg/ m² /die si è raggiunta una esposizione simile a quella ottenuta negli adulti trattati rispettivamente con dosi di 400 mg e di 600 mg. Il confronto di AUC(0-24) sui livelli del giorno 8 e del giorno 1 alla dose di 340 mg/m² /die ha evidenziato un accumulo del farmaco di 1,7 volte rispetto a quello che si verifica dopo somministrazione ripetuta della dose unica giornaliera.
Compromissione della funzione degli organi:
Imatinib e i suoi metaboliti non sono escreti in misura significativa attraverso i reni. I pazienti con compromissione della funzionalità renale lieve e moderata sembrano avere una maggiore esposizione plasmatica rispetto a quella osservata in pazienti con funzionalità renale normale. L’aumento è da 1,5 a 2 volte circa, corrispondente ad un innalzamento di 1,5 volte della AGP plasmatica, a cui imatinib si lega fortemente. La clearance di imatinib come farmaco libero è probabilmente simile tra i pazienti con funzionalità renale compromessa e normale poichè l’escrezione renale rappresenta solo una via di eliminazione minore di imatinib (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Anche se i risultati delle analisi farmacocinetiche hanno mostrato che c’è una considerevole variazione inter-soggetti, l’esposizione media a imatinib non aumentava in pazienti con diversi gradi di disfunzione epatica rispetto ai pazienti con funzione epatica normale (vedere paragrafi 4.2, 4.4 e 4.8).
Il profilo preclinico di sicurezza di imatinib è stato valutato nei topi, nei cani, nelle scimmie e nei conigli.
Gli studi sulla tossicità con dosi multiple hanno rivelato variazioni ematologiche da lievi a moderate nei topi, nei cani e nelle scimmie, accompagnate da variazioni a livello del midollo osseo nei topi e nei cani.
Il fegato era un organo bersaglio nei topi e nei cani. In entrambe le specie sono stati osservati aumenti da lievi a moderati nei livelli delle transaminasi e leggere diminuzioni nei livelli di colesterolo, dei trigliceridi, delle proteine totali e dell’albumina. Non è stata rilevata alcuna variazione epatica istopatologica nei topi. È stato osservato un grave livello di tossicità epatica nei cani sottoposti a terapia per 2 settimane, con elevati valori degli enzimi epatici, necrosi epatocellulare, necrosi ed iperplasia dei dotti biliari.
Sono stati riscontrati fenomeni di tossicità renale nelle scimmie sottoposte a terapia per 2 settimane, con mineralizzazione focale e dilatazione dei tubuli renali e nefropatia tubolare. In numerosi di questi animali è stato osservato un aumento dei livelli di azoto dell’urea ematica (BUN) e della creatinina. Nei topi è stata riscontrata un’iperplasia dell’epitelio di transizione nella papilla renale e nella vescica urinaria a dosaggi ≥6 mg/kg in uno studio di 13 settimane, senza riportare alcun cambiamento nei parametri del siero e dell’urina. Con il trattamento cronico di imatinib, si è osservato un aumento del tasso d’infezioni opportunistiche.
In uno studio di 39 settimane condotto sulle scimmie, non è stato stabilito alcun NOAEL (livello senza osservazione di effetto avverso) alla dose minima di 15 mg/kg, che corrisponde approssimativamente ad un terzo della dose umana massima di 800 mg. calcolata in base alla superficie corporea. La terapia condotta su questi animali ha comportato un peggioramento delle infezioni malariche normalmente soppresse.
Imatinib non è stato considerato genotossico quando testato con un’analisi delle cellule batteriche in vitro (test di Ames), con un’analisi delle cellule di mammiferi in vitro (linfoma del topo) e con un test del micronucleo del topo in vivo. Si sono ottenuti effetti genotossici positivi per imatinib in un’analisi delle cellule di mammifero in vitro (ovaia di criceto cinese) per la clastogenicità (aberrazione cromosomica) in presenza di attivazione metabolica. Due composti intermedi del processo di preparazione, che sono presenti anche nel prodotto finale, si sono dimostrati positivi alla mutagenesi nel test di Ames ed uno di questi è risultato inoltre positivo all’analisi del linfoma di topo.
In uno studio sulla fertilità condotto su topi maschi, con dosi corrispondenti approssimativamente alla dose clinica massima giornaliera di 800 mg, determinata in base alla superficie corporea, somministrate per 70 giorni prima dell’accoppiamento, il peso dei testicoli, quello dell’epididimo e la percentuale di sperma mobile sono scesi a 60 mg/kg. Tale fenomeno non è stato rilevato a dosaggi ≤20 mg/kg. Una riduzione da lieve a moderata della spermatogenesi è stata inoltre osservata nel cane con somministrazione orale di dosi ≥30 mg/kg. Quando è stato somministrato il dosaggio a topi femmina per 14 giorni, prima dell’accoppiamento e fino al sesto giorno di gestazione, non si è manifestato alcun effetto sull’accoppiamento o sul numero delle gravidanze. Con dosi di 60 mg/kg, i topi femmina hanno presentato una perdita del feto successiva all’impianto significativa ed un minor numero di feti vivi. Questo non è stato riscontrato a dosaggi ≤20 mg/kg.
In uno studio di interferenza sullo sviluppo pre e postnatale condotto nel ratto, con somministrazione orale, è stata osservata una perdita vaginale di colore rosso nel gruppo trattato con 45 mg/kg/die, al giorno 14 o al giorno 15 della gestazione. Alla stessa dose, aumentava il numero dei feti nati morti e dei soggetti che morivano tra i giorni 0 e 4 dopo il parto. Allo stesso livello di dose, nella prole F1 diminuiva il peso medio corporeo dalla nascita fino al sacrificio terminale e si riduceva di poco il numero dei soggetti che raggiungevano i criteri di separazione del prepuzio. La fertilità della generazione F1 non veniva influenzata mentre è stato notato alla dose di 45 mg/kg/die un aumento del numero dei riassorbimenti e una diminuzione del numero dei feti vitali. Sia per le madri che per la generazione F1, il livello senza osservazione di effetto (NOEL) era 15 mg/kg/die (un quarto della dose massima di 800 mg somministrata all’uomo).
Imatinib si è rivelato teratogenico nei topi quando somministrato durante l’organogenesi a dosaggi ≥100 mg/kg, che equivalgono approssimativamente alla dose clinica massima di 800 mg/die, determinata in relazione alla superficie corporea. Gli effetti teratogenici includevano exencefalia o encefalocele, assenza/riduzione delle ossa frontali ed assenza delle ossa parietali. Tali effetti non sono stati osservati a dosaggi ≤30 mg/kg.
Uno studio di carcinogenesi della durata di 2 anni in ratti trattati con dosi di 15, 30 e 60 mg/kg/die di imatinib ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa della longevità dei maschi trattati alla dose di 60 mg/kg/die e delle femmine trattate a dosi ≥30 mg/kg/die. L’esame istopatologico dei cadaveri ha rivelato come cause principali di morte o come motivo del sacrificio la cardiomiopatia (entrambi i sessi), la nefropatia cronica progressiva (femmine) ed il papilloma della ghiandola prepuziale. Gli organi bersaglio per cambiamenti neoplastici sono stati i reni, la vescica urinaria, l’uretra, la ghiandola prepuziale e clitoridea, l’intestino tenue, le ghiandole paratiroidee, le ghiandole surrenali e la parte non ghiandolare dello stomaco.
Papillomi/carcinomi delle ghiandole prepuziali e clitoridee sono stati osservati a dosi da 30 mg/kg/die in avanti che rappresentano 0,5 o 0,3 volte circa l’esposizione giornaliera nell’uomo rispettivamente a 400 mg/die o a 800 mg/die (sulla base dell’AUC), e 0,4 volte l’esposizione giornaliera nei bambini a 340 mg/m² /die (sulla base dell’AUC). Il livello senza osservazione di effetto (NOEL) è stato di 15 mg/kg/die. L’adenoma/carcinoma renale, il papilloma della vescica urinaria e dell’uretra, gli adenocarcinomi dell’intestino tenue, gli adenomi delle ghiandole parotidee, i tumori benigni e maligni della porzione midollare delle ghiandole surrenali ed i papillomi/carcinomi della parte non ghiandolare dello stomaco sono stati osservati a 60 mg/kg/die che rappresenta 1,7 o 1 volta circa l’esposizione giornaliera nell’uomo rispettivamente a 400 mg/die o a 800 mg/die (sulla base dell’AUC), e 1,2 volte l’esposizione giornaliera nei bambini a 340 mg/m² /die (sulla base dell’AUC). Il livello senza osservazione di effetto (NOEL) è stato di 30 mg/kg/die.
Per l’uomo il meccanismo e la rilevanza di questi risultati emersi nello studio di carcinogenesi condotto nel ratto non sono ancora chiariti.
Lesioni non neoplastiche non identificate nei precedenti studi preclinici sono state a carico del sistema cardiovascolare, del pancreas, degli organi endocrini e dei denti. I cambiamenti più importanti hanno compreso l’ipertrofia e la dilatazione cardiaca che hanno portano a segni di insufficienza cardiaca in alcuni animali.
Contenuto della capsula:
cellulosa microcristallina;
crospovidone;
magnesio stearato;
silice colloidale, anidra;
Involucro della capsula:
gelatina;
ferro ossido rosso (E172);
ferro ossido giallo (E172);
titanio diossido (E171).
Inchiostro di stampa:
ferro ossido rosso (E172);
gommalacca;
lecitina di soia.
Non pertinente.
2 anni.
Non conservare a temperatura superiore ai 30°C.
Conservare nella confezione originale per tenerlo al riparo dall’umidità.
Blister in PVC /alluminio
Confezioni da 24, 48, 96, 120 e 180 capsule.
Nessuna istruzione particolare.
Novartis Europharm Limited
Wimblehurst Road
Horsham
West Sussex, RH12 5AB
REGNO UNITO
24 capsule rigide da 100 mg EU/1/01/198/002 - Numero di identificazione nazionale: 035372022/E
48 capsule rigide da 100 mg EU/1/01/198/003 - Numero di identificazione nazionale: 035372034/E
96 capsule rigide da 100 mg EU/1/01/198/004 - Numero di identificazione nazionale: 035372046/E
120 capsule rigide da 100 mg EU/1/01/198/005 - Numero di identificazione nazionale: 035372059/E
180 capsule rigide da 100 mg EU/1/01/198/006 - Numero di identificazione nazionale: 035372061/E
Data della prima autorizzazione: 07.11.2001
Data del primo rinnovo: 07.11.2006
Conforme alla decisione EMEA 20/11/2007