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Irbesartan Teva 300 mg compresse rivestite con film
Ogni compressa rivestita con film contiene 300 mg di irbesartan.
Per l'elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Compressa rivestita con film.
Compressa rivestita con film, a forma di capsula, di colore da bianco a
quasi bianco. Su un lato della compressa è inciso il numero"93".
Sull'altro lato della compressa è inciso il numero "7466".
Trattamento dell'ipertensione essenziale.
Trattamento della malattia renale nei pazienti ipertesi con diabete
mellito di tipo 2 come parte di un trattamento farmacologico
antipertensivo (vedere paragrafo 5.1).
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La usuale dose iniziale e di mantenimento raccomandata è di 150 mg in
singola somministrazione giornaliera, indipendentemente dalla
contemporanea assunzione di cibo. L'irbesartan alla dose di 150 mg una
volta al giorno generalmente fornisce un migliore controllo della
pressione arteriosa nell'arco delle 24 ore rispetto a 75 mg. Tuttavia
l'inizio della terapia con 75 mg deve essere preso in considerazione,
particolarmente in pazienti emodializzati e nei pazienti anziani di età
superiore ai 75 anni.
In pazienti non adeguatamente controllati con 150 mg una volta al
giorno, il dosaggio di irbesartan può essere aumentato a 300 mg, oppure
possono essere co-somministrati altri agenti antipertensivi. In
particolare l'aggiunta di un diuretico come l'idroclorotiazide ha
mostrato un effetto additivo con l'irbesartan (vedere paragrafo 4.5).
Nei pazienti ipertesi con diabete di tipo 2, la terapia deve essere iniziata
con 150 mg di irbesartan una volta al giorno e incrementata fino a 300 mg una
volta al giorno come dose di mantenimento consigliata per il trattamento della
malattia renale. La dimostrazione del beneficio sul rene dell'irbesartan nei
pazienti ipertesi con diabete di tipo 2 si basa su studi nei quali l'irbesartan
è stato impiegato in aggiunta ad altri medicinali antipertensivi, al bisogno,
per raggiungere la pressione arteriosa desiderata (vedere paragrafo 5.1).
Insufficienza renale: nei soggetti con ridotta funzionalità renale non si rende
necessaria alcuna variazione del dosaggio. Una dose iniziale più bassa (75 mg)
deve essere presa in considerazione nei pazienti SPosti ad emodialisi
(vedere paragrafo 4.4).
Insufficienza epatica: nei soggetti con lieve o moderata insufficienza epatica
non si rende necessaria alcuna variazione del dosaggio. Non ci sono dati clinici
relativi a pazienti con insufficienza epatica grave.
Pazienti anziani: sebbene negli anziani di età superiore ai 75 anni debba essere
presa in considerazione la possibilità di iniziare la terapia con 75 mg,
generalmente non è necessario l'aggiustamento della dose.
Pazienti pediatrici: irbesartan non è raccomandato nei bambini e negli
adolescenti a causa della insufficienza di dati sulla sicurezza e sull'efficacia
(vedere paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2).
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli
eccipienti (vedere paragrafo 6.1).
Secondo e terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4 e 4.6).
Riduzione della volemia: nei pazienti volume e/o sodio-depleti a causa di
intenso trattamento diuretico, dieta iposodica, diarrea o vomito, si possono
verificare episodi di ipotensione sintomatica, soprattutto dopo la
somministrazione della prima dose. In tali casi la condizione di base deve
essere corretta prima dell'inizio della terapia con irbesartan.
Ipertensione nefrovascolare: esiste un incremento del rischio di ipotensione
grave e insufficienza renale in paziente portatori di stenosi bilaterale
dell'arteria renale, o stenosi dell'arteria renale con unico rene funzionante,
trattati con medicinali che agiscono a livello del sistema
renina-angiotensina-aldosterone. Sebbene ciò non sia documentato nella terapia
con irbesartan, un effetto simile deve essere previsto anche con gli
antagonisti del recettore per l'angiotensina-II.
Insufficienza renale e trapianto renale: quando l'irbesartan viene usato in
pazienti con insufficienza renale è raccomandato un controllo periodico dei
livelli sierici del potassio e della creatinina. Non ci sono dati clinici
relativi alla somministrazione di irbesartan a pazienti con trapianto renale
recente.
Pazienti ipertesi con diabete di tipo 2 e malattia renale: in un'analisi
effettuata nello studio con pazienti con malattia renale avanzata, gli effetti
dell'irbesartan sugli eventi renali e cardiovascolari non sono stati uniformi
in tutti i sottogruppi. In particolare, essi sono risultati meno favorevoli
nelle donne e nei soggetti non di razza bianca (vedere paragrafo 5.1).
Iperkaliemia: come con altri medicinali che interferiscono con il sistema
renina-angiotensina-aldosterone, durante il trattamento con irbesartan si può
manifestare iperkaliemia, specialmente in presenza di insufficienza renale,
proteinuria franca a causa della malattia renale diabetica e/o insufficienza
cardiaca. Si raccomanda, nei pazienti a rischio, un attento monitoraggio del
potassio sierico (vedere paragrafo 4.5).
Litio: la combinazione di litio e irbesartan non è raccomandata (vedere
paragrafo 4.5).
Stenosi della valvola aortica e mitralica, cardiomiopatia ipertrofica
ostruttiva: come per altri vasodilatatori è richiesta una particolare cautela
nei pazienti affetti da stenosi aortica o mitralica, o cardiomiopatia
ipertrofica ostruttiva.
Aldosteronismo primario: i pazienti con aldosteronismo primario in genere non
rispondono a medicinali antipertensivi che agiscono attraverso l'inibizione
del sistema renina-angiotensina. Quindi, l'uso di irbesartan non è
raccomandato.
Generali: in pazienti in cui il tono vasale e la funzionalità renale dipendono
prevalentemente dall'attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ad
es. pazienti con insufficienza cardiaca congestizia grave o con patologia
renale di base, inclusa la stenosi dell'arteria renale), il trattamento con
inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina o antagonisti dei
recettori dell'angiotensina-II, che interessano tale sistema, è stato
associato alla comparsa di ipotensione acuta, azotemia, oliguria o raramente
insufficienza renale acuta. Come per qualsiasi antipertensivo, un eccessivo
calo della pressione arteriosa in pazienti con cardiopatia ischemica o
malattia cardiovascolare ischemica, può determinare infarto del miocardio o
ictus. Come osservato per gli inibitori dell'enzima di conversione
dell'angiotensina, l'irbesartan e gli altri antagonisti dell'angiotensina sono
apparentemente meno efficaci nel diminuire la pressione arteriosa nei pazienti
neri rispetto a quelli non neri, probabilmente a causa di una più alta
prevalenza di condizioni a bassa renina nella popolazione ipertesa di razza
nera (vedere paragrafo 5.1).
Gravidanza: la terapia con antagonisti del recettore dell'angiotensina II
(AIIRA) non deve essere iniziata durante la gravidanza. Per le pazienti che
stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere ad un trattamento
antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l'uso in
gravidanza a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della
terapia con un AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il
trattamento con AIIRA deve essere interrotto immediatamente e, se appropriato,
deve essere iniziata una terapia alternativa (vedere paragrafi 4.3 e 4.6).
Pazienti pediatrici: irbesartan è stato studiato nella popolazione pediatrica
tra i 6 ed i 16 anni di età ma i dati attuali, in attesa che se ne rendano
disponibili di nuovi, non sono sufficienti a sostenere una sua estensione di
utilizzo anche nei bambini (vedere paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2).
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Diuretici ed altri agenti antipertensivi:
altri agenti antipertensivi possono aumentare gli effetti ipotensivi
dell'irbesartan; comunque l'irbesartan è stato somministrato senza problemi in
combinazione con altri medicinali antipertensivi, come beta-bloccanti,
calcio-antagonisti ad azione prolungata e diuretici tiazidici. Precedenti
trattamenti con alte dosi di diuretici possono comportare una condizione di
ipovolemia e rischio di ipotensione all'inizio della terapia con irbesartan
(vedere paragrafo 4.4).
Integratori di potassio e diuretici risparmiatori di potassio:
in base all'esperienza sull'uso di altri medicinali attivi sul sistema
renina-angiotensina, l'uso contemporaneo di diuretici risparmiatori di potassio,
integratori di potassio, sostituti del sale da cucina contenenti potassio o
altri medicinali che possano aumentare la potassiemia (ad es. eparina) può
condurre ad un incremento dei livelli sierici di potassio e, perciò, non è
raccomandato (vedere paragrafo 4.4).
Litio:
sono stati riscontrati aumenti reversibili delle concentrazioni sieriche di
litio e tossicità durante la somministrazione concomitante di litio e inibitori
dell'enzima di conversione dell'angiotensina. Effetti simili sono stati finora
documentati molto raramente con irbesartan. Perciò questa combinazione non è
raccomandata (vedere paragrafo 4.4). In caso di reale necessità della
combinazione, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli sierici di
litio.
Medicinali antinfiammatori non-steroidei:
quando gli antagonisti dell'angiotensina II sono somministrati
contemporaneamente a medicinali antinfiammatori non steroidei (cioè inibitori
selettivi COX-2, acido acetilsalicilico (> 3 g/die) e medicinali antinfiammatori
non steroidei non selettivi), si può verificare attenuazione dell'effetto
antipertensivo. Come con gli ACE-Inibitori, l'uso simultaneo di antagonisti
dell'angiotensina II e di medicinali antinfiammatori non steroidei può portare
ad un maggiore rischio di peggioramento della funzione renale, inclusa possibile
insufficienza renale acuta, e ad un aumento del potassio sierico particolarmente
in pazienti con preesistente scarsa funzione renale. La combinazione deve essere
somministrata con cautela, specialmente negli anziani. I pazienti devono essere
adeguatamente idratati e dopo l'inizio della terapia combinata si deve
considerare il monitoraggio della funzione renale, da effettuare periodicamente
in seguito.
Ulteriori informazioni sulle interazioni di irbesartan:
negli studi clinici, la farmacocinetica dell'irbesartan non è stata influenzata
dall'idroclorotiazide. Irbesartan è principalmente metabolizzato da CYP2C9 e per
una quota minore attraverso la glucuronizzazione. Non sono state osservate
interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche significative in seguito a
somministrazioni concomitanti di irbesartan con warfarin, un medicinale
metabolizzato dal CYP2C9. Gli effetti degli induttori CYP2C9, come la
rifampicina, sulla farmacocinetica di irbesartan non sono stati valutati. La
farmacocinetica della digossina non è stata alterata dalla somministrazione
concomitante di irbesartan.
Gravidanza:
L' uso degli antagonisti del recettore dell'angiotensina II (AIIRA), non è
raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4).
L' uso degli AIIRA è controindicato durante il secondo ed il terzo trimestre
di gravidanza (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
L'evidenza epidemiologica sul rischio di teratogenicità a seguito
dell'esposizione ad ACE inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non
ha dato risultati conclusivi; tuttavia non può essere escluso un lieve aumento
del rischio. Sebbene non siano disponibili dati epidemiologici controllati sul
rischio con antagonisti del recettore dell'angiotensina II (AIIRA), un simile
rischio può esistere anche per questa classe di medicinali. Per le pazienti
che stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere ad un trattamento
antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l' uso in
gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della
terapia con un AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il
trattamento con AIIRA deve essere immediatamente interrotto e, se appropriato,
si deve essere iniziare una terapia alternativa.
E' noto che nella donna l'esposizione ad AIIRA durante il secondo ed il terzo
trimestre induce tossicità fetale (ridotta funzionalità renale,
oligoidramnios, ritardo nell'ossificazione del cranio) e tossicità neonatale
(insufficienza renale, ipotensione, iperkaliemia). (Vedere anche paragrafo
5.3).
Se dovesse verificarsi un'esposizione ad un AIIRA dal secondo trimestre di
gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzionalità renale e
del cranio.
I neonati le cui madri abbiano assunto AIIRA devono essere attentamente
seguiti per quanto riguarda l'ipotensione (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
Allattamento:
Poiché non sono disponibili dati riguardanti l'uso dell'irbesartan durante
l'allattamento, l'irbesartan non è raccomandato e sono da preferire trattamenti
alternativi con comprovato profilo di sicurezza per l'uso durante
l'allattamento, specialmente in caso di allattamento di neonati e prematuri.
Non sono stati effettuati studi sugli effetti di irbesartan sulla capacità di
guidare e sull'uso di macchinari. In base alle sue proprietà farmacodinamiche è
improbabile che irbesartan influenzi tali capacità. In caso di guida di veicoli
o uso di macchinari, è da tener presente che, durante il trattamento, possono
verificarsi capogiro o stanchezza.
Negli studi clinici controllati con placebo su pazienti ipertesi,
l'incidenza totale degli eventi avversi nei soggetti trattati con irbesartan
(56,2 %) è stata sovrapponibile a quella rilevata nei soggetti trattati con il
placebo (56,5 %). Le interruzioni della terapia dovute ad effetti indesiderati
clinici o di laboratorio sono state meno frequenti per i pazienti trattati con
irbesartan (3,3 %) che per quelli trattati con placebo (4,5 %). L'incidenza
degli eventi avversi non era correlata alla dose (nel range posologico
raccomandato), sesso, età, razza o durata del trattamento.
Nei pazienti diabetici ipertesi con microalbuminuria e funzione renale
normale, capogiro e ipotensione ortostatici sono stati riportati nello 0,5 %
(cioè non comune) dei pazienti stessi, maggiormente per il placebo.
Di seguito sono riportate le reazioni avverse al farmaco riportate negli
studi clinici controllati verso placebo nei quali 1.965 pazienti ipertesi hanno
ricevuto irbesartan. Le voci contrassegnate con un asterisco (*) si riferiscono
alle reazioni avverse che sono state ulteriormente riportate in > 2 % dei
pazienti diabetici ipertesi con insufficienza renale cronica e proteinuria
franca e di più per il placebo.
La frequenza delle reazioni avverse sottoriportate si definisce in base alla
seguente convenzione: molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non
comune (≥ 1/1.000, < 1/100); rara (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto rara (<
1/10.000). All'interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati
sono riportati in ordine decrescente di gravità.
Esami diagnostici:
Molto comune: L'iperkaliemia* si è verificata più spesso nei pazienti diabetici
trattati con irbesartan rispetto a quelli trattati con placebo. Nei pazienti
diabetici ipertesi con microalbuminuria e funzione renale normale,
l'iperkaliemia (≥ 5,5 mEq/l) si è verificata nel 29,4 % dei pazienti nel gruppo
irbesartan 300 mg e nel 22 % dei pazienti nel gruppo placebo. Nei pazienti
diabetici ipertesi con insufficienza renale cronica e proteinuria franca,
l'iperkaliemia (≥ 5,5 mEq/l) si è verificata nel 46,3 % dei pazienti nel gruppo
irbesartan e nel 26,3 % dei pazienti nel gruppo placebo.
Comune: sono stati osservati aumenti significativi nella creatin chinasi
plasmatica (1,7 %) nei soggetti trattati con irbesartan. Nessuno di questi
aumenti è stato associato ad eventi clinici muscoloscheletrici identificabili.
Nell'1,7 % dei pazienti ipertesi con malattia renale diabetica in stato avanzato
trattati con irbesartan, è stata osservata una diminuzione dei valori
dell'emoglobina, non clinicamente significativa.
Patologie cardiache:
Non comune: tachicardia
Patologie del sistema nervoso:
Comune: capogiro, capogiro ortostatico*
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche:
Non comune: tosse
Patologie gastrointestinali:
Comune: nausea/vomito
Non comune: diarrea, dispesia/bruciore
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo:
Comune: dolore muscoloscheletrico*
Patologie vascolari:
Comune: ipotensione ortostatica*
Non comune: flushing
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione:
Comune: affaticamento
Non comune: dolore toracico
Patologie dell'apparato riproduttivo e della mammella:
Non comune: disfunzione sessuale
Le seguenti ulteriori reazioni avverse sono state riportate durante
l'esperienza post-marketing; tali reazioni derivano da segnalazioni spontanee e
quindi, la loro frequenza non è nota:
Patologie del sistema nervoso:
Cefalea
Patologie dell'orecchio e del labirinto:
Tinnito
Patologie gastrointestinali:
Disgeusia
Patologie renali e urinarie:
Funzione renale compromessa inclusi casi di insufficienza renale in pazienti a
rischio (vedere paragrafo 4.4)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo:
Vasculite leucocitoclastica
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo:
Artralgia, mialgia (in alcuni casi associata ad aumento dei livelli plasmatici
della creatina chinasi), crampi muscolari
Disturbi del metabolismo e della nutrizione:
Iperkaliemia
Disturbi del sistema immunitario:
Reazioni di ipersensibilità come angioedema, eruzione cutanea, orticaria
Patologie epatobiliari:
Epatite, disfunzione epatica
Pazienti pediatrici:
in uno studio clinico randomizzato su 318 bambini ed adolescenti ipertesi, tra i
6 e i 16 anni di età, durante la fase in doppio cieco di tre settimane, si sono
verificati i seguenti eventi avversi correlati: cefalea (7,9 %), ipotensione
(2,2 %), capogiro (1,9 %), tosse (0,9 %). Nel periodo in aperto di 26 settimane
di questo studio clinico, le più frequenti anomalie di laboratorio riportate
sono state: incrementi della creatinina (6,5 %) ed elevati valori di CK nel 2 %
dei bambini trattati.
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Studi condotti in soggetti adulti trattati con dosi fino a 900 mg/die per 8
settimane non hanno dimostrato segni di tossicità. Le più probabili
manifestazioni del sovradosaggio sono ritenute essere l'ipotensione e la
tachicardia; anche la bradicardia può associarsi al sovradosaggio. Non sono
disponibili informazioni specifiche per il trattamento del sovradosaggio da
irbesartan.
Il paziente dovrà essere strettamente controllato ed il trattamento dovrà
essere sintomatico e di supporto. Le misure suggerite includono induzione di
emesi e/o lavanda gastrica. Nel trattamento del sovradosaggio può essere
utilizzato il carbone attivo. Irbesartan non viene rimosso per emodialisi.
Categoria farmacoterapeutica: antagonisti dell'angiotensina-II, non
associati.
Codice ATC: C09C A04.
Meccanismo d'azione: irbesartan è un antagonista, potente e selettivo, del
recettore dell'angiotensina-II (tipo AT1), attivo per somministrazione orale.
Si ritiene che blocchi tutti gli effetti dell'angiotensina-II mediati dai
recettori di tipo AT1, e ciò indipendentemente dall'origine della sintesi
dell'angiotensina-II. L'antagonismo selettivo per i recettori
dell'angiotensina-II (AT1) provoca un aumento nei livelli plasmatici di renina
e angiotensina-II ed una riduzione nella concentrazione plasmatica
dell'aldosterone. La potassiemia non viene invece sostanzialmente modificata
dall'irbesartan da solo ai dosaggi raccomandati. L'irbesartan non inibisce
l'ACE (kininasi-II), un enzima che genera angiotensina-II e catabolizza la
bradichinina con produzione di metaboliti inattivi. Irbesartan non richiede
un'attivazione metabolica per esplicare la propria attività farmacologica.
Efficacia clinica:
Ipertensione Irbesartan riduce i valori di pressione arteriosa con minime
modificazioni della frequenza cardiaca. La riduzione della pressione arteriosa è
dose-dipendente per monosomministrazioni giornaliere con una tendenza verso un
plateau a dosi superiori a 300 mg. Dosi di 150-300 mg una volta al giorno sono
risultate in grado di ridurre i valori di pressione arteriosa rilevati in
posizione supina o seduta per tutto il periodo considerato (fino a 24 ore
dall'ultima assunzione del medicinale), con decrementi medi superiori di
8-13/5-8 mmHg (rispettivamente valori sistolici e diastolici) rispetto a quelli
rilevati con placebo. Il picco della riduzione pressoria viene raggiunto entro
3-6 ore dopo la somministrazione e l'effetto di riduzione della pressione
arteriosa viene mantenuto per almeno 24 ore. Ai dosaggi raccomandati, alla 24a
ora la riduzione della pressione arteriosa è ancora circa il 60 70 % del
corrispondente picco massimo di riduzione sistolico e diastolico. Una dose di
150 mg in monosomministrazione giornaliera ha prodotto una risposta
antipertensiva a valle e media delle 24 ore del tutto simile ad una
somministrazione della stessa quantità di medicinale divisa in 2 dosi al giorno.
L'effetto antipertensivo dell'irbesartan è evidente entro 1-2 settimane di
trattamento, con un massimo dell'effetto ottenibile entro 4-6 settimane
dall'inizio della terapia. L'effetto antipertensivo risulta solitamente costante
durante la terapia a lungo termine. Dopo sospensione improvvisa del medicinale
la pressione arteriosa ritorna gradualmente ai valori di base. Non è stato
osservato un effetto "rebound" sui valori pressori. Gli effetti di riduzione
della pressione arteriosa dell'irbesartan e dei diuretici tiazidici sono
additivi. In pazienti non adeguatamente controllati con irbesartan da solo,
l'aggiunta di una bassa dose di idroclorotiazide (12,5 mg) all'irbesartan in
monosomministrazione giornaliera, produce una ulteriore riduzione della
pressione arteriosa fino ad un massimo di 7-10/3-6 mmHg rispetto a placebo
(rispettivamente valori sistolici e diastolici). L'efficacia dell'irbesartan non
è influenzata dall'età o dal sesso. Come nel caso di altri medicinali che
influiscono sul sistema renina-angiotensina, pazienti ipertesi di razza nera
hanno una risposta notevolmente inferiore alla monoterapia con irbesartan.
Quando irbesartan viene somministrato in associazione ad una bassa dose di
idroclorotiazide (ad es. 12,5 mg/die), la risposta antipertensiva dei pazienti
di razza nera riflette quella dei pazienti di razza bianca. Non c'è un effetto
clinico rilevante sui livelli sierici di acido urico o sulla secrezione di acido
urico urinario.
La riduzione della pressione arteriosa con dosaggi titolati stabiliti di
irbesartan da 0,5 mg/kg (bassa), 1,5 mg/kg (media) e 4,5 mg/kg (alta), è stata
valutata per un periodo di tre settimane su 318 bambini ed adolescenti, tra i 6
ed i 16 anni di età, ipertesi o a rischio (diabetici, storia familiare di
ipertensione). Al termine delle tre settimane, la riduzione media rispetto al
basale della variabile primaria di efficacia, è stata per la pressione arteriosa
sistolica da seduto a valle (SeSBP) di 11,7 mmHg (dose bassa), 9,3 mmHg (dose
media), 13,2 mmHg (dose alta). Non si è osservata alcuna differenza
significativa tra questi dosaggi. La variazione media aggiustata della pressione
arteriosa diastolica da seduto a valle (SeDBP) è stata la seguente: 3,8 mmHg
(dose bassa), 3,2 mmHg (dose media), 5,6 mmHg (dose alta). Nel successivo
periodo di 2 settimane, durante il quale i pazienti sono stati rirandomizzati o
a principio attivo o a placebo, i pazienti trattati con placebo hanno avuto
incrementi pari a 2,4 mmHg di SeSBP e 2,0 mmHg di SeDBP rispetto a variazioni
rispettivamente di +0,1 e 0,3 mmHg in quelli trattati con tutti i dosaggi di
irbesartan (vedere paragrafo 4.2).
Ipertensione e diabete di tipo 2 con malattia renale Lo studio "Irbesartan
Diabetic Nephropathy Trial (IDNT)" mostra che l'irbesartan diminuisce la
progressione della malattia renale nei pazienti con insufficienza renale cronica
e proteinuria franca. L'IDNT è stato uno studio controllato, in doppio cieco, di
morbilità e mortalità che ha confrontato irbesartan, amlodipina e placebo. Sono
stati esaminati gli effetti a lungo termine (media 2,6 anni) di irbesartan sulla
progressione della malattia renale e sulla mortalità per tutte le cause in 1715
pazienti ipertesi con diabete di tipo 2, proteinuria ≥ 900 mg/die e creatinina
sierica tra 1 e 3 mg/dl. I pazienti sono stati portati gradualmente da 75 mg ad
una dose di mantenimento di 300 mg di irbesartan, da 2,5 mg a 10 mg di
amlodipina, o placebo, come tollerato. Generalmente, i pazienti di tutti i
gruppi hanno ricevuto tra 2 e 4 medicinali antipertensivi (ad es. diuretici,
beta bloccanti, alfa bloccanti) per raggiungere una pressione desiderata ≤
135/85 mmHg o una riduzione di 10 mmHg nella pressione arteriosa (PA) sistolica
se la pressione era > 160 mmHg. Il 60 % dei pazienti nel gruppo placebo ha
raggiunto questo obiettivo per la pressione arteriosa laddove il numero era 76 %
e 78 % rispettivamente nel gruppo irbesartan e in quello amlodipina.
L'irbesartan ha ridotto significativamente il rischio relativo di insorgenza
dell'endpoint primario combinato comprensivo di raddoppio della creatinina
sierica, malattia renale terminale (end-stage renal disease, ESRD) o mortalità
per tutte le cause. Circa il 33 % dei pazienti nel gruppo irbesartan ha
raggiunto l'endpoint primario renale composito in confronto al 39 % e al 41 %
del gruppo placebo e di quello amlodipina [20 % di riduzione del rischio
relativo verso placebo (p = 0,024) e 23 % di riduzione del rischio relativo in
confronto all'amlodipina (p = 0,006)]. Quando ciascun componente l'endpoint
primario è stato analizzato singolarmente, non si è osservato alcun effetto
sulla mortalità per tutte le cause, mentre si sono notati un andamento positivo
nella riduzione dell'ESRD e una significativa riduzione nel raddoppio della
creatinina sierica.
Sono stati analizzati sottogruppi sulla base di sesso, razza, età, durata del
diabete, pressione basale, creatinina sierica, e tasso di escrezione di albumina
per la verifica dell'efficacia. Nelle donne e nei pazienti di razza nera, che
rappresentavano rispettivamente il 32 % e il 26 % della popolazione totale in
studio, non si è reso evidente un beneficio a livello renale, sebbene gli
intervalli di confidenza non lo escludessero. Come per l'endpoint secondario
degli eventi cardiovascolari fatali e non fatali, non si è osservata differenza
tra i tre gruppi nella popolazione totale, sebbene nel gruppo irbesartan,
rispetto al gruppo placebo, è stata notata un'aumentata incidenza di infarto del
miocardio (IM) non fatale nelle femmine e una diminuzione della sua incidenza
negli uomini. Nelle donne nel gruppo irbesartan, rispetto a quello amlodipina,
si è osservato un aumento dell'incidenza di IM non fatale e di ictus, mentre
l'ospedalizzazione a causa di insufficienza cardiaca è risultata ridotta nella
popolazione totale. Tuttavia, non è stata identificata alcuna spiegazione per
questi risultati nelle donne.
Lo studio "Effects of Irbesartan on Microalbuminuria in Hypertensive Patients
with Type 2 Diabetes Mellitus (IRMA 2)" mostra che l'irbesartan 300 mg
diminuisce la progressione verso la proteinuria franca nei pazienti con
microalbuminuria. L'IRMA 2 è stato un studio di morbilità controllato con
placebo, in doppio cieco, su 590 pazienti con diabete di tipo 2,
microalbuminuria, (30-300 mg/die) e funzione renale normale (creatinina sierica
≤ 1,5 mg/dl negli uomini e < 1,1 mg/dl nelle donne). Lo studio ha esaminato gli
effetti a lungo termine (2 anni) di irbesartan sulla progressione a proteinuria
clinica (franca) [tasso di escrezione urinaria di albumina (UAER) > 300 mg/die e
un aumento nel UAER di almeno il 30 % rispetto al basale]. L'obiettivo
predefinito in termini di pressione era ≤ 135/85 mmHg. Ulteriori medicinali
antipertensivi (ad esclusione degli ACE inibitori, degli antagonisti dei
recettori dell'angiotensina-II e dei calcio antagonisti diidropiridinici) sono
stati aggiunti al bisogno per consentire il raggiungimento della pressione
desiderata. Mentre in tutti i gruppi è stata raggiunta una pressione arteriosa
simile, pochi soggetti nel gruppo irbesartan 300 mg (5,2 %) rispetto al placebo
(14,9 %) o nel gruppo irbesartan 150 mg (9,7 %) hanno raggiunto l'endpoint della
proteinuria franca, dimostrando una riduzione del rischio relativo del 70 %
rispetto al placebo (p = 0,0004) per le dosi più elevate. Durante i primi tre
mesi di trattamento, non è stato osservato un parallelo miglioramento del tasso
di filtrazione glomerulare (GFR). Il rallentamento della progressione verso la
proteinuria clinica è stato evidente già dopo tre mesi ed è continuato durante
un periodo di due anni. La regressione alla normoalbuminuria (< 30 mg/die) è
stata più frequente nel gruppo irbesartan 300 mg (34 %) rispetto al gruppo
placebo (21 %).
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Dopo somministrazione orale, irbesartan è ben assorbito: studi di
biodisponibilità assoluta hanno dato valori di circa 60-80 %. La concomitante
assunzione di cibo non influenza significativamente la biodisponibilità di
irbesartan. Il legame proteico è approssimativamente pari al 96 %, con una
quota di legame alle cellule ematiche del tutto trascurabile. Il volume di
distribuzione è di 53-93 litri. Dopo somministrazione orale o endovenosa di
irbesartan marcato con 14C, una quota pari all'80-85 % della radioattività
rilevata è attribuibile a irbesartan immodificato. Irbesartan viene
metabolizzato per via epatica mediante ossidazione e glucuronoconiugazione. Il
metabolita circolante maggiormente rappresentato (approssimativamente 6 %) è
l'irbesartan glucuronide. Studi in vitro indicano che irbesartan viene
soprattutto ossidato tramite il citocromo P450-isoenzima CYP2C9. L'isoenzima
CYP3A4 ha un effetto trascurabile.
Irbesartan, nell'intervallo di dosaggio da 10 a 600 mg, possiede una
farmacocinetica lineare e dose proporzionale. �ˆ stato osservato un incremento
meno che proporzionale nell'assorbimento orale alle dosi superiori ai 600 mg
(due volte la dose massima raccomandata); il meccanismo di ciò risulta
sconosciuto. I picchi delle concentrazioni plasmatiche sono raggiunti 1,5-2
ore dopo la somministrazione orale. Le clearance corporea totale e renale sono
rispettivamente di 157-176 e 3-3,5 ml/min. L'emivita di eliminazione terminale
dell'irbesartan è di 11-15 ore. La concentrazione plasmatica allo stato
stazionario viene raggiunta entro 3 giorni dall'inizio della
monosomministrazione giornaliera. Un ridotto accumulo di irbesartan (< 20 %)
viene osservato nel plasma dopo ripetute monosomministrazioni giornaliere. In
uno studio sono state osservate concentrazioni plasmatiche un po' più alte
nelle pazienti ipertese. In ogni caso, non sono emerse differenze nell'emivita
ne' nell'accumulo di irbesartan. Non sono necessari aggiustamenti del dosaggio
nelle pazienti. I valori di AUC e Cmax dell'irbesartan sono risultati un po'
più alti anche in pazienti anziani (≥ 65 anni) rispetto ai soggetti giovani
(18-40 anni). Comunque l'emivita terminale non è risultata significativamente
modificata. Non sono necessari, nei pazienti anziani, aggiustamenti del
dosaggio.
Irbesartan e i suoi metaboliti vengono eliminati sia per via biliare che
renale. Dopo somministrazione orale o endovenosa di irbesartan 14C, il 20 %
circa della radioattività è rinvenuta nelle urine, mentre il rimanente è
rilevabile nelle feci. Meno del 2 % della dose assunta viene escreta nelle
urine come irbesartan immodificato.
La farmacocinetica di irbesartan è stata valutata su 23 bambini ipertesi dopo
somministrazione singola e multipla di dosi giornaliere di irbesartan (2
mg/kg) fino ad un massimo dosaggio giornaliero di 150 mg per quattro
settimane. Di quei 23 bambini, 21 sono stati valutati per confronto con la
farmacocinetica degli adulti (dodici bambini avevano più di 12 anni, nove
avevavo tra i 6 e i 12 anni di età). I risultati hanno mostrato che la Cmax,
l'AUC ed i livelli di clearance erano comparabili con quelli osservati in
pazienti adulti ai quali erano stati somministrati 150 mg di irbesartan al
giorno. Un accumulo limitato di irbesartan nel sangue (18 %) è stato osservato
dopo una dose giornaliera ripetuta una volta.
Insufficienza renale: in soggetti con insufficienza renale o emodializzati, i
parametri di farmacocinetica di irbesartan non risultano significativamente
modificati. Irbesartan non viene rimosso durante il processo di emodialisi.
Insufficienza epatica: in soggetti con cirrosi epatica di grado
lieve-moderato, i parametri di farmacocinetica di irbesartan non risultano
significativamente modificati. Non sono stati condotti studi in pazienti con
grave insufficienza epatica.
Non c'è evidenza di abnorme tossicità d'organo bersaglio o sistemica a dosi
clinicamente appropriate. In studi preclinici di sicurezza, alte dosi di
irbesartan (≥ 250 mg/kg/die nei ratti e ≥ 100 mg/kg/die nei macachi) hanno
causato una riduzione dei parametri relativi ai globuli rossi (eritrociti,
emoglobina, ematocrito). A dosi molto alte (≥ 500 mg/kg/die) cambiamenti
degenerativi nel rene (come nefrite interstiziale, distensione tubulare,
tubuli basofili, aumentate concentrazioni plasmatiche di urea e creatinina)
sono state indotte dall'irbesartan nel ratto e nel macaco e sono considerate
secondarie all'effetto ipotensivo del medicinale che comporta una diminuita
perfusione renale. Inoltre, l'irbesartan ha indotto iperplasia/ipertrofia
delle cellule juxtaglomerulari (nei ratti ≥ 90 mg/kg/die, nei macachi ≥ 10
mg/kg/die). Tutti questi cambiamenti sono stati considerati causati
dall'azione farmacologica dell'irbesartan. Alle dosi terapeutiche di
irbesartan nell'uomo, l'iperplasia/ipertrofia delle cellule renali
juxtaglomerulari non sembra avere rilevanza.
Non sono stati rilevati effetti di mutagenicità, clastogenicità o
carcinogenicità.
Gli studi con irbesartan su animali evidenziano effetti tossici transitori
(dilatazione della pelvi renale, idrouretere e edema sottocutaneo) nei feti di
ratto, che regrediscono dopo la nascita. Nei conigli è stato riscontrato
aborto o precoce riassorbimento dell'embrione a dosi alle quali si associa
significativa tossicità materna, inclusa la morte. Non sono stati osservati
effetti teratogeni ne' nel ratto ne' nel coniglio.
Nucleo della compressa:
Povidone
Amido (di mais) pregelatinizzato
Polossamero 188
Cellulosa microcristallina
Croscarmellosa sodica
Silice collodialeidrata
Magnesio stearato
Rivestimento con film:
Polidestrosio (E1200)
Titanio diossido (E171)
Ipromellosa (E464)
Macrogol 4000
Non pertinente.
2 anni
Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di
conservazione.
Blister bianchi opachi in PVC/PVdC/alluminio.
Confezioni da7, 14, 28, 30, 56, 60, 80, 84, 90, 98, 100 e blister perforato
per unità posologica da 50 x 1 e 56 x 1.
�ˆ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono
essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
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Computerweg 10
3542DR Utrecht
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