Kivexa
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INDICE

01.0 DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
02.0 COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
03.0 FORMA FARMACEUTICA
04.0 INFORMAZIONI CLINICHE
04.1 Indicazioni terapeutiche
04.2 Posologia e modo di somministrazione
04.3 Controindicazioni
04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso
04.5 Interazioni
04.6 Gravidanza e allattamento
04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchine
04.8 Effetti indesiderati
04.9 Sovradosaggio
05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
05.1 Proprietà farmacodinamiche
05.2 Proprietà farmacocinetiche
05.3 Dati preclinici di sicurezza
06.0 INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
06.1 Eccipienti
06.2 Incompatibilità
06.3 Periodo di validità
06.4 Speciali precauzioni per la conservazione
06.5 Natura e contenuto della confezione
06.6 Istruzioni per l'uso e la manipolazione
07.0 TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO
08.0 NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO
09.0 DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE
10.0 DATA DI REVISIONE DEL TESTO

 

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01.0 DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE -Inizio Pagina

KIVEXA


02.0 COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA - Inizio Pagina

Ogni compressa rivestita con film contiene 600 mg di abacavir (come solfato) e 300 mg di lamivudina.

Eccipienti

Colorante giallo tramonto (E110) 1,7 mg per compressa.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.


03.0 FORMA FARMACEUTICA - Inizio Pagina

Compressa rivestita con film.

Le compresse rivestite con film sono a forma di capsula modificata di colore arancione, con impresso GS FC2 su un lato.


04.0 INFORMAZIONI CLINICHE - Inizio Pagina

04.1 Indicazioni terapeutiche - Inizio Pagina

Kivexa è un’associazione a dose fissa di due analoghi nucleosidici (abacavir e lamivudina). E’indicato nella terapia di combinazione antiretrovirale per il trattamento di adulti e adolescenti di età superiore ai 12 anni con infezione da Virus dell’Immunodeficienza Umana (HIV).

La dimostrazione del beneficio dell’associazione abacavir/lamivudina al regime posologico di una volta al giorno nella terapia antiretrovirale si basa soprattutto sui risultati di uno studio effettuato per la maggior parte in pazienti adulti asintomatici mai sottoposti a trattamento (naïve) (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).



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04.2 Posologia e modo di somministrazione - Inizio Pagina

La terapia deve essere prescritta da un medico con esperienza nella gestione dell’infezione da HIV.

La dose raccomandata di Kivexa negli adulti e adolescenti è di una compressa una volta al giorno.  Kivexa non deve essere somministrato agli adulti e adolescenti con un peso corporeo inferiore ai 40 kg dal momento che, essendo una compressa a dose fissa, tale dose non può essere ridotta.  Kivexa può essere assunto con o senza cibo.

Kivexa è una compressa a dose fissa e non deve essere prescritta ai pazienti che richiedono modifiche della posologia. Sono disponibili preparazioni separate di abacavir o lamivudina nei casi in cui sia richiesta la sospensione o la modifica del dosaggio di uno dei due principi attivi. In questi casi il medico deve fare riferimento alle specifiche informazioni prescrittive di questi medicinali.

Insufficienza renale: Kivexa non è raccomandato per l’impiego nei pazienti con una clearance della creatinina <50 ml/min (vedere paragrafo 5.2).

Insufficienza epatica: non sono disponibili dati nei pazienti con insufficienza epatica moderata, pertanto l’impiego di Kivexa non è raccomandato a meno che non sia ritenuto necessario. Nei pazienti con insufficienza epatica lieve e moderata è richiesto uno stretto controllo e, se fattibile, si raccomanda il monitoraggio dei livelli plasmatici di abacavir (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). Kivexa è controindicato nei pazienti con insufficienza epatica grave (vedere paragrafo 4.3).

Anziani: attualmente non sono disponibili dati di farmacocinetica nei pazienti di età superiore ai 65 anni. Si consiglia un’attenzione particolare per questa classe di età a causa dei cambiamenti correlati all’età stessa come la diminuita funzionalità renale e le alterazioni dei parametri ematologici. 

Bambini: Kivexa non è raccomandato per il trattamento dei bambini di età inferiore ai 12 anni, dal momento che non può essere fatto l’aggiustamento posologico necessario.


04.3 Controindicazioni - Inizio Pagina

Kivexa è controindicato nei pazienti con ipersensibilità nota ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti.  Vedere LE INFORMAZIONI NEL RIQUADRO SULLE REAZIONI DI IPERSENSIBILITÀ AD ABACAVIR nei paragrafi 4.4 e 4.8.

Pazienti con grave insufficienza epatica.


04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso - Inizio Pagina

In questa sezione vengono incluse le speciali avvertenze e precauzioni relative ad abacavir e alla lamivudina.

Non vi sono ulteriori precauzioni e avvertenze relative a Kivexa.

Reazione di ipersensibilità (vedere anche paragrafo 4.8)

Negli studi clinici circa il 5 % dei soggetti in trattamento con abacavir ha sviluppato una reazione di ipersensibilità. Alcuni di questi casi si sono rivelati pericolosi per la vita e hanno avuto un esito fatale nonostante le precauzioni prese.

Descrizione:

Le reazioni di ipersensibilità sono caratterizzate dalla comparsa di sintomi che indicano un coinvolgimento di sistema multi-organo. Quasi tutte le reazioni di ipersensibilità avranno febbre e/o rash come parte della sindrome.

Altri segni e sintomi possono includere segni e sintomi respiratori quali dispnea, mal di gola, tosse e reperti radiologici anomali a livello toracico (soprattutto infiltrati che possono essere localizzati), sintomi gastrointestinali, come nausea, vomito, diarrea o dolori addominali, e possono condurre ad una diagnos errata di patologia respiratoria (polmonite, bronchite, faringite) o gastroenterite invece che di reazione di ipersensibilità. Altri segni o sintomi di reazione di ipersensibilità osservati frequentemente, possono includere stato di torpore o malessere e sintomi muscoloscheletrici (mialgia, raramente miolisi, artralgia).  I sintomi correlati a questa reazione di ipersensibilità peggiorano con il prosieguo della terapia e possono essere pericolosi per la vita. Questi sintomi generalmente si risolvono dopo la sospensione di abacavir.

Trattamento:

I sintomi della reazione di ipersensibilità generalmente insorgono entro le prime sei settimane dall’inizio del trattamento con abacavir, anche se tali reazioni possono insorgere in qualsiasi momento durante il corso del trattamento. I pazienti devono essere strettamente controllati, specialmente durante i primi due mesi di trattamento con abacavir mediante consultazione medica ogni due settimane.

I pazienti ai quali sia stata diagnosticata una reazione di ipersensibilità in corso di terapia, devono sospendere immediatamente Kivexa.

Kivexa, o qualsiasi altro medicinale contenente abacavir (Ziagen o Trizivir), NON DEVE MAI essere assunto di nuovo nei pazienti che hanno interrotto la terapia a causa di una reazione di ipersensibilità.

La riassunzione di abacavir dopo una reazione di ipersensibilità provoca un’immediata ricomparsa dei sintomi entro poche ore. Tale ripresentazione dei sintomi è generalmente più grave della forma verificatasi all’inizio e può includere ipotensione pericolosa per la vita e morte.

Al fine di evitare un ritardo nella diagnosi e di minimizzare il rischio di una reazione di ipersensibilità pericolosa per la vita, Kivexa deve essere sospeso definitivamente qualora non si possa escludere l’ipersensibilità anche quando altre diagnosi siano possibili (patologie respiratorie, malattia simil influenzale, gastroenterite o reazioni ad altri medicinali).

Si deve porre particolare attenzione verso quei pazienti che iniziano contemporaneamente il trattamento con Kivexa e con altri farmaci noti per indurre tossicità cutanea (come gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa - NNRTI). Questo perchè attualmente è difficile stabilire una differenza tra i rash indotti da questi prodotti e le reazioni di ipersensibilità correlate ad abacavir.

Gestione dopo interruzione della terapia con Kivexa:

Se la terapia con Kivexa è stata sospesa per qualche ragione e se ne considera il reinizio, si deve stabilire il motivo della sospensione per verificare se il paziente non abbia avuto alcuni sintomi di una reazione di ipersensibilità. Qualora non possa essere esclusa una reazione di ipersensibilità, Kivexa o qualsiasi altro medicinale contenente abacavir (Ziagen o Trizivir) non deve essere assunto nuovamente.

Reazioni di ipersensibilità a rapida insorgenza, talora dimostratesi pericolose per la vita, si sono verificate dopo che abacavir era stato assunto nuovamente da pazienti che, prima di interrompere abacavir, avevano manifestato anche solo uno dei sintomi principali dell’ipersensibilità (rash cutaneo, febbre, sintomi gastrointestinali, respiratori o sintomi quali, stato di torpore e malessere). Il sintomo più comune identificato in una reazione di ipersensibilità è stato il rash cutaneo. Tuttavia, in rarissimi casi, sono state riferite reazioni di ipersensibilità in pazienti che avevano ripreso la terapia e che non avevano manifestato in precedenza sintomi di una reazione di ipersensibilità. In entrambi i casi, se si decide di riprendere abacavir, ciò dovrà essere fatto in un ambiente dove sia disponibile un pronto intervento medico.

Fattori di rischio:

L’analisi dei fattori di rischio clinici di ipersensibilità ad abacavir ha identificato in maniera ripetuta che il rischio per i soggetti di razza nera è di circa la metà del rischio rispetto ad altri gruppi razziali messi insieme. Poiché ciò rappresenta ancora un rischio significativo (dal momento che circa il 5% dei soggetti trattati negli studi clinici con abacavir sviluppa una reazione di ipersensibilità) lo stesso accurato controllo va messo in atto per i pazienti di tutti i gruppi razziali.

Inoltre, due studi retrospettivi, caso controllo di farmacogenetica hanno mostrato come la presenza di HLAB* 5701 sia associata ad un incremento significativo del rischio di ipersensibilità clinicamente sospetta nella popolazione caucasica. Si stima che nella popolazione caucasica circa il 50 % dei pazienti con l’allele HLAB* 5701 sviluppi una sospetta reazione di ipersensibilià (HSR) in corso di trattamento con abacavir in confronti a meno del 3 % dei pazienti che non hanno l’allele HLA-B*5701. Questa associazione genetica non è stata valutata in studi clinici prospettici controllati ma tali studi sono in corso per poter meglio valutare l’associazione tra la comparsa di HSR e la presenza dell’allele HLA-B*5701. Tuttavia, è da notare che nella popolazione caucasica tra i pazienti con una sospetta reazione di ipersensibilità il 50 % non risultava portatore di HLAB* 5701. Pertanto, la diagnosi clinica di sospetta reazione di ipersensibilità ad abacavir deve rimanere la base sulla quale adottare una decisione clinica. E’ importante interrompere definitivamente abacavir e non riprendere il trattamento con abacavir qualora, su basi cliniche, non si possa escludere l’ipersensibilità.  L’assenza dell’allele HLA-B*5701 non giustifica la ripresa del trattamento con abacavir poiché esiste il rischio potenziale di una reazione fatale dopo la ripresa del trattamento. La stessa raccomandazione si applica per altre razze e gruppi etnici sebbene i dati siano più limitati in questi gruppi.

Informazioni essenziali per il paziente:

I pazienti devono essere informati della possibilità di una reazione di ipersensibilità ad abacavir che può risultare in una reazione pericolosa per la vita o nella morte.

I pazienti che sviluppino sintomi o segni possibilmente collegati con una reazione di ipersensibilità.

Chi prescrive il farmaco deve assicurarsi che il paziente sia pienamente informato riguardo alle seguenti informazioni sulla reazione di ipersensibilità: devono contattare il medico immediatamente.

Si deve ricordare ai pazienti che sono ipersensibili ad abacavir, che essi non devono più prendere di nuovo Kivexa o qualsiasi altro medicinale contenente abacavir (Ziagen o Trizivir).

Per evitare la riassunzione di abacavir, i pazienti che hanno subito la reazione di ipersensibilità, devono eliminare le compresse rimanenti di Kivexa in loro possesso in accordo con le disposizioni locali e chiedere consiglio al medico o al farmacista.

I pazienti che hanno sospeso Kivexa per qualsiasi ragione, e in particolare a causa di una possibile reazione avversa o malattia, devono essere avvisati di contattare il proprio medico prima di assumerlo di nuovo.

I pazienti devono essere avvisati dell’importanza di assumere regolarmente Kivexa.

Si raccomanda che ogni paziente legga il Foglio Illustrativo incluso nella confezione di Kivexa.

Si deve ricordare inoltre ai pazienti l’importanza di rimuovere il Cartellino di Avvertimento incluso nella confezione e di portarlo sempre con sé.

Acidosi lattica: con l’uso di analoghi nucleosidici è stata riportata acidosi lattica di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattatemia sintomatica) che includono sintomi non gravi a carico dell’apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita di appetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o sintomi neurologici (compresa debolezza motoria).

L’acidosi lattica presenta un’alta mortalità e può essere associata a pancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale.

L’acidosi lattica è stata in genere osservata sia dopo i primi mesi di trattamento sia dopo molti mesi.

Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattacidemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotransferasi.  Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di malattia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool). I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono essere ad alto rischio.

I pazienti con aumentato rischio devono essere attentamente seguiti.

Lipodistrofia: la terapia antiretrovirale combinata è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) in pazienti con infezione da HIV. Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente

sconosciute. La conoscenza del meccanismo è incompleta. É stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi (PIs) e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI’s). Un rischio maggiore di lipodistrofia è stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l’età avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici associati.  L’esame clinico deve includere la valutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi serici e della glicemia a digiuno. I disordini del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata (vedere paragrafo 4.8).  Pancreatite: è stata riportata pancreatite, ma non è certa una relazione causale con lamivudina ed abacavir.

Studi clinici: il beneficio della combinazione di abacavir e lamivudina al regime posologico di una volta al giorno si

basa principalmente su uno studio condotto in associazione con efavirenz nei pazienti adulti naïve agli antiretrovirali (vedere paragrafo 5.1).

Terapia con tre nucleosidi: sono stati osservati casi di un’elevata frequenza di fallimento virologico e di comparsa di resistenza in fase precoce di trattamento quando abacavir veniva associato a tenofovir disoproxil fumarato e lamivudina, somministrati una volta al giorno.

Malattia epatica: se la lamivudina viene impiegata in concomitanza per il trattamento dell’HIV e dell’HBV, nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Zeffix sono disponibili ulteriori informazioni relative all’impiego di lamivudina nel trattamento dell’infezione da virus dell’epatite B.

La tollerabilità e l’efficacia di Kivexa non sono state stabilite nei pazienti con significativi disturbi epatici preesistenti.

Kivexa è controindicato nei pazienti con insufficienza epatica grave (vedere paragrafo 4.3).

I pazienti con epatite cronica B o C e trattati con una terapia di combinazione antiretrovirale sono considerati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante per l’epatite B o C si faccia riferimento alle relative informazioni di tali medicinali.  Se Kivexa viene sospeso nei pazienti con infezione concomitante da virus dell’epatite B, si raccomanda un controllo periodico sia dei test di funzionalità epatica sia dei marker di replicazione dell’HBV, dal momento che la sospensione della lamivudina può condurre ad una riacutizzazione dell’epatite (vedi RCP di Zeffix).  I pazienti con disfunzione epatica pre-esistente, compresa l’epatite cronica attiva, presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalità epatica durante la terapia antiretrovirale di combinazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualora si evidenzi un peggioramento della malattia epatica in tali pazienti, si deve prendere in considerazione l’interruzione o la definitiva sospensione del trattamento. 

Disfunzione mitocondriale: è stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono alterazioni ematologiche (anemia, neutropenia), alterazioni del metabolismo (iperlattatemia e iperlipasemia). Questi eventi sono spesso transitori. Sono state riportate alterazioni neurologiche a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). Al momento non è noto se le alterazioni neurologiche siano transitorie o permanenti. Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIV-negativi, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV.

Sindrome da riattivazione immunitaria: in pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche serie, o il peggioramento dei sintomi.  Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Esempi rilevanti di ciò sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis carinii. Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e, se necessario, deve essere instaurato un trattamento. 

Osteonecrosi: sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcol, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Ai pazienti deve essere raccomandato di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento. 

Eccipienti: Kivexa contiene l’agente colorante azoico giallo tramonto che può causare reazioni allergiche.

Infezioni opportunistiche: i pazienti devono essere avvisati che Kivexa o qualsiasi altra terapia antiretrovirale, non guarisce l’infezione da HIV e che essi possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche ed altre complicanze dell’infezione da HIV. Pertanto i pazienti devono rimanere sotto stretta osservazione clinica da parte, di medici esperti nel trattamento di tali patologie associate all’HIV.

Trasmissione dell’HIV: i pazienti vanno avvertiti che l’attuale terapia antiretrovirale, Kivexa compreso, non si é dimostrata in grado di impedire la trasmissione dell’HIV ad altri soggetti, tramite contatti sessuali o per contaminazione ematica. Si devono, pertanto, continuare ad adottare le adeguate precauzioni.


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04.5 Interazioni - Inizio Pagina

Kivexa contiene abacavir e lamivudina, pertanto ogni interazione che sia stata identificata con i singoli medicinali può verificarsi con Kivexa. Gli studi clinici hanno dimostrato che non ci sono interazioni clinicamente significative tra abacavir e lamivudina.

Abacavir e lamivudina non sono metabolizzati in maniera significativa dagli enzimi del citocromo P450 (come CYP3A4, CYP 2C9 o CYP 2D6) e non inibiscono o inducono questo sistema enzimatico. Pertanto, vi è uno scarso potenziale di interazioni con gli inibitori antiretrovirali della proteasi, con i non nucleosidi e altri medicinali metabolizzati dagli enzimi principali del P450 Le interazioni riportate di seguito non devono essere considerate complete, ma sono rappresentative delle classi di medicinali che richiedono cautela.

Interazioni relative ad abacavir:

Potenti induttori enzimatici come la rifampicina, il fenobarbital e la fenitoina, possono, attraverso la loro azione su l’UDP-glucuroniltransferasi, far diminuire leggermente la concentrazione plasmatica di abacavir.  Il metabolismo di abacavir è alterato dalla presenza contemporanea di etanolo, con conseguente aumento della AUC di abacavir di circa 41 %. Questi risultati non sono considerati clinicamente significativi. Abacavir non ha effetto sul metabolismo dell’etanolo.

I composti retinoidi sono eliminati attraverso l’alcool deidrogenasi. L’interazione con abacavir è possibile ma non è stata studiata.

In uno studio di farmacocinetica, la somministrazione concomitante di 600 mg di abacavir due volte al giorno con metadone ha mostrato una riduzione del 35% della Cmax di abacavir e un ritardo di un’ora nella t max , ma la AUC era immutata. I cambiamenti della farmacocinetica di abacavir non sono stati considerati clinicamente rilevanti. In questo studio abacavir ha aumentato la clearance sistemica media del metadone del 22%. Non è pertanto possibile escludere l’induzione di enzimi metabolizzanti il farmaco. I pazienti che vengono trattati con metadone e abacavir devono essere controllati per la comparsa di sintomi da astinenza indicativi di un sottodosaggio, poichè talvolta può essere richiesto un riaggiustamento del dosaggio del metadone.

Interazioni relative alla lamivudina:

La probabilità di interazioni metaboliche con lamivudina è bassa a causa del limitato metabolismo e del basso legame con le proteine plasmatiche e della clearance renale pressochè completa. Deve essere tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza con Kivexa, particolarmente quando la via di eliminazione principale è la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come ad esempio con trimetoprim. Altri medicinali (ad esempio ranitidina, cimetidina) sono eliminati solo in parte per mezzo di questo sistema e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina. Gli analoghi nucleosidici (ad esempio zidovudina e didanosina) non sono metabolizzati attraverso questo meccanismo ed è improbabile che interagiscano con la lamivudina.  La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento del 40% nella esposizione alla lamivudina, a causa del componente trimetoprim. Tuttavia, nessuna modifica posologica della lamivudina è necessaria, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale (vedere paragrafo 4.2). Le farmacocinetiche del trimetoprim o del sulfametossazolo non vengono influenzate. Quando è giustificata la somministrazione concomitante di co-trimossazolo il paziente deve essere tenuto sotto osservazione clinica.  Deve essere evitata la somministrazione di Kivexa in concomitanza con alte dosi di co-trimossazolo per il trattamento della polmonite da Pneumocystis carinii (PCP) e della toxoplasmosi.  La somministrazione concomitante di lamivudina con ganciclovir o foscarnet per via endovenosa non è raccomandata fino a che ulteriori informazioni non siano disponibili.  La lamivudina può inibire la fosforilazione intracellulare della zalcitabina qualora i due medicinali siano usati contemporaneamente. Pertanto non è raccomandato l’uso di Kivexa in associazione con zalcitabina.


04.6 Gravidanza e allattamento - Inizio Pagina

Kivexa non è raccomandato durante la gravidanza. La sicurezza d’impiego di abacavir e lamivudina durante la gravidanza umana non è stata stabilita. Gli studi negli animali con abacavir e lamivudina hanno mostrato tossicità a livello riproduttivo (vedere paragrafo 5.3).

Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro bambini, al fine di evitare la trasmissione dell’HIV. La lamivudina è escreta nel latte materno a concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Ci si aspetta che abacavir sia secreto anche nel latte umano, benché ciò non sia stato confermato.  Pertanto si raccomanda che le madri non allattino al seno i loro bambini mentre vengono trattate con Kivexa.


04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchine - Inizio Pagina

Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari.

Lo stato clinico del paziente e il profilo degli eventi avversi di Kivexa devono essere tenuti in considerazione se si considera la capacità del paziente di guidare o usare macchinari.


04.8 Effetti indesiderati - Inizio Pagina

Le reazioni avverse riportate con Kivexa sono state compatibili con i noti profili di tollerabilità di abacavir e lamivudina, quando somministrati come prodotti separati. Per molte di tali reazioni avverse non è chiaro se esse siano correlate al principio attivo, all’ampia gamma di medicinali usati per il trattamento dell’infezione da HIV, oppure se siano dovuti al decorso della malattia di base.

Ipersensibilità ad abacavir (vedere anche paragrafo 4.4).

Negli studi clinici, circa il 5 % dei soggetti in trattamento con abacavir ha sviluppato una reazione di ipersensibilità. Negli studi clinici con abacavir 600 mg una volta al giorno l’incidenza riportata di ipersensibilità è rimasta entro il range riportato per abacavir 300 mg due volte al giorno.  Alcune di queste reazioni di ipersensibilità si sono rivelate pericolose per la vita e hanno avuto esito fatale nonostante le precauzioni assunte. Tale reazione è caratterizzata dalla comparsa di sintomi indicativi di coinvolgimento multi-organico/sistemico.

Quasi tutti i pazienti che sviluppano reazioni di ipersensibilità presentano febbre e/o rash (generalmente maculopapulare o urticarioide) come parte della sindrome, tuttavia alcune reazioni si sono manifestate senza rash o febbre.

I segni ed i sintomi di questa reazione di ipersensibilità sono elencati di seguito. Questi sono stati identificati sia dagli studi clinici sia dalla farmacovigilanza successiva alla commercializzazione. Quelli riportati in almeno il 10% dei pazienti con reazione di ipersensibilità sono evidenziati in grassetto.

Cute: rash (generalmente maculopapulare o urticarioide).

Tratto gastrointestinale: nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, ulcerazioni della bocca.

Tratto respiratorio: dispnea, tosse, mal di gola, sindrome da distress respiratorio nell’adulto, insufficienza respiratoria.

Varie: febbre, stato di torpore, malessere, edema, linfoadenopatia, ipotensione, congiuntivite, anafilassi.

Neurologia/psichiatria: cefalea, parestesie.

Ematologia: linfopenia.

Fegato/pancreas: alterazione dei test di funzionalità epatica, epatite, insufficienza epatica.

Apparato muscoloscheletrico: mialgia, raramente miolisi, artralgia, creatina fosfochinasi elevata.

Urologia: creatininemia elevata, insufficienza renale In alcuni pazienti con reazioni di ipersensibilità si era inizialmente pensato che fossero affetti da gastroenterite, patologia respiratoria (polmonite, bronchite, faringite) oppure da malattia simil influenzale. Questo ritardo nella diagnosi di reazione di ipersensibilità ha comportato che la terapia con abacavir sia stata continuata o iniziata di nuovo, con la conseguenza di una reazione di ipersensibilità più grave o di morte. Pertanto nei pazienti che si presentino con i sintomi di queste malattie deve essere attentamente presa in considerazione la diagnosi di reazione di ipersensibilità.

I sintomi generalmente sono comparsi entro le prime sei settimane (tempo mediano di insorgenza 11 giorni) dall’inizio del trattamento con abacavir anche se tali reazioni possono avvenire in ogni momento della terapia. Un attento controllo medico è necessario durante i primi due mesi, con consultazione medica ogni due settimane.

E’ probabile che una terapia non continua possa incrementare il rischio di sviluppo di sensibilizzazione e quindi la comparsa di reazioni di ipersensibilità clinicamente significative. Di conseguenza i pazienti devono essere avvisati dell’importanza di assumere regolarmente Kivexa.

La riassunzione di abacavir dopo una reazione di ipersensibilità, provoca un’immediata ricomparsa dei sintomi entro poche ore. Tale ripresentazione dei sintomi della reazione di ipersensibilità è generalmente più grave della forma verificatasi all’inizio e può comprendere sia ipotensione pericolosa per la vita sia la morte. I pazienti che sviluppano questa reazione di ipersensibilità, devono interrompere Kivexa e non devono più essere trattati con Kivexa o con qualsiasi altro medicinale contenente abacavir (Ziagen o Trizivir).

Al fine di evitare un ritardo nella diagnosi e di minimizzare il rischio di una reazione di ipersensibilità pericolosa per la vita, abacavir deve essere sospeso definitivamente qualora non si possa escludere l’ipersensibilità anche quando altre diagnosi siano possibili (patologie respiratorie, malattia simil influenzale, gastroenterite o reazioni ad altri medicinali).

Reazioni di ipersensibilità a rapida insorgenza, talora dimostratesi pericolose per la vita, si sono verificate dopo che abacavir era stato assunto nuovamente da pazienti che, prima di interrompere abacavir, avevano manifestato anche solo uno dei sintomi principali dell’ipersensibilità (rash cutaneo, febbre, sintomi gastrointestinali, respiratori o sintomi, quali stato di torpore e malessere). Il sintomo più comune identificato in una reazione di ipersensibilità è stato il rash cutaneo. Tuttavia, in rarissimi casi, sono state riferite reazioni di ipersensibilità in pazienti che avevano ripreso la terapia e che non avevano manifestato in precedenza sintomi di una reazione di ipersensibilità. In entrambi i casi, se si decide di riprendere abacavir, ciò dovrà essere fatto in un ambiente dove sia disponibile un pronto intervento medico.

Ciascun paziente deve essere avvisato riguardo a questa reazione di ipersensibilità ad abacavir

Molte delle reazioni avverse riportate nella tabella di seguito si verificano comunemente (nausea, vomito, diarrea, febbre, stato di torpore, rash) nei pazienti con ipersensibilità ad abacavir. Pertanto, i pazienti con uno qualsiasi di questi sintomi devono essere attentamente controllati per una possibile presenza di tale reazione di ipersensibilità. Se Kivexa è stato sospeso nei pazienti a causa della presenza di uno di questi sintomi e viene deciso di riprendere un medicinale contenente abacavir, ciò deve essere fatto in un ambiente dove sia disponibile un pronto intervento medico (vedere paragrafo 4.4). Molto raramente sono stati riportati casi di eritema multiforme, sindrome di Stevens - Johnson e necrolisi epidermica tossica senza poter escludere una ipersensibilità ad abacavir. In tali casi i medicinali contenenti abacavir devono essere definitivamente sospesi.

Le reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate all’abacavir o alla lamivudina sono elencate per organo, apparato/sistema e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (>1/10), comune (>1/100, <1/10), non comune (>1/1000, <1/100), raro (>1/10.000, <1/1000), molto raro (<1/10.000).

Apparato/sistema Abacavir Lamivudina
Patologie del sistema emolinfopoietico Non comune: neutropenia ed anemia (entrambe talvolta gravi), trombocitopenia Molto raro: aplasia eritrocitaria pura
Disturbi del sistema immunitario Comune: ipersensibilità
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Comune: anoressia
Patologie del sistema nervoso Comune: cefalea Comune: cefalea, insonnia. Molto raro: sono stati riportati casi di neuropatia periferica (o parestesie)
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Comune: tosse, sintomatologia nasale
Patologie gastrointestinali Comune: nausea, vomito, diarrea Raro: è stata riportata pancreatite, ma una relazione causale con il trattamento con abacavir non è certa. Comune: nausea, vomito, dolori o crampi addominali, diarrea Raro: aumenti dell’amilasi sierica. Sono stati riportati casi di pancreatite
Patologie epatobiliari Non comune: transitori aumenti degli enzimi epatici (AST, ALT) Raro: epatite
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune: rash (senza sintomi sistemici) Molto raro: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica Comune: rash, alopecia
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Comune: artralgia, disturbi muscolari Raro: rabdomiolisi
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comune: febbre, stato di torpore, affaticamento Comune: affaticamento, malessere, febbre

Con l’uso di analoghi nucleosidici sono stati riportati casi di acidosi lattica, talvolta fatali, generalmente associati a grave epatomegalia e steatosi epatica (vedere paragrafo 4.4).

La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) nei pazienti con infezione da HIV, inclusi la perdita di grasso sottocutaneo periferico e facciale, l’aumento del grasso addominale e viscerale, l’ipertrofia mammaria e l’accumulo di grasso dorsocervicale (gobba di bufalo).  La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata ad anomalie metaboliche come ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, insulino resistenza, iperglicemia e iperlattatemia (vedere paragrafo 4.4).  In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento dell’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione, può insorgere una reazione infiammatoria a infezioni opportunistiche asintomatiche o residuali (vedere paragrafo 4.4).

Casi di osteonecrosi sono stati riportati soprattutto in pazienti con fattori di rischio generalmente noti, con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). La frequenza di tali casi è sconosciuta (vedere paragrafo 4.4).


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04.9 Sovradosaggio - Inizio Pagina

Non sono stati identificati sintomi e segni specifici in seguito a sovradosaggio acuto con abacavir o lamivudina, se si escludono quelli indicati come effetti indesiderati. Se si verifica sovradosaggio, il paziente deve essere controllato per la comparsa di segni di tossicità (vedere paragrafo 4.8) e deve esser sottoposto a trattamento standard di sostegno, come necessario.  Poichè la lamivudina è dializzabile, nel trattamento del sovradosaggio potrebbe essere usata l’emodialisi continua, sebbene tale pratica non sia stata studiata. Non è noto se abacavir possa essere eliminato dalla dialisi peritoneale o dalla emodialisi.


05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE - Inizio Pagina

05.1 Proprietà farmacodinamiche - Inizio Pagina

Gruppo farmacoterapeutico – inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI), codice ATC: J05AR02.

Meccanismo d’azione: abacavir e lamivudina sono NRTI, e sono inibitori potenti e selettivi dell’HIV-1 e HIV-2. Sia abacavir che lamivudina sono metabolizzati in maniera sequenziale da chinasi intracellulari nelle rispettive forme attive 5’-trifosfato (TP). La lamivudina-TP e il carbovir-TP (la forma trifosfata attiva di abacavir) sono substrati e inibitori competitivi della trascrittasi inversa dell’HIV (TI). Tuttavia, la loro principale azione antivirale consiste nell’incorporazione della forma monofosfato nella catena di DNA virale, portando all’interruzione della catena stessa. Abacavir e lamivudina trifosfato mostrano un’affinità significativamente minore per la DNA polimerasi delle cellule ospiti.

La lamivudina ha dimostrato di essere altamente sinergica con la zidovudina nell’inibizione della replicazione dell’HIV nelle cellule in coltura. Abacavir mostra sinergia in vitro in combinazione con amprenavir, nevirapina e zidovudina. Sono stati riscontrati effetti additivi in combinazione con didanosina, stavudina e lamivudina.  Resistenza in vitro: la resistenza dell’HIV-1 alla lamivudina riguarda lo sviluppo di una mutazione M184I o, più comunemente, una modifica dell’aminoacido in posizione 184 (mutazione M184V) vicino al sito attivo della trascrittasi inversa virale (TI).

Sono stati selezionati in vitro isolati di HIV-1 resistenti ad abacavir; essi sono associati a specifici cambiamenti genotipici nelle regioni del codone della trascrittasi inversa (codoni M184V, K65R, L74V e Y115F). La resistenza virale all’abacavir si sviluppa in modo relativamente lento in vitro, poiché richiede mutazioni multiple per un aumento clinicamente rilevante nella EC50 sul virus selvaggio.

Resistenza in vivo (pazienti naïve alla terapia): varianti della mutazione M184V o M184I, compaiono nei pazienti con infezione da HIV-1 trattati con una terapia antiretrovirale contenente lamivudina.

Isolati dalla maggior parte dei pazienti che vanno incontro a fallimento virologico con un regime contenente abacavir negli studi clinici pivotal hanno mostrato sia nessun cambiamento relativo agli NRTI dal valore basale (45%) o la sola selezione di mutazioni M184V o M184I (45%). La frequenza di selezione complessiva per M184V o M184I è risultata elevata (54%) e meno comune è risultata la selezione di mutazioni L74V (5%), K65R (1%) e Y115F (1%) (vedere Tabella). Si è scoperto che l’inclusione della zidovudina nel regime riduce la frequenza di selezione di L74V e K65R in presenza di abacavir (con zidovudina: 0/40, senza zidovudina:15/192, 8%).

Terapia Abacavir + Combivir 1 Abacavir + lamivudina + NNRTI Abacavir + lamivudina + PI (o PI/ritonavir) Totale
Numero di soggetti 282 1094 909 2285
Numero di fallimenti virologici 43 90 158 306
Numero di genotipi in terapia 40 (100%) 51 (100%)2 141 (100%) 232 (100%)
K65R 0 1 (2%) 2 (1%) 3 (1%)
L74V 0 9 (18%) 3 (2%) 12 (5%)
Y115F 0 2 (4%) 0 2 (1%)
M184V/I 34 (85%) 22 (43%) 70 (50%) 126 (54%)
TAMs 3 3 (8%) 2 (4%) 4 (3%) 9 (4%)

Combivir è una associazione a dose fissa di lamivudina e zidovudina

Include tre fallimenti non virologici e quattro fallimenti virologici non confermati

Numero di soggetti con Thymidine Analogue Mutations (TAMs) ≥1. 

Le mutazioni TAM potrebbero essere selezionate quando analoghi della timidina vengono associati ad abacavir.

In una meta-analisi di sei studi clinici, le mutazioni TAM non sono state selezionate da regimi contenenti abacavir senza zidovudina (0/127), ma sono state selezionate da regimi contenenti abacavir e un analogo della timidina, la zidovudina (22/86, 26%).

Resistenza in vivo (pazienti già sottoposti a terapia): varianti delle mutazioni M184V o M184I, compaiono nei pazienti con infezione da HIV-1 trattati con una terapia antiretrovirale contenente lamivudina e conferiscono un alto livello di resistenza alla lamivudina. I dati in vitro indicano che l’uso continuato della lamivudina nel regime anti-retrovirale, nonostante lo sviluppo della mutazione M184V, possa conferire una residua attività antiretrovirale (probabilmente a seguito di una alterata fitness virale). La rilevanza clinica di tali dati non è stata stabilita. Infatti, i dati clinici disponibili sono molto limitati e precludono qualsiasi conclusione attendibile in materia. Comunque l’avvio di una terapia con NRTI ai quali il virus è sensibile è sempre da preferirsi al mantenimento della terapia con lamivudina. Di conseguenza, il mantenimento della terapia con lamivudina, nonostante l’emergenza della mutazione M184V, deve essere preso in considerazione solo nei casi in cui nessun altro NRTI attivo sia disponibile. Negli isolati clinici di pazienti con replicazione virale non controllata che sono stati pre-trattati con altri analoghi nucleosidi e ai quali sono resistenti, è stata dimostrata una riduzione clinicamente significativa della sensibilità ad abacavir. In una meta analisi di 5 studi clinici dove abacavir (ABC) è stato aggiunto ad una terapia di intensificazione, su 166 soggetti, 123 (74%) hanno sviluppato M184V/I, 50 (30%) hanno sviluppato T215Y/F, 45 (27%) hanno sviluppato M41L, 30 (18%) hanno sviluppato K70R e 25 (15%) hanno sviluppato D67N. K65R era assente e L74V e Y115F non erano frequenti (≤ 3%). Il modello di regressione logistica del valore predittivo del genotipo (aggiustato per la concentrazione plasmatica al basale dell’HIV-1 RNA [vRNA], conta delle cellule CD4+, numero e durata delle precedenti terapie antiretrovirali) ha mostrato che la presenza di 3 o più mutazioni associate alla resistenza agli NRTI, era associata ad una ridotta risposta alla 4° settimana (p=0,015) o a 4 o più mutazioni alla 24°settimana di media (p≤0,012). Inoltre l’inserzione dell’amino acido nella posizione 69 o la mutazione Q151M, generalmente trovata in combinazione con A62V, V751, F77L e F116Y, provoca un alto livello di resistenza ad abacavir.

Mutazioni nella Trascrittasi Inversa al basale Settimana 4 (n = 166)
n Cambiamento della mediana vRNA (log 10 c/mL) Percentuale con <400 copie/mL vRNA
Nessuna 15 -0,96 40%
M184V sola 75 -0,74 64%
Qualsiasi altra mutazione NRTI 82 -0,72 65%
Altre due mutazioni NRTI associate 22 -0,82 32%
Altre tre mutazioni NRTI associate 19 -0,30 5%
4 o più mutazioni NRTIassociate 28 -0,07 11%

Resistenza fenotipica e resistenza crociata: la resistenza fenotipica ad abacavir richiede la mutazione MI84V con almeno un’altra mutazione selezionata da abacavir, o M184V con mutazioni multiple TAMs. La resistenza fenotipica crociata ad altri NRTI con la sola mutazione M184V o M184I è limitata. Zidovudina, didanosina, stavudina e tenofovir mantengono le loro attività antiretrovirali contro tali varianti dell’HIV-1. La presenza di M184V con K65R fa emergere resistenza crociata tra abacavir, tenofovir, didanosina e lamivudina, e la presenza di M184V con L74V fa emergere resistenza crociata tra abacavir, didanosina e lamivudina. La presenza della mutazione M184V con Y115F fa emergere resistenza crociata tra abacavir e lamivudina. L’uso appropriato di abacavir può essere facilitato usando gli attuali algoritmi di resistenza raccomandati.   E’ improbabile la resistenza crociata fra abacavir o lamivudina e antiretrovirali appartenenti ad altre classi ad esempio PI o NNRTI.

Esperienza clinica

Pazienti naïve alla terapia

La combinazione di abacavir e lamivudina al regime posologico di una volta al giorno è supportata da uno studio controllato (CNA30021), multicentrico, in doppio cieco della durata di 48 settimane su 770 pazienti adulti con infezione da HIV, naïve alla terapia. Questi erano, per la maggior parte, pazienti asintomatici con infezione da HIV (CDC:A). I pazienti sono stati randomizzati per ricevere abacavir (ABC) 600 mg una volta al giorno oppure 300 mg due volte al giorno, in combinazione con lamivudina 300 mg una volta al giorno ed efavirenz 600 mg una volta al giorno. I risultati sono riassunti nella tabella seguente:

Risposta virologica basata sull’HIV-1 RNA plasmatico < 50 copie/ml alla 48° settimana ITT Popolazione Esposta Regime di trattamento                       ABC una volta al giorno                     ABC due volte al giorno (N =384)                                              (N = 386) Risposta virologica                             253/384 (66 %)                                     261/386 (68 %)

In entrambi i regimi è stato osservato un successo clinico simile (stima puntuale della differenza dei trattamenti: - 1.7, 95 % CI -8.4, 4.9). Da questi risultati, con un intervallo di confidenza del 95%, si può concludere che la differenza reale non sia maggiore di 8,4% a favore del regime posologico due volte al giorno. Questa potenziale differenza è sufficientemente piccola per condurre ad una conclusione finale di non inferiorità del regime abacavir una volta al giorno rispetto al regime abacavir due volte al giorno.

L’incidenza del fallimento virologico (carica virale >50 copie/ml) è risultata bassa e, nel complesso, simile in entrambi i gruppi di trattamento, al regime posologico una volta al giorno e due volte al giorno (10 % e 8 % rispettivamente). In un campione di piccole dimensioni per l’analisi genotipica, è emersa una tendenza verso un tasso maggiore di mutazioni associate agli NRTI nel gruppo abacavir al regime una volta al giorno, rispetto al gruppo abacavir al regime due volte al giorno.  Non può essere tratta alcuna conclusione definitiva, dal momento che i dati provenienti da questo studio sono limitati. Dati al lungo termine con abacavir impiegato al regime posologico una volta al giorno (oltre le 48 settimane) sono al momento limitati.

Pazienti experienced alla terapia

Nello studio CAL30001 182 pazienti experienced al trattamento, in fallimento virologico, sono stati randomizzati e ricevevano un trattamento sia con Kivexa una volta al giorno o con abacavir 300 mg due volte al giorno più lamivudina 300 mg una volta al giorno, entrambi i gruppi in combinazione con tenofovir e un PI o un NNRTI per 48 settimane. I risultati indicano che il gruppo di trattamento con Kivexa era non inferiore al gruppo di trattamento con abacavir due volte al giorno, sulla base di riduzioni simili dei livelli di HIV-1 RNA misurati come area media sotto la curva meno il basale (AAUCMB, -1,65 log10 copie/ml verso -1,83 log10 copie/ml rispettivamente, 95 % CI -0,13, 0,38). Anche le percentuali con HIV-1 RNA < 50 copie/ml (50 % verso 47 %) e < 400 copie/ml (54 % verso 57 %) erano simili in ciascun gruppo (popolazione ITT). Tuttavia dal momento che in questo studio sono stati inclusi pazienti solo moderatamente trattati in precedenza con uno squilibrio tra i gruppi nella carica virale al basale, questi risultati devono essere interpretati con cautela.  Nello studio ESS30008, 260 pazienti con soppressione virologica in prima linea di terapia con un regime contenente abacavir 300 mg più lamivudina 150 mg, entrambi somministrati al dosaggio di due volte al giorno e un PI o un NNRTI, sono stati randomizzati per continuare questo regime di trattamento o a passare al regime contenente Kivexa più un PI o un NNRTI per 48 settimane. I risultati mostrano che il gruppo contenente Kivexa ha ottenuto un risultato virologico simile (non inferiore) al gruppo trattato con abacavir più lamivudina, sulla base della percentuale di soggetti con HIV-1 RNA < 50 copie/ml (90 % e 85 % rispettivamente, 95 % CI -2,7, 13,5).


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05.2 Proprietà farmacocinetiche - Inizio Pagina

La compressa come associazione a dose fissa di abacavir/lamivudina (FDC) ha mostrato di essere bioequivalente a lamivudina e abacavir somministrati separatamente. Questo è stato dimostrato in uno studio di bioequivalenza a dose singola crossover a tre braccia di FDC (a digiuno) verso 2 compresse di abacavir 300 mg più 2 compresse di lamivudina 150 mg (a digiuno) verso FDC somministrata con cibo ad alto contenuto di grassi, in volontari sani (n = 30). Nella condizione a digiuno non c’è stata alcuna differenza significativa nel grado di assorbimento misurata come area sotto la curva della concentrazione plasmatica nel tempo (AUC) e picco massimo della concentrazione (Cmax) per ciascun componente.

Non è stato osservato alcun effetto clinicamente significativo correlato al cibo tra la somministrazione di FDC nella condizione a digiuno o a stomaco pieno. Questi risultati indicano che FDC può essere assunta con o senza cibo. Le proprietà farmacocinetiche di lamivudina e abacavir sono descritte di seguito.

Assorbimento

Abacavir e lamivudina sono assorbiti bene e rapidamente dal tratto gastrointestinale, dopo somministrazione orale. La biodisponibilità assoluta dell’abacavir e della lamivudina dopo somministrazione orale negli adulti è di circa l’83% e l’80-85% rispettivamente. Il tempo medio per il raggiungimento della concentrazione massima nel siero (tmax) è di circa 1.5 ore e 1.0 ore per abacavir e lamivudina rispettivamente. Dopo una singola dose di 600 mg di abacavir, la media (CV) della Cmax è 4.26 mcg/ml (28%), la media (CV) della AUC‡ è 11.95 mcg.ora/ml (21%). A seguito della somministrazione orale in dose multipla di lamivudina 300 mg una volta al giorno per sette giorni, la media (CV) allo steady-state della Cmax è 2.04 mcg/ml (26%) e la media (CV) dell’AUC24 è 8.87 mcg.ora/ml (21%).

Distribuzione            

Gli studi di somministrazione per via endovenosa di abacavir e lamivudina hanno mostrato che il volume medio apparente di distribuzione è 0,8 e 1.3 l/kg rispettivamente. Gli studi in vitro di legame con le proteine plasmatiche indicano che abacavir ha un legame di grado basso-moderato (circa 49%) con le proteine plasmatiche umane a concentrazioni terapeutiche. La lamivudina presenta una farmacocinetica di tipo lineare nell’ambito delle dosi terapeutiche e mostra una ridotta capacità di legame con le principali proteine plasmatiche in vitro (< 36%). Ciò indica una bassa probabilità di interazioni con altri medicinali da spiazzamento del sito di legame delle proteine plasmatiche.

I dati mostrano che abacavir e lamivudina penetrano nel sistema nervoso centrale e raggiungono il liquido cerebrospinale. Gli studi con abacavir dimostrano un rapporto delle AUC liquor/plasma compreso fra il 30 e il 44%. I valori osservati delle concentrazioni di picco sono 9 volte superiori della IC50 di abacavir che è di 0,08 mcg/ml o 0,26 mcM quando abacavir è somministrato alla dose di 600 mg due volte al giorno. Il rapporto medio tra la concentrazione della lamivudina nel liquor e nel siero, dopo 2-4 ore dalla somministrazione orale, è di circa il 12%. Non è nota la reale entità del passaggio nel liquido cerebrospinale nè la sua relazione con una eventuale efficacia clinica.

Metabolismo

Abacavir è principalmente metabolizzato dal fegato e approssimativamente il 2% della dose somministrata viene escreta dal rene, come composto immodificato. Le vie metaboliche principali nell’uomo sono rappresentate dall’alcool deidrogenasi e dalla glucuronidazione con produzione di acido 5’-carbossilico e del 5’-glucuronide, che ammontano a circa il 66% della dose somministrata. Questi metaboliti sono escreti nelle urine.  Il metabolismo della lamivudina è una via minore di eliminazione. La lamivudina viene principalmente eliminata dalla escrezione renale come lamivudina immodificata. A causa del limitato metabolismo epatico (5-10 %) è bassa la probabilità di interazioni metaboliche della lamivudina con altri medicinali.

Eliminazione

L’emivita media di abacavir è di circa 1,5 ore. Dopo dosi orali multiple di abacavir 300 mg due volte al giorno non vi è significativo accumulo di abacavir. L’eliminazione di abacavir avviene tramite metabolismo epatico con successiva escrezione dei metaboliti principalmente nelle urine. I metaboliti e l’abacavir immodificato ammontano nelle urine a circa l’83% della dose di abacavir somministrata. La restante porzione è eliminata nelle feci.  L’emivita di eliminazione osservata per la lamivudina è di 5-7 ore. La clearance sistemica media è circa 0,32 litri/ora/kg, per la maggior parte per eliminazione renale (>70%) attraverso il sistema di trasporto dei cationi organici. Gli studi nei pazienti con insufficienza renale mostrano che l’eliminazione della lamivudina è influenzata dalla disfunzione renale. Nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min è necessaria una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).

Farmacocinetica intracellulare

In uno studio su 20 pazienti con infezione da HIV, trattati con abacavir 300 mg due volte al giorno, con solo una dose da 300 mg assunta 24 ore prima del periodo di prelievo, la media geometrica dell’emivita finale del carbovir-TP intracellulare allo steady-state è stata di 20.6 ore rispetto alla media geometrica dell’emivita plasmatica di abacavir in questo studio di 2.6 ore. In uno studio crossover su 27 pazienti con infezione da HIV, le esposizioni a carbovir-TP-intracellulare sono state maggiori con il regime terapeutico di abacavir 600 mg una volta al giorno (AUC24,ss + 32 %, Cmax24,ss + 99 % e Ctrough + 18 %) rispetto al regime terapeutico di abacavir 300 mg due volte al giorno. Per i pazienti trattati con lamivudina 300 mg una volta al giorno l’emivita finale intracellulare della lamivudina-TP era estesa a 16-19 ore, in confronto all’emivita plasmatica della lamivudina di 5-7 ore. In uno studio crossover su 60 volontari sani, i parametri farmacocinetici di lamivudina-TP intracellulare sono stati simili (AUC24,ss e Cmax24,ss ) o inferiori (Ctrough - 24 %) con il regime terapeutico di lamivudina 300 mg una volta al giorno rispetto al regime terapeutico di lamivudina 150 mg due volte al giorno. Complessivamente questi dati supportano l’impiego di lamivudina 300 mg e abacavir 600 mg una volta al giorno per il trattamento dei pazienti con infezione da HIV. Inoltre, l’efficacia e la sicurezza di questa associazione somministrata una volta al giorno, è stata dimostrata in uno studio clinico pivotal (CNA30021 vedi Esperienza clinica).

Popolazioni speciali

Insufficienza epatica: non ci sono dati disponibili sull’impiego di Kivexa nei pazienti con insufficienza epatica. I dati di farmacocinetica sono stati ottenuti da abacavir e lamivudina da soli.  Abacavir è metabolizzato principalmente dal fegato. La farmacocinetica di abacavir è stata studiata nei pazienti con lieve compromissione epatica (Child-Pugh score 5-6) trattati con una singola dose di 600 mg. I risultati mostravano che vi era un aumento medio di 1.89 volte [1.32; 2.70] nella AUC di abacavir, e di 1.58 volte [1.22; 2.04] nell’emivita di eliminazione. Non è possibile alcuna raccomandazione sulla riduzione della dose nei pazienti con insufficienza epatica lieve a causa della considerevole variabilità dell’esposizione ad abacavir.  I dati ottenuti dai pazienti con insufficienza epatica da moderata a grave mostrano che la farmacocinetica della lamivudina non viene alterata in maniera significativa dalla disfunzione epatica.  Insufficienza renale: i dati di farmacocinetica sono stati ottenuti separatamente per lamivudina e abacavir.  Abacavir è metabolizzato principalmente dal fegato con approssimativamente il 2% di abacavir escreto nelle urine immodificato. La farmacocinetica di abacavir in pazienti con malattia renale all’ultimo stadio è simile a quella dei pazienti con normale funzionalità renale.

Studi con lamivudina mostrano che le concentrazioni plasmatiche (AUC) vengono incrementate nei pazienti con disfunzione renale a causa della clearance ridotta. Si richiede una riduzione della dose nei pazienti con una clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min.

Anziani: non sono disponibili dati di farmacocinetica nei pazienti di età superiore a 65 anni.


05.3 Dati preclinici di sicurezza - Inizio Pagina

Ad eccezione di un test negativo nel ratto in vivo sul micronucleo non sono disponibili dati sugli effetti della combinazione abacavir e lamivudina negli animali.

Mutagenesi e cancerogenesi

Né abacavir né lamivudina sono mutageni nei test sui batteri ma, come molti analoghi dei nucleosidi, presentano attività nei test in vitro sui mammiferi, come il test sul linfoma del topo. Ciò è in accordo con la nota attività di altri analoghi nucleosidici. I risultati di un test sul micronucleo nel ratto in vivo con abacavir e lamivudina in associazione sono stati negativi.

La lamivudina non ha mostrato alcuna attività genotossica negli studi in vivo a dosi che hanno indotto concentrazioni plasmatiche fino a 30-40 volte più alte delle concentrazioni plasmatiche previste in ambito clinico.  Abacavir ha dimostrato un basso potenziale di causare danno cromosomico in vitro ed in vivo alle alte concentrazioni testate.

Non è stato verificato il potenziale cancerogeno di un’associazione di abacavir e lamivudina. Negli studi a lungo termine di cancerogenesi per somministrazione orale nel ratto e nel topo, la lamivudina non ha mostrato alcun potenziale cancerogeno. Gli studi di cancerogenesi mediante somministrazione orale di abacavir nel topo e nel ratto, hanno mostrato un aumento nell’incidenza di tumori maligni e benigni. I tumori maligni si riscontravano nella ghiandola del prepuzio dei maschi e nella ghiandola del clitoride delle femmine di entrambe le specie e nei ratti nella ghiandola tiroide dei maschi, nel fegato, nella vescica urinaria, nei linfonodi e nel tessuto sottocutaneo delle femmine.

La maggior parte di questi tumori si verificava alle più alte dosi di abacavir di 330 mg/kg/die nel topo e di 600 mg/kg/die nel ratto. L’eccezione era il tumore alla ghiandola del prepuzio che si verificava a dosi di 110 mg/kg nel topo. L’esposizione sistemica senza effetti nel topo e nel ratto era equivalente a 3-7 volte l’esposizione sistemica nell’uomo durante la terapia. Benchè il potenziale cancerogeno sia sconosciuto nell’uomo, questi dati suggeriscono che il rischio di cancerogenesi nell’uomo venga superato dal potenziale beneficio clinico.

Tossicità a dosi ripetute

Negli studi di tossicologia abacavir ha mostrato di aumentare il peso del fegato nei ratti e nelle scimmie. La rilevanza clinica di questa osservazione è sconosciuta.

Dagli studi clinici, non si evidenzia che abacavir sia epatotossico. Inoltre non è stata osservata nell’uomo una autoinduzione del metabolismo di abacavir o induzione del metabolismo di altri farmaci metabolizzati a livello epatico.

A seguito della somministrazione di abacavir per due anni, è stata osservata lieve degenerazione del miocardio nel cuore del topo e del ratto. Le esposizioni sistemiche erano pari a dosi da 7 a 24 volte l’esposizione sistemica attesa nell’uomo. La rilevanza clinica di queste osservazioni non è stata determinata. Tossicità riproduttiva Negli studi di tossicità riproduttiva negli animali, la lamivudina e l’abacavir hanno mostrato di attraversare la placenta. La lamivudina non si è dimostrata teratogena negli studi animali ma veniva evidenziato un incremento delle morti embrionali precoci nel coniglio ad esposizioni sistemiche relativamente basse comparabili a quelle ottenute nell’uomo. Un effetto simile non è stato visto nei ratti, anche per esposizioni sistemiche molto alte.  Abacavir ha dimostrato tossicità nello sviluppo embrionale e fetale nel ratto ma non nel coniglio. Queste osservazioni includevano diminuzione del peso corporeo del feto, edema fetale e un incremento delle anomalie/malformazioni dello scheletro, morti precoci intra-uterine e nati morti. A causa di questa tossicità embrio-fetale, non può essere tratta alcuna conclusione riguardo il potenziale teratogeno di abacavir.

Uno studio di fertilità nel ratto ha mostrato che abacavir e lamivudina non avevano effetto sulla fertilità maschile e femminile.


06.0 INFORMAZIONI FARMACEUTICHE - Inizio Pagina

06.1 Eccipienti - Inizio Pagina

Nucleo:

magnesio stearato, cellulosa microcristallina, sodio amido glicolato.

Rivestimento:

Opadry Orange YS-1-13065-A contenente: ipromellosa, titanio biossido (E171), macrogol 400, polisorbato 80, colorante giallo tramonto (E110).


06.2 Incompatibilità - Inizio Pagina

Non pertinente.


06.3 Periodo di validità - Inizio Pagina

3 anni.


06.4 Speciali precauzioni per la conservazione - Inizio Pagina

Conservare a temperatura non superiore ai 30°C.


06.5 Natura e contenuto della confezione - Inizio Pagina

30 compresse in confezioni contenenti blister bianco opachi (PVC/PVDC/alluminio) e flaconi bianchi (HDPE) muniti di chiusura di sicurezza a prova di bambino.


06.6 Istruzioni per l'uso e la manipolazione - Inizio Pagina

Nessuna istruzione particolare.


07.0 TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO - Inizio Pagina

Glaxo Group Ltd

Greenford Road

Greenford

Middlesex UB6 0NN

Regno Unito


08.0 NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO - Inizio Pagina

EU/1/04/298/001-002

A.I.C. N. 036644019

A.I.C. N. 036644021


09.0 DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE - Inizio Pagina

17/12/2004


10.0 DATA DI REVISIONE DEL TESTO - Inizio Pagina

27/08/2007