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MORFINA CLORIDRATO MONICO
Una fiala contiene:
| 10 mg/1 ml | 20 mg/1 ml | 50 mg/5 ml | 100 mg/10 ml | 100 mg/5 ml | 200 mg/10 ml |
Morfina cloridrato mg | 10 | 20 | 50 | 100 | 100 | 200 |
Acqua p.p.i. q.b. a ml | 1 | 1 | 5 | 10 | 5 | 10 |
Soluzione iniettabile per uso endovenoso, epidurale, intramuscolare e sottocutaneo.
Dolori cronici intensi e/o resistenti agli altri antidolorifici, in particolare dolori di origine cancerosa. Infarto del miocardio. Edema polmonare acuto.
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Nel dolore acuto: per iniezione sottocutanea o intramuscolare, alla dose di 10 mg da ripetere, se necessario, ogni 4 ore; nel dolore post-operatorio, per iniezione epidurale, alla dose di 2 – 4 mg.
Nell’edema polmonare acuto: per iniezione endovenosa lenta (2 mg/min), fino a 5-10 mg.
Nell’infarto del miocardio: per iniezione endovenosa lenta (2 mg/min), 10 mg seguiti, se necessario, da altri 10 mg.
– In caso di ipersensibilità alla morfina e ai suoi derivati.
– Tutte le forme di addome acuto con ileo paralitico.
– In gravidanza e durante l'allattamento (vedere al punto 4.6).
– Negli stati di depressione del S.N.C. (in particolare quelli indotti da altri farmaci come ipnotici, sedativi, tranquillanti, ecc.). Nell’alcoolismo acuto, nel delirium tremens, nei traumatismi cranici ed in tutte le condizioni di ipertensione endocranica, negli stati convulsivi, nella insufficienza respiratoria e nell’insufficienza epatocellulare grave.
– Durante un attacco di asma bronchiale, in caso di scompenso cardiaco secondario ad affezioni croniche del polmone e dopo interventi chirurgici sulle vie biliari.
– Morfina e farmaci inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO): diverse schede tecniche di narcotici analgesici ed anche alcuni testi di farmacologia sottolineano come controindicato l’uso della morfina in pazienti in terapia con IMAO. Di fatto, è accertato che l’associazione di meperidina con IMAO può dar luogo a gravi reazioni quali intensa depressione o
stimolazione respiratoria, delirio, iperpiressia e convulsioni; ma nessuna interazione avversa è stata riportata con altri narcotici-analgesici.
La somministrazione di morfina, specie se prolungata, può determinare la comparsa di tolleranza e dipendenza.
La tolleranza all’effetto analgesico della morfina si presenta come riduzione progressiva dell’efficacia e della durata dell’analgesia e comporta, come conseguenza, un aumento del dosaggio. La tolleranza all’inibizione dei centri del respiro si sviluppa parallelamente, per cui l’aggiustamento del dosaggio non comporta il rischio di una depressione respiratoria. Contemporaneamente alla tolleranza ai diversi effetti della morfina e con lo stesso meccanismo d’azione, si sviluppa la dipendenza. La tolleranza ai narcotici-analgesici non consegue ad un fenomeno di desensibilizzazione recettoriale, ma è indice dello sviluppo di meccanismi neurobiologici di segno opposto rispetto a quelli indotti dalla stimolazione dei recettori oppioidi. Lo stabilirsi di meccanismi adattativi (che presuppongono la sintesi di nuove molecole proteiche) ristabilisce l’equilibrio della funzione perturbata dalla ripetuta azione farmacologica della morfina. Il nuovo equilibrio è sostenuto dalla stimolazione dei recettori mu-oppioidi da parte della morfina e dai meccanismi adattativi messi in essere dall’organismo e perdura fino a che la morfina stimola i recettori mu-oppioidi. In una condizione di tolleranza, l’interruzione della somministrazione di morfina evidenzia l’attività funzionale di questi meccanismi, che si rivela in termini di sintomi speculari rispetto agli effetti acuti del narcotico: iperalgesia e dolorabilità diffusa, diarrea, midriasi, ipertensione, brividi di freddo, ecc. Questi sintomi nel loro insieme costituiscono la “sindrome di astinenza”, la cui comparsa dimostra l’avvenuto sviluppo della dipendenza.
Tolleranza e dipendenza si sviluppano molto lentamente in clinica, se la morfina viene somministrata per prevenire l’insorgenza del dolore e non al bisogno. I meccanismi della tossicodipendenza col “craving” (tossicomania) da oppiacei presuppongono una fase di autosomministrazione, cioè schemi posologici e motivazioni alla base dell’assunzione di morfina ed eroina diversi da quelli previsti per il controllo del dolore cronico in clinica. Per cui sono rari i casi di tolleranza di grado elevato e di comportamenti compulsivi di appetizione del farmaco che, se presenti, presuppongono un intervento specialistico. Anche l’eventuale fase di interruzione della terapia con oppiacei, da attuarsi con gradualità, non si accompagna in clinica a complicanze comportamentali; sempre che la causa algogena sia stata rimossa.
Peraltro il rischio di dipendenza esiste, per cui la morfina non deve essere utilizzata negli stati dolorosi sensibili ad analgesici meno potenti o nei pazienti che non siano sotto stretta sorveglianza medica.
La tolleranza agli effetti farmacologici della morfina si attenua e scompare in pochi giorni dopo l’interruzione, assieme alla scomparsa dei sintomi di astinenza cioè della tolleranza.
Tutti i preparati a base di morfina vanno somministrati con cautela nei soggetti anziani o debilitati e nei pazienti affetti da:
– affezioni organiche cerebrali;
– depressione respiratoria;
– affezioni polmonari croniche (particolarmente se accompagnate da ipersecrezione bronchiale) e comunque in tutte le condizioni ostruttive delle vie respiratorie e nei pazienti con ridotta riserva ventilatoria (come in caso di cifoscoliosi ed obesità);
– mixedema o ipertiroidismo;
– insufficienza adrenocorticale, stati ipotensivi gravi e shock;
– coliche biliari e in seguito a chirurgia dei dotti biliari o urinari;
– ipertrofia prostatica;
– rallentamento del transito intestinale;
– affezioni intestinali di tipo infiammatorio o ostruttivo;
– epatopatie acute e croniche;
– nefropatie croniche.
La morfina, per il suo effetto analgesico e per la sua azione sul livello di coscienza, sul diametro pupillare e sulla dinamica respiratoria può rendere difficile la valutazione clinica del paziente ed ostacolare la diagnosi di quadri addominali acuti.
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La contemporanea somministrazione di altri agenti che deprimono il S.N.C. (alcool, anestetici generali, ipnotici, sedativi, ansiolitici, neurolettici, antidepressivi triciclici, antiistaminici) può potenziare gli effetti della morfina, particolarmente quello di inibizione sulla funzione respiratoria.
La morfina, inoltre, può ridurre l’azione dei diuretici e potenziare gli effetti degli agenti di blocco neuromuscolare e dei miorilassanti in genere.
L’uso della morfina cloridrato, come di tutti gli analgesici stupefacenti è da attuarsi con cautela in gravidanza, tenendo presente che può provocare depressione respiratoria nel neonato se somministrato acutamente o sindrome d’astinenza se somministrato ripetutamente.
In ogni caso la somministrazione acuta deve essere evitata nei parti prematuri o durante la seconda fase del travaglio quando la dilatazione del collo uterino raggiunge i 4-5 cm. I sali di morfina sono escreti nel latte materno. Pertanto, nelle donne che allattano, occorre una attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio e decidere sull’opportunità di somministrare il farmaco, rinunciando a nutrire al seno il lattante o, viceversa, proseguire l’allattamento evitando la somministrazione del medicinale.
La somministrazione acuta di morfina incide sulle facoltà psicofisiche dell’individuo, può produrre sedazione e sonnolenza, rallentare le risposte riflesse agli stimoli esterni e, quindi, ridurre le prestazioni nella guida di autoveicoli. La tolleranza a questi effetti insorge in pochi giorni ed è completa dopo qualche settimana.
A carico del sistema nervoso centrale: il prodotto, anche a dosi terapeutiche, determina depressione respiratoria ed in minor misura depressione circolatoria. La depressione respiratoria è, in genere, di grado lieve o moderato e senza conseguenze di rilievo nei soggetti con integrità della funzione respiratoria; tuttavia, può indurre gravi conseguenze nei pazienti con affezioni bronco-polmonari come la formazione di aree di atelectasia.
Comunque, a seguito di somministrazione orale o parenterale di narcotici-analgesici, è stata segnalata la comparsa di grave depressione respiratoria e circolatoria fino all’arresto respiratorio ed al collasso.
Altri effetti neurologici segnalati sono: miosi, turbe della visione, cefalea, vertigini, aumento della pressione endocranica che può aggravare preesistenti patologie dell’encefalo.
Sono inoltre possibili modificazioni psicologiche, come eccitazione, insonnia, irritabilità, agitazione, euforia e disforia, ovvero sedazione ed astenia, depressione del tono dell’umore, ottundimento mentale e stati di indifferenza.
A carico dell’apparato cardiovascolare: la somministrazione acuta di morfina produce vasodilatazione periferica, riduce le resistenze periferiche e attenua i riflessi vasomotori. Questi effetti non sono avvertiti dal paziente in posizione supina, ma possono dar luogo a episodi di ipotensione ortostatica e sincope se il paziente assume la posizione eretta. A questi effetti insorge tolleranza dopo poche somministrazioni ripetute a breve distanza di tempo.
A carico dell’apparato gastro-intestinale: la somministrazione acuta di morfina può produrre nausea e conati di vomito, sia per stimolazione della CTZ che per una sensibilizzazione alla stimolazione labirintica. La morfina riduce la secrezione gastrica e duodenale, aumenta il tono della muscolatura liscia intestinale e rallenta la progressione dell’onda peristaltica. Per cui produce stipsi di tipo spastico.
A carico delle vie biliari: la somministrazione acuta di morfina produce costrizione dello sfintere di Oddi e conseguente aumento della pressione nelle vie biliari, che può accentuare il senso di nausea e fastidio epigastrico e accentuare o scatenare il dolore da colica biliare.
A carico dell’apparato endocrino: la morfina riduce l’increzione del fattore di rilascio della corticotropina (CRF) conseguente a stress e di gonadoreline. Di conseguenza si ha una diminuzione di produzione di ACTH e di glucocorticoidi, così come di LH, FSH e di steroidi sessuali. La morfina aumenta inoltre l’increzione di prolattina, che può accentuare le conseguenze della ridotta produzione di testosterone nel maschio. Infine, può aumentare la produzione di ormone antidiuretico (ADH).
A carico dell’apparato urogenitale: la morfina aumenta il tono muscolare degli ureteri, ma l’effetto è bilanciato dall’oliguria di origine ormonale. Prolunga i tempi di svuotamento della vescica, ma a questo effetto compare rapida tolleranza.
A carico della cute: la somministrazione acuta di morfina può produrre arrossamento del volto, del collo e delle regioni superiori del torace, sudorazione, prurito, orticaria e altre eruzioni cutanee. Dolore nel punto di iniezione.
Per quanto riguarda la sindrome da astinenza vedere al punto 4.4.
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L’iperdosaggio di narcotici-analgesici determina grave depressione respiratoria, circolatoria e dello stato di coscienza che può progredire fino all’arresto respiratorio, al collasso e al coma. Altri segni di tossicità acuta sono miosi estrema, ipotermia e flaccidità dei muscoli scheletrici. Nella fase di coma profondo si ha rilasciamento degli sfinteri, incluso quello pupillare e, quindi, midriasi.
Somministrare naloxone per via endovenosa a dosi comprese tra 0,4 e 2 mg fino al risveglio del paziente, che deve riprendere a respirare autonomamente, evitando per quanto è possibile di scatenare una crisi di astinenza. Lo stato di coscienza va in seguito mantenuto somministrando il naloxone per infusione endovena ad un dosaggio che eviti i sintomi di astinenza, fino a che le concentrazioni plasmatiche di agonista abbiano raggiunto un livello di sicurezza.
ATC: N02AA01
Analgesici oppioidi: alcaloidi naturali dell’oppio (ATC: N02AA01).
Azione sul sistema nervoso centrale. La morfina è dotata di azione analgesica centrale; agisce anche sul tono dell’umore e produce sensazione di benessere ed euforia (< 10 mg). A dosi più elevate (> 10 mg) induce torpore e meno frequentemente dà eccitazione.
Sui centri respiratori la morfina esercita, a partire dalla dose terapeutica, un’azione depressiva. Deprime i centri della tosse e agisce sul centro del vomito (a dosi moderate e nei soggetti che non hanno mai assunto morfina, ha un effetto emetico; a dosi più forti e con somministrazioni ripetute, esercita un’azione antiemetica).
Infine, la morfina provoca miosi di origine centrale. Tale segno può indicare, talora, la presenza di uno stato di intossicazione cronica.
Azione sulla muscolatura liscia. La morfina diminuisce il tono e il peristaltismo delle fibre longitudinali e aumenta il tono delle fibre circolari, il che determina uno spasmo degli sfinteri (piloro, valvola ileocecale, sfintere anale, sfintere d’Oddi, sfintere vescicale). Tale azione si traduce clinicamente in fenomeni di stitichezza, in un aumento della pressione nei canali biliari, nella comparsa di spasmi a livello delle vie urinarie.
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La via metabolica principale della morfina è la coniugazione con l’acido glucuronico in posizione 6 o 3. La morfina-6-glucuronide è cento volte più potente della morfina se iniettata nel S.N.C., ma penetra meno della morfina attraverso la barriera emato-encefalica. Somministrata per via parenterale nell’animale la morfina-6-glucuronide è due volte più potente della morfina come analgesico. La morfina ha un’emivita plasmatica di 2-3 ore nell’adulto normale e l’effetto analgesico di 4-5 ore è in parte dovuto alla morfina-6-glucuronide che ha un’emivita più prolungata. La morfina-3-glucuronide ha scarsa attività intrinseca e costituisce il principale metabolita urinario della morfina.
DL50 nel topo per os: 650 mg/kg; nel ratto per os: 460 mg/kg; nella cavia per os 1000 mg/kg.
Nell’uomo la tossicità della morfina è stata studiata nei casi di sovradosaggio, ma a causa della grande variabilità individuale nella sensibilità agli oppiacei è difficile determinare l’esatta dose tossica o letale. La presenza di tolleranza diminuisce gli effetti tossici della morfina.
Acqua per preparazioni iniettabili.
Nesuna.
La validità del prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato è di 24 mesi.
Attenzione: non usare il medicinale oltre tale data.
Conservare in luogo protetto dal calore e al riparo dalla luce.
Fiala in vetro neutro da ml 1.
Attenzione: le soluzioni colorate non devono essere usate.
MONICO S.p.A. – Via Ponte di Pietra 7 – Venezia/Mestre.
5 fiale 10 mg/1 ml A.I.C.: 030798019
5 fiale 20 mg/1 ml A.I.C.: 030798021
1 fiala 10 mg/1 ml A.I.C.: 030798033
1 fiala 20 mg/1 ml A.I.C.: 030798045
5 fiale 50 mg/5ml A.I.C. 030798058
5 fiale 100 mg/10 ml A.I.C.: 030798060
5 fiale 100 mg/5ml A.I.C.: 030798072
5 fiale 200 mg/10 ml A.I.C.: 030798084
5 fiale 10 mg/1 ml 8/11/1998
5 fiale 20 mg/1 ml 8/11/1998
1 fiala 10 mg/1 ml 15/12/1999
1 fiala 20 mg/1 ml 15/12/1999
5 fiale 50 mg/5ml 17/12/2007
5 fiale 100 mg/10 ml 17/12/2007
5 fiale 100 mg/5ml 17/12/2007
5 fiale 200 mg/10 ml 17/12/2007
17 dicembre 2007.