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NEXAVAR
Ogni compressa rivestita con film contiene 200 mg di sorafenib (come tosilato)
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Compresse rivestite con film.
Compresse rivestite con film, rosse, rotonde, biconvesse, contrassegnate con la croce Bayer su un lato e “200” sull’altro.
Epatocarcinoma
Nexavar è indicato per il trattamento dell’epatocarcinoma (vedere paragrafo 5.1)
Carcinoma a cellule renali
Nexavar è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato dopo fallimento terapeutico ad una precedente terapia a base di interferone alfa o interleuchina-2, o che sono considerati non idonei a ricevere tale terapia.
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Il trattamento con Nexavar deve avvenire sotto la supervisione di un medico con esperienza nell’uso di terapie antitumorali.
La dose raccomandata di Nexavar negli adulti è di 400 mg (due compresse da 200 mg) due volte al giorno (equivalente a una dose totale giornaliera di 800 mg). Sorafenib deve essere somministrato lontano dai pasti o con un pasto a contenuto lipidico basso o moderato. Se il paziente intende fare un pasto con alto contenuto lipidico, le compresse di sorafenib vanno prese almeno un’ora prima o due ore dopo il pasto.
Le compresse devono essere deglutite con un bicchiere d’acqua.
Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico, o finché non compaiono tossicità inaccettabili.
Adeguamento della Posologia
La gestione di sospette reazioni avverse al farmaco può richiedere l’interruzione temporanea o la riduzione del dosaggio nella terapia con Nexavar. Quando si rende necessaria una riduzione della dose, la dose di Nexavar deve essere ridotta a due compresse da 200 mg una volta al giorno (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti in età pediatrica: la sicurezza e l’efficacia in bambini e adolescenti (< 18 anni) non sono state studiate. L’uso di Nexavar non è raccomandato in bambini e adolescenti per la mancanza di dati riguardanti la sicurezza e l’efficacia (vedere paragrafo 5.3).
Pazienti anziani: per la popolazione anziana (pazienti con più di 65 anni di età) non è necessario alcun adeguamento della posologia.
Ridotta funzionalità renale: non è necessario alcun adeguamento della posologia per pazienti con compromissione della funzionalità renale lieve, moderata o severa.
Non sono disponibili dati relativi a pazienti in dialisi (vedere paragrafo 5.2).
È consigliabile il monitoraggio dell’equilibrio idro-elettrolitico in pazienti a rischio di insufficienza renale.
Ridotta funzionalità epatica: non è necessario alcun adeguamento della posologia per pazienti con compromissione della funzionalità epatica Child Pugh A e B (da lieve a moderata). Non sono disponibili dati su pazienti con compromissione della funzionalità epatica Child Pugh C grave (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Tossicità dermatologica: reazione cutanea mano-piede (eritrodisestesia palmo-plantare) e rash rappresentano le più comuni reazioni avverse a Nexavar. Rash e reazione cutanea mano-piede sono solitamente di Grado 1 e 2, secondo i Common Toxicity Criteria (CTC), e generalmente appaiono durante le prime sei settimane di trattamento con Nexavar. La gestione della tossicità dermatologica può includere terapie topiche per alleviare la sintomatologia, temporanea interruzione del trattamento con Nexavar e/o una variazione del suo dosaggio, oppure in casi gravi o persistenti l’interruzione definitiva della sua somministrazione (vedere paragrafo 4.8).
Ipertensione: in pazienti trattati con Nexavar si è osservata una maggiore incidenza d’ipertensione arteriosa. In questi pazienti l’ipertensione era solitamente da lieve a moderata, si manifestava nelle prime fasi di trattamento e rispondeva alla terapia antiipertensiva standard. La pressione arteriosa deve essere monitorata regolarmente e trattata, se necessario, secondo la pratica medica corrente. In caso di ipertensione grave o persistente, o di crisi ipertensive nonostante si sia iniziata una terapia antiipertensiva, si raccomanda di considerare l’eventuale interruzione definitiva della somministrazione di Nexavar (vedere paragrafo 4.8).
Emorragia: il rischio di sanguinamento può aumentare a seguito della somministrazione di Nexavar. Se un episodio di sanguinamento necessita di intervento medico, si raccomanda di considerare l’eventualità di interrompere definitivamente la somministrazione di Nexavar (vedere paragrafo 4.8).
Ischemia cardiaca e/o infarto: in uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato verso placebo, (studio 1, vedere paragrafo 5.1) l’incidenza di infarto o ischemia cardiaca insorti durante il trattamento era maggiore nel gruppo trattato con Nexavar (2,9%) che nel gruppo trattato con placebo (0,4%). Nello studio 3 (vedere paragrafo 5.1) l’incidenza di infarto o ischemia cardiaca insorti durante il trattamento era del 2,7% nei pazienti trattati con Nexavar e del 1,3% nei pazienti trattati con placebo. Pazienti con malattia coronarica instabile o con infarto del miocardio recente erano esclusi da questi studi. La necessità di una sospensione temporanea o definitiva del trattamento con Nexavar deve essere considerata nei pazienti che sviluppano un’ischemia cardiaca e/o un infarto (vedere paragrafo 4.8).
Perforazione gastrointestinale: la perforazione gastrointestinale è un evento non comune ed è stato segnalato in meno del 1% dei pazienti che assumono sorafenib. In alcuni casi non vi era associazione con un tumore intra-addominale evidente. In caso di perforazione gastrointestinale la somministrazione di sorafenib deve essere interrotta (vedere paragrafo 4.8)
Ridotta funzionalità epatica: non sono disponibili dati in pazienti con compromissione grave della funzionalità epatica (Child Pugh C). In tali pazienti l’esposizione potrebbe risultare aumentata poiché sorafenib è eliminato principalmente attraverso la via epatica (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Somministrazione concomitante di warfarin: episodi di sanguinamento non frequenti o un aumento nel valore del INR (International Normalized Ratio) sono stati segnalati in alcuni pazienti che assumevano warfarin durante la terapia con Nexavar. I pazienti in terapia con warfarin o fenprocumone devono essere monitorati regolarmente relativamente a variazioni nel tempo di protrombina, INR o episodi di sanguinamento di rilevanza clinica (vedere paragrafi 4.5 e 4.8).
Complicanze nella cicatrizzazione delle ferite: non sono stati condotti studi formali sull’effetto del sorafenib sulla cicatrizzazione delle ferite. Per ragioni precauzionali si raccomanda la sospensione temporanea del trattamento con Nexavar nei pazienti che devono sottoporsi a interventi di chirurgia maggiore. L’esperienza clinica in merito al momento in cui riprendere la terapia dopo interventi chirurgici maggiori, è limitata. Pertanto la decisione di riprendere la terapia con Nexavar dopo un intervento chirurgico maggiore deve basarsi su una valutazione clinica di adeguata guarigione delle ferite.
Popolazione anziana: l’esperienza sull’uso di Nexavar in pazienti anziani è limitata. Sono stati riportati casi di insufficienza renale. Si deve pertanto prendere in considerazione il monitoraggio della funzionalità renale.
Carcinoma a cellule renali: pazienti ad alto rischio, secondo il gruppo prognostico Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC), non sono stati inclusi nello studio clinico di fase III nel carcinoma a cellule renali (vedere studio 1 nel paragrafo 5.1), e il rapporto rischio-beneficio in questi pazienti non è stato valutato.
Interazione tra farmaci: si raccomanda cautela quando si somministra Nexavar con sostanze che sono metabolizzate e/o eliminate prevalentemente attraverso le vie metaboliche della UGT1A1 (es. irinotecan) o della UGT1A9 (vedere paragrafo 4.5).
Si raccomanda cautela in caso di somministrazione concomitante di sorafenib e docetaxel (vedere paragrafo 4.5).
L’associazione con neomicina o con altri antibiotici in grado di provocare gravi disturbi ecologici nella microflora gastrointestinale può portare ad una diminuzione della biodisponibilità di sorafenib (vedere paragrafo 4.5). Il rischio di una diminuzione della concentrazione plasmatici di sorafenib deve essere valutato prima di iniziare un ciclo di trattamento con antibiotici.
Uno studio clinico, controllato, randomizzato, che ha comparato l’efficacia e la sicurezza tollerabilità di carboplatino e paclitaxel con o senza sorafenib in pazienti affetti da un carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) allo stadio IIIB-IV e non trattati in precedenza con chemioterapia , è stato concluso in anticipo, allorquando il comitato indipendente di monitoraggio dei dati ha stabilito che lo studio non avrebbe raggiunto l’endpoint primario dell’aumento nella sopravvivenza globale. Eventi legati alla sicurezza tollerabilità sono stati generalmente coerenti con quelli riportati in precedenza. NTuttavia nel gruppo di pazienti affetti da carcinoma del polmone a cellule squamose e trattati con sorafenib, carboplatino e paclitaxel è stata comunque osservata una mortalità superiore a quella notata nel gruppo di pazienti trattati con soli carboplatino e paclitaxel (HR 1.81, 95% CI 1.19-2.74). Non è stata identificata una chiara causa di questi risultati.
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Induttori di enzimi metabolici: la somministrazione di rifampicina per 5 giorni prima della somministrazione di una singola dose di sorafenib ha portato ad una riduzione media del 37% dell’AUC di sorafenib. Altri induttori del CYP3A4 e/o della glucuronizzazione (es. hypericum perforatum anche noto come “erba di San Giovanni”, fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale e desametasone) possono aumentare il metabolismo di sorafenib e in questo modo ridurne la concentrazione.
Inibitori del CYP3A4: il ketoconazolo, un potente inibitore del CYP3A4, somministrato una volta al giorno per 7 giorni a volontari sani maschi non ha alterato l’AUC media di una singola dose di 50 mg di sorafenib. Questi dati suggeriscono che le interazioni clinico-farmacocinetiche del sorafenib con gli inibitori del CYP3A4 sono improbabili.
Substrati del CYP2C9: in vitro, sorafenib inibisce il CYP2C9. Non si può escludere che sorafenib possa aumentare la concentrazione di substrati di CYP2C9 somministrati in concomitanza. Il trattamento concomitante con Nexavar e warfarin, un substrato del CYP2C9, non ha provocato variazioni nel PT-INR medio rispetto al placebo. I pazienti che assumono warfarin o fenprocumone devono comunque tenere regolarmente sotto controllo l’INR (vedere paragrafo 4.4).
Substrati di CYP2B6 e CYP2C8: in vitro, sorafenib inibisce il CYP2B6 e il CYP2C8, ma la rilevanza clinica di questa inibizione non è stata valutata. Non si può escludere che sorafenib possa aumentare la concentrazione di substrati di CYP2B6 (es. bupropione, ciclofosfamide, efavirenz, ifosfamide, metadone) e di CYP2C8 (es. paclitaxel, amodiaquine, repaglinide) se somministrati in concomitanza.
Substrati di UGT1A1 e UGT1A9: in vitro, sorafenib inibiva la glucuronizzazione mediante UGT1A1 e UGT1A9. La rilevanza clinica di questo dato non è nota (vedi sotto e paragrafo 4.4).
Substrati selettivi per le isoforme del CYP: la somministrazione concomitante di sorafenib e midazolam, destrometorfano o omeprazolo, che sono substrati rispettivamente per i citocromi CYP3A4, CYP2D6 e CYP2C19, non ha alterato l’esposizione a questi agenti. Questo indica che il sorafenib non è né un inibitore né un induttore di questi isoenzimi del citocromo P450. Pertanto le interazioni clinico-farmacocinetiche del sorafenib con substrati di questi enzimi sono improbabili.
Studi in vitro sull’induzione degli enzimi del sistema CYP: le attività del CYP1A2 e del CYP3A4 non risultavano alterate dopo esposizione di colture di epatociti umani a sorafenib, indicando così che è improbabile che il sorafenib sia un induttore del CYP1A2 e del CYP3A4.
Substrati per P-gp: in vitro, sorafenib ha mostrato di inibire la proteina di trasporto p-glicoproteina (P-gp). In caso di trattamento concomitante con sorafenib non si può escludere un aumento della concentrazione plasmatica di substrati per P-gp, come la digossina.
Associazione con altri agenti antineoplastici: in studi clinici, Nexavar è stato somministrato con una serie di altri agenti antineoplastici alla loro posologia comunemente usata, fra cui gemcitabina, oxaliplatino, doxorubicina e irinotecan. Il sorafenib non ha avuto effetti sulla farmacocinetica di gemcitabina o oxaliplatino. Il trattamento concomitante con Nexavar ha indotto un aumento del 21% nell’AUC della doxorubicina. Quando somministrato con irinotecan, il cui metabolita SN-38 viene successivamente metabolizzato attraverso la via metabolica della UGT1A1, si è verificato un aumento del 67 - 120% nell’AUC del SN-38 e del 26 - 42% nell’AUC dell’irinotecan. La rilevanza clinica di questi dati è sconosciuta (vedere paragrafo 4.4).
Docetaxel (una dose di 75 o 100 mg/m² ogni 21 giorni) somministrato in concomitanza con sorafenib (200 mg o 400 mg due volte al giorno dal giorno 2 al giorno 19 di un ciclo di terapia di 21 giorni, con un’interruzione di 3 giorni in corrispondenza con la somministrazione di docetaxel) ha indotto un aumento nella AUC e nella Cmax di docetaxel rispettivamente del 36-80% e del 16-32%.
Si raccomanda cautela in caso di somministrazione concomitante di sorafenib e docetaxel (vedere paragrafo 4.4).
Neomycin: l’associazione con neomicina, un agente antimicrobico non sistemico usato per eradicare la flora gastrointestinale, interferisce con il ricircolo enteroepatico di sorafenib (vedere paragrafo 5.2, Metabolismo e Eliminazione), comportando una diminuita esposizione a sorafenib. In volontari sani trattati con neomicina per 5 giorni, l’esposizione media a sorafenib diminuiva del 54%. Non sono stati studiati gli effetti di altri antibiotici, ma molto probabilmente dipenderanno dalla loro capacità di interferire con microrganismi con attività glucuronidasica.
Non vi sono dati sull’uso del sorafenib in donne in gravidanza. Gli studi eseguiti nell’animale hanno evidenziato tossicità riproduttiva, incluse le malformazioni (vedere paragrafo 5.3). È stato dimostrato, nei ratti, che il sorafenib e i suoi metaboliti attraversano la placenta, ed è prevedibile che il sorafenib provochi effetti dannosi sul feto. Nexavar non deve essere usato in gravidanza, a meno che sia chiaramente necessario, e solo dopo un’attenta valutazione delle necessità della madre e del rischio per il feto. Le donne in età fertile devono usare efficaci metodi contraccettivi durante il trattamento. Studi effettuati sull’animale mostrano inoltre che Nexavar può influenzare negativamente la fertilità maschile e femminile (vedere paragrafo 5.3).
Non è noto se il sorafenib venga escreto nel latte materno. Nell’animale il sorafenib e/o i suoi metaboliti sono escreti nel latte. Poiché il sorafenib potrebbe danneggiare la crescita e lo sviluppo del neonato (vedere paragrafo 5.3), le donne devono sospendere l’allattamento al seno durante il trattamento con sorafenib.
Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non ci sono motivi per ritenere che Nexavar alteri la capacità di guidare veicoli o di utilizzare macchinari.
Le reazioni avverse più comuni sono state diarrea, rash, alopecia e sindrome mano-piede (corrispondente in MedDRA alla “sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare”).
Tabella 1: reazioni avverse che sono state segnalate in almeno il 5% dei pazienti in uno qualsiasi dei gruppi di trattamento - studio 11213 nel carcinoma a cellule renali (vedere studio 1 nel paragrafo 5.1).
Classificazione per sistemi e organi | Terminologia Preferita | Nexavar (N=451) | Placebo (N=451) |
Tutti i Gradi | Grado 3 | Grado 4 | Tutti i Gradi | Grado 3 | Grado 4 |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Anoressia | 9% | <1% | 0% | 5% | <1% | 0% |
Patologie del sistema nervoso | Mal di testa | 6% | 0% | 0% | 3% | 0% | 0% |
Patologie vascolari | Ipertensione | 12% | 2% | <1% | 1% | <1% | 0% |
Arrossamento | 6% | 0% | 0% | 2% | 0% | 0% |
Patologie gastrointestinali | Diarrea | 38% | 2% | 0% | 9% | <1% | 0% |
Nausea | 16% | <1% | 0% | 1% | <1% | 0% |
Vomito | 10% | <1% | 0% | 6% | <1% | 0% |
Costipazione | 6% | 0% | 0% | 3% | 0% | 0% |
Patologia della cute e del tessuto sottocutaneo | Rash | 28% | <1% | 0% | 9% | <1% | 0% |
Alopecia | 25% | <1% | 0% | 3% | 0% | 0% |
Sindrome mano-piede** | 19% | 4% | 0% | 3% | 0% | 0% |
Prurito | 17% | <1% | 0% | 4% | 0% | 0% |
Eritema | 15% | 0% | 0% | 4% | 0% | 0% |
Pelle secca | 11% | 0% | 0% | 2% | 0% | 0% |
Esfoliazione | 7% | <1% | 0% | 2% | 0% | 0% |
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e delle ossa | Artralgia | 6% | <1% | 0% | 3% | 0% | 0% |
Dolori alle estremità | 6% | <1% | 0% | 2% | 0% | 0% |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Fatica | 15% | 2% | 0% | 11% | <1% | 0% |
Astenia | 9% | <1% | 0% | 4% | <1% | 0% |
Tabella 2: reazioni avverse che sono state segnalate in almeno il 5% dei pazienti in uno qualsiasi dei gruppi di trattamento - studio 100554 nell’epatocarcinoma (vedere studio 3 nel paragrafo 5.1).
Classificazione per sistemi e organi | Terminologia Preferita | Nexavar (N=297) | Placebo (N=302) |
Tutti i gradi | Grado 3 | Grado 4 | Tutti i gradi | Grado 3 | Grado 4 |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | anoressia | 11% | <1% | 0% | 3% | <1% | 0% |
Patologie gastrointestinali | diarrea | 39% | 8% | 0% | 11% | 2% | 0% |
nausea | 11% | <1% | 0% | 8% | 1% | 0% |
dolore addominale | 7% | 2% | 0% | 3% | <1% | 0% |
vomito | 5% | 1% | 0% | 3% | <1% | 0% |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | sindrome mano-piede** | 18% | 7% | 0% | 2% | 0% | 0% |
alopecia | 14% | 0% | 0% | 2% | 0% | 0% |
rash | 11% | <1% | 0% | 8% | 0% | 0% |
prurito | 8% | 0% | 0% | 7% | <1% | 0% |
pelle secca | 8% | 0% | 0% | 4% | 0% | 0% |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | fatica | 17% | 2% | <1% | 13% | 3% | <1% |
astenia | 6% | 1% | <1% | 2% | <1% | 0% |
Esami diagnostici | perdita di peso | 9% | 2% | 0% | <1% | 0% | 0% |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | raucedine | 5% | 0% | 0% | <1% | 0% | 0% |
Le reazioni avverse segnalate in diversi studi clinici sono riportate nella Tabella 3, ordinate secondo la classificazione sistemica organica per classe di organi e apparati (MedDRA) e la frequenza. Le frequenze sono definite come segue: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1000, <1/100).
All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono presentati in ordine decrescente di gravità.
Tabella 3: reazioni avverse complessivamente segnalate nei pazienti in diversi studi clinici.
Classificazione per sistemi e organi | Molto comune (≥1/10) | Comune (≥1/100, <1/10) | Non comune (≥1/1.000, <1/100) |
Infezioni e Infestazioni | | | Follicolite; infezione |
Patologie del sistema emolinfopoietico | Linfopenia | Leucopenia; neutropenia; anemia; trombocitopenia | |
Disturbi del sistema immunitario | | | Reazioni di ipersensibilità (incluse reazioni cutanee e orticaria) |
Patologie endocrine | | | Ipotiroidismo; ipertiroidismo |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Ipofosfatemia | Anoressia | Iponatremia; disidratazione |
Disturbi psichiatrici | | Depressione | |
Patologie del sistema nervoso | | Neuropatia sensoriale periferica | Leucoencefalopatia posteriore reversibile |
Patologie dell’orecchio e del labirinto | | Tinnito | |
Patologie cardiache | | Insufficienza cardiaca congestizia | Ischemia miocardica e infarto* |
Patologie vascolari | Emorragia (incluse emorragie* gastrointestinali*, delle vie respiratorie* e cerebrali); ipertensione | | Crisi ipertensiva* |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | | Raucedine | Rinorrea; eventi simil malattie interstiziali del polmone (polmonite, sofferenza respiratoria acuta, etc) |
Patologie gastrointestinali | Diarrea; nausea; vomito | Costipazione; stomatite (incluse secchezza delle fauci e glossodinia); dispepsia; disfagia | Riflusso gastro esofageo; pancreatite; gastrite; perforazioni gastrointestinali* |
Patologie epatobiliari | | | Aumento della bilirubina e ittero; colecistite; angiocolite |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Rash; alopecia; sindrome mano-piede**; eritema; prurito | Secchezza della cute; dermatite esfoliativa; acne; desquamazione della cute | Eczema; eritema multiforme; cheratoacantoma/tumore benigno della pelle a cellule squamose; sindrome di Stevens-Johnson |
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e delle ossa | | Artralgia; mialgia | |
Patologie renali e urinarie | | Insufficienza renale | |
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella | | Disfunzione erettile | Ginecomastia |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Fatica; dolore (compreso dolore alla bocca, addominale, osseo, dolore oncologico e cefalea) | Astenia; febbre; malessere simil-influenzale | |
Esami diagnostici | Aumento dell’amilasi Aumento della lipasi | Perdita di peso; aumento transitorio delle transaminasi | Aumento transitorio della fosfatasi alcalina nel sangue, anomalie dell’INR e del livello di protrombina |
* Le reazioni avverse possono essere pericolose per la vita o mortali.
** La sindrome mano-piede corrisponde in MedDRA alla sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare
Ulteriori informazioni su alcune reazioni avverse
Insufficienza cardiaca congestizia: in uno studio clinico promosso dall’azienda, l’insufficienza cardiaca congestizia è stata riportata come evento avverso nel 1,9% dei pazienti trattati con sorafenib (N=2276). Nello studio 11213 (RCC) eventi avversi coerenti con l’insufficienza cardiaca congestizia sono stati segnalati nell’1,7% dei pazienti trattati con sorafenib e nello 0,7% dei pazienti trattati con placebo. Nello studio 100554 (HCC) tali eventi sono stati segnalati nello 0,99% dei pazienti trattati con sorafenib e nel 1,1% dei pazienti trattati con placebo
Alterazioni negli esami di laboratorio
Un aumento della lipasi e dall’amilasi è stato segnalato molto comunemente. Un aumento della lipasi di Grado 3 o 4 Common Toxicity Criteria Advers Events (CTCAE) si è verificato rispettivamente nell’11% e nel 9% dei pazienti del gruppo trattato con Nexavar nello studio 1 (RCC) e nello studio 3 (HCC), contro il 7% e il 9% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. Un aumento dell’amilasi di Grado 3 o 4 CTCAE si è verificato rispettivamente nell’1% e nel 2% dei pazienti del gruppo trattato con Nexavar nello studio 1 e nello studio 3, contro il 3% dei pazienti di entrambe i gruppi trattati con placebo. La pancreatite clinica è stata segnalata in 2 dei 451 pazienti trattati con Nexavar (Grado 4 CTCAE) nello studio 1, in 1 dei 297 pazienti trattati con Nexavar (Grado 2 CTCAE) nello studio 3 e in 1 dei 451 pazienti (Grado 2 CTCAE) trattati con placebo nello studio 1.
L’ipofosfatemia è un reperto di laboratorio molto comune, ed è stata osservata rispettivamente nel 45% e nel 35% dei pazienti trattati con Nexavar nello studio 1 e nello studio 3, contro rispettivamente il 12% e l’11% dei pazienti trattati con placebo. Ipofosfatemia di Grado 3 CTCAE (1 - 2 mg/dl) si è verificata nello studio 1 nel 13% dei pazienti trattati con Nexavar e nel 3% dei pazienti trattati con placebo, mentre nello studio 3 si è verificata nell’11% dei pazienti trattati con Nexavar e nel 2% dei pazienti trattati con placebo. Non è stato segnalato alcun caso di ipofosfatemia di Grado 4 CTCAE (< 1 mg/dl), né nei pazienti trattati con Nexavar né in quelli trattati con placebo nello studio 1, e 1 caso nel gruppo trattato con placebo nello studio 3. L’eziologia dell’ipofosfatemia associata con Nexavar non è nota.
Anomalie di laboratorio di grado 3 o 4 CTCAE, comprese linfopenia e neutropenia, sono state osservate in ≥5% dei pazienti trattati con Nexavar.
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Non ci sono trattamenti specifici in caso di sovradosaggio di Nexavar. La dose più alta del sorafenib studiata clinicamente è 800 mg due volte al giorno. Gli eventi avversi osservati in seguito a questo dosaggio erano principalmente diarrea e reazioni dermatologiche. In caso di sospetto sovradosaggio, Nexavar deve essere sospeso e, laddove necessario, iniziata una terapia di sostegno.
Categoria farmacoterapeutica: Inibitori delle protein-chinasi
Codice ATC: L01XE05
Il sorafenib è un inibitore delle chinasi che ha dimostrato proprietà sia anti-proliferative sia anti-angiogeniche in vitro ed in vivo.
Meccanismo d’azione e effetti farmacodinamici
Il sorafenib è un inibitore delle chinasi che inibisce la proliferazione delle cellule tumorali in vitro. Il sorafenib inibisce la crescita di un ampio spettro di tumori umani trapiantati in topi atimici, determinando anche una riduzione dell’angiogenesi tumorale. Il sorafenib inibisce l’attività di bersagli presenti nella cellula tumorale (CRAF, BRAF, V600E BRAF, c-KIT e FLT-3) e nei vasi sanguigni del tumore (CRAF, VEGFR-2, VEGFR-3 e PDGFR-ß). Le RAF chinasi sono serin/treonin-chinasi, mentre c-KIT, FLT-3, VEGFR-2, VEGFR-3 e PDGFR-ß sono tirosin-chinasi del recettore.
Efficacia clinica
La tollerabilità e l’efficacia di Nexavar sono state studiate in pazienti con epatocarcinoma (hepatocellular carcinoma - HCC) e in pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato (renal cell carcinoma - RCC)
Epatocarcinoma
Lo Studio 3 (studio 100554) era uno studio clinico internazionale di Fase III multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo e condotto in 602 pazienti con epatocarcinoma. Le caratteristiche demografiche e della malattia al basale erano comparabili fra i gruppi trattati con Nexavar e placebo in riferimento alla classificazione ECOG (Estern Cooperative Oncology Group) (grado 0: 54% contro il 54%; grado 1: 38% contro il 39%; grado 2: 8% contro il 7%), alla classificazione TNM (stadio I: <1% contro <1%; stadio II: 10,4% contro 8.3%; stadio III: 37,8% contro 43,6%; stadio IV: 50,8% contro 46,9%) e alla classificazione BCLC (stadio B: 18,1% contro il 16,8%; stadio C: 81,6% contro il 83,2%; stadio D: <1% contro 0%).
Lo studio è stato chiuso dopo che una pianificata interim analisi di sopravvivenza complessiva (OS - Overall Survival) ha oltrepassato il limite di efficacia predefinito. Questa analisi di OS ha mostrato un aumento di OS statisticamente significativo per i pazienti trattati con Nexavar rispetto ai pazienti trattati con placebo (HR: 0,69, p= 0,00058, vedere Tabella 4).
In questo studio i dati in pazienti con compromissione della funzionalità epatica Child Pugh B sono limitati, e solo un paziente con Child Pugh C è stato incluso.
Tabella 4: Risultati di Efficacia dallo studio 3 (studio 100554) nell’epatocarcinoma
Parametro di efficacia | Nexavar (N=299) | Placebo (N=303) | P-value | HR (95% CI) |
Overall Survival (OS) [mediana;, settimane (95% CI)] | 46,3 (40,9; 57,9) | 34,4 (29,4; 39,4) | 0,00058* | 0,69 (0,55; 0,87) |
Time to Progression (TTP) [mediana; settimane (95% CI)]** | 24,0 (18,0; 30,0) | 12,3 (11,7; 17,1) | 0,000007 | 0,58 (0,45; 0,74) |
CI= Confidence interval (intervallo di confidenza, HR=Hazard ratio (indice di rischio) (Nexavar over placebo)
* statisticamente significativo in quanto il valore p era inferiore al limite predefinito di interruzione di O’Brien Fleming, fissato a 0,0077
** revisione radiologica independente
Un secondo studio di Fase III, internazionale, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo (Studio 4, 11849) ha valutato il beneficio clinico di Nexavar in 226 pazienti con epatocarcinoma in stadio avanzato. Questo studio, condotto in Cina, Corea e Taiwan, ha confermato i risultati dello Studio 3 in riferimento al favorevole profilo rischio-beneficio di Nexavar (HR (OS): 0.68, p = 0.01414).
Nei fattori di stratificazione predefiniti (classificazione ECOG, presenza o assenza d’invasione vascolare macroscopica e/o diffusione extraepatica della neoplasia) degli Studi 3 e 4 il rischio relativo è stato consistentemente in favore di Nexavar rispetto al placebo. Le analisi esplorative del sottogruppo hanno suggerito un effetto del trattamento meno pronunciato nei i pazienti con metastasi a distanza già al basale.
Carcinoma a cellule renali
La tollerabilità e l’efficacia di Nexavar nel trattamento del carcinoma a cellule renali avanzato (RCC) sono state studiate in due studi clinici.
Lo Studio 1 (study 11213) era uno studio clinico di Fase III multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo e condotto in 903 pazienti. Sono stati arruolati solo pazienti con tumori renali a cellule chiare e con fattore di rischio basso e medio secondo MSKCC. Gli endpoint primari erano la sopravvivenza complessiva (OS, overall survival) e la sopravvivenza senza progressione (PFS, Progression Free Survival). Per circa la metà dei pazienti le condizioni generali corrispondevano allo 0 nella scala ECOG, e la metà dei pazienti apparteneva al gruppo prognostico con punteggio basso secondo la classificazione MSKCC. Il PFS è stato valutato secondo i criteri RECIST con una revisione radiologica indipendente condotta in cieco. L’analisi del PFS è stata condotta su 342 eventi in 769 pazienti. Il valore mediano di PFS è risultato di 167 giorni nei pazienti trattati con Nexavar rispetto agli 84 giorni nei pazienti che avevano ricevuto placebo (HR=0,44; 95% IC: 0,35-0,55; p<0,000001). Tale rapporto non risultava influenzato da età, classificazione MSKCC, scala ECOG e terapia precedente.
Un’analisi interim (seconda analisi interim) per la sopravvivenza complessiva (overall survival) è stata condotta su 367 decessi in 903 pazienti. Il valore nominale alfa per questa analisi era 0,0094. La sopravvivenza mediana era di 19,3 mesi nei pazienti trattati con Nexavar, in confronto a 15,9 mesi nei pazienti randomizzati a placebo (HR=0,77; 95% CI: 0,63-0,95; p=0,015). Al momento dell’analisi circa 200 pazienti sono passati dal gruppo trattato con placebo a quello trattato con sorafenib.
Lo Studio 2 era uno studio di Fase II con interruzione randomizzata del trattamento in pazienti con tumore metastatico, compreso l’RCC. Pazienti con malattia stabile ed in terapia con Nexavar, sono stati randomizzati verso placebo o verso la continuazione della terapia con Nexavar. Il PFS in pazienti con RCC è risultato significativamente maggiore (163 giorni) per i pazienti trattati con Nexavar rispetto a quello osservato nei pazienti che avevano ricevuto placebo (41 giorni)(p=0,0001, HR=0,29).
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Assorbimento e distribuzione
Dopo la somministrazione di Nexavar compresse, la biodisponibilità relativa media è del 38 - 49% se confrontata con una soluzione orale. La biodisponibilità assoluta non è nota. In seguito a somministrazione orale, sorafenib raggiunge i livelli di picco plasmatico in circa 3 ore. Se somministrato con un pasto ad elevato contenuto lipidico, l’assorbimento del sorafenib viene ridotto di circa il 30%, se paragonato alla somministrazione a digiuno.
Il valore medio di Cmax e AUC aumentano meno che proporzionalmente con dosaggi superiori ai 400 mg due volte al giorno. Il legame del sorafenib con le proteine plasmatiche in vitro è del 99,5%.
Un dosaggio ripetuto di Nexavar per 7 giorni ha dato luogo ad un accumulo da 2,5 a 7 volte rispetto ad una somministrazione singola. Lo stato stazionario del sorafenib viene raggiunto entro 7 giorni, con un rapporto fra le concentrazioni plasmatiche medie di picco e di valle inferiore a 2.
Metabolismo ed eliminazione
L’emivita d’eliminazione del sorafenib è di circa 25 - 48 ore. Il sorafenib viene metabolizzato principalmente nel fegato tramite metabolismo ossidativo, mediato dal CYP3A4, e glucurono-coniugazione mediata dalla UGT1A9. Il sorafenib coniugato può essere liberato nel tratto gastrointestinale dall’attività glucuronidasica di alcuni batteri, permettendo così il riassorbimento del farmaco non coniugato. È stato osservato che l’associazione con neomicina interferisce con questo processo, diminuendo la biodisponibilità media di sorafenib del 54%.
Il sorafenib rappresenta circa il 70 - 85% degli analiti circolanti nel plasma allo stato stazionario. Sono stati identificati otto metaboliti del sorafenib, cinque dei quali sono stati ritrovati nel plasma. Il principale metabolita del sorafenib circolante nel plasma, la piridina N-ossido, mostra una potenza in vitro simile a quella del sorafenib. Questo metabolita rappresenta approssimativamente il 9 - 16% degli analiti circolanti allo stato stazionario.
In seguito a somministrazione orale di una dose di 100 mg di sorafenib in soluzione, il 96% della dose è stato recuperato entro 14 giorni: il 77% nelle feci ed il 19% nelle urine come metaboliti glucuronati. Il sorafenib non modificato, che rappresenta il 51% della dose, è stato ritrovato nelle feci ma non nelle urine, indicando che l’escrezione biliare del farmaco non metabolizzato può contribuire all’eliminazione di sorafenib.
Farmacocinetica in categorie particolari di pazienti
L’analisi dei dati demografici ha evidenziato che non c’è correlazione tra la farmacocinetica ed età (fino a 65 anni), sesso o peso corporeo.
Popolazione pediatrica
Non sono stati condotti studi per verificare la farmacocinetica del sorafenib in pazienti in età pediatrica.
Razza
Non ci sono differenze clinicamente rilevanti nella framacocinetica fra soggetti caucasici e asiatici.
Ridotta funzionalità renale
In quattro studi clinici di Fase I, l’esposizione al sorafenib allo stato stazionario nei pazienti con compromissione della funzionalità renale lieve o moderata era simile a quella riscontrabile nei pazienti con funzionalità renale normale. In uno studio di farmacologia clinica (dose singola di 400 mg di sorafenib) non è stata osservata alcuna relazione fra l’esposizione a sorafenib e la funzione renale in soggetti con funzione renale normale o con una sua compromissione lieve, moderata o grave. Non sono disponibili dati in pazienti che necessitano di dialisi..
Ridotta funzionalità epatica
In pazienti con carcinoma epatocellulare e con compromissione lieve o moderata della funzionalità epatica, i valori di esposizione erano comparabili e all’interno dell’intervallo di esposizione osservato in pazienti senza compromissione della funzionalità epatica. Non ci sono dati per pazienti con una compromissione grave della funzionalità epatica (Child Pugh C). Sorafenib è eliminato principalmente per via epatica e l’esposizione può risultare aumentata in questa popolazione di pazienti.
Il profilo di sicurezza preclinico del sorafenib è stato valutato nel topo, nel ratto, nel cane e nel coniglio.
Studi di tossicità per dose ripetuta hanno rilevato cambiamenti in vari organi (degenerazioni e rigenerazioni) a esposizioni inferiori a quelle relative a dosaggi utilizzati negli studi clinici (in base ad un confronto di AUC).
Dopo dosaggio ripetuto nel cane giovane e in fase di crescita, si sono osservati effetti su ossa e denti a esposizioni inferiori a quelle relative a dosaggi utilizzati negli studi clinici. Tali effetti consistevano in un ispessimento irregolare della cartilagine di accrescimento del femore, ipoplasia midollare in vicinanza delle cartilagini di accrescimento alterate e alterazioni nella composizione della dentina. Effetti simili non venivano indotti nel cane adulto.
È stato condotto il programma standard di studi di genotossicità e sono stati ottenuti risultati positivi in quanto si è notato un aumento nelle aberrazioni strutturali cromosomiali in un dosaggio in vitro in cellule di mammifero (ovaie di criceto cinese) per la misurazione della clastogenicità in presenza di attivazione metabolica. Sorafenib non è risultato genotossico nel test di Ames o nel test del micronucleo in vivo nel topo.
Un intermedio del processo produttivo, che è anche presente nella sostanza attiva finale (<0,15%) risultava avere proprietà mutagene in un test in vitro su cellule batteriche (test di Ames). Inoltre, il lotto di sorafenib testato nella batteria genotossica standard includeva uno 0,34% di PAPE.
Non sono stati eseguiti studi di carcinogenicità con il sorafenib.
Non sono stati eseguiti studi specifici con il sorafenib sull’animale per valutare l’effetto sulla fertilità. Un effetto negativo sulla fertilità maschile e femminile è comunque prevedibile, poiché gli studi nell’animale con dose ripetuta hanno mostrato cambiamenti negli organi riproduttivi maschili e femminili a esposizioni inferiori a quelle relative a dosaggi utilizzati negli studi clinici (in base alle AUC). I cambiamenti consistevano tipicamente in segni di degenerazione e di ritardo nello sviluppo di testicoli, epididimi, prostata e vescicole seminali nei ratti. Le femmine di ratto mostravano una necrosi centrale dei corpi lutei e un blocco dello sviluppo follicolare nelle ovaie. I cani mostravano degenerazione tubulare nei testicoli e oligospermia.
È stato dimostrato che il sorafenib è embriotossico e teratogeno se somministrato a ratti e conigli a esposizioni inferiori a quelle relative a dosaggi utilizzati negli studi clinici. Gli effetti osservati includevano una diminuzione del peso corporeo materno e fetale, un aumento nel numero di riassorbimenti fetali e un aumentato numero di malformazioni esterne e viscerali.
Nucleo:
• croscarmellosa sodica
• cellulosa microcristallina
• ipromellosa
• sodio laurilsolfato
• magnesio stearato
Rivestimento:
• ipromellosa
• macrogol (3350)
• titanio diossido (E 171)
• ferro ossido rosso (E 172)
Non pertinente.
30 mesi.
Non conservare a temperatura superiore ai 25 °C.
Astuccio contenente 112 compresse (4 x 28) in blister trasparente (PP/Alluminio).
Nessuna istruzione particolare.
Bayer Schering Pharma AG
13342 Berlin
Germania
EU/1/06/342/001 - AIC n. 037154010/E
19 Luglio 2006
Novembre 2009