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NIFESAL
Una capsula a rilascio prolungato da 40 mg contiene:
Principio attivo
Nifedipina mg 40
Eccipienti:
Crospovidone mg 200,00
Povidone mg 15,82
Talco mg 9,38
Glicerolo mg 1,32
Eudragit S 100 mg 23,40
Dibutilftalato mg 4,68
Composizione dell’involucro:
Ossido di ferro rosso mg 0,145
Ossido di ferro giallo mg 0,221
Biossido di titanio mg 0,770
Gelatina mg 75,864
Capsule a rilascio prolungato
NIFESAL è indicato nel:
Trattamento della cardiopatia ischemica: angina pectoris stabile (angina da sforzo)
Trattamento dell’ipertensione arteriosa
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La dose è di una capsula al dì. In funzione della gravità della malattia e della risposta del paziente la posologia può essere a 2 capsule al giorno con intervalli di 12 ore tra un’assunzione e l’altra. L’intervallo di tempo tra due assunzioni di capsule comunque non deve essere inferiore a 4 ore.
Ipersensibilità nota verso il farmaco o altri componenti della formulazione. Gravidanza accertata o presunta. Allattamento. Shock cardiogeno. Terapia concomitante con la rifampicina in quanto l’induzione enzimatica non consente di ottenere livelli efficaci di nifepidina.
Per gli effetti della nifedipina sulle resistenze vascolari periferiche è raccomandabile prudenza in caso di marcata ipotensione (pressione sistolica inferiore a 90 mmHg) ed è necessario controllare attentamente la pressione arteriosa all’inizio della terapia e fino a quando non sia stata raggiunta la posologia di mantenimento. Per lo stesso motivo la nifedipina deve essere usata con cautela nei pazienti con insufficienza cardiaca, stenosi aortica e in quelli in trattamento con ß-bloccanti o farmaci ipotensivi.
Particolare attenzione dovrà essere prestata nelle donne gravide (vedi Controindicazioni). In situazioni di emergenza ipertensiva, quale ad esempio l’eclampsia, il farmaco deve essere utilizzato sotto la responsabilità e lo stretto controllo del medico.
Si raccomanda particolare cautela quando si somministri nifepidina in associazione a solfato di magnesio per via endovenosa, a causa di una possibile eccessiva caduta pressoria.
Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa può rendersi necessario un accurato controllo e, nei casi gravi, una riduzione del dosaggio.
La comparsa di edema periferico in pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia rende necessaria la differenziazione degli edemi dovuti alla nifepidina da quelli conseguenti ad un peggioramento della funzionalità ventricolare sinistra.
Durante il trattamento di pazienti diabetici o a rischio diabetico, la glicemia deve essere accuratamente controllata; se compare iperglicemia la terapia deve essere sospesa.
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La terapia concomitante con gli agenti betabloccanti è generalmente ben tollerata; tuttavia c’è il rischio di ipotensione, di esacerbazione dell’angina e d’insufficienza cardiaca congestizia.
La contemporanea somministrazione di nifedipina e digossina può condurre ad un aumento dei livelli ematici di digossina, legata ad una riduzione della sua clearance. A scopo precauzionale il paziente dovrebbe perciò essere controllato per rilevare l’eventuale comparsa di sintomi di iperdosaggio di digossina e, se necessario, per aggiustare il dosaggio di digossina sulla base dei suoi livelli plasmatici.
La contemporanea somministrazione di nifedipina con agenti ipotensivi (metildopa, idralazine, captopril, ecc.) può favorire l’incidenza di grave ipotensione.
In singoli casi durante la contemporanea somministrazione di nifedipina e chinidina sono stati osservati livelli plasmatici ridotti di chinidina ovvero, dopo la sospensione della nifedipina, un netto aumento dei livelli plasmatici di chinidina. Per questa ragione, qualora la nifedipina sia impiegata contemporaneamente o sia sospesa, si raccomanda di tenere sotto controllo la concentrazione plasmatica di chinidina e, se necessario, aggiustarne il dosaggio.
La rifampicina, per il suo effetto di induzione enzimatica, accelera il metabolismo della nifedipina, riducendone potenzialmente l’efficacia; per tale motivo l’impiego di nifedipina in associazione con rifampicina è controindicata.
Il diltiazem riduce la clearance della nifedipina per cui i due principi attivi dovrebbero essere associati con cautela considerando, eventualmente, la riduzione del dosaggio della nifedipina.
L’assunzione contemporanea di succo di pompelmo inibisce il metabolismo ossidativo della nifedipina con conseguente aumento della sua concentrazione plasmatica che può causare un aumento dell’effetto antiipertensivo.
La valutazione dei valori urinari dell’acido vanililmandelico effettuata con il metodo spettrofotometrico, in presenza di nifedipina, può evidenziare falsi incrementi dell’acido stesso; tali valori non vengono invece modificati utilizzando il metodo HPLC.
In caso di somministrazione contemporanea di nifedipina e cimetidina può riscontrarsi una più marcata riduzione pressoria.
La nifedipina è controindicata in caso di gravidanza accertata o presunta.
La nifedipina si è dimostrata in grado di produrre effetti teratogeni nel ratto e nel coniglio, comprese anomalie digitali. Tali anomalie sono, verosimilmente, il risultato della compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione del principio attivo ha comportato una varietà di effetti tossici a carico dell’embrione, della placenta e del feto come scarso sviluppo fetale (ratto, topo e coniglio), ridotte dimensioni placentari e ipotrofia dei villi coriali (scimmia), morte degli embrioni e dei feti (ratto, topo e coniglio) e prolungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza neonatale (ratto; non valutati in altre specie). Tutti i dosaggi associati ad effetti teratogeni, embriotossici e fetotossici sono risultati tossici per l’organismo materno e, comunque, sono risultati molte volte superiori alla posologia massima indicata per l’impiego nell’uomo.
Non esistono studi adeguati e ben controllati nelle donne in gravidanza.
In singoli casi di fertilizzazione in vitro i calcio-antagonisti, come la nifeipina, sono stati associati ad alterazioni biochimiche reversibili in corrispondenza della parte apicale dello spermatozoo con possibile alterazione funzionale dello sperma.
Nei casi di ripetuto insuccesso della fertilizzazione in vitro, non riconducibili ad altri motivi, i calcio-antagonisti come la nifedipina dovrebbero essere presi in considerazione come possibile causa.
Allattamento
La nifedipina passa nel latte materno. Poiché non esistono dati sui possibili effetti sul neonato, qualora dovesse rendersi necessario un trattamento con nifedipina durante questo periodo, l’allattamento al seno dovrebbe essere interrotto.
Le reazioni al farmaco, che variano da individuo ad individuo, possono compromettere la capacità di guidare o di usare macchinari. Ciò si riferisce soprattutto all’inizio della terapia, al cambio del farmaco o in relazione all’assunzione di bevande alcoliche.
Sulla base dei risultati delle sperimentazioni cliniche, le reazioni più comuni, ordinate secondo la frequenza ed apparato sono state:
Frequenza > 1% <10%
Organismo nel suo complesso: astenia (stanchezza)
App. cardiovascolare: vasodilatazione (arrossamento, vampate di
calore), edema periferico, palpitazioni
Apparato digerente: nausea
Sistema nervoso: capogiro, cefalea
Frequenza >0,1% <1%
Apparato cardiovascolare: sintomatologia simil-anginosa, dolore toracico,
ipotensione tachicardia, sincope
Apparato digerente: stipsi, diarrea
Apparato muscolo-scheletrico: mialgia
Sistema nervoso: irritabilità, parestesia, tremore, vertigine
Cute e annessi: prurito, rush (eritema, esantema)
Organi di senso: alterazione della vista
Apparato respiratorio: dispnea
Apparato uro-genitale aumento della diuresi giornaliera
Frequenza <0,01% <0,1%
Disordini metabolici: iperglicemia
Apparato digerente: sensazione di ingombro gastro-enterico
aumento delle transaminasi e degli indici di
colestasi intraepatica
Cute e annessi: orticaria, dermatite da fotosensibilizzazione
Apparato emo-linfatico: porpora
Le reazioni più comuni basate sulle segnalazioni spontanee sono state: iperplasia gengivale, agranulocitosi, ginecomastia, eritromelalgia, dermatite esfoliativa; sono stati occasionalmente segnalati anche anemia, leucopenia, trombocitopenia, epatite, aumento della fosfatasi alcalina, LDH, disturbi della sfera sessuale, ipotensione, pirosi gastrica, flatulenza, crampi intestinali, insonnia, congestione nasale, mal di gola, tosse, asma, rigidità e flogosi articolari, sudorazione, brivido, febbre, reazioni allergiche di tipo anafilattoide.
Nei pazienti dializzati con ipertensione maligna ed ipovolemia si può verificare una importante caduta dei valori pressori a causa della vasodilatazione periferica.
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Nei casi di grave intossicazione da nifedipina sono stati osservati disturbi della coscienza fino al coma, calo della pressione arteriosa, alterazioni del ritmo cardiaco di tipo tachi/bradicardia, iperglicemia acidosi metabolica, ipossia shock cardiogeno con edema polmonare.
Il trattamento dell’intossicazione acuta si basa sulla eliminazione della sostanza attiva con lavanda gastrica e, se necessario, con irrigazione del piccolo intestino e sulla stabilizzazione delle condizioni cardiovascolari.
L’ipotensione, conseguente alla vasodilatazione e allo shock cardiogeno, può essere trattata con la somministrazione endovenosa lenta di 10-20 ml di soluzione di gluconato di calcio al 10%, da ripetersi eventualmente in caso di necessità. Come risultato la calcemia può raggiungere i valori alti della norma o superarli di poco.
Se la somministrazione di calcio si rivela insufficiente è necessario fare ricorso a farmaci simpaticomimetici, dopamina e noradrenalina.
L’infusione di liquidi e di plasma-expanders andrà effettuata con cautela per evitare il sovraccarico cardiaco.
L’emodialisi è inutile perché la nifedipina non è dializzabile.
La nifedipina è un calcio antagonista del gruppo 1-4 diidropiridinico; i farmaci di questo gruppo riducono l’afflusso intracellulare del calcio che si verifica attraverso i canali lenti del calcio.
La nifedipina agisce particolarmente sulle cellule miocardiche e su quelle muscolari delle arterie coronarie e dei vasi periferici di resistenza.
A livello cardiaco la nifedipina dilata le arterie coronariche, in particolare dei vasi di conduttanza, ed anche i segmenti di parete liberi da patologia nelle zone parzialmente stenotiche. Inoltre la nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia vasale allo stesso livello prevenendone il vasospasmo. Il risultato finale di queste azioni è un aumento del flusso ematico post-stenotico e conseguentemente un aumento dell’apporto di ossigeno. Contemporaneamente la nifedipina riduce la richiesta miocardica di ossigeno riducendo le resistenze periferiche (post-carico). In terapia cronica la nifedipina è anche in grado di prevenire lo sviluppo di nuove lesioni arteriosclerotiche a livello coronarico.
La nifedipina riduce il tono della muscolatura liscia arteriolare, riducendo le resistenze periferiche aumentate ed abbassa la pressione arteriosa. All’inizio della terapia con nifedipina si può verificare un transitorio incremento riflesso della frequenza cardiaca e quindi della portata cardiaca. Comunque questo incremento non è tale da compensare la vasodilatazione. Inoltre la nifedipina provoca un aumento dell’escrezione di acqua e sodio sia nel trattamento a breve termine sia in quello a lungo termine. L’effetto della nifedipina è particolarmente pronunciato nei pazienti ipertesi.
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Dopo somministrazione orale la nifedipina viene immediatamente e pressoché completamente assorbita. La biodisponibilità della nifedipina per via orale è stata stimata pari al 45-56% della dose somministrata a causa dell’effetto di primo passaggio. La disponibilità del farmaco aumenta con l’insufficienza epatica, con l’età e resta inalterata in caso di insufficienza renale. Entro certi limiti, la biodisponibilità cresce in maniera non lineare con l’aumentare del dosaggio; nelle formulazioni a dosaggio più elevato la biodisponibilità aumenta fino al 68-86% della dose somministrata.
La nifedipina si lega in percentuale pari al 95% alle proteine plasmatiche; il legame si riduce in corso di cirrosi epatica e di uremia. Il volume di distribuzione è stato stimato pari a 0.78±0.22 (litri/kg) ed aumenta in corso di insufficienza epatica e/o renale e resta costante con il variare dell’età.
Dopo somministrazione di 40 mg nifedipina in formulazione retard si ottengono, in un tempo di 2-4 ore, valori di concentrazioni ematiche nel range 47±20 ng/ml delle concentrazioni efficaci; allo stato stazionario, la somministrazione del principio attivo in formulazione retard mantiene in modo stabile il livello plasmatico entro il range terapeutico nell’arco delle 12-24 ore.
La nifedipina viene eliminata principalmente mediante metabolismo ossidativo a livello della parete intestinale e del fegato. I metaboliti della nifedipina sono farmacologicamente inattivi e vengono eliminati principalmente per via renale; una quota del 5-15% sono eliminati per via biliare. Il farmaco non metabolizzato si ritrova solo in tracce nelle urine.
L’emivita di eliminazione, calcolabile quando l’assorbimento del farmaco a livello intestinale diventa trascurabile, è stata stimata pari a 2 ore circa. L’emivita risulta prolungata nei soggetti con insufficienza epatica e rimane costante nei fumatori.
Tossicità acuta (DL50 in mg/kg)
| Orale | Endovenosa |
Topo | 494 | 4,2 |
Ratto | 1022 | 15,5 |
Coniglio | 250-500 | 2-3 |
Gatto | 100 | 0,5-8 |
Cane | >250 | 2-3 |
Tossicità subacuta e subcronica: la somministrazione giornaliera a ratti e a cani di dosi rispettivamente di 50 mg/kg e 100 mg/kg per periodi di 13 e 4 settimane è stata tollerata senza la comparsa di effetti tossici. La somministrazione endovenosa di dosi pari a 0,1 mg/kg al giorno per sei giorni è stata tollerata senza danni nel cane. La somministrazione endovenosa di dosi pari a 2,5 mg/kg al giorno per tre settimane è stata tollerata nel ratto senza la comparsa di importanti segni di organo.
Tossicità cronica: i cani hanno ben tollerato dosi ben giornaliere di 100 mg/kg per un anno senza presentare segni tossici; nei ratti la comparsa di segni tossici è stata segnalata a dosaggi 5-7 mg/kg somministrati per 6-12 mesi.
Mutagenesi e cancerogenesi: la nifedipina in test standard non è risultata ne mutagena né cancerogena.
Tossicologia della riproduzione: la nifedipina si è dimostrata in grado di produrre effetti teratogeni nel ratto e nel coniglio, comprese anomalie digitali. Tali anomalie sono, verosimilmente, il risultato della compromissione del flusso ematico uterino. La somministrazione del principio attivo ha comportato una varietà di effetti tossici a carico dell’embrione, della placenta e del feto come scarso sviluppo fetale (ratto, topo e coniglio), ridotte dimensioni placentari e ipotrofia dei villi coriali (scimmia), morte degli embrioni e dei feti (ratto, topo e coniglio) e prolungamento della gestazione/ridotta sopravvivenza neonatale (ratto; non valutati in altre specie). Tutti i dosaggi associati ad effetti teratogeni, embriotossici e fetotossici sono risultati tossici per l’organismo materno e, comunque, sono risultati di molte volte superiori alla posologia massima indicata per l’impiego nell’uomo.
Crospovidone, Povidone, Talco, Glicerolo, Eudragit S 100, Dibutilftalato
Lista dei componenti dell’involucro: ossido di ferro rosso, ossido di ferro giallo, biossido di titanio, gelatina
Non note
3 anni
Poiché la nifedipina è una sostanza fotosensibile, il prodotto deve essere conservato al riparo della luce.
Natura del contenitore: blister PVC/PVDC/Alluminio
Confezione da 14 capsule retard da 40 mg
Poiché la nifedipina è una sostanza fotosensibile, le capsule debbono essere tolte dal contenitore solo immediatamente prima della assunzione.
PLIVA Pharma S.p.A.
Via Tranquillo Cremona, 10 – 20092 Cinisello Balsamo (MI)
A.I.C. n. 029062015
01/03/1999.
Ottobre 2003