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Nimvastid 3 mg capsule rigide
Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 3 mg
di rivastigmina.
Per l'elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Capsule rigide. Polvere da quasi bianca a bianca in una capsula con
corpo di colore arancio e testa di colore arancio
Trattamento sintomatico della demenza di Alzheimer da lieve a
moderatamente grave. Trattamento sintomatico della demenza da lieve a
moderatamente grave in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica.
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Il trattamento deve essere iniziato e controllato da un medico
esperto nella diagnosi e terapia della demenza di Alzheimer o della
demenza associata alla malattia di Parkinson. La diagnosi deve essere
effettuata in accordo con le attuali linee guida. La terapia con
rivastigmina deve essere iniziata solo se è disponibile un "caregiver"
(colui che assiste abitualmente il paziente) che controlli che
l'assunzione del medicinale da parte del paziente avvenga regolarmente.
La rivastigmina va somministrata due volte al giorno, a colazione e a
cena. Le capsule vanno deglutite intere.
Dose iniziale 1,5 mg due volte al giorno.
Titolazione del dosaggio La dose iniziale è di 1,5 mg due volte al giorno. Se
questa dose risulta ben tollerata per almeno due settimane di trattamento, potrà
essere aumentata a 3 mg due volte al giorno. Successivi aumenti a 4,5 e poi a 6
mg due volte al giorno dovranno sempre basarsi sulla buona tollerabilità, per
almeno due settimane, della dose in corso di somministrazione. Se durante il
trattamento dovessero comparire reazioni avverse (es. nausea, vomito, dolore
addominale, perdita dell'appetito), perdita di peso o peggioramento dei sintomi
extrapiramidali (es. tremore) nei pazienti con demenza associata alla malattia
di Parkinson, queste potrebbero rispondere alla sospensione di una o più dosi
del medicinale. In caso di persistenza delle reazioni avverse la dose
giornaliera deve essere temporaneamente ridotta alla dose precedente ben
tollerata, oppure può essere interrotto il trattamento.
Dose di mantenimento La dose efficace è da 3 a 6 mg due volte al giorno; per
raggiungere il massimo beneficio terapeutico i pazienti devono essere mantenuti
al più alto dosaggio ben tollerato. La dose massima raccomandata è di 6 mg due
volte al giorno. Il trattamento di mantenimento puo' essere continuato fino a
quando sia riscontrabile un beneficio terapeutico. Pertanto il beneficio clinico
della rivastigmina deve essere rivalutato regolarmente, in particolare per i
pazienti trattati con dosi inferiori a 3 mg due volte al giorno. Se dopo 3 mesi
di terapia con la dose di mantenimento il peggioramento dei sintomi della
demenza non viene influenzato positivamente, il trattamento deve essere
interrotto. Anche nel caso in cui non sia piu' riscontrabile un effetto
terapeutico, si deve prendere in considerazione l'interruzione del trattamento.
La risposta individuale alla rivastigmina non è prevedibile. Comunque un
maggiore effetto terapeutico è stato riscontrato nei pazienti con demenza di
grado moderato con malattia di Parkinson. Alla stessa maniera un più ampio
effetto è stato osservato nei pazienti con malattia di Parkinson con
allucinazioni visive (vedere paragrafo 5.1). Non è stato studiato l'effetto
terapeutico in studi clinici controllati verso placebo della durata di oltre 6
mesi.
Reintroduzione della terapia Se il trattamento viene interrotto per parecchi
giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno. La
titolazione del dosaggio deve poi essere eseguita come descritto sopra.
Insufficienza renale e epatica A causa dell'aumentata esposizione al
medicinale, in caso di insufficienza renale moderata o compromissione epatica
lieve o moderata, la posologia deve essere accuratamente titolata a seconda
della tollerabilita' individuale (vedere paragrafo 5.2). I pazienti con grave
compromissione della funzionalità epatica non sono stati studiati (vedere
paragrafo 4.3).
Uso nei bambini L'uso di rivastigmina non è raccomandato nei bambini.
L'assunzione di questo medicinale è controindicata nei pazienti con:
- ipersensibilità al principio attivo, ad altri derivati del carbammato o ad
uno qualsiasi degli eccipienti utilizzati nella formulazione.
- grave compromissione della funzionalità epatica, poichè il medicinale non è
stato studiato in questa popolazione.
L'incidenza e la gravità delle reazioni avverse generalmente aumenta alle
dosi più alte. Se si interrompe il trattamento per parecchi giorni, si deve
riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno per ridurre il
rischio di reazioni avverse (es. vomito).
Titolazione del dosaggio: subito dopo l'aumento della dose sono state
osservate reazioni avverse (es. ipertensione e allucinazioni in pazienti con
demenza di Alzheimer e peggioramento dei sintomi extrapiramidali, in particolare
tremore, in pazienti con demenza associata a malattia di Parkinson). Queste
possono essere sensibili ad una riduzione della dose. In altri casi, la
somministrazione di rivastigmina è stata interrotta (vedere paragrafo 4.8). Si
possono verificare, in modo particolare all'inizio del trattamento e/o in
occasione di incrementi posologici, disturbi gastrointestinali quali nausea e
vomito, . Queste reazioni avverse si verificano piu' frequentemente nelle donne.
I pazienti con malattia di Alzheimer tendono a perdere peso. In questo tipo di
pazienti l'uso degli inibitori delle colinesterasi, rivastigmina compresa, è
stato associato a perdita di peso. Durante la terapia il peso corporeo dei
pazienti deve essere controllato.
Qualora si verificassero, in associazione al trattamento con rivastigmina,
episodi di vomito di grado severo, si deve procedere con opportuni aggiustamenti
della dose come raccomandato al paragrafo 4.2. Alcuni episodi di vomito di grado
severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.8). Tali
episodi si sono verificati in particolare dopo incrementi del dosaggio di
rivastigmina o dopo la somministrazione di alte dosi.
Si deve prestare attenzione alla somministrazione di rivastigmina in pazienti
con disfunzione del nodo del seno o difetti della conduzione (blocco
seno-atriale, blocco atrio-ventricolare) (vedere paragrafo 4.8).
La rivastigmina può provocare un aumento delle secrezioni acide gastriche. Si
consiglia particolare prudenza nel trattamento di pazienti con ulcera gastrica o
duodenale in fase attiva o in pazienti predisposti a questo tipo di disturbi.
Gli inibitori delle colinesterasi devono essere prescritti con cautela a
pazienti con anamnesi positiva di asma o broncopneumopatia ostruttiva.
I colinomimetici possono causare o aggravare ostruzioni urinarie e crisi
convulsive. Si raccomanda cautela nel trattamento di pazienti predisposti a
questo tipo di disturbi.
L'impiego di rivastigmina in pazienti con grave demenza di Alzheimer o
associata alla malattia di Parkinson, o altri tipi di demenza, o altri tipi di
disturbi della memoria (es. declino cognitivo correlato all'età) non è stato
oggetto di studio, e pertanto se ne sconsiglia l'uso in queste popolazioni di
pazienti.
Come altri colinomimetici, la rivastigmina può aggravare o indurre sintomi
extrapiramidali. Nei pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson
sono stati osservati un peggioramento (comprendente bradicinesia, discinesia,
andatura anormale) ed un'aumentata incidenza o gravità del tremore (vedere
paragrafo 4.8). Tali eventi possono, in alcuni casi, portare alla sospensione di
rivastigmina (es. interruzione causata dal tremore nell'1,7% dei pazienti con
rivastigmina verso 0% in placebo). Per queste reazioni avverse si raccomanda il
monitoraggio clinico.
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Essendo un inibitore della colinesterasi, la rivastigmina può aumentare gli
effetti dei miorilassanti di tipo succinilcolinico durante l'anestesia. Si
raccomanda cautela nella scelta degli anestetici. Se necessario, si possono
prendere in considerazione aggiustamenti della dose o la sospensione
temporanea del trattamento.
Per i suoi effetti farmacodinamici, la rivastigmina non va somministrata in
associazione con altre sostanze colinomimetiche; e può interferire con
l'attività di medicinali anticolinergici.
In studi su volontari sani nessuna interazione farmacocinetica è stata
osservata fra rivastigmina e digossina, warfarin, diazepam o fluoxetina.
L'aumento del tempo di protrombina indotto da warfarin non è modificato dalla
somministrazione di rivastigmina. Con la somministrazione concomitante di
digossina e rivastigmina non sono stati osservati effetti indesiderati sulla
conduzione cardiaca.
Considerando il suo metabolismo, appaiono improbabili interazioni
farmacometaboliche con altri medicinali, sebbene la rivastigmina possa inibire
il metabolismo di altre sostanze mediato dalla butirrilcolinesterasi.
Non sono disponibili dati clinici relativi all' esposizione alla
rivastigmina durante la gravidanza. Nei ratti e nei conigli non sono stati
osservati effetti sulla fertilità o sullo sviluppo embriofetale, ad eccezione
delle dosi alle quali si è manifestata tossicità nella madre. Nel ratto in
studi peri-postnatali, è stato osservato un aumento del tempo di gestazione.
Rivastigmina non deve essere usata durante la gravidanza, se non in caso di
assoluta necessità.
Negli animali, la rivastigmina viene escreta nel latte. Non è noto se la
rivastigmina sia escreta nel latte umano. Pertanto le donne trattate con
rivastigmina non devono allattare al seno.
La malattia di Alzheimer può causare una graduale perdita della capacità di
guidare o compromettere l'abilità di usare macchinari. Inoltre la rivastigmina
può indurre vertigini e sonnolenza, soprattutto all'inizio del trattamento o in
concomitanza con l'aumento della dose. Di conseguenza, rivastigmina ha una lieve
o moderata influenza sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari.
Pertanto nei pazienti con demenza trattati con rivastigmina la capacità di
continuare a guidare o utilizzare macchinari complessi deve essere di norma
valutata dal medico curante.
Le reazioni avverse segnalate più frequentemente sono di natura
gastrointestinale e comprendono nausea (38%) e vomito (23%), soprattutto
durante la fase di titolazione. Negli studi clinici le donne sono risultate
più sensibili degli uomini alle reazioni gastrointestinali e alla perdita di
peso.
Le seguenti reazioni avverse, elencate in Tabella 1, si riferiscono a
pazienti con demenza di Alzheimer trattati con rivastigmina.
Le reazioni avverse sono classificate in ordine di frequenza decrescente
utilizzando i seguenti parametri convenzionali: Molto comune (≥1/10), comune
(≥1/100; <1/10), non comune (≥1/1.000; <1/100), raro (≥1/10.000; <1/1.000),
molto raro (<1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere stabilita sulla
base dei dati disponibili).
Tabella 1
Infezioni ed infestazioni Molto raro |
Infezioni urinarie |
Disturbi psichiatrici Comune Comune Non
Comune Non Comune Molto raro |
Agitazione Confusione Insonnia Depressione
Allucinazioni |
Patologie del sistema nervoso Molto comune Comune
Comune Comune Non Comune Raro Molto raro |
Capogiri Cefalea Sonnolenza Tremori Sincope
Crisi convulsive Sintomi extrapiramidali (incluso un peggioramento della
malattia di Parkinson). |
Patologie cardiache Raro Molto raro |
Angina pectoris Aritmia cardiaca (es. bradicardia, blocco
atrio-ventricolare, fibrillazione atriale e tachicardia). |
Patologie vascolari Molto raro |
Ipertensione |
Patologie gastrointestinali Molto comune Molto
comune
Molto comune Comune Raro Molto raro Molto raro Non nota |
Nausea Vomito Diarrea Dolore addominale e dispepsia
Ulcera gastrica e duodenale Emorragia gastrointestinale Pancreatite
Alcuni episodi gravi di vomito sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedi
paragrafo 4.4) |
Disturbi del metabolismo e della nuutrizione Molto
comune |
Anoressia |
Patologie epatobiliari Non comune |
Alterazione dei test di funzionalità epatica |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune
Raro |
Aumento della sudorazione Rash cutanei |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
Comune Comune Non comune |
Fatica ed astenia Malessere Cadute accidentali |
Esami diagnostici Comune
|
Perdita di peso |
La Tabella 2 mostra le reazioni avverse segnalate in pazienti con demenza
associata alla malattia di Parkinson trattati con rivastigmina.
Tabella 2
Disturbi psichiatrici Comune Comune
Comune |
Insonnia Ansia Irrequietezza |
Patologie del sistema nervoso Molto comune Comune
Comune Comune Comune Comune Comune Non Comune |
Tremori Capogiri Sonnolenza Cefalea
Peggioramento della malattia di Parkinson
Bradicinesia Discinesia Distonia |
Patologie cardiache Comune Non comune
Non comune |
Bradicardia Fibrillazione atriale
Blocco atrio-ventricolare |
Patologie gastrointestinali Molto comune Molto
comune Comune Comune Comune |
Nausea Vomito Diarrea Dolore addominale e dispepsia
Ipersecrezione salivare |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune |
Aumento della sudorazione |
Patologie del tessuto muscoloscheletrico e della nutrizione
Comune |
Rigidità muscolare |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comune
Comune |
Anoressia
Disidratazione |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
Comune Comune |
Fatica ed astenia Andatura anomala |
Nella Tabella 3 sono elencati il numero e la percentuale dei pazienti che
hanno partecipato ad uno specifico studio clinico della durata di 24 settimane,
condotto in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson trattati
con rivastigmina, in cui si sono verificati eventi avversi pre-definiti che
potrebbero riflettersi in un peggioramento dei sintomi parkinsoniani.
Tabella 3
Eventi avversi pre-definiti che potrebbero riflettersi in un
peggioramento dei sintomi parkinsoniani in pazienti con demenza associata alla
malattia di Parkinson
|
Rivastigmina n (%) |
Placebo n (%) |
Totale pazienti studiati Totale pazienti con eventi avversi
pre-definiti |
362 (100) 99 (27,3) |
17 (100) 28 (15,6) |
Tremore Cadute Malattia di Parkinson (peggioramento)
Ipersecrezione salivare
Discinesia Parkinsonismo Ipocinesia Disturbi del movimento
Bradicinesia Distonia Andatura anormale Rigidità muscolare
Disturbi dell'equilibrio Rigidità muscolo-scheletrica
Irrigidimento Disfunzioni motorie |
37 (10,2) 21 (5,8) 12 (3,3) 5 (1,4) 5 (1,4) 8 (2,2)
1 (0,3)
1 (0,3) 9 (2,5) 3 (0,8) 5 (1,4) 1 (0,3) 3 (0,8)
3 (0,8)
1 (0,3) 1 (0,3) |
7 (3,9) 11 (6,1) 2 (1,1) 0 1 (0,6) 1 (0,6) 0
0 3 (1,7) 1 (0,6) 0 0 2 (1,1) 0
0
0 |
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Sintomi
La maggior parte degli episodi di sovradosaggio accidentale sono stati
asintomatici e quasi tutti i pazienti interessati hanno proseguito il
trattamento con rivastigmina. Nei casi di sovradosaggio sintomatico si sono
osservati: nausea, vomito, diarrea, ipertensione o allucinazioni. A causa del
noto effetto vagotonico degli inibitori delle colinesterasi sul battito
cardiaco, si possono verificare episodi di bradicardia e/o sincope. Si è
verificato un caso di ingestione di 46 mg; dopo un trattamento conservativo il
paziente si è completamente ripreso in 24 ore.
Trattamento
Poiché la rivastigmina ha una emivita plasmatica di circa 1 ora e la durata
dell'inibizione dell'acetilcolinesterasi è di circa 9 ore, in caso di
sovradosaggio asintomatico si raccomanda di non somministrare altre dosi di
rivastigmina nelle successive 24 ore. Nei casi di sovradosaggio accompagnati da
nausea e vomito gravi, si deve prendere in considerazione l'uso di antiemetici.
In caso di comparsa di altra sintomatologia, si dovrà predisporre un opportuno
trattamento sintomatico. Nei casi di grave sovradosaggio si può utilizzare
atropina. Si raccomanda una dose iniziale di 0,03 mg/kg per via endovenosa di
atropina solfato, con successivi adeguamenti posologici in relazionealla
risposta clinica. �ˆ sconsigliato l'uso di scopolamina come antidoto.
Categoria farmacoterapeutica: anticolinesterasici, codice ATC: N06DA03.
La rivastigmina è un inibitore dell'acetil- e butirrilcolinesterasi di
tipo carbamidico, che facilita la neurotrasmissione colinergica
rallentando degradazione della acetilcolina rilasciata dai neuroni
colinergici funzionalmente integri. La rivastigmina può quindi esercitare
un miglioramento dei deficit cognitivi a mediazione colinergica nella
demenza associata alla malattia di Alzheimer e alla malattia di Parkinson.
La rivastigmina interagisce con i suoi enzimi bersaglio formando un complesso
a legame covalente che inattiva temporaneamente gli enzimi. Nei volontari sani
giovani, una dose orale di 3 mg riduce l'attività dell' acetilcolinesterasi
(AChE) a livello del liquido cerebrospinale di circa il 40% nella prima ora e
mezza dalla somministrazione. L'attività dell'enzima ritorna ai livelli basali
dopo circa 9 ore dal raggiungimento dell'effetto inibitorio massimo. Nei
pazienti con malattia di Alzheimer, l'inibizione dell' AChE a livello del
liquido cerebrospinale ad opera della rivastigmina è risultata dose- dipendente
fino a 6 mg somministrata due volte al giorno, che costituisce la dose massima
testata. In 14 pazienti con malattia di Alzheimer trattati con rivastigmina
l'inibizione dell'attività della butirrilcolinesterasi a livello del liquido
cerebrospinale è risultata simile a quella osservata per l'AChE.
Studi clinici nella demenza di Alzheimer La valutazione dell'efficacia di
rivastigmina è stata effettuata mediante l'uso di tre strumenti di valutazione
indipendenti e dominio specifici, verificati ad intervalli regolari durante
periodi di trattamento della durata di 6 mesi. Questi strumenti sono la ADAS-Cog
(una valutazione della capacità cognitiva), la CIBIC-Plus (una valutazione
globale del paziente da parte del medico considerando quanto riportato anche dal
"caregiver"), e la PDS (una valutazione effettuata dal "caregiver" delle normali
attività quotidiane quali l'igiene personale, la capacità di alimentarsi, di
vestirsi, di effettuare faccende domestiche, di fare acquisti, il mantenimento
della capacità di orientarsi nell'ambiente circostante come pure il
coinvolgimento in attività relative alla gestione del denaro, ecc.).
I pazienti studiati avevano un punteggio di MMSE (Mini-Mental State
Examination) compreso tra 10 e 24.
I risultati dei pazienti con risposta clinicamente significativa, emersi
dall'analisi combinata di due degli studi, a dose flessibile, al di fuori dei
tre studi pivotal multicentrici della durata di 26 settimane, condotti in
pazienti affetti da demenza di Alzheimer di grado lieve o moderatamente grave,
sono indicati nella Tabella 4, riportata piu' avanti. In questi studi era stato
definito a priori, quale miglioramento rilevante dal punto di vista clinico, un
miglioramento di almeno 4 punti della ADAS-Cog, un miglioramento della
CIBIC-Plus o un miglioramento di almeno il 10% della PDS.
Viene inoltre fornita, nella stessa tabella, una definizione a posteriori
della risposta. La definizione secondaria della risposta richiedeva un
miglioramento di 4 punti o piu' della ADAS-Cog, con nessun peggioramento della
CIBIC-Plus e della PDS. La dose media nei responders del gruppo 6-12 mg,
corrispondente a questa definizione, era di 9,3 mg. �ˆ importante notare che le
scale utilizzate in questa indicazione variano, e il confronto diretto dei
risultati per agenti terapeutici differenti non è valido.
Tabella 4
|
Pazienti con risposta clinicamente significativa (%) |
|
Intent to treat |
Ultima osservazione effettuata |
Misurazione della risposta |
Rivastigmina 6-12 mg N=473 |
Placebo
N=472 |
Rivastigmina 6-12 mg N=379 |
Placebo
N=444 |
ADAS-Cog: miglioramento di almeno 4 punti |
21*** |
12 |
25*** |
12 |
CIBIC-Plus: miglioramento |
29*** |
18 |
32*** |
19 |
PDS: miglioramento di almeno il 10% |
26*** |
17 |
30*** |
18 |
Miglioramento di almeno 4 punti della ADAS-Cog senza peggioramento della
CIBIC-Plus e della PDS |
10* |
6 |
12** |
6 |
*p<0.05, **p<0.01, ***p<0.001
Studi clinici nella demenza associata alla malattia di Parkinson
L'efficacia della rivastigmina nella demenza associata alla malattia di
Parkinson è stata dimostrata in uno studio multicentrico in doppio cieco,
controllato verso placebo, della durata di 24 settimane, e nella sua fase di
estensione in aperto della durata di 24 settimane. I pazienti arruolati in
questo studio avevano un punteggio di MMSE (Mini-Mental State Examination)
compreso tra 10 e 24. La valutazione dell'efficacia è stata effettuata mediante
l'uso di due scale indipendenti, valutate ad intervalli regolari durante il
periodo di trattamento della durata di 6 mesi, come riportato nella sottostante
Tabella 5: la ADAS-Cog (una scala di valutazione della capacità cognitiva), e la
valutazione generale ADCS-CGIC (una scala di valutazione globale del paziente da
parte del medico).
Tabella 5
Demenza associata con la malattia di Parkinson |
ADAS-Cog Rivastigmina |
ADAS-Cog Placebo |
ADCS-CGIC Rivastigmina |
ADCS-CGIC Placebo |
ITT + popolazione RDO |
(n=329) |
(n=161) |
(n=329) |
(n=165) |
Media Basale ± DS |
23,8 ± 10,2 |
24,3 ± 10,5 |
n/a |
n/a |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS |
2,1 ± 8,2 |
-0,7 ± 7,5 |
3,8 ± 1,4 |
4,3 ± 1,5 |
Differenza a terapia accomodata |
2,881 |
|
n/a |
|
P verso placebo |
<0,001 |
|
0,0072 |
|
ITT -popolazione LOCF |
(n=287) |
(n=154) |
(n=289) |
(n=158) |
Media Basale ± DS |
24,0 ± 10,3 |
24,5 ± 10,6 |
n/a |
n/a |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS |
2,5 ± 8,4 |
-0,8 ± 7,5 |
3,7 ± 1,4 |
4,3 ± 1,5 |
Differenza a terapia accomodata |
3,54 |
|
n/a |
|
P verso placebo |
<0,001 |
|
<0,001 |
|
1 In base all'ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la
valutazione basale dell'ADAS-Cog come covariata. Un cambiamento positivo indica
miglioramento.
2 Valori medi presentati per comodità, analisi per categorie eseguita
con test di van Elteren ITT: Intent-To-Treat; RDO: Retrieved Drop Outs;
LOCF: Last Observation Carried Forward
Sebbene l'effetto del trattamento sia stato dimostrato nella totalità della
popolazione studiata, i dati suggeriscono che un effetto più ampio relativo al
placebo è stato visto nel sottogruppo di pazienti con demenza di grado moderato
associata alla malattia di Parkinson. Allo stesso modo è stato osservato un
effetto più importante del trattamento in quei pazienti con allucinazioni visive
(vedere Tabella 6).
Tabella 6
Demenza associata con la malattia di Parkinson |
ADAS-Cog Rivastigmina |
ADAS-Cog Placebo |
ADAS-Cog Rivastigmina |
ADAS-Cog Placebo |
|
Pazienti con allucinazioni visive |
Pazienti senza allucinazioni visive |
ITT + popolazione RDO |
(n=107) |
(n=60) |
(n=220) |
(n=101) |
Media Basale ± DS |
25,4 ± 9,9 |
27,4 ± 10,4 |
23,1 ± 10,4 |
22,5 ± 10,1 |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS |
1,0 ± 9,2 |
-2,1 ± 8,3 |
2,6 ± 7,6 |
0,1 ± 6,9 |
Differenza a terapia accomodata |
4,271 |
2,091 |
P verso placebo |
0,002 |
0,015 |
|
Pazienti con demenza di grado moderato (MMSE 10-17) |
Pazienti con demenza di grado lieve (MMSE 10-24) |
ITT + popolazione RDO |
(n=87) |
(n=44) |
(n=237) |
(n=115) |
Media Basale ± DS |
32,6 ± 10,4 |
33,7 ± 10,3 |
20,6 ± 7,9 |
20,7 ± 7,9 |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS |
2,6 ± 9,4 |
-1,8 ± 7,2 |
1,9 ± 7,7 |
-0,2 ± 7,5 |
Differenza a terapia accomodata |
4,73 |
2,141 |
P verso placebo |
0,002 |
0,010 |
1 In base all'ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la
valutazione basale dell'ADAS-Cog come covariata. Un cambiamento positivo indica
miglioramento. ITT: Intent-To-Treat: RDO: Retrieved Drop Outs.
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Assorbimento La rivastigmina viene assorbita in modo rapido e completo. Il
picco delle concentrazioni nel plasma viene raggiunto entro 1 ora circa. Come
conseguenza dell'interazione tra la rivastigmina ed il suo enzima bersaglio,
l'aumento della biodisponibilità è circa 1,5 volte superiore rispetto a quello
atteso con l'aumento della dose. Alla dose di 3 mg la biodisponibilità
assoluta risulta circa del 36% ± 13%. L'assunzione di rivastigmina con il cibo
ritarda l'assorbimento (tmax) di 90', riduce i valori di Cmax ed aumenta l'AUC
di circa il 30%.
Distribuzione Il legame di rivastigmina alle proteine plasmatiche è di circa
il 40% . Attraversa rapidamente la barriera emato-encefalica e ha un volume
apparente di distribuzione compreso tra 1,8 e 2,7 l/kg.
Metabolismo La rivastigmina viene metabolizzata in modo rapido ed esteso
(emivita plasmatica di circa 1 ora) nel metabolita decarbamilato, principalmente
per idrolisi da parte della colinesterasi. In vitro, questo metabolita mostra un
trascurabile effetto di inibizione dell'acetilcolinesterasi (<10%). In base agli
studi in vitro e sugli animali, i principali isoenzimi del citocromo P450 sono
coinvolti in misura trascurabile nel metabolismo della rivastigmina. Dopo
somministrazione endovenosa di 0,2 mg la clearance totale plasmatica di
rivastigmina è di circa 130 l/h e si riduce a 70 l/h dopo somministrazione
endovenosa di 2,7 mg.
Escrezione Non è stata rilevata rivastigmina immodificata nell'urina;
l'escrezione renale dei metaboliti rappresenta la principale via di
eliminazione. Dopo la somministrazione di 14C-rivastigmina, l'eliminazione
renale è risultata rapida e praticamente completa (>90%) nelle 24 ore. Meno
dell'1% della dose somministrata viene escreto nelle feci. Non si evidenzia
alcun accumulo di rivastigmina o del metabolita decarbamilato in pazienti con
malattia di Alzheimer.
Soggetti anziani Sebbene la biodisponibilità della rivastigmina sia maggiore
nei soggetti anziani rispetto a volontari sani giovani, gli studi condotti su
pazienti con Alzheimer di età compresa fra 50 e 92 anni non hanno segnalato
nessuna modifica della biodisponibilità in relazione all'età.
Soggetti con compromissione della funzionalità epatica I valori di Cmax e AUC
della rivastigmina sono superiori rispettivamente di circa il 60% circa e più di
due volte superiori nei soggetti con compromissione epatica da lieve a moderata
rispetto ai soggetti sani.
Soggetti con insufficienza renale
I valori di Cmax e AUC della rivastigmina sono più di due volte superiori nei
soggetti con insufficienza renale moderata rispetto ai soggetti sani: tuttavia i
valori di Cmax e AUC della rivastigmina in soggetti con insufficienza renale
grave non sono modificati.
Studi di tossicità a dosi ripetute condotti su ratti, topi, cani hanno
dimostrato effetti attribuibili soltanto ad un'eccessiva azione farmacologica.
Non è stata osservata alcuna tossicità a carico degli organi bersaglio. A
causa della sensibilità dei modelli animali usati non sono stati raggiunti
margini di sicurezza relativi all'esposizione nell'uomo.
La rivastigmina è risultata priva di attività mutagena in una batteria
standard di test in vitro e in vivo, ad eccezione di un test di aberrazione
cromosomica nei linfociti periferici umani ad una dose di 104 volte la massima
dose clinica somministrata. Il test del micronucleo in vivo è risultato
negativo.
Negli studi in topi, ratti alla dose massima tollerata non è emersa alcuna
evidenza di carcinogenicità, sebbene l'esposizione alla rivastigmina e ai suoi
metaboliti sia stata inferiore rispetto all'esposizione nell'uomo. Se rapportata
alla superficie corporea, l'esposizione alla rivastigmina ed ai suoi metaboliti
è risultata approssimativamente equivalente alla dose massima giornaliera
consigliata nell'uomo di 12 mg; tuttavia, in confronto alla dose massima
nell'uomo, nell'animale è stato raggiunto un valore maggiore di circa 6 volte.
Negli animali la rivastigmina attraversa la placenta ed è escreta nel latte.
Studi con somministrazione orale in ratti e coniglie gravide non hanno fornito
indicazioni sul potenziale teratogenico della rivastigmina.
Nucleo della capsula
Cellulosa microcristallina
Ipromellosa
Silice colloidale anidra
Magnesio stearato
Rivestimento della capsula
Diossido di titanio (E171)
Ossido di ferro giallo (E 172)
Gelatina
Non applicabile.
2 anni
Questo medicinale non richiede alcuna istruzione particolare per la
conservazione.
Astuccio con Blister ( PVC/PVDC, foglio Al ) contenenti : 28, 30, 56,
60, o 112 capsule rigide.
Contenitore in HDPE: 250 capsule rigide.
E' possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate
Nessuna istruzione particolare
KRKA, d.d., Novo mesto, Šmarješka cesta 6, 8501 Novo mesto, Slovenia.