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PACLITAXEL ACTAVIS 6 MG/ML CONCENTRATO PER SOLUZIONE PER INFUSIONE
1 ml di concentrato per soluzione per infusione contiene 6 mg di paclitaxel.
Un flaconcino da 5 ml contiene 30 mg di paclitaxel
Un flaconcino da 16,7 ml contiene 100 mg di paclitaxel
Un flaconcino da 25 ml contiene 150 mg di paclitaxel
Un flaconcino da 50 ml contiene 300 mg di paclitaxel
Eccipienti:
Macrogol glicerolo ricinoleato (527 mg/ml)
Etanolo, anidro (385 mg/ml)
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Concentrato per soluzione per infusione.
Soluzione chiara, leggermente viscosa, incolore o di colore giallo chiaro con pH da 3,3 a 4,3 e osmolarità di >4000 mOsm/l.
Carcinoma ovarico
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico per il trattamento di pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato o con carcinoma residuo (>1 cm) dopo laparatomia iniziale, in combinazione con cisplatino.
Nella chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico per il trattamento del carcinoma metastatico dell’ovario quando la terapia standard, contenente derivati del platino, non sia risultata efficace.
Carcinoma della mammella
In terapia adiuvante, Paclitaxel Actavis è indicato nel trattamento di pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi dopo terapia con antracicline e ciclofosfamide (AC). Il trattamento adiuvante con Paclitaxel Actavis deve essere considerato come una alternativa alla continuazione della terapia con AC.
Paclitaxel Actavis è indicato per il trattamento iniziale del carcinoma localmente avanzato o metastatico della mammella in associazione sia con una antraciclina nelle pazienti per le quali è adatta la terapia con l’antraciclina sia con trastuzumab nelle pazienti con iperespressione di HER-2 (recettore 2 dei fattori di crescita dell’epidermide umana) di livello 3+ all’esame immunoistochimico, e per le quali non sia possibile il trattamento con un’antraciclina (vedi paragrafi 4.4 e 5.1).
In monoterapia Paclitaxel Actavis è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico della mammella in pazienti in cui la terapia standard, contenente antracicline, non sia ritenuta possibile o non sia risultata efficace.
Carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato
Paclitaxel, in associazione con cisplatino, è indicato per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in pazienti che non possono essere sottoposti a intervento chirurgico radicale e/o a terapia radiante.
Sarcoma di Kaposi associato all'AIDS
Paclitaxel Actavis è indicato per il trattamento di pazienti con sarcoma di Kaposi (KS) associato all’AIDS avanzato che hanno fallito una terapia precedente con un’antraciclina liposomiale.
I dati di efficacia a supporto di questa indicazione sono limitati, si rimanda al paragrafo 5.1 per un riassunto degli studi rilevanti.
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Posologia
Prima della somministrazione di paclitaxel tutti i pazienti devono essere premedicati con corticosteroidi, antiistaminici e H2 antagonisti, ad esempio:
Farmaco | Dose | Intervallo di tempo prima della somministrazione di paclitaxel |
Desametasone | 20 mg per os* o ev | Per la somministrazione orale: circa 12 e 6 ore, oppure per somministrazione ev: da 30 a 60 minuti |
Difenidramina** | 50 mg e.v. | Da 30 a 60 minuti |
Cimetidina | 300 mg e.v. | Da 30 a 60 minuti |
o ranitidina | 50 mg e.v. |
* 8-20 mg per pazienti con sarcoma di Kaposi
** o un antiistaminico equivalente, per es.: clorfeniramina
Il paclitaxel deve essere somministrato mediante un filtro in linea con membrana a micropori aventi diametro ≤0,22 mcm (vedere paragrafo 6.6).
Chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico
Sebbene siano in corso di sperimentazione altri regimi posologici, si raccomanda un regime di associazione costituito da paclitaxel e cisplatino. In base alla durata dell’infusione sono raccomandate due dosi di paclitaxel: Il paclitaxel alla dose di 175 mg/m², somministrato endovena nell’arco di 3 ore, seguito da cisplatino alla dose di 75 mg/m², ogni tre settimane o paclitaxel 135 mg/m², somministrato in infusione di 24 ore, seguito da cisplatino alla dose di 75 mg/m², con un intervallo di tre settimane tra una somministrazione di tale associazione e la successiva (vedere paragrafo 5.1)
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico
La dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m², somministrata nell'arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.
Chemioterapia adiuvante nel carcinoma della mammella
La dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m², somministrata nell'arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane per quattro cicli, dopo terapia AC.
Chemioterapia di prima linea del carcinoma della mammella
Quando viene usato in associazione con la doxorubicina (50 mg/m²), il paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina. La dose raccomandata di paclitaxel è 220 mg/m²somministrata endovena nell’arco di tre ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).
Quando viene usato in associazione con il trastuzumab, la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m², somministrata endovena nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3-settimane tra i cicli (vedere paragrafo 5.1). L’infusione di paclitaxel può essere iniziata il giorno successivo alla prima dose di trastuzumab o immediatamente dopo le successive, nel caso sia stata ben tollerata la precedente dose di trastuzumab (per la posologia dettagliata del trastuzumab consultare il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto della specialità medicinale Herceptin).
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma della mammella
La dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m², somministrata nell'arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.
Trattamento del NSCLC in stadio avanzato
La dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m², somministrata nell'arco di 3 ore, seguita dalla somministrazione di cisplatino alla dose di 80 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo terapeutico e il successivo.
Trattamento del Sarcoma di Kaposi associato all’AIDS
La dose raccomandata di Paclitaxel Actavis è 100 mg/m², somministrato per infusione endovenosa di 3 ore ogni 2 settimane.
Successive dosi di paclitaxel devono essere somministrate tenendo in considerazione la tollerabilità individuale al farmaco.
È opportuno non somministrare nuovamente paclitaxel fin quando la conta dei neutrofili non raggiunga o superi il valore di 1500/mm³ (≥1000/mm³ per pazienti con sarcoma di Kaposi) e quella piastrinica il valore di 100.000/mm³ (≥75.000/mm³ per pazienti con sarcoma di Kaposi). In caso di grave neutropenia (neutrofili inferiori a 500/mm³ per 7 o più giorni) o di grave neuropatia periferica, la dose, nei successivi cicli di terapia, deve essere ridotta del 20% (25% per pazienti con sarcoma di Kaposi) (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti con compromissione della funzionalità epatica
Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare aggiustamenti posologici in pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). I pazienti con compromissione epatica grave non devono essere trattati con paclitaxel.
Pazienti pediatrici: L’uso di Paclitaxel Actavis non è raccomandato nei bambini di età inferiore ai 18 anni a causa della mancanza di dati relativi alla sicurezza e all’efficacia.
l paclitaxel è controindicato in pazienti con grave ipersensibilità al paclitaxel o ad uno qualsiasi degli eccipienti, in particolare al macrogol glicerolo ricinoleato (olio di ricino poliossietilato) (vedere paragrafo 4.4).
Il paclitaxel è controindicato in gravidanza ed allattamento (vedere paragrafo 4.6) e non deve essere usato in pazienti con una conta iniziale di neutrofili <1500/mm³ (<1000/mm³ per pazienti con sarcoma di Kaposi).
Nel sarcoma di Kaposi, il paclitaxel è controindicato anche nei pazienti con infezioni concomitanti, gravi ed incontrollate.
Il paclitaxel deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico che abbia acquisito esperienza nell'uso di chemioterapici antitumorali. A causa della possibile evenienza di gravi reazioni di ipersensibilità è opportuno avere a disposizione un'adeguata attrezzatura per la terapia di supporto.
I pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antiistaminici ed antagonisti H2, (vedere paragrafo 4.2).
Il paclitaxel deve essere somministrato prima del cisplatino, quando viene usato in associazione (vedere paragrafo 4.5).
Significative reazioni di ipersensibilità caratterizzate da dispnea ed ipotensione tali da richiedere trattamento, angioedema e orticaria generalizzata si sono manifestate in <1% dei pazienti che hanno ricevuto paclitaxel preceduto da adeguata premedicazione. Tali reazioni sono probabilmente mediate dall’istamina. In caso di gravi reazioni di ipersensibilità è opportuno sospendere immediatamente l’infusione di paclitaxel, istituire una terapia sintomatica e non somministrare nuovamente il farmaco al paziente.
La mielodepressione (principalmente neutropenia) è la tossicità limitante la dose. Deve essere istituito un frequente monitoraggio dei parametri ematologici. Il trattamento non deve essere ripreso fin quando il valore dei neutrofili non ritorni a ≥1500/mm³ (≥1000/mm³ per pazienti con sarcoma di Kaposi) e quello delle piastrine a ≥100.000/mm³ (≥75.000/mm³ per pazienti con sarcoma di Kaposi).
Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi, la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto il fattore di crescita granulocitario (G-CSF).
Con il paclitaxel in monoterapia sono state segnalate raramente gravi anomalie della conduzione cardiaca.
Se durante la somministrazione di paclitaxel i pazienti sviluppano significative anomalie della conduzione cardiaca, deve essere istituita un’appropriata terapia e durante la successiva terapia con paclitaxel deve essere eseguito un monitoraggio cardiaco continuo. Durante la somministrazione di paclitaxel sono state osservate ipotensione, ipertensione e bradicardia; solitamente i pazienti risultano asintomatici e in genere non necessitano di trattamento. Si raccomanda un frequente controllo dei parametri vitali, in particolare durante la prima ora di infusione di paclitaxel. Eventi cardiovascolari gravi sono stati osservati più frequentemente in pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule che non in pazienti con carcinoma della mammella o ovarico.
Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi associato all’AIDS è stato osservato un unico caso di insufficienza cardiaca associata al paclitaxel.
Quando il paclitaxel viene usato in associazione con la doxorubicina o il trastuzumab per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella, la funzionalità cardiaca dovrà essere tenuta sotto attento controllo. I pazienti candidati per il trattamento con paclitaxel in queste associazioni devono sottostare a una valutazione cardiaca di base, comprendente anamnesi, esame obiettivo, ECG, ecocardiogramma e/o angiografia MUGA. La funzione cardiaca deve essere controllata ulteriormente durante il trattamento (ad es. ogni tre mesi). Il controllo può aiutare a identificare pazienti che sviluppano disfunzione cardiaca e i medici curanti, quando prendono decisioni sulla frequenza della funzione ventricolare, devono attentamente valutare la dose cumulativa (mg/m²) di antraciclina somministrata. Quando le prove indicano un deterioramento della funzione cardiaca, anche asintomatica, i medici curanti devono valutare attentamente i benefici clinici di una ulteriore terapia contro la possibilità di produrre un danno cardiaco, incluso un danno potenzialmente irreversibile. Se viene somministrato ulteriore trattamento, il controllo della funzione cardiaca deve essere più frequente (ad es. ogni 1-2 cicli). Per maggiori dettagli vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Herceptin o della doxorubicina.
Sebbene la neuropatia periferica sia un evento frequente, lo sviluppo di sintomi gravi è raro. In casi gravi, si raccomanda una riduzione del 20% (25% nei pazienti con sarcoma di Kaposi) della dose per tutti i successivi cicli di paclitaxel. Nei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico in trattamento di prima linea, la somministrazione di paclitaxel infuso in tre ore in associazione con cisplatino ha determinato una maggiore incidenza di grave neurotossicità rispetto sia al paclitaxel in monoterapia sia alla ciclofosfamide seguita da cisplatino.
I pazienti con disfunzione epatica possono essere ad aumentato rischio di tossicità, soprattutto mielosoppressione di grado III-IV. Non è stato dimostrato che la tossicità del paclitaxel aumenti quando viene somministrato in tre ore nei pazienti con funzione epatica lievemente alterata. Quando il paclitaxel è somministrato come infusione più lenta nei pazienti con compromissione epatica da moderata a grave si può osservare aumento della mielosoppressione. I pazienti devono essere controllati attentamente per lo sviluppo di mielosoppressione grave (vedere paragrafo 4.2). Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare aggiustamenti posologici in pazienti con compromissione epatica da lieve a moderata (vedere paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati relativamente a pazienti affetti da colestasi grave all’inizio della terapia. I pazienti con compromissione epatica grave non devono essere trattati con paclitaxel.
Poiché Paclitaxel Actavis contiene etanolo (385 mg/ml) è necessario valutarne i potenziali effetti sul sistema nervoso centrale e gli altri possibili effetti.
Durante studi sugli animali condotti per valutare la tollerabilità locale, sono state osservate gravi reazioni tessutali a seguito di somministrazione endoarteriosa; per questo motivo si dovrà accuratamente evitare la somministrazione del paclitaxel per tale via.
Raramente sono stati riportati casi di colite pseudomembranosa, compresi casi in pazienti che non erano contemporaneamente in terapia con antibiotici. Questa reazione deve essere tenuta in considerazione nella diagnosi differenziale di casi di diarrea grave o persistente che dovessero manifestarsi durante o subito dopo il trattamento con paclitaxel.
Il trattamento con paclitaxel in associazione con radioterapia del polmone, indipendentemente dalla loro sequenza d’impiego, può contribuire allo sviluppo di polmonite interstiziale.
Le donne sessualmente attive e gli uomini sono tenuti a far uso di contraccettivi durante il trattamento, per almeno 6 mesi dopo il trattamento gli uomini e per un mese dopo il trattamento le donne (vedi paragrafo 4.6). La contraccezione ormonale è controindicata nel caso di tumori positivi per i recettori ormonali.
In pazienti con sarcoma di Kaposi, la mucosite grave è rara. Se si verificano reazioni gravi, la dose di paclitaxel deve essere ridotta del 25%.
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La clearance del paclitaxel non è influenzata dal pretrattamento con cimetidina.
Si raccomanda di somministrare il paclitaxel prima del cisplatino nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico. Quando il paclitaxel viene somministrato prima del cisplatino, il profilo di tollerabilità del paclitaxel è sovrapponibile a quello dell'uso in monoterapia. Quando il paclitaxel è stato somministrato dopo il cisplatino, nei pazienti trattati è stata osservata una mielodepressione più spiccata della norma e una diminuzione di circa il 20% della clearance del paclitaxel. Pazienti trattate con paclitaxel e cisplatino possono essere a maggiore rischio di danno renale rispetto a quelle trattate con cisplatino in monoterapia nei tumori ginecologici.
Poiché l’eliminazione della doxorubicina e dei suoi metaboliti attivi può essere ridotta quando il paclitaxel e la doxorubicina sono somministrati in tempi ravvicinati, nel trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella il paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina (vedere paragrafo 5.2).
Il metabolismo del paclitaxel è catalizzato, in parte, dagli isoenzimi CYP2C8 e 3A4 del citocromo P450 (vedere paragrafo 5.2). Studi clinici hanno dimostrato che il metabolismo del paclitaxel mediato dal CYP2C8 a 6α-idrossipaclitaxel è la principale via metabolica nell'uomo. La somministrazione contemporanea di ketoconazolo, un potente inibitore del CYP3A4, non inibisce l'eliminazione del paclitaxel nei pazienti; quindi i due medicinali possono essere somministrati insieme senza necessità di aggiustamenti della dose. Ulteriori dati sulle potenziali interazioni farmacologiche tra paclitaxel e altri substrati/inibitori del CYP3A4 sono limitati. Pertanto, si deve usare cautela nel somministrare Paclitaxel in terapia concomitante con medicinali in grado di inibire (per es. eritromicina, fluoxetina, gemfibrozil) o indurre (per es. rifampicina, carbamazepina, fenitoina, fenobarbital, efavirenz, nevirapina) sia il CYP2C8 che il CYP3A4.
Studi in pazienti con sarcoma di Kaposi, che assumevano numerose terapie concomitanti, suggeriscono che la clearance sistemica del paclitaxel era significativamente ridotta in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non di indinavir. Non ci sono informazioni sufficienti sulle interazioni con altri inibitori della proteasi. Conseguentemente, il paclitaxel deve essere somministrato con cautela in pazienti che ricevono inibitori delle proteasi come terapia concomitante.
Fertilità:
Il paclitaxel ha dimostrato di ridurre la fertilità nei ratti.
Gravidanza:
In molti sistemi sperimentali il paclitaxel ha dimostrato proprietà teratogene, embriotossiche e mutagene. In particolare ha dimostrato di essere embriotossico e fetotossico nei conigli.
Non ci sono informazioni sull’uso del paclitaxel in donne gravide. Come altri farmaci citotossici, il paclitaxel può causare danno fetale e perciò è controindicato durante la gravidanza.
È opportuno raccomandare alle pazienti di non intraprendere una gravidanza durante la terapia con paclitaxel e di avvertire immediatamente il medico curante, qualora questo evento si verifichi. La gravidanza deve essere evitata per almeno 6 mesi dopo il trattamento.
Allattamento:
Non è noto se il paclitaxel venga escreto nel latte materno. Il paclitaxel è controindicato durante l'allattamento (vedere paragrafo 4.3). Si consiglia di interrompere l'allattamento durante la terapia con paclitaxel.
Il paclitaxel non sembra interferire su questo tipo di attività. Comunque si dovrà tenere in considerazione il fatto che il prodotto contiene alcol (vedere paragrafi 4.4 e 6.1).
La capacità di guidare o di usare macchinari potrebbe risultare compromessa a causa del contenuto alcolico di questo prodotto medicinale.
A meno che non sia specificato altrimenti, la discussione seguente si riferisce a dati di sicurezza globale relativi a 812 pazienti con tumori solidi trattati con paclitaxel in monoterapia nell’ambito di studi clinici. Poiché la popolazione con sarcoma di Kaposi (KS) è molto specifica, alla fine di questa sezione è presentato un capitolo speciale basato su uno studio clinico con 107 pazienti.
A meno che non sia specificato altrimenti, la frequenza e la gravità degli eventi avversi sono generalmente simili nei pazienti che ricevono paclitaxel per il trattamento del carcinoma ovarico, della mammella o del polmone non a piccole cellule. Nessuna delle tossicità osservate è stata chiaramente influenzata dall'età.
Il più frequente effetto indesiderato significativo è stata la mielodepressione. Neutropenia grave (<500 cellule/mm³) non associata a episodi febbrili, si è presentata nel 28% dei pazienti. Solo l'1% dei pazienti ha mostrato grave neutropenia per 7 o più giorni. Trombocitopenia è stata segnalata nell'11% dei pazienti. Il 3% dei pazienti ha presentato un minimo della conta piastrinica <50.000/mm³ almeno una volta durante lo studio. Anemia è stata osservata nel 64% dei pazienti, ma è stata ritenuta grave (Hb <5 mmol/l) solo nel 6% dei pazienti. La frequenza e gravità dell'anemia sono state correlate ai valori basali dell'emoglobina.
Quando il paclitaxel è stato somministrato in associazione con cisplatino la neurotossicità, principalmente la neuropatia periferica, è apparsa più frequente e più grave alla dose di 175 mg/m²infusi in 3 ore (85% neurotossicità, 15% grave) rispetto all’infusione in 24 ore di 135 mg/m²(25% neuropatia periferica, 3% grave). Nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattati con paclitaxel in infusione di tre ore seguito da cisplatino, c’è un incremento evidente dell’incidenza di neurotossicità grave. Dopo il primo ciclo di terapia può verificarsi neuropatia periferica e può peggiorare con concentrazioni crescenti di paclitaxel. In qualche caso la neuropatia periferica ha richiesto l’interruzione del paclitaxel. I sintomi sensoriali sono generalmente migliorati o risolti diversi mesi dopo l’interruzione del paclitaxel. Neuropatie preesistenti, causate da precedenti terapie, non costituiscono controindicazione alla terapia con paclitaxel.
Artralgia o mialgia si sono manifestate nel 60% dei pazienti e sono risultate gravi nel 13% dei casi.
Si è verificata una significativa reazione di ipersensibilità con possibile esito fatale (definita come ipotensione che richiede una terapia, angioedema, sofferenza respiratoria che richiede una terapia con broncodilatatori, o orticaria generalizzata) in 2 pazienti (<1%). Reazioni minori di ipersensibilità si sono manifestate nel 34% dei pazienti (17% di tutti i cicli). Queste reazioni minori, principalmente arrossamenti ed eruzioni cutanee non hanno richiesto specifico intervento terapeutico o l’ interruzione del trattamento con paclitaxel.
Reazioni nella sede di infusione durante la somministrazione endovenosa possono portare a edema localizzato, dolore, eritema e indurimento; e talvolta la fuoriuscita del farmaco dal vaso può causare cellulite. Sono state riportate formazione di escara e/o esfoliazione cutanea, a volte correlate alla fuoriuscita del farmaco dal vaso. Inoltre, si può verificare una depigmentazione cutanea. Raramente è stata riportata la ricomparsa di reazioni cutanee nella sede di un precedente stravaso, a seguito di somministrazione di paclitaxel in un sito differente, il cosiddetto “recall”. Non è ancora noto un trattamento specifico per le reazioni dovute allo stravaso del farmaco.
La tabella sottostante elenca gli effetti indesiderati, a prescindere dalla gravità, associati alla somministrazione di paclitaxel in monoterapia in infusione di tre ore, nel trattamento della malattia metastatica (in 812 pazienti inseriti in studi clinici) e secondo quanto riportato nella farmacovigilanza successiva alla commercializzazione*.
La frequenza degli effetti indesiderati riportati di seguito è definita usando la seguente convenzione:
Molto comune (≥ 1/10); comune (≥1/100, < 1/10); non comune (≥1/1.000, < 1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000).
Infezioni ed infestazioni | Molto comune: infezioni (per lo più infezioni delle vie urinarie e delle alte vie respiratorie); sono stati segnalati con esito fatale |
Non comune: shock settico |
Raro*: polmonite, peritonite, sepsi |
Patologie emolinfopoietico | Molto comune: mielodepressione, neutropenia, anemia, trombocitopenia, leucopenia, sanguinamento |
Rari*: neutropenia febbrile |
Molto raro*: leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica |
Disturbi del sistema immunitario | Molto comune: reazioni minori di ipersensibilità (principalmente arrossamento ed eruzioni cutanee) |
Non comune: reazioni significative di ipersensibilità che richiedono trattamento (ad es. ipotonia, edema angioneurotico, sindrome di stress respiratorio, orticaria generalizzata, brividi, mal di schiena, dolore al torace, tachicardia, dolori addominali, dolore alle estremità, diaforesi e ipertonia). |
Raro*: reazioni anafilattiche |
Molto raro*: shock anafilattico |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Molto raro*: anoressia |
Disturbi psichiatrici | Molto raro*: stato confusionale |
Patologie del sistema nervoso | Molto comune: neurotossicità (principalmente neuropatia periferica) |
Raro*: neuropatia motoria (con risultante debolezza distale minore) |
Molto raro*: neuropatia del sistema autonomo (risultante in ileo paralitico e ipotensione ortostatica), grande male, convulsioni, encefalopatia, vertigini, cefalea, atassia |
Patologie dell’occhio | Molto raro*: disturbi del nervo ottico e/o disturbi visivi (scotomi scintillanti), particolarmente in pazienti che hanno ricevuto dosi superiori a quelle raccomandate |
Patologie dell’orecchio e del labirinto | Molto raro*: ototossicità, perdita dell’udito, tinnito, vertigini |
Patologie cardiache | Comune: bradicardia |
Non comune: cardiomiopatia, tachicardia ventricolare asintomatica, tachicardia con bigeminismo, blocco Av e sincope, infarto miocardico |
Molto raro*: fibrillazione striale, tachicardia sopraventricolare |
Patologie vascolari | Molto comune: ipotensione |
Non comune: ipertensione, trombosi, tromboflebite |
Molto raro*: shock |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Raro*: dispnea, versamento pleurico, polmonite interstiziale, fibrosi polmonare, embolia polmonare, insufficienza respiratoria |
Molto raro*: tosse |
Patologie gastrointestinali | Molto comune: nausea, vomito, diarrea, infiammazione delle mucose |
Raro*: ostruzione intestinale, perforazione intestinale, colite ischemica, pancreatite |
Molto raro*: trombosi mesenterica, colite pseudomembranosa, esofagite, costipazione, colite neutropenica |
Patologie epatobiliari | Molto raro*: necrosi epatica, encefalopatia epatica (per entrambe sono stati riportati casi con esito fatale) |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Molto comune: alopecia |
Comune: alterazioni lievi e transitorie delle unghie e della cute |
Raro*: prurito, eruzione cutanea, eritema |
Molto raro*: sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi (pazienti in terapia devono proteggere mani e piedi dal sole) |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Molto comune: artralgia, mialgia |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Comune: reazioni nella sede di infusione (tra cui edema localizzato, dolore, eritema, indurimento; talvolta, la fuoriuscita del farmaco dal vaso può causare cellulite, fibrosi e necrosi cutanee). |
Raro*: astemia, piressia, disidratazione, edema, malessere. |
Esami diagnostici | Comune: aumento di grado severo delle AST (SGOT) e della fosfatasi alcalina |
Non comune: aumento di grado severo della bilirubina |
Raro*: aumento della creatinina ematica |
Pazienti con carcinoma della mammella che hanno ricevuto paclitaxel in terapia adiuvante dopo trattamento AC, hanno manifestato maggiore tossicità neurosensoriale, reazioni di ipersensibilità, artralgia/mialgia, anemia, infezione, febbre, nausea/vomito e diarrea, rispetto alle pazienti trattate solo con AC. Comunque, la frequenza di questi eventi è stata coerente con l’uso di paclitaxel da solo, come riportato sopra.
Trattamento di associazione
Quanto segue si riferisce ai due principali studi clinici per il trattamento di prima linea del carcinoma ovarico (paclitaxel + cisplatino: oltre 1050 pazienti); a due studi clinici di fase III nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella: uno ha preso in esame l’associazione con doxorubicina (paclitaxel + doxorubicina: 267 pazienti), un altro ha preso in esame l’associazione con trastuzumab (analisi pianificata di un sottogruppo paclitaxel + trastuzumab: 188 pazienti) e a due studi clinici di fase III per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (paclitaxel + cisplatino: oltre 360 pazienti) (vedere paragrafo 5.1).
Somministrato in schema di infusione in tre ore per il trattamento di prima linea del carcinoma ovarico, neurotossicità, artralgia/mialgia e ipersensibilità sono state riscontrate più frequentemente e con caratteristiche di maggiore gravità nelle pazienti trattate con Paclitaxel seguito da cisplatino rispetto a quelle trattate con ciclofosfamide seguita da cisplatino. La mielodepressione è apparsa meno frequente e meno grave con Paclitaxel in infusione di tre ore seguito da cisplatino rispetto al trattamento con ciclofosfamide seguita da cisplatino.
Quando il paclitaxel (220 mg/m²) è stato somministrato in infusione di 3 ore, 24 ore dopo la doxorubicina (50 mg/m²) nella chemioterapia di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, sono stati segnalati più frequentemente e con maggiore gravità: neutropenia, anemia, neuropatia periferica, artralgia/mialgia, astenia, febbre e diarrea, rispetto alla terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²). Durante il trattamento con paclitaxel (220 mg/m²)/doxorubicina (50 mg/m²), nausea e vomito sono stati segnalati con minore frequenza e gravità rispetto alla terapia standard FAC. L’uso di corticosteroidi può aver contribuito alla minore frequenza e gravità di nausea e vomito nel braccio di trattamento con paclitaxel/doxorubicina.
Quando il paclitaxel è stato somministrato in infusione di 3 ore in associazione con trastuzumab nella chemioterapia di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, i seguenti eventi avversi (non importa se causati da trastuzumab o paclitaxel) sono stati segnalati più frequentemente rispetto alla monoterapia con paclitaxel: insufficienza cardiaca (8% vs. 1%), infezioni (46% vs. 27%), brividi (42% vs. 4%), febbre (47% vs. 23%), tosse (42% vs. 22%), eruzioni cutanee (39% vs. 18%), artralgia (37% vs. 21%), tachicardia (12% vs. 4%), diarrea (45% vs. 30%), ipertonia (11% vs. 3%), epistassi (18% vs. 4%), acne (11% vs. 3%), herpes simplex (12% vs. 3%), lesione accidentale (13% vs. 3%), insonnia (25% vs. 13%), rinite (22% vs. 5%), sinusite (21% vs. 7%) e reazione nel sito d’iniezione (7% vs. 1%). In alcuni casi le differenze nella frequenza possono essere dovute all’incremento del numero e della durata dei trattamenti con l’associazione paclitaxel/trastuzumab rispetto a paclitaxel in monoterapia. Eventi gravi sono stati riportati con percentuali simili in pazienti trattate con paclitaxel/trastuzumab e paclitaxel in monoterapia.
Quando la doxorubicina è stata somministrata in combinazione con paclitaxel nel carcinoma metastatico della mammella, sono state osservate anormalità della contrazione cardiaca (riduzione ≥20% della frazione di eiezione ventricolare sinistra) nel 15% delle pazienti verso il 10% con trattamento standard FAC. È stata osservata insufficienza cardiaca congestizia in meno dell’1% in entrambi i bracci trattati con paclitaxel/doxorubicina e terapia standard FAC. La somministrazione di trastuzumab in associazione con paclitaxel in pazienti precedentemente trattate con antracicline ha provocato un aumento della frequenza e gravità della disfunzione cardiaca rispetto a pazienti trattate con paclitaxel in monoterapia (NYHA Class I/II 10% vs. 0%; NYHA Class III/IV 2% vs. 1%) e raramente è stata associata a morte (vedere Riassunto delle caratteristiche del Prodotto del trastuzumab). In tutti, tranne che in questi rari casi, le pazienti hanno risposto ad un appropriato trattamento medico.
In pazienti sottoposti a contemporanea radioterapia è stata segnalata polmonite da radiazioni.
Sarcoma di Kaposi associato all'AIDS
Sulla base di uno studio clinico che includeva 107 pazienti, eccetto per gli effetti indesiderati ematologici ed epatici (vedi sotto), la frequenza e la gravità degli effetti indesiderati sono generalmente simili sia per i pazienti trattati per il KS che per pazienti trattati con paclitaxel in monoterapia per altri tumori solidi.
Patologie del sistema emolinfopoietico: la mielosoppressione è stata la tossicità dose-limitante più importante. La neutropenia è la più importante tossicità ematologica. Durante il primo ciclo di trattamento, neutropenia grave (<500 cellule/mm³) si è presentata nel 20% dei pazienti. Durante l’intero periodo di trattamento, è stata osservata neutropenia grave nel 39% dei pazienti. La durata della neutropenia è stata maggiore di 7 giorni nel 41% ed è durata 30-35 giorni nell’8% dei pazienti. In tutti i pazienti seguiti, si è risolta entro 35 giorni. L’incidenza di neutropenia di Grado 4 di durata ≥7 giorni è stata del 22%.
Nel 14% dei pazienti e nell’1,3% dei cicli di trattamento è stata segnalata febbre neutropenica associata al paclitaxel. Durante la somministrazione di Paclitaxel ci sono stati 3 episodi settici (2,8%) associati al farmaco, che sono risultati fatali.
È stata osservata trombocitopenia nel 50% dei pazienti ed è stata grave (<50.000 cellule/mm³) nel 9% dei casi. Solo nel 14% dei casi si è verificata una diminuzione della conta piastrinica <75.000 cellule/mm³, almeno una volta durante il trattamento. Sono stati segnalati episodi di sanguinamento associati al paclitaxel in meno del 3% dei pazienti ma gli episodi emorragici sono stati localizzati.
È stata osservata Anemia (Hb<11 g/dL) nel 61% dei pazienti ed è stata grave (Hb<8 g/dL) nel 10% dei pazienti. La trasfusione di globuli rossi è stata necessaria nel 21% dei pazienti.
Patologie epatobiliari: Tra i pazienti (>50% in trattamento con inibitori delle proteasi) con normale funzione epatica al basale, si è registrato nel 28%, 43% e 44% dei casi un aumento rispettivamente di bilirubina, fosfatasi alcalina e AST (SGOT). Per ciascuno di questi parametri, gli incrementi sono stati gravi nell’1% dei casi.
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Non è noto un antidoto in caso di sovradosaggio da Paclitaxel Le principali complicazioni previste in caso di sovradosaggio sono mielodepressione, neurotossicità periferica e mucosite.
Categoria farmacoterapeutica: Alcaloidi vegetali ed altri prodotti naturali, taxani, codice ATC: L01C D01
Il paclitaxel è un nuovo agente antimicrotubulare che favorisce l'aggregazione dei microtubuli dai dimeri di tubulina e opera una stabilizzazione dei microtubuli prevenendone la depolimerizzazione. Questa stabilizzazione provoca l'inibizione della normale riorganizzazione dinamica della struttura del microtubulo, essenziale per l'interfase e per le funzioni mitotiche cellulari. Inoltre, il paclitaxel induce la formazione di aggregazioni anormali o di fasci di microtubuli durante il ciclo della cellula e di astrosfere multiple di microtubuli durante la mitosi.
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, l'efficacia e la tollerabilità del paclitaxel sono state oggetto di valutazione in due studi clinici maggiori randomizzati, controllati (rispetto all’associazione ciclofosfamide 750 mg/m² più cisplatino 75 mg/m²). Nello studio Intergroup (BMS CA139-209) più di 650 pazienti affette da carcinoma dell’ovario di stadio IIb-c, III o IV sono state sottoposte a 9 cicli di trattamento con paclitaxel (175 mg/m²nell’arco di 3 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o controllo. Il secondo studio clinico maggiore (GOG-111/BMS CA139-022) ha valutato un massimo di 6 cicli di trattamento con paclitaxel (135 mg/m²in 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o da controllo in più di 400 pazienti affette da carcinoma ovarico di III/IV stadio con malattia residua >1 cm dopo laparotomia o con metastasi distanti. Le due diverse posologie di paclitaxel non sono state confrontate direttamente l’una con l’altra. In entrambi gli studi clinici i pazienti trattati con paclitaxel in associazione con cisplatino hanno risposto significativamente meglio alla terapia, la progressione della malattia è rallentata e il tempo di sopravvivenza si è allungato rispetto alla terapia standard. Nelle pazienti affette da carcinoma dell’ovario trattate con infusione di 3 ore di paclitaxel/cisplatino sono stati segnalati un aumento della neurotossicità, dell’artralgia/mialgia ma una ridotta mielosoppressione rispetto a quelli trattati con l’associazione ciclofosfamide/cisplatino.
Nella terapia adiuvante del carcinoma della mammella, 3121 pazienti affette da carcinoma della mammella con linfonodi positivi sono state trattate con terapia adiuvante a base di paclitaxel oppure nessuna chemioterapia dopo 4 cicli di doxorubicina e ciclofosfamide (CALGB 9344, BMS CA 139-223). Follow-up mediano di 69 mesi. In generale il paclitaxel ha ridotto significativamente del 18% il rischio di recidiva della malattia (p = 0,0014) e del 19% il rischio di morte (p = 0,0044) rispetto alle pazienti trattate con AC da sola. Le analisi retrospettive mostrano un beneficio in tutti i sottogruppi di pazienti Nelle pazienti con tumori negativi per i recettori ormonali/tumori non meglio specificati, la riduzione del rischio di recidiva della malattia era del 28% (95% CI: 0,59-0,86). Nel sottogruppo di pazienti affette da tumori positivi per i recettori ormonali, la riduzione del rischio di recidiva della malattia era del 9% (95% CI: 0.78-1.07). Tuttavia il piano dello studio non comprendeva la valutazione dell’effetto di una terapia a base di AC estesa oltre 4 cicli di trattamento. Sulla base di questo studio da solo non può essere esclusa la possibilità che gli effetti osservati siano in parte dovuti alla differenza di durata della chemioterapia tra i due bracci (AC 4 cicli di trattamento; AC+paclitaxel 8 cicli di trattamento). Il trattamento adiuvante con paclitaxel deve essere pertanto considerato come un’alternativa alla continuazione della terapia con AC.
In un secondo grande studio clinico sul trattamento adiuvante del cancro alla mammella con linfonodi positivi con disegno simile, sono state scelte a caso 3060 pazienti che avrebbero ricevuto o meno quattro cicli di paclitaxel a una dose più alta di 225 mg/m², seguiti da quattro cicli di AC (NSABP B-28, BMS CA139-270). Con un follow-up mediano di 64 mesi, le pazienti trattate con paclitaxel avevano una riduzione significativa del 17% del rischio di recidiva della malattia rispetto a pazienti che avevano assunto AC da sola (p=0,006); il trattamento con paclitaxel è stato associato a una riduzione del rischio di morte del 7% (95% CI: 0,78-1,12). Tutte le analisi di sottogruppo erano in favore del braccio con paclitaxel. In questo studio le pazienti con tumore positivo ai recettori ormonali mostravano una riduzione del rischio di recidiva della malattia del 23% (95% CI: 0,6-0,92); Nel sottogruppo di pazienti con tumore negativo ai recettori ormonali la riduzione del rischio di recidiva della malattia era del 10% (95% CI: 0,7-1,11).
Nel trattamento di prima linea del cancro metastatico della mammella, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in due importanti studi in aperto di fase III, randomizzati, controllati.
Nel primo studio (BMS CA139-278), l’associazione della doxorubicina in bolo (50 mg/m²) seguita dopo 24 ore dal paclitaxel (220 mg/m²in infusione di 3 ore) (AT), è stata confrontata al regime standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²) entrambi somministrati ogni 3 settimane per 8 cicli di trattamento. Lo studio randomizzato comprendeva 267 pazienti con cancro metastatico della mammella che non avevano ricevuto precedentemente alcuna chemioterapia o solamente chemioterapia senza antracicline in adiuvante. I risultati mostravano una differenza temporale significativa di progressione per le pazienti che assumevano AT a confronto con quelle che assumevano FAC (8,2 vs. 6,2 mesi; p=0,029). La sopravvivenza media era in favore dell’associazione paclitaxel/doxorubicina vs. FAC (23,0 vs. 18,3 mesi; p=0,004). Nel braccio di trattamento con AT e FAC rispettivamente il 44% e 48% ha ricevuto una chemioterapia successiva che comprendeva taxani rispettivamente nel 7% e 50%. La percentuale di risposta complessiva è stata a sua volta più alta in maniera significativa nel braccio AT rispetto al braccio FAC (68% vs. 55%). Sono state osservate risposte piene nel 19% delle pazienti del braccio paclitaxel/doxorubicina rispetto all’8% delle pazienti del braccio FAC. Tutti i risultati di efficacia sono stati confermati successivamente da un riesame indipendente in cieco.
Nel secondo studio importante sono state valutate l’efficacia e la sicurezza dell’associazione paclitaxel e Herceptin nell’ambito di un’analisi pianificata di un sottogruppo (pazienti con carcinoma metastatico della mammella precedentemente trattate con antracicline in adiuvante) dello studio H0648g. L’efficacia di Herceptin in associazione al paclitaxel in pazienti non precedentemente trattati con antracicline in adiuvante non è stata dimostrata. L’associazione di trastuzumab (dose di carico 4 mg/kg poi 2 mg/kg settimanalmente) e paclitaxel (175 mg/m²) con infusione di 3 ore ogni 3 settimane è stata confrontata alla monoterapia con paclitaxel (175 mg/m²) con infusione di 3 ore ogni 3 settimane in 188 pazienti affette da carcinoma metastatico della mammella con iperespressione di HER2 (2+ o 3+ all’esame immunoistochimico) precedentemente trattate con antracicline. Il paclitaxel è stato somministrato ogni 3 settimane per un minimo di 6 cicli mentre il trastuzumab è stato dato settimanalmente fino alla progressione della malattia. Lo studio ha dimostrato in modo significativo i vantaggi dell’associazione paclitaxel/trastuzumab in termini di tempi di progressione (6,9 vs. 3,0 mesi), risposta (41% vs. 17%) e durata della risposta (10,5 vs. 4,5 mesi) rispetto a quando il paclitaxel è stato somministrato in monoterapia. La tossicità più significativa osservata con l’associazione paclitaxel/trastuzumab è stata una disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.8).
Nel trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule di tipo avanzato il paclitaxel somministrato alla dose di 175 mg/m²seguito da cisplatino 80 mg/m² è stato valutato in due studi clinici di fase III (367 pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule trattati con regimi contenenti paclitaxel 6 mg/ml.). Si trattava in entrambi i casi di studi randomizzati. Uno è stato confrontato al trattamento con cisplatino 100 mg/m², l’altro ha usato teniposide 100 mg/m²seguito da cisplatino 80 mg/m²come comparatore (367 pazienti sono stati trattati con il comparatore). I risultati di ciascuno studio sono stati simili. I risultati preliminari di mortalità non hanno mostrato una differenza significativa tra il regime contenente paclitaxel e quello di confronto (tempi di sopravvivenza mediana 8,1 e 9,5 mesi con i regimi contenenti paclitaxel, 8,6 e 9,9 mesi con i regimi di confronto). Analogamente per la sopravvivenza libera da progressione non vi è stata una differenza significativa fra i trattamenti. È stato dimostrato un beneficio significativo in termini di percentuale di risposta clinica. I risultati sulla qualità di vita suggeriscono un beneficio per i regimi contenenti paclitaxel in termini di perdita dell'appetito benché evidenzino una maggiore incidenza di neuropatia periferica (p<0,008).
Nel trattamento del sarcoma di Kaposi associato all’AIDS , l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state investigate in uno studio non comparativo del sarcoma di Kaposi in stadio avanzato, precedentemente trattato con chemioterapia sistemica. Il risultato principale è stata una risposta ottimale al tumore. Dei 107 pazienti, 63 erano considerati resistenti alle antracicline liposomiali. Questo sottogruppo è considerato costituire la popolazione di efficacia maggiore. La percentuale di successo complessivo (risposta completa/parziale) dopo 15 cicli di trattamento è stata del 57% (CI 44-70%) in pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Oltre il 50% delle risposte erano visibili dopo i primi 3 trattamenti. In pazienti resistenti alle antracicline liposomiali la percentuale di risposta era raffrontabile per pazienti che non avevano mai assunto un inibitore della proteasi (55,6%) e per quelli che ne avevano assunto uno almeno 2 mesi prima del trattamento con paclitaxel (60,9%). Il tempo medio di progressione nella popolazione principale è stato 468 giorni (95% CI 257-NE). La sopravvivenza mediana non ha potuto essere calcolata, ma il limite più basso al 95% è stato 617 giorni in pazienti principali.
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A seguito di infusione endovenosa, il paclitaxel mostra una diminuzione bifasica delle concentrazioni nel plasma.
La farmacocinetica del paclitaxel è stata determinata dopo infusioni di 3 e 24 ore con dosi di 135 mg/m²e di 175 mg/m². L'emivita terminale media si ritiene compresa nell'intervallo 3,0-52,7 ore e i valori medi della clearance corporea totale, secondo un modello non compartimentale, sono risultati compresi nell'intervallo 11,6-24.0 l/h/m²; la clearance corporea totale sembra diminuire con concentrazioni plasmatiche più elevate di paclitaxel. Il volume medio di distribuzione allo stato stazionario è risultato compreso nell'intervallo 198-688 l/m²a dimostrazione di un'estesa distribuzione extravascolare e/o di un legame a livello dei tessuti. Con l'infusione di 3 ore, dosi progressivamente maggiori hanno portato a un profilo farmacocinetico di tipo non lineare. Per l'aumento del 30% della dose, e cioè da 135 mg/m²a 175 mg/m², i valori di Cmax e AUC0-∞ sono aumentati rispettivamente del 75% e 81%.
A seguito di una dose endovenosa di 100 mg/m²in infusione di 3 ore a 19 pazienti affetti da sarcoma di Kaposi, la Cmax media è stata 1530 ng/ml (intervallo 761-2.860 ng/ml) e l’AUC media 5619 ng.hr/ml (intervallo 2609-9428 ng.hr/ml). La clearance è stata di 20,6 l/h/m² (intervallo 11-38) e il volume di distribuzione è stato di 291 l/m²(intervallo 121-638). L’emivita di eliminazione finale è stata in media di 23,7 ore (intervallo 12-33).
La variabilità intrapaziente della concentrazione sistemica di paclitaxel è stata minima. Non c'è stata evidenza di accumulo di paclitaxel in seguito di molteplici cicli di trattamento.
Studi in vitro di legame alle proteine del siero umane indicano che l'89-98% del farmaco si lega alle proteine. La presenza di cimetidina, ranitidina, desametasone o difenidramina non influenza il legame del paclitaxel alle proteine.
La distribuzione del paclitaxel nell'uomo non è stata ancora completamente chiarita. I valori medi di escrezione urinaria cumulativa del farmaco immodificato sono risultati compresi tra 1,3%% e 12,6% della dose somministrata, a dimostrazione di una estesa clearance non renale. Il metabolismo epatico e la clearance biliare possono essere i principali meccanismi che influenzano l'eliminazione del paclitaxel. Il paclitaxel sembra essere metabolizzato principalmente dagli enzimi del citocromo P450. Dopo somministrazione di paclitaxel marcato radioattivamente una media di 26%, 2% e 6% della radioattività è eliminata nelle feci rispettivamente come 6α-idrossipaclitaxel, 3'-p-idrossipaclitaxel e 6α-3'-p-diidrossipaclitaxel. La formazione di questi metaboliti idrossilati viene catalizzata rispettivamente da CYP2C8, CYP3A4 e sia da CYP2C8 e CYP3A4. L’effetto della disfunzione renale o epatica sull’eliminazione del Paclitaxel a seguito di infusione di 3 ore non è stato studiato formalmente. I parametri farmacocinetici ottenuti da un paziente sottoposto a emodialisi e che ha ricevuto una dose di paclitaxel di 135 mg/m², mediante un'infusione di 3 ore, sono risultati compresi nella forcella prevista per pazienti non dializzati.
In studi clinici in cui il paclitaxel e la doxorubicina sono stati somministrati insieme, la distribuzione ed eliminazione della doxorubicina e dei suoi metaboliti sono risultate allungate. La concentrazione plasmatica totale di doxorubicina era del 30% più alta quando il paclitaxel seguiva immediatamente la somministrazione di doxorubicina rispetto a quando c’era un intervallo di 24 ore tra i farmaci.
Per quanto riguarda l’impiego del paclitaxel con altre terapie si consulti il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino, doxorubicina o trastuzumab per informazioni inerenti l’uso di questi prodotti medicinali.
La potenziale carcinogenicità del paclitaxel non è stata studiata. Comunque, basandosi sul suo meccanismo di azione, il Paclitaxel risulta essere un potenziale agente carcinogeno e genotossico. Il paclitaxel è risultato mutageno in sistemi cellulari di mammiferi sia in vitro sia in vivo.
Acido citrico, anidro.
Macrogol glicerolo ricinoleato
Etanolo, anidro.
L'olio di ricino poliossietilato (macrogol glicerolo ricinoleato) può provocare la cessione di DEHP, [di-(2-etilesil)ftalato], da contenitori in plastica contenenti polivinilcloruro (PVC) in quantità proporzionale al tempo e alla concentrazione. Di conseguenza, la preparazione, conservazione e somministrazione di paclitaxel in soluzioni diluite deve essere effettuata utilizzando dispositivi privi di PVC.
3 anni.
Dopo l’apertura prima della diluizione
Da un punto di vista microbiologico, il farmaco, una volta aperta la confezione, deve essere conservato per un massimo di 28 giorni alla temperatura di 25°C. Altre condizioni e tempi di conservazione in uso sono responsabilità dell’utilizzatore.
Dopo la diluizione
La stabilità chimica e fisica pronta all’uso della soluzione preparata per infusione è stata dimostrata per 7 giorni alla temperatura di 5°C e di 25°C quando viene diluita in glucosio soluzione 5% e glucosio 5% in soluzione Ringer per iniezione, e per 14 giorni quando viene diluita in sodio cloruro 0,9% soluzione per iniezione. Dal punto di vista microbiologico il prodotto deve essere usato immediatamente. Se la soluzione non viene utilizzata immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni prima della somministrazione sono responsabilità dell'utilizzatore e non devono di norma superare le 24 ore a una temperatura compresa tra 2 C e 8°C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate. Una volta diluito il prodotto deve essere usato una sola volta.
Conservare il flaconcino nel contenitore esterno per proteggerlo dalla luce.
Per le condizioni di conservazione del prodotto ricostituito vedi paragrafo 6.3.
Flaconcino di vetro (tipo I PhEur) con tappo in gomma bromobutilica e capsula metallica (in alluminio) con disco in polipropilene.
Dimensioni delle confezioni:
flaconcino da 1 x 5 ml (30 mg/5 ml)
flaconcino da 1 x 16.7 ml (100 mg/16.7 ml)
flaconcino da 1 x 25 ml (150 mg/25 ml)
flaconcino da 1 x 50 ml (300 mg/50 ml)
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Manipolazione
Come tutti gli agenti antineoplastici, Paclitaxel Actavis deve essere maneggiato con cura. La diluizione del farmaco deve essere effettuata in condizioni asettiche in un'area specifica da personale addestrato. Si devono indossare adeguati guanti di protezione. Devono essere prese tutte le precauzioni per evitare il contatto con cute e mucose. In caso di contatto con la cute, lavare la zona con acqua e sapone. A seguito di esposizione topica sono stati osservati formicolio, bruciore ed eritema. In caso di contatto con mucose, lavare abbondantemente con acqua. A seguito di inalazione sono stati riportati dispnea, dolore toracico, bruciore alla gola e nausea.
Le fiale chiuse, se refrigerate, possono dare luogo a un precipitato che, dopo averle riportate a temperatura ambiente, si ridissolve mediante leggera o nessuna agitazione. La qualità del prodotto non subisce alterazioni. Se la soluzione rimane torbida o se si osserva un precipitato insolubile, il flaconcino deve essere scartato.
I flaconcini si mantengono stabili sotto il profilo microbico, chimico e fisico per 28 giorni alla temperatura di 25°C anche dopo molteplici perforazioni per prelevare il prodotto. Altre condizioni e tempi di conservazione in uso sono responsabilità dell’utilizzatore.
Preparazione della soluzione per infusione
Non devono essere utilizzati dispositivi basati sul cosiddetto “sistema chiuso”, come ad es. il dispositivo Chemo-Dispensing Pin o dispositivi simili, per prelevare le dosi dal flaconcino di iniezione, poiché essi possono provocare la caduta del tappo all’interno del flaconcino, con conseguente perdita di sterilità del prodotto.
Paclitaxel Actavis 6 mg/ml concentrato per soluzione per infusione deve essere diluito in condizioni asettiche prima dell’infusione. Per la diluizione si possono utilizzare le seguenti soluzioni per infusione: sodio cloruro 0,9% soluzione per infusione oppure glucosio 5% soluzione per infusione, oppure glucosio 5% e sodio cloruro 0,9% soluzione per infusione o glucosio 5% in soluzione Ringer per infusione fino a una concentrazione finale di 0,3 – 1,2 mg/ml.
La stabilità chimica e fisica in uso della soluzione preparata per infusione è stata dimostrata per 7 giorni alla temperatura di 5°C e di 25°C quando diluita in glucosio 5% soluzione e glucosio 5% in soluzione Ringer per iniezione, e per 14 giorni quando diluita in sodio cloruro 0,9% soluzione. Dal punto di vista microbiologico il prodotto deve essere usato immediatamente. Se la soluzione non viene utilizzata immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni prima della somministrazione sono responsabilità dell'utilizzatore: non devono superare le 24 ore a temperatura compresa tra 2-8°C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.
Dopo la diluizione il prodotto deve essere usato una sola volta.
Dopo la preparazione, le soluzioni possono mostrare torbidità, attribuibile al veicolo della formulazione, che non viene rimosso per filtrazione. Per ridurre il rischio di precipitazione, Paclitaxel Actavis dovrà essere utilizzato subito dopo la diluizione. Il paclitaxel deve essere somministrato mediante un filtro in linea con membrana a micropori ≤0,22 mcm. La somministrazione simulata della soluzione di farmaco, mediante cannula per infusione endovenosa dotata di filtro in linea, non ha mostrato significativa perdita di efficacia.
Raramente, è stata segnalata precipitazione durante la somministrazione di paclitaxel, di solito alla fine di un periodo di infusione di 24 ore. Sebbene la causa di detta precipitazione non sia stata chiarita, è probabilmente da collegare alla sovrasaturazione della soluzione diluita. Per ridurre il rischio di precipitazione, il paclitaxel dovrà essere utilizzato subito dopo la diluizione, evitando agitazioni, vibrazioni o scuotimenti eccessivi. I set da infusione devono essere accuratamente sciacquati prima dell'uso. Durante l'infusione, controllare costantemente l'aspetto della soluzione, e interrompere immediatamente la stessa in caso di precipitazioni.
Per minimizzare l'esposizione del paziente al DEHP che può essere rilasciato da sacche di plastica e set per infusione o altri presidi medico-chirurgici contenenti PVC, le soluzioni diluite di paclitaxel devono essere conservate in flaconcini non di PVC (vetro, polipropilene) o in sacche di plastica (polipropileniche, poliolefiniche) e somministrate mediante dispositivi in polietilene. L' impiego di filtri (ad es. IVEX-2®) che incorporano brevi dispositivi di entrata e/o uscita in PVC non ha comportato significative cessioni di DEHP (vedere paragrafo 6.2).
Istruzioni per la protezione in fase di preparazione di Paclitaxel Actavis soluzione per infusione
1. Utilizzare una camera protettiva e indossare guanti e camice di protezione. Se non è disponibile una camera protettiva, usare mascherina e occhiali.
2. Donne incinte o che potrebbero diventarlo non devono manipolare questo prodotto.
3. I contenitori aperti, come fiale per iniezione e flaconi per infusione, come pure cannule usate, siringhe, cateteri, tubi e i resti degli agenti citotossici devono essere considerati rifiuti pericolosi ed essere smaltiti conformemente alle linee guida locali in materia di manipolazione dei RIFIUTI PERICOLOSI.
4. Seguire le seguenti istruzioni in caso di fuoriuscita del prodotto:
- si devono indossare indumenti protettivi
- il vetro rotto deve essere raccolto e posto nel contenitore per i RIFIUTI PERICOLOSI
- le superfici contaminate devono essere opportunamente ripulite con grandi quantità di acqua fredda
- le superfici ripulite devono poi essere perfettamente asciugate e i materiali utilizzati a questo scopo devono essere smaltiti come RIFIUTI PERICOLOSI.
5. Se Paclitaxel Actavis entra in contatto con la cute, la zona in questione deve essere sciacquata con abbondante acqua corrente e quindi lavata con acqua e sapone. In caso di contatto con le mucose lavare accuratamente l’area compromessa con acqua In caso di malessere prenda contatto con il medico.
6. In caso di contatto di Paclitaxel Actavis con gli occhi, lavarli accuratamente con abbondante acqua fredda. Contattare immediatamente un oftalmologo.
Eliminazione:
Tutti i dispositivi utilizzati per la preparazione, la somministrazione o che comunque siano venuti in contatto con il paclitaxel devono essere smaltiti conformemente alle linee guida locali in merito allo smaltimento dei composti citotossici. Il prodotto non utilizzato o il materiale di scarto deve essere smaltito in conformità con le disposizioni locali in materia.
ACTAVIS Italy SpA – Via Luigi Pasteur, 10 - 20014 Nerviano (MI) - Italia
6 mg/ml Concentrato Per Soluzione Per Infusione –
1 Flaconcino In Vetro da 5 ml AIC n. 038720013 /M
6 mg/ml Concentrato Per Soluzione Per Infusione –
1 Flaconcino In Vetro da 16.7 ml AIC n. 038720025/M
6 mg/ml Concentrato Per Soluzione Per Infusione –
1 Flaconcino In Vetro da 25 ml AIC n. 038720037/M
6 mg/ml Concentrato Per Soluzione Per Infusione –
1 Flaconcino In Vetro da 50 ml AIC n, 038720049/M
Giugno 2009
MAGGIO 2011