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PACLITAXEL KABI
Ogni flaconcino contiene 6 mg di paclitaxel per 1 ml di concentrato per soluzione per infusione.
Un flaconcino contiene 5 ml di paclitaxel (corrispondenti a 30 mg di paclitaxel).
Un flaconcino contiene 16,7 ml di paclitaxel (corrispondenti a 100 mg di paclitaxel).
Un flaconcino contiene 50 ml di paclitaxel (corrispondenti a 300 mg di paclitaxel).
Eccipienti
Etanolo anidro, 393 mg/ml [49,7% (v/v)]
Macrogolglicerolo ricinoleato, 530 mg/ml
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Concentrato per soluzione per infusione.
Soluzione limpida, leggermente giallastra.
Carcinoma ovarico: nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma dell’ovaio in stadio avanzato o malattia residua (>1 cm) dopo laparotomia iniziale, in associazione con cisplatino.
Nella chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico, Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico dell’ovaio dopo l’insuccesso della terapia standard comprendente platino.
Carcinoma della mammella: nel contesto della terapia adiuvante, Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario con linfonodi positivi, a seguito di terapia con antracicline e ciclofosfamide (AC). Il trattamento adiuvante con Paclitaxel Kabi deve essere considerato come un’alternativa alla terapia AC prolungata.
Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento iniziale del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico, in associazione con un’antraciclina, nei pazienti per cui è adatta una terapia con antracicline, oppure in associazione con trastuzumab, nei pazienti con iperespressione del recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER-2) di livello 3+ all’esame immunoistochimico e per i quali il trattamento con antracicline non è appropriato (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).
In monoterapia, Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico della mammella nei pazienti che non hanno risposto o che non sono candidati alla terapia standard contenente antracicline.
Carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato: Paclitaxel Kabi, in associazione con cisplatino, è indicato per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC), in pazienti non candidati a intervento chirurgico potenzialmente curativo e/o a terapia radiante.
Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS: Paclitaxel Kabi è indicato per il trattamento di pazienti con sarcoma di Kaposi (KS) correlato all’AIDS in stadio avanzato che non hanno risposto alla terapia precedente con antracicline liposomiali.
I dati di efficacia a sostegno di questa indicazione sono limitati; un riepilogo dei relativi studi è riportato al paragrafo 5.1.
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Prima della somministrazione di Paclitaxel Kabi, tutti i pazienti devono essere premedicati con corticosteroidi, antistaminici e H2-antagonisti, ad es.:
Paclitaxel concentrato per soluzione per infusione deve essere diluito prima dell’uso (vedere paragrafo 6.6) e deve essere somministrato esclusivamente per via endovenosa.
Farmaco | Dose | Somministrazione prima di Paclitaxel Kabi |
Desametasone | 20 mg os* o e.v. | Per somministrazione orale: circa 12 e 6 ore oppure per somministrazione e.v.: da 30 a 60 minuti |
Difenidramina** | 50 mg e.v. | da 30 a 60 minuti |
Cimetidina o Ranitidina | 300 mg e.v. 50 mg e.v. | da 30 a 60 minuti |
* 8 - 20 mg per pazienti con sarcoma di Kaposi
** oppure un antistaminico equivalente, ad es. clorfeniramina
Paclitaxel Kabi deve essere somministrato mediante un filtro in linea con membrana microporosa ≤0,22 mcm (vedere paragrafo 6.6).
Chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico: sebbene siano in corso di sperimentazione altri regimi posologici, si raccomanda un regime di associazione costituito da Paclitaxel Kabi e cisplatino. In base alla durata dell’infusione, sono raccomandate due dosi di Paclitaxel Kabi: Paclitaxel Kabi 175 mg/m² somministrato per via endovenosa nell’arco di 3 ore, seguito da cisplatino alla dose di 75 mg/m² ogni tre settimane, oppure Paclitaxel Kabi 135 mg/m², somministrato in infusione di 24 ore, seguito da cisplatino 75 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafo 5.1).
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico: la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 175 mg/m², somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.
Chemioterapia adiuvante nel carcinoma della mammella: la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 175 mg/m², somministrata nell’arco di 3 ore, ogni 3 settimane per quattro cicli, dopo la terapia AC.
Chemioterapia di prima linea del carcinoma della mammella: se usato in associazione con doxorubicina (50 mg/m²), Paclitaxel Kabi deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina. La dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 220 mg/m², somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafo 4.5 e 5.1).
In caso di associazione con trastuzumab, la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 175 mg/m², somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafo 5.1). L’infusione di Paclitaxel Kabi può essere iniziata il giorno successivo alla prima dose di trastuzumab, o immediatamente dopo le dosi successive, se la precedente dose di trastuzumab è stata ben tollerata (per la posologia dettagliata del trastuzumab, vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Herceptin®).
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma della mammella: la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 175 mg/m², somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.
Trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato: la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 175 mg/m², somministrata nell’arco di 3 ore, seguita da cisplatino alla dose di 80 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.
Trattamento del sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS: la dose raccomandata di Paclitaxel Kabi è 100 mg/m², somministrata per infusione endovenosa di 3 ore, ogni due settimane.
Le dosi successive di Paclitaxel Kabi devono essere somministrate in base alla tollerabilità del singolo paziente.
Paclitaxel Kabi non deve essere nuovamente somministrato fino a quando la conta dei neutrofili non sia ≥1,5*109/l (≥1,0*109/l per i pazienti con sarcoma di Kaposi) e la conta piastrinica non sia ≥100*109/l (≥75*109/l per i pazienti con sarcoma di Kaposi). Nel caso in cui i pazienti presentino grave neutropenia (conta dei neutrofili <0,5*109/l ≥7 giorni) o grave neuropatia periferica, la dose somministrata nei cicli di trattamento successivi deve essere ridotta del 20% (del 25% per i pazienti con sarcoma di Kaposi) (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti pediatrici
Non sono state stabilite la sicurezza e l’efficacia nei bambini (di età inferiore a 18 anni). Pertanto, il paclitaxel non è raccomandato per l’uso pediatrico.
Compromissione della funzione epatica
Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare modificazioni posologiche nei pazienti con compromissione della funzione epatica lieve o moderata (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). I pazienti con grave insufficienza epatica non devono essere trattati con paclitaxel.
Compromissione della funzione renale
Non sono stati condotti studi in pazienti con funzione renale compromessa e non vi sono dati sufficienti per consentire raccomandazioni posologiche (vedere paragrafo 5.2).
Paclitaxel Kabi è controindicato in pazienti con grave ipersensibilità al paclitaxel o ad uno qualsiasi degli eccipienti, in particolare al macrogolglicerolo ricinoleato (vedere paragrafo 4.4).
Il paclitaxel non deve essere usato in pazienti con una conta dei neutrofili al basale <1,5*109/l (<1,0*109/l per i pazienti con sarcoma di Kaposi).
Paclitaxel Kabi è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.6).
Nel sarcoma di Kaposi, Paclitaxel Kabi è controindicato anche nei pazienti con infezioni concomitanti, gravi e incontrollate.
Paclitaxel Kabi deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’uso di chemioterapici antitumorali. Data la possibilità che si verifichino reazioni di ipersensibilità significative, è opportuno avere a disposizione un’adeguata attrezzatura per la terapia di supporto.
I pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antistaminici e H2-antagonisti (vedere paragrafo 4.2).
Se usato in associazione, Paclitaxel Kabi deve essere somministrato prima del cisplatino (vedere paragrafo 4.5).
Reazioni di ipersensibilità significative (caratterizzate da dispnea e ipotensione tali da richiedere trattamento, angioedema e orticaria generalizzata) si sono manifestate in <1% dei pazienti trattati con paclitaxel dopo adeguata premedicazione. Tali reazioni sono probabilmente mediate dall’istamina. In caso di gravi reazioni di ipersensibilità, si deve sospendere immediatamente l’infusione di Paclitaxel Kabi, istituire una terapia sintomatica e non somministrare nuovamente il farmaco al paziente.
Mielosoppressione (principalmente neutropenia) è la tossicità dose-limitante. Deve essere istituito un monitoraggio frequente dei parametri ematologici. Il trattamento non deve essere ripreso nei pazienti fino a quando i neutrofili non ritornino a valori ≥1,5*109/l (≥1,0*109/l per i pazienti con sarcoma di Kaposi) e le piastrine non ritornino a valori ≥100*109/l (≥75*109/l per i pazienti con sarcoma di Kaposi). Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi, la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto il fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF).
Gravi anomalie della conduzione cardiaca sono state segnalate raramente con paclitaxel in monoterapia. Se i pazienti sviluppano anomalie significative della conduzione durante la somministrazione di Paclitaxel Kabi, deve essere istituita una terapia appropriata ed eseguito un monitoraggio cardiaco continuo durante i successivi cicli di trattamento con Paclitaxel Kabi. Ipotensione, ipertensione e bradicardia sono state osservate durante la somministrazione di paclitaxel; solitamente i pazienti sono asintomatici e in genere non necessitano di trattamento. Si raccomanda un controllo frequente dei parametri vitali, soprattutto durante la prima ora di infusione di Paclitaxel Kabi. Eventi cardiovascolari gravi sono stati osservati più frequentemente in pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule che in pazienti con carcinoma mammario o ovarico. Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS, è stato osservato un unico caso di insufficienza cardiaca correlata al paclitaxel.
Quando Paclitaxel Kabi è usato in associazione con doxorubicina o trastuzumab per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella, la funzione cardiaca deve essere tenuta sotto attento controllo. I pazienti candidati al trattamento con Paclitaxel Kabi in queste associazioni devono essere sottoposti a una valutazione cardiaca iniziale, comprendente anamnesi, esame obiettivo, ECG, ecocardiogramma e/o angiocardioscintigrafia (MUGA scan). La funzione cardiaca deve essere controllata ulteriormente durante il trattamento (ad es. ogni tre mesi). Il monitoraggio può aiutare a identificare i pazienti che sviluppano disfunzione cardiaca e il medico curante, nel decidere la frequenza di controllo della funzione ventricolare, deve valutare attentamente la dose cumulativa (mg/m²) di antraciclina somministrata. Se i test indicano un deterioramento della funzione cardiaca, anche asintomatico, il medico curante deve valutare attentamente i benefici clinici del proseguimento della terapia rispetto al potenziale danno cardiaco, incluso il danno potenzialmente irreversibile. Se si somministra un ulteriore trattamento, il controllo della funzione cardiaca deve essere più frequente (ad es. ogni 1-2 cicli). Per maggiori dettagli, vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Herceptin® o doxorubicina.
Sebbene la neuropatia periferica si verifichi frequentemente, è raro lo sviluppo di sintomi gravi. In casi gravi, si raccomanda una riduzione del 20% della dose (25% per i pazienti con sarcoma di Kaposi) per tutti i cicli successivi di trattamento con Paclitaxel Kabi. Nei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico in trattamento di prima linea, la somministrazione di paclitaxel come infusione di 3 ore in associazione con cisplatino ha determinato una maggiore incidenza di neurotossicità grave, rispetto sia al paclitaxel in monoterapia che alla ciclofosfamide seguita da cisplatino.
I pazienti con insufficienza epatica possono presentare un rischio maggiore di tossicità, in particolare mielosoppressione di grado III-IV. Non vi è evidenza di aumento della tossicità di Paclitaxel Kabi se somministrato come infusione di 3 ore ai pazienti con lievi anomalie della funzione epatica. Quando Paclitaxel Kabi viene somministrato come infusione più lenta, può essere osservato un aumento della mielosoppressione nei pazienti con alterazione della funzione epatica moderata o grave. I pazienti devono essere tenuti sotto attenta osservazione per rilevare lo sviluppo di una mielosoppressione grave (vedere paragrafo 4.2). Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare modificazioni posologiche nei pazienti con insufficienza epatica lieve o moderata (vedere paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati per pazienti con grave colestasi al basale. I pazienti con grave insufficienza epatica non devono essere trattati con paclitaxel.
Occorre prestare particolare cautela al fine di evitare la somministrazione intrarteriosa di Paclitaxel Kabi, poiché, negli studi sugli animali condotti per valutare la tollerabilità locale, sono state osservate gravi reazioni tissutali a seguito di somministrazione intrarteriosa.
Colite pseudomembranosa è stata segnalata raramente, inclusi casi di pazienti non trattati contemporaneamente con antibiotici. Questa reazione deve essere tenuta in considerazione nella diagnosi differenziale di casi di diarrea grave o persistente che si verificano durante o poco dopo il trattamento con paclitaxel.
Paclitaxel Kabi in associazione con terapia radiante del polmone, indipendentemente dall’ordine cronologico del trattamento, può contribuire allo sviluppo di polmonite interstiziale .
I pazienti di sesso femminile e maschile in età fertile sessualmente attivi, e/o i rispettivi partner, devono utilizzare misure contraccettive per almeno 6 mesi dopo il trattamento con il paclitaxel (vedere paragrafo 4.6).
Nei pazienti con sarcoma di Kaposi, la mucosite grave è rara. Se si verificano reazioni gravi, il dosaggio di paclitaxel deve essere ridotto del 25%.
Questo medicinale contiene etanolo (alcool) 49,7% vol., dannoso per i soggetti che soffrono di alcolismo. Ciò va tenuto in considerazione nei bambini e nei gruppi ad alto rischio, quali i pazienti con malattia epatica o epilessia.
Poiché Paclitaxel Kabi contiene etanolo (393 mg/ml), occorre considerare i possibili effetti sul SNC e altri possibili effetti.
Questo medicinale contiene macrogolglicerolo ricinoleato, che può causare reazioni allergiche gravi.
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La clearance del paclitaxel non è influenzata dalla premedicazione con cimetidina.
Il regime di somministrazione raccomandato per Paclitaxel Kabi, per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, prevede che Paclitaxel Kabi sia somministrato prima del cisplatino. Se Paclitaxel Kabi viene somministrato prima del cisplatino, il suo profilo di sicurezza è coerente con quello segnalato per l’uso in monoterapia. Quando il paclitaxel è stato somministrato dopo il cisplatino, i pazienti hanno evidenziato una mielosoppressione più pronunciata e una riduzione di circa il 20% della clearance del paclitaxel. Le pazienti trattate con Paclitaxel Kabi e cisplatino possono avere un maggiore rischio di insufficienza renale, rispetto alle pazienti trattate con cisplatino in monoterapia, nei carcinomi ginecologici.
Poiché l’eliminazione della doxorubicina e dei suoi metaboliti attivi può essere ridotta quando paclitaxel e doxorubicina sono somministrati in tempi ravvicinati, Paclitaxel Kabi per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina (vedere paragrafo 5.2).
Il metabolismo del paclitaxel è catalizzato in parte dagli isoenzimi CYP2C8 e CYP3A4 del citocromo P450 (vedere paragrafo 5.2). Gli studi clinici hanno dimostrato che il metabolismo del paclitaxel mediato dal CYP2C8 in 6 α-idrossipaclitaxel è la principale via metabolica nell’uomo. La somministrazione concomitante di ketoconazolo, un noto potente inibitore del CYP3A4, non inibisce l’eliminazione del paclitaxel nei pazienti; questi due medicinali possono quindi essere somministrati insieme senza regolare il dosaggio. Ulteriori dati sulle potenziali interazioni farmacologiche tra paclitaxel e altri substrati/inibitori del CYP3A4 sono limitati. Pertanto, occorre usare cautela nel somministrare paclitaxel in concomitanza con medicinali noti per inibire (ad es. eritromicina, fluoxetina, gemfibrozil) o indurre (ad es. rifampicina, carbamazepina, fenitoina, fenobarbital, efavirenz, nevirapina) il CYP2C8 o il CYP3A4.
Gli studi condotti su pazienti con sarcoma di Kaposi, che assumevano più terapie concomitanti, suggeriscono che la clearance sistemica di paclitaxel è significativamente ridotta in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non con indinavir. Non sono disponibili informazioni sufficienti sulle interazioni con altri inibitori delle proteasi. Di conseguenza, il paclitaxel deve essere somministrato con cautela nei pazienti che assumono inibitori delle proteasi come terapia concomitante.
Gravidanza
Il paclitaxel si è dimostrato teratogeno, embriotossico e mutageno in molti sistemi sperimentali. Paclitaxel si è dimostrato embriotossico e fetotossico nel coniglio e ha ridotto la fertilità nel ratto.
Non vi sono informazioni riguardanti l’uso del paclitaxel in donne in gravidanza. Come per altri farmaci citotossici, Paclitaxel può causare danno fetale e pertanto non deve essere utilizzato durante la gravidanza se non in caso di assoluta necessità. Le donne devono essere avvisate di evitare una gravidanza durante la terapia con Paclitaxel e di informare immediatamente il medico curante qualora questo evento si verifichi. I pazienti di sesso femminile e maschile in età fertile sessualmente attivi, e/o i rispettivi partner, devono utilizzare misure contraccettive per almeno 6 mesi dopo il trattamento con il paclitaxel.
I pazienti di sesso maschile devono chiedere consulenza in merito alla crioconservazione dello sperma prima del trattamento con paclitaxel, perché esiste la possibilità di infertilità.
Allattamento
Non è noto se il paclitaxel sia escreto nel latte materno. Paclitaxel è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3). L’allattamento deve essere sospeso per tutta la durata della terapia.
Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Tuttavia, si deve tenere in considerazione che Paclitaxel Kabi contiene alcool (vedere paragrafi 4.4 e 6.1).
Se non diversamente specificato, quanto segue si riferisce a un database complessivo sulla sicurezza di 812 pazienti con tumori solidi, trattati con paclitaxel in monoterapia negli studi clinici. Dato che la popolazione con sarcoma di Kaposi è molto specifica, al termine di questo paragrafo viene presentato un capitolo speciale basato su uno studio clinico condotto su 107 pazienti.
Se non diversamente riportato, la frequenza e la gravità degli effetti indesiderati sono in genere simili nei pazienti che ricevono paclitaxel per il trattamento del carcinoma ovarico, del carcinoma della mammella o del carcinoma del polmone non a piccole cellule. Nessuna delle tossicità osservate è stata chiaramente influenzata dall’età.
L’effetto indesiderato significativo più frequente è stato mielosoppressione . Neutropenia grave (<0,5*109 cellule/l) si è verificata nel 28% dei pazienti, ma non è stata associata a episodi febbrili. Solo l’1% dei pazienti ha manifestato neutropenia grave per ≥7 giorni. Trombocitopenia è stata segnalata nell’11% dei pazienti. Il tre percento dei pazienti ha presentato un nadir della conta piastrinica <50*109/l almeno una volta nel corso dello studio. Anemia è stata osservata nel 64% dei pazienti, ma è stata grave (Hb <5 mmol/l) solo nel 6% dei pazienti. L’incidenza e la gravità dell’anemia sono correlate ai valori basali dell’emoglobina.
Quando il paclitaxel è stato somministrato in associazione con cisplatino, la neurotossicità , principalmente neuropatia periferica, è comparsa con più frequenza e gravità con un’infusione di 175 mg/m² nell’arco di 3 ore (85% neurotossicità; 15% grave), rispetto a un’infusione di 135 mg/m² nell’arco di 24 ore (25% neuropatia periferica; 3% grave). Nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattati con paclitaxel come infusione di 3 ore seguito da cisplatino, vi è un aumento evidente dell’incidenza di neurotossicità grave. Neuropatia periferica può verificarsi dopo il primo ciclo di trattamento e può peggiorare con l’aumento dell’esposizione a Paclitaxel Kabi. La neuropatia periferica, in alcuni casi, ha richiesto la sospensione di paclitaxel. I sintomi sensoriali sono di solito migliorati o sono scomparsi diversi mesi dopo la sospensione di paclitaxel. Le neuropatie preesistenti, causate da precedenti terapie, non costituiscono una controindicazione alla terapia con Paclitaxel Kabi.
Artralgia o mialgia hanno interessato il 60% dei pazienti e sono risultate gravi nel 13% dei casi.
Una reazione di ipersensibilità significativa con possibile esito fatale (definita come ipotensione tale da richiedere trattamento, angioedema, distress respiratorio tale da richiedere terapia con broncodilatatori, o orticaria generalizzata) si è verificata in due (<1%) pazienti. Il trentaquattro percento dei pazienti (17% di tutti i cicli) ha sviluppato reazioni di ipersensibilità di lieve entità. Queste reazioni di lieve entità, principalmente vampate ed eruzioni cutanee, non hanno richiesto un intervento terapeutico o interruzione della terapia con paclitaxel.
Reazioni nel sito di iniezione durante la somministrazione endovenosa possono causare edema localizzato, dolore, eritema e indurimento; occasionalmente lo stravaso può provocare cellulite. Sono state segnalate escara e/o esfoliazione cutanea, a volte in relazione allo stravaso. Può verificarsi anche depigmentazione cutanea. Raramente è stata segnalata la ricomparsa di reazioni cutanee nel sito di un precedente stravaso (recall), a seguito della somministrazione di paclitaxel in un sito differente. Al momento non è noto alcun trattamento specifico per le reazioni da stravaso.
La tabella seguente elenca gli effetti indesiderati, indipendentemente dalla gravità, associati alla somministrazione di paclitaxel in monoterapia come infusione di tre ore, nel trattamento della malattia metastatica (812 pazienti trattati negli studi clinici) e come riportati nella sorveglianza post-marketing*.
La frequenza degli effetti indesiderati sotto elencati è definita utilizzando la seguente convenzione:
molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Esami diagnostici
Comune: grave aumento dell’AST (SGOT), grave aumento della fosfatasi alcalina.
Non comune: grave aumento della bilirubina.
Raro*: aumento della creatinina ematica.
Patologie cardiache
Comune: bradicardia.
Non comune: cardiomiopatia, tachicardia ventricolare asintomatica, tachicardia con bigeminismo, blocco atrioventricolare e sincope, infarto miocardico.
Molto raro*: fibrillazione atriale, tachicardia sopraventricolare.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Molto comune: mielosoppressione, neutropenia, anemia, trombocitopenia, leucopenia, sanguinamento.
Raro*: neutropenia febbrile.
Molto raro*: leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica.
Patologie del sistema nervoso
Molto comune: neurotossicità (principalmente neuropatia periferica).
Raro*: neuropatia motoria (con conseguente debolezza distale minore).
Molto raro*: neuropatia autonomica (con conseguente ileo paralitico e ipotensione ortostatica), crisi di grande male, convulsioni, encefalopatia, capogiri, cefalea, atassia.
Patologie dell’occhio
Molto raro*: disturbi del nervo ottico e/o visivi (scotoma scintillante), in particolare in pazienti che hanno ricevuto dosi superiori a quelle raccomandate.
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Molto raro*: ototossicità, perdita dell’udito, tinnito, vertigini.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Raro*: dispnea, versamento pleurico, polmonite interstiziale, fibrosi polmonare, embolia polmonare, insufficienza respiratoria.
Molto raro*: tosse.
Patologie gastrointestinali
Molto comune: nausea, vomito, diarrea, infiammazione delle mucose.
Raro*: ostruzione intestinale, perforazione intestinale, colite ischemica, pancreatite.
Molto raro*: trombosi mesenterica, colite pseudomembranosa, esofagite, costipazione, ascite, colite neutropenica.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Molto comune: alopecia.
Comune: alterazioni lievi e transitorie delle unghie e della cute
Raro*: prurito, eruzione cutanea, eritema.
Molto raro*: sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi (i pazienti in terapia devono proteggere mani e piedi dal sole).
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Molto comune: artralgia, mialgia.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Molto raro*: anoressia.
Infezioni ed infestazioni
Molto comune: infezione (principalmente infezioni del tratto urinario e del tratto respiratorio superiore) con casi segnalati di esito fatale.
Non comune: shock settico.
Raro*: polmonite, peritonite, sepsi.
Patologie vascolari
Molto comune: ipotensione.
Non comune: ipertensione, trombosi, tromboflebite.
Molto raro*: shock.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: reazioni nel sito di iniezione (inclusi edema localizzato, dolore, eritema, indurimento, occasionalmente lo stravaso può provocare cellulite, fibrosi cutanea e necrosi cutanea).
Raro*: astenia, febbre, disidratazione, edema, malessere.
Disturbi del sistema immunitario
Molto comune: reazioni lievi di ipersensibilità (principalmente vampate e rash).
Non comune: reazioni significative di ipersensibilità tali da richiedere trattamento (ad es. ipotensione, edema angioneurotico, distress respiratorio, orticaria generalizzata, brividi, mal di schiena, dolore toracico, tachicardia, dolore addominale, dolore alle estremità, diaforesi e ipertensione).
Raro*: reazioni anafilattiche.
Molto raro*: shock anafilattico.
Patologie epatobiliari
Molto raro*: necrosi epatica, encefalopatia epatica (entrambi con casi segnalati di esito fatale).
Disturbi psichiatrici
Molto raro*: stato confusionale.
I pazienti con carcinoma della mammella che hanno ricevuto paclitaxel nella terapia adiuvante dopo trattamento di AC, hanno manifestato tossicità neurosensoriale, reazioni di ipersensibilità, artralgia/mialgia, anemia, infezione, febbre, nausea/vomito e diarrea in misura maggiore rispetto ai pazienti trattati solo con AC. Tuttavia, la frequenza di questi eventi è stata coerente con l’uso di paclitaxel in monoterapia, come sopra riportato.
Trattamento in associazione: la discussione seguente si riferisce a due studi clinici principali per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico (paclitaxel + cisplatino: oltre 1050 pazienti); due studi clinici di fase III nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella: uno ha esaminato l’associazione con doxorubicina (paclitaxel + doxorubicina: 267 pazienti), un altro ha esaminato l’associazione con trastuzumab (analisi di sottogruppo pianificata paclitaxel + trastuzumab: 188 pazienti); due studi clinici di fase III per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (paclitaxel + cisplatino: oltre 360 pazienti) (vedere paragrafo 5.1).
Con la somministrazione sotto forma di infusione di tre ore per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, neurotossicità, artralgia/mialgia e ipersensibilità sono state segnalate come più frequenti e più gravi nelle pazienti trattate con paclitaxel seguito da cisplatino, rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfamide seguita da cisplatino. La mielosoppressione è stata meno frequente e meno grave con paclitaxel in infusione di tre ore seguito da cisplatino, rispetto al trattamento con ciclofosfamide seguita da cisplatino.
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, neutropenia, anemia, neuropatia periferica, artralgia/mialgia, astenia, febbre e diarrea sono state segnalate con maggiore frequenza e gravità quando paclitaxel (220 mg/m²) è stato somministrato, sotto forma di infusione di 3 ore, 24 ore dopo la doxorubicina (50 mg/m²), rispetto alla terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²). Nausea e vomito sono comparsi con minore frequenza e gravità con il regime paclitaxel (220 mg/m²)/doxorubicina (50 mg/m²), rispetto al regime FAC standard. L’uso di corticosteroidi può avere contribuito alla minore frequenza e gravità di nausea e vomito nel braccio paclitaxel/doxorubicina.
Quando il paclitaxel è stato somministrato come infusione di 3 ore in associazione a trastuzumab, per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma metastatico della mammella, gli eventi seguenti (indipendentemente dalla correlazione a paclitaxel o trastuzumab) sono stati riportati con più frequenza rispetto al paclitaxel in monoterapia: insufficienza cardiaca (8% vs 1%), infezione (46% vs 27%), brividi (42% vs 4%), febbre (47% vs 23%), tosse (42% vs 22%), rash (39% vs 18%), artralgia (37% vs 21%), tachicardia (12% vs 4%), diarrea (45% vs 30%), ipertensione (11% vs 3%), epistassi (18% vs 4%), acne (11% vs 3%), herpes simplex (12% vs 3%), lesione accidentale (13% vs 3%), insonnia (25% vs 13%), rinite (22% vs 5%), sinusite (21% vs 7%) e reazione nel sito di iniezione (7% vs 1%). Alcune di queste differenze nella frequenza possono essere dovute all’aumento del numero e della durata dei trattamenti con l’associazione paclitaxel/trastuzumab rispetto a paclitaxel in monoterapia. Eventi gravi sono stati segnalati con percentuali simili per paclitaxel/trastuzumab e paclitaxel in monoterapia.
Quando la doxorubicina è stata somministrata in associazione con paclitaxel nel carcinoma metastatico della mammella, anomalie della contrazione cardiaca (riduzione ≥20% della frazione di eiezione ventricolare sinistra) sono state osservate nel 15% dei pazienti, rispetto al 10% con il regime FAC standard.
Insufficienza cardiaca congestizia è stata osservata in <1% sia nel braccio paclitaxel/doxorubicina che nel braccio FAC standard. La somministrazione di trastuzumab in associazione con paclitaxel in pazienti precedentemente trattati con antracicline ha provocato un aumento della frequenza e della gravità della disfunzione cardiaca, rispetto ai pazienti trattati con paclitaxel in monoterapia (Classe I/II NYHA 10% vs. 0%; Classe III/IV NYHA 2% vs. 1%) e raramente è stata associata a morte (vedere Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab). Eccetto che in questi rari casi, i pazienti hanno risposto a un trattamento medico appropriato.
Polmonite da radiazioni è stata segnalata nei pazienti sottoposti a radioterapia concomitante.
Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS: sulla base di uno studio clinico comprendente 107 pazienti, fatta eccezione per gli effetti indesiderati ematologici ed epatici (vedere di seguito), la frequenza e la gravità degli effetti indesiderati sono in genere simili tra i pazienti con sarcoma di Kaposi e i pazienti trattati con paclitaxel in monoterapia per altri tumori solidi.
Patologie del sistema emolinfopoietico: la mielosoppressione è stata la tossicità dose-limitante principale. La neutropenia è la più importante tossicità ematologica. Durante il primo ciclo di trattamento, neutropenia grave (<0,5*109 cellule/l) si è verificata nel 20% dei pazienti. Durante l’intero periodo di trattamento, neutropenia grave è stata osservata nel 39% dei pazienti. Neutropenia è stata presente per >7 giorni nel 41% dei pazienti e per 30-35 giorni nell’8%. Si è risolta entro 35 giorni in tutti i pazienti seguiti. L’incidenza di neutropenia di Grado 4 di durata ≥7 giorni è stata del 22%.
Febbre neutropenica correlata a paclitaxel è stata segnalata nel 14% dei pazienti e nell’1,3% dei cicli di trattamento. Durante la somministrazione di paclitaxel, vi sono stati 3 episodi settici (2,8%) correlati al farmaco, che sono risultati fatali.
Trombocitopenia è stata osservata nel 50% dei pazienti ed è stata grave (<50*109 cellule/l) nel 9% dei casi. Solo nel 14% dei pazienti si è verificata una diminuzione della conta piastrinica <75*109 cellule/l, almeno una volta durante il trattamento. Episodi di sanguinamento correlati a paclitaxel sono stati segnalati in <3% dei pazienti, ma gli episodi emorragici sono stati localizzati.
Anemia (Hb <11 g/dl) è stata osservata nel 61% dei pazienti ed è stata grave (Hb <8 g/dl) nel 10%. La trasfusione di globuli rossi si è resa necessaria nel 21% dei pazienti.
Patologie epatobiliari
Tra i pazienti (>50% in trattamento con inibitori delle proteasi) con funzione epatica normale al basale, è stato segnalato nel 28%, 43% e 44% dei casi un innalzamento rispettivamente della bilirubina, della fosfatasi alcalina e dell’AST (SGOT). Per ciascuno di questi parametri, l’aumento è stato grave nell’1% dei casi.
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Non è noto alcun antidoto per il sovradosaggio di Paclitaxel Kabi. Le principali complicazioni previste a seguito di sovradosaggio sono mielosoppressione, neurotossicità periferica e mucosite. In caso di sovradosaggio, il paziente deve essere tenuto sotto attenta osservazione. Il trattamento deve essere rivolto alle principali tossicità previste.
Categoria farmacoterapeutica: Alcaloidi derivati da piante e altri prodotti naturali, taxani.
Codice ATC: L01C D01.
Il paclitaxel è un nuovo agente antimicrotubulare, che favorisce l’aggregazione dei microtubuli dai dimeri di tubulina e stabilizza i microtubuli prevenendone la depolimerizzazione. Questa stabilizzazione provoca l’inibizione della normale riorganizzazione dinamica della rete microtubulare, essenziale per le funzioni vitali mitotiche e di interfase delle cellule. Inoltre, il paclitaxel induce la formazione di aggregazioni o fasci anomali di microtubuli durante il ciclo cellulare e di aster multipli di microtubuli durante la mitosi.
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, la sicurezza e l’efficacia di paclitaxel sono state valutate in due importanti studi clinici randomizzati e controllati (vs. ciclofosfamide 750 mg/m²/cisplatino 75 mg/m²). Nello studio Intergroup (BMS CA139-209), oltre 650 pazienti con carcinoma ovarico primitivo di stadio IIb-c, III o IV hanno ricevuto un massimo di 9 cicli di trattamento con paclitaxel (175 mg/m² nell’arco di 3 ore), seguito da cisplatino (75 mg/m²) o controllo. Il secondo studio principale (GOG-111/BMS CA139-022) ha valutato un massimo di 6 cicli di trattamento con paclitaxel (135 mg/m² nell’arco di 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²), o con il controllo, in oltre 400 pazienti con carcinoma ovarico primitivo di stadio III/IV, con malattia residua >1 cm dopo laparotomia di stadiazione o con metastasi a distanza. Sebbene le due diverse posologie di paclitaxel non siano state confrontate direttamente, in entrambi gli studi le pazienti trattate con paclitaxel in associazione con cisplatino hanno evidenziato una percentuale di risposta significativamente più elevata, un prolungamento del tempo alla progressione e un tempo di sopravvivenza più lungo, rispetto alla terapia standard. Nelle pazienti con carcinoma ovarico in fase avanzata trattate con paclitaxel/cisplatino come infusione di 3 ore è stato osservato un aumento di neurotossicità e artralgia/mialgia, ma una minore mielosoppressione, rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfamide/cisplatino.
Nel trattamento adiuvante del carcinoma della mammella, 3121 pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi sono stati trattati con terapia adiuvante con paclitaxel o con nessuna chemioterapia dopo quattro cicli di doxorubicina e ciclofosfamide (CALGB 9344, BMS CA 139-223). Il follow-up mediano è stato di 69 mesi. Nel complesso, i pazienti trattati con paclitaxel hanno evidenziato una riduzione significativa del 18% del rischio di recidiva della malattia, rispetto ai pazienti trattati solo con AC (p = 0,0014), e una riduzione significativa del 19% del rischio di morte (p = 0,0044) rispetto ai pazienti trattati solo con AC. Le analisi retrospettive mostrano un beneficio in tutti i sottogruppi di pazienti. Nei pazienti con tumori con recettori ormonali negativi/sconosciuti, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 28% (IC al 95%: 0,59-0,86). Nel sottogruppo di pazienti con tumori con recettori ormonali positivi, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 9% (IC al 95%: 0,78-1,07). Tuttavia, il disegno dello studio non ha valutato l’effetto della continuazione della terapia AC oltre i 4 cicli. Non si può escludere, sulla base unicamente di questo studio, che gli effetti osservati possano essere in parte dovuti alla differenza di durata della chemioterapia tra i due bracci (AC 4 cicli; AC + paclitaxel 8 cicli). Pertanto, il trattamento adiuvante con Paclitaxel Kabi deve essere considerato come un’alternativa alla terapia AC prolungata.
In un secondo grande studio clinico sul trattamento adiuvante del carcinoma della mammella con linfonodi positivi, con disegno simile, 3060 pazienti sono stati randomizzati a ricevere o non ricevere quattro cicli di paclitaxel a una dose più elevata di 225 mg/m², dopo quattro cicli di AC (NSABP B-28, BMS CA139-270). A un follow-up mediano di 64 mesi, i pazienti trattati con paclitaxel hanno mostrato una riduzione significativa del 17% del rischio di recidiva della malattia, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto solo AC (p = 0,006); il trattamento con paclitaxel è stato associato a una riduzione del rischio di morte del 7% (IC al 95%: 0,78-1,12). Tutte le analisi dei sottogruppi hanno favorito il braccio paclitaxel. In questo studio, i pazienti con tumori con recettori ormonali positivi hanno evidenziato una riduzione del rischio di recidiva della malattia del 23% (IC al 95%: 0,6-0,92); nel sottogruppo di pazienti con tumori con recettori ormonali negativi, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 10% (IC al 95%: 0,7-1,11).
Nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in due studi cardine di fase III, randomizzati, controllati in aperto.
Nel primo studio (BMS CA139-278), l’associazione del bolo di doxorubicina (50 mg/m²) seguito dopo 24 ore da paclitaxel (220 mg/m² in infusione di 3 ore) (AT) è stata confrontata con il regime FAC standard (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²), entrambi somministrati ogni tre settimane per otto cicli. In questo studio randomizzato, sono stati arruolati 267 pazienti con carcinoma metastatico della mammella che, nel trattamento adiuvante, non erano stati sottoposti a precedente chemioterapia o che erano stati sottoposti solo a chemioterapia non contenente antracicline. I risultati hanno mostrato una differenza significativa nel tempo alla progressione per i pazienti trattati con AT rispetto a quelli trattati con FAC (8,2 vs. 6,2 mesi; p=0,029). La sopravvivenza mediana è risultata a favore di paclitaxel/doxorubicina vs. FAC (23,0 vs. 18,3 mesi; p=0,004). Nel braccio di trattamento AT e FAC, rispettivamente il 44% e il 48% hanno ricevuto chemioterapia in follow-up, che comprendeva taxani rispettivamente nel 7% e 50%. Anche la percentuale di risposta complessiva è stata significativamente più elevata nel braccio AT rispetto al braccio FAC (68% vs. 55%). Risposte complete sono state osservate nel 19% dei pazienti del braccio paclitaxel/doxorubicina, rispetto all’8% dei pazienti del braccio FAC. Tutti i risultati di efficacia sono stati successivamente confermati da una revisione indipendente condotta in cieco.
Nel secondo studio cardine, l’efficacia e la sicurezza dell’associazione paclitaxel-Herceptin® sono state valutate in un’analisi per sottogruppi pianificata (pazienti con carcinoma metastatico della mammella trattati in precedenza con antracicline in adiuvante) dello studio HO648g. Non è stata dimostrata l’efficacia di Herceptin® in associazione con paclitaxel in pazienti non sottoposti in precedenza a trattamento adiuvante con antracicline. L’associazione di trastuzumab (dose di carico di 4 mg/kg seguita da 2 mg/kg la settimana) e paclitaxel (175 mg/m²) in infusione di 3 ore, ogni tre settimane, è stata confrontata con paclitaxel (175 mg/m²) in monoterapia in infusione di 3 ore, ogni tre settimane, in un gruppo di 188 pazienti con carcinoma metastatico della mammella con iperespressione di HER2 (2+ o 3+ misurato con il metodo immunoistochimico), sottoposti in precedenza a trattamento con antracicline. Paclitaxel è stato somministrato ogni tre settimane, per almeno sei cicli, mentre trastuzumab è stato somministrato settimanalmente fino a progressione di malattia. Lo studio ha dimostrato un beneficio significativo per l’associazione paclitaxel/trastuzumab, in termini di tempo alla progressione (6,9 vs. 3,0 mesi), tasso di risposta (41% vs. 17%) e durata della risposta (10,5 vs. 4,5 mesi), rispetto al solo paclitaxel. La tossicità più significativa osservata con l’associazione paclitaxel/trastuzumab è stata la disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.8).
Nel trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (NSCLC), paclitaxel 175 mg/m², seguito da cisplatino 80 mg/m² è stato valutato in due studi di fase III (367 pazienti trattati con regimi comprendenti paclitaxel). Entrambi gli studi erano randomizzati, uno di confronto con cisplatino 100 mg/m², l’altro con teniposide 100 mg/m² seguito da cisplatino 80 mg/m² come regime di confronto (367 pazienti hanno ricevuto il regime di confronto). I risultati di ciascuno studio sono stati simili. Per l’esito primario di mortalità, non vi è stata una differenza significativa tra il regime contenente paclitaxel e il regime di confronto (tempo di sopravvivenza mediana 8,1 e 9,5 mesi per i regimi contenenti paclitaxel, 8,6 e 9,9 mesi per i regimi di confronto). Analogamente, non vi è stata una differenza significativa tra i trattamenti nella sopravvivenza libera da progressione. Vi è stato un beneficio significativo in termini di percentuale di risposta clinica. I risultati relativi alla qualità della vita suggeriscono un beneficio per i regimi contenenti paclitaxel, in termini di perdita dell’appetito, e forniscono una prova chiara dell’inferiorità dei regimi contenenti paclitaxel in termini di neuropatia periferica (p<0,008).
Nel trattamento del sarcoma di Kaposi (KS) correlato all’AIDS, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in uno studio non comparativo in pazienti con KS avanzato, trattati precedentemente con chemioterapia sistemica. L’endpoint primario è stato la migliore risposta tumorale. Dei 107 pazienti, 63 sono stati considerati resistenti alle antracicline liposomiali. Si ritiene che questo sottogruppo costituisca la popolazione fondamentale di efficacia. La percentuale di successo complessiva (risposta completa/parziale), dopo 15 cicli di trattamento, è stata del 57% (IC 44-70%) nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Oltre il 50% delle risposte è stato registrato dopo i primi 3 cicli. Nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali, le percentuali di risposta erano paragonabili nei pazienti che non avevano mai ricevuto un inibitore delle proteasi (55,6%) e in quelli che ne avevano ricevuto uno almeno 2 mesi prima del trattamento con paclitaxel (60,9%). Il tempo mediano alla progressione nella popolazione fondamentale è stato di 468 giorni (IC al 95% 257-NE). Non è stato possibile calcolare la sopravvivenza mediana, ma il limite minimo del 95% è stato di 617 giorni nei pazienti fondamentali.
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A seguito di somministrazione endovenosa, paclitaxel mostra una riduzione bifasica delle concentrazioni plasmatiche.
La farmacocinetica di paclitaxel è stata determinata dopo infusioni di 3 e 24 ore, a dosi di 135 e 175 mg/m². L’emivita terminale media stimata era compresa tra 3,0 e 52,7 ore, mentre i valori medi della clearance corporea totale, derivati secondo un modello non compartimentale, variavano da 11,6 a 24,0 l/h/m²; la clearance corporea totale sembra diminuire con concentrazioni plasmatiche più elevate di paclitaxel. Il volume medio di distribuzione allo steady state era compreso tra 198 e 688 l/m², indicando un’estesa distribuzione extravascolare e/o un legame a livello tissutale. Con l’infusione di 3 ore, l’aumento delle dosi porta a una farmacocinetica non lineare. Per l’aumento del 30% della dose, da 135 mg/m² a 175 mg/m², i valori di Cmax e AUC-∞ sono aumentati rispettivamente del 75% e dell’81%.
Dopo una dose endovenosa di 100 mg/m², somministrata come infusione di 3 ore a 19 pazienti con sarcoma di Kaposi, la Cmax media è stata 1.530 ng/ml (range 761-2.860 ng/ml) e l’AUC media 5.619 ng.h/ml (range 2.609-9.428 ng.h/ml). La clearance è stata di 20,6 l/h/m² (range 11-38) e il volume di distribuzione è stato di 291 l/m² (range 121-638). L’emivita terminale di eliminazione è stata in media di 23,7 ore (range 12-33).
La variabilità intraindividuale nell’esposizione sistemica di paclitaxel è stata minima. Non vi è stata evidenza di accumulo del paclitaxel con più cicli di trattamento.
Gli studi in vitro di legame alle proteine sieriche umane indicano un legame del farmaco dell’89-98%. La presenza di cimetidina, ranitidina, desametasone o difenidramina non ha influenzato il legame di paclitaxel alle proteine.
La distribuzione di paclitaxel nell’uomo non è stata pienamente chiarita. I valori medi di escrezione urinaria cumulativa del principio attivo immodificato variavano dall’1,3 al 12,6% della dose somministrata, indicando un’estesa clearance non renale. Il metabolismo epatico e la clearance biliare possono essere considerati i meccanismi principali per l’eliminazione di paclitaxel. Il paclitaxel sembra essere metabolizzato principalmente dagli enzimi del citocromo P450. Dopo la somministrazione di paclitaxel radiomarcato, in media il 26%, 2% e 6% della radioattività è stato escreto nelle feci, rispettivamente come 6α-idrossipaclitaxel, 3'-p-idrossipaclitaxel e 6α-3'-p-diidrossipaclitaxel. La formazione di questi metaboliti idrossilati è catalizzata rispettivamente da CYP2C8, CYP3A4 e da entrambi CYP2C8 e CYP3A4. L’effetto della disfunzione renale o epatica sull’eliminazione del paclitaxel, a seguito di infusione di 3 ore, non è stato formalmente studiato. I parametri farmacocinetici ottenuti da un paziente sottoposto a emodialisi, che aveva ricevuto un’infusione di 3 ore di paclitaxel 135 mg/m², erano compresi nell’intervallo definito per i pazienti non dializzati.
Negli studi clinici in cui paclitaxel e doxorubicina sono stati somministrati in concomitanza, la distribuzione e l’eliminazione di doxorubicina e dei suoi metaboliti sono risultate prolungate. L’esposizione plasmatica totale alla doxorubicina è stata del 30% più elevata quando il paclitaxel è stato somministrato subito dopo la doxorubicina, rispetto a quando vi è stato un intervallo di 24 ore tra la somministrazione dei due farmaci.
Per l’uso di Paclitaxel Kabi in associazione ad altre terapie, si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino, doxorubicina e trastuzumab per le informazioni sull’impiego di questi medicinali.
Non è stato studiato il potenziale cancerogeno di Paclitaxel Kabi. Tuttavia, sulla base del suo meccanismo d’azione farmacodinamico, il paclitaxel è un potenziale agente cancerogeno e genotossico. Paclitaxel è risultato mutageno nei sistemi cellulari di mammiferi, sia in vitro che in vivo.
Paclitaxel si è dimostrato inoltre embriotossico e fetotossico nel coniglio e ha ridotto la fertilità nel ratto.
Etanolo anidro (vedere paragrafo 4.4).
Macrogolglicerolo ricinoleato (vedere paragrafo 4.4)
Acido citrico anidro (per l’aggiustamento del pH)
Il macrogolglicerolo ricinoleato può causare la cessione di DEHP (di-(2-etilesil)-ftalato) dai contenitori in polivinilcloruro (PVC), a livelli che aumentano con il tempo e la concentrazione. Di conseguenza, la preparazione, la conservazione e la somministrazione di Paclitaxel Kabi diluito devono essere effettuate usando dispositivi non contenenti PVC.
Questo medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.
Flaconcino prima dell’apertura
2 anni.
Dopo l’apertura, prima della diluizione
La stabilità chimica e fisica in uso è stata dimostrata per 28 giorni a 25°C, dopo ripetuti inserimenti dell’ago e prelievi di prodotto. Tempi e condizioni di conservazione in uso diversi da quelli descritti sono di responsabilità dell’utilizzatore.
Dopo la diluizione
La stabilità chimica e fisica in uso della soluzione preparata per l’infusione è stata dimostrata a 25°C per 24 ore, se diluita in soluzione di glucosio al 5%, soluzione di sodio cloruro allo 0,9%, soluzione di Ringer con glucosio al 5% e soluzione di glucosio al 5%/sodio cloruro allo 0,9%.
Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere usato immediatamente. Se non utilizzato immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni di conservazione prima dell’uso rientrano nella responsabilità dell’utilizzatore e di norma non dovrebbero superare le 24 ore a una temperatura compresa tra 2 e 8°C, a meno che la ricostituzione/diluizione non sia avvenuta in condizioni controllate e asettiche validate.
Dopo la diluizione, la soluzione è esclusivamente monouso.
Non conservare a temperatura superiore ai 25°C.
Conservare il flaconcino nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce.
Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere paragrafo 6.3.
I flaconcini di vetro di tipo I (con tappo in gomma clorobutilica rivestita in Teflon®) contengono 30 mg, 100 mg o 300 mg di paclitaxel, rispettivamente in 5 ml, 16,7 ml o 50 ml di soluzione.
Confezioni contenenti 1 o 5 flaconcini di vetro.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Manipolazione
Come per tutti gli agenti antineoplastici, Paclitaxel Kabi deve essere maneggiato con cautela. La diluizione deve essere effettuata in condizioni asettiche, da personale specializzato, in un’area specificamente designata. Devono essere indossati guanti protettivi adeguati e devono essere adottate tutte le precauzioni al fine di evitare il contatto con la cute e con le mucose. In caso di contatto con la cute, lavare la zona interessata con acqua e sapone. A seguito di esposizione topica, sono stati osservati formicolio, bruciore e arrossamento. In caso di contatto con le mucose, lavare la zona interessata con abbondante acqua. A seguito di inalazione, sono stati segnalati dispnea, dolore toracico, bruciore alla gola e nausea.
Il dispositivo Chemo-Dispensing Pin o dispositivi simili con perforatori non devono essere utilizzati, perché possono provocare il cedimento del tappo del flaconcino, con conseguente perdita di sterilità.
Per il periodo di validità, vedere anche paragrafo 6.3.
Le donne in gravidanza non devono manipolare il paclitaxel (vedere paragrafo 4.6)
Preparazione per la somministrazione endovenosa
Prima dell’infusione, Paclitaxel Kabi deve essere diluito, in condizioni asettiche, in soluzione di glucosio al 5%, soluzione di sodio cloruro allo 0,9%, soluzione di Ringer con glucosio al 5% e soluzione di glucosio al 5%/sodio cloruro allo 0,9%, fino a ottenere una concentrazione finale di 0,3-1,2 mg/ml.
Al momento della preparazione, la soluzione può mostrare torbidità dovuta al veicolo della formulazione, che non viene eliminata per filtrazione. Paclitaxel Kabi deve essere somministrato tramite un filtro in linea con membrana microporosa ≤0,22 mcm. Non è stata osservata alcuna perdita significativa di attività, a seguito di somministrazione simulata della soluzione tramite una cannula per infusione e.v. dotata di filtro in linea.
Vi sono state rare segnalazioni di precipitazione durante l’infusione di paclitaxel, di solito verso la fine di un’infusione di 24 ore. Sebbene la causa di questa precipitazione non sia stata chiarita, è probabilmente legata alla sovrasaturazione della soluzione diluita. Per ridurre il rischio di precipitazione, Paclitaxel Kabi deve essere usato non appena possibile dopo la diluizione, evitando agitazioni, vibrazioni o scuotimenti eccessivi. I set da infusione devono essere lavati accuratamente prima dell’uso. Durante l’infusione, l’aspetto della soluzione deve essere controllato regolarmente e, qualora sia presente precipitazione, l’infusione deve essere interrotta.
Per ridurre al minimo l’esposizione del paziente al DEHP, che può essere rilasciato dalle sacche per infusione, dai set per infusione o dagli altri presidi medico-chirurgici contenenti PVC, le soluzioni diluite di Paclitaxel Kabi devono essere conservate in flaconi non in PVC (vetro, polipropilene) o sacche di plastica (polipropilene, poliolefina) e somministrate mediante set da infusione rivestiti internamente di polietilene. L’uso di filtri (ad es. IVEX-2®) con brevi raccordi di entrata e/o uscita in PVC non ha comportato una cessione significativa di DEHP.
Per il periodo di validità, vedere anche paragrafo 6.3.
Smaltimento
Il medicinale non utilizzato o i rifiuti derivati da tale medicinale e tutte le attrezzature utilizzate per la preparazione e la somministrazione, o che vengono comunque in contatto con Paclitaxel Kabi, devono essere smaltiti in conformità alle normative locali vigenti in materia di manipolazione di composti citotossici.
Fresenius Kabi Italia S.r.l
Via Camagre, 41
37063 Isola della Scala (VR)
AIC n. 039405016/M - 1 flaconcino vetro da 30 mg/5 ml
AIC n. 039405028/M - 5 flaconcini vetro da 30 mg/5 ml
AIC n. 039405030/M - 1 flaconcino vetro da 100 mg/16,7 ml
AIC n. 039405042/M - 5 flaconcini vetro da 100 mg/16,7 ml
AIC n. 039405055/M - 1 flaconcino vetro da 300 mg/50 ml
AIC n. 039405067/M - 5 flaconcini vetro da 300 mg/50 ml
25 febbraio 2010