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PACLITAXEL TEVA
1 ml di concentrato per soluzione per infusione contiene 6 mg di paclitaxel.
1 flaconcino da 5 ml contiene 30 mg di paclitaxel.
1 flaconcino da 16,7 ml contiene 100 mg di paclitaxel.
1 flaconcino da 25 ml contiene 150 mg di paclitaxel.
1 flaconcino da 50 ml contiene 300 mg di paclitaxel.
Per gli eccipienti vedere il paragrafo 6.1.
Concentrato per soluzione per infusione.
Soluzione viscosa, limpida, incolore o color giallo pallido.
Carcinoma ovarico
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, Paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato o con malattia residua (>1 cm) dopo laparotomia iniziale, in combinazione con cisplatino.
Nella chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico, Paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma ovarico metastatico dopo fallimento della terapia standard, contenente platino.
Carcinoma mammario
Nell’ambito del trattamento adiuvante, Paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario con linfonodi positivi dopo terapia con antraciclina e ciclofosfamide (AC). Il trattamento adiuvante con Paclitaxel deve essere considerato come un’alternativa alla prosecuzione della terapia con AC.
Paclitaxel è indicato per il trattamento iniziale del carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico in combinazione sia con una antraciclina in pazienti per le quali la terapia con antraciclina è idonea, sia con trastuzumab, in pazienti che sovraesprimono il recettore 2 del fattore di crescita epidermica umano (HER-2) a un livello 3+ determinato dall’immunoistochimica e per le quali un’antraciclina non sia idonea (vedere i paragrafi 4.4 e 5.1).
In monoterapia, Paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma mammario metastatico in pazienti per le quali la terapia standard con antraciclina non è stata efficace, o non è stata applicabile.
Carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato
Paclitaxel, in combinazione con cisplatino, è indicato per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (CPNPC) in pazienti che non possono essere sottoposti ad intervento chirurgico potenzialmente curativo e/o a terapia radiante.
Sarcoma di Kaposi correlato ad AIDS
Paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con sarcoma di Kaposi (KS) correlato ad AIDS in stadio avanzato per i quali una precedente terapia con antraciclina liposomiale non è stata efficace.
I dati di efficacia a supporto di questa indicazione sono limitati, un riassunto degli studi rilevanti è illustrato nel paragrafo 5.1.
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Tutti i pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antistaminici e H2 antagonisti prima di Paclitaxel, per esempio
Farmaco | Dose | Somministrazione precedente a Paclitaxel |
dexametasone | 20 mg per via orale* o EV | Circa 12 ore per la somministrazione orale e 6 ore o per la somministrazione EV: da 30 a 60 min. |
difenidramina ** | 50 mg EV | da 30 a 60 minuti |
cimetidina o | 300 mg EV | da 30 a 60 minuti |
ranitidina | 50 mg EV |
*8-20 mg per i pazienti affetti da SK
** o un equivalente antistaminico per esempio clorfeniramina
Paclitaxel deve essere somministrato attraverso un filtro in linea con una membrana microporosa ≤ 0.22 mm (vedere il paragrafo 6.6).
Chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico
Sebbene altri regimi posologici siano in studio, si raccomanda un regime di combinazione con paclitaxel e cisplatino. In base alla durata dell’infusione, due dosi di paclitaxel sono raccomandate: paclitaxel 175 mg/m² somministrato per via endovenosa nell’arco di 3 ore, seguito da cisplatino a una dose di 75 mg/m² ogni tre settimane o paclitaxel 135 mg/m², per infusione di 24 ore, seguito da cisplatino 75 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra i cicli (vedere il paragrafo 5.1).
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico
La dose raccomandata di Paclitaxel è 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.
Chemioterapia adiuvante nel carcinoma mammario
La dose raccomandata di Paclitaxel è 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore ogni 3 settimane per quattro cicli, dopo terapia con AC.
Chemioterapia di prima linea del carcinoma mammario
Quando viene usato in combinazione con doxorubicina (50 mg/m²), Paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo doxorubicina. La dose raccomandata di Paclitaxel è 220 mg/m² somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli (vedere i paragrafi 4.5. e 5.1).
Quando viene usato in combinazione con trastuzumab, la dose raccomandata di Paclitaxel è 175 mg/m² somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli (vedere il paragrafo 5.1). L’infusione con paclitaxel può essere iniziata il giorno seguente la prima dose di trastuzumab o immediatamente dopo le dosi successive di trastuzumab se la dose precedente di trastuzumab è stata ben tollerata (per la posologia dettagliata di trastuzumab vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab).
Chemioterapia di seconda linea del carcinoma mammario
La dose raccomandata di Paclitaxel è 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.
Trattamento di CPNPC in stadio avanzato
La dose raccomandata di Paclitaxel è 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, seguita dalla somministrazione di cisplatino 80 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.
Trattamento di SK correlato ad AIDS
La dose raccomandata di Paclitaxel è 100 mg/m² somministrata per infusione endovenosa di 3 ore ogni due settimane.
Le dosi successive di Paclitaxel, devono essere somministrate in base alla tollerabilità del singolo paziente.
Paclitaxel non deve essere nuovamente somministrato finché la conta dei neutrofili non sia ≥1.500/mm³ (≥1.000/mm³ per pazienti affetti da SK) e la conta piastrinica non sia ≥100.000/mm³ (≥75.000/mm³ per i pazienti affetti da SK). I pazienti che manifestano neutropenia grave (conta dei neutrofili <500/mm³ per ≥ 7 giorni) o grave neuropatia periferica devono ricevere una dose ridotta del 20% per i cicli successivi (25% per i pazienti affetti da SK) (vedere il paragrafo 4.4).
Pazienti con insufficienza epatica
I dati disponibili sono inadeguati per raccomandare modifiche della dose in pazienti con compromissione epatica da lieve a moderata (vedere i paragrafi 4.4 e 5.2). I pazienti con grave compromissione epatica non devono essere trattati con Paclitaxel.
Paclitaxel è controindicato nei pazienti con grave ipersensibilità a Paclitaxel o a uno qualsiasi degli eccipienti in particolare macrogolglicerolo ricinoleato (vedere il paragrafo 4.4).
Paclitaxel è controindicato durante gravidanza e allattamento (vedere il paragrafo 4.6), e non deve essere usato in pazienti con neutrofili basali <1.500/mm³ (<1.000/mm³ per i pazienti affetti da SK).
In caso di SK, Paclitaxel è inoltre controindicato per i pazienti con infezioni concomitanti gravi e incontrollate.
Paclitaxel deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico specialista con esperienza nell'uso di farmaci chemioterapici antitumorali. Poiché si possono verificare reazioni di ipersensibilità significative, deve essere disponibile un’appropriata attrezzatura di supporto.
I pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antistaminici e H2 antagonisti (vedere il paragrafo 4.2).
Paclitaxel deve essere somministrato prima di cisplatino quando sono usati in combinazione (vedere il paragrafo 4.5).
Reazioni di ipersensibilità significative caratterizzate da dispnea e ipotensione che richiedono trattamento, angioedema e orticaria generalizzata si sono verificate in <1% dei pazienti che hanno ricevuto Paclitaxel dopo adeguato pretrattamento. Queste reazioni sono probabilmente istamina-mediate. In caso di gravi reazioni di ipersensibilità, l’infusione di Paclitaxel deve essere interrotta immediatamente, deve essere istituita la terapia sintomatica e il paziente non deve essere nuovamente sottoposto a trattamento con il farmaco.
Soppressione di midollo osseo (principalmente neutropenia) è l’effetto tossico dose limitante. Deve essere istituito un frequente monitoraggio della conta ematica. I pazienti non devono essere nuovamente sottoposti a trattamento fino a ricostituzione del livello dei neutrofili ≥1.500/mm³ (≥1.000/mm³ per pazienti affetti da SK) e ricostituzione del livello delle piastrine a ≥100.000/mm³ (≥75.000/mm³ per i pazienti affetti da SK). Nello studio clinico su SK, la maggioranza dei pazienti avevano ricevuto il fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF).
Gravi anomalie nella conduzione cardiaca sono state segnalate raramente con Paclitaxel somministrato in monoterapia. Se i pazienti sviluppano anomalie significative nella conduzione durante la somministrazione di Paclitaxel, deve essere istituita una terapia appropriata e deve essere effettuato un monitoraggio cardiaco continuo durante la successiva terapia con Paclitaxel. Sono state osservate ipotensione, ipertensione e bradicardia durante la somministrazione di Paclitaxel; i pazienti sono solitamente asintomatici e generalmente non richiedono trattamento. Si raccomanda il monitoraggio frequente dei parametri vitali, in particolare durante la prima ora di infusione di Paclitaxel. Gravi eventi cardiovascolari sono stati osservati più frequentemente in pazienti con CPNPC che in pazienti con carcinoma mammario o ovarico. Un singolo caso di insufficienza cardiaca correlato a paclitaxel è stato osservato nello studio clinico su AIDS-SK.
Quando Paclitaxel è usato in combinazione con doxorubicina o trastuzumab per il trattamento iniziale del carcinoma mammario metastatico, si deve prestare attenzione al monitoraggio della funzionalità cardiaca. Quando i pazienti sono candidati al trattamento con Paclitaxel in queste combinazioni devono sottoporsi ad accertamenti cardiaci di base, inclusa anamnesi, esame obiettivo, ECG, ecocardiogramma, e/o angio cardioscintigrafia (scansione MUGA). La funzionalità cardiaca deve essere ulteriormente monitorata durante il trattamento (per esempio ogni tre mesi). Il monitoraggio può aiutare a identificare i pazienti che sviluppano disfunzioni cardiache e il medico curante deve valutare attentamente la dose cumulativa (mg/m²) di antraciclina somministrata nell’ambito delle decisioni relative alla frequenza degli accertamenti sulla funzionalità ventricolare. Quando i test indicano un deterioramento della funzionalità cardiaca, anche asintomatico, il medico curante deve valutare con attenzione i benefici clinici di un ulteriore trattamento rispetto alla potenziale insorgenza di danni a carico del cuore, compreso potenziale danno irreversibile. In caso di somministrazione di ulteriore trattamento, il monitoraggio cardiaco deve essere più frequente (per esempio ogni 1-2 cicli). Per ulteriori dettagli vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab o doxorubicina.
Sebbene l’insorgenza di neuropatia periferica sia frequente, lo sviluppo di sintomi gravi è raro. Nei casi gravi, si raccomanda una riduzione della dose del 20% (25% per i pazienti affetti da SK) per tutti i cicli successivi di Paclitaxel. Nei pazienti con CPNPC e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattati con terapia di prima linea, la somministrazione di Paclitaxel mediante infusione di tre ore in combinazione con cisplatino, ha dato luogo a maggiore incidenza di neurotossicità grave rispetto sia a Paclitaxel in monoterapia sia a ciclofosfamide seguita da cisplatino.
I pazienti con compromissione epatica possono essere maggiormente esposti a rischi di effetti tossici, in particolare mielosoppressione di III-IV grado. Non vi sono prove che la tossicità di Paclitaxel aumenti quando viene somministrato per infusione di 3 ore a pazienti con funzionalità epatica lievemente alterata. Quando Paclitaxel viene somministrato per infusione più prolungata, si può osservare un aumento della mielosoppressione in pazienti con compromissione epatica da moderata a grave. I pazienti devono essere monitorati attentamente per rilevare lo sviluppo di mielosoppressione profonda (vedere il paragrafo 4.2). I dati disponibili sono inadeguati per raccomandare modifiche della dose in pazienti affetti con compromissione epatica da lieve a moderata (vedere il paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati riguardo a pazienti con colestasi basale grave. I pazienti con grave compromissione epatica non devono essere trattati con Paclitaxel.
Poiché Paclitaxel contiene etanolo (396 mg/ml), è importante tenere in considerazione possibili effetti sul sistema nervoso centrale e altri effetti.
Paclitaxel contiene macrogolglicerolo ricinoleato che può provocare gravi reazioni allergiche.
È necessario prestare particolare attenzione per evitare l’applicazione intra-arteriosa di Paclitaxel, poiché negli studi sugli animali per la tollerabilità locale sono state osservate gravi reazioni tissutali in seguito ad applicazione intra-arteriosa.
Colite pseudomembranosa è stata segnalata in rari casi inclusi casi di pazienti non trattati in concomitanza con antibiotici. Questa reazione deve essere tenuta in considerazione nella diagnosi differenziale dei casi di diarrea grave o persistente durante o immediatamente dopo il trattamento con Paclitaxel.
Usato in combinazione con terapia radiante del polmone e indipendentemente dall’ordine cronologico, Paclitaxel può contribuire allo sviluppo di polmonite interstiziale.
Nei pazienti affetti da SK, la mucosite grave è rara. Se si verificano reazioni gravi, la dose di Paclitaxel deve essere ridotta del 25%.
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La clearance di Paclitaxel non è influenzata dal pretrattamento con cimetidina.
Il regime di somministrazione di Paclitaxel raccomandato nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico è la somministrazione di Paclitaxel prima di cisplatino. Quando Paclitaxel è somministrato prima di cisplatino, il profilo di sicurezza di Paclitaxel corrisponde a quello riportato per l’impiego in monoterapia. Quando Paclitaxel è stato somministrato dopo cisplatino, le pazienti hanno manifestato una mielosoppressione più profonda e una diminuzione di circa il 20% della clearance di Paclitaxel. Le pazienti trattate con Paclitaxel e cisplatino possono essere maggiormente esposte al rischio di insufficienza renale rispetto a quelle trattate con il solo cisplatino nei tumori ginecologici.
Poiché l’eliminazione di doxorubicina e dei suoi metaboliti attivi può essere ridotta quando Paclitaxel e doxorubicina sono somministrati a distanza ravvicinata nel tempo, Paclitaxel per il trattamento iniziale del carcinoma mammario metastatico deve essere somministrato 24 ore dopo doxorubicina (vedere il paragrafo 5.2)
Il metabolismo di Paclitaxel è catalizzato, in parte, dagli isoenzimi CYP2C8 e CYP3A4 del citocromo P450 (vedere il paragrafo 5.2). Alcuni studi clinici hanno dimostrato che il metabolismo CYP2C8-mediato di Paclitaxel a 6a-idrossipaclitaxel, è la principale via metabolica nei soggetti umani. La somministrazione concomitante di ketoconazolo, un noto potente inibitore di CYP3A4, non inibisce l’eliminazione di Paclitaxel nei pazienti; pertanto, entrambi i medicinali possono essere somministrati contemporaneamente senza necessità di aggiustare la dose. Ulteriori dati relativi alle potenziali interazioni farmacologiche tra Paclitaxel e altri substrati/inibitori di CYP3A4 sono limitati. Pertanto, si deve usare cautela nella somministrazione di Paclitaxel in concomitanza con medicinali che notoriamente inibiscono (per esempio eritromicina, fluoxetina, gemfibrozil) o inducono (per esempio rifampicina, carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale, favirenz, nevirapina) sia CYP2C8 che CYP3A4.
Studi condotti su pazienti affetti da SK, che stavano assumendo in concomitanza altri farmaci, suggeriscono che la clearance sistemica di Paclitaxel era significativamente inferiore in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non di indinavir. I dati disponibili in merito alle interazioni con altri inibitori di proteasi sono insufficienti. Di conseguenza, Paclitaxel deve essere somministrato con cautela in pazienti che ricevono inibitori di proteasi come terapia concomitante.
È stato dimostrato che Paclitaxel è embriotossico e fetotossico nei conigli e che diminuisce la fertilità nei ratti.
Non vi sono dati disponibili sull’uso di Paclitaxel durante la gravidanza. Come avviene con altri farmaci citotossici, Paclitaxel può provocare danno fetale ed è pertanto controindicato durante la gravidanza. Si deve raccomandare alle pazienti di evitare gravidanze durante la terapia con Paclitaxel e di informare immediatamente il medico curante qualora dovesse verificarsi una gravidanza.
Uso durante l’allattamento
Non è noto se Paclitaxel venga escreto nel latte materno. Paclitaxel è controindicato durante l’allattamento. L'allattamento al seno deve essere sospeso per tutta la durata del trattamento.
Paclitaxel non ha effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Tuttavia si deve considerare che la formulazione contiene alcool (vedere i paragrafi 4.4 e 6.1).
Salvo altrimenti specificato, quanto segue si riferisce al database sulla sicurezza complessiva di 812 pazienti con tumori solidi trattati con Paclitaxel in monoterapia nel corso di studi clinici. Poiché la popolazione affetta da SK è molto specifica, al termine di questo paragrafo è presentato un capitolo speciale basato su uno studio clinico con 107 pazienti.
La frequenza e gravità degli effetti indesiderati, salvo altrimenti specificato, sono generalmente simili tra i pazienti che ricevono Paclitaxel per il trattamento del carcinoma ovarico, carcinoma mammario o CPNPC. Nessuno degli effetti tossici osservati è stato chiaramente influenzato dall’età.
L’effetto indesiderato significativo più frequente era la mielosoppressione. Neutropenia grave (<500 cellule/mm³) si è verificata nel 28% dei pazienti, ma non era associata ad episodi febbrili. Solo l’1% dei pazienti ha manifestato neutropenia grave per ≥ 7 giorni. È stata segnalata trombocitopenia nell’11% dei pazienti. Il 3% dei pazienti presentava un nadir della conta piastrinica <50.000/mm³ almeno una volta nel corso dello studio. Anemia è stata osservata nel 64% dei pazienti, risultando grave (Hb <5 mmol/l) solo nel 6% dei pazienti. Incidenza e gravità dell’anemia sono correlate ai livelli basali dell’emoglobina.
Neurotossicità , principalmente neuropatia periferica, sembravano essere più frequenti e gravi con un’infusione di 3 ore di 175 mg/m² (85% neurotossicità, 15% grave) che con un’infusione di 24 ore di 135 mg/m² (25% neuropatia periferica, 3% grave) quando Paclitaxel era associato con cisplatino. Nei pazienti con CPNPC e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattati con Paclitaxel nell’arco di 3 ore seguito da cisplatino, si manifesta un evidente incremento dell’incidenza di neurotossicità grave. Neuropatia periferica si può verificare dopo il primo ciclo e può peggiorare con l’aumento dell’esposizione a Paclitaxel. La neuropatia periferica è stata la causa dell’interruzione del trattamento con Paclitaxel in alcuni casi. I sintomi sensoriali solitamente sono migliorati o si sono risolti diversi mesi dopo l’interruzione del trattamento con Paclitaxel. Neuropatie pre-esistenti provocate da terapie precedenti non costituiscono una controindicazione al trattamento con Paclitaxel.
Artralgia o mialgia si sono manifestate nel 60% dei pazienti e sono state gravi nel 13% dei pazienti.
Una reazione di ipersensibilità significativa con possibile esito fatale (definito come ipotensione che necessiti di terapia, angioedema, stress respiratorio che necessiti di trattamento con broncodilatatori o orticaria generalizzata) si è manifestata in due (<1%) pazienti. Il 34% dei pazienti (17% di tutti i cicli) ha manifestato reazioni di ipersensibilità minori. Queste reazioni minori, principalmente vampate ed eruzioni cutanee, non hanno reso necessario l’intervento terapeutico né hanno impedito la prosecuzione della terapia con Paclitaxel.
Reazioni al sito di iniezione durante la somministrazione endovenosa possono condurre a edema localizzato, dolore, eritema e indurimento; occasionalmente lo stravaso può causare cellulite. È stata segnalata abrasione e/o desquamazione cutanea a volte correlata a stravaso. Può anche verificarsi una depigmentazione della cute. La ricomparsa di reazioni cutanee nel sito di un precedente stravaso in seguito a somministrazione di Paclitaxel in un sito differente, ossia “una recidiva”, sono state segnalate raramente. Un trattamento specifico per le reazioni dovute a stravaso non è attualmente noto.
La tabella di seguito elenca gli effetti indesiderati indipendentemente dalla gravità associati alla somministrazione di Paclitaxel in monoterapia per infusione di tre ore nel trattamento di metastasi (812 pazienti trattati nell’ambito di studi clinici) e come segnalato nella sorveglianza post-marketing (vedere*).
La frequenza degli effetti indesiderati elencati di seguito è definita in modo convenzionale come segue:
molto comune (≥1/10), comune (≥ 1/100, <1/10), non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000).
Infezioni e infestazioni | Molto comune: infezione (principalmente infezioni del tratto urinario e delle alte vie respiratorie); con casi riportati ad esito fatale |
Non comune: shock settico |
Raro*: polmonitre, peritonite, sepsi |
Ptologie del sistema emolinfopoietico | Molto comune: mielosoppressione, neutropenia, anemia, trombotiopenia, leucopenia, sanguinamento |
Raro*: neutropenia febbrile |
Molto raro*: leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplasica |
Disturbi del sistema immunitario | Molto comune:reazioni di ipersensibilità minori (principalmente vampate ed eruzioni cutanee) |
Non comune: reazioni di ipersensibilità significative che richiedono trattamento (per esmpio ipotensione, edema angioneurotico, stress respiratorio, orticaria generalizzata, brividi, mal di schiena, dolore toracico, tachicardia, dolore addominale, dolore alle estremità, diaforesi ed ipertensione) |
Raro*: reazioni anafilattiche |
Molto raro*: shock anafilattico |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Molto raro*: anoressia |
Disturbi psichiatrici | Molto raro*: stato confusionale |
Patologie del sistema nervoso | Molto comune: neurotossicità (principalmente: neuropatia periferica) |
Raro*: neuropatia motoria (con risultante debolezza distale minore) |
Molto raro*:neuropatia autonoma (che determina ileo paralitico e ipotensione ortostatica), grande male, convulsioni, encefalopatia, vertigini, cefalea, atassia |
Patologie dell’occhio | Molto raro*: disturbi del nervo ottico e/o disturbi visivi (scotomi scintillanti), in particolare in pazienti che hanno ricevuto dosi più elevate rispetto a quelle raccomandate |
Patologie dell’orecchio e del labirinto | Molto raro*: ototossicità, perdita dell’udito, tinnito, vertigini |
Patologie cardiache | Comune: bradicardia |
Non comune: cardiomiopatia, tachicardia ventricolare asintomatica, tachicardia con bigeminismo, blocco AV e sincope, infarto miocardico |
Molto raro*: fibrillazione atriale, tachicardia sopraventricolare |
Patologie vascolari | Molto comune:ipotensione |
Non comune: ipertensione, trombosi, tromboflebite |
Molto raro*: shock |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Raro*: dispnea, versamento pleurico, polmonite interstiziale, fibrosi polmonare, embolia polmonare, insufficienza respiratoria |
Molto raro*: tosse |
Patologie gastrointestinali | Molto comune: nausea, vomito, diarrea, infiammazione delle mucose |
Raro*: occlusione intestinale, perforazione intestinale, colite ischemica, pancreatite |
Molto raro*:trombosi mesenterica, colite pseudomembranosa, esofagite, costipazione, ascite, colite neutropenica |
Patologie epatobiliari | Molto raro: necrosi epatica, encefalopatia epatica (entrambi concasi riportati ad esito fatale |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Molto comune: alopecia |
Comune: alterazioni transitorie e lievi a livello della cute e delle unghie |
Raro*: prurito, rash, eritema |
Molto raro*: Sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi (i pazienti in terapia devono proteggere dal sole mani e piedi) |
Patologie dell’apparato muscoloscheletrico e tessuto connettivo | Molto comune:: Artralgia, mialgia |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Comune: reazioni al sito di iniezione (incluso edema localizzato, dolore, eritema, indurimento, talvolta la fuoriuscita del farmaco dal vaso può causare cellulite, fibrosi e necrosi della cute) |
Raro*: astenia, piressia, disidratazione, edema, malessere |
Esami diagnostici | Comune: grave incremento di AST (SGOT), gave incremento di fosfatasi alcalina |
Non comune: grave incremento di bilirubina |
Raro*: aumento della creatinina ematica |
Le pazienti affette da cancro al seno che hanno ricevuto Paclitaxel nel trattamento adiuvante dopo AC hanno manifestato maggiore tossicità neurosensoriale, reazioni di ipersensibilità, artralgia/mialgia, anemia, infezione, febbre, nausea/vomito e diarrea rispetto alle pazienti che hanno ricevuto solo AC. Tuttavia, la frequenza di questi eventi risultava corrispondente all’uso di Paclitaxel come agente singolo, come riportato in precedenza.
Trattamento in combinazione
La seguente trattazione si riferisce a due studi principali per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico (paclitaxel + cisplatino: oltre 1050 pazienti), a due studi di fase III nel trattamento di prima linea di carcinoma mammario metastatico: uno in cui viene studiata la combinazione con doxorubicina (paclitaxel + doxorubicina: 267 pazienti), un altro in cui viene studiata la combinazione con trastuzumab (analisi del sottogruppo pianificato paclitaxel + trastuzumab: 188 pazienti) e a due studi di fase III per il trattamento di CPNPC in stadio avanzato (paclitaxel + cisplatino: oltre 360 pazienti) (vedere il paragrafo 5.1).
Quando viene somministrato in infusione di tre ore per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, neurotossicità, artralgia/mialgia e ipersensibilità sono state segnalate come più frequenti e gravi da pazienti trattate con Paclitaxel seguito da cisplatino rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfammide seguita da cisplatino. La mielosoppressione sembrava essere meno frequente e grave con Paclitaxel in infusione di tre ore seguito da cisplatino rispetto a ciclofosfammide seguita da cisplatino.
Per la chemioterapia di prima linea di carcinoma mammario metastatico, neutropenia, anemia, neuropatia periferica, artralgia/mialgia, astenia, febbre e diarrea sono state segnalate con maggiore frequenza e in forma più grave quando Paclitaxel (220 mg/m²) è stato somministrato in infusione di 3 ore 24 ore dopo doxorubicina (50 mg/m²) rispetto alla terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfammide 500 mg/m²). Nausea e vomito sembravano meno frequenti e gravi con il regime di Paclitaxel (220 mg/m², doxorubicina (50 mg/m²) rispetto al regime standard FAC. L’uso di corticosteroidi può avere contribuito alla minore frequenza e gravità di nausea e vomito nel braccio trattato con Paclitaxel/doxorubicina.
Quando Paclitaxel è stato somministrato in infusione di 3 ore in combinazione con trastuzumab per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma mammario metastatico, i seguenti eventi (indipendentemente dal rapporto con Paclitaxel o trastuzumab) sono stati riportati più di frequente rispetto al trattamento con Paclitaxel in monoterapia: insufficienza cardiaca (8% vs 1%), infezione (46% vs 27%), brividi (42% vs 4%), febbre (47% vs 23%), tosse (42% vs 22%), eruzione cutanea (39% vs 18%), artralgia (37% vs 21%), tachicardia (12% vs 4%), diarrea (45% vs 30%), ipertonia (11% vs 3%), epistassi (18% vs 4%), acne (11% vs 3%), herpes simplex (12% vs 3%), lesione accidentale (13% vs 3%), insonnia (25% vs 13%), rinite (22% vs 5%), sinusite (21% vs 7%), e reazione al sito di iniezione (7% vs 1%). Alcune di queste differenze di frequenza possono essere dovute a un aumento del numero e della durata del trattamento con la combinazione Paclitaxel/trastuzumab rispetto a Paclitaxel in monoterapia. Gli eventi gravi sono stati riportati in percentuali simili per Paclitaxel/trastuzumab e Paclitaxel in monoterapia.
Nella somministrazione di doxorubicina in combinazione con Paclitaxel in carcinoma mammario metastatico, sono stati osservati anomalie nella contrazione cardiaca (≥20% riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro) nel 15% dei pazienti vs. 10% con il regime standard FAC. Insufficienza cardiaca congestizia è stata osservata <1% sia nel braccio con Paclitaxel/doxorubicina sia nel braccio di trattamento standard FAC. La somministrazione di trastuzumab in combinazione con Paclitaxel in pazienti precedentemente trattati con antracicline ha determinato un aumento della frequenza e gravità della disfunzione cardiaca rispetto ai pazienti trattati con Paclitaxel in monoterapia (NYHA Classe I/II 10% vs. 0%; NYHA Classe III/IV 2% vs. 1%) e in rari casi è stato associato a morte (vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab). Tranne in questi rari casi, i pazienti hanno risposto al trattamento medico appropriato.
Polmonite da radiazione è stata segnalata in pazienti che ricevevano radioterapia concomitante.
Sarcoma di Kaposi correlato ad AIDS
Fatta eccezione per gli effetti indesiderati ematologici ed epatici (vedere di seguito), la frequenza e gravità degli effetti indesiderati sono generalmente simili tra i pazienti affetti da SK e i pazienti trattati con Paclitaxel in monoterapia per altri tumori solidi, in base a uno studio clinico che include 107 pazienti.
Alterazioni del sangue e sistema linfatico: la mielosoppressione rappresentava il principale effetto tossico dose-limitante. La neutropenia è l’effetto tossico ematologico più importante. Durante il primo ciclo di trattamento, si è verificata neutropenia grave (<500 cellule/mm³) nel 20% dei pazienti. Durante l’intero periodo di trattamento, é stata osservata neutropenia grave nel 39% dei pazienti. La neutropenia era presente per > 7 giorni nel 41% e per 30-35 giorni nell’8% dei pazienti. Si è risolta entro 35 giorni in tutti i pazienti che sono stati seguiti. L’incidenza di neutropenia di Grado 4 di durata ≥ 7 giorni era pari al 22%.
Febbre neutropenica correlata a Paclitaxel è stata riportata nel 14% dei pazienti e nell’1,3% dei cicli di trattamento. Durante la somministrazione di Paclitaxel si sono verificati 3 episodi settici (2,8%) correlati al medicinale che si sono dimostrati fatali.
Trombocitopenia è stata osservata nel 50% dei pazienti e si è manifestata in forma grave (<50.000 cellule/mm³) nel 9%. Solo il 14% ha manifestato una diminuzione della conta piastrinica <75.000 cellule/mm³, almeno una volta nel corso del trattamento. Episodi di sanguinamento correlati a Paclitaxel sono stati riportati in <3% dei pazienti, ma gli episodi emorragici erano localizzati.
Anemia (Hb <11 g/dL) è stata osservata nel 61% dei pazienti ed era grave (Hb <8 g/dL) nel 10%. Sono state necessarie trasfusioni di globuli rossi nel 21% dei pazienti.
Alterazioni del sistema epato-biliare: Tra i pazienti (>50% in trattamento con inibitori di proteasi) con funzionalità epatica basale normale, il 28%, 43% e 44% presentavano aumento di bilirubina, fosfatasi alcalina e AST (SGOT), rispettivamente. Per ciascuno di questi parametri gli incrementi erano gravi nell’1% dei casi.
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Non si conosce alcun antidoto per il sovradosaggio da Paclitaxel. Le principali complicazioni previste del sovradosaggio consisterebbero in mielosoppressione, neurotossicità periferica e mucosite.
Categoria farmacoterapeutica: Antineoplastici/taxani
Codice ATC: L01CD01
Paclitaxel è un agente antimicrotubulo che promuove l’unione dei microtubuli dai dimeri di tubulina e stabilizza i microtubuli prevenendo la depolimerizzazione. Questa stabilità determina l’inibizione della normale riorganizzazione dinamica della rete dei microtubuli che è essenziale per l’interfase vitale e le funzioni cellulari mitotiche. Inoltre, Paclitaxel induce disposizioni in linea o in fasci anomali di microtubuli per tutto il ciclo cellulare e astrosfere multiple di microtubuli durante la mitosi.
Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, la sicurezza e l’efficacia di Paclitaxel sono state valutate in due studi clinici principali, randomizzati, controllati (vs. ciclofosfammide 750 mg/m²-cisplatino 75 mg/m²). Nello studio clinico Intergruppo (BMS CA139-209), oltre 650 pazienti con carcinoma ovarico primario in stadio IIb-c, III o IV hanno ricevuto un massimo di 9 cicli di trattamento con Paclitaxel (175 mg/m² in 3 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o controllo. Il secondo studio principale (GOG-111/B-MS CA139-022) valutava un massimo di 6 cicli o di Paclitaxel (135 mg/m² in 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o controllo in oltre 400 pazienti con carcinoma ovarico primario in stadio III/IV, con malattia residua >1 cm dopo laparotomia di stadiazione o con metastasi a distanza. Sebbene le due posologie di Paclitaxel non fossero confrontate direttamente l’una con l’altra, in entrambi gli studi i pazienti trattati con Paclitaxel in combinazione con cisplatino presentavano una percentuale di risposta significativamente superiore, un tempo di progressione più lungo e un tempo di sopravvivenza più prolungato rispetto alla terapia standard. Sono state osservate aumento della neurotossicità, artralgia/mialgia, ma mielosoppressione ridotta in pazienti con carcinoma ovarico avanzato cui era stato somministrato Paclitaxel/cisplatino in infusione di 3 ore rispetto a pazienti che avevano ricevuto ciclofosfammide/cisplatino.
Nel trattamento adiuvante del carcinoma mammario, 3121 pazienti con carcinoma mammario con linfonodi positivi sono state trattate con terapia adiuvante con Paclitaxel o non sono state sottoposte a chemioterapia dopo quattro cicli di doxorubicina e ciclofosfammide (CALGB 9344, BMS CA 139-223). Il periodo di follow-up medio era di 69 mesi. Complessivamente, Paclitaxel determinava una riduzione significativa del 18% del rischio di recidiva della patologia rispetto a pazienti che ricevevano il solo AC (p=0,0014) e una riduzione significativa del 19% del rischio di morte (p= 0,0044) rispetto alle pazienti che ricevevano la sola terapia con AC. Le analisi retrospettive evidenziano benefici per tutti i sottogruppi di pazienti. In pazienti con tumori con recettore ormonale negativo/tumori sconosciuti, la riduzione del rischio di recidiva della patologia era di 28% (95% CI: 0.59-0.86). Nel sottogruppo di pazienti affette da tumori con recettore ormonale positivo, la riduzione del rischio di recidiva della patologia era pari al 9% (95 CI: 0.78-1.07). Tuttavia, lo studio non prevedeva la valutazione dell’effetto della prosecuzione della terapia con AC oltre i 4 cicli. Non si può escludere sulla base di questo unico studio che gli effetti osservati possano essere in parte dovuti alla differenza della durata della chemioterapia tra i due bracci (AC 4 cicli; AC + Paclitaxel 8 cicli). Pertanto, il trattamento adiuvante con Paclitaxel deve essere considerato come un’alternativa alla prosecuzione della terapia con AC.
In un secondo ampio studio clinico su carcinoma mammario adiuvante con linfonodi positivi, 3060 pazienti sono stati randomizzati a ricevere o non ricevere quattro cicli di Paclitaxel a una dose superiore di 225 mg/m² dopo quattro cicli di AC (NSABP B-28, BMS CA 139-270). A un follow-up medio di 64 mesi, le pazienti in trattamento con Paclitaxel presentavano una riduzione significativa del rischio di recidiva del 17% rispetto a pazienti che avevano ricevuto AC in monoterapia (p=0.006); il trattamento con Paclitaxel è stato associato a una riduzione del rischio di morte del 7% (95%CI: 0.78-1.12). Tutte le analisi dei sottogruppi favorivano il braccio con Paclitaxel. In questo studio le pazienti con tumore con recettore ormonale positivo presentavano una riduzione del rischio patologico del 23% (95% CI: 0,6-0,92); nel sottogruppo di pazienti con tumore con recettore ormonale negativo, la riduzione del rischio di recidiva della patologia era del 10% (95%CI: 0.7-1.11).
Nel trattamento di prima linea del carcinoma mammario metastatico, l’efficacia e sicurezza di Paclitaxel sono stati valutati in due studi pivotali, di fase III, randomizzati, controllati in aperto.
Nel primo studio (BMS CA 139-278), la combinazione di doxorubicina in bolo (50 mg/m²) seguita dopo 24 ore da Paclitaxel (220 mg/m² in infusione di 3 ore) (AT), è stata messa a confronto con il trattamento standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfammide 500 mg/m²) entrambi somministrati ogni tre settimane per otto cicli. Nello studio randomizzato, sono state arruolate 267 pazienti con carcinoma mammario metastatico che non avevano ricevuto trattamento chemioterapico precedente o solo chemioterapia non-antraciclinica nel trattamento adiuvante. I risultati hanno evidenziato una differenza significativa nel tempo di progressione per le pazienti che ricevevano AT rispetto a quelle che ricevevano FAC (8,2 vs 6,2 mesi; p=0,029). La sopravvivenza media era a favore di Paclitaxel/doxorubicina vs. FAC (23,0 vs. 18,3 mesi; p=0,004). Nel braccio di trattamento con AT e FAC il 44% e il 48% rispettivamente hanno ricevuto chemioterapia di follow-up che include i taxani rispettivamente nel 7% e nel 50%. La percentuale di risposta complessiva era inoltre significativamente superiore nel braccio AT rispetto al braccio FAC (68% vs. 55%). Risposte complete sono state osservate nel 19% dei pazienti del braccio trattato con Paclitaxel/doxorubicina rispetto all’8% dei pazienti del braccio trattato con FAC. Tutti i risultati di efficacia sono stati successivamente confermati da un riesame in cieco indipendente.
Nel secondo studio pivotale, l’efficacia e la sicurezza della combinazione di Paclitaxel e trastuzumab è stata valutata nel corso di un’analisi di sottogruppo programmata (pazienti con carcinoma mammario metastatico che avevano ricevuto precedentemente antracicline adiuvanti) dello studio HO648g. L’efficacia di trastuzumab in combinazione con Paclitaxel in pazienti che non avevano ricevuto trattamento precedente con antracicline adiuvanti non è stata dimostrata. La combinazione di trastuzumab (4 mg/kg dose di carico poi 2 mg/kg settimanalmente) e Paclitaxel (175 mg/m²) per infusione di 3 ore, ogni tre settimane è stata messa a confronto con Paclitaxel in monoterapia (175 mg/m²) in infusione di 3 ore, ogni 3 settimane in 188 pazienti con carcinoma mammario metastatico che sovraesprime HER2 (2+ o 3+ come misurato dalla immunoistochimica), che erano state precedentemente trattate con antracicline. Paclitaxel è stato somministrato ogni tre settimane per almeno sei cicli mentre trastuzumab è stato somministrato settimanalmente fino a progressione della patologia. Lo studio ha evidenziato un beneficio significativo per la combinazione Paclitaxel/trastuzumab in termini di tempo nella progressione (6,9 vs. 3,0 mesi), percentuale di risposta (41% vs. 17%), e durata della risposta (10,5 vs. 4,5 mesi) messa a confronto con il solo Paclitaxel. L’effetto tossico più significativo osservato con la combinazione Paclitaxel/trastuzumab era disfunzione cardiaca (vedere il paragrafo 4.8).
Nel trattamento di CPNPC in stadio avanzato, Paclitaxel 175 mg/m² seguito da cisplatino 80 mg/m² è stato valutato in due studi di fase III (367 pazienti trattati con regimi contenenti Paclitaxel). Entrambi erano studi randomizzati, uno paragonato al trattamento con cisplatino 100 mg/m², l’altro in cui veniva utilizzato teniposide 100 mg/m² seguito da cisplatino 80 mg/m² come trattamento di confronto (367 pazienti nel trattamento di confronto). I risultati in ciascuno studio erano simili. Per l’esito primario di mortalità, non sono state evidenziate differenze significative tra il regime contenente Paclitaxel e quello di confronto (tempi di sopravvivenza medi 8,1 e 9,5 mesi in trattamento con regimi contenenti Paclitaxel, 8,6 e 9,9 mesi in trattamento con quelli di confronto). Allo stesso modo, per sopravvivenza libera da progressione non vi erano differenze significative tra i trattamenti. È stato rilevato un beneficio significativo in termini di percentuale di risposta clinica. I risultati relativi alla qualità della vita suggeriscono un beneficio dei regimi contenenti Paclitaxel in termini di perdita di appetito ma chiaramente non in termini di neuropatia periferica (p<0,008).
Nel trattamento di SK correlato ad AIDS, l’efficacia e sicurezza di Paclitaxel sono state investigate in uno studio non comparativo su pazienti con SK in stadio avanzato, precedentemente trattati con chemioterapia sistemica. L’end-point primario risultava essere la migliore risposta anti-tumorale. Dei 107 pazienti, 63 sono stati considerati resistenti alle antracicline liposomiali. Questo sottogruppo è considerato come popolazione di efficacia di base. La percentuale di successo complessiva (risposta completa/parziale) dopo 15 cicli di trattamento era pari al 57% (CI 44-70%) in pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Oltre il 50% delle risposte erano evidenti dopo i primi 3 cicli. In pazienti resistenti alle antracicline liposomiali, le percentuali di risposta erano paragonabili per i pazienti che non avevano mai ricevuto un inibitore di proteasi (55,6%) e i pazienti che ne avevano ricevuto somministrazione almeno 2 mesi prima del trattamento con Paclitaxel (60,9%). Il tempo medio di progressione nella popolazione di base era 468 giorni (95% CI 257-NE). La sopravvivenza media non poteva essere calcolata, ma il limite inferiore al 95% era 617 giorni nel gruppo base di pazienti.
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Dopo la somministrazione endovenosa, Paclitaxel evidenzia un declino bifasico delle concentrazioni plasmatiche.
La farmacocinetica di Paclitaxel è stata determinata dopo infusioni di 3 e 24 ore con dosi di 135 mg/m² e 175 mg/m². L’emivita terminale media era compresa nell’intervallo 3,0-52,7 ore, e valori medi, non derivati in modo compartimentale, per la clearance corporea totale erano compresi nell’intervallo 11,6-24,0 l/ore/m²; la clearance corporea totale sembrava diminuire con concentrazioni plasmatiche più elevate di Paclitaxel. Il volume di distribuzione medio allo steady-state era compreso nell’intervallo 198-688 l/m², indicando una distribuzione extravascolare estesa e/o legame tissutale. Con l’infusione di 3 ore, dosi crescenti determinavano farmacocinetica non lineare. Per l’aumento della dose del 30% da 135 mg/m² a 175 mg/m², vi era un aumento del 75% della concentrazione massima nel siero e un aumento dell’81% della AUC.
Dopo una dose endovenosa di 100 mg/m² somministrata per un’infusione di 3 ore a 19 pazienti affetti da SK, la Cmax media era 1.530 ng/ml (intervallo 761-2.860 ng/ml) e la AUC media era 5.619 ng.ore/ml (intervallo 2.609-9.428 ng.ore/ml). La clearance era pari a 20,6 l/h/m² (intervallo 11-38) e il volume di distribuzione era 291 l/m² (intervallo 121-638). L’emivita di eliminazione terminale media era di 23,7 ore (intervallo 12-33).
La variabilità intrapaziente dell’esposizione sistemica a Paclitaxel era minima. Non vi erano evidenze di accumulo di Paclitaxel con cicli di trattamento multipli.
Studi in vitro di legame alle proteine nel siero umano indicano che l’89-98% del farmaco è legato. La presenza di cimetidina, ranitidina, dexametasone o difenidramina non influisce sul legame proteico di Paclitaxel.
La distribuzione di Paclitaxel non è stata completamente chiarita per i soggetti umani. I valori medi per l’eliminazione urinaria cumulativa del farmaco immodificato erano compresi tra 1,3 e 12,6% della dose, indicando estesa clearance non renale. Metabolismo epatico e clearance biliare possono costituire il meccanismo principale per l’eliminazione di Paclitaxel. Paclitaxel sembra essere metabolizzato principalmente dagli enzimi del citocromo P450. In seguito alla somministrazione di Paclitaxel radiomarcato, una media di 26, 2 e 6% della radioattività è stata escreta nelle feci sotto forma rispettivamente di 6α-idrossipaclitaxel, 3’-p-idrossipaclitaxel e 6α-3’p-diidrossipaclitaxel. La formazione di questi metaboliti idrossilati è catalizzata rispettivamente da CYP2C8, CYP3A4 e da entrambi CYP2C8 e CYP3A4.
L’effetto della disfunzione renale o epatica sulla eliminazione di Paclitaxel dopo un’infusione di 3 ore non è stato formalmente studiato. I parametri di farmacocinetica ottenuti da una paziente sottoposta a emodialisi che aveva ricevuto 135 mg/m² di Paclitaxel per infusione di 3 ore rientravano nella gamma definita per i pazienti non dializzati.
Negli studi clinici in cui Paclitaxel e doxorubicina sono stati somministrati in concomitanza, la distribuzione e l’eliminazione di doxorubicina e dei suoi metaboliti risultavano prolungate. L’esposizione plasmatica totale a doxorubicina era superiore del 30% quando la somministrazione di Paclitaxel seguiva immediatamente quella di doxorubicina rispetto all’intercorrere di un intervallo di 24 ore tra le somministrazioni dei farmaci.
Per l’uso di Paclitaxel in combinazione con altre terapie si prega di fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino o trastuzumab per informazioni sull’uso di questi farmaci.
La potenziale carcinogenicità di Paclitaxel non è stata studiata. Tuttavia, Paclitaxel è un potenziale agente carcinogenico e genotossico, in base ai suoi meccanismi d’azione farmacodinamici. Paclitaxel si è rivelato mutageno nei sistemi di test standard in vitro e in vivo sui mammiferi.
Etanolo anidro (396 mg/ml)
Acido citrico, anidro (E330)
Macrogolglicerolo ricinoleato
Macrogolglicerolo ricinoleato può determinare cessione di DEHP [di-(2-etilesil)ftalato] da contenitori in plastica contenenti polivinilcloruro (PVC), a livelli crescenti in proporzione al tempo e alla concentrazione. Di conseguenza la preparazione, conservazione e somministrazione di soluzioni diluite di Paclitaxel devono essere effettuate usando attrezzature non contenenti PVC.
Prima dell’apertura del flaconcino
2 anni
Dopo l’apertura prima della diluizione
La stabilità chimico-fisica durante l’uso è stata dimostrata per 28 giorni a temperatura inferiore a 25°C in seguito a inserimenti ed estrazioni multiple dell’ago.
Da un punto di vista microbiologico, dopo la prima apertura, la soluzione concentrata per infusione può essere conservata per un massimo di 28 giorni a temperatura inferiore a 25°C. Altri tempi e condizioni di conservazione costituiscono responsabilità dell’utilizzatore.
Dopo la diluizione
È stato dimostrato che la stabilità chimico-fisica durante l’uso della soluzione preparata per infusione è di 27 ore a 25°C se diluita con una miscela di una soluzione per infusione di cloruro di sodio 9 mg/ml (0,9%) e una soluzione per infusione di glucosio 50 mg/ml (5%) o con una soluzione di Ringer per infusione contenente glucosio 50 mg/ml (5%).
È stato dimostrato che la stabilità chimico-fisica durante l’uso della soluzione preparata per infusione è di 14 giorni a 5°C e a 25°C se diluita con una soluzione per infusione di glucosio 50 mg/ml (5%) e con una soluzione per infusione di cloruro di sodio 9 mg/ml (0,9%).
È stato dimostrato che la stabilità microbiologica durante l’uso della soluzione per infusione è di 27 ore a 25°C. Altri tempi e condizioni di conservazione durante l’uso costituiscono responsabilità dell’utilizzatore.
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
Soluzioni diluite: vedere il paragrafo 6.3
Flaconcino di vetro incolore, di tipo I con tappo di gomma bromobutilica con rivestimento in Teflon, sigillo di alluminio e cappuccio di plastica a strappo.
Flaconcini da 5 ml, 16.7 ml, 25 ml e 50 ml.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Manipolazione
Come per tutti gli agenti antineoplastici, deve essere usata cautela nella manipolazione di Paclitaxel. Le donne incinte non devono maneggiare agenti citotossici (vedere anche paragrafo 4.6). La diluizione deve essere effettuata in condizioni asettiche da personale specializzato in un’area dedicata. Si devono usare guanti di protezione idonei. Si devono prendere le precauzioni adeguate per evitare il contatto con la cute e le mucose. In caso di contatto con la cute, lavare accuratamente con acqua e sapone. Dopo l’esposizione topica, sono stati osservati formicolio, bruciore ed arrossamento. In caso di contatto con le mucose, queste devono essere abbondantemente sciacquate con acqua. In seguito ad inalazione, sono state segnalate dispnea, dolore al torace, gola infiammata e nausea.
Se i flaconcini non ancora aperti vengono conservati in frigorifero o congelati, si può formare una precipitazione, che si scioglie nuovamente con lieve agitazione oppure non appena sia stata raggiunta la temperatura ambiente. Ciò non influisce sulla qualità del prodotto. Se la soluzione rimane torbida o si osserva un precipitato insolubile il flaconcino deve essere eliminato.
In seguito a molteplici inserimenti dell’ago e prelievi di prodotto, i flaconcini mantengono la stabilità microbica, chimica e fisica fino a 28 giorni a 25°C. Altri tempi e condizioni di conservazione durante l’uso costituiscono responsabilità dell’utilizzatore.
Non deve essere utilizzato il dispositivo ’Chemo-Dispensing Pin’ o simili dispositivi perforatori con punte che possano provocare la caduta del tappo all’interno del flaconcino, con conseguente perdita di sterilità del prodotto.
Preparazione per somministrazione endovenosa
Prima dell’infusione, Paclitaxel deve essere diluito, usando tecniche asettiche, con una soluzione per infusione di cloruro di sodio 9 mg/ml (0,9%) o con una soluzione per infusione di glucosio 50 mg/ml (5%) o con una miscela di una soluzione per infusione di cloruro di sodio 9 mg/ml (0,9%) e di una soluzione per infusione di glucosio 50 mg/ml (5%) o con una soluzione per infusione di Ringer contenente glucosio 50 mg/ml (5%) fino a raggiungere una concentrazione finale da 0,3 a 1,2 mg/ml.
Per la stabilità microbica, chimica e fisica delle soluzioni diluite durante l’uso vedere il paragrafo 6.3.
Dopo diluizione, le soluzioni possono mostrare torbidità, attribuibile al veicolo della formulazione, che non viene rimossa per filtrazione. Paclitaxel deve essere somministrato attraverso filtro in linea con membrana microporosa ≤ 0,22 &mcm. Non è stata osservata perdita di potenza significativa in seguito al rilascio simulato della soluzione attraverso tubi EV contenenti un filtro in linea.
Vi sono state rare segnalazioni di precipitazione durante le infusioni di Paclitaxel, solitamente verso la fine del periodo di infusione di 24 ore. Sebbene la causa di questa precipitazione non sia stata chiarita, è probabilmente legata alla supersaturazione della soluzione diluita. Per ridurre il rischio di precipitazione, Paclitaxel deve essere usato il più presto possibile dopo la diluizione ed è opportuno evitare eccessiva agitazione, vibrazione o scuotimento. I set per infusione devono essere accuratamente sciacquati prima dell’uso. Durante l’infusione, l’aspetto della soluzione deve essere controllato regolarmente e l’infusione deve essere interrotta se è presente precipitazione.
Per ridurre al minimo l’esposizione del paziente a DEHP [di-(2-etilesil)ftalato] che può essere rilasciato dai materiali per infusione in plastica contenenti PVC, le soluzioni diluite di Paclitaxel devono essere conservate in flaconcini di materiale diverso dal PVC (vetro, polipropilene) o sacchetti di plastica (polipropilene, poliolefina) e somministrati attraverso set per la somministrazione rivestiti in polietilene. L’uso di dispositivi a filtro che incorporano tubi corti di entrata e/o uscita in PVC non hanno determinato significative perdite di DEHP.
Smaltimento
Tutte le attrezzature usate per la preparazione e somministrazione o che comunque vengano in contatto con Paclitaxel devono essere smaltite in conformità alle vigenti normative relative alla manipolazione di composti citotossici.
Teva Pharma Italia S.r.l. – V.le G. Richard, 7 – 20143 Milano
Paclitaxel Teva 6 mg/ml – 1 flaconcino da 5 ml – AIC: 037112012/M
Paclitaxel Teva 6 mg/ml – 1 flaconcino da 16.7 ml – AIC: 037112024/M
Paclitaxel Teva 6 mg/ml – 1 flaconcino da 25 ml – AIC: 037112051/M
Paclitaxel Teva 6 mg/ml – 1 flaconcino da 50 ml – AIC: 037112036/M
Novembre 2006
Maggio 2008