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PAROXETINA RANBAXY ITALIA 20 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM
Ogni compressa contiene:
Paroxetina cloridrato anidra 22,2 mg equivalente a 20 mg di paroxetina.
Eccipienti:
Lecitina di soia 0,24 mg.
Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1.
Compressa rivestita con film.
Compresse rivestite con film di colore da bianco a biancastro, rotonde, biconvesse, con diametro 10 mm, con bordi smussati e con linea di incisione su entrambi i lati con impresso P20 su di un lato.
La compressa può essere divisa in due metà uguali.
Trattamento di:
- Episodi di depressione maggiore
- Disturbo ossessivo/compulsivo (DOC)
- Disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia
- Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale
- Disturbo d’ansia generalizzato
- Disturbo da stress post-traumatico.
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Si raccomanda di somministrare la paroxetina una volta al giorno, al mattino con del cibo. Le compresse devono essere deglutite e non masticate.
Episodi di depressione maggiore
La dose raccomandata è di 20 mg una volta al giorno. In generale, il miglioramento nei pazienti comincia dopo una settimana ma può risultare evidente solo dalla seconda settimana di terapia.
Come per tutti i medicinali antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato se necessario entro 3 - 4 settimane dall’inizio della terapia ed in seguito come ritenuto clinicamente appropriato.
In alcuni pazienti, che hanno una risposta insufficiente alla dose di 20 mg, la dose può essere aumentata gradualmente fino ad un massimo di 50 mg al giorno, con aumenti graduali di 10 mg, in base alla risposta del paziente.
I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo di almeno 6 mesi per garantire la scomparsa dei sintomi.
Disturbo ossessivo/compulsivo (DOC)
La dose raccomandata è di 40 mg una volta al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg al giorno e questa dose può essere aumentata gradualmente, con incrementi di 10 mg sino alla dose raccomandata. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno. I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano scomparsi i sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).
Disturbo da attacchi di panico
La dose raccomandata è di 40 mg una volta al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 10 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con incrementi di 10 mg sino alla dose raccomandata in base alla risposta del paziente. Un basso dosaggio iniziale è raccomandato per ridurre al minimo il potenziale peggioramento della sintomatologia da panico, che si è osservato si verifica generalmente nel trattamento iniziale di questo disturbo. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose fino ad un massimo di 60 mg al giorno. I pazienti con disturbo da attacchi di panico devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano scomparsi i sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).
Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale
La dose raccomandata è di 20 mg una volta al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).
Disturbo d’ansia generalizzata
La dose raccomandata è di 20 mg una volta al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).
Disturbo da stress post-traumatico
La dose raccomandata è di 20 mg una volta al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).
Informazioni generali
Sintomi da astinenza osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina
Si deve evitare un’interruzione brusca del trattamento (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Il regime a riduzioni graduali della posologia usato negli studi clinici ha utilizzato un decremento della dose giornaliera pari a 10 mg ad intervalli settimanali. Se dovessero comparire sintomi intollerabili a seguito della diminuzione del dosaggio oppure alla sospensione del trattamento, allora può essere considerata la possibilità di ricominciare ad assumere la dose precedentemente prescritta. Dopodiché il medico può continuare a diminuire il dosaggio, ma più lentamente.
Popolazioni speciali:
• Pazienti anziani
Nei soggetti anziani si riscontrano livelli più alti delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina, tuttavia il range delle concentrazioni è sovrapponibile a quello osservato in soggetti più giovani. Il trattamento deve iniziare alle dosi utilizzate nell’adulto. In alcuni pazienti può essere utile l’incremento della dose, ma la dose massima non deve superare i 40 mg al giorno.
• Bambini ed adolescenti (7-17 anni di età)
La paroxetina non deve essere utilizzata per il trattamento di bambini e adolescenti in quanto studi clinici controllati hanno evidenziato che la paroxetina è associata ad un aumentato rischio di comportamento suicidario e atteggiamenti ostili. Inoltre, in questi studi clinici l’efficacia non è stata adeguatamente dimostrata (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
• Bambini con meno di 7 anni di età
L’uso di paroxetina non è stato studiato in bambini di età inferiore ai 7 anni. La paroxetina non deve essere somministrata, in quanto la sicurezza e l’efficacia non sono state dimostrate in questa fascia di età.
• Compromissione della funzione renale/epatica
In pazienti con grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) o in pazienti con compromissione della funzione epatica si riscontra un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina. Pertanto il dosaggio deve essere limitato alle dosi più basse dell’intervallo posologico.
Ipersensibilità nota al principio attivo, alle arachidi, alla soia o a uno qualunque degli altri eccipienti.
La paroxetina è controindicata in associazione con farmaci inibitori della monoammino-ossidasi (MAO-inibitori). In casi eccezionali è possibile somministrare linezolid (un antibiotico che è un MAO-Inibitore reversibile non selettivo) in associazione a paroxetina fatto salvo che siano disponibili le attrezzature necessarie per tenere monitorati i sintomi della sindrome da serotonina e la pressione sanguigna (vedere paragrafo 4.5).
Il trattamento con paroxetina può essere iniziato:
- due settimane dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore non reversibile
oppure
- almeno 24 ore dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile (per esempio moclobemide, linezolid), metiltionina cloridrato (blu di metilene, un agente visualizzatore preoperativo, che è un MAO-inibitore reversibile non selettivo).
Deve trascorrere almeno una settimana dalla sospensione del trattamento a base di paroxetina prima di avviare una terapia con un MAO-inibitore qualsiasi.
La paroxetina non deve essere usata in associazione a tioridazina poiché, come con altri principi attivi che inibiscono l’enzima epatico CYP450 2D6, la paroxetina può elevare i livelli plasmatici della tioridazina (vedere paragrafo 4.5). La somministrazione di tioridazina da sola può indurre prolungamento dell’intervallo QTc associato a gravi aritmie ventricolari quali torsioni di punta e morte improvvisa.
La paroxetina non deve essere somministrata in combinazione con pimozide (vedere paragrafo 4.5).
Il trattamento con paroxetina deve essere iniziato con cautela due settimane dopo la cessazione del trattamento con un MAO-inibitore irreversibile o 24 ore dopo la cessazione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile. Il dosaggio di paroxetina deve essere aumentato gradualmente fino a raggiungere una risposta ottimale (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
Uso in bambini e adolescenti di età inferiore ai 18 anni
La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini e adolescenti con meno di 18 anni di età. Negli studi clinici, comportamenti suicidi (tentativi di suicidio e ideazione suicida) e atteggiamenti ostili (per lo più aggressività, comportamento di opposizione e collera) sono stati osservati più frequentemente su bambini ed adolescenti trattati con gli antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo. Se, per ragioni cliniche, si decide ugualmente di iniziare il trattamento, il paziente deve essere attentamente monitorato al fine di individuare la comparsa di sintomi suicidari.
Inoltre, i dati sulla sicurezza a lungo termine in bambini ed adolescenti relativi alla crescita, alla maturazione e allo sviluppo cognitivo e comportamentale sono mancanti.
Suicidio/pensieri suicidi o peggioramento clinico
La depressione è associata ad un aumentato rischio di pensieri suicidari, autolesionismo e suicidio (eventi correlati al suicidio). Tale rischio persiste fino a quando non si verifica una remissione significativa. Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento. È esperienza clinica generale che il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi di miglioramento.
Altre patologie psichiatriche per le quali viene prescritta la paroxetina possono anche essere associate ad un aumentato rischio di eventi correlati al suicidio. Inoltre, queste patologie possono essere associate al disturbo depressivo maggiore. Quando si trattano pazienti con altri disturbi psichiatrici si devono pertanto osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore.
Pazienti con anamnesi positiva per eventi correlati al suicidio o che manifestano un grado significativo di ideazione suicidaria prima dell’inizio del trattamento, sono a rischio maggiore di ideazione suicidaria o di tentativi di suicidio, e devono essere attentamente controllati durante il trattamento. Una metanalisi degli studi clinici condotti con farmaci antidepressivi in confronto con placebo su pazienti adulti nella terapia di disturbi psichiatrici, ha mostrato un aumento del rischio di comportamento suicidario nella fascia di età inferiore e 25 anni dei pazienti trattati con antidepressivi rispetto al placebo (vedere anche paragrafo 5.1).
La terapia farmacologica deve essere sempre associata ad una stretta sorveglianza dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, specialmente nelle fasi iniziali del trattamento e dopo cambiamenti di dose. I pazienti (e chi si prende cura di loro) devono essere avvertiti della necessità di monitorare qualsiasi peggioramento del quadro clinico, l’insorgenza di comportamento o pensieri suicidari e di cambiamenti comportamentali insoliti, e di consultare immediatamente il medico, nel caso in cui questi sintomi si presentino.
Acatisia/irrequietezza psicomotoria
L’uso di paroxetina è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da una sensazione interna di irrequietezza e di agitazione psicomotoria, quale l’impossibilità di sedere o stare immobile generalmente associate ad un malessere soggettivo. Ciò è più probabile che accada entro le prime settimane di trattamento. In pazienti che presentano tali sintomi, l’aumento del dosaggio può essere dannoso.
Sindrome Serotoninergica/Sindrome Maligna da Neurolettici
In rare occasioni, può svilupparsi comparsa della sindrome serotoninergica o di eventi simili alla sindrome maligna da neurolettici durante il trattamento con paroxetina, in particolare quando somministrata in concomitanza con altri farmaci serotoninergici e/o neurolettici. Poiché tali sindromi possono comportare condizioni di potenziale pericolo di vita per il paziente, si deve interrompere il trattamento con paroxetina in caso di comparsa di tali eventi (caratterizzati da un insieme di sintomi quali ipertermia, rigidità, mioclono, instabilità del sistema autonomo con possibili rapide fluttuazioni dei segni vitali, cambiamenti dello stato mentale compresi confusione, irritabilità, agitazione estrema che evolve fino al delirio e al coma), e deve essere iniziato un trattamento sintomatico di supporto. La paroxetina non deve essere usata in associazione a precursori della serotonina (quali L-triptofano, oxitriptano) a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
Mania
Come nel caso di altri antidepressivi, la paroxetina deve essere utilizzata con cautela in pazienti con storia di mania. Il trattamento con paroxetina deve essere interrotto nei pazienti che entrano in una fase maniacale.
Frattura delle ossa
Studi epidemiologici mostrano un aumentato rischio di frattura delle ossa nei pazienti che assumono alcuni antidepressivi, inclusi gli SSRI, come la paroxetina. Il rischio compare durante il trattamento ed è maggiore nei primi mesi di terapia.
Compromissione della funzionalità renale/epatica
Si raccomanda cautela nei pazienti con grave compromissione della funzionalità renale o nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica (vedere paragrafo 4.2).
Diabete
In pazienti diabetici, il trattamento con un SSRI può alterare il controllo glicemico. Può rendersi necessario un aggiustamento del dosaggio dell’insulina e/o dell’ipoglicemizzante orale.
Epilessia
Come nel caso di altri antidepressivi, la paroxetina deve essere introdotta con cautela in pazienti con epilessia.
Convulsioni
L’incidenza complessiva di convulsioni in pazienti trattati con paroxetina è inferiore allo 0,1%. Il medicinale deve essere sospeso in qualunque paziente che sviluppi convulsioni.
Terapia elettroconvulsiva (ECT)
L’esperienza clinica circa l’uso concomitante di paroxetina con una terapia elettroconvulsivante è limitata.
Glaucoma
Come con altri SSRI, la paroxetina può causare midriasi e deve essere usata con cautela nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o con anamnesi positiva per glaucoma.
Patologie cardiache
In pazienti con patologie cardiache devono essere osservate le precauzioni consuete.
Iponatriemia
L’iponatriemia è stata riportata raramente, prevalentemente negli anziani. Deve essere esercitata cautela anche nei pazienti a rischio di iponatriemia, per esempio per terapie concomitanti o cirrosi.
L’iponatriemia è in genere reversibile dopo la sospensione della paroxetina.
Emorragia
Con gli SSRI, sono stati segnalati casi di sanguinamento cutaneo anormale quali ecchimosi e porpora. Sono state riportate altre manifestazioni emorragiche, per esempio emorragie gastrointestinali. I pazienti anziani possono essere maggiormente a rischio.
Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, medicinali noti per influire sulla funzione piastrinica, o altri medicinali che possono aumentare il rischio di emorragie [per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazine, gran parte degli antidepressivi triciclici (TCA), acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori] e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
Interazioni con tamoxifene
Alcuni studi hanno mostrato che l’efficacia del tamoxifene, misurata dal rischio di ricaduta/mortalità del carcinoma della mammella, può essere ridotta quando co-somministrato con la paroxetina, come risultato di un’inibizione irreversibile del CYP2D6 da parte della paroxetina (vedere paragrafo 4.5). La paroxetina deve essere evitata, per quanto possibile, durante l’uso del tamoxifene per il trattamento o la prevenzione del carcinoma della mammella.
Sintomi d’astinenza osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina
I sintomi d’astinenza all’interruzione del trattamento sono comuni, in particolare in caso di brusca interruzione (vedere paragrafo 4.8). Negli studi clinici gli eventi avversi osservati all’interruzione del trattamento si sono presentati nel 30% dei pazienti in trattamento con paroxetina, in confronto al 20% dei pazienti trattati con placebo. L’insorgenza di sintomi d’astinenza è differente nei casi in cui il farmaco abbia indotto dipendenza psicologica rispetto a quelli in cui abbia indotto solo dipendenza fisica.
Il rischio di comparsa dei sintomi d’astinenza può dipendere da diversi fattori, compresi la durata della terapia, il dosaggio e la velocità di riduzione della dose.
Sono stati riportati vertigini, disturbi sensoriali (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi.
Generalmente l’intensità di tali sintomi è da lieve a moderata, tuttavia in alcuni pazienti può essere grave. In genere compaiono entro i primi giorni di sospensione del trattamento, ma vi sono stati casi molto rari nei quali sono comparsi in pazienti che avevano inavvertitamente saltato una dose.
Generalmente tali sintomi sono auto-limitanti, e di solito si risolvono entro due settimane, sebbene in alcuni individui possono durare più a lungo (2-3 mesi o più). Si consiglia pertanto di ridurre gradualmente la dose di paroxetina, quando si sospende il trattamento nel corso di un periodo di diverse settimane o mesi, in base alle necessità del paziente (vedere "Sintomi da astinenza osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina", paragrafo 4.2).
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Principi attivi serotoninergici
Come con altri SSRI, la somministrazione contemporanea di principi attivi serotoninergici può portare all’insorgenza di effetti associati alla serotonina (sindrome serotoninergica: vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
Si deve consigliare cautela ed è richiesto un più attento controllo clinico in caso di somministrazione concomitante di farmaci serotoninergici (come L-triptofano, triptani, tramadolo, linezolid, metiltionina cloridrato (blu di metilene), SSRI, litio, petidina e preparati a base di erba di San Giovanni - Hypericum perforatum) e paroxetina. Si raccomanda cautela anche con il fentanil utilizzato nell’anestesia generale o nel trattamento del dolore cronico.
L’uso concomitante di paroxetina e MAO-inibitori è controindicato a causa del rischio che si sviluppi la sindrome da serotonina (vedere paragrafo 4.3).
Pimozide
In uno studio dove una singola dose bassa di pimozide (2 mg) è stata co-somministrata con 60 mg di paroxetina, sono stati dimostrati livelli aumentati in media di 2,5 volte di pimozide. Ciò può essere spiegato tenendo in considerazione le note proprietà inibitorie sul CYP2D6 della paroxetina.
A causa del ristretto indice terapeutico della pimozide e della sua nota capacità di prolungare l’intervallo QT, l’uso concomitante di pimozide e paroxetina è controindicato (vedere paragrafo 4.3).
Enzimi predisposti al metabolismo dei farmaci
Il metabolismo e la farmacocinetica della paroxetina possono essere influenzati dalla induzione o dalla inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci. Qualora la paroxetina sia somministrata in concomitanza con un farmaco noto per essere inibitore del metabolismo enzimatico, deve essere preso in considerazione l’uso delle dosi di paroxetina più basse dell’intervallo posologico. In caso di somministrazione in concomitanza con farmaci noti quali induttori del metabolismo enzimatico (ad esempio carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale e fenitoina) o con fosamprenavir/ritonavir, non è richiesto alcun aggiustamento della dose iniziale. Qualsiasi successiva modifica della posologia della paroxetina (sia dopo l’inizio della terapia o dopo sospensione di un induttore enzimatico) deve essere basata sulla risposta clinica (tollerabilità ed efficacia).
Fosamprenavir/ritonavir
La somministrazione concomitante di fosamprenavir/ritonavir 700/100 mg due volte al giorno con paroxetina 20 mg al giorno in volontari sani per 10 giorni ha diminuito significativamente i livelli plasmatici della paroxetina di circa il 55%. Le concentrazioni plasmatiche di fosamprenavir/ritonavir durante la co-somministrazione di paroxetina erano simili ai valori di riferimento osservati in altri studi, indicando che la paroxetina non produceva effetti significativi sul metabolismo di fosamprenavir/ritonavir. Non sono disponibili dati riguardo gli effetti della cosomministrazione a lungo termine, superiore a 10 giorni, di paroxetina e fosamprenavir/ritonavir.
Prociclidina
La somministrazione giornaliera di paroxetina aumenta in modo significativo i livelli plasmatici di prociclidina. Se si osservano effetti anticolinergici, la dose di prociclidina deve essere ridotta.
Anticonvulsivanti
Carbamazepina, fenitoina, sodio valproato. La somministrazione concomitante non sembra mostrare effetto sul profilo farmacocinetico/farmacodinamico nei pazienti epilettici.
Potenza inibitoria della paroxetina sul CYP2D6
Come altri antidepressivi, inclusi altri SSRI, la paroxetina inibisce l’enzima CYP2D6 del citocromo epatico P450. L’inibizione del CYP2D6 può portare all’aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci in co-somministrazione, metabolizzati da questo enzima. Sono compresi tra questi farmaci alcuni antidepressivi triciclici (ad esempio clomipramina, nortriptilina e desipramina), neurolettici fenotiazinici (ad esempio perfenazina e tioridazina, vedere paragrafo 4.3), risperidone, atomoxetina, alcuni antiaritmici di Tipo 1c (ad esempio propafenone e flecainide) e metoprololo.
Non è raccomandato l’uso di paroxetina in associazione con metoprololo, somministrato nella insufficienza cardiaca, a causa del ridotto indice terapeutico del metoprololo in questa indicazione.
Il tamoxifene ha un importante metabolita attivo, l’endoxifene, che è prodotto dal CYP2D6 e che contribuisce significativamente all’efficacia del tamoxifene. L’inibizione irreversibile del CYP2D6 da parte della paroxetina porta ad una riduzione delle concentrazioni plasmatiche dell’endoxifene (vedere paragrafo 4.4).
Alcol
Come con altri medicinali psicotropi, i pazienti devono essere avvertiti di evitare l’uso di alcol in corso di trattamento con paroxetina.
Anticoagulanti orali
Può presentarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e anticoagulanti orali. L’uso concomitante di paroxetina e anticoagulanti orali può portare ad un aumento della attività anticoagulante ed al rischio di emorragie. Pertanto la paroxetina deve essere usata con cautela nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (vedere paragrafo 4.4).
FANS, acido acetilsalicilico ed altri antiaggreganti piastrinici
Può verificarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico.
L’uso concomitante di paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico può portare ad un aumento del rischio di emorragie (vedere paragrafo 4.4). Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o per aumentare il rischio di emorragie [per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazine, la maggior parte degli antidepressivi triciclici (TCA), acido acetilsalicilico, FANS, COX-2 inibitori] e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
Fertilità
Alcuni studi clinici hanno mostrato che gli SSRI (compresa la paroxetina) possono influenzare la qualità dello sperma. Questo effetto sembra essere reversibile dopo la sospensione del trattamento. Questi studi non hanno esaminato l’impatto sulla fertilità, ma alterazioni della qualità dello sperma possono influenzare la fertilità in alcuni soggetti.
Gravidanza
Alcuni studi epidemiologici suggeriscono un aumento del rischio di malformazioni congenite, per lo più cardiovascolari (ad es. difetti del setto ventricolare (la maggioranza) e del setto atriale) associato all’assunzione di paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza. Il meccanismo è sconosciuto. I dati indicano che il rischio di partorire un neonato con un difetto cardiovascolare a seguito dell’esposizione materna alla paroxetina, è inferiore a 2/100 (OR = 1,55 [1,18< >2,04]), a fronte di un tasso atteso pari a circa 1/100 per tali difetti nella popolazione generale.
La paroxetina deve essere somministrata in gravidanza solo quando strettamente indicato. Il medico, all’atto della prescrizione, dovrà valutare l’opzione di trattamenti alternativi in donne in gravidanza o che stiano pianificando una gravidanza. L’interruzione brusca durante la gravidanza deve essere evitata (vedere "Sintomi d’astinenza osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina", paragrafo 4.2).
I neonati devono essere tenuti sotto osservazione se l’uso materno della paroxetina continua negli stadi più avanzati della gravidanza, in particolare nel terzo trimestre.
I sintomi seguenti si possono presentare nei neonati in seguito all’uso materno di paroxetina negli stadi più avanzati della gravidanza: difficoltà respiratoria, cianosi, apnea, convulsioni, temperatura instabile, difficoltà di suzione, vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, irritabilità, letargia, pianto continuo, sonnolenza e difficoltà nell’addormentamento.
Tale sintomatologia potrebbe essere dovuta o agli effetti serotoninergici o ai sintomi d’astinenza.
Nella maggior parte dei casi le complicazioni iniziano immediatamente al momento del parto o subito dopo (meno di 24 ore).
Dati epidemiologici hanno suggerito che l’utilizzo di SSRI durante la gravidanza, particolarmente durante la gravidanza avanzata, può aumentare il rischio di Ipertensione Polmonare Persistente del Neonato (IPPN). Il rischio osservato è stato di circa 5 casi su 1000 gravidanze. Nella popolazione generale si verificano da 1 a 2 casi di IPPN su 1000 gravidanze.
Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva, ma non hanno indicato effetti dannosi diretti sulla gravidanza, sullo sviluppo embriofetale, sul parto o sullo sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3).
Allattamento
Piccole quantità di paroxetina sono escrete nel latte materno. In studi pubblicati, le concentrazioni sieriche in neonati allattati al seno erano non rilevabili (< 2 ng/ml) o molto basse (< 4 ng/ml), e non è stato osservato alcun segno degli effetti del farmaco in questi neonati. Ciononostante la paroxetina non deve essere usata durante l’allattamento, a meno che i benefici attesi per la madre giustifichino i rischi potenziali per il neonato.
L’esperienza clinica ha dimostrato che la terapia con paroxetina non è associata ad alterazioni delle funzioni cognitive o psicomotorie.
Tuttavia, come con tutti i medicinali psicoattivi, i pazienti devono essere messi in guardia circa la loro capacità di guidare veicoli e usare macchinari. Sebbene la paroxetina non aumenti gli effetti dannosi sulle abilità psichiche e motorie indotte dall’assunzione di alcool, non è consigliato l’uso concomitante di paroxetina e alcool.
Alcune delle reazioni avverse al farmaco sotto elencate possono ridursi nell’intensità e frequenza col proseguo del trattamento e non portano normalmente alla sospensione della terapia.
Le reazioni avverse sono elencate di seguito per organo, apparato/sistema e per frequenza.
Nell’ambito di ogni gruppo di frequenza gli effetti indesiderati vengono presentati in ordine decrescente di gravità.
Le frequenze sono definite come: Molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, <1/10), non comune (≥ 1/1000, <1/100), raro (≥ 1/10.000, <1/1000), molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comune: sanguinamento anomalo, in particolare a carico della cute e delle mucose (per lo più ecchimosi).
Molto raro: trombocitopenia
Disturbi del sistema immunitario
Molto raro: reazioni allergiche (inclusa orticaria e angioedema).
Patologie endocrine
Molto raro: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comune: diminuzione dell’appetito, aumento dei livelli di colesterolo.
Raro: iponatriemia. L’iponatriemia è stata riportata soprattutto in pazienti anziani ed è talvolta dovuta alla sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Disturbi psichiatrici
Comune: sonnolenza, insonnia, agitazione, sogni anormali (inclusi incubi).
Non comune: confusione, allucinazioni.
Raro: reazioni maniacali, ansia, depersonalizzazione, attacchi di panico, acatisia (vedere paragrafo 4.4).
Non nota: ideazione suicidaria e comportamento suicidario.
Durante la terapia con paroxetina o subito dopo la conclusione del trattamento sono stati segnalati casi di ideazione e comportamento suicidari (vedere paragrafo 4.4).
Tali sintomi possono essere anche dovuti alla patologia di base.
Patologie del sistema nervoso
Molto comune: diminuzione della concentrazione.
Comune: capogiri, tremori, cefalea.
Non comune: disturbi extrapiramidali.
Raro: convulsioni, sindrome delle gambe senza riposo (SGSR).
Molto raro: sindrome serotoninergica (i sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, iperreflessia, mioclono, brividi, tachicardia e tremore). Sono stati riportati casi di disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, a volte in pazienti già affetti da disturbi del movimento o in pazienti in trattamento con neurolettici.
Patologie dell’occhio
Comune: visione offuscata.
Non comune: midriasi (vedere paragrafo 4.4).
Molto raro: glaucoma acuto.
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Non nota: tinnito.
Patologie cardiache
Non comune: tachicardia sinusale.
Raro: bradicardia.
Patologie vascolari
Non comune: aumenti o cali transitori della pressione arteriosa, ipotensione posturale. Aumenti o cali transitori della pressione arteriosa sono stati riportati in seguito a trattamento con paroxetina, di solito in pazienti con preesistente ipertensione o ansia.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comune: sbadiglio.
Patologie gastrointestinali
Molto comune: nausea.
Comune: stipsi, diarrea, secchezza delle fauci.
Molto raro: sanguinamento gastrointestinale.
Patologie epatobiliari
Raro: aumento degli enzimi epatici.
Molto raro: eventi a carico del fegato (come epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica).
Sono stati riportati incrementi degli enzimi epatici. Molto raramente sono state anche riportate segnalazioni post-marketing di eventi epatici (come epatite, talvolta associata ad ittero e/o insufficienza epatica). Si deve prendere in considerazione la sospensione del trattamento con la paroxetina nel caso di prolungato incremento dei valori dei test di funzionalità epatica.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune: sudorazione
Non comune: rash cutanei, prurito
Molto raro: gravi reazioni avverse cutanee (inclusi eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica), reazioni di fotosensibilità.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Raro: artralgia, mialgia.
Studi epidemiologici, principalmente condotti in pazienti di età uguale o superiore a 50 anni, mostrano un aumentato rischio di frattura delle ossa nei pazienti che assumono SSRIs e TCAs. Non è noto il meccanismo che determina questo rischio.
Patologie renali e urinarie
Non comune: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Molto comune: disfunzione sessuale
Raro: iperprolattinemia/galattorea
Molto raro: priapismo.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: astenia, aumento di peso corporeo
Molto raro: edema periferico.
Sintomi da astinenza osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina
Comune: Capogiri, disturbi sensoriali, disturbi del sonno, ansia, cefalea.
Non comune: agitazione, nausea, tremore, confusione, sudorazione, instabilità emotiva, disturbi della visione, palpitazioni, diarrea, irritabilità.
L’interruzione del trattamento con paroxetina (soprattutto se brusca) porta in genere a sintomi d’astinenza. Sono stati riportati vertigini, disturbi sensoriali (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente tali eventi sono da lievi a moderati ed auto-limitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere gravi e/o prolungati. Si consiglia pertanto, qualora il trattamento con paroxetina non sia più necessario, di effettuare una graduale interruzione, condotta tramite un decremento progressivo della dose (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Effetti di classe
Studi epidemiologici, principalmente condotti in pazienti di età uguale o superiore a 50 anni, mostrano un aumentato rischio di frattura delle ossa nei pazienti che assumono SSRIs e TCAs. Non è noto il meccanismo che determina questo aumento del rischio.
Eventi avversi osservati in corso di studi clinici nei pazienti in età pediatrica
Durante studi clinici a breve termine (fino a 10-12 settimane) in bambini ed adolescenti sono stati riportati i seguenti eventi avversi nei pazienti trattati con paroxetina, con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti, e tali eventi si sono verificati con una incidenza per lo meno due volte superiore rispetto al placebo: aumento dei comportamenti correlati al suicidio (tra cui tentativi di suicidio e pensieri suicidari), comportamenti autolesionistici e incremento dell’atteggiamento ostile. I pensieri suicidari e i tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da disturbo depressivo maggiore. L’incremento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni.
Ulteriori eventi osservati più frequentemente nel gruppo trattato con paroxetina rispetto a quello trattato con placebo sono stati i seguenti: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, instabilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore) e sanguinamento correlato ad eventi avversi, principalmente della cute e delle membrane mucose.
Eventi osservati dopo la sospensione/riduzione della dose della paroxetina sono stati i seguenti: instabilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, pensieri suicidari e tentativi di suicidio), nervosismo, vertigini, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4).
Vedere paragrafo 5.1 per maggiori informazioni sugli studi clinici in pediatria.
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Sintomi e segni
Sulla base delle informazioni disponibili riguardo al sovradosaggio con paroxetina, appare evidente un ampio margine di sicurezza. L’esperienza nei casi di sovradosaggio di paroxetina ha indicato che, oltre ai sintomi descritti nel paragrafo 4.8 "Effetti indesiderati", sono stati riportati anche: febbre e contrazioni muscolari involontarie. I pazienti si sono generalmente ripresi senza gravi sequele anche nei casi in cui la paroxetina è stata assunta, da sola, fino a dosi di 2000 mg. Eventi quali coma o alterazioni dell’ECG sono stati segnalati occasionalmente, molto raramente con esito fatale, ma in genere quando paroxetina è stata assunta in associazione ad altri farmaci psicotropi, con o senza alcool.
Trattamento
Un antidoto specifico non è conosciuto. Il trattamento deve basarsi sulle misure generali utilizzate nel trattamento del sovradosaggio con antidepressivi. Qualora appropriato, si consiglia svuotamento gastrico attraverso induzione di emesi, lavanda gastrica o entrambi. Può essere somministrato carbone attivo, alla dose da 20 a 30 g ogni 4-6 ore durante le prime 24 ore dopo l’ingestione del sovradosaggio per diminuire l’assorbimento di paroxetina. È indicata una terapia di supporto con attenta osservazione e frequente monitoraggio dei segni vitali. La gestione del paziente deve avvenire secondo le indicazioni cliniche.
Categoria farmacoterapeutica: Antidepressivi - inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, Codice ATC: N06AB05.
Meccanismo di azione
Paroxetina è un potente inibitore selettivo della ricaptazione della 5-idrossitriptamina (5-HT, serotonina); la sua azione antidepressiva e la sua efficacia nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo, disturbo d’ansia sociale/fobia sociale, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da stress post-traumatico e disturbo da attacchi di panico si ritengono correlate alla sua specifica inibizione della ricaptazione della 5-HT nei neuroni cerebrali. Paroxetina non è chimicamente correlabile ai triciclici, tetraciclici ed agli altri antidepressivi disponibili. Paroxetina ha bassa affinità per i recettori colinergici di tipo muscarinico e studi sugli animali hanno evidenziato solo deboli proprietà anticolinergiche. In accordo con questa selettività d’azione, studi in vitro hanno evidenziato che, a differenza degli antidepressivi triciclici, la paroxetina ha bassa affinità per gli alfa 1, alfa 2 e betaadrenorecettori, per i recettori dopaminergici (D2), per i recettori 5-HT1 -simili e 5-HT2 e per i recettori dell’istamina (H1). Questa mancanza di interazione con i recettori postsinaptici in vitro è stata confermata dagli studi in vivo, che dimostrano l’assenza di proprietà depressive sul sistema nervoso centrale e di proprietà ipotensive.
Effetti farmacodinamici
La paroxetina non altera le funzioni psicomotorie e non potenzia gli effetti depressivi dell’etanolo. Analogamente ad altri inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, la paroxetina causa sintomi correlati all’eccessiva stimolazione del recettore della serotonina in caso di somministrazione ad animali precedentemente trattati con inibitori della monoammino-ossidasi (IMAO) o triptofano. Studi relativi al comportamento e all’EEG indicano come la paroxetina sia debolmente stimolante a dosi in genere maggiori di quelle richieste per inibire la ricaptazione della serotonina. Le proprietà stimolanti non sono per loro natura "anfetamino-simili". Studi nell’animale indicano che la paroxetina è ben tollerata dal sistema cardiovascolare. La paroxetina non causa modifiche clinicamente significative della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’ECG dopo somministrazione a soggetti sani. Studi indicano che la paroxetina, al contrario degli antidepressivi che inibiscono la ricaptazione della noradrenalina, ha una più ridotta propensione ad inibire gli effetti antipertensivi della guanetidina.
La paroxetina, nel trattamento dei disturbi depressivi, dimostra una efficacia comparabile a quella degli antidepressivi standard. Esiste anche una certa evidenza che la paroxetina possa avere un valore terapeutico nei pazienti che non hanno risposto alla terapia standard. La somministrazione della dose al mattino non ha alcun effetto negativo sulla qualità o la durata del sonno. Inoltre i pazienti che rispondono alla terapia con paroxetina possono riportare un miglioramento del sonno.
Analisi del comportamento suicidario negli adulti
Un’analisi specifica della paroxetina in studi controllati con placebo su adulti con disturbi psichiatrici ha mostrato una frequenza maggiore di comportamento suicidario nei giovani adulti (18-24 anni) trattati con paroxetina rispetto a quelli trattati con placebo (2,19% vs 0,92%). Nel gruppo dei soggetti di età maggiore, tale incremento non è stato osservato. Negli adulti con disturbo depressivo maggiore (di tutte le età), si è osservato un aumento della frequenza del comportamento suicidario nei pazienti trattati con paroxetina in confronto a quelli trattati con placebo (0,32% vs 0,05%); tutti gli eventi osservati erano tentativi di suicidio. Tuttavia, la maggioranza di questi tentativi per paroxetina (8 su 11) si è osservata nei più giovani adulti (vedere anche paragrafo 4.4).
Risposta alla dose
Negli studi a dose fissa la curva dose risposta si presenta piatta, non indicando un vantaggio in termini di efficacia nell’utilizzo di dosi più alte di quelle raccomandate. Tuttavia esistono alcuni dati clinici che suggeriscono che incrementi successivi della dose possono essere di beneficio per alcuni pazienti.
Efficacia a lungo termine
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nella depressione è stata dimostrata in uno studio di terapia di mantenimento di 52 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (20-40 mg al giorno) si sono verificate nel 12% dei casi, in confronto al 28% dei casi nei pazienti che assumevano placebo.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è stata esaminata in tre studi terapia di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute. In uno dei tre studi è stata raggiunta una differenza significativa nella proporzione dei pazienti con ricadute tra paroxetina (38%) e placebo (59%).
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo da attacchi di panico è stata dimostrata in uno studio di terapia di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (10-40 mg al giorno) si sono verificate nel 5% dei casi, in confronto al 30% dei casi nei pazienti che assumevano placebo. Questo dato è stato supportato da uno studio di mantenimento di 36 settimane.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento dei disturbi d’ansia sociale e d’ansia generalizzata e del disturbo da stress post-traumatico non è stata sufficientemente dimostrata.
Eventi avversi in studi clinici pediatrici
Durante studi clinici a breve termine (fino a 10-12 settimane) in bambini e adolescenti sono stati riportati i seguenti eventi avversi nei pazienti trattati con paroxetina, con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti, e tali eventi si sono verificati con una incidenza per lo meno due volte superiore rispetto al placebo: aumento dei comportamenti correlati al suicidio (tra cui tentativi di suicidio e pensieri suicidi), comportamento autolesionistico e incremento dell’atteggiamento ostile. I pensieri suicidi e i tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da disturbo depressivo maggiore. L’incremento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni. Ulteriori eventi osservati più frequentemente nel gruppo trattato con paroxetina rispetto a quello trattato con placebo sono stati i seguenti: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, instabilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore).
Negli studi dove è stata attuata una riduzione graduale della dose, i sintomi riportati durante la fase di riduzione graduale o al momento dell’interruzione del trattamento con paroxetina - osservati con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti e con una incidenza per lo meno due volte superiore rispetto al placebo, sono stati i seguenti: instabilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, pensieri suicidi e tentativi di suicidio), nervosismo, vertigini, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4).
In cinque studi a gruppi paralleli con una durata da otto settimane fino a otto mesi di trattamento, eventi avversi correlati al sanguinamento, principalmente della cute e delle membrane mucose, sono stati osservati nei pazienti trattati con paroxetina ad una frequenza del 1,74% rispetto allo 0,74% osservato nei pazienti trattati con placebo.
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Assorbimento
La paroxetina è ben assorbita dopo somministrazione orale ed è sottoposta a metabolismo di primo passaggio. A causa del metabolismo di primo passaggio, la quantità di paroxetina disponibile nella circolazione sistemica è inferiore a quella assorbita dal tratto gastrointestinale. In caso di aumento del carico corporeo a seguito di dosi singole più alte o di dosi multiple, si verificano una saturazione parziale dell’effetto di primo passaggio e una riduzione della clearance plasmatica. Ciò comporta un aumento non proporzionato delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina e pertanto i parametri farmacocinetici non sono costanti, con conseguente cinetica non lineare. Tuttavia la non linearità è generalmente modesta ed è limitata a quei soggetti che raggiungono bassi livelli plasmatici a bassi dosaggi. I livelli sistemici allo stato stazionario sono raggiunti entro 7-14 giorni dall’inizio del trattamento con le formulazioni a rilascio immediato o controllato e la farmacocinetica non sembra variare durante il trattamento a lungo termine.
Distribuzione
La paroxetina risulta ampiamente distribuita nei tessuti ed i calcoli farmacocinetici indicano che solo l’1% della paroxetina presente nell’organismo si trova nel plasma. Circa il 95% della paroxetina presente nel plasma a concentrazioni terapeutiche è legato alle proteine. Non è stata dimostrata alcuna correlazione tra le concentrazioni plasmatiche di paroxetina e gli effetti clinici (eventi avversi ed efficacia). Il passaggio nel latte materno umano, e nei feti degli animali di laboratorio, avviene in piccole quantità.
Metabolismo
I principali metaboliti della paroxetina sono prodotti polari e coniugati di ossidazione e di metilazione, che vengono prontamente eliminati. In considerazione della loro relativa mancanza di attività farmacologica, è estremamente improbabile che possano contribuire agli effetti terapeutici della paroxetina.
Il metabolismo non compromette la selettività di azione di paroxetina sulla ricaptazione neuronale di serotonina.
Eliminazione
L’escrezione urinaria di paroxetina immodificata è generalmente inferiore al 2%, mentre quella dei metaboliti è circa il 64% della dose. Circa il 36% della dose è escreto nelle feci, probabilmente attraverso la bile, di cui la paroxetina immodificata rappresenta meno dell’1% della dose. Pertanto la paroxetina è eliminata quasi completamente per via metabolica. L’escrezione dei metaboliti è bifasica, essendo all’inizio il risultato del metabolismo di primo passaggio e successivamente controllata dalla eliminazione sistemica di paroxetina. L’emivita di eliminazione è variabile, ma è generalmente di circa 1 giorno.
Speciali popolazioni di pazienti
Anziani e Compromissione della Funzionalità Renale/Epatica
Un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina si verifica in soggetti anziani e in soggetti con grave compromissione della funzionalità renale o di quella epatica, ma il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello dei soggetti adulti sani.
Studi tossicologici sono stati condotti nella scimmia Rhesus e nel ratto albino; in entrambe le specie il profilo metabolico è simile a quello descritto nell’uomo. Come atteso per le amine lipofile, inclusi gli antidepressivi triciclici, è stata rilevata nei ratti una fosfolipidosi. La fosfolipidosi non è stata osservata negli studi sui primati della durata fino ad un anno, a dosi 6 volte più elevate di quelle dell’intervallo raccomandato dei dosaggi clinici.
Carcinogenesi: in studi di due anni condotti nel topo e nel ratto, la paroxetina non ha mostrato effetti cancerogeni.
Genotossicità: non è stata osservata genotossicità in una serie di test in vitro e in vivo.
Studi di tossicità riproduttiva nei ratti hanno mostrato che la paroxetina influenza la fertilità nel maschio e nella femmina. Nel ratto sono stati osservati un aumento della mortalità della prole ed un ritardo nella ossificazione. Questi ultimi effetti sono stati probabilmente correlati alla tossicità materna e non sono considerati un effetto diretto sul feto/neonato.
Nucleo della compressa:
Magnesio stearato, sodio amido glicolato (Tipo A), mannitolo, cellulosa microcristallina.
Rivestimento della compressa:
Copolimero dell’acido metacrilico-metil metacrilato (Eudragit E100), alcool polivinilico parzialmente idrolizzato, titanio diossido (E 171), talco, lecitina di soia (E 322), gomma xantana (E 415).
Non pertinente
3 anni.
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
Confezioni blister (Al/Al) e/o contenitore per compresse in PP con essiccante (silicagel) con capsula di chiusura in polipropilene.
Dimensioni delle confezioni:
Blister: 10, 12, 14, 28, 30, 56 compresse rivestite con film.
Contenitori per compresse in PP: 20, 30, 60, 100 compresse rivestite con film.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Nessuna istruzione particolare.
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Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 10 compresse, AIC: 038931010/M in blister Al/Al
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Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 28 compresse, AIC: 038931046/M in blister Al/Al
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 30 compresse, AIC: 038931059/M in blister Al/Al
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 56 compresse, AIC: 038931061/M in blister Al/Al
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 20 compresse, AIC: 038931073/M in contenitore PP
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 30 compresse, AIC: 038931085/M in contenitore PP
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 60 compresse, AIC: 038931097/M in contenitore PP
Paroxetina Ranbaxy Italia 20 mg compresse rivestite con film âE.“ 100 compresse, AIC: 038931109/M in contenitore PP
Giugno 2009
Giugno 2011