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PEMINE
Ogni capsula rigida contiene:
Principio attivo
Penicillamina cloridrato
(D-3-mercaptovalina cloridrato) 150 mg
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1
Capsule rigide.
- Artrite reumatoide grave in fase attiva.
- Morbo di Wilson o degenerazione epatolenticolare.
- Intossicazioni professionali accidentali o terapeutiche da piombo e oro.
Per le intossicazioni da altri metalli come l'Antimonio, il Ferro, lo Zinco, il Cadmio, il Magnesio, il ruolo della D-Penicillamina non è stato definitivamente chiarito.
- Cistinuria o Cistinosi.
- Test di Ohlsson per la diagnosi dell'intossicazione da piombo.
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Artrite reumatoide
Lo schema posologico consigliato è di somministrare non più di due capsule al giorno per due settimane, aumentando la dose della stessa quantità ad intervalli di due settimane o più, fino a raggiungere una dose giornaliera di 12 capsule. Raramente si rende necessaria una dose giornaliera di Pemine superiore a 2 g. La dose dovrebbe essere mantenuta ai livelli più bassi efficaci, al fine di minimizzare gli effetti collaterali. Molti pazienti rispondono ad una dose di mantenimento di 6 capsule al giorno.
SCHEMA POSOLOGICO |
0-2 settimane | 2 capsule/die | 6/8 settimane | 8 capsule/die |
2-4 settimane | 4 capsule/die | 8-10 settimane | 10 capsule/die |
4-6 settimane | 6 capsule/die | 10-12 settimane | 12 capsule/die |
Morbo di Wilson
Lo scopo principale del trattamento è quello di negativizzare il metabolismo del rame. Se ciò non si ottiene, malgrado un'aumentata escrezione urinaria di rame, non ci si può aspettare alcun miglioramento clinico sostanziale; è anzi probabile un peggioramento delle condizioni cliniche. Se un trattamento adeguato è iniziato nella prima fase della malattia, questi può migliorare significativamente il quadro clinico. È consigliabile una dieta a basso contenuto di rame e la somministrazione contemporanea di solfuro di potassio. È molto importante somministrare una quantità di Pemine sufficiente a mantenere i livelli di rame nel plasma entro i limiti normali. La quantità necessaria può variare da 600 a 4.000 mg al giorno in dosi frazionate, in relazione all'età del paziente ed alla risposta al trattamento.
Non è possibile stabilire a priori una dose standard ed è molto meglio dare Pemine in eccesso che in difetto. Molti pazienti sono tenuti sotto controllo con una dose giornaliera variabile da 1.200 a 1.500 mg. Nei bambini di età inferiore ai 12 anni è estremamente rara la necessità di somministrare dosi giornaliere superiori ai 1.200 mg.
Una notevole restrizione della dieta allo scopo di ridurre l'introduzione di cibi ricchi di rame, costituisce una misura più fastidiosa che vantaggiosa. La Pemine somministrata a pazienti affetti da Morbo di Wilson, non provoca una perdita significativa di zinco o di ferro. È opportuno, tuttavia, somministrare 50 mg di vitamina B6 due volte la settimana a tutti i pazienti. Si ricorda che, in considerazione della familiarità della malattia, è consigliabile sottoporre ad accertamenti anche i parenti più stretti.
Intossicazione da Piombo
La Pemine non sembra avere effetti benefici nell'avvelenamento da Piombo tetraetilico.
Nell'intossicazione da Piombo viene generalmente consigliata la somministrazione della Pemine alla dose di 20 mg/kg/die, considerando adeguata nei soggetti adulti una dose complessiva giornaliera intorno ai 1.200-1.500 mg. Nei bambini, alcuni autori suggeriscono di seguire il seguente schema posologico:
< 5 anni 150 mg 2 volte al dì
5-10 anni 300 mg 2 volte al dì
> 10 anni 450 mg 2 volte al dì
Generalmente viene consigliata una somministrazione continuativa della Pemine per almeno 10 giorni. Fatta eccezione per i casi meno gravi, 15 giorni dopo la fine del trattamento è necessario iniziare un secondo ciclo di terapia. Ulteriori cicli possono rendersi necessari se, ad un esame di controllo effettuato successivamente, si riscontra che i livelli acido-delta-amino-levulinici (AAL) delle urine sono di nuovo aumentati.
Se durante il trattamento con la Pemine i livelli di Piombo nelle urine dovessero rimanere bassi dopo 15 giorni di terapia, è ragionevole ritenere che ricadute dopo l'interruzione del trattamento non debbano verificarsi.
Infine, nel trattamento dell'avvelenamento da Piombo è da ricordare che alcuni studiosi (a causa della possibilità anche se minima di poter causare danni renali con la somministrazione della Pemine) ritengono che il farmaco debba essere somministrato intermittentemente piuttosto che in cicli di terapia lunghi e prolungati.
Cistinuria
Si consiglia di impiegare la D-Penicillamina in associazione con la terapia convenzionale.
Il dosaggio usuale della D-Penicillamina nel trattamento della cistinuria è di 2 g/die per gli adulti, in media variabile da 1 a 4 g/die.
Per i bambini il dosaggio è di 30 mg/kg/die.
La dose totale giornaliera deve essere divisa in quattro somministrazioni. Se quattro dosi uguali non sono pratiche, si consiglia di somministrare la dose più elevata alla sera prima di coricarsi.
Se la comparsa di effetti collaterali consiglia di ridurre le dosi, è importante mantenere la dose serale.
I pazienti che ricevono D-Penicillamina devono bere abbondantemente. È particolarmente importante bere circa 0,55 litri di acqua prima di coricarsi ed altrettanto un'altra volta nel corso della notte, quando l'urina è più concentrata e più acida che durante il giorno. Maggiore è la quantità dei liquidi che si ingeriscono, minore sarà la dose necessaria di D-Penicillamina.
Il dosaggio deve essere adattato al paziente fino ad un valore che limiti l'escrezione della cistina a 100-200 mg/die nei pazienti che non hanno mai avuto calcoli, ed al di sotto dei 100 mg/die nei pazienti con storie di calcoli e/o con dolori.
Perciò, nel determinare il dosaggio, i difetti tubulari esistenti, la corporatura del paziente, l'età, il ritmo di crescita, la sua dieta e l'assunzione di acqua devono essere complessivamente presi in considerazione.
Test di Ohlsson (1963) per la diagnosi dell'intossicazione da Piombo
I Prima di andare a letto si raccolgono in un recipiente le urine e si somministrano 450 mg di Pemine.
II Al mattino seguente si raccolgono le urine della notte in un secondo recipiente.
III Si esamina il contenuto di Piombo nei due campioni.
Risultati : nel soggetto normale il limite superiore è di 100 mcg di Pb per litro nel primo campione e di 300 mcg di Pb per litro nel secondo campione.
Interpretazione : il test di Ohlsson viene considerato sicuro e specifico. Un risultato positivo non significa necessariamente che il soggetto soffra di intossicazione da Piombo in quel particolare momento, ma che nell'organismo il Pb è accumulato in quantità superiore al normale.
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Non esistono probabilmente controindicazioni in senso assoluto all'impiego della Pemine, particolarmente nella terapia del Morbo di Wilson, di cui rappresenta il trattamento di scelta.
La frequenza e la gravità delle reazioni sfavorevoli possono essere ridotte dalla introduzione graduale della terapia con la D-Penicillamina e dalla somministrazione di basse dosi di mantenimento.
La conta dei leucociti e delle piastrine e le analisi urinarie per la proteinuria e l'ematuria devono essere ripetute per tutto il periodo del trattamento ad intervalli mensili. Durante le prime sei settimane questi esami devono essere eseguiti ad intervalli settimanali o bisettimanali. Una caduta del numero dei leucociti e delle piastrine nei tre successivi conteggi depone per un'interruzione della terapia, anche se i valori dovessero rimanere nei limiti della normalità.
Interrompendo la Pemine per una trombocitopenia (inferiore a 120.000/mm³) od una neutropenia (inferiore a 2000/mm³), la guarigione si verifica rapidamente e si potrà tentare allora di reintrodurre la terapia con la D-Penicillamina. La dose iniziale, in questo caso, non dovrà superare i 250 mg/die. Tale dosaggio dovrà essere mantenuto per quattro settimane, prima di aumentarlo ulteriormente e gradualmente.
La proteinuria dovrà essere misurata nelle 24 ore. Un aumento gradualmente progressivo della proteinuria o la comparsa di ematuria significativa, sono motivi per interrompere la terapia.
Un rash allergico ad esordio precoce, a meno che non sia grave, risponde al trattamento con ciproeptadina ed alla riduzione temporanea della dose di Pemine.
La somministrazione di 900 mg di Pemine in un soggetto normale aumenta di quattro volte l'escrezione urinaria di piombo nelle 48 ore che seguono alla sua somministrazione; trascorso tale periodo i valori decadono rapidamente.
Non si raccomandano supplementi di rame o zinco per la profilassi o per il trattamento dei disturbi del gusto.
Nel trattamento di lunga durata è opportuno somministrare Vitamina B6 alla dose di 50 mg due volte alla settimana per ovviare all'attività antipiridossinica degli isomeri della D-Penicillamina.
Periodici esami delle urine e del sangue debbono essere eseguiti per svelare alterazioni di grado tale da giustificare l'interruzione della terapia (vedere paragrafo 4.8).
Intense reazioni di tipo allergico possono richiedere procedimenti di desensibilizzazione o la copertura con corticosteroidi od antistaminici. Si raccomanda di somministrare la D-Penicillamina con gradualità ai nuovi pazienti, iniziando con una dose di 250 mg, senza raggiungere la dose piena prima che sia trascorso almeno un mese e, preferibilmente, oltre il 1° mese (vedere paragrafo 4.2).
A causa della lentezza della risposta alla Pemine, il trattamento preesistente dell'artrite reumatoide mediante analgesici, antiinfiammatori o steroidi deve essere mantenuto all'inizio e solo più tardi ridotto gradualmente.
Non è adatto per i soggetti con deficit di lattasi, galattosemia o sindrome da malassorbimento di glucosio/galattosio.
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La Pemine forma complessi con alcuni metalli pesanti, tra cui il ferro; pertanto si deve evitare la simultanea somministrazione di sali di ferro.
La sicurezza dell'uso della Pemine durante la gravidanza non è ancora stata stabilita. Numerose gravidanze sono state portate a termine con successo in pazienti con malattia di Wilson, senza effetti sfavorevoli a carico del feto.
Non sono descritti in letteratura effetti su tali capacità.
Manifestazioni cutanee : possono essere localizzate o generalizzate di tipo eritematoso, maculopapulare od orticarioide, con o senza prurito. Tali eruzioni tendono a comparire precocemente nel corso della terapia, generalmente dall'8° al 10° giorno; possono associarsi ad ingrossamento dei linfonodi, congestione delle mucose ed a malessere generale. Tali reazioni possono tuttavia essere superate e la terapia continuata se si sospende la Pemine, si somministra prednisone alla dose di 20 mg al giorno fino alla scomparsa dell'eritema, si attendono altri tre giorni e poi si ricomincia la somministrazione di Pemine alla dose di 250 mg al giorno.
Sono state inoltre osservate secchezza e desquamazione cutanea, che talora possono manifestarsi come rare manifestazioni tardive della terapia, causate da una carenza di vitamina B6.
In alcuni pazienti che avevano ricevuto dosi di Pemine superiori ai 2 g al giorno, sono state osservate tendenze emorragiche cutanee, particolarmente in corrispondenza dei punti di maggiore attrito (ginocchia e gomiti).
Manifestazioni renali : la manifestazione più precoce del danno renale è la comparsa di proteinuria. Al suo esordio è consigliabile sospendere il farmaco per poi somministrarlo in dosi ridotte dopo un certo intervallo di tempo. Proteinuria, associata o no ad edema, si può manifestare nella prima fase del trattamento oppure soltanto dopo mesi od anni.
Manifestazioni ematologiche : non è rara una granulocitopenia nelle prime settimane del trattamento, ma essa generalmente migliora in maniera spontanea anche continuando la somministrazione della Pemine.
L'agranulocitosi sembra essere molto rara nei pazienti affetti da Morbo di Wilson.
Eosinofilia si verifica di frequente anche in assenza di segni evidenti di allergia, ma ciò non implica che il trattamento debba essere sospeso.
Lo stesso dicasi per la trombocitopenia e la trombocitosi che sono normalmente reperti transitori. Talora è stata osservata positività per il fenomeno Lupus eritematoso.
Qualora il numero delle piastrine dovesse scendere a valori inferiori a 210.000/mm³, o quello dei leucociti a valori inferiori a 2.500/mm³, ovvero se il loro numero dovesse subire tre successive diminuzioni, bisogna prendere in considerazione la possibilità di interrompere il trattamento.
Febbre : nei primissimi periodi del trattamento è possibile osservare delle risposte febbrili alla Pemine che cessano rapidamente.
Manifestazioni neurologiche : alterazioni del senso del gusto; la perdita od una diminuzione del senso del gusto costituisce un effetto collaterale ben noto della Pemine. Il gusto del salato o del dolce sono i primi a scomparire. Sospendendo la Pemine si torna alla normalità entro due mesi. Probabilmente, la Pemine esaurisce la riserva del rame disponibile nel corpo tanto da modificare la percezione del gusto.
Altre complicazioni : anemia emolitica, sindrome nefrotica, Lupus erythematosus secondario a farmaci, sindromi simil-miasteniche, polimiosite (raramente con interessamento cardiaco), dermatomiosite, pemfigo, Elastosis perforante serpiginosa, (manifestazione cutanea con interessamento delle fibre elastiche), sindrome di Goodpasture, sindrome di Stevens-Johnson ed artrite reumatoide.
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Misure specifiche non sono note. Il trattamento è sintomatico.
Categoria farmacoterapeutica: Antidoti. Antinfiammatori ed antireumatici
Codice ATC: M01CC01
Effetto chelante. La Pemine è un agente chelante che si combina con i metalli secondo il seguente ordine di stabilità: Hg++, Pb, Ni, Zn, Co++, Fe++, Mn++. La Pemine, aggiunta ai sali di rame, argento, oro, cromo, antimonio e cadmio forma chelati più solubili in pH neutro.
La Pemine esercita inoltre una molteplicità di effetti su alcuni enzimi, sul collageno, sulle proteine sieriche, sulle immunoglobuline, sugli immunocomplessi e sulla funzione linfo-leucocitaria.
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Il picco delle concentrazioni ematiche si raggiunge entro 1-2 ore dalla somministrazione. L'emivita dopo la quarta dose è di otto giorni. La D-Penicillamina non è metabolizzata in vivo in maniera significativa ed è rapidamente eliminata con le urine.
Non disponibili.
Lattosio e magnesio stearato.
Nessuna.
2 anni.
Conservare il medicinale in confezionamento integro.
Questo medicinale non richiede nessuna particolare condizione di conservazione.
Bottiglia di vetro con tappo a vite in plastica contenente 50 capsule rigide.
Per le modalità di impiego vedere paragrafo 4.2.
ELI LILLY ITALIA S.p.A.
Via Gramsci, 731/733
50019 Sesto Fiorentino, Firenze
PEMINE 150 mg capsule rigide: AIC N° 022848016
Prima autorizzazione:
PEMINE 150 mg capsule rigide - Febbraio 1974
Rinnovo autorizzazione:
PEMINE 150 mg capsule rigide - Giugno 2005
Determinazione del 27 febbraio 2009