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PROCORALAN 5 mg
Una compressa rivestita con film contiene 5 mg di ivabradina (equivalenti a 5,390 mg di ivabradina come cloridrato).
Eccipiente: 63,91 mg di lattosio monoidrato.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Compressa rivestita con film.
Compressa rivestita con film, color salmone, oblunga, divisibile su entrambi i lati, con “5” inciso su un lato e sull’altro.
La compressa può essere divisa in due metà uguali.
Trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile in pazienti con normale ritmo sinusale, che abbiano una contro-indicazione o un’intolleranza ai beta-bloccanti.
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Per i differenti dosaggi, sono disponibili compresse rivestite con film, contenenti 5 mg e 7,5 mg di ivabradina.
La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. Dopo 3‑4 settimane di trattamento, la dose può essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno in funzione della risposta terapeutica.
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto, considerando anche la possibile dose di 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg 2 volte al giorno). Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia (vedere paragrafo 4.4).
Le compresse devono essere assunte per via orale 2 volte al giorno, ovvero una la mattina e una la sera, durante i pasti (vedere paragrafo 5.2).
Anziani
Poiché l’ivabradina è stata studiata in un numero limitato di pazienti con età superiore o uguale a 75 anni, in questi pazienti deve essere presa in considerazione una dose iniziale più bassa (2,5 mg due volte al giorno, cioè mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario.
Insufficienza renale
Non è necessario nessun adattamento della dose nei pazienti con insufficienza renale e clearance della creatinina superiore a 15 ml/min (vedere paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina inferiore a 15 ml/min. L’ivabradina deve perciò essere usata con prudenza in questo gruppo di pazienti.
Insufficienza epatica
Non è necessario nessun aggiustamento della dose nei pazienti con lieve insufficienza epatica. E’ necessario usare cautela quando l’ivabradina è prescritta ai pazienti con moderata insufficienza epatica. L’ivabradina è controindicata nei pazienti con grave insufficienza epatica poiché non è stata studiata in questo gruppo di pazienti e si prevede un ampio aumento nella concentrazione sistemica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
Bambini e adolescenti
L’uso di Procoralan non è raccomandato nei bambini e adolescenti a causa della mancanza di dati sulla sicurezza e efficacia.
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti (vedere paragrafo 6.1)
Frequenza cardiaca a riposo inferiore a 60 battiti al minuto, prima del trattamento
Shock cardiogeno
Infarto miocardico acuto
Grave ipotensione (< 90/50 mmHg)
Grave insufficienza epatica
Sindrome del nodo del seno
Blocco seno-atriale
Pazienti affetti da insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA III‑IV, considerata l’assenza di dati
Portatori di pacemaker
Angina instabile
Blocco AV di terzo grado
In associazione con potenti inibitori del citocromo P450 3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os, iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone (vedere paragrafi 4.5 e 5.2)
Gravidanza, allattamento (vedere paragrafo 4.6)
Avvertenze speciali
Aritmie cardiache
L’ivabradina non è efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (ovvero una tachicardia ventricolare o sopraventricolare). L’ivabradina non è pertanto consigliata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale.
Si raccomanda di effettuare regolarmente controlli clinici ai pazienti trattati con ivabradina per verificare l’eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica).Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (ad esempio, nel caso di aggravamento dell’angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari)
Uso in pazienti con blocco AV di secondo grado
L’ivabradina non è consigliata in pazienti con blocco AV di secondo grado.
Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca
L’ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 60 battiti al minuto (vedere paragrafo 4.3).
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia (vedere paragrafo 4.2).
Combinazione con altre terapie antianginose
Non è consigliato l’uso combinato dell’ivabradina con calcioantagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamile o il diltiazem (vedere paragrafo 4.5). Non è emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione dell’ivabradina con nitrati e con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico come l’amlodipina. Non è stata dimostrata un’efficacia aggiuntiva dell’ivabradina in associazione con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico (vedere paragrafo 5.1).
Insufficienza cardiaca cronica
L’insufficienza cardiaca deve essere controllata in modo appropriato prima di considerare il trattamento con ivabradina. Considerata l’assenza di dati di efficacia clinica e di sicurezza, l’uso dell’ivabradina è contro-indicato in pazienti affetti da insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA III‑IV, (vedere paragrafo 4.3). E’ necessario prestare attenzione nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica, così come nei pazienti con insufficienza cardiaca con classificazione funzionale NYHA II, considerato il numero limitato di pazienti studiati.
Ictus
L’uso dell’ivabradina non è consigliato subito dopo un ictus poiché non vi sono dati disponibili.
Funzione visiva
L’ivabradina influenza la funzione retinica (vedere paragrafo 5.1). Ad oggi, non vi è evidenza di un effetto tossico dell’ivabradina sulla retina, tuttavia al momento non si conoscono gli effetti sulla funzione retinica di un trattamento a lungo termine di durata superiore ad un anno. Deve essere valutata l’interruzione del trattamento nel caso intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E’ necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa.
Precauzioni di impiego
Pazienti con ipotensione
Sono disponibili dati limitati nei pazienti con ipotensione da lieve a moderata, e pertanto l’ivabradina deve essere usata con cautela in questi pazienti. L’ivabradina è contro-indicata in pazienti con ipotensione severa (pressione sanguigna < 90/50 mmHg) (vedere paragrafo 4.3).
Fibrillazione atriale – Aritmie cardiache
Non vi è evidenza di rischio di (eccessiva) bradicardia al ritorno al ritmo sinusale quando viene intrapresa una cardioversione farmacologica in pazienti in trattamento con ivabradina. Comunque, in assenza di dati esaurienti, una cardioversione elettrica (DC) non urgente dovrebbe essere presa in considerazione 24 ore dopo l’ultima assunzione di ivabradina.
Uso in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con farmaci che prolungano il QT
L’uso dell’ivabradina in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con farmaci che prolungano il QT deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco.
Uso in pazienti con moderata insufficienza epatica
E’ necessario usare cautela quando l’ivabradina è utilizzata in pazienti con moderata insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).
Uso in pazienti con grave insufficienza renale
E’ necessario prestare attenzione quando l’ivabradina è prescritta a pazienti con grave insufficienza renale (clearance della creatinina < 15 ml/min) (vedere paragrafo 4.2)
Eccipienti
Poiché le compresse contengono lattosio, i pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, carenza di Lapp lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo farmaco.
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Interazioni farmacodinamiche
Associazioni non raccomandate
Farmaci che prolungano il QT
Farmaci cardiovascolari che prolungano il QT (es. chinidina, disopiramide, bepridil, sotalolo, ibutilide, amiodarone)
Farmaci non cardiovascolari che prolungano il QT (es., pimozide, ziprasidone, sertindolo, meflochina, alofantrina, pentamidina, cisapride, eritromicina IV)
L’uso concomitante di farmaci cardiovascolari e non cardiovascolari che prolungano il tratto QT con ivabradina deve essere evitato in quanto l’allungamento dell’intervallo QT può venir esacerbato dalla riduzione della frequenza cardiaca. Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco (vedere paragrafo 4.4).
Interazioni farmacocinetiche
Citocromo P450 3A4 (CYP3A4)
L’ivabradina è metabolizzata solamente dal CYP3A4 ed è un inibitore molto debole di questo citocromo. E’ stato dimostrato che l’ivabradina non influenza il metabolismo e le concentrazioni plasmatiche di altri substrati del CYP3A4 (inibitori deboli, moderati e potenti). Gli inibitori e gli induttori del CYP3A4 possono interagire con l’ivabradina e influenzarne il metabolismo e la farmacocinetica ad un livello clinicamente significativo. Studi di interazione tra farmaci hanno stabilito che gli inibitori del CYP3A4 aumentano le concentrazioni plasmatiche dell’ivabradina, mentre gli induttori le diminuiscono. Un aumento della concentrazione plasmatica di ivabradina può essere associato ad un rischio di eccessiva bradicardia (vedere paragrafo 4.4).
Controindicazioni all’uso in associazione
L’uso concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os, iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone è controindicato (vedere paragrafo 4.3). I potenti inibitori del CYP3A4 ketoconazolo (200 mg una volta al giorno) e iosamicina (1 g una volta al giorno) aumentano la concentrazione plasmatica media dell’ivabradina di 7‑8 volte.
Uso in associazione non consigliato
Moderati inibitori del CYP3A4: studi di interazioni specifiche in volontari sani e in pazienti hanno mostrato che l’associazione di ivabradina con farmaci che riducono la frequenza cardiaca come diltiazem o verapamile porta ad un aumento della concentrazione di ivabradina (aumento dell’area sotto la curva (AUC) di 2‑3 volte) e una diminuzione aggiuntiva della frequenza cardiaca di 5 bpm. L’uso concomitante di ivabradina con questi farmaci non è consigliato (vedere paragrafo 4.4).
Precauzione nell’uso in associazione
Moderati inibitori del CYP3A4: l’uso di ivabradina in associazione con altri moderati inibitori del CYP3A4 (es. fluconazolo) può essere preso in considerazione alla dose iniziale di 2,5 mg due volte al giorno e se la frequenza cardiaca a riposo è superiore a 60 bpm, controllando la frequenza cardiaca.
Succo di pompelmo: la concentrazione di ivabradina viene raddoppiata in seguito alla co-somministrazione di succo di pompelmo. Perciò l’assunzione di succo di pompelmo deve essere limitata durante il trattamento con ivabradina.
Induttori del CYP3A4: gli induttori del CYP3A4 (es. rifampicina, barbiturici, fenitoina, Hypericum perforatum [erba di San Giovanni]) possono diminuire la concentrazione di ivabradina e la sua attività. L’uso concomitante di farmaci induttori del CYP3A4 può richiedere un aggiustamento della dose dell’ivabradina. E’ stato dimostrato che l’uso combinato di ivabradina 10 mg due volte al giorno con l’erba di San Giovanni provoca una riduzione del 50% dell’AUC della ivabradina. L’assunzione dell’erba di San Giovanni deve essere limitata durante il trattamento con ivabradina.
Altri usi in associazione
Studi specifici di interazione tra farmaci non hanno mostrato effetti clinicamente significativi sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica dell’ivabradina per i seguenti farmaci: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo), sildenafil, inibitori della HMG CoA reduttasi (simvastatina), calcioantagonisti diidropiridinici (amlopidina, lacipidina), digossina e warfarin. Inoltre, non vi sono stati effetti clinicamente significativi dell’ivabradina sulla farmacocinetica di simvastatina, amlodipina, lacidipina, sulla farmacocinetica e farmacodinamica di digossina, warfarin e sulla farmacodinamica di aspirina.
Durante studi clinici pivotal di fase III i seguenti farmaci potevano essere prescritti e pertanto sono stati routinariamente associati con l’ivabradina senza nessuna evidenza in termini di sicurezza: inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, antagonisti dell’angiotensina II, diuretici, nitrati a breve e lunga durata, inibitori della HMG CoA reduttasi, fibrati, inibitori della pompa protonica, antidiabetici orali, aspirina e altri agenti antiaggreganti.
Non vi sono dati adeguati riguardo l’uso dell’ivabradina in donne in gravidanza. Studi sulla riproduzione animale hanno mostrato effetti embriotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto. Pertanto, l’ivabradina è controindicata durante la gravidanza.
Gli studi su animali indicano che l’ivabradina è escreta nel latte. Pertanto, l’ivabradina è controindicata durante l’allattamento.
E’ stato condotto uno studio specifico su volontari sani per valutare la possibile influenza dell’ivabradina sulle prestazioni alla guida e non è stato evidenziato nessun cambiamento di tali performance. L’ivabradina non influisce sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Comunque, l’ivabradina può causare fenomeni luminosi transitori che consistono soprattutto in fosfeni (vedere paragrafo 4.8). Il possibile verificarsi di questi fenomeni luminosi deve essere preso in considerazione quando si guida o si usano macchinari in situazioni in cui possano verificarsi improvvise variazioni dell’intensità della luce, specialmente durante la guida notturna.
Procoralan è stato studiato in sperimentazioni cliniche che hanno coinvolto quasi 5.000 persone. Circa 2.900 pazienti sono stati trattati con l’ivabradina in studi di fase II‑III.
Gli effetti indesiderati più comuni osservati con l’ivabradina sono dose-dipendenti e sono correlati con l’effetto farmacologico della specialità medicinale.
I seguenti effetti o eventi avversi sono stati osservati durante gli studi clinici e sono elencati utilizzando la seguente frequenza: molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1000); molto raro (< 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili):
Esami diagnostici:
Non comune
Iperuricemia
Eosinofilia
Elevata creatininemia
Patologie cardiache:
Comune
Bradicardia: 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2‑3 mesi dall’inizio del trattamento. Lo 0,5% dei pazienti ha avuto una grave bradicardia con frequenza cardiaca inferiore o uguale a 40 bpm
Blocco AV di 1° grado (prolungamento dell’intervallo PQ all’ECG)
Extrasistoli ventricolari
Non comune
Palpitazioni, extrasistoli sopraventricolari
I seguenti eventi riportati durante gli studi clinici presentavano un’incidenza simile a quella riscontrata nei prodotti di riferimento e/o forse risultavano correlati con la patologia di base: aritmia sinusale, angina instabile, peggioramento dell’angina pectoris, fibrillazione atriale, ischemia miocardica, infarto del miocardio e tachicardia ventricolare.
Patologie dell’occhio:
Molto comune
Fenomeni luminosi (fosfeni): riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell’intensità della luce. La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiché possono verificarsi ripetutamente.
I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensità. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza dei quali (77,5%) si è risolta durante il trattamento. Meno dell’1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni.
Comune
Visione sfocata
Patologie gastrointestinali:
Non comune
Nausea
Costipazione
Diarrea
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione:
Comune
Cefalea, generalmente durante il primo mese di trattamento.
Capogiro, forse in relazione alla bradicardia.
Non comune
Vertigini
Dispnea
Crampi muscolari
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Il sovradosaggio può condurre ad una grave e prolungata bradicardia (vedere paragrafo 4.8).
La grave bradicardia deve essere trattata sintomaticamente in ambiente specialistico. Nel caso di bradicardia con poca tolleranza emodinamica, può essere preso in considerazione un trattamento sintomatico incluso l’uso endovenoso di agenti beta-agonisti come l’isoprenalina. Se necessario può essere istituita una elettrostimolazione cardiaca temporanea.
Categoria farmacoterapeutica: altri preparati cardiaci, codice ATC: C01EB17
L’ivabradina è un farmaco che riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso una inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca I f, che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo del seno senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare.
L’ivabradina può interagire anche con la corrente I h presente nella retina e che ha caratteristiche molto vicine a quella della corrente cardiaca I f. Questa corrente interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di I h da parte dell’ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti. I fenomeni luminosi (fosfeni) sono descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo (vedere paragrafo 4.8).
La principale proprietà farmacodinamica dell’ivabradina nell’uomo è una specifica riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca. L’analisi della riduzione della frequenza cardiaca con dosi fino a 20 mg due volte al giorno, indica che vi è la tendenza a raggiungere un plateau, il che è in accordo con il rischio ridotto di avere gravi bradicardie con una frequenza inferiore a 40 bpm (vedere paragrafo 4.8).
Alle dosi normalmente raccomandate, la riduzione della frequenza cardiaca è di circa 10 bpm a riposo e durante esercizio. Questo porta ad una riduzione del carico di lavoro cardiaco e del consumo di ossigeno da parte del miocardio. L’ivabradina non influenza la conduzione intracardiaca, la contrattilità (assenza di effetto inotropo negativo) o la ripolarizzazione ventricolare:
negli studi clinici elettrofisiologici, l’ivabradina non ha avuto effetto sui tempi di conduzione atrioventricolare o intraventricolare o sull’intervallo QT corretto;
in pazienti con disfunzione del ventricolo sinistro (frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) tra 30 e 45%), l’ivabradina non ha avuto nessun effetto negativo sulla frazione di eiezione.
L’efficacia antianginosa e anti-ischemica di Procoralan è stata valutata in 4 studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (due contro placebo, e gli altri rispettivamente verso atenololo e amlodipina). Questi studi hanno incluso un totale di 3.222 pazienti con angina pectoris cronica stabile, di cui 2.168 trattati con ivabradina.
L’ivabradina 5 mg due volte al giorno è risultata essere efficace sui parametri del test ergometrico entro 3‑4 settimane di trattamento. L’efficacia è stata confermata con la dose di 7,5 mg due volte al giorno. In particolare, il beneficio addizionale rispetto alla dose di 5 mg due volte al giorno è stato stabilito in uno studio controllato di confronto verso atenololo: la durata totale dell’esercizio valutata al valore minimo di efficacia era aumentata di circa 1 minuto dopo un mese di trattamento con 5 mg due volte al giorno e migliorava ulteriormente di quasi 25 secondi dopo un successivo periodo di 3 mesi di titolazione forzata a 7,5 mg due volte al giorno. In questo studio, i benefici antianginosi e anti-ischemici dell’ivabradina sono stati confermati in pazienti con età ≥ 65 anni. L’efficacia di 5 e 7,5 mg due volte al giorno sui parametri del test ergometrico è risultata essere coerente in tutti gli studi (durata totale dell’esercizio, tempo all’interruzione della prova da sforzo da dolore anginoso, tempo di comparsa del dolore anginoso e tempo di comparsa dello slivellamento di 1 mm del tratto ST) ed è stata associata con una diminuzione di circa il 70% nella frequenza degli attacchi anginosi. Lo schema di somministrazione di due volte al giorno ha dato un’efficacia uniforme per le 24 ore.
In uno studio randomizzato controllato vs placebo condotto su 725 pazienti, l’ivabradina non ha mostrato un’efficacia additiva in aggiunta all’amlodipina al valore minimo dell’attività del farmaco (12 ore dopo l’assunzione orale) mentre un’efficacia additiva è stata dimostrata al picco (3‑4 ore dopo l’assunzione orale).
L’efficacia dell’ivabradina si è totalmente mantenuta durante i periodi di trattamento di 3 o 4 mesi, nel corso degli studi clinici di efficacia. Non c’è stata evidenza di sviluppo di tolleranza farmacologica (perdita di efficacia) durante il trattamento, né di fenomeni di rebound dopo la brusca interruzione del trattamento. Gli effetti antianginosi e anti-ischemici dell’ivabradina erano associati con la riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca e con una significativa riduzione del doppio prodotto (frequenza cardiaca x pressione arteriosa sistolica) a riposo e durante l’esercizio. Gli effetti sulla pressione arteriosa e sulla resistenza vascolare periferica erano minori e clinicamente non significativi.
Una riduzione prolungata della frequenza cardiaca è stata dimostrata in pazienti trattati con ivabradina per almeno un anno (n = 713). Non è stata osservata alcuna influenza sul metabolismo lipidico o glucidico.
L’efficacia antianginosa e anti-ischemica dell’ivabradina si mantiene anche nei pazienti diabetici (n = 457) con un profilo di sicurezza simile a quello osservato nella popolazione generale.
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In condizioni fisiologiche, l’ivabradina viene rapidamente rilasciata dalle compresse ed è altamente solubile in acqua (> 10 mg/ml). L’ivabradina è l’enantiomero S e nessuna bioconversione è stata dimostrata in vivo. Il derivato N-demetilato dell’ivabradina è stato identificato come il principale metabolita attivo nell’uomo.
Assorbimento e biodisponibilità
L’ivabradina è rapidamente e quasi completamente assorbita dopo somministrazione orale con un picco plasmatico raggiunto in circa un’ora, in condizioni di digiuno. La biodisponibilità assoluta delle compresse rivestite con film è di circa il 40%, a causa dell’effetto di primo passaggio nell’intestino e nel fegato.
Il cibo ritarda l’assorbimento di circa un’ora e ne aumenta la presenza nel plasma dal 20 al 30%. L’assunzione della compressa è consigliata durante i pasti per diminuire la variabilità di concentrazione intra-individuale (vedere paragrafo 4.2).
Distribuzione
L’ivabradina si lega alle proteine plasmatiche per circa il 70% e, nei pazienti, il volume di distribuzione allo stato stazionario è vicino a 100 l. La concentrazione plasmatica massima in seguito a somministrazione cronica alla dose consigliata di 5 mg due volte al giorno è di 22 ng/ml (CV=29%). La concentrazione plasmatica media allo stato stazionario è 10 ng/ml (CV=38%).
Biotrasformazione
L’ivabradina è estensivamente metabolizzata dal fegato e dall’intestino da ossidazioni catalizzate solo dal citocromo P450 3A4 (CYP3A4). Il principale metabolita attivo è il derivato N-demetilato (S18982), con una concentrazione di circa il 40% di quella della molecola madre. Anche il metabolismo di questo metabolita attivo coinvolge il CYP3A4. L’ivabradina ha una bassa affinità per il CYP3A4, non mostra induzione o inibizione clinicamente rilevante del CYP3A4 ed è perciò improbabile che modifichi il metabolismo o le concentrazioni plasmatiche di substrati del CYP3A4. Al contrario, potenti inibitori ed induttori possono modificare sostanzialmente le concentrazioni plasmatiche dell’ivabradina (vedere paragrafo 4.5).
Eliminazione
L’ivabradina viene eliminata con un’emivita principale di 2 ore (70‑75% dell’AUC) nel plasma e con un’emivita effettiva di 11 ore. La clearance totale è circa 400 ml/min e la clearance renale è circa 70 ml/min. L’escrezione dei metaboliti avviene in parti uguali con le feci e le urine. Circa il 4% di una dose orale è escreto immodificato nelle urine.
Linearità/Non Linearità
Le cinetiche dell’ivabradina sono lineari nel range di dosi orali compreso tra 0,5‑24 mg.
Popolazioni particolari
Anziani: non sono state osservate differenze farmacocinetiche (AUC e Cmax) tra i pazienti anziani (≥ 65 anni) o molto anziani (≥ 75 anni) e la popolazione generale (vedere paragrafo 4.2).
Insufficienza renale: l’impatto della compromissione renale (clearance della creatinina da 15 a 60 ml/min) sulla farmacocinetica dell’ivabradina è minimo, in accordo con il modesto contributo fornito dalla clearance renale (circa il 20%) all’escrezione totale dell’ivabradina e del suo principale metabolita S18982 (vedere paragrafo 4.2).
Insufficienza epatica: in pazienti con lieve insufficienza epatica (punteggio Child Pugh fino a 7), l’AUC dell’ivabradina libera e del suo principale metabolita attivo è più alta di circa il 20% rispetto ai soggetti con una normale funzione epatica. I dati sono insufficienti per trarre conclusioni in pazienti con moderata insufficienza epatica. Non vi sono dati disponibili in pazienti con grave insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2 e 4.3).
Relazione farmacocinetica/farmacodinamica (PK/PD)
L’analisi della relazione PK/PD ha mostrato che la frequenza cardiaca diminuisce praticamente in modo lineare all’aumentare delle concentrazioni plasmatiche di ivabradina e S18982 per dosi fino a 15‑20 mg due volte al giorno. A dosi più alte, la diminuzione della frequenza cardiaca non è più proporzionale alle concentrazioni plasmatiche di ivabradina e tende a raggiungere un plateau. Alte concentrazioni di ivabradina, che possono aversi quando l’ivabradina è somministrata insieme a potenti inibitori del CYP3A4, possono risultare in un’eccessiva diminuzione della frequenza cardiaca sebbene questo rischio sia ridotto con moderati inibitori del CYP3A4 (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 4.5).
Studi di tossicità riproduttiva hanno mostrato che l’ivabradina non ha nessun effetto sulla fertilità di ratti maschi e femmine. Quando animali gravidi sono stati trattati durante l’organogenesi con dosaggi vicini a quelli terapeutici, si è osservata una più alta incidenza di feti con difetti cardiaci nei ratti e un piccolo numero di feti con ectrodattilia nei conigli.
In cani trattati con ivabradina (dosi di 2, 7 o 24 mg/kg/die) per un anno, sono state osservate variazioni reversibili della funzione retinica, che però non erano associate a danni alle strutture oculari. Questi dati sono coerenti con gli effetti farmacologici dell’ivabradina e sono da attribuire alla sua interazione con la corrente I h attivata in iperpolarizzazione, presente nella retina, e che condivide una ampia omologia con la corrente pacemaker cardiaca I f.
Altri studi a dosi ripetute a lungo termine e studi di cancerogenesi non hanno evidenziato alcun cambiamento di rilevanza clinica.
Nucleo
Lattosio monoidrato
Magnesio stearato (E470B)
Amido di mais
Maltodestrina
Silice colloidale anidra (E551)
Film di rivestimento
Ipromellosa (E464)
Titanio diossido (E171)
Macrogol 6000
Glicerolo (E422)
Magnesio stearato (E470B)
Ossido di ferro giallo (E172)
Ossido di ferro rosso (E172)
Non pertinente.
3 anni
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
Blister Alluminio/PVC contenuto in scatole di cartone.
Confezioni
Confezioni con calendario contenenti 14, 28, 56, 84, 98, 100 o 112 compresse rivestite con film.
E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Nessuna istruzione particolare.
Les Laboratoires Servier
22 rue Garnier
92200 Neuilly‑sur‑Seine
Francia
EU/1/05/316/001 AIC N. 037061013
EU/1/05/316/002 AIC N. 037061025
EU/1/05/316/003 AIC N. 037061037
EU/1/05/316/004 AIC N. 037061049
EU/1/05/316/005 AIC N. 037061052
EU/1/05/316/006 AIC N. 037061064
EU/1/05/316/007 AIC N. 037061076
25/10/2005
05/05/2009