Pubblicità
RETROVIR 300 mg - Compresse
Ogni compressa contiene 300 mg di zidovudina.
Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1.
Compresse rivestite con film.
Compresse bianche, rotonde, biconvesse, rivestite con film, con nucleo bianco/beige, con linea di frattura e marcate “WELLCOME X4F”
La linea di frattura è solo per facilitare la rottura per migliorare la deglutizione e non per dividere in dosi uguali.
Le formulazioni orali di Retrovir sono indicate nella terapia antiretrovirale di associazione per il trattamento di adulti e bambini con infezione da Virus dell’Immunodeficienza Umana (HIV).
La chemioprofilassi con Retrovir è indicata per l’uso in donne HIV-positive in gravidanza (oltre le 14 settimane di gestazione) per la prevenzione della trasmissione materno-fetale dell’HIV e per la profilassi primaria dell’infezione da HIV nei neonati.
Pubblicità
Retrovir deve essere prescritto da un medico esperto nel trattamento dell’infezione da HIV.
Posologia negli adulti
La dose comunemente raccomandata di Retrovir in associazione con altri farmaci antiretrovirali è 500 o 600 mg al giorno in due o tre dosi divise.
Posologia nei bambini
3 mesi - 12 anni: la dose raccomandata di Retrovir è 360-480 mg/m²/die, in tre o quattro dosi divise in associazione con altri farmaci antiretrovirali. La dose massima non deve superare 200 mg ogni 6 ore.
Inferiore ai 3 mesi: limitati dati disponibili sono insufficienti per proporre specifiche raccomandazioni posologiche (vedere di seguito “Prevenzione della trasmissione materno-fetale” e paragrafo 5.2).
Posologia nella prevenzione della trasmissione materno-fetale
Le donne in gravidanza (oltre le 14 settimane di gestazione) devono ricevere 500 mg/die mediante somministrazione orale (100 mg 5 volte al giorno) sino all’inizio del travaglio. Durante il travaglio ed il parto Retrovir deve essere somministrato per via endovenosa alla dose di 2 mg/kg di peso corporeo per 1 ora, seguito da una infusione endovenosa continua alla dose di 1 mg/kg/ora sino al clampaggio del cordone ombelicale. Ai neonati devono essere somministrati 2 mg/kg di peso corporeo per via orale ogni 6 ore, iniziando entro 12 ore dalla nascita e continuando sino a 6 settimane di età (ad esempio un neonato di 3 kg dovrebbe richiedere 0,6 ml di soluzione orale ogni 6 ore). Ai neonati non in grado di ricevere il trattamento per via orale deve essere somministrato Retrovir per via endovenosa al dosaggio di 1,5 mg/kg di peso corporeo, per infusione di 30 minuti ogni 6 ore.
Nel caso si preveda un parto cesareo, l’infusione deve essere iniziata 4 ore prima dell’intervento.
Nell’eventualità di un falso travaglio, l’infusione di Retrovir deve essere interrotta e deve essere ripresa la somministrazione per via orale.
Modificazioni della posologia in pazienti con reazioni avverse ematologiche
La sostituzione della zidovudina deve essere presa in considerazione nei pazienti nei quali il livello di emoglobina o la conta dei neutrofili scendono a livelli clinicamente significativi. Si devono escludere altre potenziali cause di anemia o neutropenia. Una riduzione della posologia o l’interruzione della terapia con Retrovir deve essere presa in considerazione in assenza di trattamenti alternativi. (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
Posologia negli anziani
La farmacocinetica della zidovudina non è stata studiata nei pazienti di età superiore a 65 anni e non sono disponibili dati specifici al riguardo. Tuttavia poiché si consiglia particolare attenzione in questo gruppo di età a causa delle modificazioni associate all’età stessa, quali la diminuzione della funzionalità renale e le alterazioni dei parametri ematologici, è consigliato un adeguato monitoraggio dei pazienti prima e durante la somministrazione di Retrovir.
Posologia nei soggetti con compromissione renale
In confronto a soggetti sani con normale funzionalità renale, nei pazienti con grave alterazione della funzionalità renale l’eliminazione apparente della zidovudina assunta per via orale è circa del 50%. Conseguentemente si consiglia una riduzione del dosaggio fino a 300-400 mg al giorno nei pazienti con grave alterazione della funzionalità renale con clearance della creatinina < 10 ml/min. I parametri ematologici e la risposta clinica possono influenzare la necessità di successivi aggiustamenti della posologia.
L’emodialisi e la dialisi peritoneale non hanno un effetto significativo sull’eliminazione della zidovudina mentre l’eliminazione del metabolita glucuronide inattivo risulta aumentata. Per i pazienti con malattia renale all’ultimo stadio sottoposti a emodialisi o dialisi peritoneale la dose raccomandata è di 100 mg ogni 6-8 ore (300 mg - 400 mg al giorno).
Posologia nei soggetti con compromissione epatica
I dati nei pazienti con cirrosi suggeriscono che l’accumulo di zidovudina può verificarsi in pazienti con funzione epatica compromessa a causa della ridotta glucuronidazione. Riduzioni della posologia possono rendersi necessarie, ma a causa dell’ampia variabilità nelle esposizioni a zidovudina nei pazienti con malattia epatica da moderata a grave, non si possono fornire precise raccomandazioni al riguardo. Se non è possibile effettuare un controllo dei livelli plasmatici della zidovudina, sarà necessario, da parte dei medici, valutare segni di intolleranza come lo sviluppo di reazioni ematologiche avverse (anemia, leucopenia, neutropenia) e ridurre la dose e/o aumentare l’intervallo tra le somministrazioni in modo appropriato (vedere paragrafo 4.4).
Le formulazioni orali di Retrovir sono controindicate nei pazienti con ipersensibilità nota alla zidovudina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Le formulazioni orali di Retrovir non devono essere somministrate a pazienti con marcata neutropenia (meno di 0,75 x 109/l) oppure con livelli molto bassi di emoglobina (meno di 7,5 g/dl o 4,65 mmol/l).
Retrovir è controindicato nei neonati con iperbilirubinemia che necessitino di trattamento diverso dalla fototerapia, o con incremento dei livelli di transaminasi superiore a cinque volte il limite superiore della norma.
Retrovir non guarisce l’infezione da HIV o l’AIDS. I pazienti trattati con Retrovir o con qualsiasi altra terapia antiretrovirale possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche e altre complicanze associate all’infezione da HIV.
L’uso concomitante di rifampicina o stavudina con zidovudina, deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5).
Reazioni avverse ematologiche
In pazienti trattati con Retrovir possono verificarsi anemia (generalmente non osservata prima di 6 settimane di terapia con Retrovir ma occasionalmente può comparire più precocemente), neutropenia (generalmente non osservata prima di 4 settimane di terapia ma talora può comparire più precocemente) e leucopenia (in genere secondaria alla neutropenia); queste reazioni si sono verificate più frequentemente ai dosaggi più elevati (1200-1500 mg/die) e nei pazienti con scarsa riserva di tessuto midollare prima del trattamento, in particolar modo in quelli con malattia da HIV in fase avanzata (vedere paragrafo 4.8).
Si devono attentamente monitorare i parametri ematologici. Per pazienti con malattia da HIV sintomatica in fase avanzata si raccomanda generalmente di effettuare controlli ematologici almeno ogni due settimane per i primi tre mesi di terapia ed almeno mensilmente in seguito. A seconda delle condizioni globali del paziente, gli esami ematologici possono essere eseguiti meno frequentemente, ad esempio ogni 1-3 mesi. Se i livelli di emoglobina scendono a valori compresi fra 7,5 g/dl (4,65 mmol/l) e 9 g/dl (5,59 mmol/l) o la conta dei neutrofili scende a valori compresi fra 0,75 x 109/l e 1 x 109/l, la dose giornaliera può essere ridotta fino a quando non si evidenzi un recupero midollare; in alternativa il recupero può essere incrementato da una breve interruzione (2-4 settimane) della terapia con Retrovir. Il recupero midollare di solito si osserva entro 2 settimane dopo le quali può essere ripresa la terapia con Retrovir ma a dosi ridotte. In pazienti con anemia significativa, le modifiche posologiche non eliminano necessariamente il ricorso a trasfusioni (vedere paragrafo 4.3).
Acidosi lattica Con l’uso di analoghi nucleosidici è stata riportata acidosi lattica di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattacidemia sintomatica) includono sintomi non gravi a carico dell’apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita di appetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o neurologici (compresa debolezza motoria). L’acidosi lattica presenta un’alta mortalità e può essere associata a pancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale. L’acidosi lattica è stata in genere osservata sia dopo i primi mesi di trattamento sia dopo molti mesi. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattacidemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotransferasi. Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di malattia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool). I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono essere ad alto rischio. I pazienti con aumentato rischio devono essere attentamente seguiti. |
Tossicità mitocondriale
È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vitro che in vivo causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono alterazioni ematologiche (anemia, neutropenia), alterazioni metaboliche (iperlattatemia e iperlipasemia). Questi eventi sono spesso transitori. Sono state riportate alterazioni neurologiche a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). Al momento non è noto se le alterazioni neurologiche siano transitorie o permanenti. Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIV-negativi, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali raccomandazioni di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV.
Lipodistrofia
La terapia antiretrovirale combinata è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) nei pazienti con infezione da HIV. Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono al momento sconosciute. La conoscenza del meccanismo è incompleta. È stata ipotizzata una connessione tra la lipomatosi viscerale e gli inibitori della proteasi e la lipoatrofia e gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa. Un rischio maggiore di lipodistrofia è stato associato a fattori individuali come l’età avanzata e a fattori correlati al farmaco come una maggior durata del trattamento antiretrovirale e disturbi metabolici associati. L’esame clinico deve includere la valutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Deve esser presa in considerazione la valutazione dei livelli dei lipidi sierici e del glucosio ematico a digiuno. I disordini del metabolismo lipidico devono essere gestiti secondo un’adeguata pratica clinica (vedere paragrafo 4.8).
Malattia epatica
La clearance della zidovudina nei pazienti con compromissione epatica lieve senza cirrosi [Child-Pugh scores di 5-6] è simile a quella osservata nei volontari sani pertanto, non viene richiesto alcun aggiustamento della posologia di Retrovir. Nei pazienti con malattia epatica da moderata a grave [Child-Pugh scores di 7-15] non possono essere formulate specifiche raccomandazioni sul dosaggio a causa dell’ampia variabilità osservata nelle esposizioni alla zidovudina, pertanto, l’impiego di zidovudina in questo gruppo di pazienti non è raccomandato.
I pazienti con epatite cronica B o C e trattati con una terapia di combinazione antiretrovirale sono considerati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante contro l’epatite B o C si faccia riferimento alle relative informazioni di tali medicinali.
I pazienti con disfunzione epatica pre-esistente, comprendente l’epatite cronica attiva, presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalità epatica durante la terapia antiretrovirale di combinazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualora si evidenzi un peggioramento della malattia epatica in tali pazienti, si deve prendere in considerazione l’interruzione o la definitiva sospensione del trattamento (vedere paragrafo 4.2).
Sindrome da riattivazione immunitaria
In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche serie, o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Esempi rilevanti di ciò sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis carinii. Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e, se necessario, deve essere instaurato un trattamento.
I pazienti devono essere avvertiti sull’uso concomitante di farmaci auto-prescritti (vedere paragrafo 4.5).
I pazienti devono essere avvertiti che la terapia con Retrovir non si é dimostrata in grado di impedire la trasmissione dell’HIV ad altri, tramite contatti sessuali o per contaminazione con il sangue.
Impiego nell’anziano ed in pazienti con danno renale od epatico
Vedere paragrafo 4.2.
Osteonecrosi
Sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcol, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Ai pazienti deve essere raccomandato di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento.
Links sponsorizzati
Dati limitati suggeriscono che la somministrazione concomitante di zidovudina con rifampicina riduce l’AUC (area sotto la curva della concentrazione plasmatica) della zidovudina del 48% ± 34%. Questo può comportare una perdita parziale o totale di efficacia della zidovudina. L’uso concomitante di rifampicina con zidovudina deve essere evitato (vedere paragrafo 4.4).
La zidovudina in combinazione con la stavudina è antagonista in vitro. L’uso concomitante della stavudina con la zidovudina deve essere evitato (vedere paragrafo 4.4).
Il probenecid aumenta l’AUC della zidovudina del 106% (intervallo da 100 a 170%). I pazienti che ricevono entrambi i farmaci devono essere strettamente controllati per la tossicità ematologica.
Un lieve incremento nella Cmax (28%) è stato osservato per la zidovudina se somministrata in associazione con la lamivudina, tuttavia l’esposizione globale (AUC) non era significativamente alterata. La zidovudina non ha effetto sulla cinetica della lamivudina.
È stato segnalato che i livelli ematici di fenitoina sono bassi in alcuni pazienti in terapia con Retrovir, mentre in un paziente si é osservato un incremento degli stessi. Tali osservazioni suggeriscono che i livelli di fenitoina devono essere attentamente controllati in pazienti che ricevono entrambi i farmaci.
In uno studio di farmacocinetica la somministrazione concomitante di zidovudina e atovaquone ha mostrato una diminuzione della clearance della zidovudina dopo somministrazione orale con un aumento del 35% ± 23% della AUC della zidovudina plasmatica. La modalità di interazione non è nota e poiché concentrazioni maggiori di atovaquone possono essere raggiunte con la sospensione di atovaquone è possibile che cambiamenti maggiori nei valori di AUC per la zidovudina possano essere indotti qualora atovaquone venga somministrato come sospensione. Considerati i dati limitati disponibili, il significato clinico non è conosciuto.
L’acido valproico, il fluconazolo o il metadone, quando somministrati con la zidovudina hanno mostrato di aumentare la AUC con una riduzione corrispondente della clearance della zidovudina. Poiché sono disponibili solo dati limitati, non è chiaro il significato clinico di queste evidenze ma se la zidovudina viene usata in concomitanza con l’acido valproico, con il fluconazolo o con il metadone, i pazienti devono essere strettamente controllati per una potenziale tossicità della zidovudina.
La terapia concomitante, specialmente la terapia acuta, con farmaci potenzialmente nefrotossici o mielosoppressivi (es. pentamidina sistemica, dapsone, pirimetamina, cotrimossazolo, amfotericina, flucitosina, ganciclovir, interferone, vincristina, vinblastina e doxorubicina) può anche incrementare il rischio di reazioni avverse alla zidovudina. Ove la terapia concomitante con uno qualsiasi di questi farmaci si renda necessaria, ulteriore cautela andrà posta nel monitoraggio della funzionalità renale e dei parametri ematologici e, se richiesto, il dosaggio di uno o più farmaci deve essere ridotto.
Dati limitati, relativi a studi clinici, non indicano un aumento significativo del rischio di reazioni avverse alla zidovudina con cotrimossazolo, pentamidina in aerosol, pirimetamina e aciclovir ai dosaggi impiegati nella profilassi.
Le compresse di claritromicina riducono l’assorbimento della zidovudina. Ciò può essere evitato distanziando la somministrazione della zidovudina e della claritromicina di almeno due ore.
Gravidanza: l’uso di Retrovir nelle donne in gravidanza oltre le 14 settimane di gestazione, con il successivo trattamento dei loro neonati, ha mostrato di ridurre in modo significativo il tasso di trasmissione materno fetale dell’HIV, in base a colture virali effettuate nei neonati.
I risultati dello studio principale statunitense, controllato verso placebo, indicavano che Retrovir riduceva la trasmissione materno-fetale di circa il 70%. In tale studio, le donne gravide avevano una conta di CD4+ compresa tra 200 e 1818/mm³ (mediana nel gruppo trattato di 560/mm³) ed iniziavano la terapia tra la 14^ e la 34^ settimana di gestazione e non presentavano indicazioni cliniche per la terapia con Retrovir; i loro neonati ricevevano Retrovir sino a 6 settimane di età.
La decisione di ridurre il rischio di trasmissione materno-fetale dell’HIV deve essere basata sul bilanciamento dei benefici potenziali e del potenziale rischio. Le donne in gravidanza che considerino l’eventualità dell’uso di Retrovir durante la gravidanza, per la prevenzione della trasmissione dell’HIV ai loro neonati, devono essere avvisate che la trasmissione può ancora verificarsi, in taluni casi, nonostante la terapia.
L’efficacia della zidovudina nel ridurre la trasmissione materno-fetale, in donne con pregresso prolungato trattamento con zidovudina od altri farmaci antiretrovirali o in donne infettate da ceppi di HIV con ridotta sensibilità nei confronti della zidovudina, non è nota.
Non è noto se vi siano conseguenze a lungo termine inerenti l’esposizione intra-uterina e neonatale a Retrovir.
Sulla base delle osservazioni di cancerogenesi/mutagenesi condotte sugli animali, non può essere escluso un rischio di cancerogenesi per l’uomo (vedere paragrafo 5.3). La rilevanza di tali osservazioni nel caso di neonati infettati o meno ed esposti a Retrovir non è nota. Tuttavia, donne in gravidanza che considerino l’uso di Retrovir nel corso della stessa, devono essere informate di tali osservazioni.
Alla luce dei dati limitati sull’uso generale di Retrovir in gravidanza, Retrovir deve essere impiegato solo prima della 14^ settimana di gestazione quando il beneficio potenziale per la madre e per il feto sia superiore ai rischi. Studi condotti su ratti e conigli in gravidanza e trattati con zidovudina per via orale a dosi fino a 450 e 500 mg/kg/die rispettivamente durante il periodo principale dell’organogenesi, non hanno mostrato segni di teratogenesi. Si è tuttavia osservato un incremento statisticamente significativo del riassorbimento fetale, nei ratti trattati con dosi da 150 a 450 mg/kg/die e nei conigli trattati con 500 mg/kg/die.
In uno studio separato, riportato successivamente, si è osservata la comparsa di marcata tossicità materna ed un incremento delle malformazioni fetali, in ratti trattati con una dose di 3000 mg/kg/die, che è molto vicina alla dose mediana letale per via orale (3683 mg/kg). In tale studio non si è osservata teratogenesi ai dosaggi più bassi studiati (600 mg/kg/die o meno).
Fertilità: la zidovudina non ha compromesso la fertilità maschile o femminile in ratti trattati con dosaggi orali fino a 450 mg/kg/die. Non vi sono dati disponibili sugli effetti di Retrovir sulla fertilità femminile nella specie umana. Nei maschi, Retrovir non ha mostrato di avere effetti sulla conta, la morfologia o la motilità degli spermatozoi.
Allattamento: gli esperti raccomandano che le donne con infezione da HIV non allattino al seno i loro bambini per evitare la trasmissione dell’HIV. Dopo somministrazione di una dose singola di 200 mg di zidovudina a donne con infezione da HIV, la concentrazione media di zidovudina era simile nel latte materno e nel siero. Pertanto, poiché il farmaco ed il virus passano nel latte materno, si raccomanda che le madri in trattamento con Retrovir non allattino al seno i loro bambini.
Non sono stati condotti studi per valutare l’effetto di Retrovir sulla capacità di condurre autoveicoli o azionare macchinari. Inoltre, non é possibile prevedere effetti negativi su tali attività in base alla farmacologia del prodotto. Tuttavia, lo stato clinico del paziente ed il profilo delle reazioni avverse proprio di Retrovir, devono essere tenuti presenti nel considerare la capacità del paziente di guidare od utilizzare macchinari.
Il profilo delle reazioni avverse è simile per gli adulti e i bambini. Fra le reazioni avverse più gravi vi sono anemia (che può richiedere delle trasfusioni), neutropenia e leucopenia. Queste insorgono più frequentemente ai dosaggi maggiori (1200-1500 mg/die) ed in pazienti con malattia da HIV in fase avanzata (specialmente in caso di scarsa riserva midollare antecedente al trattamento), e particolarmente in pazienti con numero di cellule CD4 inferiore a 100/mm³. Può rendersi necessaria la riduzione della posologia o la sospensione della terapia (vedere paragrafo 4.4).
L’incidenza della neutropenia é altresì aumentata nei pazienti con ridotta conta dei neutrofili, bassi livelli di emoglobina e vitamina B12 al momento dell’inizio della terapia con Retrovir.
I seguenti eventi sono stati riportati nei pazienti trattati con Retrovir.
Gli eventi avversi considerati almeno possibilmente correlati al trattamento (reazioni avverse al farmaco ADR) sono elencati di seguito per organo, apparato/sistema e per frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come: Molto comune (maggiore di 10%), Comune (1% - 10%), Non comune (0,1% - 1%), Raro (0,01% - 0,1%) e Molto raro (minore di 0,01%).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Comune: anemia, neutropenia e leucopenia
Non comune: pancitopenia con ipoplasia midollare, trombocitopenia
Raro: aplasia eritrocitaria pura
Molto raro: anemia aplastica
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Raro: acidosi lattica in assenza di ipossiemia, anoressia
Disturbi psichiatrici
Raro: ansia e depressione
Patologie del sistema nervoso
Molto comune: cefalea
Comune: vertigini
Raro: convulsioni, perdita di concentrazione mentale, insonnia, parestesie, sonnolenza
Patologie cardiache
Raro: cardiomiopatia
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Non comune: dispnea
Raro: tosse
Patologie gastrointestinali
Molto comune: nausea
Comune: vomito, diarrea e dolore addominale
Non comune: flatulenza
Raro: pancreatite. Pigmentazione della mucosa orale, disgeusia e dispepsia
Patologie epatobiliari
Comune: innalzamento dei livelli ematici degli enzimi epatici e della bilirubina
Raro: affezioni epatiche, quali grave epatomegalia con steatosi
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Non comune: rash e prurito
Raro: orticaria, pigmentazione delle unghie e della pelle, e sudorazione
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune: mialgia
Non comune: miopatia
Patologie renali e urinarie
Raro: pollachiuria
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Raro: ginecomastia
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: malessere
Non comune: astenia, febbree algie diffuse
Raro: dolore toracico e sindrome simil-influenzale, brividi
I dati disponibili relativi a studi sia controllati con placebo che in aperto indicano che l’incidenza di nausea e di altre reazioni avverse di frequente osservazione clinica si riducono in maniera consistente nel tempo durante le prime settimane di terapia con Retrovir.
Reazioni avverse a Retrovir impiegato nella prevenzione della trasmissione materno-fetale
In uno studio controllato con placebo, il quadro generale delle reazioni avverse e delle anomalie di laboratorio risultava simile nelle donne trattate con Retrovir ed in quelle trattate con placebo. Tuttavia, si osservava una tendenza all’anemia di grado lieve e moderato, nelle donne trattate con zidovudina, prima del parto.
Nella stessa sperimentazione, le concentrazioni di emoglobina dei neonati esposti a Retrovir per questa indicazione, erano marginalmente inferiori rispetto ai neonati del gruppo con placebo, ma non vi era necessità di trasfusioni. L’anemia si risolveva entro 6 settimane dal completamento della terapia con Retrovir. Altre reazioni avverse cliniche e le anomalie dei test di laboratorio erano simili nei gruppi trattati con Retrovir e placebo. Non è noto se vi siano conseguenze a lungo termine inerenti l’esposizione intrauterina e neonatale al Retrovir.
Con l’uso di analoghi nucleosidici sono stati riportati casi di acidosi lattica, talvolta fatali, di solito associati ad epatomegalia grave e steatosi epatica (vedere paragrafo 4.4).
La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata, nei pazienti con HIV, con una ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) che include la perdita del grasso sottocutaneo periferico e facciale, aumento del grasso intra-addominale e viscerale, ipertrofia delle ghiandole mammarie e accumulo del grasso dorso cervicale (gobba di bufalo).
La terapia antiretrovirale di combinazione è stata associata con anomalie metaboliche come ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, resistenza all’insulina, iperglicemia e iperlattatemia (vedere paragrafo 4.4).
In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento dell’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a infezioni opportunistiche asintomatiche o residuali (vedere paragrafo 4.4).
Casi di osteonecrosi sono stati riportati soprattutto in pazienti con fattori di rischio generalmente noti, con malattia da HIV in stadio avanzato o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). La frequenza di tali casi è sconosciuta (vedere paragrafo 4.4).
Links sponsorizzati
Sintomi e segni: non sono stati identificati specifici sintomi e segni dopo sovradosaggio acuto con la zidovudina se si escludono quelli indicati come effetti indesiderati quali, stanchezza, cefalea, vomito e occasionalmente anomalie ematologiche. Dopo una segnalazione in cui un paziente aveva assunto una quantità non specificata di zidovudina con livelli ematici compatibili con un sovradosaggio di oltre 17 g, non sono state identificate a breve termine conseguenze cliniche, biochimiche o ematologiche.
Trattamento: i pazienti devono essere attentamente osservati al fine di evidenziare la comparsa di tossicità (vedere paragrafo 4.8) e ricevere la necessaria terapia di sostegno.
L’emodialisi e la dialisi peritoneale possiedono un effetto limitato sulla eliminazione della zidovudina ma incrementano l’eliminazione del metabolita glucuronide.
Gruppo farmacoterapeutico - analogo nucleosidico - codice ATC J05AF01
Meccanismo d’azione
La zidovudina é un antivirale molto attivo in vitro contro i retrovirus compreso il Virus della Immunodeficienza Umana (HIV).
La zidovudina é fosforilata nel corrispondente monofosfato (MP) dalla timidina chinasi cellulare sia nelle cellule infettate che in quelle non infettate. La successiva fosforilazione della zidovudina-MP nel corrispondente difosfato (DP) e poi nel trifosfato (TP) é rispettivamente catalizzata dalla timidilato chinasi cellulare e da chinasi aspecifiche. La zidovudina-TP agisce come inibitore e come substrato per la trascrittasi inversa virale. La formazione di ulteriore DNA provirale é bloccata dalla incorporazione della zidovudina-MP nella catena con successiva interruzione della catena stessa. L’affinità della zidovudina-TP per la trascrittasi inversa dell’HIV é circa 100 volte maggiore che per la alfa DNA polimerasi cellulare.
Virologia clinica
La relazione tra sensibilità dell’HIV alla zidovudina, in vitro, e risposta clinica alla terapia rimane oggetto di studio. Gli esami di sensibilità in vitro non sono stati uniformati ed i relativi risultati possono pertanto variare a seconda della metodologia utilizzata.
Si è osservata una ridotta sensibilità alla zidovudina, in vitro, nel caso di isolati di HIV da pazienti che avevano ricevuto terapia prolungata con Retrovir. Le informazioni disponibili indicano che per la malattia da HIV in fase precoce, la frequenza ed il grado di riduzione della sensibilità in vitro è notevolmente inferiore rispetto alla malattia in stadio avanzato.
La riduzione di sensibilità con la comparsa di ceppi resistenti alla zidovudina limita clinicamente l’utilità della monoterapia con zidovudina. In studi clinici, i dati sugli end-point clinici indicano che la zidovudina, in particolare associata alla lamivudina, e anche alla didanosina o zalcitabina porta ad una significativa riduzione del rischio di progressione della malattia e della mortalità. L’impiego di un inibitore della proteasi in associazione con zidovudina e lamivudina, ha mostrato di conferire ulteriore beneficio nel ritardare la progressione della malattia e migliorare la sopravvivenza in confronto alla duplice terapia da sola.
L’efficacia anti virale in vitro della combinazione di agenti antiretrovirali è in fase di valutazione.
Sia gli studi clinici che quelli in vitro della zidovudina in associazione con lamivudina indicano che gli isolati virali zidovudina-resistenti possono ritornare sensibili alla zidovudina quando acquisiscono contemporaneamente la resistenza alla lamivudina. Inoltre, vi sono dimostrazioni cliniche che la zidovudina insieme con la lamivudina ritarda la comparsa di resistenza alla zidovudina nei pazienti che non hanno ancora ricevuto terapia antiretrovirale.
In alcuni studi in vitro, si è dimostrato che la zidovudina agisce additivamente o in sinergia con alcuni farmaci anti HIV, quali lamivudina, didanosina e interferone alfa, inibendo la replicazione dell’HIV nelle colture cellulari. Tuttavia, gli studi in vitro indicano che le associazioni triplici di analoghi nucleosidici o di due analoghi nucleosidici ed un inibitore della proteasi sono più efficaci, rispetto alle terapie con uno o due farmaci, nell’inibire gli effetti citopatici indotti dall’HIV-1.
La resistenza agli analoghi della timidina (in cui è compresa la zidovudina), è stata ben caratterizzata, essa viene conferita dall’accumulo graduale di più di sei specifiche mutazioni nella trascrittasi inversa dell’HIV ai codoni 41, 67, 70, 210, 215 e 219. I virus acquisiscono la resistenza fenotipica agli analoghi della timidina attraverso la combinazione delle mutazioni ai codoni 41 e 215, ovvero attraverso l’accumulo di almeno quattro delle sei mutazioni sopra citate. Queste mutazioni degli analoghi della timidina non provocano da sole alti livelli di resistenza crociata ad altri analoghi nucleosidici permettendo pertanto, un impiego successivo di altri inibitori della trascrittasi inversa disponibili.
Sono due i pattern di mutazioni che conferiscono resistenza a molti farmaci, il primo è caratterizzato da mutazioni della trascrittasi inversa dell’HIV ai codoni 62, 75, 77, 116 e 151 mentre il secondo coinvolge una mutazione T69S più un’inserzione alla sesta coppia di basi nella stessa posizione; essi portano a resistenza fenotipica alla zidovudina così come ad altri inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa disponibili.
Entrambi questi due pattern di mutazioni conferiscono resistenza multipla agli analoghi nucleosidici e rappresentano una evidente limitazione per future opzioni terapeutiche.
Nello studio statunitense ACTG076 è stata dimostrata l’efficacia di Retrovir nel ridurre il tasso di trasmissione materno-fetale dell’HIV-1 (23% di infezione nel gruppo placebo in confronto a l’8% nel gruppo con zidovudina) se somministrato (100 mg 5 volte al giorno) a donne in gravidanza HIV positive (dalla 14^ alla 34^ settimana di gravidanza) e ai loro neonati (2 mg/kg ogni 6 ore) fino a 6 settimane di età. Nello studio tailandese CDC del 1998 della durata più breve, l’uso di Retrovir orale in monoterapia (300 mg due volte al giorno) dalla 36^ settimana di gravidanza fino al parto ha ridotto anche il tasso di trasmissione materno-fetale dell’HIV (tasso di infezione del 19% per il placebo verso il 9% per la zidovudina). Questi dati e quelli da studi pubblicati che paragonavano i regimi di zidovudina nella prevenzione della trasmissione materno fetale dell’HIV, hanno mostrato che i trattamenti materni a corta durata (dalla 36^ settimana di gravidanza) sono meno efficaci dei trattamenti materni più lunghi (dalla 14^ alla 34^ settimana di gravidanza) nella riduzione della trasmissione perinatale dell’HIV.
Links sponsorizzati
Adulti
Assorbimento
La zidovudina é ben assorbita dall’intestino e, a tutti i livelli posologici studiati, la biodisponibilità era del 60-70 %. Da uno studio di bioequivalenza i valori medi allo steady state (CV%) della Cssmax, Cssmin e della AUCss in 16 pazienti che ricevevano zidovudina 300 mg compresse due volte al giorno erano 8,57 (54%) microM (2,29 mcg/ml), 0,08 (96%) microM (0,02 mcg/ml), e 8,39 (40%) h*microM (2.24 h*mcg/ml) rispettivamente.
Distribuzione
Da studi condotti con Retrovir per via endovenosa, l’emivita plasmatica terminale media era di 1,1 ore, la clearance totale corporea media era di 27,1 ml/min/kg e il volume di distribuzione apparente di 1,6 l/kg.
Negli adulti, è stato rilevato un rapporto medio liquido cerebrospinale/plasma della concentrazione di zidovudina, da 2 a 4 ore dopo la somministrazione, di circa 0,5. Dati indicano che la zidovudina attraversa la placenta ed è rintracciabile nel fluido amniotico e nel sangue fetale. La zidovudina é presente anche nel liquido seminale e nel latte materno.
Il legame con le proteine plasmatiche è relativamente basso (da 34 a 38%) e non sono prevedibili interazioni dovute a spiazzamento dei siti di legame.
Metabolismo
La zidovudina è per la maggior parte eliminata attraverso la coniugazione epatica come metabolita glucuronidato inattivo. Il principale metabolita della zidovudina é il 5'-glucuronide, sia nel plasma che nell’urina, e corrisponde a circa il 50-80 % della dose somministrata eliminata attraverso l’escrezione renale.
La 3'-amino-3'-deossitimidina (AMT) è stata identificata come metabolita della zidovudina, a seguito di somministrazione endovenosa.
Escrezione
La clearance renale della zidovudina supera largamente la clearance della creatinina indicando la presenza di una significativa secrezione tubulare.
Bambini
Assorbimento
Nei bambini di età superiore ai 5-6 mesi, il profilo farmacocinetico della zidovudina é simile a quello dell’adulto. La zidovudina é ben assorbita dall’intestino e, a tutti i livelli posologici studiati, la sua biodisponibilità era del 60-74% con una media del 65%. I livelli di Cssmax erano di 4,45 mcM (1,19 mcg/ml) a seguito di una dose di 120 mg di Retrovir (in soluzione)/m² di superficie corporea e di 7,7 mcM (2,06 mcg/ml) a 180 mg/m² di superficie corporea. Dosaggi di 180 mg/m² quattro volte al giorno nei bambini hanno prodotto una esposizione sistemica simile (AUC delle 24 ore 40,0 mcM ora o 10,7 mcg/ml ora) a quella con dosi di 200 mg sei volte al giorno negli adulti (40,7 mcM ora o 10,9 mcg/ml ora).
Distribuzione
Dopo somministrazione per via endovenosa, l’emivita plasmatica terminale media e la clearance corporea totale erano rispettivamente di 1,5 ore e di 30,9 ml/min/kg.
Nei bambini, il rapporto di concentrazione medio liquido cerebrospinale/plasma della zidovudina variava da 0,52 a 0,85, come determinato nel corso di terapia orale, da 0,5 a 4 ore dopo la somministrazione, ed era di 0,87 come determinato durante la terapia endovenosa, da 1 a 5 ore dopo 1 ora di infusione. Il rapporto medio liquido cerebrospinale/plasma, allo stato stazionario, durante infusione endovenosa continua, era di 0,24.
Metabolismo
Il principale metabolita è il 5'-glucuronide. Dopo somministrazione per via endovenosa, il 29% della dose si ritrovava immodificato nelle urine ed il 45 % escreto come glucuronide.
Escrezione
La clearance renale della zidovudina supera largamente la clearance della creatinina, quale segno di una significativa secrezione tubulare.
I dati disponibili sulla farmacocinetica nei neonati e nei bambini piccoli indicano che la glucuronidazione della zidovudina é ridotta con conseguente aumento della biodisponibilità, riduzione della clearance ed emivita maggiore in bambini di età inferiore a 14 giorni, ma in seguito la farmacocinetica appare simile a quella osservata negli adulti.
Gravidanza
La farmacocinetica della zidovudina è stata oggetto di uno studio su otto donne nell’ultimo trimestre di gravidanza. Con il progredire della gravidanza non vi erano evidenze di accumulo del farmaco. La farmacocinetica della zidovudina era simile a quella delle donne non in gravidanza. Conseguentemente al trasporto passivo del farmaco attraverso la placenta, le concentrazioni di zidovudina nel plasma dei neonati alla nascita erano essenzialmente uguali a quella nel plasma materno durante il parto.
Anziani
Non sono disponibili specifici dati sulla farmacocinetica della zidovudina negli anziani
Compromissione renale
Sono disponibili dati limitati sulla farmacocinetica della zidovudina nei pazienti con compromissione renale (vedere paragrafo 4.2).
Compromissione epatica
Sono disponibili dati limitati sulla farmacocinetica della zidovudina nei pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2).
Mutagenesi: non si é evidenziata mutagenesi nel test di Ames. Tuttavia la zidovudina é debolmente mutagena nel test su cellula di linfoma di topo ed é risultata positiva in una prova di trasformazione cellulare in vitro. Sono stati rilevati effetti clastogeni in uno studio in vitro su linfociti umani ed in studi sul micronucleo con dosi orali ripetute in vivo su ratti e topi. Uno studio citogenetico in vivo su ratti non ha dimostrato la presenza di danno cromosomico. Uno studio sui linfociti del sangue periferico di undici pazienti con AIDS, ha mostrato una più elevata frequenza di rotture cromosomiche nei pazienti trattati con Retrovir rispetto ai controlli. Uno studio pilota ha dimostrato che la zidovudina veniva incorporata dentro il DNA nucleare dei leucociti degli adulti, comprese le donne in gravidanza, che assumevano zidovudina per il trattamento dell’infezione da HIV-1 o per la prevenzione della trasmissione virale dalla madre al figlio. La zidovudina veniva anche incorporata all’interno del DNA dei leucociti del cordone ombelicale dei bambini nati da madri trattate con zidovudina. Uno studio di genotossicità transplacentare condotto nelle scimmie ha confrontato la zidovudina da sola con l’associazione di zidovudina e lamivudina a livelli di esposizioni equivalenti a quelli raggiunti nell’uomo. Tale studio ha dimostrato che i feti esposti in utero all’associazione andavano incontro ad un livello maggiore di incorporazione di analoghi nucleosidici del DNA all’interno di vari organi fetali ed evidenziavano un maggior accorciamento dei telomeri rispetto a quanto osservato in quelli esposti alla sola zidovudina. Il significato clinico di questi dati non è noto.
Cancerogenesi: negli studi di cancerogenesi nei topi e nei ratti mediante somministrazione orale di zidovudina sono stati osservati tumori dell’epitelio vaginale a comparsa tardiva. Uno studio successivo di cancerogenesi intravaginale ha confermato l’ipotesi che i tumori vaginali erano il risultato di una esposizione locale a lungo termine dell’epitelio vaginale dei roditori a elevate concentrazioni di zidovudina non metabolizzata nelle urine. Non vi erano altri tumori, in relazione alla somministrazione del farmaco, in entrambi i sessi delle due specie animali.
Inoltre, sono stati condotti sui topi due studi di cancerogenesi transplacentare. In uno studio, condotto dal National Cancer Institute degli Stati Uniti, è stata somministrata zidovudina alle dosi massime tollerate a femmine di topo gravide dal giorno 12° al 18° di gestazione. Un anno dopo la nascita c’è stato un aumento dell’incidenza di tumori del polmone, del fegato e dell’apparato genitale femminile dei nati esposti al livello di dose più elevato (420 mg/kg peso corporeo finale).
In un secondo studio, ai topi è stata somministrata zidovudina per 24 mesi a dosi fino a 40 mg/kg con l’inizio dell’esposizione nel periodo prenatale al 10° giorno della gestazione. Le osservazioni collegate al trattamento erano limitate a tumori dell’epitelio vaginale a comparsa tardiva, riscontrati con un’incidenza e un tempo di insorgenza simile a quelli dello studio standard di cancerogenesi orale. Il secondo studio pertanto non ha fornito prove che la zidovudina possa essere un agente cancerogeno transplacentare.
Si è concluso che i dati di cancerogenesi transplacentare del primo studio rappresentano un rischio ipotetico, mentre è stata sostanzialmente dimostrata la riduzione del rischio di trasmissione materna dell’HIV al neonato non infetto, mediante l’uso in gravidanza della zidovudina.
Nucleo della compressa
- Cellulosa microcristallina
- Sodio amido glicolato
- Povidone K30
- Magnesio stearato
Rivestimento della compressa
- OPADRY (OY-7300): ipromellosa, titanio diossido (E171), macrogol 400, macrogol 8000
Non pertinente.
3 anni.
Non conservare a temperatura superiore ai 30°C.
Conservare nella confezione originale.
Confezioni contenenti blister in PVC/Alluminio da 60 compresse o 28 compresse.
Flacone in vetro contenente 28 compresse.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Nessuna istruzione particolare.
The Wellcome Foundation Ltd. - Glaxo Wellcome House, Berkeley Avenue, Greenford, Middlesex, UB6 0NN (Regno Unito)
Rappresentante legale e di vendita: GlaxoSmithKline S.p.A. - Verona.
RETROVIR 300 mg compresse rivestite con film - 28 compresse - A.I.C. n. 026697096/M
RETROVIR 300 mg compresse rivestite con film - 60 compresse - A.I.C. n. 026697108/M
RETROVIR 300 mg compresse rivestite con film 28 compresse: 30 agosto 1996/Luglio 2008
RETROVIR 300 mg compresse rivestite con film 60 compresse: 9 aprile 1997/Luglio 2008
Luglio 2008