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SEBIVO
Ogni compressa rivestita con film contiene 600 mg di telbivudina.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Compressa rivestita con film.
Compressa rivestita con film di forma ovale, di colore da bianco a leggermente giallastro, con “LDT” impresso su un lato.
Sebivo è indicato per il trattamento dell’epatite cronica B in pazienti adulti con malattia epatica compensata ed evidenza di replicazione virale, con livelli persistentemente elevati dell’alanina aminotransferasi sierica (ALT) ed evidenza istologica di infiammazione attiva e/o fibrosi. Vedere paragrafo 5.1 per i dettagli dello studio e le caratteristiche specifiche dei pazienti su cui si basa questa indicazione.
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La terapia deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’infezione cronica da virus B dell’epatite.
Adulti
La dose raccomandata di Sebivo è 600 mg (una compressa) una volta al giorno, assunta per via orale con o senza cibo.
Per i pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse può essere presa in considerazione la soluzione orale di Sebivo.
Durata della terapia
Non è nota la durata ottimale del trattamento. L’interruzione del trattamento deve essere considerata nei casi seguenti:
• In pazienti HBeAg-positivi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo sieroconversione confermata dell’HBe (perdita dell’HBeAg e perdita dell’HBV DNA con rilevazione di anti-HBe) o fino a sieroconversione dell’HBs o evidenza di perdita di efficacia. Dopo la sospensione del trattamento, i livelli serici di ALT e HBV DNA devono essere controllati regolarmente per individuare possibili ricadute virologiche tardive.
• In pazienti HBeAg-negativi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione dell’HBs o se c’è evidenza di perdita di efficacia. Se il trattamento si prolunga per oltre due anni, si raccomanda una rivalutazione regolare della terapia prescelta per confermare che sia rimasta adeguata per il paziente.
La risposta alla settimana 24 di trattamento si è dimostrata predittiva della risposta a più lungo termine (vedere Tabella 7 al paragrafo 5.1) e può essere utilizzata per modulare il trattamento dei pazienti in monoterapia con telbivudina.
Insufficienza renale
Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di telbivudina nei pazienti con clearance della creatinina ≥ 50 ml/min. L’aggiustamento della dose è richiesto nei pazienti con clearance della creatinina < 50 ml/min, compresi i pazienti con patologia renale allo stadio terminale (ESRD) in emodialisi. Si raccomanda la riduzione della dose giornaliera di Sebivo, come descritto di seguito in Tabella 1. Se l’uso della soluzione orale non è possibile, in alternativa si possono utilizzare le compresse rivestite con film di Sebivo e la dose deve essere aggiustata aumentando l’intervallo di tempo tra le dosi, come descritto in Tabella 1.
Tabella 1: Aggiustamento del regime di dosaggio di Sebivo in pazienti con insufficienza renale
Clearance della creatinina (ml/min) | Telbivudina 20 mg/ml soluzione orale. Aggiustamento della dose giornaliera | Telbivudina 600 mg compresse rivestite con film. In alternativa**, aggiustamento della dose giornaliera mediante aumento dell’intervallo tra le dosi |
≥ 50 | 600 mg (30 ml) una volta al giorno | 600 mg una volta al giorno |
30-49 | 400 mg (20 ml) una volta al giorno | 600 mg una volta ogni 48 ore |
< 30 (in pazienti che non richiedono dialisi) | 200 mg (10 ml) una volta al giorno | 600 mg una volta ogni 72 ore |
ESRD* | 120 mg (6 ml) una volta al giorno | 600 mg una volta ogni 96 ore |
* patologia renale allo stadio terminale
** quando non è possibile l’uso della soluzione orale
Le modifiche della dose proposte si basano su estrapolazioni e potrebbero non essere ottimali. La sicurezza e l’efficacia di queste linee guida per l’aggiustamento della dose non sono state valutate clinicamente. Pertanto, si raccomanda di mantenere questi pazienti sotto stretto controllo clinico.
Pazienti con patologia renale allo stadio terminale
Nei pazienti con ESRD, Sebivo deve essere somministrato dopo l’emodialisi (vedere paragrafo 5.2).
Insufficienza epatica
Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di Sebivo nei pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 5.2).
Bambini e adolescenti
L’uso di Sebivo non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti al di sotto di 16 anni di età a causa della mancanza di dati sulla sicurezza e efficacia.
Pazienti anziani (età superiore a 65 anni)
Non sono disponibili dati che sostengano una raccomandazione di dosaggio specifica per i pazienti di età superiore a 65 anni (vedere paragrafo 4.4).
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Gravi esacerbazioni acute dell’epatite cronica B sono relativamente frequenti e sono caratterizzate da un innalzamento transitorio delle ALT sieriche. Dopo l’inizio del trattamento antivirale, in alcuni pazienti possono aumentare le ALT sieriche mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono (vedere paragrafo 4.8). In media, trascorrono 4-5 settimane prima dell’insorgenza di una esacerbazione nei pazienti trattati con telbivudina. Nel complesso, gli aumenti delle ALT si sono verificati più frequentemente nei pazienti HBeAg-positivi rispetto ai pazienti HBeAg-negativi. Nei pazienti con patologia epatica compensata, questo innalzamento delle ALT sieriche non è in genere accompagnato da livelli elevati di bilirubina sierica o da altri segni di scompenso epatico. Il rischio di scompenso epatico - e di una successiva riacutizzazione dell’epatite - può essere maggiore nei pazienti con cirrosi. Tali pazienti devono essere pertanto tenuti sotto attenta osservazione.
Sono state inoltre riportate esacerbazioni dell’epatite nei pazienti che hanno terminato il trattamento per l’epatite B. I picchi di incremento delle ALT dopo il trattamento sono di solito associati ad innalzamenti dei livelli sierici di HBV DNA e la maggior parte di questi casi è risultata auto-limitante. Nonostante ciò, sono state anche segnalate esacerbazioni gravi, e talvolta fatali della patologia dopo il trattamento. Pertanto, la funzione epatica deve essere controllata a intervalli regolari, con un follow-up sia clinico che di laboratorio, per almeno 6 mesi dopo l’interruzione della terapia per l’epatite B.
Con l’uso di analoghi nucleosidici/nucleotidici sono stati segnalati episodi di acidosi lattica (in assenza di ipossia), talvolta fatali, e di solito associati a grave epatomegalia e steatosi. Dato che la telbivudina è un analogo nucleosidico, questo rischio non può essere escluso. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di rapido aumento dei livelli di aminotransferasi, di epatomegalia progressiva o di acidosi metabolica/lattica di eziologia sconosciuta. Sintomi digestivi di natura benigna, quali nausea, vomito e dolore addominale, potrebbero indicare lo sviluppo di acidosi lattica. Casi gravi, talvolta con esito fatale, sono stati associati a pancreatite, insufficienza epatica/steatosi epatica, insufficienza renale e livelli più elevati di lattato sierico. Deve essere usata cautela nel prescrivere analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare in donne obese) con epatomegalia, epatite o altri fattori di rischio noti di patologia epatica. Questi pazienti devono essere seguiti attentamente.
Effetti muscolari
Sono stati riportati casi di miopatia e di mialgia con l’uso di telbivudina dopo diverse settimane-mesi dall’inizio della terapia (vedere paragrafo 4.8).
La miopatia, definita come persistente dolore muscolare senza causa e/o persistente debolezza muscolare indipendentemente dal grado di aumento dei livelli di creatinchinasi, deve essere presa in considerazione nei pazienti che presentano mialgia diffusa, dolorabilità muscolare, debolezza muscolare o miosite (definita come miopatia con evidenza istologica di danno muscolare) senza causa. I pazienti devono essere avvertiti di segnalare immediatamente la comparsa di persistenti e inspiegabili mialgie, dolore, dolorabilità o debolezza muscolare. Se viene segnalato uno qualsiasi di questi sintomi, deve essere effettuato un esame muscolare dettagliato per valutare la funzionalità muscolare. La terapia con telbivudina deve essere interrotta se viene diagnosticata una miopatia.
Non è noto se con la somministrazione concomitante di altri medicinali associati a miopatia (es. statine, fibrati o ciclosporina) il rischio di miopatia durante il trattamento con telbivudina sia aumentato. I medici che prendono in considerazione il trattamento concomitante con altri agenti associati a miopatia devono valutare attentamente i benefici e i rischi potenziali e devono tenere sotto osservazione i pazienti per qualsiasi segno o sintomo predittivo di miopatia.
Neuropatia periferica
La neuropatia periferica è stata riportata con frequenza non comune in pazienti trattati con telbivudina. Se si sospetta una neuropatia periferica, deve essere riconsiderata l’opportunità del trattamento con telbivudina (vedere paragrafo 4.8).
È stato osservato un aumento del rischio di neuropatia periferica quando telbivudina e interferone alfa-2a pegilato sono somministrati in combinazione (vedere paragrafo 4.5). Non si può escludere un aumento di tale rischio per altri interferoni alfa (pegilato o standard). Ad oggi inoltre non è stato dimostrato il beneficio della combinazione di telbivudina con interferone alfa (pegilato o standard).
Funzione renale
La telbivudina è eliminata principalmente per escrezione renale, pertanto si raccomanda un aggiustamento dell’intervallo di dose nei pazienti con clearance della creatinina < 50 ml/min, compresi i pazienti emodializzati. L’efficacia dell’aggiustamento dell’intervallo di dose non è stata valutata clinicamente. Pertanto, la risposta virologica deve essere tenuta sotto stretta osservazione nei pazienti a cui viene aumentato l’intervallo di dose (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Pazienti con cirrosi non scompensata
A causa della disponibilità di dati limitati (circa il 3% dei pazienti arruolati era cirrotico), la telbivudina deve essere utilizzata con particolare cautela in pazienti cirrotici. Questi pazienti devono essere attentamente monitorati per i parametri clinici, biochimici e virologici associati all’epatite B durante il trattamento e dopo l’interruzione del trattamento.
Pazienti con cirrosi scompensata
Non esistono dati di efficacia e di sicurezza in pazienti con cirrosi scompensata.
Pazienti con precedente esposizione ad analoghi nucleosidici/nucleotidici
In vitro, la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dei ceppi di HBV portatori delle mutazioni rtM204V/rtL180M o rtM204I (vedere paragrafo 5.1). La monoterapia con telbivudina non è idonea nei pazienti con infezione da virus B dell’epatite con accertata resistenza alla lamivudina. È improbabile che i pazienti con fallimento virologico dopo oltre 24 settimane di trattamento con lamivudina traggano beneficio dalla monoterapia con telbivudina. Non sono al momento disponibili dati clinici per valutare adeguatamente il beneficio e il rischio del passaggio al trattamento con telbivudina di pazienti trattati con lamivudina che hanno raggiunto una completa soppressione virale.
Non ci sono dati sul trattamento con telbivudina in pazienti con accertata infezione da ceppi del virus B dell’epatite resistenti ad adefovir e portatori delle singole mutazioni rtN236T o A181V. I risultati preliminari di un saggio cellulare hanno dimostrato che la sostituzione A181V associata alla resistenza ad adefovir ha una sensibilità alla telbivudina 3,7 volte inferiore.
Pazienti sottoposti a trapianto di fegato
La sicurezza e l’efficacia di telbivudina in pazienti sottoposti a trapianto di fegato non sono note.
Pazienti anziani
Gli studi clinici sulla telbivudina non comprendevano un numero di pazienti di età ≥ 65 anni sufficiente per stabilire se rispondessero in modo diverso dai soggetti più giovani. In generale, deve essere usata cautela nella prescrizione di Sebivo a pazienti anziani, in considerazione della maggiore frequenza di riduzione della funzionalità renale per patologia concomitante o per l’uso concomitante di altri medicinali.
Altre popolazioni speciali
Sebivo non è stato studiato in pazienti con epatite B coinfetti (ad es. pazienti coinfetti con il virus dell’immunodeficienza umana [HIV], il virus dell’epatite C [HCV] o il virus dell’epatite D [HDV]).
Generali
I pazienti devono essere avvertiti che il trattamento con Sebivo non ha mostrato di ridurre il rischio di trasmissione dell’HBV attraverso il contatto sessuale o la contaminazione con il sangue.
Non si raccomanda l’uso di telbivudina con lamivudina perché in uno studio di fase II, la risposta al trattamento osservata con la terapia combinata di telbivudina e lamivudina è stata inferiore rispetto alla risposta con la sola telbivudina.
Non ci sono attualmente dati di efficacia e di sicurezza per altre combinazioni antivirali con telbivudina.
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Poiché la telbivudina viene eliminata principalmente per escrezione renale, la co-somministrazione di Sebivo con sostanze che influiscono sulla funzione renale (come aminoglicosidi, diuretici dell’ansa, composti del platino, vancomicina, amfotericina B) può alterare le concentrazioni plasmatiche della telbivudina e/o della sostanza somministrata congiuntamente. L’associazione della telbivudina con questi medicinali deve essere usata con cautela. La farmacocinetica della telbivudina allo steady-state è rimasta inalterata dopo somministrazione ripetuta in associazione con lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato, ciclosporina o interferone alfa-2a pegilato. Inoltre la telbivudina non altera la farmacocinetica di lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato o ciclosporina. Non è stato possibile trarre alcuna conclusione definitiva riguardo agli effetti della telbivudina sulla farmacocinetica dell’interferone pegilato a causa dell’elevata variabilità interindividuale delle concentrazioni di interferone alfa-2a pegilato. Uno studio clinico che valutava la combinazione di telbivudina, 600 mg al giorno, e interferone alfa-2a pegilato, 180 mcg una volta alla settimana somministrato per via sottocutanea, ha mostrato che questa combinazione è associata ad un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica. Non è noto il meccanismo alla base di questi eventi (vedere paragrafo 4.4).
Telbivudina non è un substrato, un inibitore o un induttore del sistema enzimatico del citocromo P450 (CYP450) (vedere paragrafo 5.2). Pertanto, per Sebivo il potenziale di interazioni farmacologiche mediate dal CYP450 è basso.
Per la telbivudina non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte. Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto o sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3). Gli studi su femmine gravide di ratti e conigli hanno mostrato che la telbivudina attraversa la placenta. Gli studi su coniglie gravide hanno evidenziato parto prematuro e/o aborto secondari a tossicità nella madre. Sebivo deve essere usato in gravidanza solo se il beneficio per la madre supera il potenziale rischio per il feto.
Non ci sono dati sull’effetto della telbivudina riguardo la trasmissione dell’HBV da madre al neonato. Pertanto, si deve intervenire in modo appropriato per prevenire l’acquisizione neonatale dell’infezione da HBV.
La telbivudina è escreta nel latte del ratto. Non è noto se la telbivudina sia escreta nel latte umano. Le donne che assumono Sebivo non devono allattare al seno.
Non ci sono dati clinici sugli effetti della telbivudina sulla fertilità maschile o femminile. Negli studi di tossicologia riproduttiva in animali adulti, la fertilità è risultata leggermente ridotta quando sia le femmine che i maschi di ratto hanno ricevuto telbivudina. Gli effetti avversi sulla fertilità sono risultati maggiori in uno studio separato condotto su animali giovani quando entrambi i sessi hanno ricevuto telbivudina (vedere paragrafo 5.3).
Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari.
La valutazione delle reazioni avverse si basa principalmente su due studi (NV-02B-007 “GLOBE” e NV-02B-015) nei quali 1.699 pazienti con epatite cronica B sono stati trattati in doppio cieco con telbivudina 600 mg/die (n = 847) o lamivudina (n = 852) per 104 settimane.
Negli studi clinici di 104 settimane, le reazioni avverse segnalate sono state di solito classificate di gravità lieve o moderata. Gli eventi avversi più comuni, con almeno una possibile correlazione alla telbivudina, sono state gli innalzamenti della creatinchinasi di grado 3/4 (6,8%), l’affaticamento (4,4%), il mal di testa (3,0%) e la nausea (2,6%).
La Tabella 2 elenca le reazioni avverse registrate negli studi a 104 settimane NV-02B-007 GLOBE e NV-02B-015 considerati in maniera raggruppata, secondo classificazione per sistemi e organi, utilizzando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.
Tabella 2: Reazioni avverse cliniche nei pazienti con epatite cronica B, trattati con telbivudina 600 mg, negli studi aggregati NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015 a 104 settimane*
Patologie del sistema nervoso |
Comune | Capogiri, cefalea |
Non comune | Neuropatia periferica, disgeusia, ipoestesia, parestesia, sciatica |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche |
Comune | Tosse |
Patologie gastrointestinali |
Comune | Aumento di amilasi ematica, diarrea, aumento di lipasi ematica, nausea, dolore addominale |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo |
Comune | Rash |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo |
Comune | Aumento della creatinfosfochinasi ematica |
Non comune | Artralgia, mialgia, miopatia/miosite, dolore alle estremità, mal di schiena, spasmo muscolare, dolore al collo, dolore al fianco |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione |
Comune | Affaticamento |
Non comune | Malessere |
Patologie epatobiliari |
Comune | Aumento dell’alanina aminotransferasi ematica |
Non comune | Aumento dell’aspartato aminotransferasi |
* A causa della dimensione dell’analisi aggregata (NV-02B-007 [GLOBE] e NV-02B-015), il numero di pazienti trattati con telbivudina è insufficiente per individuare eventi rari e molto rari.
Nell’analisi aggregata, entro 104 settimane di trattamento si sono verificati innalzamenti della creatinchinasi di grado 3/4 (> 7x ULN) nel 12,6% dei pazienti trattati con telbivudina e nel 4,0% dei pazienti trattati con lamivudina. L’aumento della creatinchinasi è stato, per la maggior parte, asintomatico e i valori sono solitamente diminuiti entro la visita successiva con la continuazione del trattamento. Nello studio pivotalNV-02B-007 (GLOBE), in entrambi i gruppi di trattamento valori maggiori di CK pre-trattamento e la razza Caucasica sono stati identificati come fattori predittivi per innalzamenti di grado 3/4 entro 104 settimane.
L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) durante il trattamento, nei due bracci di trattamento, viene descritta ulteriormente nella Tabella 3 qui di seguito secondo la definizione dell’AASLD (American Association for the Study of Liver Disease) (incremento ALT > 2x basale e > 10x ULN).
Tabella 3: Sommario dei picchi di incremento di ALT (IU/L) durante il trattamento - Analisi aggregata NV-02B-007/NV-02B-015
Picchi di ALT: incremento di ALT > 2x basale e > 10x ULN | Lamivudina n/N (%) | Telbivudina n/N (%) |
Totale | 67/852 (7,9) | 41/847 (4,8) |
Dal basale sino alla settimana 24 | 25/852 (2,9) | 25/847 (3,0) |
Dalla settimana 24 a fine studio | 44/837 (5,3) | 17/834 (2,0) |
Durante il trattamento, si raccomanda il monitoraggio periodico della funzione epatica (vedere paragrafo 4.4).
Esacerbazioni dell’epatite B dopo l’interruzione del trattamento
Esacerbazioni acute gravi dell’epatite B sono state riportate in pazienti che avevano interrotto la terapia contro l’epatite B compresa quella con telbivudina (vedere paragrafo 4.4).
L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) nei due bracci di trattamento dopo l’interruzione del trattamento viene ulteriormente descritta nella Tabella 4 qui di seguito.
Tabella 4: Sommario dei picchi di incremento di ALT - Analisi aggregata NV-02B-007/NV-02B-015
| Lamivudina | Telbivudina |
Picchi di ALT | n/N (%) | n/N (%) |
Incremento di ALT > 2x basale e > 10x ULN | 10/180 (5,6) | 9/154 (5,8) |
Esperienza post-marketing
Le reazioni avverse seguenti sono state identificate sulla base delle segnalazioni spontanee post-marketing e sono riportate secondo la classificazione sistemica organica. Poiché queste reazioni sono segnalate spontaneamente nell’ambito di una popolazione di numerosità incerta, non è sempre possibile stimarne con certezza la frequenza, che pertanto viene definita “non nota”.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Sono stati segnalati casi di acidosi lattica come evento secondario spesso associato a condizioni gravi (ad es. insufficienza multi-organo o sepsi).
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e dell’osso
Sono stati segnalati casi di rabdomiolisi.
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Non ci sono informazioni sul sovradosaggio intenzionale della telbivudina, ma a un soggetto è stato somministrato inavvertitamente un dosaggio eccessivo che è risultato asintomatico. Dosi testate fino a 1.800 mg/die, tre volte superiori alla dose giornaliera raccomandata, sono state ben tollerate. Non è stata determinata una dose massima tollerata di telbivudina. In caso di sovradosaggio, Sebivo deve essere sospeso e deve essere istituito un trattamento di supporto generale appropriato secondo necessità.
Categoria farmacoterapeutica: nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF11
La telbivudina è un analogo nucleosidico sintetico della timidina attivo contro l’HBV DNA polimerasi. È efficientemente fosforilata dalle chinasi cellulari nella forma attiva trifosfata, che ha un’emivita intracellulare di 14 ore. Telbivudina-5'-trifosfato inibisce la HBV DNA polimerasi (trascrittasi inversa) competendo con il substrato naturale, timidina 5'-trifosfato. L’incorporazione della telbivudina-5'-trifosfato nel DNA virale causa l’interruzione della catena del DNA, con conseguente inibizione della replicazione dell’HBV. La telbivudina è un inibitore della sintesi sia del primo filamento (EC50 = 0,4-1,3 mcM) che del secondo filamento (EC50 = 0,12-0,24 mcM) di HBV, e mostra una netta preferenza per l’inibizione della produzione del secondo filamento. Viceversa, la telbivudina-5'-trifosfato, a concentrazioni fino a 100 mcM, non ha inibito la DNA polimerasi cellulare α, β, o γ. Nei saggi sulla struttura mitocondriale, sulla funzione e sul contenuto di DNA, la telbivudina non ha avuto effetto tossico apprezzabile a concentrazioni fino a 10 mcM e non ha aumentato la produzione di acido lattico in vitro.
L’attività antivirale in vitro della telbivudina è stata valutata nella linea cellulare 2.2.15 di epatoma umano che esprime l’HBV. La concentrazione di telbivudina che ha efficacemente inibito il 50% della sintesi virale (EC50) è stata di circa 0,2 mcM. L’attività antivirale della telbivudina è specifica per il virus B dell’epatite ed hepadnavirus correlati. In vitro la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dell’HIV. L’assenza di attività della telbivudina nei confronti dell’HIV non è stata valutata in studi clinici.
Esperienza clinica
La sicurezza e l’efficacia del trattamento a lungo termine (104 settimane) con Sebivo sono state valutate in due studi clinici controllati condotti in 1.699 pazienti con epatite B cronica (NV-02B-007 GLOBE e NV-02B-015).
Studio NV-02B-007 GLOBE
Lo studio NV-02B-007 GLOBE è uno studio di fase III multinazionale, in doppio cieco, randomizzato, su telbivudina in confronto a lamivudina, per un periodo di trattamento di 104 settimane in 1.367 pazienti affetti da epatite cronica B HBeAg-positivi e HBeAg-negativi mai trattati con nucleosidi. La maggioranza della popolazione arruolata era di origine Asiatica. I genotipi HBV più frequenti erano B (26%) e C (51%). Un numero esiguo (totale pari a 98) di pazienti Caucasici sono stati trattati con la telbivudina. L’analisi primaria dei dati è stata condotta dopo che tutti i pazienti avevano raggiunto la settimana 52.
Pazienti HBeAg-positivi: l’età media dei pazienti era di 32 anni, il 74% era di sesso maschile, l’82% era asiatico, il 12% caucasico e il 6% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.
Pazienti HBeAg-negativi: l’età media dei pazienti era di 43 anni, il 79% era di sesso maschile, il 65% era asiatico, il 23% caucasico e l’11% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.
Risultati clinici alla settimana 52
Gli endpoint di efficacia clinica e virologica sono stati valutati separatamente nelle popolazioni di pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi. L’endpoint primario di risposta terapeutica è stato un endpoint sierologico composito che richiede la soppressione dell’HBV DNA a < 5 log10 copie/ml, congiuntamente a perdita di HBeAg sierico o a normalizzazione delle ALT. Gli endpoint secondari comprendevano la risposta istologica, la normalizzazione delle ALT e diversi criteri di misura dell’efficacia antivirale.
Indipendentemente dalle caratteristiche basali, la maggior parte dei pazienti che assumeva Sebivo ha evidenziato una risposta istologica, virologica, biochimica e sierologica al trattamento. Livelli di ALT al basale > 2 x ULN e HBV DNA al basale < 9 log10 copie/ml sono stati associati a tassi più elevati di sieroconversione eAg in pazienti HBeAg-positivi. Pazienti che avevano raggiunto livelli di HBV DNA < 3 log10 copie/ml entro la settimana 24 hanno avuto una risposta ottimale al trattamento; viceversa i pazienti con livelli di HBV DNA> 4 log10 copie/ml a 24 settimane hanno avuto esiti meno favorevoli alla settimana 52.
Nei pazienti HBeAg-positivi, la telbivudina è stata superiore alla lamivudina nella risposta terapeutica (75,3% vs. 67,0% di responder; p = 0,0047). Nei pazienti HBeAg-negativi, la telbivudina è stata non inferiore alla lamivudina (75,2% e 77,2% di responder; p = 0,6187). L’etnia caucasica è stata associata ad una minore risposta al trattamento ad entrambi gli agenti antivirali utilizzati nello studio GLOBE; tuttavia la popolazione di pazienti Caucasici è stata molto limitata (n = 98).
Alla settimana 24, 203 soggetti HBeAg-positivi e 178 soggetti HBeAg-negativi hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili. Di questi soggetti HBeAg-positivi, il 95% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 39% ha raggiunto la sieroconversione HBeAg, il 90% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0,5% ha manifestato resistenza alla settimana 48. Analogamente, fra i soggetti HBeAg-negativi, il 96% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 79% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0% ha manifestato resistenza alla settimana 48.
I criteri selezionati di misurazione degli esiti virologici, biochimici e sierologici sono indicati nella Tabella 5 e la risposta istologica nella Tabella 6.
Tabella 5: Endpoint virologici, biochimici e sierologici alla settimana 52 (studio NV-02B-007 GLOBE)
Parametro di risposta | HBeAg-positivi (n = 921) | HBeAg-negativi (n = 446) |
Telbivudina 600 mg (n = 458) | Lamivudina 100 mg (n = 463) | Telbivudina 600 mg (n = 222) | Lamivudina 100 mg (n = 224) |
Riduzione media di HBV DNA rispetto al basale (log10 copie/ml) ± SEM¹,²,³ | -6,45 (0,11) * | -5,54 (0,11) | -5,23 (0,13) * | -4,40 (0,13) |
% di pazienti HBV DNA negativi mediante PCR | 60%* | 40% | 88%* | 71% |
Normalizzazione ALT4 | 77% | 75% | 74% | 79% |
Sieroconversione di HBeAg4 | 23% | 22% | - | - |
Perdita di HBeAg5 | 26% | 23% | - | - |
¹ SEM: Errore standard della media |
² Test PCR COBAS Amplicor® Roche (limite inferiore di quantificazione ≤ 300 copie/ml). |
³ HBeAg-positivi n = 443 e 444, HBeAg-negativi n = 219 e 219, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. La differenza nelle popolazioni è causata dall’uscita dei pazienti dallo studio e dalla mancata valutazione dell’HBV DNA alla settimana 52. |
4 HBeAg-positivi n = 440 e 446, HBeAg-negativi n = 203 e 207, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Normalizzazione delle ALT valutata solo nei pazienti con ALT > ULN al basale. |
5 n = 432 e 442, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Sieroconversione e perdita di HBeAg valutate solo nei pazienti con HBeAg rilevabile al basale. |
* p < 0,0001 |
Tabella 6: Miglioramento istologico e variazione del punteggio di fibrosi secondo Ishak alla settimana 52 (studio NV-02B-007 GLOBE)
| HBeAg-positivi (n = 921) | HBeAg-negativi (n = 446) |
Telbivudina 600 mg (n = 384)¹ | Lamivudina 100 mg (n = 386)¹ | Telbivudina 600 mg (n = 199)¹ | Lamivudina 100 mg (n = 207)¹ |
Risposta istologica² |
Miglioramento | 71%* | 61% | 71% | 70% |
Assenza di miglioramento | 17% | 24% | 21% | 24% |
Punteggio di fibrosi secondo Ishak³ |
Miglioramento | 42% | 47% | 49% | 45% |
Nessun cambiamento | 39% | 32% | 34% | 43% |
Peggioramento | 8% | 7% | 9% | 5% |
Biopsia mancante alla settimana 52 | 12% | 15% | 9% | 7% |
¹ Pazienti con ≥ una dose del farmaco in studio con biopsia epatica al basale valutabile e punteggio dell’indice di attività istologica (HAI) di Knodell > 3 al basale. |
² Risposta istologica definita come riduzione ≥ 2 punti del punteggio di attività necroinfiammatoria di Knodell rispetto al basale, senza peggioramento del punteggio di fibrosi di Knodell. |
³ Per il punteggio di fibrosi di Ishak, miglioramento misurato come riduzione ≥ 1 punto del punteggio di fibrosi di Ishak rispetto al basale alla settimana 52. |
* p = 0,0024 |
Risultati clinici alla settimana 104
Complessivamente, alla settimana 104 i risultati clinici nei pazienti trattati con telbivudina sono stati consistenti con quelli ottenuti alla settimana 52, dimostrando la permanenza di risposte efficaci nei pazienti trattati con telbivudina durante la continuazione del trattamento.
Tra i pazienti HBeAg-positivi, la risposta terapeutica (63% verso 48%; p < 0,0001) e i principali endpoint secondari (riduzione media log10 dell’HBV DNA: -5,74 verso -4,42; p < 0,0001, negatività del saggio PCR: 56% verso 39%; p < 0,0001 e normalizzazione delle ALT del 70% verso 62%) hanno evidenziato alla settimana 104 un aumento delle differenze tra telbivudina e lamivudina rispettivamente. Per la telbivudina è inoltre stata osservata una tendenza verso valori più elevati di perdita di HBeAg (35% verso 29%) e di sieroconversione (30% verso 25%). Inoltre, nel sottogruppo di pazienti con ALT basali ≥ 2x ULN (320), una percentuale significativamente superiore di pazienti trattati con telbivudina (36%) ha raggiunto sieroconversione HBeAg alla settimana 104 rispetto a lamivudina (28%).
Tra i pazienti HBeAg-negativi, le differenze di risposta terapeutica (78% verso 66%) e dei principali obiettivi secondari (riduzione media dell’HBV DNA: -5,00 log10 verso -4,17 log10, e negatività del saggio PCR: 82% verso 57%; p < 0,0001) sono risultate più elevate per la telbivudina sino alla settimana 104. I tassi di normalizzazione delle ALT (78% verso 70%) hanno continuato ad essere superiori sino alla settimana 104.
Predittività alla settimana 24
Alla settimana 24, 203 pazienti HBeAg positivi (44%) e 177 pazienti HBeAg negativi (80%) trattati con telbivudina hanno raggiunto livelli non determinabili di HBV DNA.
Sia nei pazienti HBeAg-positivi che in quelli negativi, i risultati di HBV DNA alla settimana 24 sono stati predittivi di un esito a lungo termine favorevole. I pazienti trattati con telbivudina che hanno raggiunto PCR negatività entro la settimana 24 hanno dimostrato alla settimana 104 il tasso più elevato di PCR-negatività e di sieroconversione (nei pazienti HBeAg-positivi) e, complessivamente, i livelli più bassi di ripresa della replicazione virale (breakthrough virologico).
I risultati alla settimana 104, basati sui livelli di HBV DNA alla settimana 24, sia per i pazienti HBeAg-positivi che per quelli HBeAg-negativi sono presentati nella Tabella 7.
Tabella 7: Principali endpoint di efficacia alla settimana 104 in base ai livelli serici di HBV DNA alla settimana 24, in pazienti trattati con telbivudina (NV-02B-007 GLOBE)
Livelli di HBV DNA alla settimana 24 | Risultati per i principali endpoint di efficacia alla settimana 104, sulla base dei risultati alla settimana 24 |
Risposta terapeutica n/N (%) | HBV DNA negativo misurato mediante PCR n/N (%) | Sieroconversione dell’HBeAg n/N (%) | Normalizzazione delle ALT n/N (%) | Breakthrough virologico* n/N (%) |
HBeAg-positivi |
< 300 copie/ml | 172/203 (85) | 166/203 (82) | 84/183 (46) | 160/194 (82) | 22/203 (11) |
Compresi tra 300 copie/ml e < 3 log10 copie/ml | 36/57 (63) | 35/57 (61) | 21/54 (39) | 40/54 (74) | 18/57 (32) |
≥ 3 log10 copie/ml | 82/190 (43) | 54/190 (28) | 23/188 (12) | 106/184 (58) | 90/190 (47) |
HBeAg-negativi |
< 300 copie/ml | 146/177 (82) | 156/177 (88) | N/A | 131/159 (82) | 11/177 (6) |
Compresi tra 300 copie/ml e < 3 log10 copie/ml | 13/18 (72) | 14/18 (78) | N/A | 13/17 (76) | 4/18 (22) |
≥ 3 log10 copie/ml | 13/26 (50) | 12/26 (46) | N/A | 14/26 (54) | 12/26 (46) |
N/A = non pertinente
* Breakthrough virologico: definito come “incremento di almeno un 1 log rispetto al valore di nadir” valutato alla settimana 104
Studio NV-02B-015
I risultati di efficacia e sicurezza dello studio 007 GLOBE sono stati confermati dallo studio NV-02B-015. È questo uno studio di fase III, in doppio cieco, randomizzato su telbivudina 600 mg somministrata una volta al giorno a confronto con lamivudina 100 mg somministrata una volta al giorno per un periodo di trattamento di 104 settimane in 332 pazienti cinesi HBeAg-positivi e HBeAg-negativi con epatite B cronica mai trattati con nucleosidi.
Persistenza della sieroconversione HBeAg
La persistenza della sieroconversione HBeAg è stata valutata utilizzando i dati rappruppati degli studi NV-02B-007 e NV-02B-015. La stima di Kaplan-Meier della proporzione di pazienti che hanno mantenuto la sieroconversione HBeAg per almeno 52 settimane dopo sospensione del trattamento è stata dell’86,2% per la telbivudina e del 92,8% per la lamivudina. I pazienti inseriti in questa analisi hanno completato ≥ 52 settimane di trattamento con il farmaco in studio ed hanno mostrato una perdita di HBeAg per ≥ 24 settimane, con livelli di HBV DNA misurati all’ultima visita < 5 log10 copie/ml, i pazienti HBeAg-negativi al basale hanno completato ≥ 52 settimane di trattamento con il farmaco in studio e hanno avuto una perdita di HBsAg documentata durante almeno 2 visite consecutive dello studio.
Resistenza clinica
Nello studio pivotal (NV-02B-007) l’analisi dei pazienti con rebound virologico alla settimana 48 (aumento confermato dei livelli di HBV DNA ≥ 1 log10 copie/ml rispetto al valore di nadir) ha indicato che, tra i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, rispettivamente il 5% (23/458) e il 2% (5/222) di quelli che hanno assunto la telbivudina hanno avuto un rebound virologico con mutazioni di resistenza dell’HBV rilevabili. Alla settimana 104, il tasso di resistenza alla telbivudina confermata genotipicamente è stato del 25,1% (115/458) nei pazienti HBeAg-positivi e del 10,8% nei pazienti HBeAg-negativi.
L’analisi genotipica effettuata in 203 coppie di campioni valutabili ottenuti da pazienti con HBV DNA ≥ 1.000 copie/ml ha dimostrato che la mutazione primaria associata a resistenza alla telbivudina alla settimana 104 era la sostituzione rtM204I, spesso associata alle mutazioni rtL180M e rtL80I/V e meno frequentemente alle rtV27A, rtL82M, rtV173L, rtT184I e rtA200V. I fattori basali correlati allo sviluppo di farmaco-resistenza genotipica comprendevano: il trattamento con lamivudina, elevati valori basali di HBV DNA, più bassi valori basali di ALT seriche e aumento di peso corporeo o dell’indice di massa corporea (BMI). I parametri di risposta misurati in corso di trattamento che alla settimana 24 si mostravano predittivi dell’emergenza di virus farmaco-resistenti entro la settimana 104 erano i livelli di HBV DNA > 300 copie/ml e l’innalzamento delle ALT sieriche.
Considerando i pazienti con breakthrough virologico entro la settimana 104, il tasso di resistenza è risultato inferiore nei pazienti con HBV DNA < 300 copie/ml alla settimana 24 rispetto ai pazienti con HBV DNA ≥ 300 copie/ml alla settimana 24. Nei pazienti HBeAg-positivi con HBV DNA < 300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dell’1% (3/203) alla settimana 48 e del 9% (18/203) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥ 300 copie/ml la resistenza è stata dell’8% (20/247) alla settimana 48 e del 39% (97/247) alla settimana 104. Nei pazienti HBeAg-negativi con HBV DNA < 300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dello 0% (0/177) alla settimana 48 e del 5% (9/177) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥ 300 copie/ml la resistenza è stata dell’11% (5/44) alla settimana 48 e del 34% (15/44) alla settimana 104.
Resistenza crociata
È stata osservata resistenza crociata tra gli analoghi nucleosidici HBV (vedere paragrafo 4.4). Nei saggi cellulari, ceppi di HBV lamivudina resistenti contenenti la mutazione rtM204I o la doppia mutazione rtL180M/rtM204V avevano una sensibilità alla telbivudina ridotta di ≥ 1.000 volte. Nelle colture cellulari, i ceppi di HBV codificanti per le sostituzioni rtN236T o rtA181V associate a resistenza ad adefovir hanno mostrato una sensibilità a telbivudina ridotta rispettivamente di 0,5 e 3,7 volte (vedere paragrafo 4.4).
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La farmacocinetica della telbivudina in somministrazione singola e ripetuta è stata valutata in soggetti sani e in pazienti con epatite cronica B. La farmacocinetica della telbivudina non è stata valutata alla dose raccomandata di 600 mg in pazienti con epatite cronica B. Tuttavia la farmacocinetica della telbivudina è simile nelle due popolazioni.
Assorbimento
A seguito di somministrazione orale di una dose singola di 600 mg di telbivudina in soggetti sani (n = 42), il picco di concentrazione plasmatica (Cmax) di telbivudina era 3,2 ± 1,1 mcg/ml (media ± DS) e si è verificato a una mediana di 3,0 ore dopo la somministrazione. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo della telbivudina (AUC0- ∞) era 28,0 ± 8,5 mcg•h/ml (media ± DS). La variabilità interindividuale (CV%) per i parametri di esposizione sistemica (Cmax, AUC) è stata tipicamente di circa 30%.
Effetto del cibo sull’assorbimento orale
L’assorbimento e l’esposizione della telbivudina sono rimasti inalterati quando una dose singola di 600 mg è stata somministrata con cibo.
Distribuzione
In vitro il legame della telbivudina alle proteine plasmatiche umane è basso (3,3%).
Biotrasformazione
Non sono stati rilevati metaboliti della telbivudina dopo somministrazione di 14C-telbivudina nell’uomo. La telbivudina non è un substrato, un inibitore o un induttore del sistema enzimatico del citocromo P450 (CYP450).
Eliminazione
Dopo il raggiungimento del picco di concentrazione, la disponibilità plasmatica della telbivudina si riduce in modo biesponenziale con un’emivita di eliminazione terminale (t½) di 41,8 ± 11,8 ore. La telbivudina è eliminata principalmente per escrezione urinaria di sostanza immodificata. La clearance renale della telbivudina si avvicina alla normale velocità di filtrazione glomerulare, suggerendo che la filtrazione è il principale meccanismo di escrezione. Dopo una dose orale singola di 600 mg di telbivudina, circa il 42% della dose viene recuperato nelle urine nell’arco di 7 giorni. Dato che l’escrezione renale è la via prevalente di eliminazione, i pazienti con disfunzione renale da moderata a grave e i pazienti in emodialisi richiedono un aggiustamento dell’intervallo di dose (vedere paragrafo 4.2).
Linearità/non-linearità
La farmacocinetica della telbivudina è proporzionale alla dose nell’intervallo da 25 a 1.800 mg. Lo stato stazionario è stato raggiunto dopo 5-7 giorni di monosomministrazione giornaliera con un accumulo di circa 1,5 volte nell’esposizione sistemica, suggerendo un’emivita effettiva di accumulo di circa 15 ore. Dopo una monosomministrazione giornaliera di telbivudina 600 mg, le concentrazioni plasmatiche di valle allo stato stazionario erano approssimativamente di 0,2-0,3 mcg/ml.
Popolazioni speciali
Sesso
Non ci sono differenze significative legate al sesso nella farmacocinetica della telbivudina.
Razza
Non ci sono differenze significative legate alla razza nella farmacocinetica della telbivudina.
Pediatria e geriatria
Non sono stati condotti studi di farmacocinetica su soggetti pediatrici o anziani.
Insufficienza renale
La farmacocinetica della telbivudina dopo dose singola (200, 400 e 600 mg) è stata valutata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza renale (valutata mediante clearance della creatinina). Sulla base dei risultati riportati nella Tabella 8, si raccomanda l’aggiustamento dell’intervallo di dose per la telbivudina nei pazienti con clearance della creatinina < 50 ml/min. (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Tabella 8: Parametri di farmacocinetica (media ± DS) della telbivudina in soggetti con diverso grado di funzionalità renale
| Funzionalità renale (clearance della creatinina in ml/min.) |
Normale (> 80) (n = 8) 600 mg | Lieve (50-80) (n = 8) 600 mg | Moderata (30-49) (n = 8) 400 mg | Grave (< 30) (n = 6) 200 mg | ESRD/Emodialisi (n = 6) 200 mg |
Cmax (mg/ml) | 3,4 ± 0,9 | 3,2 ± 0,9 | 2,8 ± 1,3 | 1,6 ± 0,8 | 2,1 ± 0,9 |
AUC0-∞ (mcg•h/ml) | 28,5 ± 9,6 | 32,5 ± 10,1 | 36,0 ± 13,2 | 32,5 ± 13,2 | 67,4 ± 36,9 |
CLRENALE (ml/min) | 126,7 ± 48,3 | 83,3 ± 20,0 | 43,3 ± 20,0 | 11,7 ± 6,7 | - |
Pazienti con insufficienza renale in emodialisi
L’emodialisi (fino a 4 ore) riduce l’esposizione sistemica alla telbivudina di circa il 23%. Dopo un aggiustamento dell’intervallo di dose per la clearance della creatinina, non è necessaria un’ulteriore modifica della dose durante l’emodialisi di routine (vedere paragrafo 4.2). La telbivudina deve essere somministrata dopo l’emodialisi.
Insufficienza epatica
La farmacocinetica della telbivudina dopo una dose singola di 600 mg è stata studiata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza epatica. Non ci sono stati cambiamenti nella farmacocinetica della telbivudina in soggetti con alterata funzionalità epatica rispetto a soggetti senza alterazione della funzione epatica. I risultati di questi studi indicano che non è necessario un aggiustamento del dosaggio per i pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).
I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute e genotossicità. La telbivudina non ha evidenziato potenziale carcinogenico. Nei test standard di tossicologia riproduttiva, non è stata osservata evidenza di un effetto tossico diretto della telbivudina. Nel coniglio, dosi di telbivudina tali da fornire livelli di esposizione pari a 37 volte a quelli osservati nell’uomo alla dose terapeutica (600 mg) sono stati associati a un aumento dell’incidenza di aborto e di parto prematuro. Questo effetto è stato ritenuto secondario alla tossicità materna.
La fertilità è stata esaminata in studi convenzionali condotti su ratti adulti e come parte di uno studio di tossicologia giovanile.
Nei ratti adulti, la fertilità è risultata diminuita quando i ratti sia maschi che femmine sono stati trattati con telbivudina a dosi di 500 o 1000 mg/kg/die (indice di fertilità inferiore in confronto ai rispettivi controlli). Non sono state osservate anomalie nella morfologia e nella funzionalità degli spermatozoi; testicoli e ovaie non hanno mostrato un profilo istologico peculiare.
Nessun effetto sulla fertilità è stato rilevato in altri studi, nei quali sia maschi che femmine di ratto trattati con dosi fino a 2000 mg/kg/die sono stati accoppiati con ratti non trattati (livelli di esposizione sistemica superiori di circa 6-14 volte a quelli raggiunti nell’uomo).
Negli studi di tossicità giovanile, i ratti sono stati trattati dal giorno 14 al giorno 70 post-partum e accoppiati con altri ratti che avevano ricevuto lo stesso trattamento (nessun accoppiamento tra ratti della stessa cucciolata). La fertilità è risultata diminuita nelle coppie che hanno ricevuto ≥ 1000 mg/kg/die, come dimostrato dalla riduzione degli indici di fertilità e di accoppiamento e dalla riduzione del tasso di concepimento. I parametri ovarici e uterini delle femmine che si sono accoppiate con successo non sono tuttavia risultati modificati.
Il livello senza effetti avversi osservabili (no observed adverse effect level, NOAEL) sulla fertilità o i parametri di accoppiamento è risultato essere di 250 mg/kg/die, corrispondente a livelli di esposizione superiori da 2,5 a 2,8 volte quelli raggiunti nell’uomo con normale funzionalità renale alla dose terapeutica.
Nucleo della compressa
Cellulosa microcristallina
Povidone
Sodio amido glicolato
Silice colloidale anidra
Magnesio stearato
Film di rivestimento della compressa
Titanio diossido (E 171)
Macrogol
Talco
Ipromellosa
Non pertinente.
2 anni.
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
Blister in PVC/alluminio.
Confezioni: 28 o 98 compresse rivestite con film
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Nessuna istruzione particolare.
Novartis Europharm Limited
Wimblehurst Road
Horsham
West Sussex, RH12 5AB
Regno Unito
EU/1/07/388/001 - AIC n. 037884018
EU/1/07/388/002
24/04/2007
25/01/2010