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VENLAFAXINA ALTER
Una capsula rigida a rilascio prolungato contiene venlafaxina cloridrato equivalente a 75 mg e 150 mg di venlafaxina.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere il paragrafo 6.1.
Capsule rigide a rilascio prolungato.
75 mg capsule rigide a rilascio prolungato: capsule di gelatina dura (tipo 0) di color carne contenenti due compresse rotonde, biconvesse, rivestite con film, con le scritte VEN impresso sulla capsula di chiusura e 75 sul corpo.
150 mg capsule rigide a rilascio prolungato: capsule di gelatina dura (tipo 00) di colore rosso scarlatto opaco contenenti tre compresse rotonde, biconvesse, rivestite con film, con le scritte VEN impresso sulla capsula di chiusura e 150 sul corpo.
Depressione Maggiore.
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Adulti:
Dose individuale: 75 mg una volta al giorno.
Si raccomanda di assumere le capsule con il cibo. Ogni capsula deve essere ingerita intera con del liquido. Non aprire, rompere, masticare o sciogliere la capsula in acqua. Venlafaxina Alter deve essere assunto in un’unica dose giornaliera la mattina o la sera, preferibilmente sempre alla stessa ora.
Episodi di depressione maggiore:
La dose efficace nel trattamento della depressione va normalmente dai 75 mg ai 225 mg. Il trattamento deve essere iniziato alla dose di 75 mg una volta al giorno. Alcuni effetti antidepressivi saranno evidenti dopo 2-4 settimane di terapia, con dosi standard adeguate. In caso di risposta clinica insoddisfacente, la dose può essere aumentata a 150 mg, quindi di nuovo fino a 225 mg. I pazienti che non rispondono possono trarre beneficio da un ulteriore incremento della dose fino a 375 mg; tuttavia, l’esperienza con alte dosi è ancora limitata. In tutti i casi, le dosi alte devono essere somministrate sotto attenta supervisione medica. Le dosi devono essere aumentate a intervalli di circa 2 settimane o più, con un minimo di 4 giorni tra ogni incremento. Se dopo 2-4 settimane non si osserva alcuna risposta, non sarebbe di alcun beneficio continuare il trattamento.
È comunemente accettato che episodi acuti di depressione maggiore richiedono continui trattamenti farmacologici di almeno 4-6 mesi. In alcuni pazienti potrebbero essere necessari più lunghi cicli di trattamento (vedere il paragrafo 5.1). Il medico curante deve valutare periodicamente l’utilità del trattamento prolungato con la venlafaxina.
Bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni di età:
La venlafaxina non deve essere usata per il trattamento di bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni di età (vedere il paragrafo 4.4).
Studi clinici controllati condotti su bambini e adolescenti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore non sono riusciti a dimostrare l’efficacia della terapia.
Anziani:
Negli anziani il trattamento deve essere iniziato alla più bassa dose raccomandata. In caso di aggiustamento individuale della dose,deve essere prestata maggiore attenzione nell’aumentare la dose (vedere il paragrafo 4.4).
Riduzione della dose in pazienti con insufficienza renale ed epatica (GFR) 10-70 mg/ml
La dose giornaliera deve essere ridotta del 25-50%.
La dose totale giornaliera della venlafaxina deve essere ridotta del 50% in pazienti sottoposti a emodialisi.
La somministrazione deve essere effettuata dopo il completamento dell’emodialisi.
In caso di insufficienza epatica moderata (tempo di protrombina 14-18 s): la dose giornaliera deve essere ridotta del 50%; in caso di insufficienza epatica grave devono essere valutate ulteriori riduzioni della dose.
L’interruzione improvvisa del trattamento deve essere evitata. Quando si interrompe la terapia con la venlafaxina, la dose deve essere gradualmente ridotta nell’arco di un periodo di almeno 1-2 settimane, al fine di ridurre il rischio di reazioni da sospensione (vedere i paragrafi 4.4 e 4.8). In caso di comparsa di sintomi intollerabili in seguito a riduzione della dose o a interruzione del trattamento, può essere necessario ripristinare la dose precedentemente prescritta. Successivamente, il medico può continuare a ridurre la dose, ma in modo più graduale.
La venlafaxina non deve essere usata in concomitanza con un inibitore MAO), o se non sono trascorsi almeno 14 giorni dall’interruzione del trattamento con un inibitore MAO . La somministrazione della venlafaxina deve essere interrotta almeno 7 giorni prima dell’inizio del trattamento con un MAO inibitore (vedere il paragrafo 4.5).
Ipersensibilità alla venlafaxina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Uso in bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni di età :
Venlafaxina Alter non deve essere usato per il trattamento di bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni di età. Negli studi clinici, comportamenti suicidii (tentativo di suicidio e ideazione di suicidio) e ostilità (essenzialmente aggressività, comportamento di opposizione e collera) sono stati osservati con maggiore frequenza in bambini e adolescenti trattati con antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo. Qualora, in base ad esigenze mediche, dovesse essere presa la decisione di effettuare comunque il trattamento, il paziente deve essere attentamente monitorato per quanto concerne la comparsa di sintomi correlati al suicidio. Per di più, non sono disponibili dati sulla sicurezza a lungo termine in bambini e adolescenti per quanto concerne la crescita, la maturazione e lo sviluppo cognitivo e comportamentale.
Suicidio/ideazione di suicidio: La depressione è associata a un aumentato del rischio di ideazione di suicidio, comportamenti autolesionisti e suicidio (eventi correlati al suicidio). Tale rischio persiste fino a quando non si verifica una significativa remissione.
Poiché è possibile che nel corso delle prime settimane o più di trattamento non si verifichi alcun miglioramento, i pazienti devono essere strettamente monitorati fino alla comparsa di tale miglioramento. In base all’esperienza clinica generale, il rischio di suicidio può aumentare nel corso delle prime fasi di miglioramento.
I pazienti con anamnesi di eventi correlati al suicidio o che manifestano un significativo grado di ideazione di suicidio prima dell’inizio del trattamento sono a rischio maggiore di ideazione e di tentativo di suicidio e, come tali, devono essere strettamente monitorati nel corso del trattamento. Una meta-analisi di studi clinici con farmaci antidepressivi controllati con placebo per il trattamento di disturbi psichiatrici ha dimostrato un aumentato rischio di comportamento suicida nei pazienti trattati con antidepressivi al di sotto di 25 anni di età rispetto a quelli trattati con placebo.
La stretta supervisione dei pazienti e in particolare di quelli ad alto rischio deve accompagnare la terapia farmacologica soprattutto nelle prime fasi del trattamento e dopo qualsiasi correzione della dose. I pazienti (e coloro che forniscono assistenza ai pazienti) devono essere istruiti sulla necessità di monitorare l’eventuale comparsa di qualsiasi peggioramento clinico, comportamento suicida, ideazione di suicidio e variazione insolita del comportamento, e di consultare immediatamente il medico in caso di comparsa di questi sintomi.
I pazienti (e coloro che forniscono assistenza ai pazienti) devono essere istruiti sulla necessità di monitorare l’eventuale insorgenza di tali eventi e di rivolgersi immediatamente al medico in caso di comparsa di questi sintomi.
Il rischio di suicidio deve essere considerato in tutti i pazienti depressi. Allo scopo di ridurre il rischio di sovradosaggio, deve essere prescritto un numero ridotto di capsule.
Aggressività
Come con altri medicinali antidepressivi, i pazienti trattati con la venlafaxina che hanno avuto una riduzione della dose o che hanno interrotto il trattamento possono manifestare comportamenti aggressivi. Pertanto,la venlafaxina deve essere utilizzata con cautela in pazienti con anamnesi di aggressività.
Acatisia/irrequietezza psicomotoria: L’uso di Venlafaxina Alter è stato associato allo sviluppo di acatisia, un disturbo caratterizzato da una spiacevole o angosciante irrequietezza e dalla necessità di muoversi spesso, accompagnata dall’incapacità di stare fermi o seduti. La probabilità di comparsa di questo disturbo è maggiore nel corso delle prime settimane di trattamento. Nei pazienti che sviluppano questi sintomi, un incremento della dose potrebbe rivelarsi dannoso.
Mania/ipomania
Episodi di mania/ipomania si possono verificare in una piccola percentuale di pazienti con disturbi dell’umore trattati con antidepressivi, inclusa la venlafaxina.
Come con altri antidepressivi, la venlafaxina deve essere usata con cautela in pazienti con anamnesi personale o familiare di disturbi bipolari.
Quando si tratta la fase depressiva di una psicosi maniaco-depressiva, è possibile che la fase depressiva evolva in fase maniacale.
Crisi epilettiche
Crisi epilettiche si verificano molto raramente. Come con altri antidepressivi, in pazienti con disturbi epilettici e/o sindrome cerebrale organica il trattamento deve essere somministrato con prudenza e deve essere accompagnato dal regolare e attento monitoraggio del paziente. Qualora si verifichi una crisi epilettica il trattamento deve essere interrotto.
Sindrome serotoninergica:
A causa del meccanismo di azione della venlafaxina e del rischio di sindrome serotoninergica, è necessario usare prudenza quando è necessario somministrare la venlafaxina in associazione a farmaci che possono influenzare i sistemi neurotrasmettitoriali serotoninergici, per esempio i triptani, gli inibitori selettivi delle MAO (moclobemide, toloxatone), la linezolide, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI o il litio (vedere il paragrafo 4.5)).
Sindrome neurolettica maligna:
Come con gli SSRI, la venlafaxina deve essere usata con prudenza in pazienti già in terapia con antipsicotici, poiché in alcuni pazienti trattati con questa associazione sono stati riferiti sintomi che suggeriscono la presenza della sindrome neurolettica maligna (vedere il pargrafo 4.5).
Midriasi e glaucoma ad angolo stretto
In associazione con la venlafaxina sono stati riferiti casi di midriasi; pertanto, i pazienti con aumentata pressione intra-oculare o i pazienti a rischio di glaucoma ad angolo stretto devono essere accuratamente monitorati.
Funzionalità epatica e funzionalità renale
Prima dell’inizio della terapia si raccomanda di controllare la funzione epatica e la funzione renale. Nei pazienti con cirrosi epatica o insufficienza renale da moderata a grave, è stata osservata una riduzione della clearance della venlafaxina e del suo metabolita attivo, mentre l’emivita di eliminazione di queste sostanze è risultata prolungata.
In questi pazienti potrebbe essere necessario considerare una dose inferiore e una somministrazione meno frequente. Come con tutti gli altri antidepressivi, la somministrazione della venlafaxina in questi pazienti deve essere effettuata con appropriata prudenza.
Diabete
In pazienti che soffrono di diabete, il trattamento con SSRI/SNRI può alterare il controllo glicemico. Pertanto, in questi pazienti potrebbe essere necessario considerare un aggiustamento della dose di insulina e/o degli ipoglicemizzanti orali.
Iponatriemia e SIADH
In associazione agli antidepressivi (inclusi gli SSRI), vi è stata una sola segnalazione di casi di iponatriemia secondaria a SIADH (sindrome transitoria da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico). Questi casi si sono verificati per lo più in pazienti anziani, in pazienti in terapia con diuretici o in pazienti con deplezione di liquidi di altra origine.
Nell’esperienza post-marketing ci sono state alcune rare segnalazioni spontanee di SIADH in pazienti anziani trattati con la venlafaxina. Anche se gli eventi segnalati si sono verificati durante la terapia con la venlafaxina, non è stata stabilita alcuna correlazione causale con il farmaco. Rari casi di iponatriemia sono stati riportati con la venlafaxina per lo più in pazienti anziani e sono tornati alla normalità dopo sospensione della venlafaxina. La terapia con la venlafaxina deve essere effettuata con cautela in pazienti anziani in particolare se assumono diuretici o altrimenti in pazienti con deplezione di liquidi.
Si raccomandano prudenza nella somministrazione e il regolare e attento monitoraggio del paziente in caso di:
disturbi della minzione (per es. ipertrofia prostatica, anche se tali problemi non sono previsti in quanto l’effetto anticolinergico della venlafaxina è debole);
glaucoma acuto ad angolo stretto, aumento della pressione intraoculare (di nuovo, il rischio di insorgenza di problemi con la venlafaxina è basso a causa del suo debole effetto anticolinergico);
riduzione o aumento della pressione arteriosa;
malattie cardiache, come turbe della conduzione cardiaca, angina pectoris e recente infarto miocardico. In questi casi, si devono attuare misure precauzionali standard e si deve prestare attenzione alla scelta della dose delle terapie concomitanti.
Malattie cardiovascolari, aumento o riduzione della pressione arteriosa
Aumenti della pressione arteriosa dose-correlati sono stati frequentemente riferiti nell’ambito degli studi clinici, soprattutto con dosi giornaliere superiori a 200 mg. Aumenti prolungati della pressione arteriosa possono avere conseguenze avverse. Pertanto, si raccomanda di misurare la pressione arteriosa ai pazienti che assumono la venlafaxina. Per quei pazienti che durante il trattamento con la venlafaxina presentano un aumento prolungato della pressione arteriosa (ipertensione grave e non controllata), è necessario considerare o una diminuzione della dose o la sospensione del trattamento. Si può verificare un aumento della frequenza cardiaca, in particolare con le dosi più alte. Si deve prestare attenzione ai pazienti con condizioni che possano essere compromesse da un aumento della frequenza cardiaca.
Variazioni significative nel controllo della pressione arteriosa (ipertensione ed ipotensione) e turbe della conduzione cardiaca sono state osservate soprattutto in pazienti anziani, ed è stata riferita una possibile associazione tra la venlafaxina e l’insorgenza di ischemia miocardica acuta. Pertanto, la venlafaxina deve essere usata con prudenza in pazienti con ischemia miocardica acuta, malattia cerobrovascolare acuta o altre malattie cardiache che possono aumentare il rischio di aritmie ventricolari.
Variazioni significative degli intervalli PR, QRS o QTc sono state riferite raramente in pazienti trattati con la venlafaxina nell’ambito degli studi clinici.
Ipercolesterolemia
Aumenti clinicamente rilevanti del colesterolo sierico sono stati registrati in pazienti trattati con la venlafaxina per almeno 3 mesi, in studi clinici a lungo termine controllati con placebo. Durante il trattamento a lungo termine deve essere prestata attenzione ai livelli sierici di colesterolo del paziente.
In caso di insorgenza di ipercolesterolemia, deve essere presa in considerazione la possibilità di trattare questo disturbo o di passare a un altro antidepressivo.
Anziani
I pazienti anziani sono spesso più sensibili agli antidepressivi. Particolare prudenza deve essere prestata nell’aumentare la dose (vedere il paragrafo 4.2).
Rischio di sanguinamento
Il rischio di sanguinamento della cute e delle mucose può aumentare in pazienti che assumono la venlafaxina. Come con tutti gli altri inibitori della ricaptazione della serotonina, la venlafaxina deve essere usata con cautela in pazienti con predisposizione al sanguinamento di queste zone.
Sintomi di astinenza riportati in associazione all’interruzione del trattamento con Venlafaxina Alter L’interruzione del trattamento, soprattutto se improvvisa, è spesso accompagnata dalla comparsa di sintomi di astinenza (vedere il paragrafo 4.8).
Il rischio di sintomi da sospensione dipende da diversi fattori, compresa la durata del trattamento, la dose terapeutica utilizzata e la velocità di riduzione della dose. Capogiri, disturbi sensoriali (compresa parestesia), disturbi del sonno (inclusa insonnia e sogni intensi), agitazione o ansia, nausea e/o vomito, tremore e cefalea sono le reazioni riportate con maggiore frequenza. In genere, questi sintomi si manifestano con intensità da lieve a moderata, anche se in alcuni pazienti possono svilupparsi in forma grave. La loro comparsa si verifica di solito nei primi giorni successivi all’interruzione del trattamento, anche se è stata riferita molto raramente in pazienti che hanno inavvertitamente dimenticato di assumere la dose giornaliera di farmaco. In genere, questi sintomi hanno un decorso auto-limitante e si risolvono nell’arco di 2 settimane; comunque, in alcune persone possono persistere più a lungo (2-3 mesi o più). Pertanto, è consigliabile che il trattamento con Venlafaxina Alter venga interrotto nell’arco di parecchie settimane o mesi, riducendo gradualmente la dose in base alle necessità del paziente (vedere il paragrafo 4.2 "Sintomi di astinenza riportati in associazione all’interruzione del trattamento con Venlafaxina Alter ").
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Inibitori delle MAO:
Sono stati riferiti effetti indesiderati (alcuni dei quali di grave entità) nei casi in cui la venlafaxina è stata somministrata subito dopo la sospensione di un farmaco inibitore delle MAO, o quando la terapia con un inibitore delle MAO è iniziata subito dopo la sospensione della venlafaxina.
Gli effetti indesiderati osservati sono stati: tremore, mioclonia, sudorazione, nausea, vomito, vampate, capogiri, ipertermia con caratteristiche cliniche simili alla sindrome neurolettica maligna, sindrome serotoninergica, convulsioni e morte.
Durante l’uso contemporaneo di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)/MAO inibitori, sono state segnalate le seguenti reazioni: ipertermia, rigidità, mioclonia, instabilità autonomica con rapide fluttuazioni dei segni vitali, modificazioni dello stato psichico (inclusa agitazione estrema con possibile evoluzione in delirio e coma), e stati simili alla sindrome neurolettica maligna.
Considerando queste reazioni e le interazioni gravi (talvolta fatali) riscontrate durante l’ uso concomitante o immediatamente consecutivo di un inibitore delle MAO o di altri antidepressivi con proprietà farmacologiche simili alla venlafaxina, è assolutamente sconsigliato l’uso della venlafaxina in concomitanza con un inibitore delle MAO o nei 14 giorni successivi alla sospensione del trattamento con un inibitore delle MAO. Sono necessari almeno 7 giorni di sospensione del trattamento con la venlafaxina prima di poter iniziare il trattamento con un inibitore delle MAO (vedere il paragrafo 4.3).
Se la terapia con la venlafaxina viene iniziata 14 giorni dopo l’interruzione di un inibitore delle MAO, nei primi giorni di trattamento è consigliabile somministrare una singola dose giornaliera di venlafaxina di 37,5 mg.
Le raccomandazioni sopra descritte sugli specifici intervalli di tempo intercorrenti tra l’interruzione del trattamento con un inibitore delle MAO e l’inizio della terapia con la venlafaxina si basano sui dati disponibili per gli inibitori delle MAO irreversibili. Il periodo di tempo necessario tra l’interruzione della moclobemide (un inibitore delle MAO reversibile) e l’inizio della terapia con la venlafaxina può essere inferiore a 14 giorni. Comunque, in considerazione del rischio di reazioni avverse (precedentemente descritte) associate agli inibitori delle MAO, deve essere assicurato un adeguato periodo di wash-out quando si passa dalla moclobemide alla venlafaxina. La determinazione di un adeguato periodo di wash-out deve prendere in considerazione le proprietà farmacologiche della moclobemide ed il giudizio del medico basato sull’esame clinico individuale del paziente.
Principi attivi associati al rischio di sindrome serotoninergica:
A causa del meccanismo di azione della venlafaxina e del rischio di sindrome serotoninergica, si consiglia di usare cautela quando la venlafaxina è somministrata in associazione a sostanze che influenzano i sistemi neurotrasmettitoriali serotoninergici, per es. i triptani, gli inibitori selettivi delle MAO (moclobemide, toloxatone), la linezolide, gli SSRI o il litio (vedere il paragrafo 4.4).
Principi attivi associati al rischio di sindrome neurolettica maligna:
Come con gli SSRI, la venlafaxina deve essere usata con prudenza in pazienti che sono già in terapia con antipsicotici, in quanto con questa associazione sono stati riferiti i sintomi della sindrome neurolettica maligna (vedere il paragrafo 4.4).
Simpaticomimetici alfa e beta:
L’uso di agenti simpaticomimetici alfa e beta (adrenalina, noradrenalina, dopamina) in caso di una procedura emostatica richiedente iniezioni sottocutanee e subgengivali, può causare fibrillazione ventricolare conseguente a un aumento dell’eccitabilità cardiaca..
La venlafaxina utilizzata in associazione ai simpaticomimetici alfa e beta usati per via endovenosa può causare ipertensione parossistica con possibili disturbi della frequenza cardiaca (inibizione dell’entrata del medicinale simpaticomimetico nella fibra simpatica).
Hypericum perforatum:
L’uso concomitante della venlafaxina e di prodotti a base dell’erba di San Giovanni (Hypericum perforatum) può portare a un potenziamento dell’attività serotoninergica associato a una maggiore incidenza di eventi avversi.
Terapia elettroconvulsivante:
L’esperienza clinica sull’uso concomitante della venlafaxina e della ECT è limitata. Poiché è stata riferita una prolungata attività convulsiva con l’uso concomitante di antidepressivi SSRI, si consiglia di usare prudenza.
Alcool:
I profili farmacocinetici della venlafaxina, dell’ODV e dell’etanolo non sono stati alterati dalla somministrazione di etanolo (0,5 mg/kg, una volta al giorno) a volontari sani. È stato dimostrato che la venlafaxina non aumenta il deterioramento delle capacità mentali o motorie causato dall’etanolo. Comunque, come con tutti gli altri farmaci attivi sul SNC, i pazienti devono essere avvisati di evitare il consumo di alcool durante l’assunzione della venlafaxina.
Anticoagulanti:
Si deve usare prudenza durante l’uso concomitante di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) con anticoagulanti (FANS, derivati dell’acido salicilico, ticlopidina ecc.) o con altri medicinali che possono aumentare il rischio di sanguinamento. Si deve prestare attenzione in pazienti con disturbi della coagulazione.
Farmaci per la perdita di peso:
La sicurezza e l’efficacia della terapia con la venlafaxina in associazione con farmaci per la perdita di peso (ivi compresa la fentermina) non sono state stabilite. La somministrazione concomitante della venlafaxina cloridrato e di farmaci per la perdita di peso non è raccomandata. La venlafaxina cloridrato non è indicata per la perdita di peso, da sola o in associazione con altri prodotti.
Clozapina:
Sono stati riferiti casi di aumento dei livelli di clozapina temporaneamente associati ad eventi avversi, incluse crisi epilettiche, in seguito alla somministrazione della venlafaxina a pazienti in terapia con clozapina.
Warfarin:
È stato segnalato un potenziamento degli effetti anticoagulanti, ivi compreso un aumento del tempo di protrombina (PT), del tempo di tromboplastina parziale o del Rapporto Internazionale Normalizzato (INR), in pazienti in trattamento con il warfarin che hanno ricevuto la venlafaxina.
Litio e Diazepam:
Le proprietà farmacocinetiche della venlafaxina e dell’O-demetilvenlafaxina (ODV) non hanno subito alterazioni in soggetti sani che hanno ricevuto la venlafaxina (somministrata al regime di dose fisso di 50 mg ogni 8 ore) in associazione al diazepam (una singola dose da 10 mg) o al litio (una singola dose da 600 mg). La somministrazione della venlafaxina non ha influenzato gli effetti psicomotori e psicometrici indotti dal diazepam.
Sono state segnalate interazioni tra il litio e la venlafaxina che hanno portato a un aumento dei livelli di litio.
Cimetidina:
La cimetidina ha inibito il metabolismo di primo passaggio della venlafaxina, ma non ha avuto alcun effetto rilevabile sulla formazione o sull’eliminazione dell’O-demetilvenlafaxina (ODV), che è presente in quantità molto superiori nella circolazione sistemica. Durante la co-somministrazione della venlafaxina e della cimetidina non sembrano essere necessari aggiustamenti della dose. Nei pazienti anziani e nei pazienti con disfunzione epatica, questa interazione potrebbe essere più pronunciata. Pertanto, per i pazienti anziani che assumono la venlafaxina in associazione alla cimetidina si raccomandano controlli clinici.
Risperidone:
Nei pazienti in terapia concomitante con la venlafaxina e il risperidone, la venlafaxina ha aumentato l’AUC (+32%) del risperidone e ha ridotto la CL/F (-38%), ma non ha modificato significativamente l’AUC del 9-idrossirisperidone e del suo metabolita attivo (risperidone e 9-OH-risperidone).
Indinavir:
Uno studio di farmacocinetica con l’indinavir ha mostrato una diminuzione del 28% dell’AUC e del 36% della Cmax dell’indinavir. L’indinavir non ha modificato la farmacocinetica della venlafaxina e dell’ODV. Il significato clinico di questa interazione non è noto.
Aloperidolo:
La venlafaxina, somministrata in condizioni di stato stazionario, ha inibito la clearance totale della dose orale di aloperidolo, con conseguente aumento dell’AUC dell’aloperidolo. Inoltre, la Cmax dell’aloperidolo è aumentata quando il farmaco è stato somministrato in concomitanza alla venlafaxina, mentre i valori dell’emivita di eliminazione (t ½) sono rimasti invariati. Il meccanismo sotteso a tale interazione non è noto.
Imipramina:
L’imipramina inibisce parzialmente la formazione dell’O-demetilvenlafaxina mediata dal CYP2D6. Tuttavia, la concentrazione totale di entrambe le sostanze attive (venlafaxina e O-demetilvenlafaxina (ODV)) non è stata alterata dalla co-somministrazione dell’imipramina. Pertanto, non sono necessari aggiustamenti della dose. La venlafaxina non modifica la farmacocinetica dell’imipramina e della 2-OH-imipramina. Tuttavia, in presenza della venlafaxina l’AUC, la Cmax e la C min della desipramina sono aumentate del 35% circa. L’AUC della 2-OH-desipramina è aumentata da 2,5 a 4,5 volte..
Una valutazione retrospettiva, condotta su pazienti trattati con la venlafaxina in concomitanza afarmaci antipertensivi o ipoglicemizzanti nell’ambito di studi clinici, non ha fornito evidenze a supporto di un’incompatibilità tra la terapia con la venlafaxina ed il trattamento con questi farmaci..
Non sono stati condotti studi clinici sull’effetto dell’associazione tra la venlafaxina ed altri antidepressivi.
Inibitori del CYP2D6 e del CYP3A4:
La maggiore via di eliminazione della venlafaxina avviene attraverso ilCYP2D6 e il CYP3A4. La venlafaxina viene metabolizzata principalmente a livello epatico dall’isoenzima CYP2D6 al suo metabolita attivo O-demetilvenlafaxina (ODV) e dall’isoenzima CYP3A3/4 in N-demetilvenlafaxina. CYP2D6. In base al profilo farmacocinetico della venlafaxina somministrata a pazienti in terapia concomitante con un inibitore del CYP2D6, non sono necessari aggiustamenti della dose in tali pazienti. Le interazioni che si verificano durante l’uso concomitante della venlafaxina con inibitori del CYP2D6 e del CYP3A4 (le due più importanti vie di eliminazione) non sono state oggetto di studio. Benché il CYP3A4 sia una via metabolica minore per la venlafaxina rispetto al CYP2D6, è comunque possibile un’interazione farmacologica clinicamente significativa tra gli inibitori del metabolismo mediato da CYP3A4- e la venlafaxina, così come è possibile un aumento dei livelli plasmatici della venlafaxina nei pazienti con bassa attività metabolica del CYP2D6 (7 % della popolazione europea). Pertanto, gli inibitori potenti del CYP3A4 (per es., ketoconazolo, eritromicina, cimetidina, verapamil) o le combinazioni di farmaci che inibiscono sia il CYP3A4 sia il CYP2D6 devono essere somministrate in concomitanza con la venlafaxina solo se strettamente necessario.
Uno studio di farmacocinetica ha mostrato un aumento dei livelli dell’AUC (+36%) nei pazienti con elevata attività metabolica del CYP2D6, mentre aumenti molto alti (fino a circa il 200%) dell’AUC sono stati osservati in alcuni pazienti con bassa attività metabolica del CYP2D6.
Principi attivi metabolizzati dal citocromo P450:
Studi in vitro e/o in vivo indicano che la venlafaxina è un inibitore del CYP2D6 relativamente debole e che non inibisce il CYP1A2, il CYP2C9 o il CYP3A4.
La venlafaxina e l’O-demetilvenlafaxina si legano alle proteine plasmatiche rispettivamente per il 27% e il 30%. Pertanto, è improbabile che si verifichino interazioni causate dal legame della venlafaxina e del suo principale metabolita alle proteine plasmatiche.
Gravidanza:
Non sono disponibili dati adeguati sull’uso della venlafaxina nelle donne in stato di gravidanza. L’esperienza limitata ottenuta sino ad oggi non suggerisce alcun aumento del rischio di anomalie congenite o di qualsiasi altra reazione avversa sulla gravidanza o sul nascituro. Studi sugli animali hanno dimostrato la tossicità riproduttiva del farmaco (vedere il paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.
Se la venlafaxina è utilizzata cronicamente fino al momento del parto, è necessario considerare la possibilità di comparsa di sintomi di astinenza nel neonato. La venlafaxina non deve essere usata durante la gravidanza salvo in caso di assoluta necessità.
Allattamento:
La venlafaxina e il suo metabolita attivo vengono escreti nel latte materno. Non è chiaro quale sia l’ effetto sul neonato. Pertanto, si deve scegliere se continuare/interrompere l’allattamento al seno o continuare/interrompere la terapia con la venlafaxina, considerando il beneficio dell’allattamento per il neonato e il beneficio della terapia con la venlafaxina per la madre.
In adulti sani, la venlafaxina non ha modificato le caratteristiche psicomotorie, le capacità cognitive o le prestazioni complesse. Comunque, qualsiasi medicinale psicoattivo può inibire la capacità di giudizio, di pensiero o la capacità di guidare. Pertanto, i pazienti devono essere messi in guardia su un possibile deterioramento della proprie capacità di guidare e di usare macchinari.
I pazienti con depressione manifestano molti sintomi associati (o correlati) allo stato clinico della malattia. Pertanto, in alcune situazioni è difficile stabilire se i sintomi osservabili siano il risultato della malattia stessa o se rappresentino una vera e propria reazione avversa al farmaco.
All’interno di ogni gruppo di frequenza, gli effetti indesiderati sono presentati in ordine decrescente di gravità.
Gli effetti indesiderati sono stati suddivisi nelle seguenti categorie:
Molto comune: ≥ 1/10
Comune: ≥ 1/100, < 1/10
Non comune: ≥ 1/1000, < 1/100
Raro: ≥ 1/10.000, < 1/1000
Molto raro: < 1/10.000, non noti (la frequenza non può essere stabilita sulla base dei dati disponibili)
Esami diagnostici
Raro: prolungamento del tempo di sanguinamento.
Patologie cardiache
Non comune: aritmie, inclusa tachicardia.
Molto raro: prolungamento degli intervalli QRS e QT, fibrillazione ventricolare, tachicardia ventricolare (compresa torsade de pointes), insufficienza cardiaca.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comune: ecchimosi, sanguinamento delle mucose.
Raro: prolungamento del tempo di sanguinamento, trombocitopenia.
Molto raro: discrasia ematica (compresa agranulocitosi, anemia aplastica, neutropenia e pancitopenia).
Patologie del sistema nervoso
Comune: sonnolenza, capogiri,, cefalea, ipertonia, parestesia, tremore.
Non comune: mioclonia.
Raro: convulsioni, sindrome neurolettica maligna (NMS), sindrome serotoninergica.
Molto raro: reazioni extrapiramidali (inclusa distonia e discinesia), discinesia tardiva.
Patologie dell’occhio
Comune: anomalie dell’accomodazione, midriasi, disturbi della visione.
Molto raro: glaucoma ad angolo stretto, glaucoma acuto.
Patologie dell’ orecchio e del labirinto
Non comune: tinnito.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comune: sbadiglio.
Molto raro: polmonite eosinofila accompagnata da sintomi come dispnea e dolore toracico.
Patologie gastrointestinali
Comune: riduzione dell’appetito, stipsi, nausea, vomito, secchezza delle fauci.
Non comune: alterazione del senso gusto, bruxismo, diarrea.
Molto raro: pancreatite.
Patologie renali e urinarie
Comune: riduzione della minzione (urgenza urinaria, in particolare).
Non comune: ritenzione urinaria.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune: sudorazione (compresa sudorazione notturna).
Non comune: dermatite, reazioni da fotosensibilità, eruzioni cutanee, alopecia.
Molto raro: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, prurito, formicolio, orticaria.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Molto raro: rabdomiolisi.
Patologie endocrine
Molto raro: aumento dei livelli di prolattina.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comune: aumento del colesterolo sierico (in particolare a seguito di somministrazione prolungata e con i dosaggi più alti), calo ponderale.
Non comune: iponatriemia, aumento ponderale.
Raro: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Patologie vascolari
Comune: ipertensione, vasodilatazione (soprattutto vampate di calore), ecchimosi, sanguinamento delle membrane mucose.
Non comune: ipotensione, ipotensione posturale, sincope.
Raro: emorragia (compresa emorragia cerebrale), sanguinamento gastrointestinale.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune: astenia/affaticamento.
Disturbi del sistema immunitario
Non comune: reazione da fotosensibilità.
Molto raro: anafilassi.
Patologie epatobiliari
Non comune: anomalie nei test della funzionalità epatica.
Raro: epatite.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Comune: anomalie dell’eiaculazione/orgasmo (uomini), anorgasmia, disfunzione erettile, riduzione della libido.
Non comune: orgasmo anomalo (donne), menorragia.
Disturbi psichiatrici
Comune: sogni inconsueti, insonnia, nervosismo, sedazione.
Non comune: agitazione, apatia, allucinazioni.
Raro: reazioni maniacali, ideazione/comportamento suicida e irrequietezza psicomotoria/acatisia (vedere il paragrafo 4.4).
Molto raro: delirio.
I seguenti effetti indesiderati sono stati riferiti nell’ambito dell’esperienza post-marketing:
patologie cardiache: insufficienza cardiaca, aritmie, dolore toracico, insufficienza cardiaca.
patologie respiratorie: polmonite interstiziale.
patologie gastrointestinali: pancreatite.
patologie del sistema emo- linfopoietico: emorragia (inclusa emorragia cerebrale), discrasia ematica (inclusa agranulocitosi, anemia aplastica, neutropenia e pancitopenia).
disturbi psichiatrici: agitazione, delirio.
Inoltre, sono stati riferiti anche i seguenti effetti indesiderati:
disturbi generali: cefalea, dolore addominale, dolore lombare, sindrome simil-influenzale, dolore, infezioni.
patologie respiratorie: faringite, rinite, sinusite.
Anche se questi eventi si sono verificati nel corso del trattamento con la venlafaxina, non vi è alcuna correlazione causale nota con Venlafaxina Alter
Sintomi di astinenza riportati in associazione all’interruzione del trattamento con SSRI
L’interruzione della terapia con la venlafaxina (soprattutto se improvvisa) in genere porta allo sviluppo di sintomi di astinenza. Le reazioni più comunemente riferite comprendono capogiri, disturbi sensoriali (inclusa parestesia), disturbi del sonno (inclusa insonnia e sogni intensi), agitazione o ansia, nausea e/o vomito, tremore e cefalea. In genere, questi eventi si manifestano con intensità da lieve a moderata e si risolvono senza trattamento; comunque, in alcuni pazienti possono manifestarsi in forma grave e/o persistere per periodi prolungati. Pertanto, quando il trattamento con la venlafaxina non è più necessario, si raccomanda di interromperlo gradualmente diminuendo a poco a poco il dosaggio (vedere i paragrafi 4.2 e 4.4).
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Nell’esperienza post-marketing sono stati riferiti casi fatali di sovradosaggio della venlafaxina, soprattutto in associazione ad alcol e/o ad altri farmaci.
Sintomi
I sintomi riferiti dopo il sovradosaggio comprendono alterazioni dello stato di coscienza (da sonnolenza a coma), ma anche agitazione, disturbi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea, tremore, ipertensione (lieve) e tachicardia. Sono state riferite variazioni dell’elettrocardiogramma (prolungamento dell’intervallo di QT, blocco di branca, prolungamento del segmento QRS), tachicardia sinusale e ventricolare, bradicardia, ipotensione, crisi epilettiche, vertigine e coma.
Terapia
Assicurare un’adeguata respirazione, ossigenazione e ventilazione.
Il trattamento consiste nell’attuazione delle misure di supporto atte a ridurre l’assorbimento (come il lavaggio gastrico se istituito subito dopo l’ingestione di grandi quantità di farmaco o la somministrazione di carbone attivato in associazione a sodio solfato), ed è anche sintomatico. L’induzione dell’emesi non è raccomandata se vi è rischio di aspirazione. Ritmo cardiaco e segni vitali devono essere attentamente monitorati. La venlafaxina e l’O-demetilvenlafaxina non vengono rimossi dalla dialisi. Non è noto nessun antidoto specifico per la venlafaxina.
Categoria farmacoterapeutica: Altri Antidepressivi, codice ATC: N 06 AX 16
La venlafaxina è un antidepressivo strutturalmente nuovo, chimicamente non correlabile agli antidepressivi triciclici, tetraciclici e agli altri agenti antidepressivi disponibili.
Studi preclinici hanno dimostrato che la venlafaxina e il suo principale metabolita, l’O-demetilvenlafaxina (ODV), sono potenti inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina. Inoltre, la venlafaxina inibisce debolmente la ricaptazione della dopamina.
Studi sugli animali mostrano che gli antidepressivi triciclici possono ridurre la sensibilità dei recettori β-noradrenergici dopo somministrazione cronica. Al contrario, la venlafaxina e il suo principale metabolita riducono la sensibilità dei recettori β-noradrenergici sia dopo somministrazione acuta (dose singola) che cronica. Il significato clinico di tale osservazione non è ancora noto. La venlafaxina e il suo principale metabolita sembrano avere efficacia molto simile per quanto riguarda l’azione generale sulla ricaptazione dei neurotrasmettitori.
Nei ratti la venlafaxina non ha di fatto alcuna affinità per i recettori colinergici muscarinici, H1-istaminergici o α1-adrenergici in vitro. La venlafaxina non possiede attività inibitoria sulle monoaminossidasi (MAO).
Episodi depressivi maggiori:
In uno studio clinico, pazienti in regime ambulatoriale – con anamnesi di depressione ricorrente che avevano risposto al trattamento con la venlafaxina entro 8 settimane e mantenuto tale risposta nel corso della fase iniziale di trattamento in aperto di 6 mesi – sono stati randomizzati nella terapia di mantenimento con la venlafaxina o il placebo per 12 mesi. Un numero significativamente inferiore di pazienti trattati con la venlafaxina ha avuto una ricaduta dei sintomi depressivi rispetto ai pazienti trattati con placebo.
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Assorbimento:
La venlafaxina viene assorbita quasi completamente e subisce un estensivo metabolismo, attraverso il quale viene formato il metabolita attivo O-demetilvenlafaxina. La biodisponibilità assoluta della venlafaxina somministrata in forma di capsule a rilascio prolungato è la stessa di quella somministrata nella forma a rilascio immediato: circa 40-45%. Dopo la somministrazione di uguali dosi giornaliere della venlafaxina (in forma di compresse a rilascio immediato due volte al giorno, oppure di capsule a rilascio prolungato una volta al giorno), sia l’AUC della venlafaxina che dell’O-demetilvenlafaxina è rimasta invariata. Dopo la somministrazione di capsule a rilascio prolungato, i picchi plasmatici della concentrazione della venlafaxina e dell’O-demetilvenlafaxina sono stati raggiunti circa entro 6 e 9 ore. I picchi plasmatici della concentrazione della venlafaxina e le fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche sono rispettivamente inferiori e leggermente inferiori rispetto a quelle che si osservano dopo somministrazione della forma a rilascio immediato.
Distribuzione:
Il legame della venlafaxina e dell’O-demetilvenlafaxina alle proteine plasmatiche è rispettivamente di circa il 27% e il 30%.
Metabolismo:
Dopo l’assorbimento, la venlafaxina subisce un estensivo metabolismo pre-sistemico nel fegato. Il metabolita principale della venlafaxina è l’O-demetilvenlafaxina. Tuttavia, la venlafaxina viene anche metabolizzata a N-demetilvenlafaxina, N2O-didemetilvenlafaxina e altri metaboliti minori. Studi in vitro indicano che la formazione di O-demetilvenlafaxina è catalizzata dal CYP2D6 e che la formazione di N-demetilvenlafaxina è catalizzata dal CYP3A3/4.
Il metabolismo mediato dal CYP2D6 non ha rilevanza per quanto riguarda i dosaggi della venlafaxina nei pazienti con attività metabolica sia bassa sia elevata. In entrambi i gruppi, l’esposizione totale ai principi attivi (venlafaxina e O-demetilvenlafaxina) è identica.
Escrezione:
La venlafaxina e l’O-demetilvenlafaxina vengono escrete principalmente attraverso i reni. Circa l’87% di una singola dose di venlafaxina è presente nelle urine nelle 48 ore successive alla somministrazione sotto forma di venlafaxina inalterata, O-demetilvenlafaxina non coniugata, O-demetilvenlafaxina coniugata o altri metaboliti minori.
Somministrazione ripetuta:
Durante la somministrazione orale ripetuta, le concentrazioni allo stato stazionario della venlafaxina e dell’O-demetilvenlafaxina vengono raggiunte entro 3 giorni. Nell’intervallo di dose 75 – 450 mg/ giorno, la venlafaxina e l’O-demetilvenlafaxina mostrano una cinetica lineare.
Durante l’uso cronico in volontari sani non è stato osservato alcun accumulo inatteso della venlafaxina o dell’O-demetilvenlafaxina.
Interazioni con il cibo e speciali gruppi di pazienti:
La somministrazione della venlafaxina con il cibo non ha effetti sull’assorbimento della venlafaxina né sulla successiva formazione dell’O-demetilvenlafaxina.
Sesso ed età dei pazienti non hanno alcun effetto significativo sulla farmacocinetica della venlafaxina. In pazienti al di sopra dei 60 anni di età, è stata osservata una riduzione del 20% della clearance dell’O-demetil-venlafaxina; tale effetto è stato probabilmente causato dalla ridotta funzionalità renale, che spesso si manifesta all’avanzare dell’età.
In alcuni pazienti con cirrosi epatica compensata, sia la farmacocinetica della venlafaxina che dell’O-demetilvenlafaxina è risultata significativamente alterata. La riduzione del metabolismo della venlafaxina e dell’eliminazione dell’ O-demetilvenlafaxina ha prodotto un aumento delle concentrazioni plasmatiche sia della venlafaxina che dell’O-demetilvenlafaxina.
In pazienti con disfunzione renale da moderata a grave, sia la clearance totale della venlafaxina che dell’O-demetilvenlafaxina è risultata ridotta e l’emivita prolungata. La riduzione della clearance totale è stata più pronunciata nei pazienti con clearance della creatinina < 30 ml/min.
Negli studi sulla tossicità cronica della venlafaxina, hanno predominato gli effetti sul SNC.
La venlafaxina e il suo principale metabolita non hanno mostrato alcuna attività mutagena negli esseri umani in un’ampia serie di test in vitro e in vivo. Studi a lungo termine con la venlafaxina in ratti e topi non hanno rilevato evidenze di carcinogenesi. In studi di tossicità riproduttiva su ratti e conigli sono stati osservati effetti embriotossici ma non teratogeni nei ratti. Riduzioni del peso fetale e aumenti dei nati morti e della mortalità della prole sono stati osservati a livelli di dose appena al di sopra della dose giornaliera massima raccomandata negli uomini.
In vitro, un blocco parziale dei canali del sodio cardiaci è stato osservato a concentrazioni micromolari. La correlazione con l’insorgenza di aritmia e fibrillazione ventricolare dopo sovradosaggio o inibizione del metabolismo della venlafaxina non è chiara.
75 mg capsule rigide a rilascio prolungato:
Contenuto della capsula:
ipromellosa
copolimero di ammonio metacrilato (tipo B)
sodio laurilsolfato
magnesio stearato
rivestimento:
copolimero di metacrilato butilato basico: 12,5%
involucro della capsula:
gelatina
titanio diossido (E 171)
ferro ossido rosso (E172)
inchiostro colorante:
gommalacca
ferro ossido nero (E172)
glicole propilenico (E1520)
150 mg capsule rigide a rilascio prolungato:
contenuto delle capsule:
ipromellosa
copolimero di ammonio metacrilato (tipo B)
sodio laurilsolfato
magnesio stearato
rivestimento:
copolimero di metacrilato butilato basico: 12,5%
involucro della capsula:
gelatina
titanio diossido (E 171)
eritrosina (E127)
indigotina I (E 132)
inchiostro colorante:
gommalacca
ferro ossido nero (E172)
glicole propilenico (E1520)
Non pertinente.
3 anni.
Non conservare a temperatura superiore a 30°C
Blister in PVC/PE/PVDC/Al
14, 28, 30 e 98 capsule da 75 mg
10, 28, e 98 capsule da 150 mg
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Nessuna istruzione particolare
Laboratori Alter s.r.l
Via Egadi 7,
20144 Milano
75 mg capsule rigide a rilascio prolungato 14 capsule in blister PVC/PE/PVDC/AL
AIC n. 038465050/M (in base 10) 14PVJU (in base 32)
150 mg capsule rigide a rilascio prolungato 10 capsule in blister PVC/PE/PVDC/AL
AIC n. 038465074/M (in base 10) 14PVKL (in base 32)
Gennaio 2009