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VENLAFAXINA MYLAN GENERICS
Formulazione da 75 mg
Ogni capsula contiene 84,86 mg di venlafaxina cloridrato, equivalente a 75 mg di venlafaxina.
Formulazione da 150 mg
Ogni capsula contiene 169,71 mg di venlafaxina cloridrato, equivalente a 150 mg di venlafaxina.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere il paragrafo 6.1.
Capsule rigide a rilascio prolungato.
Formulazione da 75 mg
Capsule rigide a rilascio prolungato, opache, color carnicino, con impresso “VEN” su di un lato della capsula e 75 sull’altro lato.
Formulazione da 150 mg
Capsule rigide a rilascio prolungato, opache, scarlatte, con impresso “VEN” su di un lato della capsula e 150 sull’altro lato.
Episodi di depressione maggiore
Trattamento a breve termine dei disturbi da ansia sociale/fobia sociale
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Episodi di depressione maggiore
La dose efficace per il trattamento della depressione è solitamente compresa tra 75 mg e 225 mg.
Il trattamento deve iniziare con 75 mg una volta al giorno. Alcuni effetti diventeranno evidenti dopo 2-4 settimane di terapia con dosi standard adeguate. Se la risposta clinica è insoddisfacente, la dose può essere aumentata a 150 mg e poi a 225 mg. I pazienti che non rispondono possono ottenere beneficio con dosi più alte, fino a 375 mg, tuttavia l’esperienza con alte dosi è ancora limitata. In tutti i casi le dosi elevate devono essere somministrate sotto attenta supervisione. Le dosi devono essere aumentate a intervalli di circa 2 o più settimane, con un minimo di 4 giorni tra ogni aumento. Se non si osserva una risposta entro 2-4 settimane, non vi è beneficio dal continuare il trattamento.
È generalmente accettato che gli episodi acuti di depressione maggiore richiedono un trattamento farmacologico continuato per 4-6 mesi. Alcuni pazienti possono richiedere trattamenti più prolungati (vedere il paragrafo 5.1). Il medico curante deve periodicamente rivalutare la necessità della continuazione del trattamento.
Trattamento a breve termine dei disturbi da ansia sociale/fobia sociale
La dose raccomandata per il trattamento di disturbi da ansia sociale è 75 mg/die. Nei pazienti che non rispondono adeguatamente alla dose di 75 mg, questa dose può essere aumentata con incrementi di 75 mg, ad intervalli di almeno 4 giorni tra ogni aumento, fino a un massimo di 225 mg. L’efficacia della venlafaxina nel trattamento dei disturbi da ansia sociale è stata dimostrata in 4 studi controllati contro placebo della durata di 12 settimane. L’efficacia a lungo termine non è stata dimostrata.
Pazienti con compromissione renale o epatica
Ai pazienti con compromissione renale o epatica devono essere somministrate dosi inferiori di venlafaxina. In questi pazienti può essere necessario iniziare il trattamento con le forme farmaceutiche di venlafaxina a rilascio immediato. La dose totale deve essere ridotta del 25-50% nei pazienti con velocità di filtrazione glomerulare di 10-70 ml/min. Nei pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina <30 ml/min) o in pazienti in emodialisi, la dose deve essere ridotta del 50%.
Non vi sono dati relativi a pazienti con moderata o grave compromissione epatica, ma si consiglia cautela e si deve considerare la possibilità di ridurre la dose di oltre il 50%.
Nei pazienti con grave compromissione epatica, occorre fare una valutazione dei benefici e dei rischi derivanti dal trattamento.
Pazienti anziani
Nei pazienti anziani si deve iniziare con la minima dose raccomandata. Dopo aver individualizzato la dose, occorre prestare particolare cautela quando si aumenta la dose. (vedere il paragrafo 4.4).
Bambini e adolescenti
Venlafaxina capsule a rilascio prolungato non deve essere usata nel trattamento di bambini e adolescenti di età inferiore a 18 anni (vedere il paragrafo 4.4).
Sintomi da astinenza osservati alla sospensione della venlafaxina
La sospensione improvvisa deve essere evitata. Quando si sospende il trattamento con la venlafaxina, la dose deve essere ridotta gradualmente in un periodo di almeno una o due settimane al fine di ridurre il rischio di reazioni da astinenza (vedere i paragrafi 4.4 e 4.8). Se sono state usate dosi elevate per più di 6 settimane, si raccomanda una riduzione graduale in almeno 2 settimane.
Se compaiono sintomi intollerabili dopo una diminuzione della dose o dopo l’interruzione del trattamento, può essere considerata la decisione di riprendere la dose precedentemente prescritta. Successivamente il medico può continuare a ridurre la dose ma in modo più graduale. Il periodo per la sospensione può dipendere dalla dose, dalla durata della terapia e dal singolo paziente.
Somministrazione
Si raccomanda di assumere le capsule durante il pasto. Ogni capsula deve essere ingerita intera con del liquido. La capsula non deve essere divisa, rotta, masticata o disciolta in acqua. Venlafaxina capsule a rilascio prolungato deve essere presa una volta al giorno, preferibilmente alla stessa ora ogni giorno, al mattino o alla sera.
I pazienti trattati con la venlafaxina in forme farmaceutiche a rilascio immediato, possono passare alla venlafaxina capsule a rilascio prolungato alla dose equivalente più simile (mg per giorno). Tuttavia può essere necessario un aggiustamento individuale della dose.
Ipersensibilità alla venlafaxina o a uno qualsiasi degli eccipienti.
Venlafaxina capsule a rilascio prolungato non deve essere usata in associazione con un IMAO o entro 14 giorni dalla sospensione del trattamento con un IMAO. Dopo la sospensione della venlafaxina devono trascorrere 7 giorni prima di iniziare un trattamento con un IMAO (vedere il paragrafo 4.5).
Uso nei bambini e negli adolescenti di età inferiore a 18 anni
Venlafaxina capsule a rilascio prolungato non deve essere utilizzata per il trattamento di bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni di età. Comportamenti suicidi (tentativi di suicidio e ideazione suicida) e ostilità (essenzialmente aggressività, comportamento oppositivo e collera) sono stati osservati con maggiore frequenza negli studi clinici effettuati su bambini e adolescenti trattati con antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo. Qualora, in base ad esigenze mediche, dovesse essere presa la decisione di effettuare il trattamento, il paziente deve essere sorvegliato attentamente per quanto concerne la comparsa di sintomi suicidi. Per di più, non sono disponibili i dati sulla sicurezza a lungo termine per i bambini e gli adolescenti per quanto concerne la crescita, la maturazione, lo sviluppo cognitivo e comportamentale.
Pazienti anziani
I pazienti anziani sono spesso più sensibili agli antidepressivi. Occorre prestare particolare cautela quando si aumenta la dose (vedere il paragrafo 4.2).
Suicidio/ideazione suicida o peggioramento clinico
La depressione è associata ad aumentato rischio di pensieri suicidi, autolesionismo e suicidio (suicidio/eventi correlati). Tale rischio persiste fino a che non si verifica una remissione significativa. Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento. È esperienza clinica generale che il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi del miglioramento.
Anche altre patologie psichiatriche per le quali viene prescritta Venlafaxina capsule a rilascio prolungato possono essere associate a un aumentato rischio di comportamento suicida. Inoltre, queste patologie possono essere associate a depressione maggiore. Quando si trattano pazienti con depressione maggiore si devono, pertanto, osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con altre patologie psichiatriche.
Pazienti con anamnesi positiva per comportamento o pensieri suicidi, o quelli che manifestano un grado significativo di ideazione suicida prima dell’inizio del trattamento, sono noti per essere a maggior rischio di ideazione suicida o di tentativi di suicidio, e devono essere attentamente controllati durante il trattamento.
Una metanalisi degli studi clinici controllati contro placebo, condotti con farmaci antidepressivi in confronto con placebo nella terapia di disturbi psichiatrici, ha mostrato un aumento del rischio di comportamento suicida nei pazienti trattati con antidepressivi rispetto al placebo nella fascia di età inferiore a 25 anni.
La terapia farmacologica con antidepressivi deve essere sempre associata a una stretta sorveglianza dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, specialmente nelle fasi iniziali del trattamento e dopo cambiamenti di dose. I pazienti (e chi si prende cura di loro) devono essere avvertiti della necessità di monitorare l’eventuale comparsa di tali eventi e di cercare assistenza medica immediatamente se si presentano questi sintomi.
In tutti i pazienti con depressione deve essere considerato il rischio di suicidio. Pertanto i pazienti devono ricevere un numero limitato di capsule, al fine di ridurre il rischio di sovradosaggio.
Aggressività
Come con altri farmaci antidepressivi, durante la terapia con la venlafaxina, durante la riduzione della dose e alla fine della terapia possono insorgere comportamenti aggressivi. Pertanto la venlafaxina deve essere usata con cautela nei pazienti con precedenti di comportamento aggressivo.
Acatisia/irrequietezza psicomotoria
L’uso di Venlafaxina capsule a rilascio prolungato è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da una irrequietezza soggettivamente spiacevole o angosciante e di necessità di muoversi spesso accompagnata da incapacità di sedere o stare immobile. Ciò è più probabile che accada entro le prime settimane di trattamento. In pazienti che sviluppino questi sintomi, l’aumento della dose può essere dannoso e può essere necessario riconsiderare l’uso di Venlafaxina capsule a rilascio prolungato.
Midriasi/glaucoma ad angolo chiuso
È stata segnalata midriasi in associazione all’uso della venlafaxina, pertanto i pazienti con aumentata pressione intraoculare o a rischio di glaucoma ad angolo chiuso devono essere attentamente monitorati.
Mania/ipomania
In un piccolo numero di pazienti con disturbi dell’umore possono comparire mania/ipomania se trattati con antidepressivi, inclusa la venlafaxina.
Durante la fase pre-marketing, cambiamenti verso mania/ipomania hanno interessato lo 0,2% dei pazienti trattati con venlafaxina per disturbi di ansia sociale. Come tutti gli antidepressivi, la venlafaxina deve essere usata con cautela nei pazienti con anamnesi di mania.
Durante il trattamento di una psicosi maniaco-depressiva, questa può evolvere in una fase maniacale.
Convulsioni
Molto raramente compaiono convulsioni. Come per altri antidepressivi, nei pazienti con epilessia e/o una sindrome organica cerebrale è richiesta una scelta accurata della dose, assieme a un regolare e stretto monitoraggio del paziente. Se compaiono convulsioni il trattamento deve essere sospeso.
Sindrome serotoninergica
A causa del meccanismo d’azione della venlafaxina e del rischio di una sindrome da serotonina, si deve usare cautela quando è richiesta la somministrazione di venlafaxina in associazione con sostanze che influiscono sul sistema di neurotrasmissione serotoninergico, ad es. triptani, IMAO selettivi (moclobemide, toloxatone), linezolid, SSRI o litio (vedere il paragrafo 4.5).
Sindrome neurolettica maligna
Come gli SSRI, la venlafaxina deve essere usata con cautela nei pazienti già in trattamento con antipsicotici, poiché con questa associazione sono stati segnalati sintomi riconducibili alla sindrome neurolettica maligna (vedere il paragrafo 4.5).
Funzione epatica e renale
Prima di iniziare la terapia occorre controllare la funzionalità epatica e renale. In pazienti con cirrosi epatica o disfunzioni renali moderate o gravi, la clearance della venlafaxina e del suo metabolita attivo è ridotta, mentre l’emivita di eliminazione di queste sostanze è prolungata. Può essere richiesta una dose più bassa o meno frequente. Come tutti gli altri antidepressivi, la venlafaxina deve essere usata con appropriata cautela in tali pazienti.
Diabete
Nei pazienti con diabete il trattamento con SSRI/SNRI può influenzare il controllo del glucosio. La dose di insulina e/o di antidiabetico orale potrebbe necessitare di un aggiustamento.
Iposodiemia/SIADH
In associazione con antidepressivi (inclusi gli SSRI) sono stati riportati casi di iposodiemia secondaria a una SIADH transitoria (Sindrome da Inappropriata Secrezione dell’Ormone Antidiuretico). Nella maggior parte dei casi, ciò si verifica nei pazienti anziani, in quelli trattati con diuretici o che soffrono di ipovolemia dovuta ad altri motivi, pertanto quando si somministra venlafaxina deve essere esercitata cautela e un accurato monitoraggio.
In ricerche post-marketing vi sono stati pochi rari casi di segnalazioni spontanee di SIADH durante l’uso di venlafaxina nei pazienti anziani. Benché tali eventi siano comparsi in associazione con il trattamento con venlafaxina, non è stato stabilito un nesso causale certo.
Durante il trattamento con venlafaxina sono stati segnalati rari casi di iposodiemia, per lo più in pazienti anziani, che si sono normalizzati dopo la sospensione del trattamento. Deve essere usata cautela quando si somministra la venlafaxina negli anziani, particolarmente nei pazienti che usano diuretici o che soffrono di ipovolemia per altri motivi.
Sono richiesti un accurato dosaggio e un regolare e stretto monitoraggio del paziente in caso di:
- disturbi della minzione (ad es. ipertrofia prostatica, anche se tali problemi non sono prevedibili poiché l’effetto anticolinergico della venlafaxina è debole);
- glaucoma ad angolo chiuso, aumento della pressione intraoculare (anche in questo caso il rischio è minimo a causa del debole effetto anticolinergico della venlafaxina);
- ipertensione o ipotensione;
- patologie cardiache, come anomalie della conduzione, angina pectoris e recente infarto del miocardio. In tali casi devono essere adottate le precauzioni standard e occorre dosare accuratamente i medicinali assunti in concomitanza.
Malattie cardiovascolari, ipertensione o ipotensione
Negli studi clinici sono stati segnalati comunemente aumenti della pressione sanguigna correlati alla dose, particolarmente con dosi giornaliere superiori a 200 mg. Prolungati aumenti della pressione possono avere conseguenze negative. La misurazione della pressione è pertanto raccomandata nei pazienti trattati con venlafaxina. Per i pazienti che presentano un prolungato aumento della pressione (ipertensione grave e non controllata) durante il trattamento con venlafaxina, deve essere considerata la riduzione della dose o la sospensione del trattamento. Possono comparire aumenti delle frequenza cardiaca, particolarmente ad alte dosi. Deve essere esercitata cautela nei pazienti le cui condizioni concomitanti possono essere compromesse dall’aumento della frequenza cardiaca.
Sono stati osservati cambiamenti significativi della pressione (ipertensione ed ipotensione) e anomalie della conduzione, particolarmente negli anziani, e una possibile associazione tra venlafaxina e ischemia acuta del miocardio. Pertanto la venlafaxina deve essere usata con cautela nei pazienti con ischemia acuta del miocardio, malattie cerebrovascolari acute o altre malattie cardiache che possono aumentare il rischio di aritmie ventricolari.
Durante gli studi clinici sono stati osservati raramente cambiamenti significativi degli intervalli PR, QRS o QTc in pazienti trattati con venlafaxina.
Ipercolesterolemia
In pazienti in terapia con venlafaxina, trattati per almeno 3 mesi in studi controllati a lungo termine contro placebo, può comparire un aumento clinicamente rilevante del colesterolo sierico. Durante i trattamenti prolungati si deve prestare attenzione ai livelli di colesterolo.
Qualora insorga ipercolesterolemia, occorre valutare se trattare questo disturbo o passare ad un altro antidepressivo.
Rischio di sanguinamento
In pazienti che assumono venlafaxina, il rischio di sanguinamento cutaneo o delle mucose può essere aumentato. Come altre sostanze che inibiscono il riassorbimento della serotonina, la venlafaxina deve essere usata con cautela in pazienti ad aumentato rischio di sanguinamento in queste localizzazioni.
Sintomi da astinenza osservati alla sospensione di Venlafaxina capsule a rilascio prolungato
I sintomi da astinenza osservati all’interruzione del trattamento sono comuni, particolarmente in caso di brusca interruzione (vedere il paragrafo 4.8).
Il rischio di comparsa dei sintomi da astinenza può dipendere da diversi fattori, compresi la durata della terapia, la dose e la percentuale di riduzione della dose.
Le reazioni più comunemente osservate sono: capogiri, disturbi del sensorio (comprese parestesie), disturbi del sonno (compresi insonnia e sogni vividi), agitazione o ansia, nausea e/o vomito, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente, l’intensità di tali sintomi è da lieve a moderata, tuttavia in alcuni pazienti può essere grave. In genere compaiono entro i primi giorni di sospensione del trattamento, ma vi sono stati casi molto rari nei quali sono comparsi in pazienti che avevano inavvertitamente saltato una dose. Generalmente tali sintomi sono auto-limitanti e di solito si risolvono entro due settimane, sebbene in alcuni individui possano durare più a lungo (2-3 mesi o più). Pertanto, quando si sospende il trattamento, si consiglia di ridurre gradualmente la dose di Venlafaxina capsule a rilascio prolungato nel corso di un periodo di diverse settimane o mesi, in base alle necessità del paziente (vedere il paragrafo 4.2).
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Inibitori delle MAO
Sono stati segnalati effetti indesiderati, alcuni dei quali gravi, nei casi in cui la terapia con venlafaxina è stata iniziata dopo un periodo troppo breve dall’interruzione di un IMAO e quando la terapia con un IMAO è stata iniziata troppo precocemente dopo l’interruzione della venlafaxina.
Queste reazioni includevano tremore, mioclonia, sudorazione, nausea, vomito, vampate, capogiri, ipertermia con manifestazioni somiglianti alla sindrome neurolettica maligna, sindrome serotoninergica, convulsioni e morte.
Durante l’uso concomitante di SSRI/IMAO sono state osservate le seguenti reazioni: ipertermia, rigidità, mioclonia, instabilità del sistema nervoso autonomo con rapide fluttuazioni dei parametri vitali, cambiamenti dello stato mentale (inclusa estrema agitazione che può evolvere in delirio e coma) manifestazioni riconducibili alla sindrome neurolettica maligna.
In considerazione di queste reazioni e delle gravi (a volte fatali) interazioni che sono state segnalate durante l’uso concomitante o come risultato di un uso immediatamente successivo di un IMAO o di altri antidepressivi con proprietà farmacologiche simili a quelle della venlafaxina, la venlafaxina non deve essere usata in associazione con un IMAO o entro 14 giorni dalla sua sospensione. Prima di iniziare un trattamento con un IMAO devono trascorrere almeno 7 giorni dalla sospensione della terapia con venlafaxina(vedere il paragrafo 4.3).
Quando si inizia il trattamento con venlafaxina 14 giorni dopo aver interrotto la terapia con un IMAO, si consiglia di iniziare con una singola dose giornaliera di 37,5 mg di venlafaxina per i primissimi giorni.
Le precedenti raccomandazioni di specifici intervalli tra la sospensione di un IMAO e l’inizio della terapia con venlafaxina sono basate su dati relativi a IMAO irreversibili. L’intervallo tra la sospensione della moclobemide (un IMAO reversibile) e l’inizio del trattamento con venlafaxina può essere inferiore a 14 giorni. Tuttavia, considerato il rischio di reazioni indesiderate (come sopra descritto) associate con gli IMAO, deve intercorrere un adeguato periodo di wash-out quando si passa della moclobemide alla venlafaxina. Quando si determina il periodo di wash-out adeguato, devono essere prese in considerazione le proprietà farmacologiche della moclobemide e così pure la valutazione clinica individuale del paziente fatta dal medico.
Sostanze con rischio di sindrome serotoninergica
A causa del meccanismo d’azione della venlafaxina e del rischio di sviluppare una sindrome serotoninergica, si deve usare cautela quando la somministrazione di venlafaxina è richiesta in associazione con sostanze che influiscono sul sistema di neurotrasmissione serotoninergico, ad es. triptani, IMAO selettivi (moclobemide, toloxatone), linezolid, SSRI o litio (vedere paragrafo 4.4)
Sostanze con rischio di sindrome neurolettica maligna
Come gli SSRI, la venlafaxina deve essere usata con cautela in pazienti già in trattamento con antipsicotici, poiché con questa associazione sono stati segnalati sintomi che suggeriscono una sindrome neurolettica maligna (vedere il paragrafo 4.4).
Simpaticomimetici alfa e beta
I simpaticomimetici alfa e beta (adrenalina, noradrenalina, dopamina) somministrati nel caso di una procedura emostatica che riguardi iniezioni sottocutanee o gengivali, possono causare disturbi ventricolari della frequenza cardiaca a causa di un aumento dell’eccitabilità cardiaca.
La venlafaxina in associazione con i simpaticomimetici alfa e beta somministrati per via endovenosa può causare ipertensione parossistica con possibili disturbi della frequenza cardiaca (inibizione dell’ingresso del medicinale simpaticomimetico nelle fibre simpatiche).
Hypericum perforatum
L’uso concomitante di venlafaxina con prodotti contenenti l’Erba di S. Giovanni (Hypericum perforatum) può portare a un potenziamento dell’attività serotoninergica con maggior incidenza di eventi avversi.
Litio e diazepam
Le proprietà farmacocinetiche della venlafaxina e dell’O-demetilvenlafaxina (ODV) non sono risultate alterate in volontari sani trattati con venlafaxina (somministrata ad un regime di 50 mg ogni 8 ore) in associazione con diazepam (una dose singola di 10 mg) o con litio (una dose singola di 600 mg). La somministrazione di venlafaxina non influenza gli effetti psicomotori e psicometrici indotti dal litio.
Vi sono segnalazioni di un’interazione tra litio e venlafaxina che ha portato a un aumento dei livelli di litio.
Imipramina
L’imipramina inibisce parzialmente la formazione, mediata dal CYP2D6, dell’O-demetilvenlafaxina (ODV). Tuttavia la concentrazione di entrambi i principi attivi (venlafaxina e ODV) non è risultata influenzata dalla co-somministrazione con imipramina e pertanto non è richiesto un aggiustamento della dose. Le proprietà farmacocinetiche dell’imipramina e della 2-OH-imipramina non sono influenzate dalla venlafaxina. Tuttavia AUC, Cmax e Cmin della desipramina sono aumentate di circa il 35% in presenza di venlafaxina. Si è registrato un aumento di 2,5-4,5 volte dell’AUC della 2-OH-desipramina.
Una valutazione retrospettiva dei pazienti che negli studi clinici avevano ricevuto la venlafaxina in associazione con antiipertensivi o ipoglicemizzanti, non ha fornito evidenze che suggeriscano una incompatibilità tra la terapia con venlafaxina e il trattamento con questi farmaci.
Non vi sono studi clinici sull’effetto dell’uso di associazioni di venlafaxina con altri antidepressivi.
Aloperidolo
La venlafaxina, somministrata in condizioni di stato stazionario, ha inibito la clearance totale di una dose orale di aloperidolo, provocando un aumento dell’AUC dell’aloperidolo. Inoltre la Cmax dell’aloperidolo è aumentata quando questo è stato co-somministrato con la venlafaxina, mentre i valori dell’emivita di eliminazione (T½) sono rimasti invariati. Il meccanismo che spiega questi risultati è sconosciuto.
Clozapina
Vi sono segnalazioni di livelli aumentati di clozapina temporalmente associati a eventi avversi quali le convulsioni, a seguito della somministrazione di venlafaxina.
Alcool
I profili farmacocinetici di venlafaxina, ODV ed etanolo non sono risultati alterati quando l’etanolo (0,5 g/kg, una volta al giorno) è stato somministrato a volontari sani. La venlafaxina ha mostrato di non aumentare la compromissione delle capacità mentali e motorie causata dall’etanolo. Tuttavia, come per tutti i farmaci attivi sul SNC, i pazienti devono essere informati di non usare alcool in associazione con venlafaxina.
Terapia elettroconvulsiva
Vi è scarsa esperienza clinica sull’uso concomitante di venlafaxina ed ECT. Si raccomanda cautela in quanto sono state segnalate convulsioni prolungate in seguito ad uso concomitante di antidepressivi SSRI.
Anticoagulanti
Si deve usare cautela durante l’uso concomitante di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) con anticoagulanti (FANS, derivati dell’acido acetilsalicilico, ticlopidina, ecc.) o altri medicinali che possono aumentare il rischio di sanguinamento. Si deve usare cautela nei pazienti con disturbi della coagulazione.
Preparati dimagranti
La sicurezza e l’efficacia della terapia con venlafaxina in associazione con preparati dimagranti (inclusa la fentermina) non sono state accertate. La somministrazione concomitante di venlafaxina cloridrato e preparazioni dimagranti non è raccomandata. La venlafaxina cloridrato da sola o in associazione con altri prodotti, non è indicata per perdere peso.
Principi attivi che inibiscono il CYP2D6 e il CYP3A4
La principale via di eliminazione per la venlafaxina è attraverso il CYP2D6 e il CYP3A4. La venlafaxina viene primariamente metabolizzata nel fegato dall’isoenzima CYP2D6 nel suo metabolita attivo O-demetilvenlafaxina (ODV) e dall’isoenzima CYP3A3/4 in N-demetilvenlafaxina. In base al profilo farmacocinetico della venlafaxina in pazienti in trattamento concomitante con un inibitore del CYP2D6 non è necessario alcun aggiustamento della dose. Le interazioni durante l’uso di venlafaxina con inibitori di CYP2D6 e CYP3A4 (le due vie di eliminazione più importati) non sono state studiate.
Benché il CYP3A4 sia una via minore rispetto al CYP2D6 nel metabolismo della venlafaxina, vi è una potenziale interazione clinicamente significativa tra inibitori del metabolismo mediato dal CYP3A4 e la venlafaxina e ciò potrebbe portare a un aumento dei livelli plasmatici di venlafaxina nei metabolizzatori lenti del CYP2D6 (7% della popolazione europea). Pertanto gli inibitori potenti del CYP3A4 (ad es. ketoconazolo, eritromicina) o le associazioni di farmaci che inibiscono sia il CYP3A4 sia il CYP2D6 devono essere somministrati contemporaneamente alla venlafaxina, solo se strettamente indicati.
Uno studio farmacocinetico ha mostrato aumenti dei livelli di AUC (+36%) nei metabolizzatori rapidi del CYP2D6, mentre sono stati osservati aumenti molto elevati (fino a circa il 200%) dell’AUC in alcuni soggetti che erano metabolizzatori lenti del CYP2D6.
Principi attivi che sono metabolizzati dal citocromo P450
Studi in vivo e in vitro indicano che la venlafaxina è un inibitore relativamente debole del CYP2D6. La venlafaxina non inibisce CYP1A2, CYP2C9 o CYP3A4.
Il legame con le proteine plasmatiche della venlafaxina e dell’ODV è rispettivamente del 27% e 30%. Pertanto sono improbabili interazioni causate dal legame con le proteine della venlafaxina e del suo più importante metabolita.
Cimetidina
La cimetidina inibisce il metabolismo di primo passaggio della venlafaxina ma non ha un effetto significativo sulla formazione o sull’eliminazione dell’ODV, che è presente in quantità molto elevata nella circolazione sistemica. Pertanto non sembra necessario un aggiustamento della dose quando la venlafaxina viene somministrata in associazione alla cimetidina. Nei pazienti anziani o nei pazienti con disfunzioni epatiche, l’interazione potrebbe essere potenzialmente più pronunciata e per tali pazienti il monitoraggio clinico è indicato quando la venlafaxina viene somministrata con la cimetidina.
Warfarin
In pazienti che assumevano warfarin, dopo l’aggiunta di venlafaxina è stato segnalato un potenziamento degli effetti anticoagulanti, inclusi l’aumento del tempo di protrombina (PT), del tempo parziale di tromboplastina e del rapporto internazionale normalizzato (INR).
Indinavir
Uno studio farmacocinetico con indinavir ha mostrato una diminuzione del 28% dell’AUC e del 36% della Cmax dell’indinavir. L’indinavir non altera la farmacocinetica della venlafaxina e dell’ODV. Il significato clinico di tale interazione non è noto.
Risperidone
Durante l’uso concomitante di venlafaxina e risperidone, la venlafaxina ha aumentato l’AUC del risperidone (+32%) e diminuito il CL/F (-38%), mentre l’AUC del 9-idrossirisperidone e della frazione antipsicotica attiva (risperidone e 9-OH-risperidone) non è risultato significativamente modificato.
Gravidanza
Non vi sono dati adeguati sull’uso di venlafaxina in donne gravide. La limitata esperienza disponibile finora non suggerisce un aumento del rischio di anomalie congenite o di altre reazioni avverse durante la gravidanza o relative al feto. Nel liquido amniotico sono state trovate elevate concentrazioni di venlafaxina. Studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere il paragrafo 5.3). Il rischio potenziale negli esseri umani non è noto.
Se la venlafaxina viene usata cronicamente fino al momento del parto, deve essere considerata la comparsa di sintomi da astinenza nel neonato.
La venlafaxina non deve essere usata in gravidanza se non in caso di assoluta necessità.
Allattamento
La venlafaxina e il suo metabolita attivo vengono escreti nel latte umano. Non è chiaro quali effetti ciò possa avere per il bambino allattato. Perciò si deve scegliere se interrompere/continuare l’allattamento al seno o interrompere/continuare la somministrazione della venlafaxina, tenendo conto del beneficio dell’allattamento e del beneficio della terapia con venlafaxina per la madre.
La venlafaxina ha una modesta o moderata influenza sulla capacità di guidare veicoli e usare macchinari.
Tutti i medicinali psicoattivi possono alterare le capacità motorie, di giudizio e di pensiero. Pertanto i pazienti devono essere cautelati contro l’uso di macchinari pericolosi, inclusi i veicoli a motore, fino a quando non sono ragionevolmente certi che nessuno di questi effetti avversi sia causato dal trattamento.
I pazienti con depressione mostrano molti sintomi che sono associati (o correlati) allo stato clinico della malattia. Pertanto, a volte, è difficile determinare se i sintomi osservati sono il risultato della malattia stessa o una effettiva reazione avversa al farmaco.
Entro ogni gruppo di frequenza, gli effetti indesiderati sono presentati in ordine di gravità decrescente.
Gli effetti indesiderati che seguono sono divisi nelle seguenti categorie:
- molto comuni (≥1/10)
- comuni (≥1/100 e <1/10)
- non comuni (≥1/1000 e <1/100)
- rari (≥1/10.000 e <1/1000)
- molto rari (<1/10.000)
- non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comuni: ecchimosi, sanguinamento delle mucose
Rari: prolungato tempo di sanguinamento, trombocitopenia
Molto rari: discrasie ematiche (incluse agranulocitosi, anemia aplastica, neutropenia e pancitopenia).
Disturbi del sistema immunitario
Non comuni: reazioni da fotosensibilità
Molto rari: anafilassi.
Patologie endocrine
Molto rari: aumento dei livelli di prolattina.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comuni: aumento dei livelli di colesterolo (specialmente in caso di trattamento a lungo termine e quando si usano alte dosi), perdita di peso
Non comuni: iposodiemia, aumento di peso
Rari: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Disturbi psichiatrici
Comuni: sogni anormali, insonnia, nervosismo, sedazione.
Non comuni: agitazione, apatia, allucinazioni, aggressività.
Rari: mania o ipomania, pensieri/comportamento suicidi, irrequietezza/acatisia (vedi il paragrafo 4.4)
Molto rari: delirio.
Patologie del sistema nervoso
Comuni: sonnolenza, capogiri, cefalea, aumento del tono muscolare, parestesie, tremore.
Non comuni: mioclono.
Rari: convulsioni, sindrome neurolettica maligna, sindrome serotoninergica.
Molto rari: reazioni extrapiramidali (incluse distonia e discinesia), discinesia tardiva.
Patologie dell’occhio
Comuni: accomodazione anormale, midriasi, disturbi visivi.
Molto rari: glaucoma ad angolo stretto, glaucoma acuto.
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Non comuni: tinnito.
Patologie cardiache
Non comuni: aritmie, inclusa la tachicardia.
Molto rari: prolungamento dell’intervallo QRS e del QT, fibrillazione ventricolare, tachicardia ventricolare(incluse torsioni di punta), insufficienza cardiaca.
Patologie vascolari
Comuni: ipertensione, vasodilatazione (più spesso vampate di calore), ecchimosi, sanguinamento delle membrane mucose.
Non comuni: ipotensione, ipotensione posturale, sincope.
Rari: emorragia (inclusa l’emorragia cerebrale), sanguinamento gastrointestinale.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comuni: sbadigli.
Molto rari: polmonite eosinofilia con sintomi quali dispnea e dolore toracico.
Patologie gastrointestinali
Comuni: ridotto appetito, stipsi, nausea, vomito, secchezza delle fauci.
Non comuni: alterazioni del gusto, bruxismo, diarrea.
Molto rari: pancreatite.
Patologie epatobiliari
Non comuni: anomalie nei test di funzionalità epatica.
Rari: epatite.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comuni: sudorazione (inclusa sudorazione notturna).
Non comuni: dermatiti, reazioni di fotosensibilità, eruzione cutanea, alopecia.
Molto rari: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, prurito, orticaria.
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Molto rari: rabdomiolisi.
Patologie renali ed urinarie
Comuni: disturbi della minzione (in particolare pollachiuria).
Non comuni: ritenzione urinaria.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Comuni: eiaculazione/orgasmo (maschile) anormali, disfunzioni erettili, riduzione della libido.
Non comuni: orgasmo anormale (femminile), menorragia.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comuni: astenia/stanchezza.
Esami diagnostici
Rari: prolungato tempo di sanguinamento.
I seguenti effetti indesiderati sono stati segnalati nelle ricerche post-marketing
Patologie del sistema emolinfopoietico: emorragie (inclusa l’emorragia cerebrale), discrasie ematiche (incluse agranulocitosi, anemia aplastica, neutropenia e pancitopenia).
Disturbi psichiatrici:: agitazione, delirio, ideazione e comportamento suicidi. (Sono stati segnalati casi di ideazione e comportamento suicidi durante la terapia con Venlafaxina o subito dopo la sospensione del trattamento; vedere il paragrafo 4.4).
Patologie cardiovascolari: insufficienza cardiaca, aritmie, dolore toracico, arresto cardiaco.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche : polmonite interstiziale.
Patologie gastrointestinali: pancreatite.
Inoltre sono stati segnalati i seguenti effetti indesiderati
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: cefalea, dolori addominali, dolore alla schiena, sintomi influenzali, dolori, infezioni.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche: faringite, rinite, sinusite.
Anche se questi eventi sono comparsi durante il trattamento con venlafaxina, non è stato dimostrato che siano stati causati dal trattamento con Venlafaxina capsule a rilascio prolungato.
Sintomi da astinenza osservati alla sospensione del trattamento con SSRI
La sospensione della venlafaxina (particolarmente quando è improvvisa) comporta comunemente sintomi da astinenza.
Le reazioni più comunemente segnalate sono: capogiri, disturbi del sensorio (comprese parestesie), disturbi del sonno (compresi insonnia e sogni vividi), agitazione o ansia, nausea e/o vomito, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente, tali sintomi hanno un’intensità da lieve a moderata e sono autolimitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere gravi e/o prolungati. Pertanto, se il trattamento con venlafaxina non è più necessario, la dose deve essere ridotta gradualmente (vedere i paragrafi 4.2 e 4.4).
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Vi sono state segnalazioni post-marketing di sovradosaggi fatali con venlafaxina, particolarmente in associazione con alcool e/o altri medicinali.
Sintomi
I sintomi osservati dopo un sovradosaggio includono: alterazioni del livello di coscienza (dalla sonnolenza al coma), ma anche agitazione, disturbi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea, tremori, ipertensione (lieve) e tachicardia. Sono stati segnalati: alterazioni dell’elettrocardiogramma (ad es. prolungamento dell’intervallo QT, blocco di branca, prolungamento dell’intervallo QRS), tachicardia sinusale e ventricolare, bradicardia, ipotensione, crisi epilettiche, vertigini e coma.
Terapia
Assicurare un’adeguata ossigenazione e ventilazione delle vie aeree.
Il trattamento consiste in misure per ridurre l’assorbimento (come lavanda gastrica se eseguita subito dopo l’ingestione di grandi quantità o somministrazione di carbone attivato in associazione con sodio solfato) e pertanto è sintomatico. L’induzione dell’emesi non è raccomandata se vi è il rischio di aspirazione. La frequenza cardiaca e i parametri vitali devono essere attentamente monitorati. La venlafaxina e la ODV non sono rimosse con l’emodialisi.
Non sono noti antidoti specifici per la venlafaxina.
Categoria farmacoterapeutica: altri antidepressivi
Codice ATC: N06AX16
Strutturalmente la venlafaxina è un nuovo antidepressivo che non è chimicamente correlato con i triciclici, tetraciclici o altri antidepressivi disponibili.
Studi preclinici hanno dimostrato che la venlafaxina e il suo maggior metabolita, l’O-demetil-venlafaxina (ODV), sono potenti inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina. La venlafaxina è anche un inibitore debole della ricaptazione della dopamina.
Studi negli animali hanno mostrato che gli antidepressivi triciclici possono ridurre la risposta dei recettori beta noradrenergici dopo somministrazione cronica. Al contrario la venlafaxina e il suo metabolita attivo, riducono la risposta dei recettori beta-noradrenergici, dopo somministrazione sia acuta (dose singola) che cronica. Il significato clinico di tale effetto non è ancora noto. La venlafaxina e il suo principale metabolita risultano equipotenti rispetto alla loro azione globale sul riassorbimento dei neurotrasmettitori.
La venlafaxina non ha virtualmente alcuna affinità, in vitro, per i recettori muscarinici colinergici, H1-istaminergici o α1-adrenergici del cervello di ratti. La venlafaxina non ha attività inibitoria sulle MAO.
Episodi di depressione maggiore
In uno studio clinico, pazienti ambulatoriali con anamnesi di depressione ricorrente che avevano risposto alla venlafaxina per 8 settimane e mantenuto il miglioramento durante una fase iniziale di 6 mesi in aperto sono stati randomizzati alla terapia di mantenimento con venlafaxina o al placebo, per 12 mesi. Un numero significativamente minore di pazienti che prendevano venlafaxina ha presentato ricomparsa dei sintomi depressivi, rispetto al placebo.
Disturbi d’ansia sociale (fobia sociale)
L’efficacia della venlafaxina è stata studiata in pazienti che soddisfacevano i criteri DSM-IV per i disturbi d’ansia sociale. In 4 studi di 12 settimane, in doppio cieco, controllati vs. placebo, a gruppi paralleli, la venlafaxina è risultata più efficace del placebo sulla Liebowitz Social Anxiety Scale (LSAS). Le dosi variavano da 75 a 225 mg/die.
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Assorbimento
La venlafaxina è quasi completamente assorbita e viene sottoposta a un estensivo metabolismo, in cui si forma il metabolita attivo O-demetilvenlafaxina (ODV). La biodisponibilità assoluta della venlafaxina, quando somministrata come capsule a rilascio prolungato, è la stessa della forma a rilascio immediato: circa il 40-45%. Dopo la somministrazione di uguali dosi giornaliere di venlafaxina (sia in forma di compresse a rilascio immediato due volte al giorno, sia di capsule a rilascio prolungato, una volta al giorno) l’AUC sia della venlafaxina sia dell’ODV è risultata la stessa. Dopo somministrazione di capsule a rilascio prolungato, le concentrazioni plasmatiche massime della venlafaxina e dell’ODV vengono raggiunte approssimativamente tra 6 e 9 ore. Le concentrazioni massime della venlafaxina sono inferiori e le fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche sono lievemente minori di quelle dopo somministrazione della forma a rilascio prolungato.
Distribuzione
La venlafaxina e l’ODV sono legate alle proteine plasmatiche per circa il 27% e 30%.
Metabolismo
Dopo l’assorbimento, la venlafaxina subisce un estensivo metabolismo pre-sistemico nel fegato. Il principale metabolita della venlafaxina è la O-demetilvenlafaxina, ma la venlafaxina viene anche metabolizzata a N-demetilvenlafaxina, N-O-didemetilvenlafaxina e altri metaboliti minori. Studi in vitro indicano che la formazione di ODV è catalizzata dal CYP2D6 e che quella della N-demetilvenlafaxina è catalizzata dal CYP3A3/4. Il metabolismo mediato dal CYP2D6 non ha rilevanza riguardo alle dosi di venlafaxina per metabolizzatori lenti e veloci. In entrambi i gruppi la concentrazione totale dei principi attivi (venlafaxina ed ODV) è la stessa.
Escrezione
La venlafaxina e l’ODV sono escrete principalmente attraverso i reni
Circa l’87% di una dose singola di venlafaxina è presente nelle urine nelle 48 ore successive, sotto forma di venlafaxina inalterata, O-demetilvenlafaxina libera O-demetilvenlafaxina coniugata o altri metaboliti minori.
Dosi ripetute
Durante somministrazioni orali ripetute, le concentrazioni della venlafaxina e dell’ODV nella fase di stato stazionario sono raggiunte entro 3 giorni. Entro l’intervallo di dose di 75-450 mg/die, la venlafaxina e l’ODV presentano una cinetica lineare.
Durante l’uso cronico in volontari sani non è stato osservato alcun accumulo inatteso di venlafaxina o di ODV.
Categorie particolari di pazienti e interazioni con il cibo
La somministrazione della venlafaxina con il cibo non ha effetti sul suo assorbimento o sulla successiva formazione di ODV.
Il sesso e l’età dei soggetti non hanno un effetto significativo sulla farmacocinetica della venlafaxina. Nei pazienti di età superiore a 60 anni è stata osservata una riduzione del 20% della clearance dell’ODV; questa è stata probabilmente causata dall’alterata funzionalità renale, spesso presente negli anziani.
In alcuni pazienti con cirrosi epatica compensata, la farmacocinetica della venlafaxina e dell’ODV è risultata significativamente alterata. Una riduzione del metabolismo della venlafaxina e dell’eliminazione dell’ODV ha portato a maggiori concentrazioni plasmatiche della venlafaxina e dell’ODV.
In pazienti con disfunzioni renali da moderate a gravi, la clearance totale della venlafaxina e dell’ODV era ridotta e l’emivita era prolungata. La riduzione della clearance totale era più pronunciata in pazienti con clearance della creatinina <30 ml/min.
Negli studi di tossicità cronica sono risultati predominanti gli effetti sul SNC.
Nell’uomo, la venlafaxina e il suo principale metabolita non hanno mostrato mutagenicità in un’ampia serie di test in vitro e in vivo. Studi a lungo termine con venlafaxina in ratti e topi non hanno rivelato evidenza di carcinogenesi. Negli studi di tossicità riproduttiva in ratti e conigli non sono stati osservati effetti teratogeni ma si sono osservati effetti embriotossici nei ratti. Inoltre, sono stati osservati diminuzioni del peso dei feti e aumenti della mortalità peri- e post-natale a livelli di dose appena al di sopra della massima dose usata nell’uomo.
In vitro è stato osservato un parziale blocco dei canali del sodio cardiaci a concentrazioni micromolari. Non è chiara la correlazione con la comparsa di aritmia e fibrillazione ventricolare dopo sovradosaggio o inibizione del metabolismo della venlafaxina.
Contenuto delle capsule
• Ipromellosa
• Ammonio metacrilato copolimero (Tipo B)
• Sodio laurilsolfato
• Magnesio stearato
Rivestimento
• Ammonio metacrilato copolimero (Tipo B)
Solo per la formulazione da 75 mg
Guscio della capsula:
• Titanio diossido E171
• Ferro ossido rosso E172
• Gelatina
Solo per la formulazione da 150 mg
Guscio della capsula:
• Titanio diossido E171
• Eritrosina E127
• Indaco carminio E132
• Gelatina
Inchiostro da stampa
• Gomma lacca
• Ferro ossido nero.
Non pertinente.
3 anni.
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Febbraio 2009
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