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XELODA 500 MG COMPRESSE
Capecitabina 500 mg.
Eccipiente: lattosio anidro 52 mg.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Compressa rivestita con film
Compressa rivestita con film di colore pesca, di forma biconvessa e oblunga, con impresso “500” su un lato e “Xeloda” sull’altro lato.
Xeloda è indicato per la terapia adiuvante nei pazienti sottoposti a chirurgia per carcinoma del colon di stadio III (Dukes C) (vedere paragrafo 5.1).
Xeloda è indicato per il trattamento del tumore del colon-retto metastatico (vedere paragrafo 5.1).
Xeloda è indicato per il trattamento di prima linea del tumore gastrico avanzato in associazione con un regime a base di platino (vedere paragrafo 5.1).
Xeloda in associazione a docetaxel (vedere paragrafo 5.1) è indicato nel trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento della chemioterapia citotossica. La precedente terapia deve avere incluso un’antraciclina. Inoltre Xeloda è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento di un regime chemioterapico contenente taxani e un’antraciclina o per le quali non è indicata un’ulteriore terapia con antracicline.
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Xeloda deve essere prescritto solo da un medico specializzato nell’uso di agenti antineoplastici. Le compresse di Xeloda devono essere ingerite con acqua entro 30 minuti dalla fine del pasto. Il trattamento deve essere interrotto alla comparsa di tossicità grave o di progressione della malattia.
I calcoli della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per dosaggi iniziali di Xeloda di 1250 mg/m² e 1000 mg/m² sono dettagliati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.
Posologia consigliata (vedere paragrafo 5.1):
Monoterapia
Carcinoma del colon, del colon-retto e della mammella
Nella somministrazione in monoterapia, il dosaggio iniziale consigliato di Xeloda nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon, nel trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico o del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico è 1250 mg/m², somministrato due volte al giorno (mattino e sera; dosaggio totale giornaliero pari a 2500 mg/m²) per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo. La terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon di stadio III è consigliata per la durata di 6 mesi.
Terapia di associazione
Carcinoma del colon, del colon-retto e gastrico
Nel trattamento di associazione, la dose iniziale consigliata di Xeloda deve essere ridotta a 800 - 1000 mg/m², se somministrato due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo o a 625 mg/m² due volte al giorno se somministrato continuativamente (vedere paragrafo 5.1). L’introduzione di agenti biologici in regime di associazione non ha effetto sulla dose iniziale di Xeloda. Nei pazienti in trattamento con l’associazione Xeloda più cisplatino si deve iniziare, prima della somministrazione di cisplatino, una pre-medicazione per mantenere un’adeguata idratazione e un trattamento antiemetico, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino. Nei pazienti in trattamento con l’associazione Xeloda più oxaliplatino si raccomanda di eseguire la premedicazione con antiemetici, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di oxaliplatino. Nei pazienti affetti da tumore del colon in stadio III si raccomanda una durata di 6 mesi del trattamento adiuvante.
Carcinoma mammario
In associazione con docetaxel, il dosaggio iniziale consigliato di Xeloda nel trattamento del carcinoma mammario metastatico è 1250 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo, in associazione a docetaxel 75 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane. Nei pazienti in trattamento con l’associazione Xeloda e docetaxel, prima della somministrazione di docetaxel, si deve iniziare una pre-medicazione con un corticosteroide orale, come desametasone, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di docetaxel.
Calcolo della dose di Xeloda
Tabella 1 Calcolo della dose standard e ridotta di Xeloda in base alla superficie corporea, al dosaggio iniziale 1250 mg/m²
| Dosaggio di 1250 mg/m² (due volte al giorno) |
| Dosaggio pieno 1250 mg/m² | Numero di compresse da 150 mg e/o 500 mg per ciascuna somministrazione (da assumere al mattino e alla sera) | Dose ridotta (75%) 950 mg/m² | Dose ridotta (50%) 625 mg/m² |
Superficie corporea (m²) | Dose per singola somministrazione (mg) | 150 mg | 500 mg | Dose per singola somministrazione (mg) | Dose per singola somministrazione (mg) |
≤ 1,26 | 1500 | - | 3 | 1150 | 800 |
1,27 – 1,38 | 1650 | 1 | 3 | 1300 | 800 |
1,39 – 1,52 | 1800 | 2 | 3 | 1450 | 950 |
1,53 – 1,66 | 2000 | - | 4 | 1500 | 1000 |
1,67 – 1,78 | 2150 | 1 | 4 | 1650 | 1000 |
1,79 – 1,92 | 2300 | 2 | 4 | 1800 | 1150 |
1,93 – 2,06 | 2500 | - | 5 | 1950 | 1300 |
2,07 – 2,18 | 2650 | 1 | 5 | 2000 | 1300 |
≥ 2,19 | 2800 | 2 | 5 | 2150 | 1450 |
Tabella 2 Calcolo della dose standard e ridotta di Xeloda in base alla superficie corporea, al dosaggio iniziale di 1000 mg/m²
| Dosaggio di 1000 mg/m² (due volte al giorno) |
| Dosaggio pieno 1000 mg/m² | Numero di compresse da 150 mg e/o 500 mg per ciascuna somministrazione (da assumere al mattino e alla sera) | Dose ridotta (75%) 750 mg/m² | Dose ridotta (50%) 500 mg/m² |
Superficie corporea (m²) | Dose per singola somministrazione (mg) | 150 mg | 500 mg | Dose per singola somministrazione (mg) | Dose per singola somministrazione (mg) |
≤ 1,26 | 1150 | 1 | 2 | 800 | 600 |
1,27 – 1,38 | 1300 | 2 | 2 | 1000 | 600 |
1,39 – 1,52 | 1450 | 3 | 2 | 1100 | 750 |
1,53 – 1,66 | 1600 | 4 | 2 | 1200 | 800 |
1,67 – 1,78 | 1750 | 5 | 2 | 1300 | 800 |
1,79 – 1,92 | 1800 | 2 | 3 | 1400 | 900 |
1,93 – 2,06 | 2000 | - | 4 | 1500 | 1000 |
2,07 – 2,18 | 2150 | 1 | 4 | 1600 | 1050 |
≥ 2,19 | 2300 | 2 | 4 | 1750 | 1100 |
Modifiche della posologia durante il trattamento:
Generale
La tossicità causata dalla somministrazione di Xeloda può essere gestita con trattamento sintomatico e/o modifica del dosaggio (interruzione del trattamento o riduzione della dose). Una volta ridotta, la dose non deve essere aumentata successivamente. In caso di tossicità che a giudizio del medico curante difficilmente diventeranno serie o rischiose per la vita, come l’alopecia, l’alterazione del gusto, le alterazioni delle unghie, il trattamento può essere continuato alla stessa dose senza riduzione o interruzione. I pazienti che assumono Xeloda devono essere informati della necessità di interrompere il trattamento immediatamente se si verifica una tossicità di grado moderato o grave. Le dosi di Xeloda escluse a causa di tossicità non possono essere sostituite. Qui di seguito sono riportate le modifiche del dosaggio consigliate in caso di tossicità:
Tabella 3 Schema di riduzione della dose di Xeloda (ciclo di 3 settimane o somministrazione continua)
Gradi* di tossicità | Modifiche della dose durante un ciclo di terapia | Modifica della dose per il ciclo successivo (% del dosaggio iniziale) |
Grado 1 | Mantenere il livello della dose | Mantenere il livello della dose |
Grado 2 |
- Prima comparsa | Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1 | 100% |
- Seconda comparsa | 75% |
- Terza comparsa | 50% |
- Quarta comparsa | Interruzione permanente del trattamento | Non applicabile |
Grado 3 |
- Prima comparsa | Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1 | 75% |
- Seconda comparsa | 50% |
- Terza comparsa | Interruzione permanente del trattamento | Non applicabile |
Grado 4 |
- Prima comparsa | Interruzione permanente o Qualora la continuazione del trattamento rappresentasse un vantaggio reale per il paziente, interrompere il trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1 | 50% |
- Seconda comparsa | Interruzione permanente | Non applicabile |
*secondo i Criteri Comuni di Tossicità (versione 1) del National Cancer Institute of Canada Clinical Trial Group (NCIC CGT) o i Criteri Comuni di Terminologia per gli Eventi Avversi (CTCAE) del Cancer Therapy Evaluation Program, US National Cancer Institute, versione 3.0. Per la sindrome mano-piede e l’iperbilirubinemia, vedere paragrafo 4.4.
Ematologia: i pazienti con conta dei neutrofili al basale <1,5 x 109/l e/o conta piastrinica <100 x 109/l non devono essere trattati con Xeloda. Nel caso in cui esami di laboratorio non pianificati durante un ciclo di trattamento mostrino che la conta dei neutrofili scende al di sotto di 1,0 x 109/l o che la conta piastrinica scende al di sotto di 75 x 109/l, il trattamento con Xeloda deve essere interrotto.
Modifiche della dose per tossicità quando Xeloda è utilizzato in cicli di 3 settimane in associazione con altri agenti:
Le modificazioni di dose per tossicità quando Xeloda è utilizzato in cicli di 3 settimane in associazione con altri agenti devono essere fatte in accordo alla precedente tabella 3 per Xeloda e in accordo al relativo Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto per l’altro agente/i.
All’inizio del ciclo di trattamento, se è indicato un posticipo del trattamento o per Xeloda o per l’altro agente/i, la somministrazione di tutti gli agenti deve essere ritardata fino al raggiungimento delle condizioni per la ripresa della somministrazione di tutti gli agenti.
Durante il ciclo di trattamento, per quelle tossicità considerate dal medico non correlate con Xeloda, il trattamento con Xeloda deve essere continuato e la dose dell’altro agente modificata in accordo alle relative informazioni prescrittive.
Se l’altro agente deve essere interrotto definitivamente, il trattamento con Xeloda può essere ripreso quando le condizioni per la reintroduzione di Xeloda si siano ristabilite.
Questo approccio si applica a tutte le indicazioni e a tutte le popolazioni particolari di pazienti.
Modifiche della dose per tossicità quando Xeloda è utilizzato ininterrottamente in associazione con altri agenti:
Modifiche della dose per tossicità quando Xeloda è utilizzato ininterrottamente in associazione con altri agenti devono essere fatte in accordo alla precedente tabella 3 per Xeloda e in accordo al relativo Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto per l’altro agente.
Modifiche della posologia in particolari popolazioni di pazienti:
Insufficienza epatica: non vi sono sufficienti dati di sicurezza ed efficacia per poter raccomandare modifiche del dosaggio per i pazienti affetti da insufficienza epatica. Non esistono dati relativi alla insufficienza epatica dovuta a cirrosi o ad epatite.
Insufficienza renale: Xeloda è controindicato in pazienti affetti da insufficienza renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min [Cockcroft e Gault] al basale). L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti affetti da insufficienza renale moderata (clearance della creatinina pari a 30-50 ml/min al basale) è maggiore rispetto alla popolazione totale. Si raccomanda una riduzione al 75% per una dose iniziale pari a 1250 mg/m² nei pazienti affetti da insufficienza renale moderata al basale. Non è richiesta una riduzione della dose per una dose iniziale di 1000 mg/m² in pazienti con insufficienza renale moderata al basale. Non si raccomanda alcuna modifica della dose iniziale nei pazienti affetti da insufficienza renale lieve (clearance della creatinina pari a 51-80 ml/min al basale). Sono consigliabili un attento monitoraggio e l’interruzione immediata del trattamento se il paziente sviluppa un evento avverso di grado 2, 3 o 4 durante il trattamento, e la dose successiva deve essere modificata come indicato nella precedente tabella 3. Se durante il trattamento la clearance della creatinina calcolata scende al di sotto di 30 ml/min, Xeloda deve essere interrotto. Queste raccomandazioni sulle modifiche della posologia in caso di insufficienza renale si applicano sia alla monoterapia che all’uso in associazione (vedere anche il paragrafo “Anziani” riportato di seguito).
Non c’è esperienza nei bambini e adolescenti (di età inferiore a 18 anni).
Anziani:
Durante l’utilizzo di Xeloda in monoterapia, non è necessario alcun aggiustamento della dose iniziale. Comunque i pazienti di età ≥ 60 anni, rispetto ai soggetti più giovani, hanno più frequentemente riportato reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento.
Quando Xeloda è stato usato in associazione con altri agenti, i pazienti anziani (≥ 65 anni), hanno manifestato più reazioni avverse al farmaco di grado 3 e 4, comprese quelle che hanno portato all’interruzione del trattamento, rispetto ai pazienti più giovani. È consigliabile un attento monitoraggio dei pazienti di età ≥ 60 anni.
In associazione con docetaxel: nei pazienti di età uguale o superiore a 60 anni si è osservato un incrementato numero di reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento e di reazioni avverse serie correlate al trattamento (vedere paragrafo 5.1). Si raccomanda un dosaggio iniziale di Xeloda ridotto al 75% (950 mg/m² due volte al giorno) in pazienti di età uguale o superiore a 60 anni. Se non si manifestasse tossicità in pazienti di età ≥ 60 anni trattati con una dose iniziale ridotta di Xeloda in associazione con docetaxel, il dosaggio di Xeloda può essere cautamente incrementato a 1250 mg/m² due volte al giorno.
- In associazione con irinotecan: per pazienti di età uguale o superiore a 65 anni si raccomanda una riduzione della dose iniziale di Xeloda a 800 mg/m²due volte al giorno.
Storia di reazioni gravi o inattese alla terapia con una fluoropirimidina,
Ipersensibilità alla capecitabina o ad uno qualsiasi degli eccipienti o al fluorouracile,
Nei pazienti con nota deficienza di diidropirimidina deidrogenasi (DPD),
Durante la gravidanza e l’allattamento,
Nei pazienti affetti da forme gravi di leucopenia, neutropenia o trombocitopenia,
Nei pazienti affetti da insufficienza epatica grave,
Nei pazienti affetti da insufficienza renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min),
Durante il trattamento con sorivudina o suoi analoghi chimicamente correlati, come la brivudina (vedere paragrafo 4.5),
Se esistono controindicazioni ad uno qualsiasi degli agenti nel regime di associazione, tale agente non deve essere utilizzato.
Le tossicità che limitano il dosaggio comprendono diarrea, dolori addominali, nausea, stomatite e sindrome mano-piede (reazione cutanea mano-piede, eritrodisestesia palmo-plantare). La maggior parte delle reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei dosaggi.
Diarrea. I pazienti con diarrea grave devono essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere loro somministrati liquidi ed elettroliti. Può essere somministrato trattamento antidiarroico standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i Criteri Comuni di Tossicità del NCIC si intende un incremento da 4 a 6 scariche al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9 scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento, e per diarrea di grado 4 un incremento superiore o uguale a 10 scariche al giorno o diarrea molto emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).
Disidratazione. La disidratazione deve essere prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea, vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. Se si verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con Xeloda deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il trattamento non deve essere ripreso finchè il paziente non è stato reidratato e ogni causa precipitante corretta o controllata. Modificazioni della dose devono essere effettuate per l’evento avverso precipitante secondo necessità (vedere paragrafo 4.2).
Sindrome mano-piede (nota anche come reazione cutanea mano-piede o eritrodisestesia palmo-plantare o eritema delle estremità indotto da chemioterapia). La sindrome mano-piede di grado 1 è definita come intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolore delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento delle attività del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 2 è definita come eritema e edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 3 è definita come desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l’attività lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. Se dovesse verificarsi sindrome mano-piede di grado 2 o 3 sospendere la somministrazione di Xeloda fino alla risoluzione o riduzione dell’intensità dei sintomi al grado 1. Dopo il verificarsi di sindrome mano-piede di grado 3, i dosaggi successivi di Xeloda devono essere diminuiti. Quando Xeloda e cisplatino sono utilizzati in associazione, non è raccomandato l’uso di vitamina B6 (piridoxina) per il trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano-piede, in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l’efficacia di cisplatino.
Cardiotossicità . La terapia con fluoropirimidine è stata associata a cardiotossicità, comprendente infarto del miocardio, angina, aritmia, shock cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche. Dette reazioni avverse possono verificarsi più frequentemente nei pazienti con precedente anamnesi di malattia dell’arteria coronarica. Aritmia cardiaca, angina pectoris, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia sono stati riportati dai pazienti che assumevano Xeloda. I pazienti con storie significative di cardiopatia, aritmia e angina pectoris devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Ipo- o ipercalemia. Ipo- o ipercalemia è stata riportata durante il trattamento con Xeloda. I pazienti con pre-esistente storia di ipo- o ipercalemia devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Malattie del sistema nervoso centrale o periferico. I pazienti affetti da malattie del sistema nervoso centrale o periferico, per esempio metastasi cerebrale o neuropatia, devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Diabete mellito o disturbi elettrolitici. I pazienti affetti da diabete mellito o disturbi elettrolitici, vista la possibilità di aggravamento durante il trattamento con Xeloda, devono essere considerati con cautela.
Anticoagulanti cumarino-derivati. In uno studio sull’interazione con la somministrazione di una singola dose di warfarin, si è registrato un significativo incremento dell’AUC media (+57%) di S-warfarin. Questi dati suggeriscono un’interazione, probabilmente dovuta all’inibizione dell’isoenzima 2C9 del citocromo P450 da parte della capecitabina. I pazienti che assumono anticoagulanti orali cumarino-derivati insieme a Xeloda devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (INR o PT) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza (vedere paragrafo 4.5).
Insufficienza epatica. In assenza di dati sulla sicurezza e l’efficacia in pazienti con insufficienza epatica, l’utilizzo di Xeloda deve essere attentamente monitorato in pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata, indipendentemente dalla presenza di metastasi del fegato. La somministrazione di Xeloda deve essere interrotta se si verificano aumenti della bilirubina, correlati al trattamento, maggiori di 3,0 x LSN o aumenti delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST), correlati al trattamento, maggiori di 2,5 x LSN. Il trattamento con Xeloda in monoterapia può essere ripreso quando la bilirubina si riduce a ≤ 3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si riducono a ≤ 2,5 x LSN.
Insufficienza renale. L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti affetti da insufficienza renale moderata (clearance della creatinina pari a 30-50 ml/min) è maggiore rispetto alla totalità della popolazione (vedere paragrafo 4.2 e 4.3).
Poiché questo medicinale contiene lattosio anidro come eccipiente, pazienti affetti da rare forme ereditarie di intolleranza al galattosio, deficit di lattasi di Lapp e malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere tale medicinale.
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Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.
Interazioni con altri medicinali:
Anticoagulanti cumarino-derivati: in pazienti trattati contemporaneamente con Xeloda e anticoagulanti cumarino-derivati, come per esempio warfarina e fenprocumone, sono stati riportati alterazione dei parametri della coagulazione e/o emorragie. Tali reazioni si sono verificate entro diversi giorni e fino a diversi mesi dall’inizio della terapia con Xeloda e, in alcuni casi, entro un mese dall’interruzione della terapia con Xeloda. In studio clinico sull’interazione farmacocinetica, dopo la somministrazione di una singola dose di 20 mg di warfarin, il trattamento con Xeloda ha incrementatato del 57% l’AUC di S-warfarin con un incremento del 91% del valore di INR. Poichè il metabolismo di R-warfarin non è stato alterato, questi dati suggeriscono che la capecitabina riduce l’isoenzima 2C9 ma non ha effetti sugli isoenzimi 1A2 e 3A4. I pazienti che assumono anticoagulanti cumarino-derivati insieme a Xeloda devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (PT o INR) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza.
Fenitoina: durante il trattamento concomitante di Xeloda e fenitoina sono stati registrati incrementi delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina, risultanti in sintomi da intossicazione da fenitoina in singoli casi. I pazienti che assumono fenitoina in concomitanza con Xeloda devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di incremento delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina.
Acido folinico: uno studio sull’associazione di Xeloda e acido folinico ha mostrato che l’acido folinico non ha effetti significativi sulla farmacocinetica dello Xeloda e dei suoi metaboliti. Tuttavia, l’acido folinico produce effetti sulla farmacodinamica dello Xeloda la cui tossicità può risultare incrementata dall’acido folinico: la dose massima tollerata di Xeloda da sola a regimi intermittenti è 3000 mg/m² al giorno, mentre quando Xeloda era associato ad acido folinico (30 mg p.o. due volte al giorno) la dose massima tollerata di Xeloda scendeva a soltanto 2000 mg/m² al giorno.
Sorivudina e analoghi: è stata riportata una interazione farmaceutica clinicamente significativa tra sorivudina e 5-FU, risultante dall’inibizione della diidropirimidina deidrogenasi da parte della sorivudina. Questa interazione, che porta ad un aumento della tossicità della fluoropirimidina, è potenzialmente fatale. Per questo motivo Xeloda non deve essere somministrato in concomitanza con sorivudina o i suoi analoghi chimicamente correlati, come la brivudina (vedere paragrafo 4.3). È necessario osservare un periodo di riposo di almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con sorivudina o con i suoi analoghi chimicamente correlati come la brivudina e l’inizio della terapia con Xeloda.
Antiacidi: è stato studiato l’effetto di un antiacido contenente idrossido di alluminio e idrossido di magnesio sulla farmacocinetica della capecitabina. Si è verificato un lieve aumento delle concentrazioni plasmatiche della capecitabina e di un metabolita (5’-DFCR); non si è verificato alcun effetto sui 3 metaboliti principali (5’-DFUR, 5-FU e FBAL).
Allopurinolo: sono state osservate interazioni del 5-FU con allopurinolo, con possibile diminuizione dell’efficacia del 5-FU. Si deve evitare l’uso concomitante di allopurinolo e Xeloda.
Interazione con il citocromo P-450: per le potenziali interazioni con gli isoenzimi 1A2, 2C9 e 3A4, vedere le interazioni con gli anticoagulanti cumarino-derivati.
Interferone alfa: la dose massima tollerata di Xeloda è risultata pari a 2000 mg/m² al giorno quando assunto in associazione con interferone alfa-2a (3 MUI/m² al giorno), rispetto a 3000 mg/m² al giorno quando Xeloda era somministrato da solo.
Radioterapia: la dose massima tollerata di Xeloda in monoterapia utilizzando il regime intermittente è di 3000 mg/m² al giorno mentre, quando combinato con radioterapia per il carcinoma del retto, la dose massima tollerata di Xeloda è 2000 mg/m² al giorno, usando sia una somministrazione continua che una somministrazione giornaliera da lunedì a venerdì in concomitanza al ciclo di trattamento radioterapico di 6 settimane.
Oxaliplatino: non si è verificata alcuna differenza clinicamente significativa nell’esposizione alla capecitabina o ai suoi metaboliti, platino libero o platino totale quando la capecitabina è stata somministrata in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab.
Bevacizumab: non si è verificato alcun effetto clinicamente significativo del bevacizumab sui parametri farmacocinetici della capecitabina o dei suoi metaboliti in presenza di oxaliplatino.
Interazione con il cibo: in tutti gli studi clinici i pazienti erano stati informati di dover assumere Xeloda nei 30 minuti successivi al pasto. Poiché gli attuali dati relativi alla sicurezza e all’efficacia si basano sulla somministrazione del farmaco con cibo, si raccomanda di somministrare Xeloda con cibo. La somministrazione con cibo diminuisce la percentuale di assorbimento di capecitabina (vedere paragrafo 5.2).
Non sono stati effettuati studi con Xeloda su donne in gravidanza; si può tuttavia ritenere che Xeloda se somministrato a donne in stato di gravidanza possa provocare danni al feto. In studi sulla tossicità durante la riproduzione svolti sugli animali, la somministrazione di Xeloda ha provocato letalità embrionale e teratogenicità. Questi risultati sono gli effetti attesi dei derivati della fluoropirimidina. Xeloda è controindicato in gravidanza. Le donne in età fertile devono essere informate al fine di evitare il rischio di gravidanza durante il trattamento con Xeloda. In caso di gravidanza durante il trattamento con Xeloda, la paziente dovrà essere informata relativamente al rischio potenziale per il feto.
Non è noto se Xeloda sia escreto nel latte materno. Notevoli quantità di capecitabina e dei suoi metaboliti sono state ritrovate nel latte del topo durante il periodo dell’allattamento. Sospendere l'allattamento al seno durante il periodo di trattamento con Xeloda.
Xeloda altera lievemente la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Xeloda può indurre capogiri, stato di affaticamento e nausea.
Riassunto del profilo di sicurezza
Il profilo globale di sicurezza di Xeloda si basa sui dati relativi a più di 3000 pazienti trattati con Xeloda in monoterapia o con Xeloda in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. I profili di sicurezza della monoterapia con Xeloda nelle popolazioni di pazienti con carcinoma metastatico della mammella, carcinoma colorettale metastatico e carcinoma del colon in ambito adiuvante sono simili. Vedere il paragrafo 5.1 per i dettagli sugli studi più importanti, inclusi i disegni dello studio e i risultati di efficacia più importanti.
Le reazioni avverse (ADR) correlate al trattamento più frequentemente riportate e/o clinicamente rilevanti sono state disturbi gastrointestinali (specialmente diarrea, nausea, vomito, dolore addominale, stomatite), sindrome mano-piede (eritrodisestesia palmo-plantare), affaticamento, astenia, anoressia, cardiotossicità, peggioramento della disfunzione renale ove la funzione fosse già precedentemente compromessa e trombosi/embolia.
Riepilogo delle reazioni avverse in forma tabulare
Le ADR considerate dallo sperimentatore come possibilmente, probabilmente o lontanamente correlate alla somministrazione di Xeloda sono elencate nella Tabella 4 per l’assunzione di Xeloda in monoterapia, e nella Tabella 5 per l’assunzione di Xeloda in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. Per classificare le ADR in base alla loro frequenza sono usati i seguenti termini: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10) e non comune (≥ 1/1000, < 1/100). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le ADR sono riportate in ordine di gravità decrescente.
Xeloda in monoterapia:
La tabella 4 elenca le ADR associate all’uso di Xeloda in monoterapia sulla base di un’analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza relativi ai tre studi principali che hanno incluso oltre 1900 pazienti (studi M66001, SO14695 e SO14796). Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza in accordo all’incidenza globale derivante dall’analisi raggruppata.
Tabella 4 Riassunto delle ADR correlate riportate in pazienti trattati con Xeloda in monoterapia
Sistema corporeo | Molto comune Tutti i gradi | Comune Tutti i gradi | Non comune Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati clinicamente rilevanti |
Infezioni ed infestazioni | - | Infezione virale erpetica, Nasofaringite, Infezione del tratto respiratorio inferiore | Sepsi, Infezione del tratto urinario, Cellulite, Tonsillite, Faringite, Candidosi orale, Influenza, Gastroenterite, Infezione fungina, Infezione, Ascesso dentale |
Tumori benigni, maligni e non specificati | - | - | Lipoma |
Patologie del sistema emolinfopoietico | - | Neutropenia, Anemia | Neutropenia febbrile, Pancitopenia, Granulocitopenia, Trombocitopenia, Leucopenia, Anemia emolitica, Aumento del Rapporto internazionale normalizzato/ Prolungamento del tempo di protrombina |
Disturbi del sistema immunitario | - | - | Ipersensibilità |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Anoressia | Disidratazione, Riduzione dell’appetito, Pedita di peso | Diabete, Ipokaliemia, Disturbi dell’appetito, Malnutrizione, Ipertrigliceridemia |
Disturbi psichiatrici | - | Insonnia, Depressione | Stato confusionale, Attacco di panico, Depressione dell’umore, Riduzione della libido |
Patologie del sistema nervoso | - | Mal di testa, Letargia, Capogiro, Parestesia, Disgeusia | Afasia, Disturbi della memoria, Atassia, Sincope, Disturbi dell’equiibrio, Disturbi sensori, Neuropatia periferica |
Patologie dell'occhio | - | Aumento della lacrimazione, Congiuntivite, Irritazione dell’occhio | Ridotta acuità visiva, Diplopia |
Patologie dell'orecchio e del labirinto | - | - | Capogiro, Dolore all’orecchio |
Patologie cardiache | - | - | Angina instabile, Angina pectoris, Ischemia miocardica, Fibrillazione atriale, Aritmia, Tachicardia, Tachicardia sinusale, Palpitazioni |
Patologie vascolari | - | Tromboflebite | Trombosi venosa profonda, Ipertensione, Petecchie, Ipotensione, Arrossamenti, Senso di freddo alle estremità |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | - | Dispnea, Epistassi, Tosse, Rinorrea | Embolia polmonare, Pneumotorace, Emottisi, Asma, Dispnea da sforzo |
Patologie gastrointestinali | Diarrea, Vomito, Nausea, Stomatite, Dolore addominale | Emorragia gastrointestinale, Costipazione, Dolore all’addome superiore, Dispepsia, Flatulenza, Secchezza delle fauci | Ostruzione intestinale, Ascite, Enterite Gastrite, Disfagia, Dolore all’addome inferiore, Esofagite, Disturbi addominali, Malattia da reflusso gastroesofageo, Colite, Sangue nelle feci |
Patologie epatobiliari | - | Iperbilirubinemia, Anomalie nei test di funzionalità epatica | Ittero |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare | Rash, Alopecia, Eritema, Pelle secca, Prurito, Iperpigmentazione cutanea, Rash maculare, Desquamazione della pelle, Dermatite, Disturbi di pigmentazione, Disturbi ungueali | Ulcerazione della pelle, Rash, Orticaria, Reazione da fotosensitività, Eritema palmare, Rigonfiamento facciale, Porpora |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | - | Dolore all’estremità, Dolore alla schiena, Artralgia | Rigonfiamento delle articolazioni, Dolore osseo, Dolore facciale, Rigidità musculosheletrica, Debolezza muscolare |
Patologie renali e urinarie | - | - | Idronefrosi, Incontinenza urinaria, Ematuria, Nicturia, Aumento della creatininemia |
Patologie dell'apparato riproduttivo e della mammella | - | - | Emorragia vaginale |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Affaticamento, Astenia | Piressia, Letargia, Edema periferico, Malessere, Dolore toracico | Edema, Brividi, Malattia simil-influenzale, Rigidità, Aumento della temperatura corporea |
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura | - | - | Vescicola, Overdose |
Xeloda nella terapia di associazione:
La tabella 5 elenca le ADR associate all’uso di Xeloda in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni, sulla base dei dati di sicurezza relativi a oltre 3000 pazienti. Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza (Molto comune o Comune) in base all’incidenza più elevata osservata negli studi clinici principali e solo se aggiuntive a quelle osservate con Xeloda in monoterapia o se appartenenti a un gruppo di frequenza più elevata rispetto a Xeloda in monoterapia (vedere tabella 4). Le ADR non comuni riportate per Xeloda nella terapia di associazione sono in linea con le ADR riportate per Xeloda in monoterapia o per la monoterapia con i farmaci di associazione (in letteratura e/o nei rispettivi riassunti delle caratteristiche del prodotto).
Alcune delle ADR sono reazioni che si osservano di frequente con l’agente di associazione (ad es. la neuropatia sensoriale periferica con docetaxel o oxaliplatino, l’ipertensione con bevacizumab); tuttavia non si può escludere un peggioramento indotto dalla terapia con Xeloda.
Tabella 5 Riassunto delle ADR riportate in pazienti trattati con Xeloda nella terapia di associazione in aggiunta a quelle osservate con Xeloda in monoterapia o osservate in un gruppo di frequenza più elevata rispetto a Xeloda in monoterapia.
Sistema corporeo | Molto comune Tutti i gradi | Comune Tutti i gradi |
Infezioni ed infestazioni | - | Herpes zoster, Infezione del tratto urinario, Candidosi orale, Infezione delle vie aeree superiori, Rinite, Influenza, +Infezione, Herpes orale |
Patologie del sistema emolinfopoietico | +Neutropenia, +Leucopenia, +Anemia, +Neutropenia febbrile, Trombocitopenia | Depressione midollare, +Neutropenia febbrile |
Disturbi del sistema immunitario | | Ipersensibilità |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Riduzione dell’appetito | Ipokaliemia, Iponatremia, Ipomagnesemia, Ipocalcemia, Iperglicemia |
Disturbi psichiatrici | - | Disturbi del sonno, Ansia |
Patologie del sistema nervoso | Alterazione del gusto, Parestesia e disestesia, Neuropatia periferica, Neuropatia periferica sensoriale, Disgeusia, Cefalea | Neurotossicità, Tremore, Nevralgia, Reazione di ipersensibilità, Ipoestesia |
Patologie dell’occhio | Aumento della lacrimazione | Disturbi della visione, Secchezza oculare, Dolore oculare, Riduzione della Vista, Vista offuscata |
Patologie dell'orecchio e del labirinto | - | Tinnito, Ipoacusia |
Patologie cardiache | - | Fibrillazione atriale, Ischemia cardiaca/infarto |
Patologie vascolari | Edema degli arti inferiori, Ipertensione, +Embolia e trombosi | Arrossamento, Ipotensione, Crisi ipertensive, Vampate di calore, Flebiti |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Mal di gola, Disestesia della faringe | Singhiozzo, Dolore della faringe e/o laringe, Disfonia |
Patologie gastrointestinali | Stipsi, Dispepsia | Emorragia dell’addome superiore, Ulcerazione della bocca, Gastrite, Distensione addominale, Malattia da reflusso gastroesofageo, Dolore alla bocca, Disfagia, Emorragia rettale, Dolore all’addome inferiore, Disestesia orale, Parestesia orale, Ipoestesia orale, Malessere addominale |
Patologie epatobiliari | - | Alterazione della funzionalità epatica |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Alopecia, Disturbi a carico delle unghie | Iperidrosi, Eruzione eritematosa, Orticaria, Sudorazione notturna |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Mialgia, Artralgia, Dolore alle estremità | Dolore mandibolare, Spasmi muscolari, Trisma, Debolezza muscolare |
Patologie renali e urinarie | - | Ematuria, Proteinuria, Riduzione della clearance della creatinina, Disuria |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Piressia, Debolezza, +Letargia, Intolleranza alla temperatura | Infiammazione delle mucose Dolore agli arti, Dolore, Brividi, Dolore al torace, Sindrome simil-influenzale, +Febbre, Reazioni correlate all’infusione, Reazioni correlate al sito di iniezione, Dolore nel sito di infusione, Dolore nel sito di iniezione |
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura | - | Contusione |
+ Per ciascun termine, la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di tutti gradi. Per i termini contrassegnati da un “+”, la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di grado 3-4. Le ADR sono state inserite in base alla frequenza più elevata osservata negli studi clinici principali sulla terapia di associazione.
Esperienza successiva alla commercializzazione:
Le seguenti reazioni avverse serie addizionali sono state identificate durante l’esposizione post-marketing:
- Molto raro: stenosi del dotto lacrimale.
- Molto raro: insufficienza epatica ed epatite colestatica sono state riportate durante gli studi clinici e durante l’esposizione post-marketing.
c. Descrizione di una selezione di reazioni avverse
Sindrome mano-piede (vedere paragrafo 4.4):
Negli studi sulla capecitabina in monoterapia (compresi gli studi sulla terapia adiuvante nel carcinoma del colon, sul trattamento del carcinoma del colon retto metastatico e sul trattamento del carcinoma della mammella), con il dosaggio di 1250 mg/m² di capecitabina due volte al giorno nei giorni 1-14 ogni tre settimane, la sindrome mano-piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 53% e il 60%; nel braccio capecitabina/docetaxel per il trattamento del carcinoma mammario metastatico la frequenza è stata del 63%. Nella terapia con capecitabina in associazione, con il dosaggio di 1000 mg/m² di capecitabina due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 ogni tre settimane, la sindrome mano-piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 22% e il 30%.
Nell'ambito di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o capecitabina in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) la sindrome mano-piede di qualunque grado si è manifestata in 2066 pazienti (43%) dopo un periodo mediano di 239 giorni (95% IC: 201,288) dall'inizio del trattamento con capecitabina. In tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammo), riduzione della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg), aumento dell'intensità di dose relativa nelle prime 6 settimane, aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni), sesso femminile e buon performance status secondo l'ECOG al basale (0 vs ≥1).
Diarrea (vedere paragrafo 4.4):
Xeloda può comportare la comparsa di diarrea, che si è osservata fino a un massimo del 50% dei pazienti.
I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un'associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e un aumento del rischio di sviluppare diarrea: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammo), aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell'età (incrementi di 10 anni) e sesso femminile. È stata osservata un'associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e una riduzione del rischio di sviluppare diarrea: aumento della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg) e aumento dell'intensità di dose relativa nelle prime 6 settimane.
Cardiotossicità (vedere paragrafo 4.4):
Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base di un'analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici che hanno incluso 949 pazienti (2 studi di fase III e 5 studi di fase II nel carcinoma metastatico del colon retto e nel carcinoma metastatico della mammella), in associazione all'uso di Xeloda in monoterapia sono state osservate le seguenti ADR con un'incidenza inferiore allo 0,1%: cardiomiopatia, scompenso cardiaco, morte improvvisa ed extrasistole ventricolari.
Encefalopatia:
Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base della suddetta analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici, all'uso di Xeloda in monoterapia si è associata anche encefalopatia, con un'incidenza inferiore allo 0,1%.
d. Popolazioni particolari
Pazienti anziani (vedere paragrafo 4.2):
Un'analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti di età ≥ 60 anni trattati con Xeloda in monoterapia e un’analisi dei pazienti trattati con l’associazione terapeutica di Xeloda e docetaxel hanno mostrato un aumento dell’incidenza delle reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento e delle reazioni avverse gravi correlate al trattamento rispetto ai pazienti con meno di 60 anni di età. Inoltre i pazienti di età ≥60 anni trattati con Xeloda e docetaxel hanno interrotto prematuramente il trattamento a causa delle reazioni avverse più di frequente rispetto ai pazienti con meno di 60 anni di età.
I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra l’avanzamento dell'età (incrementi di 10 anni) e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.
Sesso
I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra il sesso femminile e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.
Pazienti con insufficienza renale (vedere paragrafi 4.2, 4.4 e 5.2):
Un'analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti trattati con Xeloda in monoterapia (carcinoma del colon retto) con insufficienza renale al basale ha mostrato un aumento dell'incidenza delle reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento rispetto ai pazienti con funzione renale normale (36% nei pazienti senza insufficienza renale n= 268 vs rispettivamente 41% nell’insufficienza lieve n= 257 e 54% in quella moderata n= 59) (vedere paragrafo 5.2). Nei pazienti con funzionalità renale moderatamente compromessa è stato osservato un aumento del tasso di riduzione della dose (44%) vs il 33% e il 32% nei pazienti con insufficienza renale lieve o assente e un aumento dell'interruzione prematura del trattamento (21% di interruzioni durante i primi due cicli) vs 5% e 8% nei pazienti con insufficienza renale lieve o assente.
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Le manifestazioni di sovradosaggio acuto sono rappresentate da nausea, vomito, diarrea, mucosite, irritazione gastrointestinale ed emorragie, e depressione del midollo osseo. La gestione clinica del sovradosaggio deve avvenire tramite terapia convenzionale e intervento medico di supporto al fine di correggere le manifestazioni cliniche presenti e di prevenire eventuali possibili complicanze delle stesse.
Categoria farmacoterapeutica: citostatico (antimetabolita), codice ATC: L01BC06
La capecitabina è una fluoropirimidina carbamato non citotossica, che agisce come precursore somministrabile per via orale della forma citotossica 5-fluorouracile (5-FU). La capecitabina è attivata tramite diversi passaggi enzimatici (vedere paragrafo 5.2). L’enzima coinvolto nella conversione finale in 5-FU, la timidina fosforilasi (ThyPase), si ritrova nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti normali, ma generalmente ad una concentrazione inferiore. Nei modelli tumorali da xenotrapianto umano la capecitabina ha dimostrato di avere un effetto sinergico in associazione a docetaxel, che può essere correlato alla iperegolazione della timidina fosforilasi da parte di docetaxel.
È stato osservato che il metabolismo del 5-FU nel percorso anabolico blocca la reazione di metilazione dell'acido deossiuridilico in acido timidilico, interferendo così nella sintesi dell'acido deossiribonucleico (DNA). L'incorporazione di 5-FU porta inoltre all'inibizione della sintesi del RNA e delle proteine. Poiché DNA e RNA sono essenziali per la divisione e la crescita cellulare, il 5-FU può dar luogo a una deficienza di timidina che provoca la crescita non bilanciata e la morte cellulare. Gli effetti della deprivazione di DNA e RNA sono particolarmente marcati nelle cellule con crescita più rapida e che metabolizzano il 5-FU più velocemente.
Carcinoma del colon e del colon-retto:
Monoterapia con Xeloda nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso di Xeloda per la terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio X-ACT, M66001). In questo studio, 1987 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo, come cicli di 3 settimane per 24 settimane) o 5-FU e leucovorin (schema Mayo Clinic: 20 mg/m² leucovorin e.v. seguiti da 425 mg/m² bolo di 5-FU e.v., nei giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni per 24 settimane). Xeloda è risultato almeno equivalente al 5-FU/LV e.v. nella sopravvivenza libera da malattia nella popolazione per protocollo (HR 0,92; 95% IC 0,80-1,06). In tutta la popolazione randomizzata la differenza tra Xeloda e 5-FU/LV per la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale ha evidenziato una HR di 0,88 (95% IC 0,77-1,01; p=0,068) e 0,86 (95% IC 0,74-1,01; p=0,060) rispettivamente. Il follow-up mediano al tempo dell’analisi è stato di 6,9 anni. In un’analisi multivariata di Cox precedentamente pianificata, è stata dimostrata la superiorità di Xeloda verso il bolo di 5-FU/LV. I seguenti fattori erano stati predefiniti nell’analisi statistica per l’inclusione nel modello: età, tempo dalla chirurgia alla randomizzazione, sesso, livelli di CEA al basale, linfonodi al basale e paese. In tutta la popolazione randomizzata, Xeloda ha dimostrato di essere superiore a 5-FU/LV sia in termini di sopravvivenza libera da malattia (HR: 0,849; 95% IC 0,739 – 0,976; p=0,0212) sia in termini di sopravvivenza globale (HR: 0,828; 95% IC 0,705 – 0,971; p=0,0203).
Terapia di associazione nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III, in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso di Xeloda in combinazione a oxaliplatino (XELOX) per il trattamento adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio NO16968). In questo studio, 944 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1000 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo, come cicli di 3 settimane per 24 settimane), in combinazione a oxaliplatino (130 mg/m² in infusione endovenosa per 2 ore al giorno 1 di ogni ciclo, ogni 3 settimane); 942 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU in bolo e leucovorin. Nell’analisi primaria per la DFS nella popolazione ITT, XELOX ha dimostrato di essere significativamente superiore a 5-FU/LV (HR=0,80, 95% IC=[0,69; 0,93]; p=0,0045). Il tasso di DFS a 3 anni è stato del 71% nel braccio trattato con XELOX rispetto al 67% nel braccio trattato con 5-FU/LV. L’analisi eseguita per l’endpoint secondario della RFS supporta questi risultati con un HR di 0,78 (95% IC=[0,67; 0,92]; p=0,0024) nel braccio trattato con XELOX rispetto a quello con il 5-FU/LV. XELOX ha dimostrato un trend di superiorità in OS con un HR di 0,87 (95% IC=[0,72; 1,05]; p=0,1486) che si traduce in una riduzione del 13% del rischio di morte. Il tasso di OS a 5 anni è stato del 78% per XELOX rispetto al 74% per 5-FU/LV. I dati di efficacia sono basati su un tempo di osservazione mediano di 59 mesi per l’OS e 57 mesi per la DFS. Il tasso di ritiro dallo studio per eventi avversi è stato più elevato nel braccio di trattamento con XELOX (21%) rispetto a quello del braccio con 5FU/LV in monoterapia (9%) nella popolazione ITT.
Monoterapia con Xeloda nel carcinoma del colon-retto metastatico
I dati di due studi clinici con uguale disegno, multicentrici, randomizzati, controllati, di fase III (SO14695: SO14796) supportano l’uso di Xeloda per il trattamento di prima linea del tumore metastatico del colon-retto. In questi studi 603 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e somministrati in cicli di 3 settimane). 604 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU e leucovorin (regime Mayo: 20 mg/m² leucovorin e.v. seguiti da 425 mg/m² di 5-FU in bolo per via endovenosa, ai giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni). Le percentuali di risposta obiettiva globale nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) sono state: 25,7% (Xeloda) rispetto a 16,7% (regime Mayo); p < 0,0002. Il tempo mediano alla progressione è stato di 140 giorni (Xeloda) rispetto a 144 giorni (regime Mayo). La sopravvivenza mediana è stata di 392 giorni (Xeloda) rispetto a 391 giorni (regime Mayo). Non sono attualmente disponibili dati di confronto sulla monoterapia con Xeloda nel tumore del colon-retto verso i regimi di associazione di prima linea.
Terapia di associazione nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico
I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16966) supportano l’uso di Xeloda in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab per il trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico. Lo studio comprendeva due parti: una parte iniziale a due bracci nella quale 634 pazienti sono stati randomizzati a due differenti regimi di trattamento, cioè XELOX e FOLFOX-4, e una successiva parte 2x2 fattoriale nella quale 1401 pazienti sono stati randomizzati a quattro differenti regimi di trattamento, cioè XELOX più placebo, FOLFOX-4 più placebo, XELOX più bevacizumab, e FOLFOX-4 più bevacizumab. Vedere Tabella 6 per i regimi di trattamento.
Tabella 6 Regimi di trattamento nello studio NO16966 (CCRm)
| Trattamento | Dose iniziale | Schedula |
FOLFOX-4 o FOLFOX-4 + Bevacizumab | Oxaliplatino | 85 mg/m² e.v. 2 ore | Oxaliplatino al giorno 1, ogni 2 settimane |
Leucovorin | 200 mg/m² e.v. 2 ore | Leucovorin al giorno 1 e 2, ogni 2 settimane |
5-Fluorouracile | 400 mg/m² e.v. in bolo, seguito da 600 mg/m² e.v. 22 ore | 5-fluorouracile infusione e.v. in bolo, al giorno 1 e 2, ogni due settimane |
Placebo o Bevacizumab | 5 mg/kg e.v. 30-90 min | Giorno 1, prima di FOLFOX-4, ogni 2 settimane |
XELOX o XELOX+ Bevacizumab | Oxaliplatino | 130 mg/m² e.v. 2 ore | Oxaliplatino al giorno 1, ogni 3 settimane |
Capecitabina | 1000 mg/m² orale due volte al giorno | Capecitabina orale 2 volte al giorno per 2 settimane (seguita da una settimana di interruzione) |
Placebo o Bevacizumab | 7,5 mg/kg e.v. 30-90 min | Giorno 1, prima di XELOX, ogni 3 settimane |
5-Fluorouracile: iniezione in bolo e.v. subito dopo il leucovorin |
La non inferiorità dei bracci contenenti XELOX rispetto a quelli contenenti FOLFOX-4 nel confronto generale è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione di pazienti elegibili e nella popolazione intent-to-treat (vedere Tabella 7). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza globale (vedere Tabella 7). Il confronto di XELOX più bevacizumab verso FOLFOX-4 più bevacizumab è stata un’analisi esplorativa pre-pianificata. Nel confronto tra questi due sottogruppi di trattamento, XELOX più bevacizumab è risultato simile a FOLFOX-4 più bevacizumab in termini di sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 1,01; 97,5% IC 0,84 - 1,22). Il follow-up mediano al momento delle analisi primarie nella popolazione intent-to-treat era 1,5 anni; i dati derivanti dalle analisi eseguite dopo un ulteriore anno di follow-up sono anch’essi riportati nella Tabella 7. Comunque, l’analisi della PFS on-treatment non ha confermato i risultati dell’analisi della PFS generale e della OS: l’hazard ratio di XELOX verso FOLFOX-4 era di 1,24 con IC 97,5% 1,07 - 1,44. Sebbene le analisi di sensibilità mostrano che diffferenze nella programmazione del regime e nel tempo di valutazione del tumore influiscono sull’analisi della PFS on-treatment, non è stata trovata una risposta definitiva a questo risultato.
Tabella 7 Principali risultati di efficacia per l’analisi di non-inferiorità dello Studio NO16966
ANALISI PRIMARIA |
| XELOX/XELOX+P/ XELOX+BV (PPE*: N=967; ITT**: N=1017) | FOLFOX-4/FOLFOX-4+P/ FOLFOX-4+BV (PPE*: N = 937; ITT**: N= 1017) | |
Popolazione | Tempo mediano all’evento (giorni) | HR (97,5% IC) |
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione |
PPE | 241 | 259 | 1,05 (0,94; 1,18) |
ITT | 244 | 259 | 1,04 (0,93; 1,16) |
Parametro: Sopravvivenza globale |
PPE | 577 | 549 | 0,97 (0,84; 1,14) |
ITT | 581 | 553 | 0,96 (0,83; 1,12) |
ULTERIORE ANNO DI FOLLOW UP |
Popolazione | Tempo mediano all’evento (giorni) | HR (97,5% IC) |
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione |
PPE | 242 | 259 | 1,02 (0,92; 1,14) |
ITT | 244 | 259 | 1,01 (0,91; 1,12) |
Parametro: Sopravvivenza globale |
PPE | 600 | 594 | 1,00 (0,88; 1,13) |
ITT | 602 | 596 | 0,99 (0,88; 1,12) |
*PPE=popolazione di pazienti elegibili; **ITT=popolazione intent-to-treat
I dati emersi da uno studio randomizzato, controllato di fase III (CAIRO) supportano l’uso di Xeloda alla dose iniziale di 1000 mg/m² per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione con irinotecan per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico. 820 Pazienti sono stati randomizzati a ricevere un trattamento sequenziale (n=410) o di associazione (n=410). Il trattamento sequenziale consisteva in un trattamento di prima linea con Xeloda (1250 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni), una seconda linea con irinotecan (350 mg/m² al giorno 1), e una terza linea con l’associazione di capecitabina (1000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) e oxaliplatino (130 mg/m² al giorno 1). Il trattamento di associazione consisteva in un trattamento di prima linea con Xeloda (1000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) associato a irinotecan (250 mg/m² al giorno 1) (XELIRI) e una seconda linea con capecitabina (1000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) più oxaliplatino (130 mg/m² al giorno 1). Tutti i cicli di trattamento sono stati somministrati a intervalli di 3 settimane. Nel trattamento di prima linea la sopravvivenza libera da progressione mediana nella popolazione intent-to-treat è stata di 5,8 mesi (95%IC, 5,1 -6,2 mesi) per la Xeloda in monoterapia e 7,8 mesi (95% IC, 7,0 - 8,3 mesi; p=0,0002) per XELIRI.
I dati emersi da una interim analysis di uno studio multicentrico, randomizzato, controllato di fase II (AIO KRK 0604) supportano l’uso di Xeloda alla dose iniziale di 800 mg/m² per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione con irinotecan e bevacizumab per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico. 115 Pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda associato a irinotecan (XELIRI) e bevacizumab: Xeloda (800 mg/m² due volte al giorno per due settimane seguito da 7 giorni i riposo), irinotecan (200 mg/m² in infusione di 30 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane), e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane); un totale di 118 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda in associazione con oxaliplatino più bevacizumab: Xeloda (1000 mg/m² due volte al giorno per due settimane seguito da 7 giorni i riposo), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane), e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane). La sopravvivenza libera da progressione a 6 mesi nella popolazione intent-to-treat è stata pari all’80% (XELIRI più bevacizumab) verso il 74% (XELOX più bevacizumab). Il tasso di risposta globale (risposta completa più risposta parziale) è stato del 45% (XELOX più bevacizumab) verso il 47% (XELIRI più bevacizumab).
Terapia di associazione nel trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico
I dati di uno studio clinico mulitcentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16967) supportano l’uso di Xeloda in associazione con oxaliplatino per il trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico. In questo studio, 627 pazienti con carcinoma colorettale metastatico che avevano ricevuto un precedente trattamento con irinotecan in associazione con un regime a base di fluoropirimidine come trattamento di prima linea sono stati randomizati al trattamento con XELOX o FOLFOX-4. Per il regime del dosaggio di XELOX e FOLFOX-4 (senza aggiunta di placebo o bevacizumab), vedere la tabella 6. È stato dimostrato che XELOX non è inferiore a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione per-protocol e intent-to-treat (vedere tabella 8). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza globale (vedere tabella 8). Il follow-up mediano al momento dell’analisi primaria nella popolazione intent-to-treat era 2,1 anni; i dati derivati da analisi eseguite dopo ulteriori 6 mesi di follow-up sono inclusi anch’essi nella tabella 8.
Tabella 8 Principali risultati di efficacia per l’analisi di non-inferiorità dello studio NO16967
ANALISI PRIMARIA |
| XELOX (PPP*: N=251; ITT**: N=313) | FOLFOX-4 (PPP*: N = 252; ITT**: N= 314) | |
Popolazione | Tempo mediano all’evento (giorni) | HR (95% IC) |
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione |
PPP | 154 | 168 | 1,03 (0,87; 1,24) |
ITT | 144 | 146 | 0,97 (0,83; 1,14) |
Parametro: Sopravvivenza globale |
PPP | 388 | 401 | 1,07 (0,88; 1,31) |
ITT | 363 | 382 | 1,03 (0,87; 1,23) |
ULTERIORI 6 MESI DI FOLLOW UP |
Popolazione | Tempo mediano all’evento (gioni) | HR (95% CI) |
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione |
PPP | 154 | 166 | 1,04 (0,87; 1,24) |
ITT | 143 | 146 | 0,97 (0,83; 1,14) |
Parametro: Sopravvievenza globale |
PPP | 393 | 402 | 1,05 (0,88; 1,27) |
ITT | 363 | 382 | 1,02 (0,86; 1,21) |
*PPP=popolazione per-protocol; **ITT=popoalazione intent-to-treat
Carcinoma gastrico avanzato:
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso di Xeloda nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (ML17032). In questo studio, 160 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1000 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguiti da 7 giorni di riposo) e cisplatino (80 mg/m² in infusione endovenosa di 2 ore ogni 3 settimane). Un totale di 156 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU (800 mg/m²al giorno, in infusione continua dal giorno 1 al giorno 5 ogni 3 settimane) e cisplatino (80 mg/m² in infusione endovenosa di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane). Xeloda in associazione con cisplatino ha dimostrato la non-inferiorità rispetto a 5-FU in associazione con cisplatino in termini di sopravvivenza libera da progressione nell’analisi per protocollo (hazard ratio 0,81; IC al 95% 0,63 - 1,04). La mediana della sopravvivenza libera da progressione è stata di 5,6 mesi (Xeloda + cisplatino) rispetto a 5,0 mesi (5-FU + cisplatino). L’hazard ratio per la durata della sopravvivenza (sopravvivenza globale) è stata simile all’hazard ratio per la sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0,85; IC al 95% 0,64 - 1,13). La mediana della durata della sopravvivenza è stata di 10,5 mesi (Xeloda + cisplatino) rispetto a 9,3 mesi (5-FU + cisplatino).
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, di fase III di confronto tra capecitabina e 5-FU e tra oxaliplatino e cisplatino in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso di Xeloda nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (REAL-2). In questo studio, 1002 pazienti sono stati randomizzati con un disegno 2x2 fattoriale a uno dei seguenti 4 bracci:
- ECF: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5-FU (200 mg/m² somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).
- ECX: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e Xeloda (625 mg/m² due volte al giorno continuativamente).
- EOF: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5-FU (200 mg/m² somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).
- EOX: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e Xeloda (625 mg/m² due volte al giorno continuativamente).
L’analisi primaria sull’efficacia nella popolazione per protocollo ha dimostrato la non-inferiorità in termini di sopravvivenza globale per capecitabina verso i regimi a base di 5-FU (hazard ratio 0,86; IC al 95% 0,8 - 0,99) e per oxaliplatino verso regimi a base di cisplatino (hazard ratio 0,92; IC al 95% 0,80 - 1,1). La mediana della sopravvivenza globale è stata di 10,9 mesi nei regimi a base di capecitabina e 9,6 mesi in quelli contenenti 5-FU. La mediana della sopravvivenza globale è stata di 10,0 mesi nei regimi a base di cisplatino e di 10,4 mesi nei regimi a base di oxaliplatino.
Xeloda è stato anche utilizzato in associazione con oxaliplatino nel trattamento del carcinoma gastrico avanzato. Studi con Xeloda in monoterapia indicano che Xeloda ha attività nel carcinoma gastrico avanzato.
Carcinoma gastrico avanzato, del colon e del colon-retto: meta-analisi
Una meta-analisi di sei studi clinici (studi SO14695, SO14796, M66001, NO16966, NO16967, M17032) supporta l’uso di Xeloda in sostituzione del 5-FU in monoterapia e nel trattamento di associazione del carcinoma gastrointestinale. L’analisi aggregata include 3097 pazienti trattati con regimi contenenti Xeloda e 3074 pazienti trattati con regimi contenenti 5-FU. La sopravvivenza globale mediana è stata di 703 giorni (95% IC: 671; 745) nei pazienti trattati con regimi contenenti Xeloda e di 683 giorni (95% IC: 646; 715) in quelli trattati con regimi contenenti 5-FU. L’hazard ratio per la sopravvivenza globale è stato 0,94 (95% IC: 0,89; 1,00, p=0,0489), il che indica che i regimi contenenti Xeloda sono superiori a quelli contenenti 5-FU.
Carcinoma mammario
Terapia di associazione con Xeloda e docetaxel nel carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico
I dati di uno studio clinico di fase III multicentrico, randomizzato, controllato, supportano l’utilizzo di Xeloda in associazione a docetaxel per il trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico in progressione dopo chemioterapia citotossica che includeva un’antraciclina. In questo studio 255 pazienti sono state randomizzate al trattamento con Xeloda (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e docetaxel 75 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). 256 pazienti sono state randomizzate al trattamento con docetaxel da solo (100 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). La sopravvivenza è stata superiore nel braccio di associazione Xeloda + docetaxel (p = 0,0126). La sopravvivenza mediana è stata di 442 giorni (Xeloda + docetaxel) rispetto a 352 giorni (docetaxel da solo). La percentuale di risposta obiettiva globale riscontrabile nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) è stata di 41,6% (Xeloda + docetaxel) rispetto a 29,7% (docetaxel da solo); p = 0,0058. Il tempo alla progressione della malattia è stato superiore nel braccio di associazione Xeloda + docetaxel (p < 0,0001). Il tempo mediano alla progressione è stato di 186 giorni (Xeloda + docetaxel) rispetto a 128 giorni (docetaxel da solo).
Monoterapia con Xeloda dopo fallimento con chemioterapia contenente taxani, antracicline e dove la terapia con antracicline non è indicata
I dati di due studi clinici multicentrici di fase II supportano l’utilizzo di Xeloda in monoterapia per il trattamento di pazienti in progressione dopo chemioterapia che includeva taxani e un’antraciclina o per le quali non sia indicata un’ulteriore terapia con antracicline. In questi studi 236 pazienti in totale sono state trattate con Xeloda (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana). La percentuale di risposta obiettiva globale (valutazione dello sperimentatore) è stata del 20% (primo studio) e del 25% (secondo studio). Il tempo mediano alla progressione è stato di 93 e 98 giorni. La sopravvivenza mediana è stata di 384 e 373 giorni.
Tutte le indicazioni:
Una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con Xeloda in monoterapia o in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) ha evidenziato una sopravvivenza globale più prolungata nei pazienti in trattamento con Xeloda che hanno sviluppato la sindrome mano-piede rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato la sindrome mano-piede: sopravvivenza globale mediana 1100 giorni (95% IC : 1007; 1200) vs 691 giorni (95% IC: 638; 754) con un hazard ratio di 0,61 (95% IC: 0,56; 0,66).
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La farmacocinetica della capecitabina è stata valutata su un intervallo di dose di 502-3514 mg/m²/die. I parametri della capecitabina, 5’-deossi-5-fluorocitidina (5’-DFCR) e 5’-deossi-5-fluorouridina (5’-DFUR) misurati ai giorni 1 e 14 erano simili. L’AUC del 5-FU al giorno 14 era superiore del 30%-35%. La riduzione della dose di capecitabina diminuisce l’esposizione sistemica al 5-FU in maniera più che dose-proporzionale, a causa della non lineare farmacocinetica relativa al metabolita attivo.
Assorbimento: dopo somministrazione orale, la capecitabina è assorbita completamente e rapidamente; successivamente si converte completamente nei metaboliti 5'-DFCR e 5'-DFUR. La somministrazione con il cibo diminuisce la percentuale di assorbimento della capecitabina, ma provoca soltanto un minore effetto sulla AUC di 5'-DFUR e sulla AUC del successivo metabolita 5-FU. Al dosaggio di 1250 mg/m² al giorno 14 somministrato dopo i pasti, le concentrazioni plasmatiche massime (Cmax in mcg/ml) della capecitabina, 5'-DFCR, 5'-DFUR, 5-FU e FBAL sono state rispettivamente di 4,67 - 3,05 - 12,1 - 0,95 e 5,46. Il tempo per il raggiungimento delle concentrazioni plasmatiche massime (Tmax in ore) è stato di 1,50 - 2,00 - 2,00 - 2,00 e 3,34. I valori della AUC0- ∞ in mcg·h/ml sono stati 7,75 - 7,24 - 24,6 - 2,03 e 36,3.
Legame proteico: studi effettuati in vitro sul plasma umano hanno evidenziato che la capecitabina, 5'-DFCR, 5'-DFUR e 5-FU sono legate alle proteine, principalmente all'albumina, in percentuali rispettivamente pari a 54%, 10%, 62% e 10%.
Metabolismo: la capecitabina è dapprima metabolizzata dalla carbossilesterasi epatica in 5'-DFCR, che viene poi convertita in 5'-DFUR ad opera della citidina deaminasi, localizzata principalmente nei tessuti del fegato e del tumore. Si ha poi un'ulteriore attivazione catalitica del 5'-DFUR ad opera della timidina fosforilasi (ThyPase). Gli enzimi coinvolti nell’attivazione catalitica sono presenti nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti sani, anche se generalmente in quantità inferiore. La biotrasformazione sequenziale enzimatica della capecitabina in 5-FU porta a più elevate concentrazioni all’interno dei tessuti neoplastici. Nei tumori del colon-retto la generazione di 5-FU sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore. Dopo la somministrazione orale della capecitabina a pazienti con tumore colorettale, il rapporto della concentrazione di 5-FU nei tumori colorettali rispetto ai tessuti adiacenti era di 3,2 (con variazione da 0,9 a 8,0). Il rapporto della concentrazione di 5-FU nel tumore rispetto al plasma era di 21,4 (con variazione da 3,9 a 59,9, n=8), mentre il rapporto nei tessuti sani rispetto al plasma era di 8,9 (con variazione da 3,0 a 25,8, n=8). E’ stata misurata l’attività della timidina fosforilasi che è risultata essere 4 volte superiore nel tumore colorettale primitivo rispetto ai valori riportati nel tessuto normale adiacente. Sulla base di studi di immunoistochimica, la timidina fosforilasi sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore.
Il 5-FU è successivamente catabolizzato dall’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD) nel molto meno tossico diidro-5-fluorouracile (FUH2). La diidropirimidasi agisce sull’anello pirimidinico per ottenere l’acido 5-fluoro-ureidopropionico (FUPA). Infine, la b-ureido-propionasi trasforma il FUPA in a-fluoro-b-alanina (FBAL) che è eliminata con le urine. L’attività della diidropirimidina deidrogenasi (DPD) è il fattore critico limitante. La carenza di DPD può indurre una aumentata tossicità della capecitabina (vedere paragrafo 4.3 e 4.4).
Eliminazione: l’emivita di eliminazione (t1/2 in ore) di capecitabina, 5'-DFCR, 5'-DFUR, 5-FU e FBAL è stata rispettivamente di 0,85 - 1,11 - 0,66 - 0,76 e 3,23. La capecitabina e i suoi metaboliti sono eliminati principalmente nelle urine; il 95,5% della dose di capecitabina somministrata è stato ritrovato nelle urine. L’escrezione fecale è minima (2,6%). Il principale metabolita escreto nelle urine è FBLA, che rappresenta il 57% della dose somministrata. Circa il 3% della dose somministrata è escreto nelle urine come farmaco immodificato.
Terapia in associazione: studi di fase I sulla valutazione degli effetti di Xeloda sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel e viceversa hanno dimostrato che non vi è alcun effetto di Xeloda sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel (Cmax e AUC) e che non vi è alcun effetto di docetaxel o paclitaxel sulla farmacocinetica di 5’-DFUR.
Farmacocinetica in particolari popolazioni di pazienti: è stata condotta una analisi di farmacocinetica campionaria in seguito a trattamento con Xeloda somministrato alla dose di 1250 mg/m² due volte al giorno in 505 pazienti affetti da tumore del colon-retto. Il sesso, la presenza o l’assenza di metastasi epatica al basale, lo Status della performance secondo Karnofsky, la bilirubina totale, l’albumina sierica, ASAT e ALAT non hanno influito in maniera statisticamente significativa sulla farmacocinetica di 5’-DFUR, 5-FU e FBAL.
Pazienti con insufficienza epatica dovuta a metastasi del fegato: uno studio di farmacocinetica ha mostrato che la biodisponibilità della capecitabina e l’esposizione a 5-FU possono aumentare in pazienti tumorali con insufficienza epatica da lieve a moderata dovuta a metastasi del fegato, rispetto ai pazienti senza insufficienza epatica.
Non si ha disponibilità di dati di farmacocinetica in pazienti con insufficienza epatica grave.
Pazienti con insufficienza renale:in base agli esiti di uno studio di farmacocinetica condotto in pazienti tumorali con insufficienza renale da lieve a grave, non si ha alcuna evidenza del fatto che la clearance della creatinina abbia effetti sulla farmacocinetica del farmaco immodificato e di 5-FU. E’ stato trovato che la clearance della creatinina influenza l’esposizione sistemica a 5’-DFUR (aumento del 35% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%) e a FBAL (aumento del 114% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%). FBAL è un metabolita privo di attività antiproliferativa.
Pazienti anziani:In base alle analisi di farmacocinetica condotte su una popolazione di pazienti di varie età (da 27 a 86 anni) e di cui 234 (46%) pazienti erano di età superiore o uguale a 65 anni, l’età non influisce sulla farmacocinetica di 5’-DFUR e 5-FU. La AUC di FBAL aumentava con l’età (un incremento del 20% dell’età porta a un incremento del 15% nella AUC di FBAL). Tale incremento è probabilmente dovuto a una variazione della funzionalità renale.
Fattori etnici: a seguito della somministrazione orale di capecitabina al dosaggio di 825 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni, pazienti giapponesi (n=18) hanno evidenziato una Cmax di circa il 36% inferiore e una AUC del 24% più bassa per la capecitabina rispetto ai pazienti di razza caucasica (n=22). I pazienti giapponesi hanno anche evidenziato una Cmax di circa il 25% inferiore e una AUC del 34% più bassa per la FBAL rispetto ai pazienti di razza caucasica. La rilevanza clinica di queste differenze è sconosciuta. Non sono state riscontrate differenze significative nell’esposizione ad altri metaboliti (5'-DFCR, 5'-DFUR e 5-FU).
In studi sulla tossicità con somministrazioni ripetute, la somministrazione giornaliera di capecitabina, per via orale, alle scimmie cynomolgus e ai topi ha prodotto effetti tossici a livello gastrointestinale e del sistema ematopoietico e linfatico, tipici delle fluoropirimidine. Tali tossicità erano reversibili. E’ stata osservata tossicità della cute, caratterizzata da alterazioni degenerative/regressive, dovuta alla capecitabina. La capecitabina non ha evidenziato tossicità epatiche e del SNC.
Tossicità cardiovascolare (per esempio prolungamento dell’intervallo PR e dell’intervallo QT) è stata individuata nella scimmia cynomolgus dopo somministrazione (100 mg/kg) per via endovenosa, ma non dopo ripetute somministrazioni di dosaggio (1379 mg/m²/die) per via orale.
Uno studio di carcinogenicità nel topo della durata di due anni non ha prodotto alcuna evidenza di carcinogenicità dovuta a capecitabina.
Nel corso di studi standard sulla fertilità, i topi femmina che hanno assunto capecitabina hanno evidenziato disturbi della fertilità; tale effetto è risultato comunque reversibile dopo un periodo di sospensione del farmaco. Inoltre, durante uno studio di 13 settimane si sono avute variazioni atrofiche e degenerative negli organi riproduttivi dei topi maschi; tali effetti erano comunque reversibili dopo un periodo di sospensione del farmaco.
Studi sulla embriotossicità e teratogenicità nei topi hanno mostrato un aumento, correlato alla dose, di riassorbimento fetale e teratogenicità. Nella scimmia si sono osservati aborti e letalità embrionale a dosi elevate, ma non teratogenicità.
La capecitabina non è risultata mutagena in vitro per i batteri (test di Ames) o per le cellule di mammifero (test di mutazione del gene V79/HPRT di hamster cinese). Tuttavia, come gli altri analoghi nucleosidici (ad es. 5-FU), la capecitabina risultava clastogenica nei linfociti umani (in vitro) e ha mostrato un trend positivo nel test (in vivo) dei micronuclei nel midollo osseo del topo.
Nucleo della compressa:
lattosio anidro,
croscarmellosa sodica,
ipromellosa,
cellulosa microcristallina,
magnesio stearato.
Rivestimento della compressa:
ipromellosa,
titanio diossido (E171),
ossido di ferro giallo e rosso (E172),
talco.
Non pertinente.
3 anni.
Non conservare a temperatura superiore ai 30°C.
Natura: Blister in PVC/PVDC
Contenuto: 120 compresse rivestite con film (12 blister da 10 compresse)
Nessuna istruzione particolare.
Roche Registration Limited
6 Falcon Way
Shire Park
Welwyn Garden City
AL7 1TW
Regno Unito
EU/1/00/163/002
035219029
Data della prima autorizzazione: 2 febbraio 2001
Data del primo rinnovo: 2 febbraio 2006
Marzo 2010