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ZAVEDOS capsule
Ogni capsula contiene:
idarubicina cloridrato 5 mg; 10 mg; 25 mg
Capsule
Leucemia acuta non linfoblastica (LANL) Trattamento della leucemia acuta non linfoblastica (LANL) dell'adulto in prima linea e/o in pazienti recidivati o refrattari a precedenti trattamenti, quando non è possibile la somministrazione per via endovenosa.
Zavedos capsule può essere usato in associazione con altri farmaci citotossici in regimi polichemioterapici.
Cancro della mammella in stadio avanzato Zavedos capsule è indicato nel trattamento del carcinoma della mammella in stadio avanzato dopo fallimento del trattamento chemioterapico di prima linea, non comprendente l'uso di antracicline, o in quello di pazienti non più responsive alla terapia ormonale.
Zavedos capsule può essere usato in combinazione con altri antitumorali.
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Il dosaggio è in genere calcolato in base alla superficie corporea.
Come agente singolo la dose suggerita nell'LANL dell'adulto è di 30 mg/m2 al giorno per via orale per 3 giorni, oppure tra 15 e 30 mg/m2 al giorno per 3 giorni in combinazione con altri agenti citotossici.
Come agente singolo la dose suggerita nel carcinoma della mammella in stadio avanzato è di 45 mg/m2 somministrata per via orale in dose unica o suddivisa in 3 giorni consecutivi (15 mg/m2/die) e da ripetere ogni 3 - 4 settimane in funzione del ritorno alla normalità ematologica.
In combinazione con altri agenti chemioterapici si può somministrare una dose di 35 mg/m2 per via orale in un unico giorno.
Tuttavia, questo dosaggio deve tener conto del quadro ematologico iniziale della paziente e del dosaggio degli altri farmaci impiegati nello schema di polichemioterapia.
Nei pazienti con insufficienza epatica si consiglia una riduzione del dosaggio.
Vedere punto 4.4 ("Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso").
Le capsule vanno assunte con un po' d'acqua e non succhiate, prese a pezzetti o masticate.
Si consiglia l'assunzione con un pasto leggero.
Ipersensibilità nota al farmaco e/o ad altre antracicline.
Zavedos non deve essere somministrato a pazienti con gravi insufficienze renali ed epatiche o in pazienti con infezioni non controllate.
Si veda anche punto 4.6 ("Gravidanza e allattamento").
Zavedos deve essere usato sotto la direzione di persone esperte nella chemioterapia antitumorale.
Il farmaco non dovrebbe essere somministrato a pazienti con preesistente depressione del midollo osseo indotta da precedente terapia farmacologica e/o radiante, a meno che i benefici possano giustificare i rischi.
In assenza di sufficienti informazioni si raccomanda di non somministrare idarubicina orale a pazienti che abbiano subito terapia radiante o trapianto di midollo.
Malattie cardiache preesistenti e terapia precedente con antracicline, specialmente ad elevato dosaggio cumulativo, o con altri agenti potenzialmente cardiotossici, sono cofattori che aumentano il rischio di tossicità cardiaca indotta dalla idarubicina; in tali pazienti, prima di iniziare il trattamento con Zavedos, dovrebbe essere soppesato il rapporto rischio/beneficio della terapia con idarubicina.
Come la maggior parte degli agenti citotossici, idarubicina ha proprietà mutagena ed è cancerogena nel ratto.
Midollo osseo Zavedos deprime fortemente il midollo osseo.
Ai dosaggi terapeutici, la mielosoppressione si manifesta in tutti i pazienti, a carico soprattutto dei globuli bianchi.
Pertanto è necessario un attento monitoraggio ematologico dei granulociti, dei globuli rossi e delle piastrine.Dovranno essere effettuati esami di laboratorio per monitorare la tollerabilità del farmaco, ed adeguate terapie di supporto per proteggere il paziente compromesso dalla tossicità della sostanza.
In caso di un grave stato emorragico e/o di una grave infezione dovrà essere possibile poter intervenire con prontezza ed efficacia.
Cardiotossicità Effetti tossici sul miocardio, rappresentati da insufficienza cardiaca congestizia, aritmie acute o altre cardiomiopatie, potenzialmente fatali, possono comparire durante o alcune settimane dopo il termine della terapia.
Sebbene non possa essere ancora definito un limite al dosaggio cumulativo, i dati disponibili su pazienti trattati con Zavedos capsule indicano che dosi totali limite fino a 400 mg/m2 hanno una bassa probabilità di indurre cardiotossicità.
In caso di insufficienza cardiaca congestizia, è indicato un trattamento con digitale, diuretici, dieta povera di sodio e riposo a letto.
La funzione cardiaca deve essere attentamente monitorata durante il trattamento allo scopo di minimizzare i rischi di cardiotossicità del tipo descritto per altre antracicline.
Il rischio di tale tossicità miocardica può aumentare in seguito ad una concomitante o precedente irradiazione dell'area mediastinico-pericardica o ad un trattamento con altri agenti potenzialmente cardiotossici oppure in pazienti con una particolare situazione clinica dovuta alla malattia (anemia, depressione del midollo osseo, infezioni, pericardite e/o miocardite leucemica).
Sebbene non esista alcun metodo attendibile per prevedere la comparsa di un'insufficienza cardiaca congestizia acuta, la cardiomiopatia indotta dalle antracicline è di solito associata ad una persistente riduzione di voltaggio del complesso QRS, ad un aumento oltre i limiti normali del tempo di intervallo sistolico (PEP/LVET) e ad una diminuzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF).
Prima di iniziare la terapia e durante il trattamento con Zavedos, dovrebbero essere effettuati un elettrocardiogramma o un'ecocardiografia per la determinazione della LVEF.
Una diagnosi precoce del danno miocardico indotto è importante ai fini del proseguimento del trattamento farmacologico dello stesso.
Valutazione della funzionalità gastrointestinale In pazienti in trattamento con idarubicina orale per leucemia acuta con precedenti di altre patologie/trattamenti che potrebbero aver causato complicanze gastrointestinali, sono stati osservati occasionalmente gravi effetti indesiderati a livello di quest'organo (perforazione o sanguinamento).
Pertanto il medico dovrebbe valutare il rapporto rischio/beneficio della terapia con Zavedos capsule in quei pazienti con malattia G.I.
in fase attiva dove esiste un aumentato rischio di sanguinamento e/o di perforazione.
Valutazione della funzionalità epatica Dato che una compromissione della funzionalità epatica può ostacolare la biodisponibilità dell'idarubicina, la funzionalità del fegato dovrebbe essere valutata con esami clinici di laboratorio (usando come indicatore il valore della bilirubina) prima e durante il trattamento.
In alcuni studi clinici, se i livelli di bilirubina eccedevano i 2 mg/100 ml, il farmaco non veniva somministrato.
Con altre antracicline, in presenza di livelli di bilirubina compresi tra 1,2.2,0 mg/100 ml, la dose veniva ridotta al 50%.
In alcuni studi clinici condotti nel cancro della mammella, la dose di idarubicina somministrata oralmente è stata ridotta del 50%, se durante il trattamento il livello di bilirubina raggiungeva i 2 - 3 mg/100 ml, e, in presenza di livelli di bilirubina
>3 mg/100 ml, il trattamento veniva sospeso.
La terapia con Zavedos, richiede una stretta sorveglianza del paziente ed un monitoraggio dei dati di laboratorio.
Può verificarsi una iperuricemia secondaria a rapida lisi delle cellule leucemiche.
Si raccomanda quindi un attento monitoraggio dei livelli dell'uricemia e l'intervento con una appropriata terapia in caso di un suo aumento.
Prima dell'inizio del trattamento si dovranno prendere misure appropriate per controllare eventuali infezioni sistemiche.
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Zavedos è un potente mielodepressore; è presumibile pertanto che i regimi polichemioterapici, che contengano altri agenti dotati di azione simile, diano luogo ad una più accentuata depressione midollare.
Un simile effetto è prevedibile anche in seguito a trattamento radioterapico delle metastasi eseguito in concomitanza o nelle 2 - 3 settimane precedenti il trattamento con Zavedos.
Il cibo non sembra ridurre l'assorbimento dell'idarubicina, pertanto Zavedos può essere somministrato con un pasto leggero.
Non vi sono informazioni adeguate circa una possibile influenza dell'idarubicina sulla fertilità umana, o su una sua azione teratogena.
Tuttavia nel ratto (ma non nel coniglio) è teratogena ed embriotossica.
Nelle donne in età fertile si sconsiglia una gravidanza.
Dovendo usare Zavedos in gravidanza o nel caso che una paziente diventi gravida durante la terapia, si dovrà informare la donna dei potenziali rischi per il feto.
Pertanto l'impiego del farmaco in queste condizioni deve essere oggetto di una decisione congiunta del medico e della paziente.
Si avvertano le madri di non allattare in corso di trattamento.
Se durante il trattamento è necessario guidare o operare su macchinari, i pazienti devono prestare particolare attenzione, soprattutto se in condizioni debilitate.
Grave mielodepressione e cardiotossicità sono i due maggiori effetti collaterali.
Altre reazioni avverse includono:
alopecia reversibile nella maggior parte dei pazienti trattati alla dose consigliata per la leucemia, ed in circa la metà dei pazienti trattati alle dosi consigliate per il cancro della mammella; nausea e vomito acuti; mucosite, che di solito si manifesta a livello della mucosa orale e compare dopo 3 - 10 giorni dall'inizio del trattamento; esofagite; diarrea; febbre; eruzione cutanea; aumento degli enzimi epatici e della bilirubina in circa il 10.20% dei casi.
In pazienti con leucemia sono stati segnalati brividi.
Gravi e talora fatali infezioni sono state messe in rapporto con l'impiego dell'idarubicina sola ed in combinazione.
Sono stati riportati casi di grave enterocolite con perforazione; raramente ulcera gastrointestinale e/o sanguinamento.
L'idarubicina può dare un colore rosso alle urine per 1.2 giorni dopo la somministrazione; si deve avvertire il paziente che il fenomeno non deve destare preoccupazione.
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Sebbene l'impiego della dose singola sia destinata a ridurre il rischio di sovradosaggio e pur non essendoci dati in merito a questo evento, se ciò dovesse accadere, occorre provvedere al più presto ad una lavanda gastrica.
Il paziente dovrebbe essere tenuto sotto osservazione per possibili emorragie gastrointestinali e gravi danni alle mucose.
Dosaggi molto elevati di idarubicina possono provocare tossicità miocardica acuta entro le 24 ore e grave mielodepressione entro 1.2 settimane.
In questi casi va instaurato un trattamento di supporto che prevede trasfusioni di sangue e l'isolamento del paziente.
Sono stati segnalati casi di insufficienze cardiache tardive fino a parecchi mesi dopo il sovradosaggio con antracicline.
I pazienti dovranno essere sorvegliati attentamente e se dovessero insorgere segni di insufficienza cardiaca, dovrebbero essere trattati secondo i metodi convenzionali.
Idarubicina è un'antraciclina DNA intercalante, interagisce con l'enzima topoisomerasi II e ha un effetto inibitore sulla sintesi dell'acido nucleico.
Il composto è caratterizzato da una elevata lipofilia che, rispetto a doxorubicina e daunorubicina, si traduce in una maggiore quantità di captazione da parte delle cellule.
Idarubicina ha dimostrato di possedere una più ampia attività rispetto alla daunorubicina e di essere un agente efficace contro la leucemia murina e i linfomi sia per via endovenosa che per via orale.
Studi in vitro su cellule murine ed umane antraciclino-resistenti hanno dimostrato un grado minore di resistenza crociata rispetto alla doxorubicina e alla daunorubicina.
Studi di cardiotossicità negli animali hanno indicato per l'idarubicina un indice terapeutico migliore della daunorubicina e della doxorubicina.
Anche il principale metabolita, l'idarubicinolo, ha dimostrato, in modelli sperimentali in vitro ed in vivo, una buona attività antitumorale; nel ratto, somministrato alle stesse dosi del farmaco da cui deriva, è apparso chiaramente meno cardiotossico dell'idarubicina.
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Dopo somministrazione orale in pazienti con funzione epatica e renale normali, l'idarubicina viene rapidamente assorbita, mostrando un picco dopo 2.4 ore; viene eliminata dalla circolazione sistemica con un'emivita plasmatica terminale di 10.35 ore e ampiamente metabolizzata in un derivato attivo, l'idarubicinolo, che è a sua volta eliminato più lentamente con un'emivita plasmatica di 33.60 ore.
Il farmaco è per lo più escreto per via biliare, principalmente sotto forma di idarubicinolo, e, in minor misura, per via urinaria (1.2% della dose come farmaco invariato e fino a 4.6% della dose come idarubicinolo).
La biodisponibilità di idarubicina, come farmaco inalterato, è compresa tra il 18 e il 39%, mentre quando è calcolata in base ai dati del metabolita attivo, idarubicinolo, risulta un poco più alta (29.58%).
L'effettiva biodisponibilità, calcolata in base alla risposta farmacologica, è approssimativamente del 35%.
Studi sulle concentrazioni intracellulari di farmaco in pazienti leucemici (cellule nucleate del sangue e cellule midollari) hanno mostrato una rapida captazione, quasi contemporanea alla comparsa della sostanza nel plasma.
Le concentrazioni di idarubicina e idarubicinolo nelle cellule nucleate del sangue e nelle cellule midollari sono più di duecento volte superiori rispetto a quelle plasmatiche, mentre la velocità di eliminazione dei due composti dal plasma e dalle cellule sono quasi identiche.
L'idarubicina presa per via orale è circa tre volte meno tossica del farmaco per via endovenosa, in particolare non c'è aumento di tossicità gastrointestinale quando il farmaco è dato per os.
Gli organi bersaglio di idarubicina orale risultano essere qualitativamente simili a quelli osservati con idarubicina endovena ed altri composti antraciclinici e sono per l'esattezza:
il sistema emolinfopoietico ed immunitario, il tratto gastrointestinale cuore, fegato, reni e testicoli.
Mentre il fegato e i reni sono più sensibili alla via endovenosa il tratto gastrointestinale ed i testicoli risultano essere ugualmente interessati.
Come tutte le altre antracicline Zavedos va considerato mutageno, teratogeno e potenzialmente cancerogeno anche se somministrato per via orale.
Cellulosa microcristallina, glicerile palmito-stearato Costituenti della capsula per i dosaggi da 5 e 10 mg:
gelatina, titanio biossido (E171),ossido di ferro rosso (E172).
Costituenti della capsula per il dosaggio da 25 mg:
gelatina, titanio biossido(E171)
Non sono noti dati al riguardo
3 anni
Nessuna
Flaconi di vetro ambrato, di tipo III.
1 capsula da:
5 mg;10 mg;25 mg
Ingerire le capsule direttamente dal flaconcino evitando il contatto diretto con la cute.
Assicurarsi che le capsule siano intatte prima della somministrazione.
Dovrebbero essere assunte con un po' d'acqua e non devono essere succhiate, prese a pezzetti o masticate.
In caso la polvere delle capsule venga a contatto accidentalmente con occhi, pelle o mucosa, queste vanno accuratamente lavate con acqua.
E' opportuno, in questi casi, richiedere assistenza medica.
Pharmacia Italia S.p.A.
- Milano
IN COMMERCIO 1 capsula 5 mg cod.
027441031 1 capsula 10 mg cod.
027441043 1 capsula 25 mg cod.
027441056
Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile.
Giugno 2000
Non si applica
Marzo 2002