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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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La
dispnea, sintomo di estrema importanza in numerose malattie cardio-respiratorie,
può essere definita come una "anomala sensazione soggettiva" talora
associata ad uno stato di ansia o di angoscia "legata alla consapevolezza
di respirare". Richards ha descritto la dispnea come "uno strano
fenomeno della vita, a metà tra il conscio e l'inconscio, e particolarmente
sensibile ad entrambi".
In
realtà il termine dispnea è la "traduzione in linguaggio medico"
della sensazione riferita dal paziente di difficoltà a respirare o mancanza di
fiato, e comprende numerose e differenti sensazioni provenienti dall'apparato
respiratorio, mediate poi dalla capacità di esprimersi del paziente, dal suo
livello culturale, dalla sua sensibilità a percepire stimoli dolorosi e dallo
stato d'ansia in cui si può trovare.
"Mancanza
di fiato" è infatti riferita sia dal soggetto normale in seguito ad uno
sforzo non abituale (ad esempio costretto a rincorrere l'autobus), sia
dall'asmatico nel corso della crisi; ma nel primo caso la sensazione viene
percepita solo quando il nostro soggetto è finalmente sull'autobus e la sua
attenzione, non più distratta, può concentrarsi sul suo apparato respiratorio.
Questa
osservazione, come l'esistenza della dispnea psicogena, dimostra l'importanza
rilevante delle influenze corticali nella sensazione di dispnea.
Si
può affermare pertanto che la "mancanza di fiato" è una sensazione
"normale" o "anormale" a seconda delle circostanze in cui si
manifesta; durante un esercizio fisico, ad esempio, è anormale se compare a
livelli di sforzo solitamente tollerati dal soggetto in questione.
La
definizione data pone la dispnea tra i sintomi strettamente soggettivi e la
differenzia da numerose alterazioni del pattern respiratorio che possono essere
rilevate obiettivamente (vedi oltre).
La
respirazione è regolata da una serie di meccanismi centrali e periferici capaci
di adeguare la ventilazione ad un'accresciuta richiesta metabolica (esercizio
fisico), ma anche di aumentare sproporzionatamente la ventilazione in risposta a
stimoli emotivi (ansia, paura).
Normalmente,
a riposo, non vi è la percezione di respirare, durante uno sforzo fisico un
individuo può "rendersi conto di respirare " e tale percezione può
risultare sgradevole durante un esercizio massimale, ma è comunque limitata nel
tempo e proporzionata all'entità dello sforzo, nel singolo soggetto, che può
essere allenato o meno a compierlo.
Si
presentano quindi al medico alcuni problemi.
Riconoscere
la dispnea: il paziente può riferire in vari modi tale sensazione e poiché
abbiamo precisato che il sintomo è soggettivo, ci possiamo valere unicamente
del dato anamnestico. Difficoltà a respirare, mancanza d'aria, costrizione al
torace, o al collo, necessità di respirare profondamente, affanno, talvolta
anche dolore sono i termini più spesso usati nel definire la dispnea.
Va
notato che non sempre il dato soggettivo è correlabile con l'obiettività: in
fatti molto spesso, ad esempio, il paziente tachipnoico per acidosi diabetica
non lamenta dispnea.
Quantificare
la dispnea: nel caso della dispnea da sforzo è importante stabilire l'entità
dello sforzo che produce il sintomo.
Naturalmente
tale dato va correlato con le caratteristiche del singolo paziente: età, peso,
attività lavorativa, patologie accertate, allenamento fisico.
Alcune
classificazioni funzionali dei pazienti cardio- o pneumopatici si basano sulla
dispnea (tab.01
Circostanze
in cui compare la dispnea e sintomi di accompagnamento: come vedremo più
dettagliatamente in seguito, può aiutare molto nella diagnosi caratterizzare la
dispnea per le modalità di insorgenza: da sforzo, a riposo, da decubito supino
(ortopnea), da decubito su un fianco (trepopnea), da posizione eretta, ad
insorgenza improvvisa, parossistica, cronica ecc. Nonché indagare sugli
eventuali sintomi di accompagnamento: palpitazioni, dolori toracici di tipo
pleurico, dolore retrosternale, tosse, emoftoe, stati d'ansia, stress ecc..
Riassumiamo
brevemente i meccanismi fisiologici della respirazione al fine di favorire la
comprensione delle basi fisiopatologiche della dispnea.
Ventilazione.
È il processo che determina l'ingresso dell'aria nelle vie aeree e nel
compartimento aereo degli alveoli, ove avvengono gli scambi gassosi con il
sangue.
Durante
la respirazione normale sono inspirati circa 500 ml di aria per 15 volte al
minuto, ma poiché lo spazio morto anatomico è di 150 ml solo 350 ml x 15 ( = 5
litri/minuto) raggiungono gli alveoli: ventilazione alveolare. Circa 300 ml di
O2 e 250 ml di CO2 attraversano, in direzione opposta, la membrana
alveolocapillare in un minuto.
Durante
l'attività fisica la ventilazione e gli scambi gassosi possono aumentare fino a
20 volte.
Controllo
della ventilazione. La ritmicità e la profondità del respiro sono controllate
dal centro respiratorio localizzato nel midollo, i cui chemocettori sono
particolarmente sensibili alla concentrazione parziale della CO2 arteriosa
(PaCO2). In realtà i chemocettori sono sensibili alla discesa del pH
extracellulare che deriva da un eccesso di CO2, gas capace di attraversare
facilmente la barriera ematoencefalica.
L'ipossiemia
arteriosa agisce sui chemiocettori periferici dei glomi carotidei: lo stimolo
solitamente è debole, ma può divenire dominante in pazienti con ipossiemia
cronica.
Il
pH del sangue arterioso aumenta la ventilazione con meccanismo indipendente
della PaCO2 (ipocapnia nelle acidosi metaboliche).
Anche
alcuni recettori posti nei polmoni (di stiramento, juxtacapillari o J) sono in
grado di influenzare la ventilazione.
Polmoni
e parete toracica.I polmoni sono strutture elastiche che tendono a collassarsi
se non sono tenuti in espansione; la pressione all'interno di essi (pressione
alveolare) è uguale a quella atmosferica. La pressione pleurica è invece
inferiore a quella atmosferica.
Tale
pressione "negativa" mantiene il polmone espanso ed è determinata
dalla tendenza del torace, anch'esso elastico, ad espandersi.
Muscoli
respiratori. Il principale muscolo della fase inspiratoria è il diaframma,
innervato dai nervi frenici che nascono a livello del 3°-4°-5° segmento
cervicale; l'escursione del diaframma varia da 1 cm nella respirazione normale a
10 cm in quella massimale.
Altri
muscoli che partecipano all'attività inspiratoria sono i muscoli intercostali
esterni, innervati dai rispettivi nervi intercostali, ed i muscoli accessori,
che possono contrarsi vigorosamente nel paziente dispnoico: i muscoli scaleni
(elevatori delle prime due coste) e i muscoli sternocleidomastoidei (elevatori
dello sterno).
L'espirazione
è passiva durante la normale respirazione. L'esercizio, l'iperventilazione
volontaria, la broncoostruzione ecc. possono far sì che l'espirazione diventi
attiva. Entrano allora in azione i muscoli della parete addominale (retti,
obliqui interni ed esterni, trasverso).
La
loro contrazione aumenta la pressione endo-addominale e fa alzare le cupole
diaframmatiche.
Anche
i muscoli intercostali interni concorrono (sebbene in misura minore) alla fase
espiratoria.
Compliance.
La compliance o distensibilità si riferisce alle proprietà elastiche del
polmone ed a quelle della parete toracica. Normalmente la caduta della pressione
intrapleurica di 1 cm di H2O provoca una espansione polmonare di circa 200 ml.
Brevemente, rammentiamo che le principali componenti che influenzano la
distensibilità polmonare sono il suo contenuto in fibre elastiche e collagene,
la tensione superficiale alveolare e la presenza di surfactante (che agisce
riducendo la tensione alveolare). Nell'enfisema e nell'anziano il polmone
aumenta la sua compliance (atteggiamento inspiratorio); si riduce invece in
corso di numerose patologie (fibrosi polmonare, ispessimenti pleurici,
atelettasia, scompenso ventricolare sinistro ecc.).
Resistenze
delle vie aeree. Il movimento dell'aria che percorre le vie aeree richiede una
forza (che va sommata alle forze statiche menzionate in precedenza) necessaria a
vincere le resistenze opposte al flusso aereo.
I
valori normali sono 1-2 cm H2O/litro/secondo; le resistenze aumentano con
l'aumentare del flusso. La regione dell'albero bronchiale di massima resistenza
al flusso è quella dei bronchi di medio calibro, mentre le piccole vie aeree
(diametro < ai 2 mm) contribuiscono solo per il 20% alle resistenze globali
delle vie aeree.
Fisiologicamente
le resistenze polmonari aumentano durante l'espirazione, questo fenomeno si
accresce molto in corso di espirazione forzata, con l'inalazione di fumo di
sigaretta o di altri irritanti e nelle malattie ostruttive polmonari.
Lavoro
respiratorio. Come si è visto, il muovere polmoni, gabbia toracica e aria nelle
vie aeree richiede un lavoro, compiuto dai muscoli respiratori, con conseguente
consumo di ossigeno. Nel soggetto normale il costo energetico della respirazione
è trascurabile, ma nel paziente affetto da grave ostruzione delle vie aeree il
consumo di O2 può divenire una frazione non indifferente del consumo totale.
I
pazienti con "rigidità" dei polmoni o della gabbia toracica, per
ridurre il consumo di ossigeno, adottano una respirazione superficiale e
frequente: tale pattern respiratorio è però a sua volta svantaggioso, in
quanto buona parte dell'aria mossa con la ventilazione appartiene allo spazio
morto ed è pertanto inutile alla respirazione (fig.01
Perfusione
sanguigna. Sangue venoso è pompato dal ventricolo destro nel letto alveolare
polmonare in quantità di 5 litri al minuto, nell'adulto normale a riposo; il
rapporto ventilazione/perfusione è pertanto uguale a 1.
Distribuzione
dei flussi ematici nel polmone. La distribuzione del sangue nel polmone normale
è influenzata dalle forze idrostatiche, pertanto è maggiore nelle regioni
declivi e minore in quelle superiori.
Nel
soggetto in piedi il flusso ematico per unità di volume è minimo agli apici
polmonari e aumenta notevolmente e progressivamente verso le basi; analogamente
nel soggetto sdraiato il gradiente si crea tra la parte declive (dorsale nel
soggetto supino) e quella superiore del polmone (fig.02
La
distribuzione descritta subisce variazioni nelle malattie cardiache e polmonari,
e diviene ulteriormente disomogenea in caso di ipotensione del distretto
arterioso polmonare o di aumento della pressione alveolare (ventilazione
meccanica a pressione positiva).
Distribuzione
della ventilazione polmonare. L'inalazione di aria a bassi volumi polmonari
(poco superiori al volume residuo) comporta una distribuzione prevalentemente
alle zone elevate del polmone ( apice in posizione eretta ); successivamente,
per volumi vicini alla capacità residua funzionale, il fenomeno si inverte e la
migliore ventilazione interessa le zone declivi. Normalmente, pertanto, la
ventilazione polmonare segue un andamento analogo alla perfusione, anche se in
maniera meno marcata: aumenta cioè dall'alto al basso.
In
alcune condizioni però, in cui i volumi polmonari sono relativamente bassi
(chirurgia addominale, obesità ecc.), vi può essere una alterazione degli
scambi gassosi.
Scambi
gassosi. Abbiamo visto che il rapporto ventilazione/perfusione è
complessivamente uguale a 1, ma in conseguenza di quanto è stato detto, è
evidente che tale rapporto varia in regione della posizione del soggetto e della
regione polmonare in esame. È
perciò elevato all'apice del polmone (soggetto in piedi) e basso alla base.
Risulta
evidente che un'alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, ed in modo
particolare la perfusione di zone polmonari scarsamente o per nulla ventilate,
porta inevitabilmente alla cattiva ossigenazione (ridotta pressione arteriosa
dell'ossigeno: PaO2) del sangue arterioso ed alla ritenzione di anidride
carbonica (elevata PaCO2).
Esistono
meccanismi fisiologici di compenso, su cui non ci soffermeremo, che in linea
generale riducono la perfusione ematica di aree ipoventilate e provocano un
aumento delle resistenze delle vie aeree nelle zone polmonari ipoperfuse. Nella
pratica, un aumento della ventilazione nel polmone patologico può, almeno fino
ad un certo punto, riportare nella norma i valori di PaCO2, ma non quelli di
PaO2; ciò è in relazione alla differenza esistente tra le curve di
dissociazione dei due gas.
Effettivamente
l'alterazione del rapporto ventilazione/perfusione è la causa più frequente di
insufficienza respiratoria nelle malattie generalizzate dei polmoni, quali ad
esempio enfisema, pneumoconiosi, interstiziopatie, bronchite cronica ecc.
Diffusione
attraverso la membrana alveolo-capillare. I due comparti, aereo ed ematico, sono
separati tra loro dalla barriera alveolo-capillare che i gas attraversano con un
meccanismo di semplice diffusione (tab.13
La
permeabilità della membrana alveolo-capillare all'O2 e le proprietà
dell'emoglobina fanno sì che, anche se il tempo trascorso dai globuli rossi
nell'attraversare i capillari polmonari è assai breve, occorre solo 1/3 di
questo tempo perché la saturazione dell'emoglobina sia completa. Ciò permette
che avvenga una completa saturazione dell'emoglobina anche in condizioni di
esercizio fisico estremo, in cui il tempo di transito si riduce a 1/2-1/3 del
normale. La diffusione della CO2 è ancora migliore di quella dell'ossigeno, non
presenta pertanto problemi nei polmoni normali.
La
diffusione alveolo-capillare risulta alterata nelle malattie in cui si ha una
riduzione della sua superficie totale (pneumonectomia, enfisema), oppure un
aumento della distanza che i gas devono percorrere tra i due comparti ( malattie
interstiziali polmonari, pneumoconiosi, sarcoidosi, carcinomatosi ecc.).
Equazione
di Starling. I principi che regolano gli scambi polmonari di liquidi, tra i
capillari e l'interstizio polmonare, sono stati descritti da Starling e sono
riassunti nell'equazione riportata nella tab.14
I
fattori che tendono a fare uscire liquido dai vasi sono Pc e PgrecoIS,
normalmente controbilanciati dalle forze che tendono a trattenere i liquidi
all'interno dei capillari.
I
liquidi che vengono filtrati sono allontanati con il flusso linfatico, che può
aumentare impedendone l'accumulo nelI'interstizio.
La
capacità di drenaggio linfatico è superata nell'edema polmonare cardiogeno; in
un tempo successivo, con l'aggravarsi del quadro, si ha l'apertura delle
giunzioni endoteliali prima e intracellulari alveolari poi, con una notevole
variazione dei coefficienti di permeabilità (K) e di riflessione (sigma); ciò
comporta l'accumulo di liquido nell'interstizio e successivamente negli spazi
aerei, e la possibilità di fuoriuscita di macromolecole.
Sono
ben lungi dall'essere chiariti i meccanismi fisiopatologici per cui si avverte
la sensazione definita dispnea; né si conoscono con certezza gli stimoli, i
recettori e le vie di conduzione che concorrono nel dare le informazioni
necessarie. Esporremo brevemente le notizie certe e le ipotesi più attendibili
al riguardo.
Si
ritiene attualmente che la dispnea origini principalmente da recettori posti
nell'apparato respiratorio, in grado di inviare stimoli al cervello.
Nel
cervello le informazioni sensitive, che giungono dalla periferia, vengono
modulate ed integrate e possono essere portate a livello di coscienza o
soppresse a livello subconscio.
L'attenzione
è pertanto un requisito indispensabile alla percezione della dispnea: il
focalizzare su altro l'attenzione (vedi esempio dell'autobus) o l'obnubilamento
della coscienza alterano tale percezione.
L'analisi,
quantificazione e correlazione della dispnea con dati clinici e strumentali
rimane al momento del tutto empirica. La correlazione più evidente è data dal
rapporto tra la ventilazione minuto (in determinate condizioni: riposo o sforzo)
e la ventilazione volontaria massima (MW) per quel soggetto. Cioè, quanto più
la ventilazione attuale si avvicina a quella massima tanto più è probabile la
comparsa di dispnea (inevitabile per valori del 30-40%).
Tuttavia,
nelle malattie polmonari croniche (come bronchite cronica e l'enfisema) la
ventilazione attuale può essere una frazione della MW superiore al 50% senza
che compaia la sensazione dispnoica.
È ipotizzabile quindi un meccanismo di adattamento alla sensazione di
"mancanza di respiro" ogni qual volta lo stimolo è prolungato nel
tempo.
Cerchiamo
di schematizzare gli eventi determinanti e le strutture interessate nel
raccogliere, trasmettere e ricevere gli stimoli che, decodificati a livello dei
centri nervosi superiori, evocano il sintomo dispnea. Come già sottolineato non
esistono dimostrazioni certe al proposito.
Recettori.
Possono essere interessati i recettori situati nei polmoni, nelle vie aeree, nei
muscoli respiratori, nei vasi sanguigni e nelle articolazioni costo-vertebrali.
Nei
polmoni vi sono recettori che inviano al SNC informazioni, tramite il vago, sul
volume dei polmoni, la pressione intrapleurica e la velocità con cui avvengono
i movimenti dell'apparato respiratorio; il loro ruolo sembra essere importante
soprattutto nella dispnea che accompagna l'asma.
I
recettori juxtacapillari (J) sono situati nello spazio interstiziale alveolare e
rispondono alla deformazione stimolando l'aumento della frequenza respiratoria.
Essi vengono attivati dalla congestione e dall'edema interstiziale, e
probabilmente da altri disordini che deformano l'interstizio. Nei muscoli
respiratori (più negli intercostali che nel diaframma) sono situati recettori
fusiformi in grado di registrare l'appropriatezza del rapporto
lunghezza/tensione.
Campbell
e Horwell hanno elaborato l'ipotesi secondo la quale una discordanza fra lo
sforzo fatto per respirare e la profondità del respiro sarebbe il segnale
capace di evocare la dispnea.
Sicuramente
alcuni stimoli chimici sono in grado di causare la sensazione di mancanza di
respiro (studi su soggetti normali durante respirazione di miscele ad alto
tenore di CO2 confermano tale affermazione). Non vi è dubbio che i chemocettori
carotidei siano coinvolti, ma forse anche altri chemocettori possono
contribuire, specie durante l'esercizio fisico, al meccanismo della dispnea.
Altri recettori potenzialmente attivi, e capaci di modificare la ventilazione,
sono quelli atriali, in grado di registrare la distensione, ed i recettori
tissutali, che possono adeguare la ventilazione al livello di attività
metabolica.
Vie
nervose. Le afferenze che raggiungono i centri superiori utilizzano
prevalentemente la via dei nervi vaghi; il blocco di tali nervi può infatti
migliorare alcune forme di dispnea invalidante, ma non tutte.
Poco
influenzata è la dispnea nei pazienti affetti da bronchite cronica ed enfisema.
Anche i nervi frenici sembrano portare stimoli ai centri superiori e vi sono
alcune dimostrazioni di un mutuo potenziamento degli stimoli provenienti dai
nervi vaghi e frenici.
Sistema
nervoso centrale. L'esistenza di numerosi recettori in grado, se stimolati, di
influenzare la ventilazione e produrre aggiustamenti della funzione
respiratoria, implica la presenza di un centro di integrazione a livello
cerebrale. Gli stimoli convergono verosimilmente nella formazione reticolare del
midollo, che contiene anche il centro respiratorio; il livello di attività
nervosa è in grado di influenzare i neuroni respiratori.
Complesse
interazioni tra la sostanza reticolare ed i centri superiori determinano la
possibilità, per tali stimoli, di raggiungere il livello della coscienza.
L'eziologia
delle dispnee è elencata nella tab.02 ; Di seguito considereremo singolarmente le principali cause,
evidenziandone le caratteristiche più importanti e i criteri di diagnosi,
clinici e strumentali.
L'ostruzione
delle vie aeree superiori può avvenire acutamente o cronicamente. Il primo caso
solitamente si manifesta con un quadro di estrema drammaticità e può
costituire una vera emergenza.
Edema
del laringe. In corso di reazioni allergiche scatenate da farmaci, vaccini e
sieri, punture di insetti, alimenti; nella carenza di inibitore della
C1-esterasi che può essere ereditaria ( angioedema ereditario di Otuncke) o
acquisita (solitamente di accompagnamento ad altre malattie: linfoproliferative,
anemie emolitiche, autoimmuni, ecc. ); reattivo come nel raro caso di punture di
insetti penetrati accidentalmente in gola; infettivo, in corso di laringite
specie nei bambini (vedi oltre).
Retrazioni
cicatriziali in pazienti operati o intubati per lungo tempo.
Queste
ultime due cause sono solitamente responsabili di dispnea cronica.
È spesso drammatico: capo iperesteso, dispnea di tipo inspiratorio
accompagnata a contrazione dei muscoli ausiliari e rientramento del giugulo e
delle fosse sopraclavicolari (tirage), stridore inspiratorio (cornage).
Sono
costanti le modificazioni della voce.
A
seconda del grado di ostruzione si osserva cianosi, turgore delle vene del
collo, agitazione estrema, ipotensione, tachicardia. La cute può presentare i
segni di una reazione allergica: orticaria, eritema, edemi del viso.
Raramente
l'esame radiologico permette di visionare un corpo estraneo.
Esame
fondamentale è la laringoscopia indiretta e diretta o la broncoscopia.
Specie
nel bambino piccolo le cause di dispnea laringea sono numerose, in relazione
anche al calibro minuto del laringe ed alla lassità del suo corion, che
permette con facilità la formazione dell'edema.
Laringospasmo:
edema ipoglottico improvviso che colpisce solitamente di notte in pieno
benessere.
Laringotracheite
acuta: la crisi dispnoica è preceduta da rinofaringite febbrile ad eziologia
virale; l'interessamento laringeo è più graduale: tosse, disfonia seguita da
dispnea, tirage e stridore inspiratorio.
Epiglottite:
forma grave di ostruzione causata dall'infezione dell'epiglottide sostenuta
dall'Haemophilus influenzae. L'evoluzione è rapida: febbre settica, dolore alla
deglutizione, dispnea inspiratoria. La tosse non è caratteristica del quadro
clinico.
Corpo
estraneo nelle vie aeree: come si è detto è un evento non raro specie nei
bambini piccoli, causato dall'ingestione di cibo o altro materiale (bottoni,
pezzi di giocattoli ecc.); la diagnosi non è facile quando l'ingestione non
avviene in presenza di un adulto e il bambino non è in grado di riferire
l'accaduto.
La
dispnea e la tosse insistente devono fare sospettare la diagnosi: il quadro può
assumere aspetti di urgenza assoluta in caso di dispnea inspiratoria
ingravescente, un cornage e tirage, disfonia o afonia.
Di
ausilio alla diagnosi differenziale con le forme descritte prima sono
l'insorgenza acuta nelle ore diurne (il laringospasmo è tipicamente notturno),
l'assenza di febbre elevata (epiglottite) o di febbricola preesistente con
quadro rino-faringitico (laringotracheite acuta).
Oltre
ad un quadro di ostruzione acuta delle vie aeree superiori già descritto,
l'aspirazione di un corpo estraneo può comportare l'ostruzione parziale o
totale di un ramo bronchiale. La storia può essere chiara, ma in caso contrario
la diagnosi può diventare tutt'altro che facile.
Il
quadro clinico è solitamente caratterizzato da espirazione sibilante a livello
della ostruzione, a valle della quale possiamo rilevare una zona iperfonetica da
intrappolamento di aria (per meccanismo a valvola) oppure ipofonetica ed
ipoventilata (specie se l'ostruzione è completa). È presente tosse e la voce non è modificata.
Radiologicamente
vi sono poche probabilità che il corpo estraneo sia radioopaco, si possono al
più rilevare aree circoscritte di ipoventilazione-atelettasia o di
intrappolamento di aria (per i meccanismi descritti in precedenza). Utile il
confronto di un Rx in inspirazione con uno in espirazione massima (presenza di
UN area di iperinflazione). L'esame dirimente è la broncoscopia.
Solitamente
la dispnea è accessionale in pazienti con anamnesi propria e familiare di
malattie allergiche, raramente comunque si assiste al primo episodio ed è
pertanto possibile raccogliere la storia di analoghe crisi.
Un
quadro simile può manifestarsi anche nel paziente non atopico; la
tab.03
riassume le caratteristiche principali dell'asma cosiddetto estrinseco ed
intrinseco e sottolinea come esistano numerosi casi di sovrapposizione tra i due
gruppi. Ancora importante da rilevare anamnesticamente è la presenza di fattori
scatenanti che possono iniziare una crisi asmatica (vedi tab.04 ).
La
dispnea è prevalentemente espiratoria, con prolungamento notevole di questa
fase e sibilo espiratorio. Il paziente è seduto, piegato in avanti nel
tentativo di espellere l'aria (questa posizione non va confusa con l'ortoptea
del cardiopatico), il torace è in atteggiamento inspiratorio, vi può essere
tosse secca. Obiettivamente è evidente l'iperfonesi del torace e la presenza di
fischi e sibili espiratori diffusi. Solitamente la diagnosi di asma bronchiale
è facile essendo presente la triade dispnea, tosse, broncospasmo; in alcuni
casi la tosse può essere scarsa o inefficace e il torace silente o quasi:
questa evenienza è un indice prognostico sfavorevole.
La
diagnosi è prevalentemente clinica, tuttavia, le prove spirometriche
(eseguibili anche al letto del malato) possono confermare e quantificare la
broncoostruzione, permettendo di valutare la risposta alla terapia.
L'esame
radiografico del torace evidenzia una iperinflazione con appiattimento del
diaframma.
Nelle
forme allergiche, superata la fase acuta , si possono eseguire le prove
allergometriche, il dosaggio delle IgE sieriche, la conta degli eosinofili
circolanti e presenti nell'escreato, il RAST.
In
fase acuta l'emogasanalisi permette una precisa valutazione del grado di
insufficienza respiratoria, nell'attacco asmatico accanto ad una ipossia più o
meno marcata è solitamente rilevabile una ipocapnia; la presenza di normocapnia
o peggio di ipercapnia e acidosi respiratoria sono segni prognosticamente
sfavorevoli.
Va
posta con l'ostruzione alta delle vie aeree, la presenza di ostruzione
endobronchiale (neoplasie, corpi estranei, stenosi), l'embolia polmonare, lo
scompenso ventricolare sinistro, la sindrome da carcinoide.
Le
broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) comprendono la bronchite cronica,
le bronchiectasie e l'enfisema polmonare. La dispnea, solitamente cronica,
presenta esacerbazioni in occasione di vari fattori scatenanti (tab.05
La
storia è di dispnea cronica con tosse ed espettorato ( abbondante specie nelle
bronchiectasie), esposizione al fumo di sigaretta o polluzione ambientale (
anamnesi lavorativa); nell'enfisema possono giocare un ruolo alcuni fattori
genetici quali quelli legati al fenotipo Pi (carenza di alfal-antitripsina, di
scarso rilievo epidemiologico nel nostro Paese). In questi pazienti molto spesso
l'esacerbazione della dispnea è causata da una infezione intercorrente delle
vie aeree: aumento della tosse e dell'escreato che assume caratteri purulenti
(importante il colore), febbre.
Solitamente
i pazienti hanno una dispnea da sforzo, ingravescente nel tempo.
In
caso di riacutizzazione il quadro clinico è simile a quello descritto per
asmatico: paziente seduto con busto piegato in avanti, dispnea espiratoria;
nell'enfisematoso è evidente l'iperinflazione del torace (torace a botte),
mentre il bronchitico più spesso è pletorico e cianotico.
Il
quadro ascoltatorio può essere caratterizzato da un polmone quasi silente
(enfisema e grave broncoostruzione) oppure dal broncospasmo generalizzato a cui
possono associarsi ronchi e rantoli per la presenza di infezione delle vie
aeree; nelle bronchiectasie i rumori umidi sono prevalentemente localizzati alle
basi.
Radiologicamente
si evidenziano i segni della peribronchite, delle bronchiectasie oppure il
quadro caratteristico dell'enfisema polmonare.
L'ECG
può dimostrare una deviazione assiale destra, P polmonari, bassi voltaggi
(nell'enfisema).
La
tab.06
Sono
malattie croniche caratterizzate dalla infiammazione e degenerazione
dell'interstizio polmonare. A ciò consegue una perdita funzionale di unità
alveolocapillari. Poiché l'evoluzione del processo è la formazione di tessuto
cicatriziale tali malattie vengono anche definite infiltrazioni polmonari.
L'aspetto
radiologico di "infiltrazione" del parenchima polmonare è all'origine
di un altro appellativo: malattie infiltrative; in tale definizione rientrano
però anche le forme infettive e neoplastiche che sono invece escluse dalle
malattie dell'interstizio polmonare propriamente dette. Le principali delle
quasi 200 malattie dell'interstizio polmonare (di cui l'eziologia è nota solo
per alcune) vedi tab.07
Nonostante
la varietà delle malattie trattate in questo paragrafo, la sintomatologia ad
esse secondaria è estremamente costante. Il sintomo di esordio più frequente
è la dispnea da sforzo, accompagnata ad affaticabilità e malessere durante le
attività quotidiane; talvolta vi è tosse non produttiva. Assai più rari altri
sintomi quali dolori toracici aspecifici, emoftoe, febbricola, calo ponderale.
Obiettivamente,
il reperto caratteristico è rappresentato dai rantoli crepitanti (a
"strappo di Velcro") alle basi polmonari, teleinspiratori. In fase
avanzata può comparire ippocratismo digitale.
Prendendo
in considerazione solo quelli comuni a tutto il gruppo di malattie:
-Rx
torace: normale o con presenza di reticolo-nodulia diffusa;
-test
funzionali polmonari: sindrome restrittiva ed alterazione della diffusione
alveolo-capillare;
-emogasanalisi:
ipossiemia aggravata dall'esercizio, PaCO2 solitamente ridotta modicamente.
Di
rilievo l'età del paziente, la storia di esposizione a polveri, fumi, farmaci.
Al di fuori di questo gruppo di malattie, le affezioni con cui più spesso si
pone un problema di diagnosi differenziale sono le neoplasie, le malattie
infettive polmonari e le cardiopatie con insufficienza ventricolare sinistra.
Nella
definizione delle malattie polmonari interstiziali sono state escluse le forme
ad eziologia infettiva e neoplastica. Tali malattie, sulle cui caratteristiche
non ci soffermiamo, sono in grado di causare dispnea con un quadro di ipossia,
ipocapnia e alcalosi respiratoria.
Ricordiamo
le caratteristiche particolari del carcinoma bronchiolo-alveolare: nella forma
diffusa di questa neoplasia è presente dispnea a riposo rapidamente
ingravescente ed insufficienza respiratoria marcata.
Radiologicamente
il quadro dimostra lesioni diffuse, multinodulari o infiltrati
"cotonosi".
La
diagnosi differenziale va posta con le malattie interstiziali polmonari (
sarcoidosi e granulomatosi croniche), altre neoplasie (metastasi, linfosarcoma)
e con le malattie infettive (tubercolosi, infezioni fungine, polmoniti non
specifiche).
L'episodio
embolico può essere unico o ripetersi nel tempo; l'entità dell'embolia può
potare alla massiva occlusione di uno o entrambi i rami dell'arteria polmonare
oppure consistere in gettate di microemboli (questo evento può ripetersi più
volte).
La
dispnea compare a riposo, improvvisamente, e può accompagnarsi a tosse, emoftoe
e dolore toracico di tipo pleuritico. Nell'embolia massiva il quadro è
drammatico con dolore a tipo infarto miocardico o dissecazione aortica, grave
insufficienza respiratoria, sincope, shock.
L'elemento
più caratteristico dell'embolia polmonare è la dispnea improvvisa ed
inspiegata, tutti gli altri numerosi sintomi compaiono in una percentuale di
casi minore (vedi tab.08
La
presenza di trombosi venosa profonda conforta la diagnosi, ma solo nel 50% dei
casi è clinicamente evidente; altrettanto importante è rilevare se il paziente
è a letto da tempo o se si trova in periodo post-operatorio.
Alcuni
soggetti sono a più alto rischio di trombosi venose e di ciò si deve tenere
conto nella valutazione del quadro clinico; i fattori di rischio sono elencati
nella tabella 9.
L'obiettività
è solitamente povera: tachipnea e tachicardia sono gli elementi di più
frequente riscontro. Eventualmente segni di insufficienza acuta del ventricolo
destro.
-ECG:
vi possono essere segni di ipertensione polmonare acuta.
-Esame
radiografico del torace: infiltrati polmonari e versamento pleurico possono
comparire dopo 12-36 ore in caso di infarto polmonare.
-Emogasanalisi:
ipossia, ipocapnia ed alcalosi respiratoria sono caratteristiche, ma non sempre
presenti.
-
Scintigrafia polmonare (con macroaggregati di albumina marcati con un isotopo
gamma-emittente). Numerose altre condizioni alterano la distribuzione del
tracciante; assume significato una scintigrafia anormale in presenza di un Rx
del torace senza alterazioni significative.
-Angiografia
polmonare: è l'unico esame capace di fornire informazioni sui vasi polmonari,
non è tuttavia scevro da possibilità di errore.
Sono
una causa non frequente di dispnea.
Le
malattie della gabbia toracica (spondiliti, petto escavato, cifoscoliosi) sono
evidenti all'esame obiettivo; normalmente solo una forma grave di cifoscoliosi
è in grado di causare insufficienza respiratoria e cuore polmonare cronico.
Alcune
malattie neuro-muscolari sono responsabili di insufficienza respiratoria e
dispnea, solitamente però il distretto respiratorio è colpito tardivamente e
prevalgono le manifestazioni a carico di altri gruppi muscolari (vedi tab.10
Riserviamo
un cenno al pneumotorace (pnx) spontaneo, essendo in quello traumatico evidente
l'evento patogenetico. L'età massima di insorgenza è in soggetti tra i 20 e i
40 anni, spesso leptosomici, talvolta con storia di pnx recidivanti.
Clinicamente il pnx è caratterizzato da dolore toracico e dispnea acuta, a
volte dopo uno sforzo o tosse.
L'obiettività
permette spesso la diagnosi che viene confermata da un esame radiografico del
torace (da eseguire alla fine di una espirazione massimale per diagnosticare i
piccoli pnx).
La
dispnea nelle cardiopatie è conseguente all'elevazione della pressione
capillare polmonare con trasudazione di liquido nell'interstizio dell'alveolo
(equilibrio di Starling), cronicamente tale situazione può causare una
deposizione di tessuto fibroso ed un ispessimento della parete capillare.
La
dispnea nell'insufficienza cardiaca trova anche altre giustificazioni: acidosi
metabolica, fatica dei muscoli respiratori ipoperfusi, aumento del lavoro
respiratorio conseguente alla diminuita compliance polmonare ed alle aumentate
resistenze delle vie aeree.
La
dispnea del cardiopatipo è solitamente da sforzo, e si aggrava nel tempo. In
fase più avanzata assume i caratteri dell'ortopnea (dispnea che compare in
posizione sdraiata) e della dispnea parossistica notturna (dispnea improvvisa
solitamente notturna che costringe il paziente ad alzarsi, aprire la finestra e
cercare aiuto).
Queste
forme di dispnea notturna hanno numerosi fattori patogenetici, tra cui l'aumento
del ritorno venoso (per riassorbimento degli edemi favorito dalla posizione
orizzontale), la ridistribuzione del volume ematico polmonare (i polmoni, che
come si è visto sottostanno alle forze idrostatiche, si trovano, in decubito
orizzontale, a livello o sotto il livello del cuore), il sollevamento del
diaframma ecc..
L'anamnesi
del paziente affetto da dispnea cardiogena è spesso positiva per ipertensione,
vizi valvolari mitralitici e/o aortici, infarto del miocardio, miocardiopatie.
Ascoltatoriamente
sono presenti rantoli polmonari più evidenti nelle zone declivi (basi nel
paziente seduto); tutt’altro che infrequente è il riscontro di sibili in- ed
espiratori. Tale reperto stetoacustico ha dato il nome di "asma
cardiaco" a questo tipo di dispnea. In effetti è presente una
broncoostruzione causata dalla riduzione del lume delle piccole vie aeree e dei
bronchioli per edema. Inoltre, l'elevata pressione intratoracica occorrente per
vincere l'ostruzione durante l'espirazione tende a restringere ulteriormente i
piccoli bronchi; nell'edema polmonare la compliance è ridotta fino ad 1/10 del
valore normale.
L'ascoltazione
cardiaca, non sempre facile nei pazienti più gravi, consente spesso di rilevare
aritmie, soffi, ritmo di galoppo. Inoltre il paziente può presentare cianosi,
edemi declivi, turgore delle giugulari, epatomegalia (fegato da stasi).
-Esame
Rx del torace: spesso presente è la cardiomegalia accanto ai segni di
congestione del circolo polmonare: edema interstiziale, ridistribuzione del
flusso verso gli apici, versamenti pleurici scissurali o basali.
-ECG:
può dimostrare una cardiopatia preesistente ( P mitraliche, pregresso infarto
miocardico, ipertrofia ventricolare sinistra ecc. ) oppure permettere la
diagnosi di un fatto acuto causa dello scompenso cardiaco (infarto del
miocardio, aritmie ecc. ).
-Ecocardiogramma:
diagnosi di vizi valvolari, ipocinesia, versamento pericardico, ipertrofia
ventricolare ecc.
Rappresenta
lo stadio più grave dello scompenso ventricolare sinistro e trova come causa
sia una malattia cardiaca preesistente da tempo (come una stenosi mitralica),
sia un evento acuto (infarto del miocardio, aritmie).
Come
si è visto, all'aumento di pressione del distretto capillare polmonare fa
seguito un aumento delle resistenze polmonari, della compliance e del flusso
linfatico ( che drena l'eccesso di liquidi dal polmone ).
In
un primo tempo il paziente è modicamente tachipnoico, ipossico e ipocapnico.
Con l'accumularsi ulteriore di liquidi nello spazio extravascolare del polmone
il quadro si aggrava e compaiono i primi segni radiografici di rilievo (strie B
di Kerley e perdita di definizione delle impronte vascolari).
Lo
stadio successivo consiste nel passaggio dall'edema interstiziale a quello
dell'edema alveolare; gli scambi gassosi sono ulteriormente compromessi, all'ipossia
si associano ipercapnia e acidosi. Radiologicamente si rileva una
ridistribuzione del flusso ematico polmonare verso gli apici e la comparsa di
trasudato polmonare " a farfalla", di maggiore densità a livello
degli ili.
Il
quadro clinico è in funzione della gravità dell'evento e può risultare
drammatico. Il paziente è seduto, agitato, cianotico, visibilmente sofferente,
profusamente sudato. Può avere tosse non produttiva, che si accentua in
clinostatismo; in caso di edema polmonare grave la tosse comporta l'emissione di
schiuma rosea.
Obiettivamente
si rilevano rantoli e ronchi che dalle basi si possono estendere fino agli
apici; come si è detto, non è raro il riscontro di broncospasmo. Talvolta i
rantoli sono udibili entrando nella stanza del paziente (rumore della pentola
che bolle).
Di
notevole valore il rilievo della pressione arteriosa che varia da valori assai
elevati (insufficienza ventricolare sinistra secondaria a crisi ipertensiva) a
valori bassi (sono questi i casi a prognosi meno favorevole).
La
diagnosi solitamente è facile e non richiede molti accertamenti, l'ECG è però
dirimente per accertare la presenza di disturbi del ritmo o della conduzione o
l'eventualità di un infarto miocardico acuto.
Sempre
facendo riferimento alla equazione di Starling, possiamo rilevare che vi sono
numerose condizioni (fatta eccezione per l'aumento della pressione capillare
polmonare, responsabile, come si è visto, dell'edema polmonare cardiogeno)
associate con l'edema polmonare.
Iponchia:
la diminuzione della pressione oncotica nei gravi stati ipoalbuminemici (cirrosi
epatica, s. nefrosica, enteropatie proteino-disperdenti) non è in grado, da
sola, di causare edema polmonare: occorre solitamente la concomitanza di altri
fattori;
Aumento
della pressione intrapleurica negativa: può essere responsabile dell'edema
polmonare unilaterale che si manifesta dopo il rapido svuotamento di un
pneumotorace o nelle gravi crisi asmatiche.
Blocco
del drenaggio linfatico: è in grado di provocare edema interstiziale e ha come
causa processi fibrotici, flogistici cronici o la linfangite carcinomatosa.
Danno
della membrana alveolo capillare: numerosi agenti tossici, infettivi, chimici,
ecc. sono in grado di danneggiare la barriera tra aria e sangue: tutte queste
condizioni, capaci di provocare una ARDS (Adult Respiratory Distress Syndrome)
sono riassunte nella tab.11
Da
cause non chiarite: sono forme il cui vero meccanismo patogenetico sfugge ancora
ad una precisa definizione. Rientrano in questo gruppo l'edema polmonare da
altitudine, frequente in soggetti non acclimatati, spesso giovani sani,
sottoposti a sforzi fisici intensi ad alte quote; l'edema polmonare neurogeno,
in pazienti con aumentata pressione intracranica o dopo crisi convulsiva
comiziale.
È caratterizzato da un intervallo libero di ore tra l'evento scatenante
e l'insorgenza dei sintomi (all'inizio tachipnea seguita da dispnea con
ipossiemia e ipocapnia).
Successivamente
il paziente diviene cianotico e gravemente dispnoico e tachipnoico, ipossienico
ed ipercapnico (tab.12
L'obiettività
che in un primo tempo è sfumata (fini rantoli inspiratori) diviene
successivamente clamorosa (rantoli polmonari diffusi).
Di
grande importanza il rilievo anamnestico di una possibile causa scatenante, come
ad esempio l'inalazione accidentale di fumi; nel caso citato sono anche evidenti
i segni di irritazione delle congiuntive, delle mucose nasali e delle prime vie
aeree.
Esame
Rx del torace: dimostra infiltrati interstiziali ed alveolari bilaterali, che,
rispetto all'edema polmonare cardiogeno, interessano maggiormente la periferia e
meno le zone parailari. L'ombra cardiaca è solitamente di dimensioni normali.
La
dispnea è sintomo predominante di numerose cardiopatie non associate
all'aumento di pressione del distretto capillare polmonare (la stenosi polmonare
"pura" è un esempio di tale evenienza) e dell'ipertensione polmonare
primitiva.
Quest'ultima
patologia, di raro riscontro, è più frequente nelle giovani donne ed è
caratterizzata da dispnea da sforzo, toracoalgie "atipiche", possibili
episodi sincopali.
Prima
che si manifesti un quadro conclamato di insufficienza respiratoria e scompenso
cardiaco destro, va differenziata dalle forme psicogene, dalle microembolie
polmonari recidivanti e dall'ipertensione polmonare secondaria a cardio- e
pneumopatie.
Verosimilmente
la dispnea è in relazione ad una gettata cardiaca inadeguata, specie durante
esercizio fisico.
Nelle
cardiopatie cianogene con shunt, il sintomo compare durante lo sforzo fisico
quando la saturazione arteriosa ossiemoglobinica scende sotto i valori
rilevabili a riposo.
La
dispnea da sforzo è spesso l'unico sintomo presente nel paziente anemico,
talvolta associata a tachicardia e palpitazioni. È tanto più grave quanto più l'anemia è severa o di
rapida insorgenza.
La
sua patogenesi non è completamente nota, ma pare probabile che sia responsabile
della dispnea un inadeguato apporto di O2 ai muscoli respiratori in attività.
Associata
spesso alla nevrosi d'ansia è più frequente nelle giovani donne e si
accompagna a nodo in gola, senso di soffocamento, palpitazioni, toracoalgie
(spesso puntorie al precordio ), formicolio periorale ed alle estremità, spasmo
carpo-pedalico ( sintomi questi ultimi dovuti alla iperventilazione con alcalosi
respiratoria).
Il
respiro è spesso "sospirante" ed irregolare e non si evidenziano
segni obiettivi di cardio- o bronco-pneumopatie.
La
diagnosi è per esclusione e deve tenere conto soprattutto di quelle condizioni
che più spesso sono causa di dispnea senza altri segni e sintomi di
accompagnamento (come ad esempio le microembolie polmonari ricorrenti o la
ipertensione polmonare primitiva).
-EGA:
ipocapnia (da iperventilazione).
-ECG:
non rare le extrasistoli e le anomalie aspecifiche della fase di
ripolarizzazione.
-Altre
indagini atte ad escludere una patologia organica possono essere l'esame
radiografico del torace, l'ecocardiogramma, la valutazione funzionale
respiratoria e l'ECG a riposo e da sforzo ecc.
Anche
se la dispnea non può essere obiettivata, è di estrema importanza osservare
come respira un paziente, rilevando la frequenza degli atti respiratori, la
regolarità, la profondità e lo sforzo apparentemente richiesto. Normalmente, a
riposo, gli atti respiratori sono 10-20 al minuto, con un volume corrente di
400-800 ml, il respiro è regolare, apparentemente senza sforzo e senza impegno
di muscoli accessori; vi è abitualmente una breve pausa al termine della
espirazione, che viene abolita durante il sonno; occasionalmente si possono
osservare respiri più lenti e più profondi.
In
presenza di ostruzione delle vie aeree il lavoro respiratorio è minimizzato
mantenendo una bassa frequenza ed aumentando il volume corrente. A seconda della
sede della ostruzione l'inspirazione, l'espirazione o entrambe sono prolungate,
laboriose e si associano a sibili o stridori.
È caratterizzato da un respiro superficiale (piccolo volume corrente) e
frequente, spesso senza sforzo apparente; durante l'esercizio fisico la
frequenza aumenta più del volume corrente.
Si
può osservare questo quadro sia nei pazienti con ridotta distensibilità dei
polmoni o della gabbia toracica, sia in quelli con diminuita capacità vitale
per qualsiasi causa (versamenti, polmoniti, neoplasie, ecc.).
Le
alterazioni del ritmo e della frequenza respiratoria sono espressione di danno
anatomico e/o funzionale (compresa l'ipossia) dei centri respiratori. Si
associano solitamente a ipoventilazione alveolare e ipossiemia.
Esistono
varie alterazioni del pattern respiratorio che possono, con discreta
approssimazione, essere indice della causa che le determina e del livello di
lesione del SNC.
È caratterizzato da periodi alternati di ipo ed iperventilazione; ad un
periodo di apnea della durata di 5-30 sec segue una fase durante la quale il
volume corrente aumenta progressivamente fino ad un picco e successivamente
decresce fino alla fase apnoica (Fig.04 ).
Uno
dei fattori principali per la produzione di queste oscillazioni nella
ventilazione è il ritardo del feedback di informazione ai centri nervosi
cerebrali, riguardante gli effetti della ventilazione sul contenuto dei gas nel
sangue capillare polmonare.
Un
respiro tipo Cheyne-Stokes è stato ottenuto sperimentalmente nei cani
prolungando il tempo di circolo tra cuore e SNC, utilizzando un circuito
esterno.
Il
respiro di Cheyne-Stokes è spesso rilevato in pazienti affetti da lesioni
cerebrali di varia natura a carico degli emisferi (specie se associate a
ipertensione endocranica) e aterosclerosi cerebrale; anche il prolungamento del
tempo di circolo cuore-cervello, come si osserva nello scompenso cardiaco
(specie se associato a ipertensione arteriosa, coronaropatia e vasculopatia
cerebrale) è in grado di provocare questa alterazione del respiro. Inoltre è
rilevabile nei bambini piccoli normali, negli anziani, in soggetti sani ad
elevate altitudini, e in caso di somministrazione di farmaci depressori del SNC
(come la morfina).
Frequente
nelle lesioni bulbari e nella meningite.
È caratterizzato da una serie di atti respiratori irregolari per
frequenza ed ampiezza seguiti da un periodo di apnea.
Respiro
caratterizzato da una pausa di 2-3 secondi all'acme della fase inspiratoria;
rilevabile con maggior frequenza nella meningite e nelle lesioni pontine.
Serie
di atti respiratori con ampiezza decrescente, seguiti da una pausa di alcuni
secondi; caratteristico delle lesioni caudali del ponte.
È caratteristico della grave ipossia cerebrale (pazienti in shock, grave
riduzione della gettata cardiaca, stadio preagonico): consiste in rapide ed
irregolari inspirazioni seguite da una lunga pausa espiratoria.
Caratterizzata
da una frequenza respiratoria inferiore ai 10 atti/minuto; è espressione di
danno funzionale o di depressione dei centri respiratori, quale si verifica nel
sovradosaggio di sedativi, oppiacei ecc.
Frequenza
superiore ai 20 atti respiratori/minuto; l'iperventilazione (che determina
ipocapnia e alcalosi respiratoria) non ha un significato compensatorio, ma è
secondaria a lesioni cerebrali del mesencefalo (iperventilazione neurogena
centrale), stimoli corticali (sindrome da iperventilazione psicogena),
alterazioni metaboliche (encefalopatia epatica, intossicazione da salicilati).
Iperventilazione
compensatoria di un maggiore fabbisogno di O2 a livello tissutale per aumento
del metabolismo basale (ipertiroidismo, febbre elevata): la PaO2 è normale, la
PaCO2 ridotta.
Alternativamente,
l'iperventilazione può essere compensatoria di una acidosi metabolica: acidosi
lattica, chetoacidosi diabetica ecc. La PaO2 è normale o aumentata, la PaCO2
nettamente ridotta, il pH acido.
Iperpnea
caratterizzata da respiri molto profondi, ( aumento del volume corrente),
rapidi, regolari, con abolizione della pausa teleespiratoria senza sforzo
apparente. È il respiro che
si ha nell'esercizio fisico, ma, a riposo, è caratteristico dell'acidosi
metabolica.
È caratteristico di pazienti ansiosi: consiste in un respiro molto
irregolare, con frequenti atti respiratori profondi e "sospiranti".
B.
TARTAGLINO
Aiuto
di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso
Ospedale
Maggiore di San Giovanni Battista
e
della Città di Torino, Sede Molinette
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