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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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Il
concetto di cuore polmonare cronico è stato introdotto in medicina oltre 200
anni fa, ma ancor oggi esistono dubbi sulla sua stessa definizione ed
applicabilità ai singoli casi clinici: la OMS definisce questa patologia come
ipertrofia-dilatazione del ventricolo destro secondaria ad ipertensione
polmonare causata da alterazioni anatomiche e/o funzionali dell'apparato
respiratorio o del sistema vascolare polmonare.
La
definizione non può quindi essere applicata ai casi in cui l'aumento della
pressione arteriosa polmonare è secondaria a cardiopatie congenite o ad
affezioni che interessano primitivamente i settori cardiaci di sinistra.
L'epidemiologia
del cuore polmonare cronico è difficile da valutare, sia perché non tutti i
casi di pneumopatia lo sviluppano, sia perché i comuni esami strumentali sono
poco sensibili nell'individuarlo. Si valuta che esso rappresenti il 5-10% di
tutte le cardiopatie organiche, e che sia presente nel 20-30% di tutti i
pazienti ricoverati per scompenso cardiaco. Compare soprattutto in soggetti di
sesso maschile, fumatori, tra i 50 e i 60 anni di età.
L'eziologia
del cuore polmonare cronico è molteplice: le broncopneumopatie croniche
ostruttive sono di gran lunga la causa più frequente, ma tutte le forme morbose
che interessano sia direttamente sia indirettamente la meccanica ventilatoria,
gli scambi gassosi, il letto vascolare polmonare, possono dare origine ad
ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico. La pneumopatia di base deve
però essere sufficientemente estesa ed avanzata per causare innalzamento della
pressione arteriosa polmonare: fortunatamente la maggior parte dei disordini
polmonari è circoscritta, o non si ripercuote in modo massiccio sugli scambi
gassosi da dare innesco alla sequela di eventi che culmina nella ipertrofia del
ventricolo destro e successivo scompenso cardiaco.
Nella
tab.01
Embriologicamente
l'arteria polmonare comune ed i suoi due rami principali derivano dall'abbozzo
cardiaco primitivo, mentre le arterie periferiche derivano da una rete vascolare
che si forma intorno ai bottoni bronchiali e cresce in stretta correlazione con
ogni nuova ramificazione delle vie aeree.
Procedendo
dal tronco polmonare verso i capillari, si possono distinguere 4 diverse
strutture vasali:
a)arterie
elastiche: il tronco comune dell'arteria polmonare e le prime 5 serie di
diramazioni sono di tipo elastico, ma in misura nettamente minore dell'aorta e
dei suoi rami principali; le successive 3 serie di ramificazioni vengono
considerate transizionali;
b)arterie
muscolari: formano la maggioranza dei vasi polmonari, fino ad un calibro di
150-200 micron; hanno uno strato muscolare continuo, ma con spessore della
tonaca muscolare decisamente minore che nelle arterie sistemiche;
c)arteriole
parzialmente-muscolari: hanno uno strato muscolare discontinuo, disposto a
spirale, alternato con una parete di tipo capillare;
d)arteriole
non-muscolari: sono prive di fibrocellule muscolari, ed hanno calibro di 75-30
micron; si continuano nella rete capillare dell'unità alveolare, e sono quelle
principalmente collegate alla funzione degli scambi respiratori.
Le
arteriole muscolari e quelle parzialmente-muscolari rappresentano il sistema dei
vasi di resistenza e corrono lungo il bronchiolo respiratorio e i dotti
alveolari. Poiché scambi respiratori avvengono anche a questi livelli, gli
effetti di alterazioni gassose presenti nei bronchioli respiratori e dotti
alveolari possono ripercuotersi in via retrograda più a monte, lungo il
sincizio muscolare, interessando tutto il sistema delle arteriole di resistenza
(fig.01
Fattori
anatomici. Il circolo polmonare rappresenta nell'adulto un sistema vascolare ad
altissima capacitanza e basse resistenze. Tutti i distretti dell'albero
polmonare hanno infatti sezione maggiore dei corrispondenti distretti sistemici;
mancano arteriole muscolari di alta resistenza nelle ramificazioni periferiche;
i capillari polmonari sono estremamente numerosi, di calibro relativamente
maggiore, ampiamente anastomizzati. Per queste caratteristiche anatomiche tutta
la portata circolatoria passa attraverso il circolo polmonare sotto un
bassissimo gradiente pressorio, spinta da una pompa, quale è il ventricolo
destro, capace di generare solo basse pressioni (fig.02
In
condizioni di sforzo fisico il letto polmonare riceve portate circolatorie
maggiori, anche di 5 volte, senza o con lievissimi aumenti pressori. Il
meccanismo per accogliere questo aumento di portata è duplice:
a)un
meccanismo che agisce in misura meno vistosa è rappresentato dalla distensione
ed aumento di calibro vasale, più marcato nelle regioni basali;
b)il
fenomeno principale consiste nel reclutamento di distretti vasali ipo-perfusi,
soprattutto nelle regioni apicali: l'enorme disponibilità di questi distretti
vasali rende ragione dell'alta "capacità di riserva" del circolo
polmonare.
RAP
= mAP - mAS/Qp
RAP
= 8eta l/4 pi r4
le
variabili che influenzano le resistenze polmonari sono la pressione a valle
(mAS), la portata cardiaca (Qp), la viscosità ematica (eta), e l'area
complessiva vasale (l, r), che comprende il calibro dei dati perfusi e quello
dei vasi reclutabili, la cui quantità è considerevole. Valori tensivi medi
normali di 25 mmHg per la pressione sitolica, di 15 mmHg per la pressione media,
e 10 mmHg per la pressione nei capillari polmonari: un gradiente pressorio di
soli 5-10 mmHg determina quindi la direzione del flusso polmonare, a differenza
di un gradiente di 90 mmHg per il circolo sistemico, in cui le resistenze al
flusso sono di 10-20 volte maggiori.
Fattori
extravasali. I vasi polmonari di calibro minore sono sottoposti anche a forze
esterne di compressione o distensione, rappresentate dalle modificazioni della
pressione intraparenchimale che in maniera dinamica durante gli atti respiratori
influenza il calibro dei più piccoli vasi e regola la distribuzione del flusso
polmonare. In condizioni patologiche un aumento della pressione alveolare può
giocare un ruolo dominante nell'aumentare le resistenze al flusso nei piccoli
vasi.
Fattori
neurogeni, chimici, ormonali. Gli elementi fibro-elastici e muscolari della
parete vasale certamente contribuiscono alla regolazione del tono vasale,
risentendo di vari stimoli, meccanici e chimici, a cui sono sottoposti. La
dimostrazione di una innervazione dei vasi polmonari è stata difficile:
terminazioni nervose sia adrenergiche che colinergiche sembrano presenti, ma
molto rare, e con distribuzione solo ai grossi rami peri-ilari. E' verosimile
che altri mediatori chimici prodotti localmente o circolanti possano regolare il
tono parietale: neuropeptidi non-adrenergici non-colinergici (angitensina II,
fattore natriuretico atriale, peptide vasoattivo intestinale), gli autacoidi
(istamina, serotina, bradichina) (tab.02
L'ipossia
alveolare è lo stimolo più potente per indurre vasocostrizione arteriolare
polmonare: si tratta verosimilmente solo di un normale meccanismo di regolazione
del circolo polmonare, con la funzione di ridurre il flusso ematico da alveoli o
gruppi di alveoli ventilati verso quelli normalmente ventilati, e ridurre così
squilibri del rapporto ventilazione/perfusione. Questa vasocostrizione
distrettuale non aumenta le resistenze vascolari polmonari e non induce
ipertensione: ipertensione polmonare si sviluppa invece quando la
vasocostrizione è diffusa, come risposta ad una ipossia alveolare che interessa
estese zone o tutto il parechima polmonare (fig.03
La
vasocostrizione inizia nelle arteriole parzialmente-muscolari di calibro <200
micron, e si estende in via retrograda a quelle muscolari, coinvolgendo così
tutto il sistema dei vasi di resistenza. Il meccanismo non è ancora noto, e
sono ipotizzate due possibilità:
a)meccanismo
diretto: riduzione della fosforilazione ossidativa a livello delle fibrocellule
muscolari lisce parietali, riduzione del rapporto ATP/ADP-P, depolarizzazione di
membrana, aumentato ingresso di Ca ioni, contrazione;
b)meccanismo
indiretto: intervento di cellule o effettori forse parenchimali, rilascio di
mediatori chimici, interazione con speciali recettori-trasmettitori cellulari,
contrazione muscolare.
Anche
l'acidosi produce vasocostrizione polmonare, ed agisce in maniera sinergica con
l'ipossia alveolare, aumentandone gli effetti. A valori di normale ossigenazione
alveolare l'acidosi (concentrazione di H+ ioni > 40 mEq/l) non è in grado di
produrre aumento delle resistenze vascolari, mentre il suo effetto compare ed
aumenta progressivamente col ridursi della pO2 alveolare (fig.04
Alterazioni
anatomiche vasali. La vasocostrizione ipossica da sola non è probabilmente in
grado di produrre acutamente un significativo aumento della pressione polmonare,
visto lo scarso sviluppo della componente muscolare parietale. Una
vasocostrizione prolungata si accompagna però in poco tempo ad alterazioni
strutturali: la parete arteriolare va incontro ad aumento di spessore della
media, comparsa di elementi muscolari a livelli più periferici, rigonfiamento
ed ipertrofia dell'intima. In breve termine si ha riduzione dell'area di sezione
globale del letto vasale, rigidità dei vasi, aumento fisso delle resistenze
arteriolari, aumento della pressione arteriosa polmonare.
Perché
ipertensione polmonare si sviluppi e divenga permanente, è necessaria una
importante riduzione della "riserva vascolare". La genesi
dell'ipertensione nella maggior parte dei casi è dovuta ad una somma di diversi
meccanismi, con diversa prevalenza di uno o dell'altro a seconda del tipo di
danno polmonare (fig.05
La
costrizione arteriolare diffusa, con riduzione dell'area di sezione vasale,
sembra essere il meccanismo più importante: inizialmente fenomeno dinamico di
vasocostrizione secondario all'ipossia alveolare e all'acidosi, diviene poi
fisso per le alterazioni anatomiche parietali, con vasi rigidi e lume ridotto
dall'ispessimento intimale ed ipertrofia della media.
La
perdita anatomica di vasi con restrizione del letto vasale, in passato
considerata come meccanismo prevalente, verosimilmente non è di primaria
importanza, e non è in grado di giocare da solo un ruolo determinante, a meno
che tale perdita sia estrema (ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico
sono in genere solo terminali nell'enfisema polmonare centro-acinoso, in cui
piccoli vasi sono ampiamente distrutti).
L'aumento
della viscosità ematica può aumentare le resistenze al flusso nei piccoli
vasi. Nelle pneumopatie croniche il deficit di saturazione del sangue circolante
stimola la produzione di cellule dagli organi emopoietici attraverso il rilascio
di eritropoietina: tale meccanismo di adattamento tenderebbe a ripristinare
l'apporto di ossigeno ai tessuti periferici. Per alti livelli di ematocrito però
(minore o uguale 55%) l'aumentata viscosità ematica ostacola il flusso
capillare, imponendo una maggiore pressione di spinta.
L'aumentato
flusso polmonare è secondario alla vasodilatazione periferica sistemica dovuta
all'ipercapnia del sangue arterioso, all'apertura di shunt bronco-polmonari e
all'aumentato tono adrenergico: l'aumento di portata cardiaca che si verifica
durante esercizio fisico può aumentare la pressione in un letto vascolare
polmonare ristretto e/o costretto.
Questi
diversi meccanismi sono intercorrelati: la componente restrittiva del letto
vasale per perdita di vasi e quella costrittiva con successive alterazioni
anatomiche parietali si associano nel provocare una importante riduzione
dell'area totale di sezione vasale.
Nei
primi stadi la pressione polmonare a riposo può essere ancora normale ma viene
persa la "riserva vasale", e cioè la capacità di vasodilatazione e
di reclutamento in parallelo di distretti ipoperfusi: in questo stadio
l'ipossia, anche accessionale, può giocare un ruolo determinante; lo sforzo
fisico e altre condizioni che provocano aumento di portata cardiaca possono
indurre drammatici aumenti della pressione.
In
fasi successive, con la progressione della patologia bronco-polmonare
sottostante e delle alterazioni vascolari, la pressione polmonare resta elevata
anche a riposo, e minimi incrementi di portata determinano importante
ipertensione.
L'aumento
della viscosità, del flusso da collaterali, l'ipossia e l'acidemia, peggiorano
la situazione in maniera acuta o cronica, aumentando ulteriormente la pressione.
Il
ventricolo destro nell'adulto normale ha parete sottile (circa 3 mm); la massa
muscolare della sua parete libera è paragonata a quella del ventricolo sinistro
con un rapporto in peso fra 2,3/1 e 3,3/1 (65 g vs 200 g). La sua cavità ha
sezione semilunare, ed è infatti paragonato ad un mantice che lavora in serie
con un sistema a bassa resistenza. Il ventricolo destro funziona come una pompa
di volume, di grande compliance, in grado di maneggiare grandi volumi di sangue
a basse pressioni e con basso consumo energetico. Ciò in contrasto con le
caratteristiche anatomo-funzionali del ventricolo sinistro, che ha maggior
spessore parietale e contrazione centripeta, idonea a generare alte pressioni (fig.06
In
risposta ad un sovraccarico cronico di pressione e di aumentate resistenze
all'efflusso si sviluppano nel ventricolo destro cambiamenti di forma, di massa
e di funzione.
L'ipertrofia
parietale, per la quale il ventricolo destro assume una contrazione centripeta
che lo trasforma in pompa di pressione, riduce la compliance della cavità, con
difficoltoso riempimento diastolico, aumento della pressione telediastolica,
aumento della pressione atriale destra e venosa centrale, in circolo vizioso, da
cui risulta intolleranza allo sforzo fisico. La dilatazione ed insufficienza
ventricolare destra, conseguenti all'aumentata tensione ed allo stress di
parete, si esprimono con una ridotta frazione di eiezione ventricolare destra
(FE VD), ridotta portata sistemica anche a riposo, e nei gradi più avanzati di
dilatazione con insufficienza valvolare tricuspidale e scompenso congestizio.
I
livelli di pressione polmonare a cui queste alterazioni iniziano è sconosciuto
nell'uomo, ma per pressioni sistoliche di 60-80 mmHg sono quasi sempre presenti
dilatazione ed insufficienza ventricolare destra, ridotta FE VD, ipotensione ed
ipoperfusione sistemiche.
Il
quadro clinico, l'evoluzione, la prognosi e la diversa risposta alla terapia del
cuore polmonare cronico sono fortemente influenzati dalla malattia di base che
causa l'ipertensione polmonare.
Per
l'elevata incidenza le broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) sono di gran
lunga la causa più frequente di cuore polmonare cronico (50-60% dei casi). Le
sindromi da ostruzione bronchiale cronica sono rappresentate da bronchite
cronica, enfisema polmonare, asma bronchiale; tuttavia l'asma bronchiale non
causa cuore polmonare cronico se non quando entra a far parte del quadro della
bronchite cronica. Schematicamente è possibile considerare le BPCO come uno
spettro continuo di patologie, con la bronchite cronica ad un estremo e
l'enfisema primitivo all'altro.
a)Nelle
forme prevalentemente bronchitiche ("blue bloater") la diffusa e
disomogenea ostruzione delle vie aeree provoca alterazioni regionali del
rapporto V/Q, con ipossia ed ipercapnia. L'ipoventilazione alveolare determina
costrizione del letto arteriolare ed ipertensione polmonare (vasculopatia
costrittiva). In questi soggetti si hanno in genere ripetuti episodi di
scompenso destro, che nelle fasi iniziali rispondono abbastanza bene al
trattamento medico, farmacologico e con O2.
b)Nelle
forme prevalentemente enfisematose ("pink puffer") la diffusa
distruzione dei setti alveolari determina riduzione della superficie di scambio
respiratorio. La patologia vasale è prevalentemente restrittiva; la pressione
arteriosa polmonare è normale o solo leggermente aumentata a riposo. La
pressione dei gas nel sangue può restare a lungo normale per aumentata
ventilazione: l'ipossia è quindi solo lieve, ed in genere c'è ipocapnia.
L'insorgenza del cuore polmonare cronico è tardiva, lo scompenso destro non
risente del trattamento medico e rappresenta in genere un evento terminale.
Nella
grande maggioranza di pazienti sono tuttavia presenti in misura variabile
aspetti di entrambe le condizioni, ed il quadro clinico e la sua evoluzione
dipendono prevalentemente dalla gravità della insufficienza respiratoria.
L'evoluzione del cuore polmonare è prolungata nel tempo, verificandosi in
genere nel corso di molti anni:
1)soggetti
con BPCO di media entità, senza ipossia marcata, hanno in genere pressione
polmonare e resistenze vascolari solo lievemente aumentate a riposo; normale
pressione di riempimento ventricolare ed atriale destra; portata cardiaca
normale o solo lievemente ridotta; la FE VD è normale. Sotto sforzo la
pressione polmonare aumenta significativamente e la FE VD diminuisce. In questi
stadi iniziali sono generalmente assenti segni clinici ed ECGrafici di
ingrandimento ventricolare destro, ma tale ingrandimento può essere rivelato
dall'ecocardiogramma. Infezioni bronco-polmonari acute possono provocare con
rapido aumento della pressione polmonare e scompenso acuto;
2)in
soggetti con BPCO severa e importante compromissione degli scambi respiratori si
ha ipossia cronica marcata, associata ad ipercapnia: la pressione arteriosa
polmonare è mediamente aumentata a riposo, ed aumenta ulteriormente sotto
sforzo, arrivando a livelli sistolici di 80 mmHg, con aumento della pressione di
riempimento ventricolare e della pressione atriale destra. Il volume ematico,
plasmatico e corpuscolare, è aumentato, e così il contenuto idrico del
polmone. Sono quasi sempre presenti segni clinico-radiologici di ingrandimento
cardiaco; l'eco-Doppler conferma l'ingrandimento delle sezioni di destra, e la
presenza di insufficienza tricuspidale anche lieve permette di misurare la
pressione nei settori di destra.
Questa
malattia infiammatoria cronica è caratterizzata da dilatazioni cilindriche e/o
sacciformi dei bronchi, che spesso insorgono come complicanza di muco, pertosse
o altre malattie infettive infantili. In una piccola percentuale di casi si
tratta di forme congenite (triade di Kartagener).
In
questo tipo di patologia il cuore polmonare cronico si instaura raramente e solo
in casi molto avanzati, nei quali coesistano una estesa distruzione del tessuto
polmonare ed una altrettanto vasta fibrosi riparativa.
I
polmoni vengono coinvolti nella maggioranza dei pazienti affetti da questa
malattia congenita: muco denso tende ad accumularsi nell'albero
tracheobronchiale ed ostruisce le vie aeree, causando la formazione di aree di
atelettasia, di polmonite, bronchiectasie ed ascessi polmonari.
Il
cuore polmonare cronico è molto frequente in questa malattia, ed è
responsabile di circa il 70% dei decessi. In questi giovani pazienti è quindi
necessario un assiduo controllo clinico-strumentale per evidenziare i segni
iniziali del sovraccarico destro. Un articolato programma di cure consente di
rallentare l'evoluzione verso l'insufficienza cardiaca, con significativo
miglioramento della prognosi.
Questa
categoria comprende un gran numero di forme morbose che hanno in comune una
evoluzione verso la fibrosi, con perdita di parte del parenchima polmonare
funzionale e la restrizione del letto vascolare. Fin quando l'ipossiemia si
mantiene in limiti ragionevoli l'ipertensione polmonare è modesta, ma quando si
fa strada l'insufficienza respiratoria si sviluppa rapidamente il cuore
polmonare cronico.
In
queste forme fibrotiche si instaura un deterioramento parallelo fra meccanica
ventilatoria ed emodinamica del piccolo circolo, e solo quando la capacità
vitale scende al di sotto del 50% si instaura ipertensione polmonare
significativa.
Fortunatamente
nella maggioranza dei pazienti tale evoluzione non è inevitabile, e se il
processo si stabilizza residua una ipertensione polmonare di grado modesto, che
è ben tollerata per lungo tempo.
Sia
il fibrotorace spontaneo o secondario a pneumotorace terapeutico, sia le
resezioni chirurgiche, possono alterare severamente la meccanica ventilatoria,
direttamente o per i frequenti processi patologici a carico del parenchima
residuo, e determinare così ipertensione polmonare.
Processi
patologici dei muscoli respiratori derivanti da malattie muscolari generalizzate
(distrofie muscolari, miopatie infiltrative) o da patologie di tipo neurologico
(lesioni midollari, sclerosi laterale amiotrofica, miastenia, poliomielite,
sindrome di Guillain-Barré) possono determinare una insufficienza di tipo
meccanico del mantice polmonare e quindi ipoventilazione polmonare
generalizzata. Polmoni e vie aeree non sono primitivamente compromessi, ma lo
possono diventare secondariamente, per il ristagno di secrezioni e dei processi
infettivi che ne conseguono. Il cronicizzarsi di queste condizioni può indurre
ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico.
Tra
le patologie congenite o acquisite che alterano la geometria della cassa
toracica, solo la cifoscoliosi grave può determinare ipoventilazione alveolare
e secondariamente ipertensione polmonare, in parte per le anomalie strutturali e
funzionali dei muscoli respiratori, in parte per compressione del polmone e/o di
vasi polmonari di maggior calibro.
L'associazione
fra grande obesità ed ipoventilazione è nota come sindrome di Pickvick. Ancor
oggi la causa dell'ipoventilazione rimane oscura: può dipendere in parte dalla
riduzione della compliance della gabbia toracica, in parte dalla debolezza dei
muscoli respiratori, in parte da una iposensibilità del centro respiratorio
agli stimoli dell'ipossiemia e dell'ipercapnia. La sindrome si presenta solo in
una minoranza dei grandi obesi, in cui può indurre ipertensione polmonare anche
severa.
Sono
costituite da diverse condizioni cliniche e funzionali caratterizzate da abnormi
modificazioni della funzionalità respiratoria che si instaurano durante il
sonno. Si sono registrati tre comportamenti tipici:
1)apnea
centrale;
2)apnea
ostruttiva;
3)apnea
mista.
Indipendentemente
dal meccanismo, se i periodi di apnea sono prolungati e/o iterativi, ne deriva
ipoventilazione alveolare con ipossiemia e conseguente ipertensione polmonare.
È causata da una perdita del controllo autonomo della ventilazione:
nella maggioranza dei casi si tratta di forme acquisite (sequela di encefalite,
di meningite, di interventi di neurochirurgia), nella minoranza di forme
primitive. In questa rara malattia i centri respiratori non rispondono agli
stimoli chimici ed i pazienti possono respirare solo con ventilazione volontaria
("la maledizione di Odino").
È una rara affezione nella quale non è possibile evidenziare alcuna
causa della patologia vascolare che porta ad aumento delle resistenze
arteriolari ed ipertensione polmonare: l'affezione colpisce prevalentemente il
sesso femminile, con ampia dispersione di età.
L'eziologia
non è nota, ma sono state proposte numerose teorie:
1)tromboembolia
venosa ricorrente misconosciuta;
2)fenomeni
trombotici primitivi a livello polmonare;
3)difetti
congeniti dei vasi polmonari;
4)malattia
collageno-vascolare di tipo autoimmune;
5)ipersensibilità
ad alcuni farmaci;
6)effetto
degli ormoni femminili;
7)tendenza
a fenomeni di vasocostrizione da spasmo arterioso.
Una
possibile spiegazione alla vasta gamma di fattori che sono stati associati a
questa patologia è che, in analogia alla ipertensione arteriosa sistemica
essenziale, l'ipertensione polmonare primitiva sia una sindrome complessa
multifattoriale, con diversi fattori eziologici concausali e con un decorso
finale comune. Molti aspetti anatomo-patologici sono in comune in questi
pazienti: il dato anatomico più caratteristico è rappresentato da lesioni
plessiformi che hanno fatto dare a questa patologia il nome di
"Arteriopatia polmonare plessiogenica". Il rilievo di tali lesioni può
essere attualmente ottenuto dalla biopsia polmonare, ed è molto importante,
perché in assenza di malformazioni cardiache congenite consente di porre la
diagnosi definitiva.
Nelle
fasi iniziali l'ipertensione può essere in parte reversibile con terapia, ma
progressivamente anche se variabilmente da caso a caso tale risposta alla
terapia si perde, l'ipertensione diventa intrattabile, con sviluppo di cuore
polmonare cronico.
La
tromboembolia polmonare cronica può presentarsi sia con episodi multipli
clinicamente manifesti, sia con decorso clinicamente silente. I segni clinici
sono quasi sempre tardivi, ed espressione di ipertensione polmonare grave e del
cuore polmonare cronico. Nei casi in cui gli episodi embolici sono stati
clinicamente silenti è particolarmente difficile la differenziazione
dall'ipertensione polmonare primitiva. La tromboembolia polmonare rappresenta
inoltre una frequente complicanza di tutte le forme di cuore polmonare cronico
in fase di scompenso e, se massiva, può essere responsabile di molte delle
morti in questo tipo di pazienti.
Il
bilancio clinico-strumentale dei soggetti affetti da patologie possibilmente
responsabili di ipertensione polmonare non deve prescindere dalla valutazione
del possibile interessamento cardiaco, dal momento che l'insorgenza
dell'ipertensione e del cuore polmonare cronico può segnare una svolta decisiva
in quella che è la storia naturale dell'affezione respiratoria di base.
L'elettrocardiogramma
mostra alterazioni che suggeriscono il sovraccarico di pressione e l'aumento di
volume del ventricolo destro: asse QRS verticale, o deviato a destra, o diretto
posteriormente ed in alto; ritardo di attivazione destra con quadri di blocco di
branca più o meno avanzati; prevalenza del vettore R nelle precordiali destre,
appiattimento-inversione dell'onda T in queste derivazioni; aspetto S1-Q3
S1-S2-S3; la cosiddetta "P polmonare" di ampiezza aumentata in II,
III, aVF, espressione in genere di importante aumento della pressione polmonare.
Tutti questi segni sono però tardivi, e cioè poco sensibili, oltre che
scarsamente specifici, in particolare in presenza di BPCO, e vanno sempre
interpretati in relazione al quadro clinico.
Le
aritmie più frequenti sono quelle di tipo ipercinetico sia sopraventricolare
(battiti ectopici, ritmo atriale caotico, fibrillazione atriale parossistica o
cronica nelle forme più avanzate), sia ventricolare (battiti ectopici, coppie,
tachicardie ventricolari). Tali aritmie possono riflettere anomalie
emogasanalitiche, disionie, azione pro-aritmica di molti farmaci usati per il
trattamento della cardiopatia (digitale, beta-mimetici, teofillina, diuretici).
La
radiografia del torace mostra prevalentemente i segni della bronco-pneumopatia
di fondo, che può spesso mascherare quelli dell'ipertensione polmonare e del
cuore polmonare cronico. L'impegno cardiaco è rivelato da una cardiomegalia
medio-severa con prevalere delle sezioni di destra, addensamento degli ili
polmonari per dilatazione del tronco e dei rami polmonari principali.
L'ecocardiografia
M-mode consente di riconoscere l'ipertensione polmonare dall'analisi dei
movimenti della valvola polmonare (onda A, pendenza E-F, incisura mesosistolica,
tempi sistolici del ventricolo destro).
L'ecocardiografia
2-D permette di riconoscere le modificazioni indotte dal sovraccarico pressorio
sull'arteria polmonare principale e sulle camere cardiache, che risultano sempre
dilatate: le dimensioni del ventricolo ed atrio destro sono spesso ottenibili
con notevoli difficoltà tecniche per lo stato di insufflazione polmonare, e
sono correlate alla momentanea condizione funzionale del ventricolo destro,
oltre che alla pressione sistolica e di riempimento. Il ventricolo sinistro è
invece di dimensioni ridotte o normali, con spostamento del setto
interventricolare che in diastole appare stirato verso sinistra ed assume
movimento paradosso verso destra in sistole.
L'ecocardiografia
Doppler consente la misurazione della velocità di flusso del getto di
insufficienza tricuspidale, che può essere utilizzata per determinare il
gradiente pressorio ventricolo-atrio destro.Questo gradiente, sommato alla
pressione atriale destra stimata clinicamente o misurata, permette la stima
della pressione sistolica in ventricolo destro (fig.07
L'angio-scintigrafia
radionuclidica con emazie marcate con Tecnezio 99-m permette mediante l'uso di
un calcolatore di valutare la funzione contrattile globale del ventricolo
destro, espressa come frazione di eiezione (FE VD). La FE VD si è dimostrata
correlata ad altri indici emodinamici di impegno delle sezioni di destra: in
particolare da valori medi di normalità di 55
più o meno 7%, è risultata abbassata a 35 più o meno 8% in presenza di
aumentata pressione media in arteria polmonare, ed ulteriormente ridotta a 25 più
o meno 8% in presenza di un aumento della pressione diastolica in ventricolo
destro.
L'esame
diagnostico invasivo mediante cateterismo cardiaco ed angiocardiografia trova
oggi minore giustificazione, poiché gli esami non invasivi permettono di
ottenere informazioni adeguate per uso clinico, e la diagnostica angiografica
dei settori di destra ha in questo tipo di patologia chiari limiti metodologici.
Al cateterismo cardiaco si ricorre in genere per valutare l'effetto di farmaci o
di miscele di gas respiratori, o per misurare con esattezza la pressione
polmonare in diverse condizioni fisiopatologiche (fig.09
Obiettivo
principale della terapia è la pneumopatia di base, per correggere
l'insufficienza respiratoria, allo scopo di ridurre il carico di lavoro del
ventricolo destro e, se non è ancora comparso scompenso ventricolare,
prevenirne lo sviluppo. Quando lo scompenso destro si è già instaurato i
risultati del trattamento, che va comunque istituito, sono spesso deludenti, a
meno che non si riesca a ridurre in misura significativa il lavoro cardiaco
controllando l'ipertensione polmonare.
Sta
in primo piano, in quanto la riduzione dell'ipossia è la misura più importante
per ridurre l'ipertensione polmonare, e ciò vale sia nell'ambito della
prevenzione sia in quello del trattamento del cuore polmonare cronico e
insufficienza ventricolare destra. Si articola in:
-Broncopneamopatie
croniche ostruttive: terapia dell'ostruzione bronchiale (broncodilatatori
betastimolanti o anticolinergici, derivati xantinici, cortisonici ed ACTH,
secretolitici, antibiotici, misure ambientali).
-Patologia
cronica di tipo suppurativo: antibiotici, fisioterapia, drenaggioposturale.
-Pneumopatie
restrittive: terapia specifica nelle forme interstiziali diffuse, ventilazione
assistita nelle altre.
-Malattie
extrapolmonari con ipoventilazione: analettici respiratori, correzione deformità
toraciche, correzione obesità, ventilazione assistita, stimolazione
diaframmatica.
-Ipertensione
polmonare primitiva: vasodilatatori (ossigeno, idralazina o derivati,
calcio-antagonisti, ACE inibitori, nitroderivati), anticoagulanti, trapianto
cuore-polmoni.
-Embolia
polmonare multipla: anticoagulanti, filtri cavali.
È indicata in tutti i pazienti con ipossia alveolare, in quanto una
ossigenazione sufficiente si è dimostrata in grado di prevenire la comparsa
dello scompenso cardiaco sia a breve che lungo termine.
L'ossigeno
va somministrato in misura sufficiente a riportare la pressione parziale
alveolare a valori stabilmente superiori a 55-60 mmHg, e deve essere protratta
per almeno 10-15 ore al giorno per migliorare il quadro clinico e la prognosi a
distanza.
Particolare
cautela va posta nel somministrare ossigeno a pazienti ipercapnici, per il
rischio di un peggioramento della ipoventilazione.
-Digitale:
nello scompenso destro gli effetti benefici della digitale non sono evidenti
come in altre cardiopatie. Il farmaco inoltre deve essere usato con molta
cautela perché l'ipossia, l'acidosi, i trattamenti concomitanti facilitano la
comparsa di aritmie indotte dalla digitale.
-Ibopamina:
farmaco dotato di azione multirecettoriale (dopaminergico, betastimolante) ha
effetto inotropo positivo, vasodilatatore sistemico e polmonare, diuretico.
L'ibopamina ha un indice terapeutico maggiore della digitale e deve quindi
essere considerato come una sua valida alternativa.
-Diuretici:
sono molto efficaci, in particolare quelli dell'ansa, nel ricompensare e
mantenere in compenso i soggetti con cuore polmonare cronico conclamato: possono
tuttavia aggravare l'ipertensione polmonare per aumento della viscosità ematica
e delle secrezioni bronchiali.
-Vasodilatatori:
questi farmaci, sia di tipo prevalentemente venoso che misto, sono meno efficaci
che nello scompenso sinistro, ma in molti pazienti possono consentire un
discreto risultato clinico.
-Salasso:
consigliabile ed efficace solo nei pazienti con ematocrito superiore a 55-60%.
-Anticoagulanti:
l'eparina calcica viene somministrata sottocute per la profilassi della
flebotrombosi profonda nei pazienti in scompenso o degenti a letto. Le frequenti
patologie gastroduodenali dei pazienti con cuore polmonare cronico aumentano il
rischio della terapia anticoagulante piena, che va quindi riservata solo ai casi
di malattie del letto vascolare polmonare e a quelli con precedenti complicanze
tromboemboliche.
La
prognosi dipende dalla pneumopatia di base, anche se non necessariamente la sua
evoluzione clinica e quella del cuore polmonare cronico vanno di pari passo.
Nelle
BPCO l'insorgenza dell'ipertensione polmonare condiziona la prognosi,
contribuendo in maniera significativa alla mortalità: la sopravvivenza globale
delle BPCO infatti si correla ai livelli di pressione arteriosa polmonare più
che ad ogni altra variabile clinica o strumentale, con tassi di mortalità
aumentati di circa 4 volte rispetto a soggetti con pari grado di pneumopatia ma
senza segni di cuore polmonare cronico (fig.10
Nei
pazienti con pneunopatie restrittive con ipoventilazione cronica e in quelli con
malattia del letto vascolare polmonare l'evoluzione naturale comporta quasi
sempre un peggioramento progressivo ed irreversibile: alla fine lo scompenso
cardiaco destro si associa in genere a prognosi infausta. In ogni caso tuttavia
una diagnosi precoce e una corretta terapia sia della patologia di base che
dell'ipossia possono consentire nella maggioranza dei pazienti un significativo
miglioramento dello stato clinico e della sopravvivenza.
Chronic cor pulmonale. Report
of an expert committee. Wld. Hlth. Org. Tech. Resp. Serv., 213:1, 1961.
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Bergofsky
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C.
BUONANNO
Primario
Servizio di Cardiologia,
Ospedale
Civile Maggiore,
Verona
B.
DANDER
Aiuto
Servizio di Cardiologia
(Primario
Dr. C. Buonanno),
Ospedale
Civile Maggiore,
Verona
L.
SCAZZINA – A. VARIOLA – R. ALBIERO
Assistente
Servizio di Cardiologia
(Primario
Dr. C. Buonanno),
Ospedale
Civile Maggiore,
Verona
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