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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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Il
pericardio, formato da un rivestimento esterno di tessuto fibroso (pericardio
parietale) ed uno interno membranoso (pericardio viscerale), contribuisce alla
regolazione della funzione cardiaca, ma l'agenesia congenita o la rimozione
chirurgica non comportano conseguenze negative. Le cavità del cuore destro che
hanno pareti sottili, sono più soggette all'influenza pericardica di quelle
sinistre, che hanno invece pareti più spesse. Le interazioni tra le camere
cardiache, specialmente durante la diastole ma anche in sistole, sono più
pronunciate quando il pericardio è intatto.
Il
pericardio esercita un potente effetto di contenimento sul volume del cuore
nelle situazioni di sovraccarico di volume e specialmente in quelle che
coinvolgono le quattro camere cardiache, ma la sua funzione, in condizioni
normali e nell'ingrandimento cronico del cuore non è stata ancora del tutto
chiarita.
La
bassa pressione del liquido pericardico induce a ritenere che l'influenza
pericardica sul cuore in circostanze normali sia modesta. La pressione di
superficie pericardica (misurata con un pallone intrapericardico) indica invece
che l'effetto di costrizione pericardica può essere importante nello scompenso
cardiaco cronico in cui la pressione atriale destra può uguagliare la pressione
intrapericardica. Tuttavia i pochi tentativi di trattare lo scompenso cardiaco
congestivo con la pericardiectomia hanno dato risultati insoddisfacenti.
La
pressione pericardica è fortemente influenzata da quella intratoracica; le
pressioni negative pericardiche aumentano il riempimento atriale durante la
sistole ventricolare.
Il
pericardio si altera nella pericardite costrittiva cronica, in presenza di
versamento pericardico, nel tamponamento cardiaco, nella sindrome
post-pericardiotomica o post-infartuale.
La
pericardite acuta consiste in un processo patologico di natura flogistica che
interessa uno o entrambi i foglietti pericardici. Tale processo infiammatorio può
risultare primitivo (quindi isolato) oppure secondario o concomitante ad altre
forme patologiche, per lo più a carico del miocardio e/o dell'endocardio, ma
spesso della pleura, dei polmoni o degli altri organi intratoracici. Ne consegue
che anche l'eziologia delle pericarditi è assai varia (tab.01
Dal
punto di vista epidemiologico va rilevato che la prevalenza delle pericarditi è
progressivamente aumentata negli ultimi anni, per la maggior frequenza sia delle
pandemie virali, sia delle cause iatrogene (interventi chirurgici con
pericardiotomia, trattamenti radianti nella regione toracica, terapia
emodialitica ecc).
La
pericardite acuta, fibrinosa o secca, è una sindrome associata ad un
caratteristico dolore toracico, a sfregamenti pericardici e ad alterazioni
specifiche nell'elettrocardiogramma. La grande varietà delle cause che
determinano l'insorgenza della pericardite acuta è descritta nella tab.01
L'infezione
virale è spesso presunta piuttosto che dimostrata e pertanto molti casi vengono
spesso classificati come idiopatici. Le più comuni infezioni virali che causano
la pericardite acuta sono quelle dovute ad echovirus e coxsackievirus.
L'essudato
fibrinoso che copre le due superfici del pericardio, viscerale e parietale, di
una sottile fibrina giallastra o infiltrato di sangue, conferisce al pericardio
un caratteristico aspetto che è stato descritto da Lenneck di tipo "pane e
burro". Ai depositi di fibrina si associano in genere le alterazioni
dell'infiammazione acuta. Quando l'agente causale è costituito da una infezione
piogenica (streptococco, stafilococco, pneumococco, gonococco) l'infiltrato
pericardico è spesso purulento.
La
pericardite acuta non provoca alterazioni dinamiche a meno che non si produca un
abbondante versamento che è causa di tamponamento cardiaco. Il decorso della
pericardite dipende dalla causa che l'ha determinata e la prognosi può essere:
sfavorevole quando la pericardite è associata a tumori od a malattie del
connettivo o ad uremia oppure favorevole con un decorso benigno, come avviene
nella maggior parte dei pazienti con pericardite da virus o con sindrome
postpericardiotomica. La pericardite acuta può presentarsi come l'unica
localizzazione della malattia oppure essere espressione di una malattia generale
spesso associata a lesione dell'endocardio e del miocardio.
La
sintomatologia è molto variabile e può essere completamente silente in quanto
il pericardio è insensibile agli stimoli dolorosi. Solo la parte inferiore del
pericardio è sensibile al dolore e le fibre sensitive decorrono con i nervi
frenici.
Spesso
può essere evidente una fase prodromica caratterizzata da febbre e dolori
muscolari. Il sintomo caratteristico è rappresentato dal dolore toracico, la
natura del quale varia da paziente a paziente e forse anche in relazione alla
causa. La maggior parte dei casi di pericardite viene riconosciuta per la
presenza di dolore precordiale o di sfregamenti pericardici. Il dolore della
pericardite è abitualmente percepito in sede precordiale e non è
specificamente retrosternale come quello della cardiopatia ischemica; può
essere avvertito anche alla punta della spalla destra o sinistra, fra le scapole
o intorno alle spalle. Esso è acuto e spesso influenzato dal respiro o dai
movimenti del corpo o dalla deglutione.
Il
dolore si accentua se il paziente ruota il tronco o si muove nel letto o giace
in decubito supino, mentre si allevia quando il soggetto è in posizione seduta,
con il torace reclinato in avanti. Tali variazioni in rapporto alla posizione
permettono, in genere, di differenziare il dolore della pericardite da quello
della ischemia miocardica (stenocardia); quest'ultimo, infatti, non è
influenzato dai movimenti (tab.02
Il
dolore pericardico è più frequente in alcune forme che in altre. Nella
pericardite post-infartuale (epistenocardica) il dolore può mancare, mentre
nella sindrome di Dressler, che insorge dopo 10-60 giorni dall'infarto, il
dolore si manifesta regolarmente e talora può simulare una recidiva di infarto.
Mentre nelle pericardite idiopatica e infettiva il dolore è più frequente ed
intenso, nella pericardite uremica molte volte esso non compare. Analogamente,
il dolore non si manifesta in molti pazienti con pericardite tubercolare,
collagenopatia o neoplasia.
Altri
sintomi non specifici sono: la febbre, il malessere generale, il sudore, la
tosse, l'emottisi, un dolore pleuritico quando vi è associata una malattia
polmonare. Quasi tutti i pazienti lamentano un senso di cardiopalmo. Infatti la
pericardite, sia in presenza di versamento cospicuo sia nella forma fibrinosa
(secca), si accompagna a tachicardia compensatoria o, rispettivamente, reattiva.
Il
segno più importante, patognomonico della pericardite acuta è rappresentato
dallo sfregamento pericardico che all'ascolto viene percepito come un rumore
superficiale raspante, come di neve schiacciata, di ampia tonalità, che può
avere da uno a tre componenti corrispondenti alla sistole atriale, alla sistole
ventricolare o al riempimento ventricolare protodiastolico. E' udibile sul
margine sternale sinistro e sul mesocardio, specie in posizione genupettorale;
varia con gli atti respiratori e si percepisce meglio quando il soggetto rimane
con il respiro sospeso ed il diaframma dello stetoscopio viene applicato
fermamente sulla cute.
Lo
sfregamento pericardico è spesso transitorio: la sua assenza non esclude la
diagnosi di pericardite, la sua presenza non esclude la formazione di un
abbondante versamento pericardico. Lo sfregamento pericardico trifasico con le
componenti in sistole atriale, in sistole ventricolare e in diastole
ventricolare è virtualmente diagnostico, tuttavia gli sfregamenti bifasici
devono essere distinti dal rumore che va e viene della malattia valvolare
aortica e lo sfregamento monofasico è spesso scambiato per un soffio sistolico.
Nella diagnosi differenziale si devono prendere in considerazione anche gli
artefatti prodotti dai peli del torace sulla membrana dello stetoscopio ed i
rumori mediastinici.
Le
alterazioni elettrocardiografiche determinate dalla pericardite acuta evolvono
in quattro stadi. Esse sono rappresentate dalla frequenza cardiaca in genere
elevata (tra 90 e 130 batt/min), specie durante la fase acuta, dal ritmo
sinusale (non è stata dimostrata una maggiore incidenza di aritmie neppure
nella forma epistenocardica), dal sottoslivellamento del tratto PR e dal
sopraslivellamento del tratto ST in un numero vario di derivazioni senza
alterazioni speculari (fig.01
Nella
prima fase che si verifica durante le prime ore o dopo tre/quattro giorni
dall'inizio dello stadio infiammatorio e dura solo due o tre giorni, si rileva
il diffuso sopraslivellamento del tratto ST a carico delle tre derivazioni degli
arti e della maggior parte delle derivazioni precordiali (un sottoslivellamento
reciproco può essere osservato in V1 e aVR). Il sopraslivellamento di ST
raramente raggiunge i 5 millimetri e non si osserva il quadro di tipo monofasico,
caratteristico dell'ischemia miocardica acuta. In alcuni casi il segmento J è
depresso e l'onda T è positiva.
Nella
seconda fase, che dura solo pochi giorni si osserva un ritorno alla normalità
del tratto ST e un appiattimento dell'onda T.
Nella
terza fase, le onde T diventano negative in tutte le derivazioni od in quelle
nelle quali si era modificato il tratto ST. Questa fase può durare settimane e
mesi.
Nella
quarta fase, tardivamente e non in tutti i casi, si osserva il ripristino della
normalità o per lo meno il ritorno dell'elettrocardiogramma all'aspetto di
base. Non è sempre possibile riconoscere la successione della quattro fasi, che
possono avere un'evoluzione molto rapida. Il sopraslivellamento del tratto ST
della pericardite acuta può essere distinto da quello che si osserva nel corso
dell'infarto miocardico acuto in quanto non compare l'onda Q di necrosi, il
segmento ST non è concavo verso l'alto ed è assente la contemporanea
inversione dell'onda T. Il sopraslivellamento acuto di ST nell'angina variante o
vasospastica è di breve durata ed è associato con il dolore ischemico anginoso
transitorio (fig.02x).
La
variante elettrocardiografica della ripolarizzazione precoce è di frequente
osservazione nei soggetti giovani, specie di razza nera ed atleti e fra i
soggetti ricoverati nelle istituzioni psichiatriche; detta variante può
simulare le variazioni della pericardite acuta. In questi soggetti la
depressione del segmento PR non è presente ed il quadro elettrocardiografico
non evolve nella maniera caratteristica della pericardite.
Le
alterazioni elettrocardiografiche della pericardite acuta dipendono dalla
infiammazione dell'epicardio. L'epicardio è spesso risparmiato nella
pericardite uremica nella quale la deposizione di fibrina può essere molto
estesa mentre le alterazioni infiammatorie sono minime. In questi casi i segni
elettrocardiografici di pericardite non si manifestano. La comparsa di un blocco
di primo grado o di un blocco di branca suggerisce la presenza di una miocardite
più estesa.
In
assenza di un versamento pericardico o di una grave miocardite, l'ecocardiogramma
e la radiografia del torace rimangono normali.
La
velocità di sedimentazione risulta essere quasi sempre aumentata. E' presente
una leucocitosi precoce, dipendente dall'eziologia e può anche essere evidente
una linfocitosi. Gli enzimi cardiospecifici sono in genere normali, ma possono
essere elevati quando la pericardite è molto estesa. La scintigrafia miocardica
con pirofosfato e tallio può essere positiva quando è associata una
miocardite.
Nella
tab.03
Tra
le malattie del pericardio una forma che arreca grave disturbo è rappresentata
dalla tendenza alle recidive con il quadro clinico della pericardite acuta
ricorrente. Tale evenienza può verificarsi con o senza versamento pericardico e
talvolta è associata a versamento pleurico o a lesione polmonare parenchimale.
Ancora non si conosce la ragione per cui in alcuni casi la pericardite acuta ha
una manifestazione singola a rapida risoluzione mentre in altri casi può
divenire ricorrente, ma tale fenomeno lascia supporre che, almeno in alcune
situazioni, la pericardite acuta sia mantenuta da un processo autoimmune. Le
recidive più o meno frequenti possono verificarsi per molti anni, essere
spontanee o più spesso associate con la diminuzione o l'interruzione della
terapia antinfiammatoria. Quando in associazione compare il versamento
pericardico, la pericardite ricorrente può essere causa di tamponamento
cardiaco.
I
miglior risultati si ottengono con la terapia specifica che ovviamente può
essere attuata solo quando è possibile identificare la causa della pericardite.
Indipendentemente
dalla terapia eziologica specifica, il riposo a letto e la somministrazione di
dosi rebratte di antinfiammatori (acido acetilsalicilico 500 mg, oppure
indometacina 25-50 mg, tre volte al dì) sono indicati nella maggior parte dei
pazienti. Solo raramente è necessario il trattamento con corticosteroidi (prednisone
60 mg al dì per alcuni giorni, da ridurre progressivamente a 40, 20, 10 mg al dì
fino alla sospensione dopo 10-15 giorni).
Le
ricadute sono in genere gravi e richiedono quindi un trattamento terapeutico a
dosi piene; spesso il dolore toracico, la febbre o la dispnea non sono
controllati da forti dosi di farmaci antinfiammatori non steroidei e si richiede
allora la somministrazione di corticosteroidi. Una volta iniziata la terapia
steroidea esiste il pericolo reale di una dipendenza e della comparsa di
anormalità indotte dal trattamento stesso. Quando il medico è costretto a
somministrare farmaci steroidei deve compiere ogni sforzo per stabilire quali
siano le dosi minime che permettono di controllare la pericardite. Nei casi più
difficili, le ricadute avvengono ogni volta che il prednisone viene ridotto al
di sotto dei 5-10 mg/die. Quando ciò si verifica il paziente deve essere
mantenuto per parecchie settimane con le dosi minime sufficienti però ad
impedire la ricaduta. Qualche volta i casi resistenti ai farmaci steroidei
rispondono alla terapia immunosoppressiva, ma tale trattamento non è
desiderabile e quindi dovrebbe essere evitato ed impiegato solo come ultima
risorsa. Quando il trattamento con steroidei e forse quello con
immunosoppressori falliscono, dopo parecchi anni può essere presa in
considerazione la pericardiectomia. Tuttavia occorre tener presente che
quest'ultima non elimina la causa delle ricadute e può essere complicata da
lesioni pleuriche e da manifestazioni polmonari, che rendono necessaria una
terapia medica vigorosa. Pertanto, anche la pericardiectomia costituisce
un'alternativa che deve essere presa in considerazione solo dopo che ripetuti
tentativi di trattamento medico sono risultati essere chiaramente inefficaci.
Complica
la maggior parte delle forme di pericardite, può essere anche di modesta entità
e non produrre effetti emodinamici. Esistono molte sindromi di versamento
pericardico. Ad un estremo vi è il versamento pericardico scoperto casualmente
durante una indagine di routine; all'altro, il versamento pericardico può
causare un tamponamento cardiaco. Il versamento può essere la principale
manifestazione della malattia pericardica o il rilievo incidentale nel corso di
una pericardite acuta, o può complicare la pericardite costrittiva. Un
versamento pericardico può rimanere silente a condizione che non produca altri
segni oltre quelli rilevabili con la radiografia del torace.
Le
cause più comuni del versamento pericardico sono: la pericardite acuta (virale
o idiopatica), neoplastica (in genere di origine broncogena, mammaria,
linfomatosa), post-irradiazione del torace o posttraumatica. Meno frequente è
il versamento pericardico indotto da farmaci o da malattie vascolari del
collageno in particolare dall'artrite reumatoide e dal lupus eritematoso. Il
versamento pericardico è una componente importante della sindrome
post-pericardiotomica ed in molti casi della sindrome di Dressler (tab.01
Non
vi sono sintomi specifici. Anche i segni clinici quali: la quiete precordiale,
una aumentata area di ottusità cardiaca, (ottusità che si estende oltre
l'impulso dell'apice) non sono specifici e raramente sono sufficienti per
formulare la diagnosi di versamento pericardico. Detti segni possono suscitare
il sospetto clinico ma è necessaria la conferma diagnostica dell'ecocardiogramma.
Talvolta, il versamento pericardico viene scoperto per caso con una radiografia
del torace o una ventricolografia radioisotopica o un ecocardiogramma oppure
durante il cateterismo cardiaco.
Si
deve sospettare la presenza di un versamento pericardico: nei soggetti con
cancro del polmone o della mammella, nei pazienti sottoposti ad emodialisi, in
quelli con inspiegabile ingrossamento dell'ombra cardiopericardica, nei soggetti
con aumento della pressione venosa non altrimenti spiegabile. Il versamento
pericardico inoltre deve essere sempre ricercato nei soggetti che presentano
disordini o malattie del pericadio.
L'esame
più specifico e sensibile è quello ecocardiografico che dovrebbe essere
eseguito ogni qualvolta vi sia un ragionevole sospetto di versamento pericardico.
Il liquido pericardico appare sull'ecocardiogramma in M-mode come uno spazio
privo di echi (fig.03
Dall'esame
della cinetica delle pareti cardiache si può arguire se è associato uno
scompenso cardiaco.
Le
alterazioni del quadro radiologico dipendono dalla quantità di liquido
pericardico. Nelle forme fibrinose l'ombra cardiaca può essere del tutto
normale, mentre in quelle con cospicuo versamento essa appare marcatamente
ingrandita con un aspetto che è stato definito a fiasca, a tenda, a caraffa e
che varia con la posizione del torace. Nei soggetti con versamenti cospicui gli
angoli cardiodiaframmatici da acuti diventano ottusi (fig.05
Per
ottenere ulteriori informazioni dall'indagine radiologica si può eseguire un
pneumopericardio diagnostico (insufflando aria nel cavo pericardico dopo
pericardiocentesi) (fig.06
Anche
la tomografia assiale computerizzata (TAC) del torace fornisce informazioni
utili, in particolare nelle forme ad eziologia neoplastica.
Infine,
tra le recenti tecniche diagnostiche di imaging, la risonanza magnetica nucleare
(RMN) è l'unica che permette di visualizzare perfettamente i foglietti
pericardici e di identificarne le alterazioni patologiche.
Le
tre condizioni che ostacolano il riempimento diastolico sono: la pericardite
costrittiva, il tamponamento cardiaco e la cardiomiopatia restrittiva.
L'impedimento al riempimento diastolico si manifesta con riduzione dei volumi
ventricolari, aumento della pressione diastolica ventricolare e riduzione della
distensibilità diastolica (compliance). Conseguentemente si riduce la portata
cardiaca.
Sia
nel tamponamento cardiaco sia nella pericardite costrittiva, il cuore è
circondato o da un liquido pericardico (compressione) a pressione aumentata o da
un guscio fibroso rigido (costrizione). Queste due condizioni cliniche agiscono
sull'organo in toto ed impediscono al cuore di raggiungere le sue dimensioni
diastoliche normali. La natura generalizzata della compressione equilibra le
pressioni di riempimento sui due lati del cuore. Le pressioni diastoliche,
ventricolare destra e ventricolare sinistra, sono uguali tra loro ed alle
pressioni atriali. La compressione cardiaca raramente produce una ipertensione
polmonare reattiva e quindi la pressione diastolica arteriosa polmonare rimane
inalterata come la pressione di riempimento ventricolare sinistro.
Invece
la pressione di riempimento del ventricolo destro, o pressione venosa centrale,
deve aumentare per assicurare il riempimento e mantenere la circolazione. Non può
essere formulata la diagnosi di costrizione pericardica significativa o di
tamponamento, quando la pressione venosa centrale è normale. In entrambe le
condizioni, pericardite costrittiva e tamponamento cardiaco, la portata cardiaca
è diminuita ed il volume telediastolico ventricolare sinistro può scendere a
valori tali (25-30 ml/m elevato alla seconda) che sono inferiori a quelli della
normale gettata sistolica. Quando la gettata sistolica è bassa e fissa,
l'organismo cerca di aumentare la portata cardiaca con una tachicardia
compensatoria mediata dall'aumento del tono simpatico.
La
portata cardiaca già insufficiente a riposo non può essere aumentata in modo
adeguato durante l'attività.
Lo
stesso quadro emodinamico costituito da aumentata pressione diastolica
ventricolare, bassa portata cardiaca ed aumentate resistenze vascolari
sistemiche è tipico anche dello scompenso cardiaco. Tuttavia in quest'ultimo
l'aumentata pressione diastolica ventricolare è manifestazione di insufficienza
sistolica o della con trattilità miocardica, mentre nella pericardite
costrittiva e nel tamponamento cardiaco è prodotta dalla insufficiente
distensione diastolica. Anche la ridotta portata cardiaca nelle compressioni
pericardiche non riflette un'insufficienza della pompa sistolica ma una
riduzione del precarico.
I
tre fattori che determinano il grado di tamponamento pericardico sono: la
quantità del liquido, la velocità con la quale il medesimo si accumula e
l'elasticità del pericardio. Un modesto versamento che si accumula rapidamente
in un sacco pericardico anelastico e rigido, produrrà un grave tamponamento. Al
contrario, un versamento pericardico di 1 o 2 litri può accumularsi lentamente
senza causare tamponamento, provocando la progressiva distensione del sacco
pericardico (fig.03x).
Qualunque
malattia che interessi il pericardio può causare un versamento pericardico ed
il tamponamento può complicare qualsiasi versamento pericardico. Tuttavia le
cause più frequenti sono poche. Il tamponamento acuto è in genere provocato da
un trauma, che può essere iatrogenico o da rottura del cuore o dell'aorta. Il
trauma può essere penetrante o contusivo. La rottura del cuore complica un
infarto miocardico acuto e la rottura dell'aorta può complicare l'aneurisma o
l'ematoma dissecante dell'aorta stessa. Le lesioni iatrogeniche comprendono: la
perforazione delle pareti cardiache durante cateterismo cardiaco o durante
l'impianto di un pacemaker, le lacerazioni cardiache che possono verificarsi
durante i tentativi di pericardiocentesi e la contusione durante le manovre di
resuscitazione.
Il
tamponamento cardiaco subacuto si può verificare in molte condizioni tra le
quali le più frequenti sono: la pericardite idiopatica o virale, le pericarditi
neoplastiche e la malattia pericardica durante la dialisi.
Il
paziente con tamponamento pericardico in genere lamenta i sintomi attribuibili
ad una ridotta portata cardiaca: dispnea, stanchezza, vertigini ed anche
sincopi. Egli può avvertire un dolore retrosternale o senso di pesantezza
dietro lo sterno, talora alleviato mediante la flessione in avanti del busto. A
volte, nei versamenti di lunga durata, può comparire un dolore retrosternale da
sforzo che simula l'angina pectoris. Qualche volta compaiono edemi alle gambe e
versamenti all'addome. Invece la dispnea parossistica notturna e l'ortopnea sono
sintomi rari perché in genere non si verifica una congestione vascolare
polmonare. Infine, il paziente con versamento pericardico molto abbondante può
presentare tosse, disfagia, raucedine o singhiozzo, tutti sintomi attribuibili
all'interessamento delle strutture intratoraciche adiacenti, esofago, nervo vago
o nervo ricorrente laringeo.
All'esame
fisico, il paziente con tamponamento pericardico risulta essere spesso ansioso,
irrequieto e pallido. Egli in genere preferisce stare seduto ed anche piegato
leggermente in avanti. Il polso periferico è rapido e spesso piccolo,
filiforme.
La
pressione arteriosa sistemica è normale o diminuita e, durante l'inspirazione,
cade in modo significativo (superiore a 20 mmHg) e costituisce il cosiddetto
polso paradosso. Questa marcata caduta della pressione sistemica durante
l'inspirazione non è specifica per il tamponamento cardiaco; tale fenomeno può
verificarsi in soggetti con: grave scompenso cardiaco congestizio, malattia
cronica ostruttiva polmonare, ipovolemia, embolia polmonare acuta, shock,
miocardiopatia restrittiva, infarto del ventricolo destro.
La
gravità del polso paradosso può essere riconosciuta dalla scomparsa del polso
all'apice dell'inspirazione. Nella forma meno grave (o subacuta), il polso è
ancora palpabile, anche se ridotto di ampiezza, durante l'inspirazione.
Il
polso può essere assente in caso di shock o è difficile da valutare durante la
tachipnea o in presenza di fibrillazione atriale o di numerose extrasistoli.
La
pressione venosa giugulare è elevata e ciò si può rilevare al letto del
paziente osservando il turgore giugulare del soggetto in decubito semiortopnoico
a 45 gradi. Le vene del collo sono distese e il loro turgore aumenta durante
l'inspirazione. La discesa durante la sistole ventricolare del polso venoso
giugulare viene riconosciuta come una pulsazione negativa del polso venoso
giugulare interno che coincide con il polso carotideo. Tali anormalità con
associate le pressioni diastoliche uguali sui due lati del cuore ed i ridotti
volumi ventricolari, possono essere dimostrate mediante il cateterismo cardiaco.
L'esame
del cuore rivela: toni cardiaci quieti, lontani, deboli, ingrandimento
dell'ottusità cardiaca, talvolta presenza di sfregamenti pericardici,
tachicardia anche quando il paziente è in riposo.
L'elettrocardiogramma
può evidenziare una riduzione di voltaggio del QRS in tutte le derivazioni ed
anormalità non specifiche del tratto ST e dell'onda T. Nei casi più gravi
l'elettrocardiogramma mostra l'alternanza elettrica: sequenza di complessi di
QRS, ampi e piccoli in modo alternante regolare (fig.07
La
diagnosi di tamponamento cardiaco è raramente sicura senza una dimostrazione
ecocardiografica di versamento pericardico. Solo in circostanze eccezionali si
dovrebbe tentare il drenaggio pericardico senza aver ottenuto prima la
documentazione ecocardiografica della presenza di un versamento che confermi un
tamponamento. Nell'ecocardiogramma bidimensionale è di valore diagnostico una
compressione dell'atrio destro e il collasso diastolico del ventricolo destro (fig.08
Poiché
il tamponamento pericardico, da qualunque causa abbia origine, costituisce un
pericolo per la vita, deve essere trattato rapidamente e con efficacia. Tale
trattamento è attuato con la pericardiocentesi mediante aspirazione del liquido
con ago o con il drenaggio pericardico mediante una finestra epicardica creata
attraverso una piccola incisione sotto xifoidea. Il paziente dovrebbe essere
anche trattato con abbondanti infusioni di soluzione fisiologica nel tentativo
di aumentare la pressione di riempimento cardiaco e quindi di aumentare la
portata cardiaca. Le ammine pressorie per il trattamento dell'ipotensione
arteriosa sono di valore scarso o nullo. Quando il tamponamento è stato
risolto, il decorso e la prognosi dipendono dalla causa del versamento
pericardico, la quale deve essere identificata e trattata in modo appropriato.
La
pericardite costrittiva può essere lo stadio finale di parecchi processi che
hanno coinvolto il sacco pericardico.
1)Una
pericardite acuta virale può eventualmente sfociare in fibrosi cicatriziale e
costrizione del pericardio, ma tale evento è piuttosto raro.
2)La
pericardite tubercolare può determinare una costrizione pericardica. Nell'era
pre-antibiotica, la tubercolosi era di gran lunga la causa più comune della
costrizione pericardica, come avviene ancora frequentemente nelle aree
sottosviluppate del mondo.
3)Il
coinvolgimento pericardico da parte delle malattie del connettivo (ad esempio:
artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico e sclerodermia), può
eventualmente determinare una costrizione.
4)I
pazienti con pericardite uremica sviluppano una costrizione.
5)Una
costrizione del pericardio può derivare dalla irradiazione del cuore o dal
coinvolgimento di un tumore maligno, assai spesso di origine polmonare o
mammaria.
6)La
pericardite costrittiva è stata anche descritta nei mesi od anni che seguono un
intervento chirurgico. Infine poichè in molti pazienti la costrizione
pericardica non ha una eziologia riconoscibile, la stessa viene definita
"idiopatica".
Il
paziente con pericardite costrittiva spesso lamenta la comparsa insidiosa e
progressiva del rigonfiamento addominale dovuto all'ascite e di edema
periferico. Può anche avvertire stanchezza o dispnea, entrambe derivate dalla
diminuita portata cardiaca. I sintomi della congestione venosa polmonare, come
ortopnea e dispnea parossistica notturna, sono rari. Le vertigini, o in alcune
occasioni le sincopi, sono rare e possono verificarsi solo occasionalmente. Il
paziente può avere un dolore toracico vago, non specifico.
All'esame
fisico, i polsi periferici sono in genere normali. La pressione arteriosa
sistemica può essere normale o può dimostrare una riduzione della pressione
differenziale inferiore a 30 mmHg e la pressione sistolica può diminuire
marcatamente durante l'inspirazione (polso paradosso). Le vene giugulari sono
distese, con discese X ed Y molto evidenti e la pressione venosa giugulare
aumenta durante l'inspirazione (segno di Kussmaul). Il fegato in genere è
ingrossato ed il versamento ascitico abbondante.
L'esame
del cuore rivela che il primo ed il secondo tono sono quieti ed è presente un
forte tono diastolico, il cosiddetto tono pericardico, che cade da 0,10 a 0,12
secondi dopo il secondo tono.
L'esame
radiologico del paziente con pericardite costrittiva mostra, in genere, un cuore
di volume normale, ma può essere presente anche un ingrossamento della
silhouette cardiaca dovuto ad ispessimento pericardico e versamento
contemporaneo.
In
alcuni soggetti sono presenti estese calcificazioni pericardiche che indicano,
solitamente, una eziologia tubercolare. Le pulsazioni cardiache all'esame
radioscopico risultano essere molto diminuite od assenti. I campi polmonari sono
chiari.
L'elettrocardiogramma
mostra un voltaggio che può essere diminuito in tutte le derivazioni ed
alterazioni non specifiche della ripolarizzazione. Benchè molti pazienti siano
in ritmo sinusale, possono essere presenti extrasistoli atriali ed in alcuni
casi si sviluppa la fibrillazione atriale.
All'ecocardiogramma
M-mode, il pericardio può apparire ispessito e calcificato.
Al
cateterismo cardiaco, le pressioni sinistre e destre risultano essere elevate e
molto simili tra loro. La pressione atriale destra dimostra una discesa X ed una
discesa Y molto pronunciate. Le curve ventricolari destre e sinistre sono
caratterizzate da un rapido e precoce dip diastolico seguito da un plateau
diastolico elevato e costante che rappresenta una pressione telediastolica
elevata (segno della radice quadrata). Questo segno può essere abolito o meno
evidente in presenza di tachicardia. La pressione arteriosa sistolica polmonare
è elevata solo di poco (35-40 mmHg). L'indice cardiaco è diminuito ed il
volume telediastolico ventricolare sinistro è piccolo.
Benché
sia molto difficile o spesso impossibile distinguere la pericardite costrittiva
dalla cardiomiopatia restrittiva, alcune informazioni possono essere utili per
formulare la diagnosi differenziale.
Nel
paziente con pericardite costrittiva, le variazioni respiratorie della pressione
atriale destra, sono, in genere, assenti, mentre possono essere presenti nel
soggetto con cardiomiopatia restrittiva. La pressione arteriosa sistolica
polmonare è quasi sempre inferiore ai 50 mmHg nel paziente con costrizione,
mentre spesso è superiore a 50 mmHg in quello con miocardiopatia restrittiva.
Ugualmente, la pressione capillare polmonare è spesso al di sotto di 18 mmHg
nella pericardite costrittiva, mentre è al di sopra di tale valore nella
cardiomiopatia restrittiva. Infine, il paziente con costrizione pericardica, in
genere presenta un equilibrio delle pressioni di riempimento intracardiaco,
mentre quello con cardiomiopatia restrittiva spesso ha pressioni più elevate
nel ventricolo sinistro e nell'atrio sinistro che nelle camere di destra.
Purtroppo, anche conoscendo tutti questi elementi, è spesso impossibile
distinguere una pericardite costrittiva dalla cardiomiopatia restrittiva ed
allora un'esplorazione chirurgica del pericardio può essere indicata come
procedura sia diagnostica sia terapeutica.
Il
soggetto con pericardite costrittiva dovrebbe essere sottoposto a
pericardiectomia e la causa che ha prodotto la costrizione dovrebbe essere
identificata e trattata in modo appropriato.
Se
è stata identificata l'eziologia tubercolare, il paziente dovrebbe ricevere la
chemioterapia antitubercolare per circa tre settimane prima dell'intervento.
Dopo l'operazione, la chemioterapia deve essere continuata per un anno. In
aggiunta, i farmaci corticosteroidei possono essere efficaci nel trattamento dei
pazienti con pericardite tubercolare, per diminuire l'entità della reazione
infiammatoria.
P.
Rossi
Primario
Divisione di Cardiologia
Ospedale
Maggiore, Novara
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