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SPREAD 2004 - SINTESI

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Ictus cerebrale:

linee guida italiane di prevenzione e trattamento

Sintesi e raccomandazioni

Stesura del 4 marzo 2004 – Stampa del 14 ottobre 2004

Con la collaborazione di:

Associazione Italiana Fisioterapisti (AIFI)Associazione Italiana di Neuroradiologia (AINR)Associazione Nazionale Cardiologi Extraospedalieri (ANCE)Associazione Nazionale Infermieri di Neuroscienze (ANIN)Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI)Federazione Logopedisti Italiani (FLI)Italian College of Applied Molecular Medicine (ICAMM)Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare (SIAPAV)Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE)Società Italiana di Cardiologia (SIC)Società Italiana Cardiologia Ospedalità Accreditata (SICOA)Società Italiana di Diabetologia (SID)Società Italiana di Farmacologia (Sezione di Farmacologia Clinica) (SIF)Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG)Società Italiana di Geriatria Ospedaliera (SIGO)Società Italiana Ipertensione Arteriosa (SIIA)Società Italiana Medicina di Famiglia (SIMeF)Società Italiana di Medicina d’Emergenza–Urgenza (SIMEU)Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione (SIMFER)Società Italiana di Medicina Generale (SIMG)Società Italiana di Medicina Interna (SIMI)Società Italiana di Neurologia (SIN)Società Italiana di Neurochirurgia (SINch)Società Italiana di Neurosonologia ed Emodinamica Cerebrale (SINSEC)Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU)Società Interdisciplinare NeuroVascolare (SINV)Società Italiana per la Prevenzione dell’Ictus Cerebrale (SIPIC)Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPreC)Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN)Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET)Società Nazionale di Aggiornamento Medico Interdisciplinare (SNAMID)Scienze Neurologiche Ospedaliere (SNO)

e di:

Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (ALICE)Associazione per la Lotta alla Trombosi (ALT)

Milano 2004

Pubblicazioni Catel – Hyperphar Group SpA

Aut.Min. 17.837

Copia fuori commercio riservata ai Signori Medici

La pubblicazione del presente volume è stata resa possibile grazie a un contributo educazionale di

Bayer S.p.A.

Autori

Hanno collaborato alla stesura di queste linee guida i seguenti esperti:
Gensini GF Coordinatore
Zaninelli A Vice-coordinatore
Bignamini AA, Ricci S, Sega R Struttura e metodologia;
Introduzione
Gandolfo C, Ciccone A, Carlucci G, Di Pasquale G, Grezzana L, Leonardi M, Basi epidemiologiche ed
Mangiafico S, Menegolli G, Ottonello G, Pantano P inquadramento diagnostico
Sterzi R, Abbate R, Canciani L, Ceriello A, Guidetti D, Leonetti G, Mancuso M, Prevenzione primaria;
Marcucci R, Neri G, Proto C, Rostagno C Fattori di rischio
Inzitari D, Bastianello S, Benericetti E, Corti G, Carlucci G, Casagranda I, Consoli D, Ictus acuto
Consales G, De Gaudio R, Federico F, Filippi A, Frediani R, Micieli G, Paradisi F,
Prisco D, Provinciali L, Raganini G, Re G, Ricci S, Toni D, Toso V, Zaninelli A
Toso V, Bianchi A, Coccheri S, Di Pasquale G, Dilaghi B, Filippi A, Gensini GF, Prevenzione secondaria
Mariani M, Mariotti R, Odero A, Pirrelli S, Romorini A, Stramba-Badiale M
Lanza G, Bonalumi F, Cao P, Leonardi M, Mangiafico S, Novali C, Pratesi C, Terapia chirurgica
Rabbia C, Ricci S, Setacci C
Provinciali L, Binaretti L, Bortone A, Cappa S, Ceravolo MG, Cerri C, Trattamento riabilitativo e
Consolmagno P, Delsanto R, Frediani R, Masotti G, Paolucci S, Perdon L, continuità dell’assistenza
Zampolini M, Zaninelli A
Micieli G, Bottini G, Cerri C, Consoli D, Del Sette M, Di Bari M, Di Piero V, Complicanze
Gandolfo C, Guidetti D, Pantoni L, Paolucci S,Politi PL, Racagni G, Toso V psico-cognitive dell’ictus
Rotilio G, Berni Canani R, Branca F, Cairella G, Fieschi C, Garbagnati F, Gentile MG, Nutrizione e ictus
Gensini GF, Gualtieri A, Luisi MLE, Marcelli M, Masini ML, Mastrilli F, Paolucci S,
Pratesi L, Sacchetti ML, Salvia A, Scalfi L, Scognamiglio U, Strazzullo P
Prisco D, Arbustini E, Mugelli A Ruolo della ricerca
nella prevenzione
Defanti CA, Bignamini AA, Ciccone A, D’Alessandro G, Rota L, Sega R Bioetica
e tutela del cittadino
Galanti C, Chiodo Grandi F, Ciucci G Economia, impiego risorse
Prisco D, Dilaghi B, Chiodo Grandi F, Nozzoli C, Pacciani A, Pizzi A, Vinattieri A Gruppo di revisione
SPREAD 2001
Carlucci G, Bussotti A, De Falco F, Degli Innocenti G, Ferrara A, Gruppo di revisione
Marinelli L, Pescitelli A, Ricci S, Seneghini A, Spolveri S, Toni D, Volpi G Ictus Acuto
Carlucci G, Bignamini AA, Galanti C, Inzitari D, Prisco D, Toni D Coordinamento editoriale
Hyperphar Group SpA - Via G. Pascoli 60 - 20133 Milano Segreteria scientifica
Tel.: 02.70.60.51.79; Fax: 02.26.68.07.27; ed organizzativa
e-mail: info@catel.it

DEFINIZIONI GLOSSARIO

afasia

allineamento posturale

anosognosia

aprassia

attacco ischemico transitorio

—, in crescendo

attività della vita quotidiana

ausili

autonomia

by-pass

crescendo TIA

drop attacks

eminegligenza spaziale unilaterale

ictus

—, in progressione

o in evoluzione

neglect

occlusione carotidea

ortesi

patch

prevenzione primaria

prevenzione secondaria

prevenzione terziaria

protesi

perdita della capacità di esprimere a parole o per iscritto idee coerenti o di capire il linguaggio parlato o di leggere (ne esistono numerose forme).

insieme dei provvedimenti adottati in caso di riduzione o scomparsa della motricità spontanea (da qualsiasi causa sia essa determinata) al fine di conservare il corpo e tutti i suoi segmenti in atteggiamento il più possi-bile corretto, onde prevenire posizioni viziate e quindi modificazioni articolari e muscolo-tendinee che possano, con il tempo, dare rigidità e deformità articolari. Postura = combinazione di lunghezze muscolari (e suoi corre-lati neurofisiologici) che mantiene i diversi segmenti del corpo in una data posizione, sia tra loro sia nello spazio.

mancata consapevolezza della condizione di malattia, in particolare per quanto riguarda il deficit motorio e sensitivo dell’emisoma colpito.

perdita della capacità di eseguire su richiesta particolari gesti o movimenti, senza che vi sia paralisi; in alcuni casi gli stessi gesti possono ancora essere svolti automaticamente.

improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore.

due o più episodi riferibili a TIA in 24 ore o tre o più in 72 ore. È necessaria una completa risoluzione dei sinto-mi tra un TIA e l’altro.

(AVQ; in Inglese: ADL). Operazioni necessarie alla cura di sé. Vengono suddivise in quattro ambiti: alimen-tazione, abbigliamento, igiene personale (locale o generale), trasferimenti. A seconda di quanto il paziente riesce a fare, il suo grado di autosufficienza è più o meno alto.

oggetti più spesso di uso corrente, modificati in modo da permettere la conservazione di una data funzione anche senza richiederne lo svolgimento in modo tradizionale (p.es.: posate con il manico ingrossato, per essere afferrate meglio, leve lunghe al posto di maniglie o rubinetti, ... ).

capacità di attuare processi decisionali, in ordine a degli scopi. Autosufficienza ed autonomia non vanno di pari passo.

pontaggio, mediante impianto di protesi vascolare in materiale autologo o eterologo, per consentire il ripristino del flusso del sangue a valle di un distretto ostruito o stenotico.

vedi in crescendo, sotto attacco ischemico transitorio

improvvise cadute a terra non accompagnate da altri disturbi come perdita o sospensione di coscienza.

(neglect) mancanza di consapevolezza o di attenzione per un lato del corpo o dello spazio o per gli eventi che si verificano da un lato del corpo (di solito a sinistra).

improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale (coma) delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale:

ictus con peggioramento del deficit neurologico attribuibile ad estensione della lesione cerebrale nell’arco di ore o giorni dall’insorgenza dei primi sintomi.

vedi eminegligenza spaziale unilaterale

assenza di flusso lungo la carotide interna all’angiografia, e/o di segnale al Doppler. Vedi anche sotto alla voce stenosi carotidea.

elementi o insieme di elementi organizzati in una “struttura”, destinati a rendere più funzionale una parte o tutto il corpo, in modo da limitare od evitare perdite di autosufficienza (p.es. bastone, carrozzina, doccia fun-zionale per avambraccio, ...).

materiale autologo o eterologo, interposto in un tratto di parete vascolare, per modificarne, in genere ampliarne, la superficie.

prevenzione dell’evento ictus in soggetti che non hanno mai subito questo evento.

l’espressione prevenzione secondaria indica tutte le misure terapeutiche che si prendono dopo un ictus ed un TIA, per combatterne la ripetizione. Essa comprende anche i provvedimenti consigliabili nelle ore immediata-mente successive all’evento ictale, nonché i provvedimenti atti a prevenire o ridurre l’invalidità da ictus.

termine non utilizzato in queste linee guida

insieme di elementi organizzati in una “struttura” destinata a sostituire una parte del corpo.

raccomandazione

—, peso

—, forza (grado)

rieducazione

shunt

stenosi carotidea

—, grado

—, sintomatica —, asintomatica —, intracranica

espressione sintetica di una modifica di abitudini, una decisione diagnostica o terapeutica, finalizzata alla riduzione del rischio e/o dell’impatto dell’ictus.

indicata: tecnica diagnostica o terapia indispensabile in tutti i casi non indicata: tecnica diagnostica o terapia non consigliabili indicata solo: tecnica diagnostica o terapia da adottare in sottogruppi di pazienti (specificandoli) integrativa: tecnica che porta una maggiore conoscenza sulle cause

La forza della raccomandazione esprime in forma sintetica la quantità e qualità della documentazione disponi-bile a supporto, nonché la sua applicabilità. Sinteticamente la relazione tra forza della raccomandazione e livel-lo dell’evidenza viene indicata come segue:

livello tipo di evidenza disponibile

1++ metanalisi di alta qualità e senza disomogeneità statistica; revisioni sistematiche di RCT ciascu-no con limiti fiduciali ristretti, RCT con limiti fiduciali molto ristretti e/o alfa e beta molto piccoli;

1+ metanalisi ben fatte senza disomogeneità statistica o con disomogeneità clinicamente non rile-vanti, revisioni sistematiche di RCT, RCT con limiti fiduciali ristretti e/o alfa e beta piccoli;

2++ revisioni sistematiche di alta qualità di studi caso-controllo o coorte; studi caso-controllo o coorte di alta qualità con limiti fiduciali molto ristretti e/o alfa e beta molto piccoli;
2+ studi caso-controllo o coorte di buona qualità con limiti fiduciali ristretti e/o alfa e beta piccoli;
3 studi non analitici (case reports, serie di casi)
4 opinione di esperti

NOTA: metanalisi con eterogeneità statistiche di rilevanza clinica, revisioni sistematiche di studi con ampi limiti fiduciali, studi con ampi limiti fiduciali e/o alfa e/o beta grande vanno classificati con un segno – (meno).

grado livello dell’evidenza

A almeno una metanalisi, revisione sistematica, o RCT classificato di livello 1++ condotto diretta-

mente sulla popolazione bersaglio; oppure revisione sistematica di RCT o un insieme di evidenze costituito principalmente da studi classi-ficati di livello 1+, consistenti tra loro, e applicabile direttamente alla popolazione bersaglio.

B un insieme di evidenze che includa studi classificati di livello 2++, coerenti tra loro, e diretta-mente applicabili alla popolazione bersaglio; oppure evidenza estrapolata da studi classificati come 1++ o 1+.

C un insieme di evidenze che includa studi classificati di livello 2+, coerenti tra loro e direttamen-te applicabili alla popolazione bersaglio; oppure evidenza estrapolata da studi classificati come 2++

D evidenza di livello 3 o 4; oppure

evidenza estrapolata da studi classificati come 2+; oppure

evidenza da studi classificati come – (meno), indipendentemente dal livello.

❊GPP Good Practice Point: migliore pratica raccomandata sulla base dell’esperienza del gruppo di svi-luppo delle linee guida, non corroborata da evidenze sperimentali.

In queste linee guida si riporta solo la classificazione in gradi. Nel sito (http:www.spread.it) vengono riportati i giudizi ponderati e le tabelle delle evidenze relative alle raccomandazioni riportate

insieme di programmi terapeutici specificatamente diretti alle diverse componenti della disabilità (neuromoto-ria, cognitiva, respiratoria, funzionale, ...)

dispositivo che permette la deviazione (in genere temporanea) e, quindi, il mantenimento del flusso di sangue tra il tratto prossimale e distale di un distretto vascolare, reso esangue per motivi chirurgici.

riduzione del lume dell’arteria carotide, usualmente alla biforcazione e comunque con interessamento della arteria carotide interna nel tratto extracranico, che si assume dovuta alla presenza di una placca ateromasica complicata o non complicata.

grado di riduzione del lume a livello della lesione stenosante, usualmente espressa in percentuale rispetto al diametro del vaso. Vi sono diversi modi di misurazione, comunque espressioni del tipo “stenosi emodinamica-mente significativa” dovrebbero essere abolite, poiché totalmente prive di significato clinico-pratico. Si dovrebbe invece sempre indicare un valore numerico, od un range di valori numerici (p.es: stenosi dell’80%; stenosi severa, tra il 75 ed il 90%).

qualsiasi lesione stenosante dell’arteria carotide interna extracranica in un paziente che ha presentato, da non più di 6 mesi, sintomi clinici ascrivibili ad ischemia dell’emisfero e/o della retina ipsilaterali alla stenosi.

qualsiasi lesione carotidea che non rientri nella definizione di sintomatica (vedi sopra: —, sintomatica). Va sot-tolineato che la sintomaticità di una stenosi è giudicata solo sul piano clinico.

presenza all’angiografia di lesioni stenosanti l’albero carotideo intracranico, di grado tale da ridurre il lume vasale in modo misurabile.

stenosi vertebrobasilare

stent

stroke

—, minor

TIA

TIA in crescendo

vedi sopra alla voce stenosi carotidea, ma nell’albero vertebrobasilare; i criteri di misurazione non sono chiara-mente definiti in letteratura.

dispositivo di materiale metallico, espansibile e resistente, che viene impiantato all’interno di un tratto vasco-lare per garantirne la pervietà.

vedi ictus

ictus con esiti di minima o nessuna compromissione dell’autonomia nelle attività della vita quotidiana (usualmente con Rankin <3).

vedi attacco ischemico transitorio

vedi in crescendo, sotto attacco ischemico transitorio

ABBREVIAZIONI

ADL

EC

FLAIR

ISO

NINDS

PET

RCT

RM

TAO

TC

TEA

TIA

TVP

airway - breating - circulation

activities of daily living; vedi: attività della vita quotidiana in Definizioni

acido acetilsalicilico, Aspirina®

endoarteriectomia carotidea

elettroencefalogramma

fibrillazione atriale

FLuid-Attenuated Inversion Recovery, tecnica di RM

(in inglese: BMI o body mass index) indice di massa corporea (peso in kg diviso il quadrato dell’altezza in metri)

International Standard Organisation,
organizzazione internazionale per la definizione degli standard di riferimento

National Institute of Neurological Disorders and Stroke; Istituto nazionale (USA) per i disturbi neurologici e l’ictus

Organizzazione Mondiale della Sanità

positron emission tomography, tomografia per emissione di positroni

randomised controlled trial, studio randomizzato controllato

risonanza magnetica nucleare

single-photon emission computed tomography, tomografia computerizzata per emissione di fotoni singoli

terapia anticoagulante orale

tomografia computerizzata

tromboendoarteriectomia. Nel contesto di queste linee guida, sinonimo di EC.

transient ischaemic attack. Vedi definizione sotto attacco ischemico transitorio

trombosi venosa profonda

INTRODUZIONE

Queste linee guida di pratica clinica sono state sviluppate per fornire al clinico informazioni e raccomandazioni sul modo più corretto di attuare la prevenzione primaria e secondaria e di gestire la fase acuta dell’ictus.

Queste linee guida non sono solo informative, ma tendenzialmente anche normative, anche se non in maniera vincolante.

Sono state considerate valide le raccomandazioni che:

  • esplicitano tutti i nodi decisionali importanti e i relativi esiti;

  • identificano le migliori “evidenze esterne” riguardanti la prevenzione dell’ictus e ne valutano criticamente l’attendibilità;

    • identificano e tengono nella debita considerazione le relative preferenze che i soggetti in gioco hanno per gli esiti delle decisioni (comprendendo in essi benefici, rischi e costi).

    • Le raccomandazioni sono state definite rilevanti se:
  • esistono ampie variazioni nella pratica clinica corrente;

  • le linee guida contengono nuove evidenze suscettibili di avere un impatto sul trattamento;

    • le linee guida riguardano il trattamento di un numero tale di persone che anche piccoli cam-biamenti nella pratica potrebbero avere un forte impatto sugli esiti o sull’impiego delle risorse.

    • Il quadro etico di riferimento di queste linee guida si è basato su quattro principi fondamentali:

    principio di beneficenza;

    principio di non-maleficenza;

  • principio di rispetto per l’autonomia;

    • principio di giustizia;
      tenendo però conto con pari dignità delle diverse posizioni etiche derivanti delle inevitabili con
      trapposizioni fra etica, economia e diritto che influenzano anche la concezione del rapporto
      medico-paziente.

    • Al momento non sono disponibili in Italia valutazioni affidabili e generali del rapporto costo-effi-cacia per molti dei principali trattamenti e procedure oggetto delle presenti linee guida. Qualora tali studi venissero eseguiti, bisognerà considerare i problemi di stima dei costi:
  • esclusione di fattori di costo rilevanti;

  • inclusione di costi la cui presenza nel progetto appare dubbia;

  • valutazione impropria, o scorretta, dei costi;

  • non adeguata considerazione dell’attualizzazione dei valori di costo;

  • incertezza di stima (analisi di sensibilità);

  • uso improprio dei costi medi;

  • confusione e sovrapposizione tra costi e tariffe.In ogni caso, i costi andranno classificati come costi diretti, indiretti ed intangibili (che insiemecostituiscono il costo totale), in relazione alla misura di efficacia e/o di beneficio definita comeappropriata.

Sintesi 1–1

Sintesi 1–2

Sintesi 1–3

Sintesi 1–4

Sintesi 1–5

Sintesi 1–6

Sintesi 2–1

Sintesi 2–2

Sintesi 2–3

Sintesi 2–6

Sintesi 2–7

Sintesi 2–9

METODI

Queste linee guida sono state sviluppate tramite approccio multidisciplinare, avendo come obiettivo di essere:

  • applicabili alla realtà italiana;

  • basate sull’evidenza quanto meno equivoca possibile;

  • aperte alle acquisizioni più recenti;

  • propositive e dinamiche.

La fonte di evidenza da cui sono state elaborate queste raccomandazioni comprende docu-mentazione disponibile nel Cochrane Database of Systematic Reviews e in Clinical Evidence, documenti reperibili nella letteratura indicizzata in MEDLINE; dati da ricerche italiane e/o interna-zionali direttamente disponibili agli esperti che hanno partecipato alla stesura delle linee guida. Tuttavia, non sono state escluse opinioni documentate su argomenti ancora in sviluppo, identifi-candole chiaramente come tali.

Queste linee guida sono state redatte secondo il formato propositivo-formativo, accompagnan-do le raccomandazioni dogmatiche con la discussione che le ha generate. Queste linee guida intendono aiutare, ma non sostituire, il giudizio clinico caso per caso.

Per ciascuna raccomandazione espressa in queste linee guida si è cercato il consenso formale su:

  • validità;

  • affidabilità;

  • rilevanza clinica;

  • applicabilità;

  • comprensibilità;

  • flessibilità;

  • rispetto delle persone.
    Vengono riportati eventuali dissensi documentati.

La procedura di sviluppo, elaborazione e consenso su queste linee guida si è svolta utilizzando estesamente le tecniche informatiche e ricorrendo a incontri diretti limitati al gruppo dei respon-sabili, a singole aree di lavoro o plenari, nei momenti decisionali.

Queste linee guida intendono essere uno strumento di pratica applicabilità, quindi sono state considerate per ciascuna raccomandazione:

  • flessibilità;

  • chiarezza;

  • minima intrusione nella pratica clinica.

La decisione consapevole di non attenersi alle raccomandazioni non può rappresentare causa specifica di responsabilità nei confronti dell’operatore. Tuttavia, nelle normali circostanze, atte-nersi alle raccomandazioni di una linea guida costituisce il metodo più efficiente di operare.

Si intende dare massima diffusione a queste linee guida tramite:

  • pieghevole di consultazione immediata contenente le raccomandazioni essenziali;

  • sintesi delle raccomandazioni in scenario medico concreto;

  • volume completo contenente tutto il materiale sviluppato;

  • documento informatico accessibile tramite consultazione in rete telematica (http://www.spread.it).

Si prevede di sottoporre queste linee guida ad un periodo di conferma pratica di validità su un campione rappresentativo del territorio e della popolazione, con la collaborazione di medici specialisti, di matrice interventistica o chirurgica, e di medicina generale.

EPIDEMIOLOGIA

In Italia l’ictus è la terza (la seconda, stando ad alcune stime) causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, causando il 10-12% di tutti i decessi per anno, e rappresenta la principale causa d’invalidità.

Il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5%, leggermente più alta negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%).

L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni. Il 75% degli ictus, quindi, colpisce i soggetti di oltre 65 anni.

L’ictus ischemico rappresenta la forma più frequente di ictus (80% circa), mentre le emorragie intraparenchimali sono tra il 15% ed il 20% e le emorragie subaracnoidee circa il 3%.

L’ictus ischemico colpisce soggetti con età media superiore a 70 anni, più spesso uomini che donne; quello emorragico intraparenchimale colpisce soggetti leggermente meno anziani, sem-pre con lieve prevalenza per il sesso maschile; l’emorragia subaracnoidea colpisce più spesso soggetti di sesso femminile, di età media sui 50 anni circa.

Ogni anno si verificano in Italia (dati sulla popolazione del 2001) circa 194·000 ictus, di cui l’80% sono nuovi episodi (155·000) e il 20% recidive, che colpiscono soggetti già precedentemente affetti (39·000).

Si calcola che l’evoluzione demografica porterà, in Italia, se l’incidenza rimane costante, ad un aumento di casi di ictus, che nel 2008 saranno 207·000 circa, di cui l’80% nuovi episodi e il 20% recidive.

Il numero di soggetti che hanno avuto un ictus (dati sulla popolazione del 2001) e ne sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è calcolabile, in Italia, in circa 907·000.

Nel 2008 si può ipotizzare che i soggetti affetti da ictus saliranno in Italia, ad incidenza e mortali-tà costanti, a circa 955·000.

La mortalità acuta (30 giorni) dopo ictus è pari a circa il 20% mentre quella ad 1 anno ammonta al 30% circa; le emorragie (parenchimali e sub-aracnoidee) hanno tassi di mortalità precoce più alta (30% e 40% circa dopo la prima settimana; 50% e 45% ad 1 mese).

Ad 1 anno circa dall’evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravviventi ad un ictus – indi-pendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità ele-vato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti.

Sintesi 4–1

Sintesi 4–2

Sintesi 4–3

Sintesi 4–4

Sintesi 4–5

Sintesi 4–6

Sintesi 4–7

Sintesi 4–8

Sintesi 4–9

Sintesi 4–10

Sintesi 4–11

Sintesi 5–1

Raccomandazione 5.1 Grado C

Raccomandazione 5.2 Grado D

Sintesi 5–2

Raccomandazione 5.3 Grado D
Raccomandazione 5.4 Grado D
Raccomandazione 5.5 Grado D
Raccomandazione 5.6 Grado D
Raccomandazione 5.7 Grado D

Sintesi 5–3

Sintesi 5–5

Sintesi 5–7

Sintesi 5–8

Sintesi 5–9

Raccomandazione 5.8 Grado D
Raccomandazione 5.9 Grado D
Raccomandazione 5.10 Grado D

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO

L’importanza della diagnosi patogenetica di TIA o ictus è strettamente connessa alla possibilità di fare prevenzione secondaria e prognosi. La diagnosi integra dati clinici e strumentali.

Sulla base della definizione indicata dall’OMS il TIA è caratterizzato dalla «improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo, attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore.» Non è indicato definire come TIA la perdita di coscienza, le vertigini, l’amnesia globale transitoria, i drop attacks, l’astenia generalizzata, lo stato confusionale, l’incontinenza sfinterica, quando rappresentano l’unico sintomo dell’attacco.

Le diagnosi di TIA e di ictus sono diagnosi cliniche. Tuttavia una TC o una RM sono indi-cate per la diagnosi differenziale con altre patologie che possono mimare il TIA o l’ictus.

L’emorragia subaracnoidea spontanea è dovuta nell’85% dei casi a rottura di un aneurisma arterioso.

Al fine di effettuare una diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed ictus emorragico, è raccomandato effettuare, nel più breve tempo possibile, una TC o una RM dell’encefalo, per i risvolti terapeutici che ne conseguono.

Il monitoraggio ECG delle 24 ore secondo Holter è indicato solo nei pazienti con TIA o ictus in cui si sospetti la natura cardioembolica o qualora non sia emersa una causa defi-nita di tali eventi.

L’ecocardiografia transtoracica è indicata solo in caso di sospetto clinico-anamnestico di malattia cardiaca.

Nel TIA o nell’ictus, in cui si sospetti un’origine cardioembolica, l’ecocardiografia trans-esofagea è indicata solo nei pazienti ≤45 anni e qualora non vi siano cause evidenti del-l’evento ischemico, o evidenze strumentali di malattia dei vasi cerebrali, o fattori di rischio maggiori.

Nei pazienti con storia di un unico episodio di TIA o ictus la tomografia computerizzata è indicata per documentare la presenza di una lesione, la natura ischemica di questa, la sua sede ed estensione, la congruità con la sintomatologia clinica.

La leucoaraiosi non è un reperto specifico, anche se viene più frequentemente osservata in pazienti con fattori di rischio per malattie cerebro-vascolari, in particolare l’ipertensione.

La RM può evidenziare la presenza di infarti silenti che rappresentano un marker di rischio per ictus.

Nei pazienti con pregressi TIA e/o ictus la RM presenta vantaggi rispetto alla TC, soprattutto nell’identificazione di lesioni di piccole dimensioni e localizzate in fossa cranica posteriore.

Nei pazienti con pregressa emorragia intraparenchimale l’accumulo di emosiderina rimane un marcatore indelebile alla RM, in grado di documentare l’avvenuto sanguinamento, la sua sede e la sua estensione.

L’esame angiografico trova maggiori indicazioni nei pazienti in età pediatrica o giovanile con ischemia cerebrale per la prevalenza in questi casi di una eziologia arteritica intracranica rispetto alla eziologia aterosclerotica epiaortica.

Nel sospetto di una patologia aterosclerotica del circolo posteriore può essere indicato uno stu-dio morfologico sia delle arterie vertebrali alla loro origine (sede più frequente di lesioni steno-santi) sia del circolo intracranico basilare (sede di lesioni aterosclerotiche alla giunzione vertebro-basilare) ottenibile con esame angiografico, qualora sia disponibile l’organizzazione e la compe-tenza per poter procedere ad una trombolisi loco-regionale.

Lo studio angiografico nei pazienti con sospetta vasculite intracranica o con sospetta patologia non aterosclerotica di tronchi epiaortici (dissezione, malformazioni vascolari, varianti anatomiche) sembra consentire una migliore accuratezza diagnostica rispetto alle altre tecniche non invasive.

L’angiografia del circolo intracranico rappresenta il gold standard per lo studio della patologia aneurismatica cerebrale responsabile di emorragia sub-aracnoidea. È indicata in tutti i pazienti con emorragia sub-aracnoidea candidati a un intervento chirurgico od endovascolare.

L’EEG è indicato nei pazienti con presentazione a tipo TIA o ictus, quando si sospetti la natura epilettica del disturbo focale in esame.

Lo studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici è indicato nei soggetti con TIA o ictus recente per un migliore inquadramento eziopatogenetico.

Lo studio di una stenosi carotidea ai fini della valutazione chirurgia o di terapia endovascolare deve essere affidata in prima istanza a metodiche non invasive (ecotomografia carotidea, angio-RM, angio-TC). Lo studio angiografico può essere indicato in caso di discordanza tra i risultati forniti dalle metodiche non invasive, quando esista il sospetto di una prevalente patologia atero-sclerotica a carico delle principali arterie intracraniche ed in particolare del circolo vertebro-basi-lare (esame velocitometrico Doppler trans-cranico, angio-RM), quando esami angio-RM o angio-TC risultino viziati da artefatti o siano di difficile esecuzione.

Lo studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici è indicato nella valutazione della stenosi carotidea ai fini della scelta terapeutica in senso chirurgico quale indagine conclusiva e quindi sostitutiva dell’angiografia, dopo averne verificato l’accuratezza, eventualmente completata con i dati di altre tecniche non invasive di neuroimmagine (angio-RM; angio-TC).

Lo studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici è indicato nei pazienti che devono subire un intervento di chirurgia cardiovascolare maggiore quale studio preliminare per la valu-tazione del rischio di eventi ischemici cerebrali in rapporto alla presenza di stenosi caro-tidee.

Lo studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici è indicato nei pazienti operati di trom-boendoarteriectomia carotidea entro i primi tre mesi dall’intervento, a nove mesi ed in seguito annualmente, per la valutazione della recidiva di stenosi.

Lo studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici in soggetti asintomatici è indicato:

  • quando vi sia un reperto di soffio sui vasi epiaortici di genesi non cardiaca;

  • in soggetti appartenenti a popolazioni con elevata probabilità di stenosi carotidea (arteriopatici con claudicatio, coronaropatici documentati, soggetti di età superiore ai 65 anni con fattori di rischio multipli).

In assenza di evidenze conclusive sulla predizione dell’esito clinico, le caratteristiche morfologi-che della placca carotidea non hanno per ora un valore prognostico definito.

Lo studio con Doppler transcranico è integrativo nei pazienti con TIA o ictus recente per la documentazione di stenosi dei vasi intracranici, di processi di ricanalizzazione, di cir-coli collaterali intracranici, della riserva cerebrovascolare e di placche embolizzanti.

Lo studio con Doppler transcranico è integrativo nei pazienti candidati alla endoarte-riectomia carotidea per la valutazione preoperatoria ed il monitoraggio intraoperatorio.

Lo studio con Doppler transcranico è indicato nei soggetti con sospetto shunt cardiaco destro-sinistro come sostitutivo dell’ecocardiografia transesofagea nella rilevazione del difetto.

Lo studio con Doppler transcranico è indicato nei soggetti con emorragia subaracnoi-dea per la valutazione di eventuali fenomeni di vasospasmo.

La coronarografia è indicata nei pazienti candidati all’endoarteriectomia carotidea con evidenza clinica o ai test strumentali non invasivi di coronaropatia ad alto rischio.

Nei pazienti candidati all’endoarteriectomia carotidea con grave coronaropatia associata è indicato valutare l’opportunità di un intervento di rivascolarizzazione coronarica dando precedenza all’intervento nel distretto sintomatico, o simultaneamente alla chirurgia caro-tidea.

Sintesi 5–10

Raccomandazione 5.11 Grado B
Raccomandazione 5.12 Grado D
Raccomandazione 5.13 Grado D
Raccomandazione 5.14 Grado D

Sintesi 5–11

Raccomandazione 5.15 Grado D
Raccomandazione 5.16 Grado D
Raccomandazione 5.17 Grado D
Raccomandazione 5.18 Grado D
Raccomandazione 5.19 Grado D
Raccomandazione 5.20 Grado D

Sintesi 6–1

Sintesi 6–2 a

Sintesi 6–2 b

Sintesi 6–3 b

Sintesi 6–4

Sintesi 6–6

FATTORI DI RISCHIO

Gli studi epidemiologici hanno individuato molteplici fattori che aumentano il rischio di ictus. Alcuni di questi fattori non possono essere modificati, principalmente l’età, costituiscono tuttavia importanti indicatori per definire le classi di rischio. Altri fattori possono essere modificati con misure non farmacologiche o farmacologiche. Il loro riconoscimento costituisce la base della prevenzione sia primaria sia secondaria dell’ictus.

I fattori di rischio modificabili ben documentati sono:

  • ipertensione arteriosa;

  • alcune cardiopatie (in particolare, fibrillazione atriale);

  • diabete mellito;

  • iperomocisteinemia;

  • ipertrofia ventricolare sinistra;

  • stenosi carotidea;

  • fumo di sigaretta.

Gli attacchi ischemici transitori costituiscono un fattore di rischio ben documentato per evenienza di ictus.

Sono stati descritti altri fattori che probabilmente aumentano il rischio di ictus ma che al momento non appaiono completamente documentati come fattori di rischio. Fra questi:

  • dislipidemia;

  • alcune cardiopatie (forame ovale pervio, aneurisma settale);

  • placche dell’arco aortico;

  • uso di contraccettivi orali;

  • eccessivo consumo di alcool;

  • ridotta attività fisica;

  • emicrania;

  • anticorpi antifosfolipidi;

  • fattori dell’emostasi;

  • infezioni;

  • uso di droghe.

L’ipercolesterolemia è da considerare il più importante fattore di rischio modificabile per la malat-tia coronarica, mentre l’associazione con l’ictus resta non del tutto definita.

L’età è il maggiore fattore di rischio per l’ictus. L’incidenza di ictus aumenta con l’età e, a partire dai 55 anni, raddoppia per ogni decade. La maggior parte degli ictus si verifica dopo i 65 anni.

È possibile che venga ereditata una predisposizione ad essere colpiti da ictus. Il ruolo dei fattori genetici nella determinazione del rischio di ictus non è tuttora definito.

I fattori di rischio interagiscono in modo fattoriale e non semplicemente additivo e il rischio di morte per ictus aumenta all’aumentare del numero dei fattori, anche quando il rischio attribuibile a ciascuno di essi sia limitato.

PREVENZIONE PRIMARIA

Sono indicate per tutti, ma specialmente per le persone a rischio, una opportuna infor-mazione sull’ictus ed una educazione a stili di vita adeguati in quanto è dimostrato che possono produrre una diminuzione dell’incidenza e della mortalità.

La cessazione del fumo di sigaretta riduce il rischio di ictus, pertanto è indicata nei sog-getti di qualsiasi età e per i fumatori sia moderati che forti.

In caso di eccessiva assunzione di alcool, è indicata una riduzione del suo consumo a non più di due bicchieri di vino per giorno o quantità di alcool equivalenti negli uomini, e a non più di uno nelle donne.

L’attività fisica di moderata intensità (passeggiata a passo spedito alla velocità di 10-12 minuti per chilometro) è indicata per almeno 30 minuti nella maggior parte dei giorni a settimana, in quanto associata ad una riduzione dell’incidenza di ictus.

È possibile ridurre il rischio di ictus, modificando lo stile alimentare.

In particolare alcuni nutrienti sono associati ad un aumento del rischio di ictus ischemico:

  • sodio: associato ai valori pressori, potrebbe avere anche un ruolo diretto sulla patogenesi dell’ictus.

    • grassi saturi: i dati non sono univoci, ma elevati consumi sono sicuramente associati a fattori di rischio correlati (iperlipidemia, obesità, ipertensione).

    • Per alcuni nutrienti è stata messa in luce un’azione protettiva:
  • grassi insaturi: l’effetto protettivo è documentato in relazione al consumo sia di monoinsaturi (acido oleico), sia di poliinsaturi (acido linoleico e omega-3), e potenziato se la dieta è povera in grassi saturi.

  • fibra alimentare: il ruolo positivo è documentato negli uomini, in particolare in soggetti iperte-si, e richiede ulteriori chiarimenti.

  • potassio, magnesio e calcio: esiste una correlazione inversa tra il rischio di ictus e il consumo di questi minerali, attraverso un’azione per lo più mediata dalla pressione arteriosa.

  • antiossidanti: un equilibrato apporto di antiossidanti media un effetto protettivo in particolar modo associato al consumo di vitamina C, di b-carotene e di vitamina E; eventuali supple-mentazioni non sembrano invece migliorare il quadro del rischio.

  • folati, vitamina B6 e vitamina B12: adeguati apporti tramite la dieta esercitano un positivo effetto protettivo, mediato dalla riduzione dei livelli di omocisteina. Sono consigliate supple-mentazioni nei casi di iperomocisteinemia.

Sono indicati i seguenti obiettivi nutrizionali specifici per la popolazione generale:

  • è indicato ridurre l’apporto di sale nella dieta a non oltre i 6 grammi di sale (2,4 g di sodio) al giorno. L’obiettivo può essere raggiunto evitando cibi ad elevato contenuto di sale e non aggiungendo sale a tavola.

  • è indicato ridurre il consumo di grassi e condimenti di origine animale, sostituendoli con quelli di origine vegetale (in particolare olio di oliva) e utilizzando i condimenti pre-feribilmente a crudo.

  • è indicato consumare pesce 2-3 volte la settimana (complessivamente almeno 400 g), quale fonte acidi grassi poliinsaturi.

  • è indicato consumare più porzioni di frutta e verdura al giorno, pari almeno a 400-500 g, e con regolarità cereali integrali e legumi quali fonti di fibra alimentare, vitamine, folati e minerali (potassio, magnesio e calcio).

  • è indicato consumare regolarmente latte e alimenti derivati, scegliendo prodotti con basso contenuto lipidico.

Il trattamento dell’ipertensione arteriosa sia sistolica che diastolica riduce il rischio di ictus indipendentemente dall’età del soggetto, dal grado di ipertensione e dallo stato di rischio cardiovascolare globale, pertanto è indicato in tutti gli ipertesi. L’obiettivo indica-to dalle linee guida 2004 ESH-ECS è una pressione <130 e <80 mm Hg nei diabetici, e almeno <140 e <90 mm Hg – o decisamente più bassa se tollerata – in tutti i soggetti ipertesi.

Nei soggetti anziani con ipertensione sistolica isolata è indicato il trattamento con far-maci antipertensivi, preferenzialmente i diuretici ed i calcio antagonisti diidropiridinici a lunga durata di azione.

In pazienti ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra, è indicata la prevenzione primaria mediante farmaci attivi sul sistema renina-angiotensina, come losartan a preferenza di atenololo.

Raccomandazione 7.1 Grado D
Raccomandazione 7.2 Grado D
Raccomandazione 7.3 Grado D
Raccomandazione 7.4 Grado D

Sintesi 7–1

Raccomandazione 7.5

a (Grado D)

b (Grado D)

c (Grado D) d (Grado C)

e (Grado D) Raccomandazione 7.6 a Grado A

Raccomandazione 7.6 b Grado A

Raccomandazione 7.6 c Grado C Raccomandazione 7.10 a Grado B
Raccomandazione 7.6 d Grado B
Raccomandazione 7.7 Grado B
Raccomandazione 7.8 a Grado D
Raccomandazione 7.8 b Grado A
Raccomandazione 7.8 c Grado A

Raccomandazione 7.10 b Grado A

Raccomandazione 7.11 a Grado D

Raccomandazione 7.11 b Grado A

Raccomandazione 7.12 Grado C

Raccomandazione 7.13 ❊GPP

Per la prevenzione primaria dell’ictus cerebrale ischemico nei pazienti ad elevato rischio trombotico (storia di coronaropatia, vasculopatia periferica, o diabete mellito associato ad un altro fattore di rischio come l’ipertensione, livelli elevati di colesterolemia totale, bassi livelli di colesterolo HDL, fumo o microalbuminuria) è indicato il trattamento con ramipril raggiungendo progressivamente il dosaggio di 10 mg/die.

Nel paziente con fibrillazione atriale associata a valvulopatia è indicata la terapia anti-coagulante mantenendo un INR 2-3 indipendentemente da altri fattori di rischio.

Nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare è indicato in primo luogo considerare la possibilità di una conversione a ritmo sinusale.

Nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare di età compresa fra 65 e 75 anni è indicata la terapia anticoagulante mantenendo un INR 2-3, purché il paziente non pre-senti rischi emorragici.

Nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare di età superiore a 75 anni e con fattori aggiuntivi di rischio tromboembolico (diabete, ipertensione arteriosa, scompenso cardia-co, dilatazione atriale sinistra, disfunzione sistolica ventricolare sinistra), è indicata la terapia anticoagulante orale (INR 2-3). Poiché tale trattamento nell’anziano può associar-si ad una più elevata frequenza e gravità di complicanze emorragiche, specie intracrani-che, l’indicazione va posta dopo un’attenta valutazione del singolo caso.

In alternativa alla terapia anticoagulante è indicato l’ASA (325 mg/die), che risulta prov-visto di efficacia, sia pure in misura inferiore, nelle seguenti condizioni:

  • nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare di età superiore a 65 anni, in cui sia controindicata la terapia anticoagulante orale;

  • nel paziente di età superiore a 75 anni in cui si ritenga prevalente il rischio emorragico su quello trombo-embolico;

  • nei casi in cui sia prevedibile una scarsa compliance o vi siano difficoltà di accesso a un monitoraggio affidabile.

Nei pazienti di età inferiore ai 65 anni e con fibrillazione atriale non valvolare isolata, in considerazione del basso rischio embolico non è indicato alcun trattamento profilattico. In presenza di fattori di rischio embolico aggiuntivi, questi dovranno essere valutati nel caso singolo, al fine di instaurare una profilassi farmacologica con ASA o con anticoagu-lanti orali.

Nei soggetti con protesi valvolari cardiache meccaniche è indicata la terapia anticoagu-lante mantenendo un INR 2,5-3,5 (INR 3-4 nelle vecchie protesi a palla o a disco ingab-biato).

Agli effetti della prevenzione dell’ictus, il trattamento dell’ipercolesterolemia con le stati-ne è indicato nei pazienti coronaropatici.

Agli effetti della prevenzione dell’ictus, il trattamento con simvastatina 40 mg/die è indi-cato nei pazienti ad alto rischio per patologie vascolari.

Agli effetti della prevenzione dell’ictus, il trattamento con atorvastatina 10 mg/die è indi-cato nei pazienti ipertesi con almeno tre altri fattori di rischio per patologie vascolari.

Il riconoscimento e la terapia del diabete mellito sono indicati per la riduzione del rischio di ictus.

Nei pazienti diabetici di età superiore ai 30 anni con un fattore di rischio aggiuntivo, è indicato l’uso dell’ASA in prevenzione primaria.

La terapia antitrombotica nei pazienti con anticorpi antifosfolipidi è indicata solo in pre-senza di storia di eventi su base trombotica.

Per quanto la presenza isolata di placche dell’arco aortico sia da considerare un fattore di rischio per l’ictus, in mancanza di prove di efficacia, al momento attuale non è indica-to il trattamento antitrombotico.

ICTUS ACUTO: FASE PREOSPEDALIERA E RICOVERO

È indicata una campagna d’informazione sull’ictus cerebrale acuto per la popolazionegenerale ed in particolare per i soggetti a maggior rischio.

Nel sospetto clinico di ictus è indicato l’invio immediato in Pronto Soccorso, ove neces-sario con un mezzo di soccorso (118).

È indicato che il personale dei mezzi di soccorso raccolga dal paziente o dai familiari leinformazioni utili ad una precoce diagnosi differenziale, alla definizione dei fattori dirischio e alla precisa determinazione dell’ora di inizio dei sintomi.

È indicato che il personale dei mezzi di soccorso riceva uno specifico addestramentosul riconoscimento precoce dei segni dell’ictus e sulla gestione del paziente durante iltrasporto.

È indicato che il personale dei mezzi di soccorso rilevi eventuali traumi, escluda condi-zioni a rischio per la sopravvivenza del paziente ed esegua un primo inquadramento dia-gnostico, effettuando le seguenti valutazioni:1.ABC (airway, breathing, circulation);2.parametri vitali (respiro, polso, PA, saturazione O2);3.Glasgow coma scale (GCS);4.Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS).

Il primo approccio assistenziale indicato durante il trasporto consiste in:1.assicurare la pervietà delle vie aeree,2.somministrare ossigeno e cristalloidi se necessario,3.proteggere le estremità paralizzate, per evitare traumi durante il trasporto.

È indicato che il personale dei mezzi di soccorso preavvisi il Pronto Soccorso dell’immi-nente arrivo di un paziente con sospetto ictus.

Poiché non tutti i presidi ospedalieri offrono gli stessi standard diagnostici e/o assisten-ziali è indicato che l’autorità sanitaria locale provveda a fornire chiare istruzioni al perso-nale dei mezzi di soccorso perché il ricovero venga effettuato presso la struttura più ido-nea.

In attesa dei mezzi di soccorso non è indicato alcun intervento terapeutico domiciliare,se non per favorire la normale respirazione se necessario

È indicato evitare i seguenti interventi terapeutici:

  • la somministrazione di ipotensivi, specie quelli ad azione rapida;

  • la somministrazione di soluzioni glucosate, a meno che vi sia ipoglicemia;

  • la somministrazione di sedativi se non strettamente necessario;

  • l’infusione di eccessive quantità di liquidi.

Nel caso di un attacco ischemico transitorio (TIA) recente, definito con sufficiente grado di certezza, la valutazione immediata in ospedale è sempre consigliabile ed il ricovero è indicato quando gli attacchi siano subentranti o di durata superiore ad un’ora o quando sia nota una possibile fonte embolica (arteriosa o cardiaca).

Qualora non sia ospedalizzato, è indicato che il paziente con TIA recente venga comun-que sottoposto a tutte le indagini di laboratorio o strumentali necessarie per la definizio-ne della patogenesi nel più breve tempo possibile (24-48 ore).

I motivi per il non ricovero di un paziente con sospetto ictus possono essere i seguenti:

  1. rifiuto da parte del paziente (o familiari, se il paziente non può esprimersi);

  2. ictus con probabile esito infausto a brevissimo termine;

  3. concomitanza di gravi patologie con prognosi infausta a brevissimo termine;

  4. inopportunità del ricovero per prevedibile comparsa di ripercussioni negative sul paziente.

Nei pazienti con ictus che non vengono ricoverati è indicato garantire comunque:

  • il controllo e il mantenimento di valori adeguati di temperatura corporea;

  • il monitoraggio e il mantenimento di valori adeguati di glicemia;

  • la diuresi, con cateterizzazione vescicale solo se necessario;

  • la sorveglianza sulla possibile insorgenza di episodi infettivi;

  • uno stato nutrizionale adeguato;

  • l’integrità della cute, prevenendo i decubiti;

  • la profilassi della trombosi venosa profonda;

  • la migliore profilassi secondaria possibile;

  • sostegno psicologico ai pazienti ed ai caregiver.

Raccomandazione 8.1 Grado D
Raccomandazione 8.2 Grado C
Raccomandazione 8.3 Grado D
Raccomandazione 8.4 Grado D
Raccomandazione 8.5 Grado D
Raccomandazione 8.6 Grado D
Raccomandazione 8.7 ❊GPP
Raccomandazione 8.8 ❊GPP
Raccomandazione 8.9 Grado D

Raccomandazione 8.10

a (Grado D)

b (Grado D) c (❊GPP) d (❊GPP)

Raccomandazione 8.11 Grado D

Raccomandazione 8.12 Grado D

Sintesi 8–1

Raccomandazione 8.13 Grado D

Sintesi 8–2

Sintesi 8–3

Sintesi 8–4

L’ictus è un’urgenza medica che merita un ricovero immediato in ospedale come suggerito dal documento di Helsingborg e da molte linee guida. Il paziente con ictus va sempre ricoverato perché è solo con gli accertamenti eseguibili in regime di ricovero che si può rapidamente dia-gnosticare sede, natura ed origine del danno cerebrale, oltre che evidenziare e curare eventuali complicanze cardiache, respiratorie e metaboliche.

Sono tre i tipi di strutture specifiche per l’assistenza all’ammalato con ictus:

  • la struttura solo per acuti in cui la degenza è molto breve con rapidi trasferimenti;

  • la struttura che combina l’assistenza in acuto con la riabilitazione e dove la dimissione avvie-ne con un programma di riabilitazione e di prevenzione secondaria;

    • la struttura solo riabilitativa, che riceve pazienti esclusivamente con esiti di ictus e stabilizzati. Ospedali privi di un’area dedicata all’ictus, si possono dotare di un team itinerante, composto da un medico e da personale infermieristico, rintracciabile 24 ore su 24 con una chiamata telefonica.

    • L’ospedale che riceve malati con ictus dovrebbe assicurare:
  • TC disponibile 24 ore su 24;

  • laboratorio sempre funzionante per esami ematici, compresi quelli della coagulazione;

  • consulenze cardiologiche e neurologiche immediate.La dotazione strumentale è completata dalla possibilità di studiare con gli ultrasuoni la pervietàdei vasi del collo e intracranici e lo studio delle cavità cardiache. Tuttavia va garantito quale livel-lo minimo di assistenza l’esecuzione di:

  • TC entro 24 ore,

  • valutazione immediata da parte di personale medico esperto nella gestione dell’ictus,

  • valutazione da parte di personale paramedico (terapisti della riabilitazione) entro 24-48 ore.

Per stroke unit si intende una unità di 4-16 letti in cui i malati con ictus sono seguiti da un team multidisciplinare di infermieri, di tecnici della riabilitazione e di medici competenti ed esclusiva-mente dedicati alle malattie cerebrovascolari. Gli aspetti qualificanti delle stroke unit sono: la multiprofessionalità dell’équipe, l’approccio integrato medico e riabilitativo, la formazione conti-nua del personale, l’istruzione dei pazienti e dei familiari.

È auspicabile che in un ospedale di secondo livello gli esami di laboratorio e lo studio radiologi-co con TC e/o RM siano effettuati entro il tempo massimo di 60 minuti dal ricovero e siano pos-sibili gli interventi terapeutici con trombolitici per via generale o locoregionale entro 3 ore dall’e-sordio dei sintomi. La consulenza del neurochirurgo deve essere disponibile nel tempo massimo di due ore.

Altri ospedali dotati di stroke team ma non organizzati per effettuare la terapia trombolitica si debbono limitare alla diagnosi, eventualmente ricorrendo anche alla consulenza di telemedicina, ed alla stabilizzazione del paziente. Comunque è auspicabile che venga previsto anche un tra-sporto rapido in ospedali di secondo livello in casi selezionati.

ICTUS ACUTO: FASE DI OSPEDALIZZAZIONE (DIAGNOSI)

L’approccio clinico al paziente con sospetto ictus cerebrale che arriva in ospedale deve essere rapido e deve comprendere un esame obiettivo generale, un inquadramento neurologico detta-gliato ed una valutazione cardioangiologica approfondita.

Un inquadramento neurologico precoce e standardizzato è indicato ai fini di una gestio-ne corretta e qualitativamente avanzata del paziente con ictus.

Gli obiettivi dell’inquadramento clinico precoce sono:

  • definire il più accuratamente possibile (approssimazione ±30 min) l’ora di esordio dei sintomi;

  • definire che la causa del deficit neurologico sia di natura vascolare;

  • misurare la gravità del quadro clinico (mediante l’uso di scale neurologiche quali la National Institutes of Health Stroke Scale o la Scandinavian Stroke Scale) a fini prognostici e del moni-toraggio clinico successivo;

  • definire il territorio arterioso (carotideo o vertebrobasilare) ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici;

  • tentare la definizione del sottotipo patogenetico;

  • valutare la potenziale evoluzione spontanea in peggioramento o in miglioramento;

  • definire precocemente il rischio di complicanze mediche o neurologiche e riconoscerle al fine di prevenirle e trattarle adeguatamente;

  • avviare in maniera tempestiva la terapia più appropriata.

È indicato che l’inquadramento neurologico sia effettuato da neurologi specializzati nella gestione dell’ictus o, in assenza di questi, da personale medico esperto.

L’identificazione clinica di un territorio vascolare è indicata perché ha risvolti pratici importanti per quanto riguarda l’iter degli esami strumentali, la correlazione con le infor-mazioni fornite dalle neuroimmagini, l’identificazione dei fattori patogenetici e prognostici e le decisioni terapeutiche, soprattutto in senso chirurgico.

La diagnosi di ictus è probabilistica e può essere probabile o possibile. Vi possono essere anche contemporaneamente due diagnosi probabili se vengono soddisfatti i criteri di probabilità di entrambe.

All’arrivo in ospedale di un paziente con sospetto ictus cerebrale è sempre indicata l’e-secuzione dei seguenti esami di laboratorio: esame emocromocitometrico con piastrine, glicemia, elettroliti sierici, creatininemia, azoto ureico, proteine totali, bilirubina, transami-nasi, tempo di protrombina, APTT.

Nei pazienti con ictus in fase acuta, l’esame del liquido cerebrospinale è indicato solo se sussiste il sospetto clinico di emorragia subaracnoidea e la TC risulta negativa.

La radiografia del torace è sempre consigliata nelle prime ore dopo l’ingresso in ospedale per valutare la presenza di scompenso cardiaco, polmonite ab ingestis o altre patologie cardiache o polmonari che possono complicare il decorso e condizionare il trattamento.

L’elettrocardiogramma è indicato in tutti i pazienti con ictus o TIA che arrivano in Pronto Soccorso.

La TC cerebrale senza contrasto è indicata in urgenza (entro 6 ore nei centri attrezzati e comunque non oltre le 24 ore dall’esordio clinico) per:

  • la diagnosi differenziale fra ictus ischemico ed emorragico ed altre patologie non cere-brovascolari;

  • l’identificazione di eventuali segni precoci di sofferenza ischemica encefalica.

È indicato che la TC cerebrale sia eseguita correttamente in base a parametri tecnici codificati e criteri di posizionamento definiti.

La RM convenzionale in urgenza non fornisce informazioni più accurate della TC.Le tecniche di diffusione e perfusione in RM consentono un più accurato inquadramento pato-genetico e prognostico ed una migliore selezione dei pazienti per terapie mirate.

L’uso delle tecniche di RM funzionali è utile per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici.

Nell’acquisto di nuove macchine di Risonanza Magnetica è auspicabile preventivare la possibilitàdi integrazione per l’applicazione di tecniche di diffusione, perfusione e spettroscopia almeno incentri altamente specializzati.

L’angiografia cerebrale è indicata nelle prime ore di un ictus ischemico solo se rappre-senta il primo passo di un intervento endovascolare di disostruzione arteriosa mediante fibrinolisi locoregionale. Informazioni sulla sede della occlusione vascolare possono infatti essere altrimenti otte-nute con angio-RM o angio-TC (multislice).

Sintesi 9–1

Raccomandazione 9.1 Grado D

Sintesi 9–2

Raccomandazione 9.2 Grado D

Raccomandazione 9.3 Grado D

Sintesi 9–3

Raccomandazione 9.4 Grado D

Raccomandazione 9.5 Grado D

Sintesi 9–4

Raccomandazione 9.6 Grado D
Raccomandazione 9.7 Grado D
Raccomandazione 9.8 ❊GPP

Sintesi 9–5

Sintesi 9–6

Sintesi 9–7

Raccomandazione 9.9 Grado D

Sintesi 9–8

Raccomandazione 9.10 Grado D

Sintesi 9–9

Sintesi 9–10

Il controllo strumentale al di fuori della fase acuta può essere effettuato indifferentemente con TC o RM convenzionale, risultando la RM più utile nel caso di ictus lacunari o con lesioni del troncoencefalo.

La ripetizione della TC senza contrasto è consigliabile entro 48 ore, e comunque non oltre 7 giorni dall’esordio, ed è sempre indicata nel caso di ictus grave, progressivo e qualora si ritenga necessario un chiarimento diagnostico-prognostico.

Nelle fasi immediatamente successive all’ospedalizzazione del paziente con ictus cerebrale, lo studio con ultrasuoni dei vasi precerebrali e cerebrali e l’ecocardiografia transtoracica o trans-esofagea sono utili ai fini di una precoce definizione dei tipi patogenetici, del rischio tromboem-bolico e di decisioni terapeutiche di emergenza. Tuttavia la loro esecuzione in questa fase deve essere decisa in rapporto alla disponibilità e alle indicazioni nel caso specifico. Nella fase di stato tali indagini debbono essere eseguite, seguendo le indicazioni riportate nel capitolo 5 di SPREAD, il più precocemente possibile.

Le tecniche non invasive, Doppler transcranico, angio-RM ed angio-TC sono utili per la defini-zione della sede e del grado della occlusione arteriosa e quindi per una più appropriata selezio-ne dei pazienti da sottoporre a trattamento trombolitico, specialmente se da effettuarsi per via intra-arteriosa. Tuttavia il loro uso appare per ora limitato ai centri altamente specializzati.

ICTUS ACUTO: FASE DI OSPEDALIZZAZIONE (TERAPIA)

La somministrazione di streptochinasi e.v. non è indicata.

Il trattamento con r-tPA e.v. (0,9 mg/kg, dose massima 90 mg, il 10% della dose in bolo, il rimanente in infusione di 60 minuti) è indicato entro tre ore dall’esordio di un ictus ische-mico.

* alcune riserve metodologiche sulla principale fonte di evidenza (studio NINDS) apparse nella letteratura internazionale, hanno indotto una posizione di parziale dissenso sul grado della raccomandazione che, in accordo con i nuovi criteri adottati, sarebbe di grado B anziché A.

L’efficacia del trattamento con r-tPA e.v. diminuisce ma è ancora presente quando la sommini-strazione è effettuata dopo le 3 ore e fino a 4,5 ore dall’esordio dei sintomi, mentre il trattamen-to fra le 4,5 e le 6 ore presenta ancora una efficacia tendenziale ma non più statisticamente significativa.È in corso uno studio randomizzato e controllato, chiamato IST III, che mira a rivalutare su una casistica molto ampia, il rapporto rischio/beneficio del trattamento somministrato fino a 6 ore dall’esordio dei sintomi.

La trombolisi va effettuata in centri esperti, dotati di caratteristiche organizzative che consentano di minimizzare l’intervallo di tempo fra arrivo del paziente e inizio del trattamento, e che assicuri-no una monitorizzazione accurata dello stato neurologico e della pressione arteriosa per le 24 ore successive al trattamento.

La selezione dei pazienti deve essere accurata, secondo criteri di esclusione atti ad ottimizzare il rapporto rischi/benefici del trattamento.

La trombolisi e.v. con t-PA entro 3 ore è approvata come trattamento negli Stati Uniti, in Canada, in Sud America e in maniera condizionale in Europa. La condizione per l’approvazione è che nei prossimi tre anni il farmaco venga somministrato entro 3 ore dall’esordio dei sintomi solo nel contesto di uno studio di fase IV denominato Safe Implementation of Thrombolysis in Stroke-Monitoring Study (SITS-MOST), e nella finestra 3-4 ore solo nel contesto di un nuovo studio randomizzato verso placebo denominato ECASS III.

La trombolisi intrarteriosa in caso di occlusione dell’arteria cerebrale media è indicata entro 6 ore dall’esordio dei sintomi.

La trombolisi e.v., ovvero quella i.a. in centri con provata esperienza di neuroradiologia interventista, è indicata nell’occlusione dell’arteria basilare con una finestra terapeutica fino a 6 ore.

Nei pazienti con trombosi dei seni venosi, la trombolisi selettiva è un trattamento opzionale da considerarsi in caso di inefficacia della terapia anticoagulante con eparina e.v.

L’uso di ancrod nel paziente con ictus ischemico acuto non è indicato.

L’ASA (160-300 mg/die)❊ è indicato in fase acuta per pazienti non selezionati, qualora non sussistano indicazioni al trattamento anticoagulante o trombolitico Il gruppo SPREAD ritiene più adeguato il dosaggio di 300 mg.

L’uso sistematico di eparina non frazionata, eparina a basso peso molecolare, eparinoidi, non è indicato come terapia specifica dell’ictus ischemico.

Il trattamento anticoagulante con eparina e.v. è indicato in pazienti con dissecazione dei grossi tronchi arteriosi ed in quelli con stenosi subocclusiva in attesa di trattamento chi-rurgico.

Il trattamento anticoagulante con eparina e.v. è indicato in pazienti con trombosi dei seni venosi.

L’uso di farmaci neuroprotettori non è indicato nel trattamento dell’ictus ischemico acuto.

I corticosteroidi non sono indicati nel trattamento dell’ictus ischemico acuto.

I diuretici osmotici (mannitolo, glicerolo) non sono indicati nel trattamento sistematico dell’ictus ischemico acuto, ma si rimanda alla raccomandazione 11.32 b per quanto con-cerne il trattamento dell’edema cerebrale.

La terapia antitrombotica di prevenzione secondaria in pazienti con ictus acuto va scelta alla luce dell’inquadramento patogenetico del caso, che va fatto al più presto possibile (preferibil-mente entro 48 ore al massimo), con l’eventuale ricorso, ove possibile, alle più appropriate inda-gini strumentali. Comunque la scelta terapeutica deve tener conto della gravità clinica del paziente e della sua aderenza al trattamento, e della possibilità di effettuare un monitoraggio accurato, qualora necessario, come nel caso della terapia anticoagulante orale.

Raccomandazione 10.1 Grado A

Raccomandazione 10.2 Grado A

Sintesi 10–1

Sintesi 10–2

Sintesi 10–3

Sintesi 10–4

Raccomandazione 10.3 Grado D

Raccomandazione 10.4 Grado D

Sintesi 10–5

Raccomandazione 10.5 Grado C
Raccomandazione 10.6 Grado A
❊GPP
Raccomandazione 10.7 Grado A
Raccomandazione 10.8 Grado D
Raccomandazione 10.9 Grado D

Raccomandazione 10.10 a Grado A

Raccomandazione 10.10 b Grado A

Raccomandazione 10.10 c Grado A

Sintesi 10–6

Raccomandazione 10.11a Grado B

Raccomandazione 10.11b Grado D

Raccomandazione 10.12 Grado D

Sintesi 10–7

Sintesi 10–8

Raccomandazione 10.13 Grado B
Raccomandazione 10.14 Grado D
Raccomandazione 10.15 Grado D
Raccomandazione 10.16 Grado A
Raccomandazione 10.17 Grado D
Raccomandazione 10.18 Grado D

Sintesi 10–10

Sintesi 10–11

Raccomandazione 10.19 Grado B

Sintesi 10–12

In pazienti con fibrillazione atriale non valvolare è indicata la terapia anticoagulante orale (TAO) mantenendo i valori di INR tra 2 e 3.

In pazienti con altra eziologia cardioembolica che hanno un elevato rischio di recidiva precoce, è indicata la terapia con eparina e.v. (PTT 1,5-2,5 il valore basale) seguita da TAO da embricare con l’eparina, con obiettivo INR fra 2 e 3 (valvulopatie con o senza FA),

o fra 2,5 e 3,5 (protesi valvolari meccaniche).

In pazienti con qualunque eziologia cardioembolica, escludendo i casi a rischio emboli-geno molto elevato, qualora vi sia una lesione estesa alla TC a 48 ore, è indicato procra-stinare di almeno 14 giorni l’inizio del trattamento anticoagulante, per il maggior rischio di trasformazione emorragica sintomatica. Qualora una TC abbia documentato una lesione minore del 30% dell’emisfero colpito senza trasformazione emorragica in forma di ematoma, il trattamento può essere iniziato precocemente (48 ore).

Laddove vi sia la capacità di identificare accuratamente i segni precoci TC dell’infarto (entro 6 ore dall’esordio dei sintomi) e questi siano assenti o coinvolgano meno del 30% dell’emisfero colpito, la terapia anticoagulante può essere iniziata subito (ma con controllo TC entro 48 ore per escludere trasformazione emorragica in forma di ematoma).

L’esecuzione di ecocardiografia transesofagea in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare può permettere di evidenziare condizioni ecografiche di elevato rischio cardioembolico come trombi in auricola sinistra, ecocontrasto spontaneo denso, ridotta velocità di flusso in auricola sinistra, placche aortiche complicate, isolatamente o in associazione. Fisiopatologicamente que-sti pazienti andrebbero considerati come ad elevato rischio di recidiva precoce, ma al momento attuale non si hanno indicazioni da studi randomizzati sul più appropriato trattamento anticoa-gulante (tipo di farmaco e timing).

L’ASA alle dosi di 160-300 mg/die è indicato come terapia di prevenzione secondaria precoce dopo un ictus cardioembolico in tutti i casi nei quali la terapia anticoagulante è controindicata o non possa essere adeguatamente monitorata al momento della dimis-sione.

In pazienti con FA che già assumevano terapia anticoagulante orale e che presentino un INR al di sotto del range terapeutico, è indicata la terapia anticoagulante, con la scelta del tipo di anticoagulante e del timing definite come nella raccomandazione 10.12.

In pazienti con protesi valvolari già in terapia anticoagulante orale ben condotta, è indi-cata l’associazione agli anticoagulanti orali di antiaggreganti piastrinici.

In pazienti con ictus e forame ovale pervio le scelte terapeutiche di prevenzione secondaria sono le stesse proposte in ambito non d’emergenza (vedi raccomandazioni 12.12 a, b, c), men-tre il timing è quello indicato nella raccomandazione 10.12 e nella sintesi 10-7.

In pazienti con ictus conseguente a patologia aterotrombotica dei vasi arteriosi extracra-nici che non assumevano terapia antitrombotica prima dell’evento, è indicato sommini-strare ASA 160-300 mg/die.

In pazienti con ictus conseguente a patologia aterotrombotica dei vasi arteriosi extracra-nici che già assumevano ASA prima dell’evento, è indicato somministrare ticlopidina 250 mg×2/die (eseguendo almeno due controlli dell’emocromo al mese per i primi tre mesi) o clopidogrel 75 mg/die, o dipiridamolo a lento rilascio 200 mg e ASA 25 mg×2/die.

In pazienti con ictus conseguente a patologia aterotrombotica dei vasi arteriosi extracra-nici che malgrado adeguata terapia antiaggregante presentino ripetute recidive, è indi-cata la terapia anticoagulante orale (INR 2-3).

Non ci sono al momento attuale dati sufficienti per raccomandare terapia antiaggregante ovvero anticoagulante in pazienti con placche dell’arco aortico, anche se sul piano strettamente fisiopa-tologico queste dovrebbero essere trattate analogamente alle placche dei tronchi arteriosi extra-cranici. Tuttavia, le indicazioni prevalenti in letteratura sono a favore degli anticoagulanti.

In pazienti con ictus lacunare la terapia di prevenzione secondaria va definita alla luce di indagini diagnostiche le più complete possibili, atte ad evidenziare potenziali condizioni di rischio per ictus aterotrombotico o cardioembolico.

Per la prevenzione delle trombosi venose profonde in pazienti a rischio elevato (pazienti plegici, con alterazione dello stato di coscienza, obesi, con pregressa patologia venosa agli arti inferiori) è indicato l’uso di eparina a dosi profilattiche (eparina calcica non fra-zionata 5000 UI × 2 o eparine a basso peso molecolare nel dosaggio suggerito come pro-filattico per le singole molecole) da iniziare al momento dell’ospedalizzazione.

In pazienti non a rischio elevato di trombosi venose profonde, il ricorso sistematico all’eparina comporta un bilancio beneficio/rischio di complicanze emorragiche intracerebrali e/o sistemiche inaccettabile.

Sintesi e Raccomandazioni 21
La mobilizzazione precoce, le calze elastiche e la compressione pneumatica intermittente Raccomandazione 10.20 Grado D
sono indicate come misure aggiuntive o come alternative agli anticoagulanti quando
questi siano controindicati.
Non ci sono indicazioni all’uso degli anticoagulanti nel progressing stroke, tranne che Raccomandazione 10.21 Grado D
nei casi di stenosi subocclusiva carotidea o basilare o di occlusione di basilare.
Il controllo e l’adeguato trattamento di ipertermia ed iperglicemia ed il trattamento dell’edema Sintesi 10–13
cerebrale sono comunque consigliati nella prevenzione e nel trattamento del progressing stroke.
La conta piastrinica periodica è indicata nei primi 15 giorni di terapia (o di profilassi) con Raccomandazione 10.22 Grado C
eparina.
La sospensione immediata del trattamento eparinico è indicata se viene posta diagnosi Raccomandazione 10.23 Grado D
(o fondato sospetto) di piastrinopenia da eparina.
In caso di piastrinopenia da eparina gli anticoagulanti orali non sono indicati come tera-Raccomandazione 10.24 Grado D
pia sostitutiva.
In pazienti in cui era già stato iniziato il trattamento anticoagulante orale e l’INR era in
range terapeutico è indicato continuare, dopo sospensione dell’eparina, con gli anticoa-
gulanti orali.
In caso di piastrinopenia da eparina in pazienti in cui deve essere proseguita una terapia Raccomandazione 10.25 Grado D
antitrombotica, sono indicate le seguenti opzioni terapeutiche: irudina, dermatan solfa-
to, danaparoid, trombolitici; gli anticoagulanti orali possono essere iniziati una volta risol
ta la piastrinopenia da eparina.
Il trattamento chirurgico dell’emorragia cerebrale è indicato in: Raccomandazione 10.26
• emorragie cerebellari di diametro >3 cm con quadro di deterioramento neurologico o a (Grado D)
con segni di compressione del tronco e idrocefalo secondario a ostruzione ventricola
re;
• emorragie lobari di grandi o medie dimensioni (≥50 cm3), in rapido deterioramento per b (Grado D)
compressione delle strutture vitali intracraniche o erniazione;
• emorragie intracerebrali associate ad aneurismi o a malformazioni artero-venose, nel c (Grado D)
caso in cui la lesione strutturale associata sia accessibile chirurgicamente.
Il trattamento chirurgico dell’emorragia cerebrale non è indicato in: Raccomandazione 10.27
• piccole emorragie intracerebrali (<10 cm3) o deficit minimi [è indicata la sola terapia a (Grado D)
medica];
• emorragie intracerebrali con GCS≤4 (non vanno trattate chirurgicamente, per l’esito b (Grado D)
neurologico estremamente povero, e per l’elevata mortalità);
• emorragie intracerebrali associate ad aneurismi o a malformazioni artero-venose, nel c (Grado D)
caso in cui la lesione strutturale associata non sia accessibile chirurgicamente.
Non è possibile formulare raccomandazioni relative al trattamento chirurgico dell’emorragia Sintesi 10–14
cerebrale a sede ganglio-basale su base ipertensiva, in assenza di evidenze o consenso.
La tromboendoarteriectomia carotidea in fase acuta è indicata presso un centro con Raccomandazione 10.28 Grado D
certificata esperienza di interventi su questo tipo di pazienti, con bassa morbosità e mor
talità (<3%), in presenza di stenosi di grado elevato o trombosi acuta congrua con i sin
tomi, in caso di TIA subentrante o recidivante o in caso di ictus in evoluzione,
• purché non vi sia un importante edema e/o un vasto territorio ischemico o emorragico
cerebrale, e
• purché non vi sia una seria compromissione dello stato di coscienza e delle funzioni
vitali.
a. Per quanto riguarda la TEA in urgenza è auspicabile utilizzare i modelli di rischio per quanto Sintesi 10–15
riguarda la selezione dei pazienti.
b. Non esistono a tutt’oggi evidenze sul rapporto rischio/beneficio della TEA in emergenza nei
casi di ictus in evoluzione o di ictus acuto (entro le 6 ore), anche se associati a stenosi critica
o a trombosi acuta della carotide.

Raccomandazione 11.1 Grado D

Raccomandazione 11.2 Grado D

Raccomandazione 11.3 Grado D
Raccomandazione 11.4 Grado D
Raccomandazione 11.5 Grado D
Raccomandazione 11.6 Grado D
Raccomandazione 11.7 Grado D
Raccomandazione 11.8 Grado D

ICTUS ACUTO: MONITORAGGIO E COMPLICANZE NELLA FASE DI STATO

Nelle prime 48 ore dall’esordio di un ictus è indicato il monitoraggio delle funzioni vitali e dello stato neurologico. Questo va proseguito in caso di instabilità clinica.

Laddove sia disponibile, il monitoraggio ECG continuo è indicato nelle prime 48 ore dal-l’esordio di ictus nei pazienti con una delle seguenti condizioni: cardiopatie preesistenti, storia di aritmie, pressione arteriosa instabile, elementi clinici suggestivi di insufficienza cardiaca, alterazioni dell’ECG di base e nei casi in cui siano coinvolti i territori profondi dell’arteria cerebrale media e in particolare la corteccia insulare. In caso di instabilità cli-nica il monitoraggio va proseguito oltre le 48 ore. Qualora non sia disponibile la strumentazione per il monitoraggio continuo sono indicati controlli ECG ripetuti nelle prime 24 ore.

In caso di insufficienza cardiaca clinicamente conclamata è indicata l’esecuzione preco-ce dell’ecocardiogramma transtoracico.

Il monitoraggio, continuo o discontinuo, dello stato di ossigenazione ematica è indicato almeno nelle prime 24 ore dall’esordio di un ictus medio-grave. In caso di anomalie va proseguito fino alla stabilizzazione del quadro respiratorio.

Nella fase di stato la somministrazione routinaria di ossigeno non è indicata nei pazienti con ictus acuto.

La somministrazione di ossigeno è indicata nei pazienti in stato di ipossiemia (SaO2 <92%).

In caso di ipossiemia moderata, in assenza di alterazioni del respiro, è indicata la som-ministrazione di ossigeno a 2-4 L/min, avviando la somministrazione con elevate concen-trazioni di ossigeno da ridurre successivamente in base ai dati di SaO2.

Per il trattamento d’emergenza dell’ipertensione nei pazienti con ictus acuto è indicato il seguente algoritmo: (da Stroke Coding Guide of the American Academy of Neurology, http://www.stroke-site.org/; febbraio 2004, modificata)

  1. Lo sfigmomanometro automatico dovrebbe essere verificato contro uno di tipo manuale.

  2. Se i valori di pressione diastolica, in due misurazioni successive a distanza di 5 minuti, supe-rano i 140 mm Hg, iniziare l’infusione continua e.v. di un agente antipertensivo come la nitro-glicerina o il nitroprussiato di sodio (0,5-1,0 mg/kg/min), di cui però va attentamente monito-rizzato il rischio di edema cerebrale, particolarmente nei grandi infarti, data la loro capacità di aumentare la pressione intracranica. Pazienti con tali rilievi non sono candidati al trattamento trombolitico con t-PA.

  3. Se i valori di pressione sistolica sono >220 mm Hg, o la pressione diastolica è tra 121-140 mm Hg, o la pressione arteriosa media è >130 mm Hg in due misurazioni successive a distan-za di 20 minuti, somministrare un farmaco antipertensivo facilmente dosabile come il labetalo-lo, 10 mg e.v. in 1-2 minuti. Tale dose può essere ripetuta o raddoppiata ogni 10-20 minuti fino ad un dosaggio cumulativo di 300 mg. Successivamente a tale approccio iniziale, il labe-talolo può essere somministrato ogni 6-8 ore se necessario. Il labetalolo è sconsigliato nei pazienti con asma, scompenso cardiaco o gravi turbe della conduzione. I pazienti che richie-dono più di due dosi di labetalolo o altri farmaci antipertensivi per ridurre la pressione arterio-sa sistolica <185 mm Hg o diastolica <110 mm Hg, non sono generalmente candidati alla terapia trombolitica.

  4. Se il valore di pressione sistolica è di 185-220 mm Hg o diastolica di 105-120 mm Hg, la tera-pia d’emergenza dovrebbe essere rimandata, se non coesiste una insufficienza ventricolare sinistra, una dissecazione aortica o un infarto miocardico acuto. Pazienti candidati alla terapia con t-PA, che presentano persistenti valori pressori elevati, sistolici >185 mm Hg o diastolici >110 mm Hg, possono essere trattati con piccole dosi di antipertensivo e.v. per mantenere i valori di PA giusto al di sotto di tali limiti. Tuttavia la somministrazione di più di due dosi di antipertensivo per mantenere sotto controllo la PA rappresenta una controindicazione relativa alla terapia trombolitica.

  5. Non è indicato l’uso di calcio-antagonisti per via sublinguale per la rischiosa rapidità d’azione di questo tipo di somministrazione.

  6. In caso di emorragia cerebrale è indicata la terapia antipertensiva qualora i valori pressori siano: pressione sistolica >180 mm Hg o pressione diastolica >105 mm Hg.

  7. La correzione della pressione arteriosa tramite agenti antipertensivi nella fase acuta dell’ictus dovrebbe essere associata ad un attento monitoraggio dello stato neurologico per rilevare prontamente la comparsa di deterioramento.

  8. Nei pazienti con ictus ischemico acuto e pressione sistolica <185 mm Hg o diastolica <105 mm Hg, la terapia antipertensiva non è usualmente indicata.

  9. Sebbene non vi siano dati per definire una soglia per il trattamento dell’ipotensione arteriosa nei pazienti con ictus acuto, questo viene raccomandato in caso di segni di disidratazione e/o di valori pressori significativamente inferiori a quelli usuali per il dato paziente. Le opzioni tera-peutiche prevedono la somministrazione di fluidi e.v., il trattamento dello scompenso cardiaco congestizio e della bradicardia, ed eventualmente agenti vasopressori quali la dopamina.

Sintesi e Raccomandazioni 23
Nei pazienti con ictus acuto è indicato il mantenimento di una adeguata volemia, calco-Raccomandazione 11.9 Grado D
lando la quantità di fluidi da somministrare sulla base di un accurato bilancio idrico.
Nei pazienti con ictus acuto la somministrazione di soluzioni ipotoniche (NaCl 0,45%, Raccomandazione 11.10 Grado D
glucosio 5%) non è indicata per il rischio di incremento dell’edema cerebrale.
Le soluzioni contenenti glucosio non sono indicate dati gli effetti sfavorevoli dell’ipergli-Raccomandazione 11.11 Grado D
cemia sull’esito neurologico.
Nei pazienti con ictus acuto la soluzione fisiologica è indicata quale cristalloide di scelta Raccomandazione 11.12 Grado D
per fluidoterapia.
Dati sia sperimentali che clinici indicano che l’ipertermia è dannosa a livello della lesione ische-Sintesi 11–1
mica ed è associata sia ad un peggioramento clinico che ad un peggior esito funzionale.
L’ipotermia ha un effetto neuroprotettivo. Circa il 50% dei pazienti con ictus cerebrale presenta
ipertermia nell’arco delle 48 ore dall’insorgenza dell’evento.
Nei pazienti con ictus acuto è indicata la correzione farmacologica dell’ipertermia, pre-Raccomandazione 11.13 Grado D
feribilmente con paracetamolo, mantenendo la temperatura al di sotto di 37°C.
In presenza di febbre in pazienti con ictus acuto è indicata l’immediata ricerca della Raccomandazione 11.14 Grado D
sede e della natura di una eventuale infezione finalizzata ad un trattamento antibiotico
adeguato.
In pazienti con ictus acuto immunocompetenti non è indicata l’attuazione di profilassi Raccomandazione 11.15 Grado D
antibiotica.
L’infezione delle vie urinarie è la più comune complicanza infettiva nel paziente con ictus acuto, Sintesi 11–2
ed il rischio dipende sostanzialmente dalla durata della cateterizzazione. La terapia iniziale è
empirica e basata sulla prescrizione di una penicillina semisintetica protetta o di un fluorochino
lone; nei casi gravi si potrà associare un aminoglicoside oppure somministrare un carbapenemi
co in monoterapia.
La polmonite, che include la polmonite da aspirazione, è la seconda più frequente complicanza Sintesi 11–3
infettiva nel paziente con ictus acuto. La terapia sarà almeno inizialmente empirica utilizzando
una monoterapia con un carbapenemico o con una cefalosporina ad amplissimo spettro o
un’associazione di un aminoglicoside e di una b-lattamina ad ampio spettro comprendente gli
anaerobi. Considerato il possibile ruolo eziologico di S. aureus e la sua frequente meticillino-resi-
stenza, può essere opportuno aggiungere alla terapia un glicopeptide. Il trattamento dovrà
essere protratto per 7-10 giorni nelle infezioni da S. aureus meticillino-sensibile o da patogeni
respiratori classici; per 10-14 giorni in quelli dovuti a S aureus meticillino-resistente e bacilli
aerobi gram-negativi; per 14-21 giorni in caso di coinvolgimento multilobare, cavitazioni, gravi
condizioni di fondo.
Le piaghe da decubito rappresentano una grave complicanza dell’ictus acuto associata ad una Sintesi 11–4
aumentata mortalità e ad un peggiore andamento clinico e funzionale. Il rischio di piaghe da
decubito è più alto nei pazienti obesi, nei diabetici e nei pazienti iponutriti.
Nei pazienti con ictus acuto è indicata la prevenzione delle piaghe da decubito basata Raccomandazione 11.16 Grado D
sul cambiamento di posizione del paziente, con intervallo variabile da 1 a 4 ore a secon
da dei fattori di rischio per lesioni da decubito, su una minuziosa igiene e sull’uso di un
materasso ad aria o ad acqua.
La malnutrizione proteico-energetica nel paziente affetto da ictus acuto è un evento frequente. Sintesi 11–5
La valutazione dello stato nutrizionale è fondamentale per evidenziare precocemente situazioni
di malnutrizione per eccesso o per difetto e per mantenere o ripristinare uno stato nutrizionale
adeguato. Una nutrizione adeguata è importante per evitare la comparsa di complicanze, per
ridurre i tempi di ospedalizzazione, per migliorare la qualità della vita e rendere più semplice ed
efficace il percorso terapeutico.
La valutazione dello stato di nutrizione e l’intervento nutrizionale sono indicati come Raccomandazione 11.17 a Grado D
componente essenziale dei protocolli diagnostici-terapeutici dell’ictus, sia in fase acuta
che durante il periodo di riabilitazione.
È indicato che figure professionali esperte (medico nutrizionista, dietista) facciano parte Raccomandazione 11.17 b Grado D
del gruppo multidisciplinare che gestisce il lavoro della stroke unit.
I protocolli diagnostici essenziali per la valutazione dello stato nutrizionale e del rischio nutrizio-Sintesi 11–6
nale nel paziente affetto da ictus includono misure antropometriche, la rilevazione dell’assunzio
ne dietetica e delle condizioni mediche associate, le valutazioni biochimiche e il calcolo di indici
nutrizionali integrati.

Raccomandazione 11.17 c Grado D

Raccomandazione 11.17 d Grado D

Raccomandazione 11.17 e Grado D

Sintesi 11–7

Sintesi 11–8

Raccomandazione 11.18 Grado D

Raccomandazione 11.19 a Grado C

Sintesi 11–10

Sintesi 11–11

Raccomandazione 11.20 Grado D

Sintesi 11–12

Sintesi 11–13

Nel paziente in grado di mantenere la postura eretta sono indicate le misu-razioni antropometriche di peso corporeo e circonferenza addominale, non-ché il calcolo dell’IMC. Nel paziente non deambulante sono indicate le misurazioni antropometri-che di peso corporeo, se disponibili attrezzature speciali, circonferenza del braccio e plica tricipitale.

Nel protocollo di valutazione dello stato nutrizionale, il dosaggio dell’albu-mina e la conta dei linfociti sono indicati quali valutazioni biochimiche essenziali.

È indicato che si valutino, all’ingresso nell’ospedale e nella struttura riabili-tativa, indici nutrizionali integrati come ad esempio il Nutritional Risk Screening e si ripetano per tutta la durata del ricovero con periodicità diffe-rente in relazione al rischio individuale di compromissione dello stato nutri-zionale.

Obiettivi del supporto nutrizionale in fase acuta sono la prevenzione o il tratta-mento della malnutrizione proteico-energetica, di squilibri idro-elettrolitici o di micronutrienti.

Il fabbisogno di energia si calcola applicando il metodo fattoriale, considerando il LAF (Livello di Attività Fisica) e i fattori di malattia, espressi in multipli del metaboli-smo basale: sono indicati valori compresi tra 1,2 e 1,5, in relazione al grado di mobilità del paziente, o fino a 2 in presenza di ipercatabolismo. Non è opportuno somministrare meno di 25 kcal/kg/die, successivamente l’apporto energetico va adeguato al fabbisogno metabolico stimato.

Il fabbisogno di proteine consigliato è di circa 1 g/kg di peso corporeo misurato (se normopeso) o desiderabile (in caso di obesità o magrezza) e fino 1,2~1,5 g/kg al giorno in presenza di condizioni ipercataboliche o piaghe da decubito. Il timing e la scelta della modalità di somministrazione della nutrizione sono condi-zionati innanzitutto dalle condizioni cliniche del paziente.

Il programma nutrizionale del soggetto affetto da ictus in fase acuta prevede le seguenti opzioni:

  • soggetti non disfagici normonutriti: alimentazione per os;

  • soggetti non disfagici con malnutrizione proteico-energetica: alimentazio-ne per os con l’aggiunta di integratori dietetici per os;

  • soggetti con disfagia: adattamento progressivo della dieta alla funzionali-tà deglutitoria e alla capacità di preparazione del bolo o nutrizione ente-rale, eventualmente integrate.

Nel soggetto affetto da ictus in fase acuta la terapia nutrizionale artificiale di scelta è rappresentata dalla nutrizione enterale.

La nutrizione parenterale è indicata esclusivamente laddove la via ente-rale non sia realizzabile o sia controindicata o quale supplementazione alla nutrizione enterale qualora quest’ultima non consenta di ottenere un’ade-guata somministrazione di nutrienti.

La nutrizione enterale tramite sondino naso-gastrico e con l’ausilio di pompe peri-staltiche è ritenuta più appropriata rispetto alla nutrizione parenterale per il sup-porto nutrizionale a breve termine in pazienti con grave disfagia da ictus; l’uso del sondino naso-gastrico può essere problematico, specie nei pazienti anziani.

Il posizionamento del sondino in sede gastrica può non abolire il rischio di inala-zione in caso di svuotamento gastrico ritardato, particolarmente nei pazienti con lesioni cerebrali più gravi. In questi casi il rischio di inalazione si riduce se il bolo viene immesso lontano dal piloro, oltre l’angolo di Treitz.

Nei soggetti con disfagia persistente post ictus e se è ipotizzabile una durata superiore a due mesi, entro 30 giorni va presa in considerazione la messa in posizione di PEG (gastrostomia percutanea endoscopica).

La disfagia è una conseguenza frequente dell’ictus con ricadute negative sull’esito clinico e funzionale, sulla mortalità e sui tempi di degenza.

Oltre alla malnutrizione, possibili complicanze determinate dalla disfagia sono: l’a-spirazione di materiale estraneo con conseguente bronco-pneumopatia ab inge-stis; la disidratazione e l’emoconcentrazione con effetti secondari negativi sulla perfusione cerebrale e sulla funzione renale.

Sintesi e Raccomandazioni 25
Un monitoraggio standardizzato della funzione deglutitoria è indicato al fine di prevenire Raccomandazione 11.21 Grado D
le complicanze secondarie alla disfagia.
Una valutazione clinica standardizzata del rischio di disfagia (usando il BSA: Bedside Raccomandazione 11.22 Grado D
Swallowing Assessment) e un test semplice, quale il test della deglutizione di acqua,
sono indicati in tutti i pazienti con ictus acuto. In centri specializzati possono essere uti-
lizzati approcci più sofisticati quali un esame condotto dal logopedista o dal foniatra o la
videofluoroscopia.
L’iperglicemia è associata ad una maggiore gravità della lesione ischemica cerebrale e ad una Sintesi 11–14
aumentata morbosità e mortalità sia in condizioni sperimentali che nell’uomo.
Nel paziente diabetico lo scompenso del metabolismo glucidico rappresenta una grave compli
canza.
L’ipoglicemia può essere un fattore aggravante del danno ischemico cerebrale.
In pazienti con ictus acuto e iperglicemia >200 mg/dl è indicata la correzione con tera-Raccomandazione 11.23 Grado D
pia insulinica.
In pazienti con ictus acuto e ipoglicemia è indicata la pronta correzione tramite infusio-Raccomandazione 11.24 Grado D
ne di destrosio in bolo e.v., associando tiamina 100 mg in caso di malnutrizione o di
abuso di alcool.
L’ictus cerebrale si accompagna frequentemente a disfunzioni vescicali la cui entità e natura Sintesi 11–15
sono correlate alla sede ed entità del danno cerebrale. La presenza di un’incontinenza urinaria
nella fase acuta dell’ictus è un fattore prognostico indipendente di morte e disabilità residua
grave. La ritenzione e il residuo post-minzionale si associano frequentemente a infezioni del trat
to urinario a loro volta causa di ulteriori complicazioni del quadro clinico.
Il posizionamento a dimora di un catetere vescicale è indicato solo nei pazienti con Raccomandazione 11.25 Grado D
grave disfunzione vescicale.
Nei pazienti senza apparenti disfunzioni vescicali è indicato controllare periodicamente Raccomandazione 11.26 Grado D
l’esistenza di residuo post-minzionale e qualora se ne verifichi la presenza praticare la
cateterizzazione sterile intermittente.
È indicato evitare il cateterismo vescicale quando non è necessario. Raccomandazione 11.27 Grado D
La valutazione della probabilità clinica di trombosi venosa profonda (TVP) secondo criteri stan-Sintesi 11–16
dardizzati può essere utile nella valutazione dei pazienti con ictus in cui si sospetti una TVP al
fine di programmare il successivo iter diagnostico.
Nel sospetto di TVP agli arti inferiori in un paziente con ictus è indicata l’ecografia veno-Raccomandazione 11.28 a Grado D
sa.
Pur essendo i pazienti con ictus cerebrale a rischio di TVP non è indicato eseguire un’e-Raccomandazione 11.28 b Grado D
cografia venosa di routine nei pazienti asintomatici.
L’uso sistematico del dosaggio del D-dimero nella diagnostica della TVP in pazienti con Raccomandazione 11.29 Grado D
ictus cerebrale ospedalizzati non è indicato.
In pazienti con ictus acuto è indicato controllare attentamente i fattori in grado di Raccomandazione 11.30 Grado D
aumentare la pressione intracranica, quali l’ipossia, l’ipercapnia, l’ipertermia e la posizio
ne del capo, che andrebbe mantenuta elevata di 30° rispetto al piano del letto.
In pazienti con ictus acuto il trattamento dell’edema cerebrale è indicato in caso di rapi-Raccomandazione 11.31 Grado D
do deterioramento dello stato di coscienza, segni clinici di erniazione cerebrale o eviden
ze neuroradiologiche di edema con dislocazione delle strutture della linea mediana od
obliterazione delle cisterne perimesencefaliche.
Malgrado la potenziale efficacia dei corticosteroidi nel contrastare la componente vasogenica Sintesi 11–17
dell’edema cerebrale, attualmente non sussistono indicazioni al loro uso nella terapia antiedemi
gena. Le attuali evidenze suggeriscono che i cortisonici non devono essere usati sistematica
mente nel trattamento dell’ictus cerebrale.
La somministrazione parenterale di furosemide (40 mg IV): Raccomandazione 11.32 a Grado D
• è indicata in emergenza in caso di rapido deterioramento clinico,
• ma non è indicata nel trattamento a lungo termine.
Nel trattamento farmacologico prolungato dell’edema cerebrale sono indicati i diuretici Raccomandazione 11.32 b Grado D
osmotici quali il mannitolo o il glicerolo.
L’uso continuativo dei barbiturici a breve durata d’azione non è indicato per la mancan-Raccomandazione 11.32 c Grado D
za di efficacia a fronte di effetti negativi a lungo termine.

Sintesi 11–18

Sintesi 11–19

Raccomandazione 11.33 Grado D
Raccomandazione 11.34 Grado D
Raccomandazione 11.35 Grado D
Raccomandazione 11.36 Grado A
Raccomandazione 11.37 Grado D
Raccomandazione 11.38 Grado D
Raccomandazione 11.39 Grado D
Raccomandazione 11.40 Grado D
Raccomandazione 11.41 Grado D

Nei casi di infarto esteso con grave effetto massa e mancata efficacia dei trattamenti antiedema, può essere considerata la chirurgia decompressiva, specialmente in pazienti giovani senza pato-logie associate e con lesione situata nell’emisfero non dominante.

L’esame EEG ha poco valore diagnostico, e per la prognosi gli studi sono insufficienti. È invece fondamentale per riconoscere l’origine epilettica in confronto al sospetto di TIA, ipotensione posturale, embolia polmonare, aritmia cardiaca.

La terapia antiepilettica a scopo profilattico non è indicata nei pazienti con ictus in assenza di crisi epilettiche.

La terapia antiepilettica

  • non è indicata in caso di crisi epilettiche isolate

  • è indicata in caso di crisi ripetute,evitando il fenobarbital per un possibile effetto negativo sul recupero.

Nello stato di male epilettico associato ad ictus cerebrale acuto non vi sono evidenze a favore di un trattamento specifico per cui è indicato il trattamento usuale dello stato di male epilettico, monitorandone attentamente gli effetti collaterali più probabili nello spe-cifico contesto clinico.

Nei pazienti con ictus è indicato integrare fin dalla fase acuta l’attività di prevenzione della disabilità (mobilizzazione ed interventi riabilitativi precoci) con il programma diagno-stico ed il trattamento di emergenza.

È indicata la mobilizzazione degli arti del paziente con ictus per almeno 3-4 volte al gior-no.

È indicato stimolare ed incoraggiare i pazienti con ictus alla partecipazione alle attività quotidiane.

Nei pazienti con ictus è indicato selezionare i farmaci utilizzati per evitare interferenze negative con il recupero.

Nei pazienti con ictus è indicato promuovere la verticalizzazione precoce attraverso l’ac-quisizione della posizione seduta entro il terzo giorno, se non sussistono controindicazio-ni al programma.

Nei pazienti con ictus è indicato favorire la comunicazione con il paziente ed i familiari anche al fine di indicare e far apprendere le modalità di partecipazione al processo assi-stenziale.

Sintesi e Raccomandazioni 27
PREVENZIONE SECONDARIA: TERAPIA FARMACOLOGICA A LUNGO TERMINE
Nei TIA e nell’ictus ischemico non cardioembolico è indicato il trattamento antiaggre-Raccomandazione 12.1 Grado A
gante con ASA 100-325 mg/die.❊
Per il trattamento prolungato il gruppo SPREAD raccomanda 100 mg/die. ❊GPP
Il clopidogrel 75 mg/die e l’associazione ASA 50 mg/die-dipiridamolo 400 mg/die sono Raccomandazione 12.2 Grado A
indicati come alternative all’ASA sicure ed efficaci.
La ticlopidina 500 mg/die, anch’essa efficace, ha un profilo di sicurezza meno favorevole.
In pazienti con ictus ischemico o TIA, nei quali l’ASA sia non tollerato o inefficace, è Raccomandazione 12.3 Grado A
indicato il trattamento con clopidogrel 75 mg/die oppure con ticlopidina 500 mg/die,
controllando l’emocromo due volte al mese nei primi 3 mesi di trattamento.
Nell’ictus o TIA cardioembolico associato a cardiopatie e valvulopatie emboligene è indi-Raccomandazione 12.4 Grado C
cata la terapia anticoagulante orale mantenendo l’INR tra 2 e 3.
In pazienti selezionati e appositamente addestrati presso un centro per la sorveglianza degli Sintesi 12-1
anticoagulati è possibile l’automonitoraggio della terapia anticoagulante orale purché il paziente
sia sottoposto a verifica periodica da parte del medico di medicina generale e/o del centro di
sorveglianza.
Nei pazienti che hanno sofferto di ictus o TIA è indicato il miglior controllo possibile del-Raccomandazione 12.5 Grado D
l’ipertensione arteriosa usando preferibilmente farmaci che agiscono sul sistema renina
angiotensina.
Lo studio PROGRESS ha dimostrato l’efficacia dell’ACE-inibitore perindopril, da solo e, con Sintesi 12–2
beneficio maggiore, in associazione con il diuretico indapamide, nella prevenzione delle recidive
di ictus.
Nei pazienti con TIA o ictus ischemico e valori aumentati di colesterolo, sono indicati Raccomandazione 12.6 Grado B
tutti gli interventi necessari per ridurre i livelli plasmatici di colesterolo, indipendentemen
te dalla storia di eventi coronarici.❊
❊ il livello di evidenza è sostanzialmente giustificato dai risultati dello studio HPS con
l’uso di simvastatina 40 mg/die
Lo studio HPS ha mostrato un effetto benefico con simvastatina 40 mg/die nei pazienti ad alto Sintesi 12–3
rischio vascolare, anche normocolesterolemici.
Nell’ictus ischemico e TIA non cardioembolico non è indicato l’uso di anticoagulanti Raccomandazione 12.7 Grado A
orali, in quanto equivalenti agli antiaggreganti nel beneficio per INR tra 2-3 e a maggior
rischio di complicanze emorragiche cerebrali per INR tra 3,0 e 4,5.
Nell’ictus o TIA embolico associato a fibrillazione atriale non valvolare, la terapia anticoa-Raccomandazione 12.8 Grado A
gulante orale è indicata mantenendo un INR di 2-3.
Nei pazienti con ictus o TIA embolico associato a fibrillazione atriale non valvolare che Raccomandazione 12.9 Grado A
non possono essere sottoposti alla terapia anticoagulante orale è indicato il trattamento
con ASA 325 mg/die.
Nei pazienti con ictus o TIA embolico associato a fibrillazione atriale non valvolare che Raccomandazione 12.10 Grado B
non possono essere sottoposti alla terapia anticoagulante orale è indicato il trattamento
con indobufene 100-200 mg×2 al giorno.
Nei pazienti con ictus embolico o TIA che presentino cardiomiopatia dilatativa isolata, è Raccomandazione 12.11 Grado C
indicata la terapia anticoagulante orale mantenendo un INR 2-3.
Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, esenti da trombosi venose Raccomandazione 12.12a Grado C
profonde e al primo evento tromboembolico è indicato il trattamento con ASA.
Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, nei quali siano presenti Raccomandazione 12.12b Grado C
anche un aneurisma del setto o alterazioni emocoagulative, è indicata la terapia anti-
coagulante orale con INR 2-3, avendo escluso eziologie alternative.
Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, di età inferiore a 45 anni, Raccomandazione 12.12c Grado C
con aneurisma del setto interatriale e ampio shunt destro-sinistro, che abbiano presenta-
to recidive durante la terapia anticoagulante orale o controindicazioni alla stessa, è indi-
cata la chiusura del forame, se possibile per via transcatetere.
In pazienti portatori di protesi valvolari con recidiva di ictus dopo ictus ischemico o TIA, Raccomandazione 12.13 Grado C
durante un trattamento con anticoagulanti orali a dose appropriata, è indicata l’associa-
zione di anticoagulanti orali e dipiridamolo 400 mg/die o ASA 100 mg/die.

Sintesi 13–1

Raccomandazione 13.1 Grado A

Raccomandazione 13.2 Grado A

Raccomandazione 13.3 a Grado A

Raccomandazione 13.4 Grado A
Raccomandazione 13.5a Grado D
Raccomandazione 13.5b Grado D
Raccomandazione 13.6 Grado C

Raccomandazione 13.7 a Grado C

Raccomandazione 13.7 b Grado C

Raccomandazione 13.7 c Grado D

❊GPP

Raccomandazione 13.8 a Grado D

Raccomandazione 13.8 b Grado D

TERAPIA CHIRURGICA

Nel caso di stenosi carotidea sintomatica, la endoarteriectomia comporta un modesto beneficio per gradi di stenosi tra 50% e 69% (NNT 22 per ogni ictus ipsilaterale, NNT non significativo per ictus disabilitante e morte), ed un elevato beneficio per stenosi tra 70% e 99% (NNT 6 e 14 rispettivamente), purché in assenza di near occlusion. In pazienti con near occlusion il beneficio è marginale. In pazienti con un elevato punteggio di rischio secondo i modelli fino ad oggi vali-dati, il vantaggio dell’intervento è ancora maggiore (NNT 3), mentre in pazienti con un basso punteggio il vantaggio è assai dubbio (NNT 100).

Nella stenosi carotidea sintomatica (entro 6 mesi) uguale o maggiore del 70% (valutata con il metodo NASCET) è indicata l’endoarteriectomia carotidea

Nella stenosi carotidea sintomatica inferiore al 50% (valutata con il metodo NASCET) l’endoarteriectomia carotidea non è indicata.

Nella stenosi carotidea sintomatica compresa fra il 50% ed il 69% (valutata con il metodo NASCET) l’endoarteriectomia carotidea è indicata anche se il beneficio è modesto, almeno per i primi anni di follow-up, pur crescendo negli anni successivi.

Nella stenosi carotidea sintomatica compresa fra il 50% ed i 69% (valutata con il metodo NASCET) l’endoarteriectomia carotidea è indicata con netto beneficio solo nei pazienti a più alto rischio meglio se definito con modelli predittivi validati (pazienti con ischemia recente, sintomi cerebrali e non oculari, placca ulcerata, età più avanzata, di sesso maschile, non diabetici).

Le evidenze sull’efficacia dell’endoarteriectomia nella stenosi carotidea asintomatica sono anco-ra solo parzialmente definite e importanti studi in corso forniranno ulteriori indicazioni, specie sui sottogruppi di pazienti a maggior rischio di ictus e quindi con maggior beneficio dall’intervento.

L’intervento di endoarteriectomia in caso di stenosi carotidea asintomatica uguale omaggiore al 60% (valutata con il metodo NASCET) è indicato solo se il rischio periope-ratorio di complicanze gravi è inferiore al 3% e comunque offre un beneficio modesto intermini di riduzione assoluta di rischio.

La coronarografia è indicata nei pazienti candidati all’endoarteriectomia carotidea conevidenza clinica, o ai test strumentali non invasivi, di grave coronaropatia.

Nei pazienti candidati all’endoarteriectomia carotidea, con grave coronaropatia associa-ta, è indicato valutare anche l’opportunità della rivascolarizzazione coronarica.Il timing prevede o la modalità sequenziale, dando precedenza all’intervento nel distrettoprevalentemente compromesso sul piano clinico, o la simultaneità.

Nella decisione sul timing dell’endoarteriectomia carotidea, nei pazienti sintomatici devo-no essere considerate sia le caratteristiche dell’evento clinico che i reperti della TC cere-brale:

  • in caso di TIA o minor stroke e TC normale è indicata la chirurgia quanto più precoce possibile;

  • in caso di deficit neurologico stabilizzato con lesioni TC minime è indicata la chirurgia precoce;

  • indipendentemente dalla gravità del deficit neurologico, se le lesioni TC sono estese non è indicata la chirurgia precoce.

L’eco-Doppler carotideo è indicato quale esame di primo impiego allo scopo di definire la diagnosi eziopatogenetica e di selezionare i pazienti candidati alla chirurgia della caro-tide.

L’angiografia convenzionale dei tronchi sovra-aortici, poiché utilizzata nei principali studi, è stata la tecnica diagnostica gold standard nella valutazione delle indicazioni all’inter-vento di endoarteriectomia carotidea; pertanto l’eco-Doppler carotideo è indicato come unico esame diagnostico preoperatorio della stenosi carotidea soltanto dopo averne veri-ficato l’accuratezza.

L’angio-RM e/o l’angio TC dei vasi del collo sono indicate quando l’eco-Doppler caroti-deo non è giudicato sufficientemente informativo.❊

Gli esperti del gruppo SPREAD raccomandano di limitare l’uso dell’angiografia conven-zionale ai casi in cui vi sia discordanza tra eco-Doppler carotideo e angio-RM/angio-TC o quando non sia possibile ricorrere a tali metodiche.

In caso di anestesia generale è indicato un monitoraggio cerebrale intraoperatorio di affidabilità controllata (EEG, Potenziali Evocati Somatosensoriali, Doppler transcranico).

L’anestesia loco-regionale è indicata in quanto, rispetto a quella generale, offre maggiori garanzie di monitoraggio cerebrale e si associa a riduzione di rischio perioperatorio di morte, ictus, infarto miocardico e complicanze polmonari.

Sintesi e Raccomandazioni 29
Sia con l’anestesia generale che con quella loco-regionale può essere indicato l’uso Raccomandazione 13.9 Grado D
dello shunt temporaneo selettivo per la protezione cerebrale.
Nonostante la tendenza, in studi non randomizzati, a favore del patch per la sutura arteriosa in Sintesi 13–3
termini di riduzione di ictus e morte perioperatori, trombosi o restenosi, a tutt’oggi non è possi
bile fornire raccomandazioni conclusive.
È necessaria infatti una maggiore evidenza da studi randomizzati, confrontando con la sutura
diretta non solo l’uso del patch di routine ma anche di quello selettivo, che risulta comunque il
più usato.
Per la mancanza di sufficienti studi randomizzati e controllati di confronto tra endoarte-Raccomandazione 13.10 a Grado A
riectomia e angioplastica/stenting non è indicato un cambio di tendenza dall’endoarte-
riectomia verso le procedure endovascolari nella correzione chirurgica di routine della
stenosi carotidea.
L’angioplastica/stenting carotidea è indicata solo in casi selezionati, quali la restenosi, Raccomandazione 13.10 b Grado C
la stenosi ad estensione craniale, la stenosi postattinica.❊ È controindicata in caso di sospetto trombo endoluminale, o di importanti calcificazioni
dei tronchi sovra-aortici.
Gli esperti del gruppo SPREAD raccomandano le procedure endovascolari in caso di ❊GPP
gravi comorbosità vascolari o cardiache.
Entrambe le tecniche, endoarteriectomia a cielo aperto e per eversione, possono essere Raccomandazione 13.11 Grado A
indicate nel trattamento chirurgico della stenosi carotidea, purché siano entrambe ese-
guite con tasso di complicanze gravi (morte, ictus) perioperatorie inferiore al 3%.
È indicato che ogni centro valuti e renda nota la propria incidenza di complicanze gravi Raccomandazione 13.12 Grado B
(morte, ictus) perioperatorie, che può condizionare l’indicazione all’intervento, specie
nella stenosi carotidea asintomatica.
Il controllo post-procedurale, che può portare all’identificazione e all’eventuale riparazio-Raccomandazione 13.13 Grado D
ne di difetti in corso di endoarteriectomia carotidea, è indicato per il controllo di qualità
e si associa a significativa riduzione delle complicanze post operatorie, come la restenosi
e l’ictus a distanza.
È indicata la terapia antiaggregante piastrinica da prima dell’intervento, se non vi sono Raccomandazione 13.14 Grado A
controindicazioni.
È indicata la correzione chirurgica della restenosi, quando questa è di grado elevato e Raccomandazione 13.15 Grado C
responsabile di una sintomatologia neurologica chiaramente correlata.
Non è indicato un follow-up intensivo, mentre è indicato un controllo precoce entro 3 Raccomandazione 13.16 Grado D
mesi dall’intervento, un altro a 9 mesi e successivamente a scadenza annuale.

Raccomandazione 14.1 Grado D

Sintesi 14–1

Sintesi 14–2

Raccomandazione 14.2 ❊GPP

Sintesi 14–4

Sintesi 14–6

Raccomandazione 14.4 Grado D

Sintesi 14–8

Sintesi 14–9

Sintesi 14–10

Sintesi 14–11 Sintesi 14–12
Raccomandazione 14.5 Grado D
Raccomandazione 14.6 Grado D

TRATTAMENTO RIABILITATIVO E CONTINUITÀ DELLASSISTENZA

Dopo la fase acuta dell’ictus è indicato che il piano assistenziale sia realizzato in struttu-re specializzate da parte di personale addestrato, tenendo conto delle esigenze a lungo termine del soggetto colpito dall’evento cerebrovascolare acuto.

Le attività assistenziali a fini riabilitativi che si realizzano dopo un ictus hanno caratteristiche distinte a seconda dell’epoca di intervento e richiedono il contributo di operatori diversi, a seconda degli obiettivi consentiti dalle condizioni cliniche, ambientali e delle risorse assistenziali disponibili.

La scelta dei soggetti da destinare alle strutture assistenziali dedicate alla fase post-acuta di un ictus è basata sulla probabilità del beneficio e sulla disponibilità delle risorse.

È indicato costituire un’organizzazione efficiente di operatori finalizzata all’assistenza del soggetto che ha subito un ictus, attraverso la formazione di un team interprofessio-nale con esperienza specifica che condivida i diversi approcci assistenziali. Se le risorse disponibili lo consentono, è richiesta la partecipazione sia di operatori non medici (dell’a-rea riabilitativa, infermieristica, psicologica e sociale) sia di medici specialisti, coinvolti nella soluzione delle problematiche correlate alla patologia cerebrovascolare, e di medici di medicina generale, con il supporto di rappresentanti delle associazioni laiche.

L’identificazione dei fattori prognostici influenti sul recupero funzionale è indicata al fine di pianificare correttamente l’assistenza ed utilizzare le risorse disponibili in maniera appropriata.

L’età elevata non rappresenta un limite alle possibilità di recupero funzionale del soggetto colpito da ictus, se non associata ad altri parametri con valore predittivo sull’esito.

È descritto un più elevato rischio di istituzionalizzazione in soggetti di sesso femminile, rispetto ai maschi coniugati, ma l’esistenza di una correlazione causale tra questi due fattori non è sup-portata da alcuno studio controllato.

I soggetti residenti in strutture sanitarie od assistenziali al momento dell’evento ictale presentano un rischio particolarmente elevato di compromissione ulteriore dell’autonomia.

La presenza di condizioni morbose non disabilitanti, nei soggetti che subiscono un ictus, ha impatto sfavorevole sulla mortalità, ma non riduce l’entità del recupero funzionale, influenzandone unicamente la latenza.

Le lesioni totali del circolo anteriore, siano esse destre o sinistre, definite secondo la classifica-zione di Bamford, correlano con una più elevata probabilità di disabilità residua grave, mentre non vi sono differenze apprezzabili fra gli altri sottotipi, in termini di esito funzionale.

Nella valutazione dell’approccio riabilitativo è indicato tenere conto della gravità dell’e-spressione clinica nella fase di acuzie dell’ictus (coma all’esordio, incontinenza sfinterica, persistenza di grave deficit) e della presenza di condizioni in grado di influenzare negati-vamente il recupero dell’autonomia (alterazioni gravi del tono muscolare, disfagia, emi-inattenzione, afasia globale).

Il coma all’esordio, la persistenza della perdita di controllo sfinterico e la lunga durata della ple-gia rappresentano indicatori predittivi sfavorevoli nei confronti del recupero dell’autonomia.

Una persistente flaccidità od una grave spasticità rappresentano condizioni in grado di influen-zare negativamente il recupero della motilità.

Una grave afasia condiziona negativamente il recupero dell’autonomia nelle attività quotidiane.

L’emi-inattenzione spaziale influenza negativamente il recupero delle prestazioni motorie.

Gradi intermedi di perdita dell’autonomia e l’acquisizione del controllo del tronco si associano ad una maggiore efficacia del trattamento riabilitativo.

Nella progettazione del trattamento riabilitativo, è indicato realizzare un bilancio funzio-nale, utilizzando scale diffuse e validate, con particolare attenzione ad alcuni elementi di valutazione, quali il controllo del tronco.

Nella valutazione del paziente da sottoporre a trattamento riabilitativo è indicato verifi-care precocemente l’eventuale esistenza di depressione del tono dell’umore, utilizzando un approccio multidimensionale per la diagnosi e scale quantitative di valutazione e monitoraggio dei sintomi, al fine di correggere le possibili influenze sfavorevoli sull’attivi-tà riabilitativa e sulla qualità della vita del paziente.

Alla luce dei servizi garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale, l’estrazione socioeconomica del soggetto colpito da ictus non dovrebbe rivestire un ruolo predittivo ai fini del recupero. La pre-senza di una rete di rapporti familiari e sociali favorisce il rientro a domicilio e previene il decadi-mento delle abilità funzionali nel lungo termine. Il coinvolgimento del caregiver nella realizzazione di programmi terapeutici da realizzare dopo la dimissione e la disponibilità di una valida organiz-zazione sanitaria e sociale territoriale consentono di ridurre i tempi di degenza presso le strutture ospedaliere.

L’accesso ad unità assistenziali dedicate ai soggetti che hanno subito un ictus, organizzate se-condo un approccio interdisciplinare, influenza favorevolmente la prognosi funzionale dopo l’ic-tus.

È indicato inserire nel progetto riabilitativo tutti i programmi specifici dedicati al recupe-ro delle singole attività compromesse dal danno cerebrovascolare. Tali programmi sono aggiornati a seconda dell’evoluzione clinica e funzionale.

È indicato valutare la disabilità del paziente prima e dopo il trattamento riabilitativo, mediante scale validate e di uso comune, come il Barthel Index e la Functional Independence Measure (FIM).

Entro i primi giorni dall’ammissione a strutture riabilitative, è indicato realizzare un bilan-cio delle condizioni cliniche e funzionali del soggetto colpito da ictus e del contesto socio-sanitario nel quale egli vive. La valutazione deve comprendere sia misure di auto-nomia sia parametri relativi alle abilità motorie e cognitive.

È indicato sottoporre tutti i soggetti con problemi di comunicazione, cognitivi od emotivi ad una valutazione neuropsicologica e comportamentale completa.

È indicato definire gli obiettivi del trattamento riabilitativo secondo una sequenza tem-porale in funzione dell’esito atteso. Gli obiettivi intermedi e finali devono essere noti al paziente.

Nella pianificazione dell’intervento riabilitativo è indicato definire le priorità di trattamen-to in ragione della gerarchia funzionale del recupero dell’autonomia e delle necessità assistenziali.

È indicato che il progetto riabilitativo sia il prodotto dell’interazione tra il paziente e la sua famiglia ed un team interprofessionale, coordinato da un esperto nella riabilitazione dell’ictus. Il team deve riunirsi periodicamente per identificare i problemi attivi, definire gli obiettivi riabilitativi più appropriati, monitorare i progressi e pianificare la dimissione.

È indicato vagliare la disponibilità di risorse destinate a tutta la durata del recupero, prima della proposta di programmi riabilitativi, onde accertarne la fattibilità.

Nel contesto di un progetto riabilitativo comprendente tecniche compensatorie è indica-to prevedere la possibilità di utilizzare presidi, quali ortesi ed ausili, verificandone la pos-sibilità di impiego da parte del paziente.

È indicato programmare controlli longitudinali destinati alla verifica del raggiungimento degli obiettivi sulla base della previsione del tempo necessario all’ottenimento dei risulta-ti attesi e valutare l’autonomia raggiunta dal paziente nelle attività della vita quotidiana utilizzando una scala validata (Indice di Barthel o Functional Independence Measure [FIM])

Per migliorare qualità, efficienza ed appropriatezza dell’intervento riabilitativo è indicata l’adozione, da parte del servizio, di un sistema di verifica e revisione della qualità (VRQ) e, se possibile, di procedure che portino alla certificazione ISO.

Nella definizione del progetto riabilitativo è indicato coinvolgere il paziente ed i familiari al fine di promuovere le strategie di miglioramento dell’assistenza sia attraverso l’adde-stramento del caregiver che mediante l’intervento di gruppi di supporto.

Nel piano di dimissione dalla struttura ospedaliera dopo la fase acuta, è indicato fornire alle strutture (ospedaliere o territoriali) che accoglieranno il paziente, una stima della pro-gnosi funzionale e tutte le informazioni utili alla continuità assistenziale.

Per quanto riguarda il ruolo dei farmaci nel processo di riabilitazione, è in corso di valutazione l’azione di alcuni farmaci che potrebbero potenziare le attività finalizzate al recupero dopo unictus. È altresì da valutare accuratamente il possibile effetto negativo che alcuni farmaci hanno sul processo di recupero.

È indicato che gli operatori attivi nei servizi dedicati ai soggetti colpiti da ictus, siano competenti sia nei trattamenti specifici delle malattie cerebrovascolari che nella riabilita-zione, sia a livello dell’ospedale che del territorio, utilizzando protocolli concordati di trat-tamento, programmi informativi e di aggiornamento per gli operatori sanitari, i malati ed i caregiver.

Sintesi 14–13

Sintesi 14–14

Raccomandazione 14.7 Grado D
Raccomandazione 14.8 Grado D
Raccomandazione 14.9 Grado D
Raccomandazione 14.10 Grado D
Raccomandazione 14.11 Grado D
Raccomandazione 14.12 ❊GPP
Raccomandazione 14.13 Grado C
Raccomandazione 14.14 ❊GPP
Raccomandazione 14.15 Grado D
Raccomandazione 14.16 Grado D
Raccomandazione 14.17 ❊GPP
Raccomandazione 14.18 Grado D
Raccomandazione 14.19 Grado D

Sintesi 14–15

Raccomandazione 14.20 Grado A Raccomandazione 14.21 ❊GPP

Raccomandazione 14.22 Grado D

Sintesi 14–16

Raccomandazione 14.23 Grado C
Raccomandazione 14.24 Grado A
Raccomandazione 14.25 Grado C

Sintesi 14–17

Raccomandazione 14.26 Grado C
Raccomandazione 14.27 Grado C
Raccomandazione 14.28 Grado C
Raccomandazione 14.29 Grado C
Raccomandazione 14.30 Grado B
Raccomandazione 14.31 Grado B

Sintesi 14–18

Raccomandazione 14.32 Grado C

Sintesi 14–19

È indicato che i servizi dedicati alle malattie cerebrovascolari tengano particolarmente conto delle specifiche esigenze assistenziali dei soggetti colpiti da ictus nelle varie fasce d’età.

È indicato valutare i risultati del processo assistenziale, rispetto al progetto riabilitativo ed agli obiettivi a breve e lungo termine, relativamente all’attività sia dell’intero team, che dei singoli operatori professionali.

La condizione di immobilità e le limitazioni funzionali che si realizzano nella fase acuta dell’ictus possono indurre un danno secondario e terziario, intesi come menomazioni strutturali o funzio-nali che compromettono le possibilità di recupero.

Nei primi giorni dopo l’evento ictale è indicato che gli operatori della struttura destinata alla fase di acuzie attuino un protocollo di intervento che tenga conto di: stato di coscienza e abilità cognitive, capacità di deglutire, stato nutrizionale, rischio di decubiti, esigenze del paziente correlate alle limitazioni motorie.

Entro la prima settimana dal ricovero è indicato attivare lo staff cui compete l’assistenza a fini riabilitativi.

È indicato che il paziente venga trattato intensivamente, compatibilmente con le sue caratteristiche e con quelle della struttura, orientando l’addestramento verso l’acquisizio-ne di competenze utilizzabili in attività pratiche e programmando incontri costanti con i fisioterapisti.

Il ripristino delle attività abituali del soggetto colpito da ictus si basa sui processi di recupero intrinseco e compensatorio. I dati attualmente disponibili non consentono di documentare una maggiore efficacia di alcune metodiche rieducative rispetto ad altre. Sono per questo incorag-giati studi clinici controllati relativi ai singoli trattamenti riabilitativi.

È indicato che i familiari del soggetto colpito da ictus vengano informati, in maniera chiara, sulle conseguenze dell’ictus, soprattutto in termini di deterioramento cognitivo, incontinenza sfinterica e disturbi psichici, oltre che sulle strutture locali e nazionali fruibili per l’assistenza al soggetto malato.

È indicato il coinvolgimento degli operatori sociali, al fine di organizzare e supportare le risorse disponibili, ma anche di contenere lo stress dei familiari del soggetto colpito da ictus.

È indicato che ogni paziente, ancora disabile a distanza di sei mesi o più da un ictus sia ri-valutato al fine di definire le ulteriori esigenze riabilitative, da realizzare se appropriate.

È indicato considerare con particolare attenzione i soggetti con cerebrolesione grave, al fine di definire le possibilità di recupero ed identificare il percorso assistenziale più profi-cuo, sia nelle strutture ospedaliere che nel territorio.

Sono indicati il posizionamento (igiene posturale) e la mobilizzazione segmentaria degli arti del paziente con ictus, al fine di minimizzare il rischio individuale delle complicazioni più frequenti, quali le contratture, le infezioni delle vie respiratorie, la spalla dolorosa ed i decubiti.

È indicato stimolare ed incoraggiare i pazienti con ictus alla partecipazione alle attività quotidiane e promuovere l’abbandono precoce del letto (verticalizzazione precoce), attra-verso l’acquisizione dell’allineamento in posizione seduta entro il terzo giorno, se non sussistono controindicazioni al programma.

La rieducazione del controllo posturale e della deambulazione beneficia dell’intervento riabilitati-vo precoce. Non è documentata la superiorità di alcuni approcci su altri nel raggiungere questo obiettivo. Limitate evidenze sembrano suggerire un vantaggio di tecniche orientate all’apprendi-mento di sequenze motorie nel contesto abituale del paziente.

È sempre indicato attivare un programma di riabilitazione dell’arto superiore paretico entro i primi tre mesi.

Il recupero funzionale dell’arto superiore rappresenta un obiettivo a breve e medio termine del progetto riabilitativo. Per il recupero sono globalmente indicate tecniche di integrazione sensiti-vo-motoria, benché l’evidenza a supporto dei singoli approcci sia ancora modesta. Alcuni van-taggi in pazienti selezionati possono derivare da approcci di “uso forzato indotto da immobiliz-zazione dell’arto sano”.

Il trattamento dell’afasia è mirato a:

a.
recuperare la capacità di comunicazione globale, di comunicazione linguistica, di lettura, di scrittura e di calcolo;
b.
promuovere strategie di compenso atte a superare i disordini di comunicazione;
c.
addestrare i familiari alle modalità più valide di comunicazione. Le modalità di trattamento dell’afasia più frequentemente utilizzate sono:
a.
approcci mirati al controllo di disturbi specifici;
b.
modalità di reintegrazione del processo linguistico secondo i modelli cognitivi più condivisi;

trattamenti stimolo-risposta.

In presenza di disturbi del linguaggio sono indicati una dettagliata valutazione da parte di operatori competenti ed il coinvolgimento di un terapista del linguaggio (logopedista).

È indicato un trattamento riabilitativo della comunicazione secondo l’approccio ritenuto più appropriato sulla base delle caratteristiche del paziente e delle competenze degli operatori.

In presenza di disturbi settoriali persistenti del linguaggio, come quelli di lettura, è indi-cato un approccio specifico.

Il deficit dell’orientamento spaziale e dell’attenzione comporta un peggioramento degli esiti fun-zionali di un soggetto colpito da ictus.Il trattamento dell’emi-inattenzione è mirato a migliorare le capacità di esplorazione sensorialesia per lo spazio personale che peri-personale.Le modalità utilizzate per il trattamento dell’emi-inattenzione sono basate su addestramenti spe-cifici ed approcci mirati ad incrementare il livello attentivo generale.

È indicato il trattamento dei disturbi dell’orientamento spaziale dell’attenzione con metodiche di addestramento selettivo. Sono necessarie ulteriori verifiche a supporto del-l’adozione di procedure basate sull’uso di prismi o della stimolazione vestibolare.

Il trattamento dell’aprassia è mirato a recuperare la capacità di programmare il gesto attraverso modalità stimolo-risposta o reintegrazione del gesto secondo i modelli cognitivi più condivisi o con approcci di tipo ecologico.

È indicato un trattamento riabilitativo specifico dell’aprassia bucco-facciale o degli arti nei soggetti con persistenza del disturbo dopo la fase acuta.

I dati disponibili derivanti da due revisioni Cochrane non consentono di trarre conclusioni sull’ef-ficacia del trattamento mirato a potenziare le prestazioni attentive e mnesiche nei pazienti con patologia cerebrovascolare.

Per realizzare un programma di verifica e di riabilitazione neuropsicologica è indicato assicurarsi la motivazione e la costante collaborazione del paziente, un adeguato adde-stramento dei familiari ed un’efficiente collaborazione da parte di tutti gli operatori pro-fessionali del team riabilitativo.

L’impiego di tecniche di integrazione sensitivo-motoria, agopuntura e stimolazione elettrica transcutanea (TENS), è basato sui risultati ottenuti in ambito sperimentale piuttosto che clinico. Non sono evidenziabili vantaggi aggiuntivi derivanti dall’associazione di elettrostimolazione (FES, TENS) o agopuntura a trattamenti chinesiterapici. L’utilizzo di queste tecniche può essere consi-derato in casi particolari per il controllo di sindromi dolorose.

L’impiego di tecniche di agopuntura e stimolazione elettrica transcutanea, da sole o in associazione al trattamento chinesiterapico, per il trattamento di sindromi dolorose, al di fuori della spalla, è indicato solo nell’ambito di studi clinici controllati.

L’utilizzo della stimolazione elettrica transcutanea è indicato solo per il controllo di sin-dromi dolorose della spalla del lato plegico in casi particolari.

Sia nella fase acuta che in quella post-acuta, è indicata la verifica dei fattori potenzial-mente responsabili di una sindrome dolorosa cronica dell’arto superiore.

Non sono al momento documentabili sicuri benefici ottenuti da approcci chinesiterapici nel trat-tamento della spalla dolorosa dopo l’ictus. L’elettrostimolazione consente di ottenere un miglio-ramento dell’escursione articolare scapolo-omerale senza un persistente beneficio sulla disabili-tà focale.

Nei primi giorni dopo l’ictus è indicato uno screening tempestivo del rischio di aspirazio-ne, da parte di personale addestrato. In caso di alterazione della deglutizione è opportu-no l’intervento di un logopedista e l’adozione di misure idonee da parte dello staff.

È indicato prevenire la condizione di malnutrizione emergente dalla disfagia mediante strategie di nutrizione enterale, quali sondino naso-gastrico e gastrostomia percutanea.

Sintesi 14–20

Raccomandazione 14.33 Grado D
Raccomandazione 14.34 Grado B
Raccomandazione 14.35 Grado C

Sintesi 14–21

Raccomandazione 14.36 Grado A

Sintesi 14–22

Raccomandazione 14.37 Grado C

Sintesi 14–23

Raccomandazione 14.38 ❊GPP

Sintesi 14–24

Raccomandazione 14.39 ❊GPP
Raccomandazione 14.40 Grado C
Raccomandazione 14.41 Grado C

Sintesi 14–25

Raccomandazione 14.42 a Grado B

Raccomandazione 14.42 b Grado D Raccomandazione 14.42 c Grado D

Raccomandazione 14.42 d Grado D

Raccomandazione 14.43 ❊GPP

Raccomandazione 14.44 Grado C
Raccomandazione 14.45 Grado D
Raccomandazione 14.46 Grado D
Raccomandazione 14.47 ❊GPP
Raccomandazione 14.48 ❊GPP
Raccomandazione 14.49 Grado B
Raccomandazione 14.50 Grado D
Raccomandazione 14.51 Grado B
Raccomandazione 14.52 Grado D
Raccomandazione 14.53 ❊GPP
Raccomandazione 14.54 a ❊GPP
Raccomandazione 14.54 b ❊GPP

Raccomandazione 14.54 c Grado D

Raccomandazione 14.54 d Grado D

È indicato valutare attentamente lo svezzamento dalla nutrizione enterale nei soggetti con indici prognostici favorevoli ed eseguirlo con modalità standardizzata comprensiva di monitoraggio clinico, videofluoroscopico e/o endoscopico, eseguito da personale spe-cializzato.

È indicato garantire costantemente, in tutte le fasi dello svezzamento dalla nutrizione parenterale, un adeguato apporto calorico ed idrico.

È indicato che le unità assistenziali attivino protocolli predefiniti per gestire le condizioni di incontinenza o ritenzione urinaria e fecale. Il bilancio del paziente incontinente è un’at-tività di nursing che prende il via, insieme alle relative misure assistenziali, fin dal momento del ricovero. I protocolli adottati debbono prevedere le condizioni di utilizzo del catetere, la necessità di una valutazione urodinamica e della funzionalità anorettale, i pre-sidi da utilizzare sia durante la degenza che dopo la dimissione, considerando anche gli eventuali ostacoli all’attività sessuale.

Nei soggetti con incontinenza vescicale persistente è indicata una valutazione clinico-funzionale specialistica, comprensiva di esame urodinamico, al fine di programmare una rieducazione alla minzione volontaria.

È indicato che tutti i pazienti che dopo un ictus hanno problemi con le attività della vita quotidiana siano valutati e trattati da un terapista occupazionale con specifiche compe-tenze neurologiche.

È indicata la costante valutazione della necessità di ausili, la loro eventuale prescrizione alla luce delle aspettative del paziente e della famiglia, e la pronta fornitura di quelli rite-nuti necessari.

Prima del rientro a domicilio del soggetto colpito da ictus, è indicato realizzare gli adat-tamenti ambientali consigliati.

Nella fase post ospedaliera è indicato attivare tutte le risorse territoriali mirate a poten-ziare il recupero e facilitare il reinserimento nell’ambiente sociale, tenendo conto delle indicazioni formulate dal team attivo nella fase post-acuta.

È indicato incoraggiare i pazienti reduci da un ictus, che in precedenza lavoravano, a ritornare alle loro occupazioni, se le loro condizioni lo permettono. Se necessario, il paziente dovrebbe ricorrere ad un intervento di consulenza in merito alle varie possibilità professionali.

I pazienti possono presentare, oltre ai postumi dell’evento cerebrovascolare, altri disturbi, come comorbosità preesistenti o complicazioni dell’evento ictale (spasticità, depressione, malnutrizio-ne, patologie articolari e/o dolorose, cadute…). Tali disturbi, nei pazienti con postumi di ictus, non devono essere considerati ineluttabili, ma devono essere adeguatamente valutati e trattati, in quanto altrimenti possono condizionare negativamente il processo riabilitativo.

In presenza di spasticità, di entità tale da indurre dolore o compromettere la ripresa fun-zionale, è indicato un trattamento miorilassante.

Nell’ambito di un programma di trattamento della spasticità, dopo aver valutato la rispo-sta o la tollerabilità degli antispastici orali, quali la tizanidina, è indicato l’impiego dellatossina botulinica nel trattamento focale, a livello dell’arto inferiore o superiore.

Fra i soggetti che hanno ripreso a camminare dopo un ictus, è indicato:1.identificare i pazienti a rischio di cadute,2.attuare un trattamento riabilitativo specifico,3.adottare modifiche ambientali per prevenire le cadute, attraverso la facilitazione del-

l’accessibilità ai servizi igienici, il miglioramento dell’illuminazione, il trattamento dei

pavimenti scivolosi, e l’aumento della sorveglianza.

Benché non esistano evidenze a supporto dell’efficacia di un approccio riabilitativo atto a migliorare deficit di attenzione e di memoria, dato il grave impatto funzionale del deterio-ramento cognitivo in pazienti con ictus è indicato l’utilizzo di approcci basati sullo sfrut-tamento di abilità residue e un’adeguata educazione del caregiver.

Nelle fasi precoci post-ictus è indicato attuare il corretto posizionamento della spalla, l’utilizzo dei supporti morbidi e l’astensione da manovre di trazione della spalla plegica.

Successivamente alla fase precoce post-ictus, nei casi in cui si verifica una sublussazio-ne di spalla, è indicato eseguire uno studio radiologico.

In caso di sublussazione della spalla è indicata la prescrizione di un supporto per spalla e la Stimolazione Elettrica Funzionale (FES).

Se si presenta una rilevante sintomatologia dolorosa a livello della spalla, è indicata la possibilità di un’infiltrazione con steroidi.

Sintesi e Raccomandazioni 35
Nei casi di persistente sindrome dolorosa centrale è indicato un trattamento antidolorifi-Raccomandazione 14.55 Grado C
co con antiepilettici (gabapentin od altro), o con triciclici (amitriptilina od altro) con
dosaggio da personalizzare.
È indicato introdurre nella cartella clinica una valutazione nutrizionale, che dovrebbe Raccomandazione 14.56 ❊GPP
seguire il paziente durante le diverse fasi della degenza, in quanto le sue necessità nutri
zionali cambiano nel tempo. I dati derivati dalla cartella nutrizionale dovrebbero essere
inseriti tra le variabili utilizzate negli studi di prognosi.
In pazienti con ictus, obesi o cardiopatici, è indicata una valutazione ossimetrica e poli-Raccomandazione 14.57 Grado D
sonnografica per valutare la presenza di apnee notturne. In questi casi è necessario rea
lizzare un programma di riduzione del peso, abolizione degli alcolici, miglioramento del
l’apertura nasale ed evitare la posizione supina notturna.
Le attività sanitarie di riabilitazione sono realizzabili in una rete di strutture assistenziali dedicate, Sintesi 14–27
differenziate in attività di riabilitazione intensiva ed estensiva in relazione alla tipologia ed all’in
tensità dell’intervento.
È indicato effettuare la riabilitazione intensiva in una rete appositamente organizzata, Raccomandazione 14.58 Grado C
che comprenda sia strutture ospedaliere che particolari strutture assistenziali extraospe
daliere.
Nei soggetti con ictus lieve, è indicato pianificare l’attività di riabilitazione nelle strutture Raccomandazione 14.59 Grado C
territoriali.
Non è indicato considerare età avanzata e gravità clinica tra i fattori di esclusione per Raccomandazione 14.60 Grado B
un trattamento riabilitativo ospedaliero.
Nei soggetti con disabilità medio-lieve, in alternativa al ricovero prolungato, è indicata la Raccomandazione 14.61 Grado B
dimissione precoce dalla struttura ospedaliera riabilitativa, se supportata da un team
multidisciplinare esperto, operativo nella realtà territoriale, collegato o sovrapponibile allo
stesso team attivo nel reparto di degenza.
È indicato che i servizi ospedalieri dedicati ai soggetti colpiti da ictus adottino un proto-Raccomandazione 14.62 ❊GPP
collo e linee guida locali di dimissione ed allertino il centro di riabilitazione intensiva o il
servizio territoriale di riferimento il più precocemente possibile.
Prima della dimissione dalla struttura ospedaliera è indicato assicurarsi che il paziente e Raccomandazione 14.63 ❊GPP
la famiglia siano preparati e pienamente coinvolti, che il medico di medicina generale, i
distretti sanitari ed i servizi sociali siano informati al fine di garantire la prosecuzione del
l’assistenza sul territorio senza ritardi e che gli utenti siano informati sulla presenza di
associazioni e gruppi di volontariato.
È indicato programmare un day hospital riabilitativo per i pazienti che richiedono la pro-Raccomandazione 14.64 Grado D
secuzione del trattamento con approccio intensivo e multidisciplinare (medico, fisiotera
pico, cognitivo e occupazionale).
È indicata la prosecuzione del trattamento riabilitativo presso i centri ambulatoriali di Raccomandazione 14.65 Grado D
riabilitazione per i pazienti nei quali è motivato l’intervento di un team interdisciplinare,
ma non è richiesto un approccio intensivo.
È indicata la riabilitazione domiciliare quando si rende necessaria un’attività di addestra-Raccomandazione 14.66 Grado D
mento rivolta al paziente ed al caregiver per esercizi e mobilizzazioni autogestiti, per l’uti-
lizzo di ausili e protesi o per altre forme di terapia occupazionale di breve durata.
È indicato fornire ai caregiver tutti gli ausili necessari per posizionare, trasferire e aiutare Raccomandazione 14.67 Grado D
il paziente minimizzando i rischi.
Prima della dimissione dall’ospedale è indicato fornire una valutazione dell’abitazione Raccomandazione 14.68 Grado D
del paziente, al fine di realizzare un adattamento della struttura.
È indicata una valutazione dei pazienti che vivono a casa entro un anno dall’ictus, da Raccomandazione 14.69 Grado B
parte di un team multidisciplinare, ai fini della eventuale riprogrammazione di un tratta-
mento riabilitativo.
L’ictus rappresenta una causa frequente di mortalità e disabilità in età avanzata. Nel paziente Sintesi 14–28
anziano, la disabilità secondaria all’ictus spesso si sovrappone a quella determinata dalla
comorbosità.
È indicato che il team dedicato all’assistenza territoriale controlli periodicamente (ogni Raccomandazione 14.70 Grado D
sei mesi) il mantenimento delle attività e la partecipazione del soggetto anziano colpito
da ictus.
È indicato che i soggetti colpiti da ictus siano sottoposti a controlli periodici delle condi-Raccomandazione 14.71 Grado D
zioni cardiocircolatorie metaboliche, così come delle variazioni di peso, al fine di control
lare i fattori di rischio di danno cerebrovascolare ed adeguare il trattamento farmacologi
co alle variazioni del quadro clinico o dei parametri di laboratorio.
Raccomandazione 14.72 Grado D
Raccomandazione 14.73 ❊GPP
Raccomandazione 14.74 ❊GPP
Raccomandazione 14.75 Grado B
Raccomandazione 14.76 Grado D

Sintesi 14–29

Raccomandazione 14.77 ❊GPP

Raccomandazione 14.78 a Grado D

Raccomandazione 14.78 b Grado D

Raccomandazione 14.78 c Grado D

Raccomandazione 14.79 Grado C

Sintesi 14–32

Sintesi 14–33

Raccomandazione 14.80 Grado A

L’intervento riabilitativo a distanza dall’evento ictale è indicato in caso di degrado dello stato funzionale e deve essere orientato su specifici obiettivi riabilitativi.

È indicato un programma a lungo termine di realizzazione autonoma delle attività quoti-diane, al fine di limitare il degrado del livello di autonomia raggiunto con la riabilitazione intensiva od estensiva.

Nell’iter riabilitativo del paziente anziano sono indicati la valutazione ed il trattamento delle comorbosità, anche di quelle non di natura cardiovascolare.

È indicato che la riabilitazione del paziente anziano con ictus sia guidata da un proces-so di valutazione multidimensionale geriatrica.

È indicata l’organizzazione in rete dei servizi per l’anziano, ivi compresi quelli riabilitativi, sotto la guida dell’Unità di Valutazione Geriatrica e con il coordinamento da parte del case manager, che valuti i bisogni assistenziali del paziente e lo indirizzi al servizio che, di volta in volta, meglio risponde alle sue necessità.

I pazienti in età molto avanzata sono spesso esclusi senza plausibile giustificazione dai percorsi riabilitativi. Tale esclusione riduce fortemente le possibilità di recupero e di mantenimento dell’autonomia funzionale.

Nel paziente in età avanzata è indicata l’adozione di protocolli riabilitativi flessibili e, se necessario, di durata maggiore rispetto a quelli utilizzati nei soggetti più giovani.

Gli obiettivi nutrizionali durante il periodo di riabilitazione del paziente affetto da ictus sono fina-lizzati alla prevenzione e alla correzione di un eventuale stato di malnutrizione. L’impostazione del trattamento nutrizionale del paziente affetto da ictus in fase riabilitativa richiede lo studio pre-liminare della deglutizione, l’esecuzione di protocolli diagnostici per la valutazione dello stato nutrizionale e del rischio nutrizionale, nonché l’attivazione di procedure per garantire un’adegua-ta gestione nutrizionale del paziente durante il ricovero. La copertura dei fabbisogni va raggiunta gradualmente, specie se il soggetto ha affrontato un lungo periodo di digiuno e presenta uno stato nutrizionale compromesso.

È indicato che il paziente non disfagico con stato di nutrizione normale sia alimentato con una dieta normale per os, in grado di coprire i fabbisogni nutrizionali propri della sua età e sesso, secondo quanto stabilito dai “Livelli di Assunzione Raccomandata di energia e Nutrienti” (LARN). In presenza di patologie associate, vanno applicate le linee guida dietetiche relative alle specifiche patologie.

Il trattamento dietetico della disfagia prevede l’uso di alimenti e bevande a densità modificata, somministrati secondo quattro livelli progressivi: dieta purea, dieta tritata, dieta morbida e dieta normale modificata. La supplementazione con integratori dietetici è indicata nei casi in cui l’as-sunzione alimentare è inadeguata.

Nel soggetto affetto da malnutrizione proteico-energetica, è indicato aumentare gli apporti in modo da correggere progressivamente lo stato carenziale, eventualmente uti-lizzando integratori dietetici od alimenti arricchiti.

Nel soggetto con malnutrizione proteico-energetica, in presenza di rilevazioni confermate nel tempo di assunzione dietetica insufficiente, è indicato considerare la nutrizione artifi-ciale per mezzo di sondino naso-gastrico o gastrostomia percutanea endoscopica (PEG).

Nel soggetto disfagico in cui è appropriata l’alimentazione per os, è indicato l’impiego della dieta progressiva per disfagia, che prevede quattro livelli: dieta purea, dieta tritata, dieta morbida e dieta normale modificata. La presenza di disfagia completa è un’indica-zione per la nutrizione artificiale.

Al momento della dimissione il personale della struttura riabilitativa fornisce al paziente ed aifamiliari il programma dietetico, concordato in base alle esigenze del paziente, ed informazionipratiche finalizzate a favorire un’adeguata copertura dei fabbisogni energetici, idrici e di nutrienti.I familiari vanno informati ed addestrati sulle modalità di monitoraggio domiciliare dello statonutrizionale attraverso la rilevazione del peso corporeo e dei consumi alimentari.

L’informazione e l’educazione sulla malattia e sui giusti comportamenti da tenere, se fatte conun linguaggio e con strumenti adeguati, in luoghi strutturati e con tempi programmati, può esse-re utile in ogni fase della malattia.Sono necessari nuovi studi per individuare quale tipo di informazione e con quali modalità è piùcorretto che sia effettuata.Nella progettazione di questi studi è necessario coinvolgere i malati e i caregiver.

L’intervento educativo ed informativo porta risultati positivi nella conoscenza della malat-tia ictus da parte dei pazienti e dei familiari. È indicato organizzare tale intervento nel tempo con sedute periodiche alle quali dovrebbero partecipare pazienti, caregiver e team interdisciplinare.

È indicato creare luoghi e programmare tempi strutturati sin dall’inizio della fase acuta, fino al reinserimento sociale, per favorire l’incontro, la discussione e la collaborazione.

È indicato programmare azioni dirette a favorire l’educazione e la partecipazione del caregiver e del paziente all’attività di cura, al fine di migliorare il benessere psichico del soggetto colpito da ictus e facilitare il processo di riabilitazione.

È indicato fornire un recapito telefonico, affidato ad operatori competenti, destinato ai malati ed ai familiari di pazienti colpiti da ictus, al fine di realizzare interventi programmati e di fornire chiarimenti in caso di necessità.

Raccomandazione 14.81 Grado D
Raccomandazione 14.82 Grado D
Raccomandazione 14.83 Grado D

Sintesi 15–1

Sintesi 15–2

Sintesi 15–3

Raccomandazione 15.1 Grado C

Sintesi 15–5

Sintesi 15–6

Sintesi 15–8

Sintesi 15–10

Sintesi 15–11

Sintesi 15–12

Sintesi 15–13

Sintesi 15–14

Raccomandazione 15.5 Grado C

Raccomandazione 15.6 Grado C

❊GPP

COMPLICANZE PSICO-COGNITIVE DELLICTUS

Un episodio depressivo che insorge entro 6-12 mesi dopo un ictus è evento frequente. Si stima che un disturbo dell’umore si verifichi in circa il 30% dei sopravvissuti, anche se esiste una note-vole variabilità fra studio e studio, legata a problematiche diagnostico-metodologiche.

Formulare una diagnosi di depressione post-ictus richiede attenzione, in quanto esiste un eleva-to rischio di sovrastima e di sottostima diagnostica, in parte attribuibile alla presenza di sintomi somatici ed in parte alle differenti modalità di approccio degli esaminatori.

Disturbi neuropsicologici quali afasia, anosognosia, emidisattenzione e deterioramento cognitivo possono influire sia sulla possibilità di comunicazione sia sull’attendibilità delle risposte dei pazienti con depressione post-ictus.

Per la diagnosi clinica di depressione post-ictus è indicato, oltre al DSM-IV-TR, abitual-mente utilizzato per la classificazione dei disturbi dell’umore, un approccio clinico multi-dimensionale (colloquio con il paziente, con i familiari, personale non medico, test e scale specifici).

Le comuni scale di derivazione psichiatrica si sono dimostrate equivalenti nel valutare la presen-za di depressione post-ictus, anche se viene suggerita l’adozione di limiti specifici di classifica-zione, più bassi degli usuali.

È indicato utilizzare le scale di valutazione di derivazione psichiatrica essenzialmente per la quantificazione ed il monitoraggio dei sintomi della depressione post-ictus.

Attualmente esiste una sola scala specifica per la valutazione della depressione post-ictus, la Post-Stroke Depression Rating Scale (PSDRS).

È indicato ricercare la presenza di depressione post-ictus anche nei pazienti afasici, uti-lizzando criteri di valutazione clinica e strumenti non verbali.

È indicato ricercare la possibile presenza di depressione post-ictus già in fase acuta, prima di iniziare la riabilitazione, e comunque durante il primo anno dall’evento, allo scopo di ridurre la disabilità del soggetto, il carico sul caregiver ed i costi della malattia.

I pazienti con depressione post-ictus presentano, rispetto ai pazienti con depressione funziona-le, una minore melanconia ma più segni fisici di depressione (astenia, disturbi del sonno, di con-centrazione, dell’appetito, etc.). Inoltre essi lamentano generalmente molti più sintomi somatici rispetto ai pazienti con postumi di ictus ma non depressi.

Nel caso della depressione post-ictus la distinzione tra depressione maggiore e minore non è universalmente accettata.

L’eziopatogenesi della depressione post-ictus è verosimilmente multifattoriale. Le persone di sesso femminile, con precedenti psichiatrici e/o cerebrovascolari, con scolarità elevata, con marcata disabilità e con problematiche familiari e sociali sono più esposte al rischio di depressione.

Il rischio di depressione post-ictus non è associato alla sede della lesione cerebrale, e l’inclusio-ne dei pazienti afasici in molti studi ha contribuito alla creazione di dati contrastanti.

La depressione post-ictus aumenta il rischio di mortalità sia a breve che a lungo termine dopo l’evento ictale.

La depressione post-ictus rappresenta un fattore prognostico sfavorevole sullo stato funzionale del paziente sia a breve che a lungo termine.

La depressione post-ictus aumenta il rischio di cadute del paziente e ne peggiora la qualità di vita.

La depressione post-ictus è tuttora un disturbo largamente non trattato, anche se ormai esisto-no evidenze che i farmaci antidepressivi possono essere utilizzati anche in pazienti con patolo-gie organiche.

Un trattamento antidepressivo può influenzare positivamente il recupero funzionale, ma non annullare l’impatto sfavorevole della depressione post-ictus sullo stesso.

Qualora si evidenzi un quadro di depressione post-ictus, è indicato iniziare precocemen-te un trattamento antidepressivo, anche per ridurne l’impatto sfavorevole sull’attività riabilitativa.

Per il trattamento farmacologico della depressione post-ictus è indicato utilizzare gli ini-bitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) per il loro miglior profilo di tolle-rabilità.

Si ritiene utile prolungare il trattamento farmacologico della depressione post-ictus per almeno 4-6 mesi.

La malattia cerebrovascolare comporta un aumento del rischio di decadimento cognitivo.

La demenza vascolare rappresenta la seconda più frequente forma di decadimento cognitivo cronico. Circa il 20%-25% dei casi di demenza è dovuto alle malattie cerebrovascolari.

I dati sulla prevalenza fanno ritenere che esistano, attualmente, in Italia, circa 150·000 soggetti affetti da demenza di origine vascolare.

I dati di incidenza fanno ritenere che in Italia circa 40·000 nuovi soggetti si ammalino di demen-za vascolare ogni anno.

La demenza vascolare è un fattore prognostico fortemente sfavorevole, presentando un aumen-to del tasso di mortalità sia rispetto alla popolazione generale sia in confronto a soggetti affetti da demenza degenerativa.

Sono fattori di rischio primari per la demenza vascolare:

  1. ipertensione arteriosa;

  2. età;

  3. fibrillazione atriale;

  4. diabete mellito;

  5. infarto miocardico;

  6. fumo e alcol.

Sono fattori di rischio secondari per la demenza vascolare:

    un basso livello di scolarità

  1. il riscontro dell’allele e4 del gene ApoE

Sono fattori neuro-radiologici predittivi per la demenza vascolare:

  • la presenza di infarti bilaterali, multipli, localizzati nell’emisfero dominante e nelle strutture fronto- e meso-limbiche;

  • le alterazioni della sostanza bianca con estensione delle lesioni periventricolari e confluenza di quelle profonde.

Sulla base degli attuali criteri diagnostici la demenza vascolare è caratterizzata dalla presenza di deficit cognitivi (memoria, capacità strategiche, flessibilità mentale) associati ad un quadro clini-co e neuroradiologico suggestivi di malattia cerebrovascolare, possibilmente temporalmente correlati.

Poiché i disturbi della memoria non sono prevalenti nella demenza vascolare è indicato esplorare anche le funzioni esecutive.

La demenza vascolare comprende i quadri:

    multinfartuale;

    da singoli infarti strategici;

  1. da malattia dei piccoli vasi cerebrali;

  2. da ipoperfusione;

    emorragica.

I criteri per la diagnosi di demenza vascolare non sono intercambiabili: la frequenza più elevata di diagnosi di demenza vascolare è raggiunta adoperando i criteri DSM-IV-TR, che risultano essere i più inclusivi; la frequenza più bassa si ottiene adoperando i criteri National Institute of Neurological Disorders and Stroke – Association Internationale pour la Recherche et l’Enseignement en Neurosciences (NINDS-AIREN), i più restrittivi.

I criteri Alzheimer’s Disease Diagnostic and Treatment Centers (ADDTC) insieme allo Hachinski Ischemic Score (HIS) risultano essere i più sensibili per la diagnosi di demenza vascolare. I criteri NINDS-AIREN, associati all’HIS, i più specifici.

Allo Hachinski Ischemic Score, le caratteristiche distintive della demenza vascolare sono l’anda-mento fluttuante, la progressione “a gradini”, una storia di ipertensione e di ictus, e la presenza di segni neurologici focali.

Lo Hachinski Ischemic Score non è indicato come strumento unico per la diagnosi di demenza vascolare.

Il concetto di deterioramento cognitivo vascolare (VCI: Vascular Cognitive Impairment) è stato introdotto per definire i casi con deficit cognitivi che si ritengano espressione di danno vascolare pur non raggiungendo i criteri clinici necessari per la diagnosi di demenza vascolare.

Il termine di demenza mista indica i casi che presentano una sovrapposizione dei criteri per la demenza vascolare e di quelli per la malattia di Alzheimer. Secondo i criteri NINDS-AIREN, il ter-mine di demenza mista dovrebbe essere sostituito da quello di malattia di Alzheimer con cere-brovasculopatia, indicando con questo termine i casi di malattia di Alzheimer possibile con evi-denza clinica e strumentale di cerebrovasculopatia.

Sintesi 15–15

Sintesi 15–16

Sintesi 15–17

Sintesi 15–18

Sintesi 15–19

Sintesi 15–20

Sintesi 15–21

Sintesi 15–22

Sintesi 15–23

Raccomandazione 15.7 Grado C

Sintesi 15–24

Sintesi 15–25

Sintesi 15–26

Sintesi 15–27

Raccomandazione 15.8 ❊GPP

Sintesi 15–28

Sintesi 15–29

Raccomandazione 15.9 ❊GPP
Raccomandazione 15.10 ❊GPP
Raccomandazione 15.11 ❊GPP
Raccomandazione 15.12 Grado D
Raccomandazione 15.13 ❊GPP
Raccomandazione 15.14 ❊GPP
Raccomandazione 15.15 ❊GPP
Raccomandazione 15.16 Grado A

Sintesi 15–30

Raccomandazione 15.17 Grado A

Sintesi 15–31

Sintesi 15–32

Raccomandazione 15.19 Grado C

Sintesi 15–33

Raccomandazione 15.20 Grado C

Sintesi 15–34

È indicato che la quantificazione dei deficit cognitivi in fase acuta avvenga con test di rapida ed agevole somministrazione (al letto del malato), sufficientemente specifici per l’identificazione dei deficit neuropsicologici associati all’ictus, possibilmente tarati e con-trollati.

La somministrazione almeno del Mini Mental State Examination (MMSE) è indicata per l’identificazione di deficit cognitivi sin dalla fase acuta.

La valutazione specialistica neuropsicologica è indicata se l’osservazione clinica e/o il punteggio del MMSE suggeriscono la presenza di uno o più deficit cognitivi.

In presenza di diagnosi di demenza vascolare è indicata l’esecuzione degli esami di screening standard per le forme di demenza in generale.

L’eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici è indicato per studiare i fattori di rischio ed ezio-logici della demenza vascolare.

Il Doppler transcranico è indicato solo come test diagnostico complementare.

Non vi è indicazione a SPECT o PET, ad esami elettrofisiologici o all’esame del liquido cerebrospinale nella diagnosi di demenza vascolare, se non limitatamente a scopi scien-tifici o per la stratificazione dei soggetti nel contesto di studi clinici.

La ricerca di una mutazione del gene NOTCH 3 è indicata nel sospetto diagnostico di CADASIL.

Recentemente è stata suggerita l’opportunità di iniziare lo screening genetico dagli esoni 3, 4, 11, 19 (a più alta probabilità di mutazione) e di proseguire al sequenziamento di tutto il gene in caso di negatività di questo. Una mutazione tipica – aggiunta o perdita di una cisteina – dell’e-sone 4 è diagnostica nel 100% dei casi.

La biopsia di cute con indagine morfologica ultrastrutturale è indicata nei pazienti sinto-matici per sospetto CADASIL, avendo una specificità del 100%. Essa è da effettuare dopo lo studio dei primi esoni (3, 4, 11 e 19).

Nella diagnosi di demenza vascolare le tecniche di neuroimmagine possono risultare di partico-lare aiuto in quanto consentono di:

  1. escludere alterazioni che depongono per una eziologia del deterioramento cognitivo diversa da quella vascolare (presenza di neoplasie, atrofia corticale marcata, idrocefalo, ecc.);

  2. documentare la presenza di lesioni di natura vascolare;

  3. classificare le sottoforme di demenza vascolare in base al tipo di alterazione rilevata;

  4. fornire indicazioni per l’inclusione dei pazienti in studi clinici controllati.

Non esistono dati che possano, in presenza di lesioni come infarti territoriali corticali, sottocorti-cali o di confine, infarti lacunari strategici, alterazioni estese della sostanza bianca, fare sicura-mente attribuire il processo dementigeno alla/e alterazione/i individuata/e dalle comuni tecniche di indagine neuroradiologiche. Fenomeni di tipo neurodegenerativo potrebbero essere concomi-tanti e non individuabili dalle tecniche di neuroimmagine.

La TC cranio diretta o la RM encefalo con sequenze standard T1, T2, FLAIR sono indi-cate nella diagnosi di demenza vascolare. Di norma l’uso di mezzo di contrasto non appare necessario per nessuna delle due tecniche.

L’assenza di lesioni cerebrovascolari alla TC o RM è evidenza significativa contro una possibile diagnosi di demenza vascolare.

Gli interventi terapeutici nel campo della demenza vascolare possono essere distinti in:

  1. interventi di prevenzione primaria su soggetti definiti a rischio senza alterazioni cognitive;

  2. interventi di prevenzione secondaria su soggetti con alterazioni cognitive ma non ancora definibili come dementi;

  3. interventi terapeutici e di prevenzione secondaria su soggetti già definibili come dementi;

  4. interventi di prevenzione terziaria delle complicazioni in soggetti con demenza di grado avanzato.

È indicato trattare l’ipertensione arteriosa in tutti i soggetti al fine di prevenire la com-parsa di deterioramento cognitivo. Attualmente non vi sono dati comparativi che indichi-no che una classe farmacologica anti-ipertensiva sia più attiva delle altre nel prevenire la demenza.

I dati tratti dagli studi clinici su farmaci suggeriscono che:

  1. la nimodipina migliora alcune funzioni cognitive e l’impressione clinica globale;

  2. gli inibitori dell’acetilcolinesterasi (donepezil, galantamina, rivastigmina) hanno mostrato qualche efficacia nel trattamento di popolazioni eterogenee di pazienti con demenza vascolare, pura e associata a malattia di Alzheimer;

  3. nessuno di questi farmaci modifica significativamente le prestazioni nelle attività della vita quotidiana.

L’endoarteriectomia carotidea o il by-pass arterioso extra-intra-cranico non sono indica-ti per il trattamento dei disturbi cognitivi della demenza vascolare.

Dopo un ictus emisferico destro con disturbi visuo-percettivi e neglect, è indicata la riabilitazione dei disturbi visuo-spaziali.

Dopo un ictus emisferico sinistro con disturbi del linguaggio, è indicata la riabilitazione dei disturbi cognitivo-linguistici in fase acuta e subacuta.

In presenza di disturbi dell’attenzione nella fase acuta di un ictus è indicata la riabilita-zione di tali disturbi.

In presenza di disturbi della capacità di risolvere problemi (problem solving) in relazione ad attività della vita quotidiana nella fase subacuta di un ictus, è indicato l’addestramen-to formale a strategie di problem solving.

La riabilitazione dei disturbi della memoria dopo ictus non è attualmente indicata.

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Raccomandazione 15.21 ❊GPP
Raccomandazione 15.22 ❊GPP
Raccomandazione 15.23 ❊GPP
Raccomandazione 15.24 ❊GPP
Raccomandazione 15.25 ❊GPP
Raccomandazione 15.26 ❊GPP

Sintesi 16–1

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Sintesi 16–9

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INTEGRAZIONE TRA PREVENZIONE E RICERCA MULTIDISCIPLINARE

I principali aspetti della storia naturale dell’ictus su cui la ricerca multidisciplinare mirata alla sua prevenzione dovrà confrontarsi sono:

  • fattori di rischio;

  • alterazioni vascolari e parenchimali precedenti o conseguenti agli eventi vascolari;

    • aspetti clinici.

    • Gli aspetti metabolici di rischio da mettere a fuoco comprendono i fattori:
  • Lipidici: mancano risultati più solidi sul ruolo del colesterolo e dei trigliceridi come fattori di rischio per ictus;

  • Diabete mellito I e II: resta da chiarire il ruolo di un adeguato controllo dell’equilibrio glucidico nella prevenzione dell’ictus nei pazienti diabetici;

    • Iperomocisteinemia: i meccanismi attraverso cui l’omocisteina favorisce le malattie vascolari devono essere ancora del tutto chiariti nell’uomo; mancano studi estesi su popolazioni rap-presentative e l’applicazione di test semplici e di basso costo che misurino l’omocisteina e indaghino sulle basi molecolari specifiche per ciascun caso; resta da dimostrare in studi ade-guati se la riduzione dell’omocisteina ottenuta mediante supplementi vitaminici sia in grado di ridurre in prevenzione primaria o secondaria eventi clinici ischemici.

    • I più rilevanti aspetti genetici da mettere ulteriormente a fuoco comprendono:
  • sistema renina-angiotensina;

  • fattori di rischio correlati con l’emostasi;

  • metabolismo lipidico.

I principali obiettivi delle ricerche sui polimorfismi genici sono:

a.
attribuzione dei valori/livelli di vari enzimi e peptidi con funzioni diverse ai diversi genotipi;
b.
stima del rischio relativo/genotipo;
c.
ottenere la mappa del rischio genetico derivante dalla caratterizzazione di più genotipi o di

interi sistemi. Sarà parallelamente necessario mettere a punto tecniche rapide di screening molecolari perife-rizzabili. Promettenti sono le tecniche di screening multigene automatizzate che consentono di identificare genotipi di rischio. Si dovranno valutare le interazioni fra marker di rischio genetico per ictus e fattori ambientali.

La familiarità è oggi universalmente riconosciuta come uno dei fattori di rischio più importanti per sindromi ischemiche acute. Si dovrebbero impostare ricerche dedicate per:

a.
stimare un valore di incidenza e/o prevalenza;
b.
approfondire il rapporto geni-malattia anche in famiglie non numerose, grazie anche all’avvento delle nuove tecnologie;
c.
sviluppare strategie di prevenzione specifiche, con possibilità di terapie mirate in rapporto a genotipi particolarmente sensibili a determinatii trattamenti farmacologici.

Ulteriori studi dovranno precisare:

  • il significato della positività per anticorpi antifosfolipidi;

  • il loro potere predittivo positivo e negativo per eventi correlati all’ictus;

  • il problema dei falsi positivi.Studi appropriati dovranno dimostrare se altri marker biologici, quali gli anticorpi anti-beta 2 gli-coproteina I o anti-protrombina siano in grado di distinguere nell’ambito degli anticorpi antifosfo-lipidi quelli trombogeni da quelli con il solo significato di epifenomeno.

Anche se la letteratura indica che l’aumento del rischio di ictus in donne in età riproduttiva è molto basso in rapporto alla bassa incidenza di questa patologia in tale fascia di età, sono necessari dati epidemiologici ampi e definitivi circa la sicurezza dei trattamenti contraccettivi ormonali ai fini del rischio di ictus e sull’esistenza di sottogruppi a maggior rischio. Poiché un ruolo importante amplificante viene giocato da altri classici fattori di rischio per ictus sono auspi-cabili ulteriori studi che caratterizzino meglio i profili di rischio. È inoltre necessario studiare gli effetti dei diversi preparati ormonali di più recente introduzione sul rischio di ictus. Resta infine da stabilire se la terapia sostitutiva post-menopausale sia sempre controindicata dopo un ictus ischemico.

Nel complesso vari studi dimostrano che una moderata attività fisica è associata ad un ridotto rischio di ictus rispetto all’inattività ma i risultati vanno presi con cautela perché esiste una note-vole discrepanza nelle definizioni dei livelli di attività. Soltanto studi randomizzati con appropriato disegno potranno fornire dati più precisi e applicabili sul ruolo dell’attività fisica nella prevenzione dell’ictus.

Un moderato consumo di alcool sarebbe un fattore protettivo per ictus. Sono necessari ulteriori studi per confermare e caratterizzare meglio l’entità del rischio e l’applicabilità del ruolo protettivo di dosi moderate di alcool.

Nonostante esistano dati preliminari epidemiologici riguardanti l’ictus nel neonato e nel bambino, è necessario raccogliere informazioni più ampie per poter delineare strategie preventive.

Nuovi dati epidemiologici devono chiarire su popolazioni opportunamente selezionate in studi ben disegnati la causa di quella attualmente elevata frazione di ictus ischemici “idiopatici” ed il ruolo dei diversi fattori di rischio trombofilici nell’insorgenza dell’ictus giovanile. In particolare deve essere chiarito il significato in termini prognostici dell’effetto sommatorio della presenza di più fattori nello stesso individuo e devono essere delineate le più corrette strategie preventive relative.

Sono necessari ulteriori studi per valutare le migliori strategie preventive e terapeutiche per l’ictus in gravidanza e puerperio.

Restano ancora da precisare molti aspetti fisiopatologici relativi all’ictus nell’anziano. In particola-re, notevole importanza stanno assumendo fattori di rischio tipicamente geriatrici che includono aspetti cognitivi, funzionali e comportamentali.

Nell’ictus postoperatorio sono necessari ulteriori studi per chiarire:

  • le categorie di pazienti a maggior rischio;

  • le procedure chirurgiche a maggior rischio oltre alla chirurgia cardiaca;

  • le strategie di profilassi più adeguate.

Occorre studiare con maggiore attenzione se e con quale fedeltà anatomo-strutturale le nuove indagini diagnostiche con ultrasuoni intravascolari (IVUS) e le tecniche angioscopiche, identifica-no correttamente le caratteristiche della placca aterosclerotica in generale e le sue complicazioni in particolare.

Deve essere sviluppata la ricerca integrata sui meccanismi locali di formazione ed evoluzione della placca e su alcuni indici sistemici (di flogosi, di attivazione dell’emostasi) misurabili in circolo utilizzando gli stessi pazienti per ambedue i tipi di valutazione.

Mancano studi numericamente idonei alla conferma dell’ipotesi di un ruolo predominante delleinfezioni nella patogenesi dell’ictus. È necessario dare priorità alla ricerca sulla Chlamydia pneu-moniae, con studi morfologici ultrastrutturali immunocitochimici e molecolari su ampia serie di placche non solo coronariche e carotidee, ma anche mesenteriche e femorali.

È necessario sviluppare la conoscenza del possibile ruolo dei leucociti e dei mediatori infiamma-tori coinvolti nell’ischemia cerebrale, in particolare per ottenere maggiori informazioni su:

  • ruolo dei leucociti nella progressione da ischemia cerebrale a necrosi;

  • ruolo delle diverse molecole di adesione nella patogenesi del danno ischemico cerebrale;

  • correlazione fra espressione di mediatori, loro timing di rilascio ematico e livelli plasmatici da utilizzare ai fini prognostici;

  • possibile ruolo dell’aterosclerosi di per sé, indipendentemente dall’insulto ischemico, nel variare i livelli circolanti di diversi mediatori.

La fibrillazione atriale non valvolare cronica comporta un rimodellamento elettrofisiologico che potrebbe giocare un ruolo nell’insorgenza e nel mantenimento dell’aritmia. Occorre approfondire le conoscenze su questi meccanismi per arrivare a comprendere il trigger dell’aritmia e quindi poter attuare una prevenzione della comparsa della fibrillazione atriale, piuttosto che dei suoi effetti.

Devono ancora essere definite le basi molecolari della fibrillazione atriale. Un possibile approccio a questo problema è quello di identificare il gene responsabile della forma familiare della malat-tia, per definire la proporzione dei casi con fibrillazione legata ad alterazioni genetiche, nonché la fisiopatologia dell’aritmia in condizioni geneticamente determinate.

Esistono dati preliminari sul danno cerebrale da embolizzazione “silente” nella fibrillazione atriale cronica. Si dovrebbero condurre studi epidemiologici per definire meglio la relazione tra fibrilla-zione atriale e demenza da danno cerebrale secondario ai microembolismi.

Non sono disponibili dati sicuri per stabilire se l’ecocardiografia debba far parte dell’approccio raccomandabile a tutti i pazienti con ictus acuto. In particolare, mancano dati sufficienti per chiarire il vantaggio di eseguire un ecocardiogramma in sottogruppi di pazienti a basso rischio. Sono necessari ulteriori studi per valutare il vantaggio aggiuntivo di eseguire un ecocardiogram-ma transesofageo (ETE) in pazienti con normali reperti all’ecocardiogramma transtoracico (ETT). Deve poi essere ancora chiarito se uno screening con ecocardiografia si accompagna ad una riduzione del rischio di recidive e a migliore esito.

Bisogna chiarire i limiti ed i problemi del Doppler transcranico e stabilire linee guida per il suo corretto utilizzo clinico. Sono necessarie ricerche cliniche adeguate a definirne il corretto impie-go diagnostico ed il significato prognostico, valutando in particolare:

  • ruolo predittivo di accidenti embolici o recidive (precisazione del rischio individuale);

  • momento e durata del monitoraggio per affermare o escludere la presenza di segnali HITS;

  • rapporto fra segnali HITS e natura del materiale embolico, così da determinare un orientamento terapeutico;

  • pattern particolari in corso di quadri specifici;

  • definizione del ruolo diagnostico e terapeutico della metodica nell’ictus acuto alla luce di recenti dati incoraggianti della letteratura.

Sintesi 16–11

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Mancano appropriati studi di correlazione anatomo-strumentale, per cui la procedura diagnosti-ca con ultrasuoni fornisce informazioni limitate sulla struttura della placca, sul rimodellamento e sulle complicanze. Bisognerebbe migliorare e/o modificare le sonde ultrasonografiche per otte-nere immagini con risoluzione maggiore che consentano di differenziare meglio le varie compo-nenti della placca.

È necessaria l’identificazione di metodiche attendibili, riproducibili e idonee per testare l’efficacia di farmaci o diete sulla regressione della placca. Una possibilità è l’utilizzo degli ultrasuoni intra-vascolari, che consentirebbe, a parità di strumento, operatore, posizionamento e piani di sezio-ne, di effettuare confronti seriati tra le dimensioni e le caratteristiche della placca prima e dopo un determinato trattamento. Nuove tecniche potrebbero offrire maggiori informazioni utili per diagnosi, prognosi e verifica dell’efficacia di qualsiasi tipo di approccio terapeutico.

Due processi patogenetici agiscono nell’ictus ischemico in maniera sequenziale:

  1. un evento vascolare, che provoca la riduzione del flusso ematico e

  2. eventi parenchimali indotti dall’ischemia, direttamente responsabili della morte neuronale. I farmaci anti-eccitotossici hanno dimostrato una straordinaria attività neuroprotettiva in modelli sperimentali di ischemia cerebrale. Nessuno di questi ha però avuto esito positivo negli studi cli-nici eseguiti finora.È necessario riconsiderare i motivi che hanno portato alle discrepanze fra risultati sperimentali e studi clinici. Sono attualmente in fase di sviluppo nuove strategie che promettono di dare rispo-ste più chiare circa l’efficacia della terapie neuroprotettive nell’ictus.

Studi clinici più estesi dovrebbero valutare l’efficacia degli anticoagulanti nei pazienti ultraottan-tenni. Altri studi dovrebbero affrontare il ruolo della TAO nella prevenzione della demenza vasco-lare la cui prevalenza, nei prossimi anni, andrà incontro ad un netto aumento con importanti costi sociali.

Sono necessari studi di farmaco-economia per dimostrare che un adeguato sistema di controllo clinico dei pazienti in TAO in strutture sanitarie dedicate è economicamente conveniente perché riduce le complicanze del trattamento e quelle del non trattamento. Ulteriori studi dovranno con-fermare il ruolo di programmi informatici nella gestione di tali pazienti. La possibilità di gestire la TAO in tutto o in parte al di fuori degli ambienti tradizionali (laboratorio e medico prescrittore) è stata presa in considerazione già alla fine degli anni ’80. Tuttavia, è negli ultimi anni che questo tipo di gestione sta ricevendo consensi sempre più vasti, soprattutto in Germania. Ciò è dovuto essenzialmente alla disponibilità di apparecchi portatili per la misura dell’INR sempre più affidabili ed al continuo aumento del numero dei pazienti, che rende inevita-bile il decentramento della gestione della TAO.È necessario tuttavia precisare che esistono ancora problemi di standardizzazione e che i diversi apparecchi non possono essere usati in maniera del tutto intercambiabile. Studi appropriati dovranno valutare le diverse possibilità organizzative e come ottenere una maggiore sicurezza dell’automonitoraggio della TAO da parte del paziente.

Sono necessari ulteriori studi sulla resistenza all’ASA per valutare:

  1. le implicazioni cliniche di questo fenomeno;

  2. metodi rapidi per identificare i pazienti resistenti all’ASA;

  3. quali siano le strategie terapeutiche alternative nella prevenzione secondaria dell’ictus da impiegare in tali pazienti.

Nella prevenzione dell’ictus con farmaci antitrombotici rimangono da chiarire diversi altri punti fra cui:

  • definizione chiara del ruolo della trombolisi sistemica e loco-regionale

  • dosaggio ottimale dell’ASA nelle sue diverse indicazioni;

  • meriti relativi dell’ASA e degli altri antipiastrinici (in particolare i tienopiridinici);

  • utilità dell’associazione di due o più farmaci;

  • durata ottimale della terapia antipiastrinica;

  • atteggiamento da usare in caso di recidiva in corso di terapia antipiastrinica ben condotta;

  • come trattare i pazienti con intolleranza all’ASA e ai tienopiridinici;

  • indicazioni dell’ASA nei pazienti con fibrillazione atriale;

  • ruolo del dipiridamolo nella prevenzione secondaria;

  • ruolo dell’indobufene nella prevenzione primaria e secondaria dell’ictus nei pazienti fibrillanti;

  • ruolo nella fase acuta dell’ictus ischemico degli inibitori della glicoproteina IIb-IIIa;

  • indicazioni degli anticoagulanti orali nell’ictus non cardioembolico dopo l’insuccesso dello studio SPIRIT;

  • se e quale terapia debba essere eseguita nei diversi sottogruppi di pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi con anamnesi positiva o negativa per trombosi;

  • l’approccio da usare per monitorizzare la terapia con anticoagulanti orali in pazienti positivi per Lupus Anticoagulant (LA), nei quali sono state descritte importanti fluttuazioni dell’INR;

  • ruolo dell’eparina a basso peso molecolare in diverse possibili indicazioni quali l’impiego in alternativa all’eparina non frazionata ev nella fase di induzione della terapia anticoagulante nell’ictus acuto cardioembolico e la prevenzione secondaria dell’ictus cadioembolico e non;

  • ruolo di altri inibitori della trombina (inclusi i recenti inibitori orali) nella prevenzione secondaria dell’ictus;

  • possibili indicazioni di strategie terapeutiche combinate (ad esempio dell’associazione ASA-warfarin);

  • se e quale approccio con farmaci antitrombotici (antipiastrinici, anticoagulanti orali) sia utile nei pazienti asintomatici con placche aortiche. Sono necessari studi prospettici randomizzati inoltre per stabilire la migliore profilassi secondaria in pazienti con ictus e placche aortiche;

    • se e quale approccio con farmaci antitrombotici sia utile nei pazienti asintomatici con aneurisma del setto interatriale e/o con forame ovale pervio.

    • Sono necessari ulteriori studi (in particolare di prevenzione primaria) sulle terapie ipocolesterole-mizzanti per chiarire diversi aspetti fra cui:
  • una migliore conoscenza dei meccanismi attraverso i quali le statine riducono il rischio di ictus;

  • in particolare va stabilito nell’uomo attraverso studi appropriati qual è il ruolo dei diversi mec-canismi delle statine indipendenti dall’azione ipolipidemizzante dimostrati nell’animale: regres-sione o stabilizzazione della placca, miglioramento della funzione endoteliale, effetti antiin-fiammatori, effetti antitrombotici e/o altri meccanismi;

  • le differenze fra le diverse statine possono determinare effetti variabili nella prevenzione dell’ictus ischemico?

  • alla luce di dati preliminari sull’animale sperimentale, esiste un ruolo per una terapia con statine fino dalle fasi acute dell’ictus?

È necessario sviluppare ricerche dedicate per verificare se possano essere i polimorfismi genici, con le loro relative ripercussioni fenotipiche, ad influenzare la risposta ai farmaci, insieme ed in alternativa all’assetto metabolico-enzimatico selettivamente destinato al metabolismo del farmaco stesso.

Nel campo della chirurgia cardiovascolare sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire alcuni aspetti. Fra gli altri vanno citati:

  • una migliore definizione delle indicazioni chirurgiche nei pazienti con stenosi carotidea asintomatica;

  • l’indicazione all’intervento percutaneo di chiusura del forame ovale pervio.

Tutte le informazioni derivanti da studi in corso o futuri dovranno essere utilizzate per mettere a punto un intervento preventivo sempre più “adattato” al singolo paziente.

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Sintesi 16–32

Sintesi 16–33

Sintesi 16–34

Il progetto e l’edizione del presente fascicolo e del volume di cui costituiscono la sintesi sono stati

sviluppati da:

Catel Division – Hyperphar Group SpAVia Giovanni Pascoli, 6020133 Milano

Pellicole e stampa: M & I stampa, Milano Finito di stampare a Milano nel mese di ottobre 2004

 

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