HOME PAGE CARLOANIBALDI.COM HOME PAGE ANIBALDI.IT
ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
VAI ALL'INDICE
Ultimo aggiornamento: 23.09.2009
mail to Webmaster
In
condizioni normali le superfici pleuriche sono ricoperte da un sottile strato
liquido che facilita lo scorrimento dei due foglietti pleurici durante gli atti
respiratori. I1 liquido presente è mantenuto nella quantità minima
indispensabile (10-20 ml circa) in virtù di un complesso meccanismo di
filtrazione e riassorbimento a livello degli stessi foglietti pleurici. Il
liquido viene infatti filtrato dai capillari della pleura parietale e, poi, per
la maggior parte è riassorbito da quelli della pleura viscerale. Una piccola
quota è invece drenata dai vasi linfatici, che rappresentano l'unica via di
riassorbimento delle proteine. Questo meccanismo di filtrazione e di
riassorbimento dipende:
-dalla
pressione idrostatica;
-dalla
pressione oncotica;
-dalla
negatività della pressione endopleurica;
-dallo
stato delle superfici pleuriche;
-dalla
integrità del drenaggio linfatico
Un
aumento di liquido nel cavo pleurico è sempre espressione di un processo
morboso che si è insediato primitivamente o ha raggiunto secondariamente le
pleure, determinando una alterazione di uno, o più, dei fattori dell'equilibrio
filtrazione-riassorbimento sopra ricordati.
Numerose
possono essere le cause di un versamento pleurico: infettive, infiammatorie,
neoplastiche, traumatiche ecc. Nella tabella 1 sono riportate quelle più
frequenti.
Il
versamento può essere monolaterale o bilaterale e occupare la grande cavità
pleurica, o essere localizzato in una parte circoscritta dello spazio pleurico (tab.02
Il
riconoscimento di un versamento pleurico generalmente non comporta difficoltà
anche perché oggi, all'esame semeiologico e alla radiologia tradizionale, si
aggiungono l'ausilio dell'ecografia e, soprattutto, quello della TAC, che si
dimostra utile specialmente nei versanti localizzati o saccati e nella
differenziazione dagli ispessimenti pleurici. Ad ogni modo, i versamenti liberi
nella grande cavità pleurica sono caratterizzati da una netta ottusità a
limite superiore curvilineo e con maggiore altezza sulla ascellare (linea di
Damoiseau-Ellis), abolizione del fremito vocale tattile e scomparsa del murmure
vescicolare. Il quadro radiologico è quello di una opacità omogenea, di tipo
pleurico, che occupa la base polmonare e si porta in alto descrivendo una curva
parabolica a concavità rivolta verso l'interno. Dal punto di vista
sintomatologico, se il versamento si è formato in modo acuto, come può
avvenire nelle forme infiammatorie, il malato accusa dispnea, tachicardia e
dolore toracico, che si aggrava con gli atti respiratori e tende a scomparire a
mano a mano che aumenta il liquido.
La
febbre è per lo più modesta nei versamenti siero-fibrinosi, mentre è elevata,
e con caratteri remittenti o intermittenti, in quelli purulenti.
Un
inizio della malattia subdolo, spesso senza dolore, con febbre scarsa o assente,
e senza particolari disturbi soggettivi, almeno fino a quando per l'entità del
liquido non si ha compromissione respiratoria, è proprio dei versamenti dovuti
a cause emodinamiche, discrasiche, meccaniche, neoplastiche.
I
versamenti localizzati, o circoscritti, interessano lo spazio
sopradiaframmatico, la pleura mediastinica o gli spazi interlobari.
Nei
versamenti diaframmatici il liquido si raccoglie tra la faccia superiore del
diaframma e la base del polmone e i rilievi clinici e radiologici mostrano un
innalzamento e una ipomobilità della base toracica interessata.
Nei
versamenti mediastinici il liquido si dispone tra la pleura viscerale, che
ricorpre la faccia interna del polmone, e quella della faccia esterna dello
spazio mediastinico. La sintomatologia clinica è spesso spiccata: tosse secca e
insistente, dispnea, disfagia, disfonia, dolore retrosternale, oppressione
precordiale. I dati semeiologici possono invece essere scarsi o poco
caratteristici. La diagnosi di questi versamenti è notevolmente agevolata dalle
indagini radiologiche e dalla TAC, che evidenziano una zona paramediastinica con
margini rettilinei, oppure convessi, o concavi. Qualche volta, l'aspetto è di
una zona triangolare, paracardiaca, con base sul diaframma.
Se
il versamento si raccoglie nelle scissure interlobari, i sintomi clinici,
semeiologici e funzionali sono nel complesso modesti. Anche in questi casi la
radiologia tradizionale e la TAC forniscono un validissimo aiuto mostrando
opacità fusiformi o rotondeggianti, che devono essere interpretate avendo
presenti le caratteristiche delle scissure.
I
versamenti saccati, infine, possono essere unici o multiloculari, apicali,
basali, ascellari anteriori o posteriori. Talvolta sono la conseguenza di un
esteso versamento che, riassorbendosi, per formazione di aderenze, dà luogo a
limitate raccolte di liquido. Altre volte si manifestano come tali sin
dall'inizio e questo si verifica nei soggetti nei quali preesistevano delle
aderenze pleuriche secondarie a precedenti processi flogistici. La
sintomatologia clinica e quella semeiologica possono essere scarse e la diagnosi
può comportare difficoltà nella differenziazione da altre patologie
(formazioni cistiche sottopleuriche, tumori pleurici, tumore dell'apice
polmonare ecc.) e richiedere quasi sempre il ricorso alla TAC.
Se
la diagnosi generica di versamento pleurico generalmente non comporta grosse
difficoltà, molto piú complessa è invece la individuazione della sua precisa
etiologia per le numerose cause possibili e la frequente sovrapposizione, in uno
stesso paziente, di più meccanismi patogenetici.
Per
cercare di chiarire la natura del versamento, gli elementi più importanti da
prendere in considerazione sono rappresentati, da una parte, dalla raccolta
dell'anamnesi e dall'accurato esame obiettivo dell'ammalato e, dall'altra, dalla
esplorazione diretta della pleura.
L'anamnesi
e l'esame obiettivo possono infatti indicare, ad esempio, se il versamento è
monolaterale o bilaterale, se si è formato rapidamente o lentamente, se è più
o meno abbondante, se è iniziato con temperatura febbrile, se è stato
preceduto da un dolore improvviso e violento, se c'è stato un trauma o se,
contemporaneamente, sono in atto uno scompenso cardiaco o un versamento ascitico
ecc.
Nella
maggior parte dei casi, dati risolutivi possono essere forniti dalla
esplorazione diretta della pleura, che può essere realizzata con modalità
varie e precisamente con:
-l'esame
del liquido pleurico;
-l'agobiopsia;
-la
toracoscopia;
-la
toracotomia esplorativa.
I1
metodo più semplice di esplorazione della pleura consiste nell'esame del
liquido pleurico ottenuto con puntura esplorativa o con toracentesi.
Insieme
con i rilievi anamnestici e clinici, l'analisi del liquido pleurico dovrebbe
condurre nella maggior parte dei casi a una spiegazione, per lo meno presuntiva,
della causa dell'accumulo del liquido.
Una
volta ottenuto il liquido, si deve anzitutto esaminarne le caratteristiche
macroscopiche e, poi, procedere a indagini chimiche, enzimatiche, immunologiche,
batteriologiche e citologiche (tab.03
A
parte l'esame macroscopico, che deve sempre essere fatto, non è invece
necessario eseguire in tutti i pazienti la serie completa delle ricerche sopra
ricordate, ma queste vanno scelte di volta in volta valutando i dati anamnestici
e clinici. Le indagini batteriologiche, ad esempio, non saranno necessarie se si
sospetta una etiologia neoplastica e così pure sarà inutile la determinazione
della amilasi se non si ipotizza una affezione pancreatica.
Dal
punto di vista pratico è molto importante non ricorrere a provvedimenti
affrettati quali, ad esempio, la introduzione di chemioterapici o di cortisonici
in cavità pleurica prima di avere un preciso orientamento diagnostico, per non
alterare il quadro clinico e rendere più difficile la diagnosi stessa.
Nella
maggior parte dei casi di versamento pleurico, il liquido appare chiaro,
citrino. Questo aspetto lo si può riscontrare in tutta una serie di malattie
(versamenti meta- e para-pneumonici, tubercolari, neoplastici, post-traumatici,
idrotoraci in cardiopatici o in ammalati con cirrosi epatica ecc.) e, pertanto,
non è indicativo di alcuna etiologia ben definita. Per giungere a una
precisazione diagnostica è indispensabile attuare tutta una serie di indagini,
ma, spesso, non è facile risolvere il problema.
Meno
frequentemente il versamento è emorragico con varie sfumature da siero
emorragico a francamente ematico. L'aspetto rosso-nerastro è caratteristico dei
versamenti di vecchia data.
Il
versamento emorragico si può formare in modo acuto, come avviene in seguito a
ferite, a traumi, a un pneumotorace spontaneo o ad altre cause e la diagnosi,
per lo più, non comporta molte difficoltà perché in parte è chiarita
dall'anamnesi.
Altre
volte, invece, il versamento inizia lentamente e può anche raggiungere quantità
cospicue e relativamente ben tollerate. Numerose possono essere le cause di
questo tipo di versamento (tubercolosi, neoplasie, embolie polmonari,
cardiopatie scompensate ecc.) e, quindi, la precisazione diagnostica non è
facile. Tuttavia, potrà aiutare nella diagnosi la considerazione che, quanto più
è anziano il paziente, tanto più spesso il versamento è di natura
neoplastica.
Ancor
meno frequentemente il liquido ha un aspetto grassoso o lattescente: è proprio
delle pleuriti colesteriniche, di quelle chiliformi e dei chilotoraci veri.
Il
colesterolo nel liquido pleurico si trova normalmente in concentrazioni che per
lo più sono la metà, o meno, di quelle sieriche. Quando è in quantità
maggiori, si rilevano in sospensione nel liquido piccole scagliette lucenti,
giallo biancastre, riferibili a sostanze grasse. Questo aspetto si riscontra
generalmente nei versamenti di vecchia data la cui più frequente etiologia è
quella tubercolare.
Nei
versamenti chiliformi e nei chilotoraci, il liquido è lattescente, biancastro,
denso e con piccole gocce di grasso in sospensione.
Il
liquido può infine essere purulento, con diverse gradazioni che vanno dal
torbido, al siero-purulento, al purulento, fino al pus franco, spesso cremoso,
verdastro o brunastro. Nei versamenti purulenti, oltre all'aspetto, un carattere
importante è costituito dall'odore, che può essere sgradevole nelle infezioni
da colibacilli o da anaerobi. Di fronte a un versamento di questo tipo si deve
anzitutto ricercare la presenza di un focolaio primitivo. Infatti, anche gli
empiemi apparentemente primitivi sono quasi sempre secondari a focolai
parenchimali, talora minimi, dai quali l'infezione si è diffusa per contiguità
o per via linfatica. Più raramente la propagazione della infezione avviene per
via ematogena da localizzazioni settiche a distanza (ascessi tonsillari, ascessi
sottocutanei, suppurazioni profonde post-operatorie addominali ecc.).
La
prima indagine consiste nel determinare se il campione di liquido ottenuto è
costituito da un trasudato o da un essudato. Per distinguere un versamento
trasudatizio da un versamento con i caratteri dell'essudato, ancora oggi,
seppure a titolo semplicemente orientativo, può servire la prova di Rivalta,
che appare negativa nei trasudati e positiva negli essudati. Comunque, la
distinzione tra trasudato ed essudato può essere posta in modo più preciso in
base alla determinazione del contenuto in proteine e in lattico-deidrogenasi
(LDH) nel campione di liquido pleurico.
Un
essudato è caratterizzato da uno qualsiasi di questi reperti:
-
un rapporto superiore a 0,5 fra proteine pleuriche e sieriche;
-
un rapporto superiore a 0,6 fra LDH pleurica e sierica;
-
una quantità di LDH superiore a 200 U nel liquido pleurico.
Se
il versamento è un trasudato, le possibilità diagnostiche differenziali sono
limitate e, spesso, già evidenti in base all'esame obiettivo: scompenso
cardiocircolatorio, cirrosi epatica con ascite, idronefrosi, grave
depauperamento proteico, compressione venosa o linfatica.
Al
contrario, il reperto di un essudato, comporta l'accertamento di un numero assai
più ampio di possibilità diagnostiche. Gli essudati sono infatti versamenti
infiammatori causati da germi, da tumori, e da numerose altre cause che
coinvolgono la superficie pleurica . L'infiammazione accentua la permeabilità
capillare con conseguente passaggio di proteine nello spazio pleurico e
successivo aumento del rapporto tra il contenuto proteico del liquido pleurico e
quello del siero. Proprio per la molteplicità delle cause che possono provocare
un versamento essudativo, per cercare di arrivare a una precisazione
diagnostica, è indispensabile attuare tutta una serie di ricerche.
I1
campione di liquido pleurico per lo studio del pH dovrebbe essere aspirato
anaerobicamente con una siringa addizionata di eparina (circa 250 U per ogni 10
ml di liquido) e la determinazione va fatta rapidamente. Se il campione è
tenuto a 0°C, il pH resta stabile anche per 2 ore. A temperatura ambiente si
modifica invece in poco tempo.
Normalmente
il liquido pleurico è alcalino. Quando risulta acido (pH inferiore a 7,30), in
assenza di una acidosi sistemica, è fondato pensare a uno stato infiammatorio,
o a una infiltrazione della pleura (tubercolosi, empiema, infiltrazione
neoplastica, collagenopatia vascolare ecc.).
Il
campione di liquido pleurico per la determinazione del glucosio deve essere
posto in una provetta contenente fluoruro di sodio per impedire ogni eventuale
glicolisi in vitro e il conseguente riscontro di concentrazioni falsamente
ridotte di glucosio.
Il
glucosio passa nel liquido pleurico nella stessa quantità in cui si ritrova nel
sangue e, in parte, viene consumato dall'attività metabolica degli elementi
cellulari. Scende pertanto a valori inferiori a quelli ematici nei versamenti
con ricca popolazione cellulare (neoplastici, tubercolari). Tassi bassissimi
sono stati rilevati in corso di versamenti secondari ad artrite reumatoide e a
lupus.
L'acido
ialuronico è presente nel liquido pleurico nel 90% circa dei casi di
endotelioma maligno e rende il liquido stesso denso e viscoso, tanto che può
essere utile far precedere la sua estrazione da una iniezione intrapleurica di
ialuronidasi.
Valori
di acido ialuronico superiori a mg 0,8/ml devono indurre a sospettare un
mesotelioma pleurico.
L'aumento
nel liquido pleurico della latticodeidrogenasi (LDH) rispetto al siero di
sangue, entro certi limiti, è in rapporto con il disfacimento di elementi
cellulari maligni (tumori primitivi o secondari della pleura) in cui la
glicolisi anaerobica è esaltata. Pertanto, il riscontro di un aumento della LDH
richiama una etiologia neoplastica.
La
determinazione dei valori della amilasi è importante perché il versamento
pleurico può essere secondario a patologia pancreatica.
Gli
enzimi pancreatici possono giungere nel cavo pleurico o attraverso il diaframma,
o gli jati anatomici, o per via ematogena. In questo ultimo caso, il polmone
agirebbe da filtro e gli enzimi indurrebbero polmoniti necrotizzanti e
versamenti pleurici. Il passaggio enzimatico può tuttavia avvenire anche per
via linfatica, dalle reti peritoneali sottodiaframmatiche alle stazioni
sopradiaframmatiche. Per essere indicativo di una origine pancreatica, il
rapporto amilasi pleurica/amilasi ematica deve essere almeno di 3-4/1.
Di
recente è stata richiamata l'attenzione sull'aumento di adenosina deaminasi
(ADA), che si riscontrerebbe nel liquido pleurico tubercolare.
L'ADA
è un enzima che catalizza la conversione della adenosina in inosina. La sua
presenza nel liquido pleurico viene messa in relazione con il rilascio
dell'enzima da parte dei linfociti e dei macrofagi che generalmente si ritrovano
numerosi nei versamenti tubercolari. Valori superiori a 33 IU/1 sarebbero
altamente significativi per una etiologia tubercolare. La ricerca di questo
enzima potrebbe quindi riuscire utile, come complemento delle indagini
batteriologiche e colturali, per indirizzare correttamente la diagnosi.
I1
dosaggio dell'antigene carcino-embrionario (CEA) nel liquido pleurico è stato
proposto come elemento diagnostico differenziale fra versamenti neoplastici e
non.
I1
tasso del CEA pleurico viene considerato patologico oltre i 5-7 ng/ml. Valori
superiori si riscontrerebbero soltanto nei versamenti di natura neoplastica
maligna.
Poco
significativo sarebbe invece il rapporto tra CEA del liquido pleurico e quello
del sangue.
Una
significativa diminuzione del complemento si avrebbe nei versamenti da LES e da
artrite reumatoide.
La
ricerca del fattore RA e degli anticorpi anti-DNA non ha particolare significato
nel liquido pleurico perché eventuali risposte positive corrispondono a quelle
ottenibili nel sangue.
I
campioni di liquido pleurico per lo studio batteriologico devono essere
prelevati sterilmente e introdotti in recipienti pure sterili. Bisogna avere
l'avvertenza di eseguire la ricerca sul primo campione ottenuto e prima di
intraprendere qualsiasi trattamento chemioterapico.
In
generale, nei versamenti sierofibrinosi l'esame batteriologico dà risultati
deludenti sia per il fatto che molti pazienti vengono sottoposti a questo esame
dopo essere stati in precedenza curati con chemioterapici ad ampio spettro, sia
per una inedeguata tecnica del prelievo del liquido.
Ai
fini pratici interessa ricordare che nei versamenti di origine tubercolare assai
spesso la ricerca dei micobatteri risulta negativa all'esame diretto e che gli
esami colturali appaiono positivi nella metà circa dei casi.
Numerosi
germi possono essere responsabili di un versamento purulento anche se, in
prevalenza, sono in causa i Gram-negativi. In questi casi è necessario
procedere alla ricerca del germe, o dei germi, su idonei terreni di coltura e
saggiarne la sensibilità ai vari chemioterapici.
Quando
l'infezione risulta polimicrobica, si deve sospettare e ricercare l' esistenza
di una fistola bronco-pleurica.
Nella
pratica clinica si dimostra utile l'introduzione nel cavo pleurico di 2-3 ml di
blu di metilene e se c'è una fistola si ritroverà il colorante
nell'espettorato. Con una broncoscopia, ed eventualmente con una broncografia
selettiva, si potranno stabilire con più precisione la sede e le dimensioni
della fistola.
In
un quarto circa degli empiemi il pus appare sterile e si dovrà allora pensare
ai trattamenti chemioterapici precedentemente attuati o ad errori tecnici nella
ricerca dei germi e, in particolare, degli anaerobi.
Versamenti
purulenti di vecchissima data, come può avvenire negli empiemi cronici
biologicamente incapsulati, potranno risultare privi di germi.
Se,
infine, si sospetta una infezione virale, più che allo studio del liquido
pleurico bisognerà affidarsi ai dati deducibili dalle ricerche sierologiche.
L'importanza
maggiore dell'esame citologico sta nella possibilità di individuare elementi
cellulari atipici e di rilevare quindi l'esistenza di un processo neoplastico.
Per
le ricerche citologiche, i campioni di liquido pleurico vanno messi in
recipienti contenenti eparina (circa 250 U per ogni 10 ml di liquido) e vanno
accuratamente mescolati per evitare che, con la coagulazione, si verifichino
alterazioni cellulari e, per lo stesso motivo, devono essere rapidamente inviati
al laboratorio citologico, o devono essere conservati in frigorifero a + 4°C.
I1 liquido pleurico rappresenta infatti un ottimo mezzo di coltura in cui gli
elementi cellulari, siano essi normali o neoplastici, possono proliferare
liberamente assumendo talvolta aspetti assai diversi da quelli dei tessuti di
origine, così da comportare difficili problemi di identificazione.
Esaminando
i tipi di cellule presenti nei vetrini allestiti con il liquido pleurico, si
potrà individuare l'etiologia del versamento stesso. Se si tratta di neoplasie,
è così talora possibile arrivare a precisarne l'istotipo e l'origine.
Tuttavia, spesso non si è in grado di riconoscere il tipo di tumore e la
diagnosi del citopatologo è quella di elementi cellulari con caratteri di
malignità.
Si
può dire che, complessivamente, con l'esame citologico si arriva oggi a una
precisazione diagnostica nell'80% circa dei versamenti neoplastici.
Ma
le ricerche citologiche possono fornire utili indicazioni anche al di fuori
delle neoplasie. Nei versamenti trasudatizi si riscontrano soltanto pochi
elementi cellulari, a differenza dei versamenti essudatizi nei quali si
rinvengono invece numerosi elementi cellulari.
Comunque,
la presenza di un elevato numero di cellule mesoteliali senza caratteri atipici
ha solo il significato generico di una risposta a uno stimolo flogistico
irritativo.
Nelle
reazioni infiammatorie acute predominano i neutrofili. In quelle croniche sono
invece i linfociti gli elementi più rappresentati. Quando i linfociti
costituiscono il 50%, o più, della popolazione cellulare, il versamento viene
classificato come linfocitario e può essere ipotizzata una affezione
tubercolare. Tuttavia, se contemporaneamente si rileva una scarsità di cellule
mesoteliali, si dovrebbe sospettare una neoplasia o un linfoma.
I
versamenti ricchi di eosinofili configurano il quadro delle cosiddette pleuriti
eosinofile alle quali è attribuibile soltanto un generico significato di spia
immunologica senza alcuna specificità, perché possono essere in rapporto con
svariate cause: traumatiche, infettive, immunologiche, vasculopatiche,
parassitarie ecc.
L'agobiopsia
pleurica è una biopsia transtoracica che viene fatta introducendo in cavità
pleurica, previa anestesia locale, degli appositi aghi (Tru-Cut, Temno e altri).
Per poterla eseguire, ci devono essere nella cavità pleurica del liquido o una
adeguata quantità di aria, in modo da evitare eventuali lesioni a carico del
parenchima polmonare.
La
principale indicazione dell'indagine è rappresentata dai casi nei quali non è
attuabile una toracoscopia per aderenze dei due foglietti pleurici o per assenza
di aria nella cavità stessa; i suoi limiti sono dati dal fatto che, non
consentendo una visione diretta della pleura e una biopsia mirata, fornisce
rilievi diagnostici inferiori alla toracoscopia. Ad ogni modo, la sua resa
diagnostica è nettamente migliore quando viene eseguita con l'ausilio della
TAC. Nell'impiego pratico si dimostra particolarmente utile nei versamenti di
origine tubercolare nei quali, come è noto, il coinvolgimento della pleura
parietale è generalmente uniforme e diffuso.
Nei
versamenti di origine neoplastica i risultati sono meno brillanti. In questi
casi, infatti, l'interessamento pleurico è spesso circoscritto e la biopsia
alla cieca può portare a diagnosi falsamente negative. Tuttavia, se i prelievi
bioptici risultano positivi per forma neoplastica, la precisazione del tumore è
migliore di quando si dispone del semplice esame citologico del liquido
pleurico.
Risultati
quasi sempre poco significativi si ottengono nei versamenti non tubercolari e in
quelli non neoplastici.
La
toracoscopia si dimostra molto utile nella diagnostica dei versamenti e delle
affezioni che coinvolgono la pleura in quanto consente la visione diretta dei
due foglietti pleurici e la esecuzione di biopsie mirate.
Per
poterla eseguire bisogna anzitutto estrarre il liquido e sostituirlo con aria,
per formare una camera pneumotoracica e avere così la possibilità di
introdurre l'ottica e la pinza bioptica attraverso una piccola incisione della
parete toracica praticata in anestesia locale. Successivamente, si esplora il
cavo pleurico e si effettuano uno o più prelievi bioptici nelle zone sospette.
Questi prelievi mirati hanno una attendibilità di gran lunga superiore a quelli
fatti mediante agobiopsia alla cieca.
È inoltre importante ricordare che, a differenza di quest'ultima
indagine, possono essere fatti oltre che sulla pleura parietale, anche sulla
viscerale.
La
toracoscopia può essere eseguita con il fibroscopio flessibile o con lo
strumento rigido. Tuttavia, il fibroscopio flessibile è più vantaggioso in
quanto permette lo studio anche di quelle zone che sono mal visibili con lo
strumento rigido.
Terminata
l'indagine, il polmone viene riportato a parete mediante aspirazione meccanica
e, una volta estratto lo strumento, si applicano sulla cute alcuni punti di
sutura o delle graffe metalliche. Nel complesso, la torascopia è di semplice
esecuzione, priva di rischi e complicazioni e rende agevole la distinzione tra
versamenti infiammatori e versamenti di origine neoplastica, o di altra natura.
Bisogna però avere l'avvertenza di praticare biopsie mirate e multiple.
Si
calcola che, con questa indagine, si può raggiungere una precisazione
diagnostica in circa il 95% dei casi.
Alla
toracotomia esplorativa si ricorre soltanto quando non sia stato possibile
chiarire la causa del versamento con le modalità finora ricordate. Generalmente
è utilizzata nei versamenti ad andamento cronico, di limitata entità, o
saccati e tali da non consentire la creazione di una camera pneumotoracica
sufficiente per la toracoscopia.
I
suoi vantaggi sono rappresentati dal fatto che permette un'ampia e precisa
esplorazione della cavità pleurica e il prelievo di materiale bioptico in
quantità abbondante. Non si deve tuttavia dimenticare che costituisce un vero e
proprio intervento chirurgico e richiede un'anestesia generale, con tutte le
possibili controindicazioni dal punto di vista cardiocircolatorio e
respiratorio.
Anche
se non rientra tra le metodiche di esplorazione del cavo pleurico, si deve a
questo punto ricordare l'utilità, come indagine complementare, della
fibrobroncoscopia. La fibrobroncoscopia fornisce infatti una dettagliata visione
dell'albero tracheo-bronchiale e dati utili per l'inquadramento etiologico dei
versamenti pleurici che, come è noto, possono talora essere secondari a un
fatto flogistico o neoplastico periferico. Proprio per questi motivi, noi
pensiamo che, nell'iter diagnostico, in tutti i casi di versamento endopleurico
sia opportuno eseguire anche una endoscopia respiratoria, a meno che la diagnosi
non sia già stata chiarita con altre ricerche.
Alcozer G.: I versamenti pleurici. Riv. Med. Pratico- Broncopneumologia, 4, 9, 1984.
Alcozer G. e Dorigoni A.: La toracoscopia diagnostica. Ed Nrdini, Firenze, 1984.
Fraser R.G., Paré J.A.P.: Diagnosi delle malattie toraciche. Vol. I, pag. 331, Ed Ambrosiana, Milano, 1978.
Light
R.W.: Management of parapneumonic effusion. Arch. Int. Med., 141, 1339,
1981.
Moriwaki
Y. e Coll.: Discrimination of tuberculous from carcinomatous pleural effusion
by biochemical markers: adenosine deaminase, lysozime, fibronectin and
carcinoembryonetic antigen. Jpn. J. Med., 28 (4) 478, 1989.
Parola D. e Coll.: Importanza
delle ricerche microbiologiche nella diagnostica dei versamenti pleurici. Ann.
Ist. C. Forlanini, 6, 149, 1986.
Patologia e terapia della pleura (Simposio), Ann. Ist. C. Forlanini, 3, 279, 1983.
Sahn S.A : Manifestazioni
pleuriche nelle malattie plomonari. Minuti, Ed. It. Hospital
Practice, 6, 17, 1982.
Tamura S. e Coll: Tumor markers in pleural effusion diagnosis. Cancer, 61 (2), 298, 1988.
Valenti S.: Le pleuriti. In: Spina G. e Bonsignore g. “La patologia respiratoria, Fisiopatologia, clinica, terapia”, vol. 2, pag. 531, Ed. Medico Scientifiche, torino, 1978.
M.SEREMBE
Malattie
dell’apparato Raspiratorio
Università di
Padova
Direttore
Divisione Pneumologica
Ospedale Civile,
Padova
TORNA ALL'INDICE
TORNA ALL' HOME
PAGE CARLOANIBALDI.COM