Compenetrandosi nella mentalità e nella realtà
dell’epoca,
a parte ogni considerazione sull’eccezionale valore poli-
tico e di prestigio derivante dalla vittoriosa e fulminea
conquista imperiale, ci si domanda quale fosse realmente il
valore di questo vastissimo territorio acquisito all’itali-
ca capacità organizzativa, dal punto di vista
dell’economia
e delle nostre necessità demografiche.
Era
possibile distinguere il vero dal fantastico, la
realtà dal miracolismo quando si parlava di questi nuovi
territori, puro dualismo che sembrava sempre accompagnare
ogni sensazione, ogni pensiero, ogni progetto su tale nuo-
va grande Italia?
Certo
è che un preciso giudizio, sereno ed armonico,
sul valore di un paese così immensamente vasto e vario co-
me l’Impero - che pur contando ampi territori di scarsissi-
ma produttività ne contava altrettanti di notevole valore
agrario, racchiudendo certamente in sé latenti e notevoli
ricchezze - era estremamente difficile.
Era
questa la preoccupazione costante dei nostri avi
all’indomani della conquista del territorio etiopico; una
preoccupazione responsabile e consapevole, quasi necessaria
per poter affrontare con umiltà e determinazione i grandi
problemi derivanti dal progetto di civilizzazione di un
paese che appariva così pervicacemente arretrato.
Era
pensiero comune che, di lì a qualche lustro, for-
se già dopo un decennio, il volto di quello che si presen-
tava come un barbarico impero avrebbe subìto una profonda
trasformazione, e la vita di vaste masse di italiani vi si
sarebbe svolta fervida e serena.
Uno
degli aspetti di tale vita, così positivamente au-
spicata, era quello rurale, poiché, alla colonizzazione de-
mografica del territorio, erano volte le più intense cure e
la più ansiosa attesa della Nazione.
La
colonizzazione demografica sarebbe stata, quindi,
una delle forme della valorizzazione dei territori dell’Im-
pero, ma non la più facile. Certo la più nuova, poiché
nes-
sun’altra Nazione colonizzatrice, in Africa, fu particolar-
mente spinta alla conquista imperiale dalle proprie neces-
sità demografiche.
Ma
prima di soffermarci sui particolari aspetti di ta-
le colonizzazione demografica, è opportuno ricordare, a pu-
ro fine schematico, come la colonizzazione in genere, in
quanto utilizzazione agraria di un territorio nuovo, usasse
distinguersi in:
- colonizzazione di popolamento (o demografica);
- colonizzazione capitalistica (o industriale)
entrambe diversamente interferenti con l’esistente organiz-
zazione agricola indigena.
Della
colonizzazione capitalistica, si distingueva tra
organizzazioni il cui fine essenziale era la coltivazione
della terra (generalmente per colture industriali) e orga-
nizzazioni che essenzialmente provvedevano alla raccolta di
prodotti spontanei o dell’agricoltura indigena, e che per-
tanto si limitavano alla semplice incetta (seppure talvolta
anche alla disciplina tecnica delle produzioni indigene).
Un’ulteriore
distinzione si poteva fare tra grandi, me-
die e piccole imprese capitalistiche, a seconda della loro
entità e grado di ampiezza.
Della
colonizzazione demografica, si poteva fare la
seguente partizione:
- relativa a masse di nullatenenti;
- relativa a piccoli risparmiatori;
- relativa a persone di una certa agiatezza
(queste ultime si riferivano, ovviamente, a coloro che
possedevano mezzi sufficienti per realizzare la colonizza-
zione direttamente).
Naturalmente,
si trattava di partizioni dal valore
essenzialmente astratto e propedeutico, ma necessarie a
chiarire idee ed evitare confusioni, specie in relazione
ai mezzi, ai tempi e ai modi relativi al diverso prevalere
dell’interesse dell’Italia per l’una o per l’altra
forma
di colonizzazione.
E’
opportuno chiarire come, in questa sede, noi ci oc-
cuperemo solo della colonizzazione demografica relativa a
masse di nullatenenti, certamente quella di più complessa
e difficile realizzazione, ma anche di maggiore interesse
sociale e politico per il nostro Paese.
Vediamo
ora se, ed in quali limiti, sia stato possibi-
le affrettare l’avviamento di tale colonizzazione demogra-
grafica dell’Impero.
Volendo
schematizzare una gerarchia di tempi e di pro-
blemi nell’attività economica dell’Impero, la seguente
suc-
cessione apparirebbe certamente la più logica:
1) l’Impero provvede alla propria autarchia economica, e in
primo
luogo a quella alimentare;
2) l’Impero provvede alla costituzione di nuove sedi di vi-
ta per
nuclei familiari metropolitani, particolarmente
rurali;
3) l’Impero rifornisce materie prime mancanti alla Madre
Patria.
Se non che, tale successione ha un puro valore di schema
astratto, dovendo in pratica procedere insieme alle une e
alle altre necessità, contemporanee e interferenti.
In
particolare, per quanto concerne la colonizzazione
demografica, l’urgenza di iniziare tale forma di attività
-
urgenza derivante non solo dalla realtà viva delle nostre
necessità demografiche, ma anche da sostanziali ragioni di
ordine politico - impose di superare a priori schematismi
dottrinari e teorizzazioni di metodo. Si delineò infatti
il dilemma: o procedere ad esurienti studi, necessariamente
molto lunghi quanto estenuanti, sospendendo certamente per
molto tempo ogni iniziativa in merito alla colonizzazione
demografica, oppure avviare subito iniziali realizzazioni
rinunciando alla perfezione in termini di conoscenze e di
metodo.
Si
trattava, evidentemente, di avere la volontà di co-
minciare, procedere più per intuizione che per conoscenze
approfondite, sulla base sommaria di esperienze similari in
ambienti relativamente analogici.
Non
era detto, inoltre, che tale sistema dovesse ri-
sultare necessariamente meno efficace ed utile anche da
un punto di vista meramente astratto, pur considerando co-
me tale sistema venisse imposto da ineluttabili necessità.
Era
infatti opinione comune che non si sarebbero cer-
tamente evitati errori, e anche numerosi; ma ogni errore
avrebbe costituito preziosa norma per perfezionamenti suc-
cessivi, contenendo in sé molti più elementi conclusivi di
conoscenza e di orientamento che non lunghe elaborazioni
teoriche.
L’Ambiente:
ecco il punto di partenza. E’ importante
questo aspetto: punto di partenza, non di arrivo. Poiché
evidentemente qualunque attività operante in esso non pote-
va non significare, sotto certi aspetti, modificarlo, tra-
sformarlo. Questione di modi e di limiti, a concretizzare i
quali era necessario saper interpretare l’ambiente nelle
sue
realtà fondamentali, certamente non ignorarlo.
Considerare
l’ambiente, quindi, e cercare di interpre-
tarlo, come funzione dominante di possibilità e di modalità
realizzatrici; ma credere, insieme, alla volontà operante,
in quanto modificatrice, nel tempo, di condizioni non tanto
fisiche quanto e soprattutto economiche e sociali.
Convincersi
che nessuna realtà è statica, che la vita
è movimento e che il mondo cammina, il pensiero si evolve,
i mezzi e la tecnica progrediscono. E con essi le idee, i
sentimenti, lo spirito, la volontà.
Era
importante trarre dalla nostra passata esperienza
e dalle esperienze altrui, elementi utili di conoscenza e
di guida, ma senza immobilizzazioni e staticismi; d’altra
parte, né al popolo delle nostre vecchie e relativamente
povere colonie, né ad altri in territori ben più ricchi, si
era mai presentato un così nuovo problema come quello della
creazione, in paesi primitivi, di vitali sedi di esistenza
per vaste masse di popolazione rurale.
Dopo
tale premessa, cerchiamo ora di cogliere la fon-
damentale realtà che, dal punto di vista che ci interessa,
offriva l’Impero nelle sue elementari caratteristiche.
Poco
più avanti, quando parleremo dell’argomento sul-
le dimensioni e approssimazioni, verrà trattato il tema per
cenni schematici di estrema semplicità. Non è infatti il
caso di presentare analisi prodotte sulla base della cono-
scenza di oggi, per non intaccare la genuinità delle im-
pressioni, delle aspettative,degli obiettivi che gli stu-
diosi dell’epoca si sarebbero posti organizzando la siste-
matica rilevazione del territorio dai più diversi e inte-
ressanti punti di vista: un dissodamento conoscitivo che
avrebbe richiesto molti anni, forse addirittura decenni.
Ci
si limiterà, pertanto, a qualche elementare consta-
tazione da valere come sommario orientamento di primissima
approssimazione dal solo punto di vista che qui ci interes-
si: la possibilità di una nostra colonizzazione demografica
in loco.
Ed
è per meglio intendere la complessa realtà territo-
riale, come si presentava agli osservatori e agli studiosi
dell’epoca, che dovremo, innanzitutto, considerare il ter-
ritorio dell’Impero nelle sue tre dimensioni spaziali.
C’è
subito da dire che la terza dimensione, l’altime-
tria, determinando un diverso andamento climatico in rela-
zione alle precipitazioni atmosferiche e alla temperatura,
costituiva l’elemento differenziatore per eccellenza delle
possibilità di vita demografica, delimitando nettamente le
zone di tale possibilità.
Nella
stessa terminologia indigena, ciò è significati-
vamente precisato:
- Uaina Degà (zona della “vita”), veniva chiamata dagli
in-
digeni la zona
che approssimativamente andava dai 1700 e
1800 metri di
altitudine, ai 2400-2500;
- al di sotto di tale limite, Quollà, la vita rurale per
gli stessi
indigeni si rendeva più difficile (soprattut-
to dal punto di
vista delle possibilità agrarie);
- al di sopra dei 2500 metri, Degà, vita ugualmente diffi-
cile
(soprattutto dal punto di vista della resistenza
fisiologica).
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