Definizioni,
cenni di fisiopatologia dello stress, sindrome del Burn-out e Mobbing nelle
realtà aziendali, con particolare riferimento al personale operante nelle
Aziende Sanitarie.
Il termine ansia è molto usato, talvolta a sproposito, in questa sede intendiamo riferirci ad un particolare stato emotivo, per lo più spiacevole, accompagnato da senso di oppressione, eccitazione e timore non sempre giustificato, la cui caratteristica principale è la scomparsa o la notevole diminuzione del controllo volontario e razionale degli elementi della personalità.
L’ansia definisce anche un particolare stato di conflittualità psicofisica che alcuni studiosi hanno identificato nella tensione dolorosa tra la parte emotiva e quella cognitiva dell’individuo, in altre parole tra pulsione e stereotipi sociali.
Come sappiamo l’ansia è legata allo stress, numerose sono infatti le interconnessioni fra queste espressioni. Ad esempio la nostra società si è imposta ritmi di vita spesso insostenibili che possono determinare effetti disastrosi nella psiche e nel corpo, cioè in quella unità indivisibile che è l’individuo. Una conseguenza di questa perdita di armonia dell’uomo d’oggi è lo scatenarsi, come vedremo più avanti nei cenni di fisiopatologia dello stress, di un vero e proprio disordine psico-ormonale, in grado di produrre una insostenibile difficoltà all’adattamento.
Alti livelli di ansia sono caratterizzati da una grande irrequietezza e dai seguenti penosi sintomi oramai classificati:
1) Dispnea
2) Palpitazioni cardiache
3) Dolori al torace
4) Sensazione di affogare o essere soffocato
5) Sbandamenti, vertigini o sensazione di non star bene in piedi
6) Sentimenti di realtà difficilmente oggettivabili
7) Parestesie (formicolii alle mani ed ai piedi)
8) Improvvise sensazioni di caldo e di freddo
9) Sudorazione
10) Sensazione di svenimento
11) Tremori fini o a grandi scosse
12) Paura di morire, di impazzire o di fare qualcosa di incontrollato durante l’attacco.
Breve cenno alla FISIOPATOLOGIA DELLO STRESS
L’ ACTH (ormone adrenocorticotropo o corticotropina) viene prodotto dalle cellule corticotrope che sono circa il 15% delle cellule dell’ipofisi anteriore. L’ACTH promuove e controlla la secrezione degli ormoni da parte della corteccia surrenalica, i mineralcorticoidi (aldosterone) e glucocorticoidi (di cui il principale è il cortisolo detto anche idrocortisone).
La secrezione di ACTH sia da stress che secondo il suo normale ritmo circadiano di secrezione (i livelli plasmatici fisiologici di ACTH seguono un ritmo circadiano con un picco poco prima del risveglio ed un nadir poco prima del riposo) sono regolati dal CRH (ormone liberatore della corticotropina).
I fattori più importanti che controllano la secrezione di ACTH sono il CRH, la concentrazione plasmatici di cortisolo libero, lo stress ed il ritmo sonno-veglia.
IL CRH è il principale modulatore della secrezione di ACTH. Esso è prodotto principalmente dai neuroni del nucleo ipotalamico paraventricolare, ma è presente anche in altre zone del cervello (sistema libico e corteccia celebrale), nel pancreas, nell’intestino, e nei surreni.
Il CRH viene trasportato nell’ipotalamo dove da origine alla secrezione di ACTH. Tutte le condizioni di stress fisici e psichici stimolano la secrezione di ACTH, mediata dal rilascio di CRH. La secrezione di CRH è a sua volta influenzata dai neurotrasmettitori ipotalamici (ad es. i sistemi serotoninergici e colinergici).
L’azione dell’ACTH è rapida: entro pochi minuti dalla sua secrezione aumenta la concentrazione degli steroidi nel sangue.
Ciò che a noi interessa prevalentemente è l’azione sull’organismo del principale glucocorticoide che è il cortisolo o idrocortisone.
Le attività fisiologiche dei glucocorticoidi si esplicano sul metabolismo delle proteine, carboidrati, lipidi ed acidi nucleici.
Evidenziamo i loro principali effetti
a) Effetti sulla gliconeogenesi: stimolano la gliconeogenesi epatica con conseguente forte aumento del glicogeno nella cellula epatica
b) Diminuiscono l’utilizzazione di glucosio da parte delle cellule. La conseguenza dei due effetti ai punti a e b è l’aumento della glicemia
c) Diminuiscono la sintesi proteica ed aumentano il catabolismo delle proteine già formate all’interno delle cellule. Quindi se i livelli di cortisolo sono troppo alti le funzioni immunitarie possono risultare fortemente depresse e la muscolatura del soggetto può indebolirsi.
d) Mobilizzano gli acidi grassi dal tessuto adiposo ed aumentano la loro ossidazione. In caso di stress ciò devia il metabolismo cellulare che non utilizza più il glucosio ai fini energetici, ma aumenta la formazione di acidi grassi.
e) Obesità da cortisolo: molti soggetti con ipersecrezione di questo ormone presentano un particolare tipo di obesità (tronco a gibbo di bufalo, facies lunare) che è provocata da eccessivo impulso all’assunzione di alimenti, per cui in alcuni distretti dell’organismo si forma grasso a velocità più elevata di quella con cui viene metabolizzato.
f) Effetti sul sistema immunitario. Nello stress cronico c’è diminuzione delle difese immunitarie poiché il cortisolo provoca diminuzione dei linfociti e degli eosinofili nel sangue. Una sua prolungata azione induce forte atrofia di tutto il tessuto linfoide dell’organismo e questo, a sua volta, provoca diminuzione della formazione dei linfociti T e degli anticorpi da parte di questo tessuto.
g) Secondo molti studiosi vi è una significativa relazione fra lo stress distruttivo (che consiste in quella aggressività notevole che non viene espressa ne scaricata all’esterno) ed il cancro.
Pauli e Renneker in una lunga ricerca hanno osservato una significativa relazione tra stress e carcinoma mammario
Lo STRESS è dunque la condizione nella quale un organismo si trova quando deve adattarsi ad un cambiamento o ad una situazione che gli viene imposta.
La classificazione di SELYE riconosce due tipi di stress:
uno lo giudicava positivo e vitale per la vita (EUSTRESS), e viene
definito quello che serve a “rendere le persone in grado di aumentare la
capacità di comprensione e concentrazione, di decidere con grande rapidità, di
mettere i muscoli in condizione di muoversi subitamente (per attaccare,
difendersi, fuggire), di avere a disposizione l’energia necessaria ad agire, a
combattere e così via”.
Lo stress continuo, cronico (DISTRESS), è invece negativo e devastante .
SELYE introduce diverse definizioni per lo stress
· Sindrome (cioè l’insieme dei sintomi) generale di adattamento
· Sindrome dell’essere malato
· Il sale della vita
· Fattore di logorio organico
· Una reazione organica di adattamento
Lo stress può essere determinato sia da eventi piacevoli (es. una bella notizia, una vincita), sia da eventi spiacevoli. Nel nostro organismo, quando si è sottoposti a uno stress intollerabile, cronico, avviene un vero e proprio sconvolgimento biochimico e muscolare.
Ogni agente stressante che colpisce un individuo può
provocare due reazioni, una positiva ed una negativa; quest’ultima può
dare luogo a patologie psicosomatiche a seconda della capacità dell’individuo
di trovare in se stesso le risorse necessarie ad affrontare una situazione di
emergenza, in sostanza lo stress è la risposta ad una situazione in cui l’individuo
è consapevole di una discrepanza tra le domande che l’ambiente esterno gli
pone e le sue caratteristiche soggettive ed oggettive. Lo stress sarebbe quindi
la conseguenza della necessità di impiegare energie superiori a quelle
adoperate di norma.
Nel mondo del lavoro esistono, accanto a fattori di rischio specifici, responsabili di malattie professionali, numerosi altri agenti capaci di turbare l’equilibrio ed il benessere dell’uomo, creando fenomeni di disadattamento e reazioni di stress, da cui possono derivare malattie non caratteristiche, non specifiche, ma certamente collegate alla professione (vedi più avanti Burn-Out e Mobbing).
Nella genesi di tali disturbi un ruolo fondamentale è rivestito dalle caratteristiche sociali ed organizzative del lavoro, le quali possono interagire con gli attributi psicologici e la personalità dei singoli individui.
L’operatore nella sua attività lavorativa si trova di fronte ad un sistema complesso, all’interno del quale interagiscono tre componenti: l’uomo, il lavoro, l’ambiente.
Ogni condizione che turbi l’equilibrio del sistema
uomo-lavoro-ambiente può essere fattore di stress e le modificazioni che ne
conseguono vengono indicate con il termine di strani.
Schematicamente la relazione STRESS - STRAIN può essere rappresentata dall’accoppiamento di un peso ad una molla, dove il peso rappresenta la sollecitazione di carico (STRESS) e l’allungamento rappresenta la deformazione che la molla subisce (STRAIN): se il peso supera la capacità di elasticità o il carico di rottura della molla la deformazione diventa irreversibile.
Non solo l’eccesso delle stimolazioni ambientali
provoca stress, ma anche la loro carenza.
La SINDROME DA STRESS si presenta sotto diverse varianti chimica accomunate dalle seguenti caratteristiche:
· La risposta fisiopatologia è a specifica e quindi stimoli diversi possono condurre a manifestazioni chimiche molto simili o sovrapponibili
· L’iter della malattia è uniforme e caratterizzato in successione da una prima fase di allarme, di reazione agli stressors, da una seconda fase, detta di resistenza, in cui le difese allertate nella prima sono in precario equilibrio; infine una terza fase in cui, perdurando gli stressors vengono ad esaurirsi le difese, con il conseguente sviluppo di uno stato di esaurimento funzionale
· Mediatori delle reazioni stress-strain sono il sistema endocrino, il sistema nervoso vegetativo ed il sistema immunitario
· Caratteristica essenziale delle manifestazioni di strain è la duplice valenza, somatica e comportamentale delle risposte a fattori ambientali, così che si possono avere alternativamente reazioni psicologiche, fenomeni di somatizzazione, risposte psicologiche integrate. Le reazioni individuali sono dettate soprattutto dalla tipologia psicologica del soggetto, ma in ogni caso si possono delineare tre tipi di risposta frequentemente osservate negli operatori sanitari:
- Disordini comportamentali
- Disordini psicofisiologici
- Sindrome del burn-out
I disturbi comportamentali danno luogo ad una vasta gamma di disordini tra cui ad es.
1) Abuso di sostanze alcoliche
2) Tabagismo
3) Turbe del comportamento alimentare (ipo o iperalimentazione)
4) Inibizione generalizzata o sovreccitazione
5) Reazioni affettivo-emotive ad es. tristezza
Irritabilità
Rabbia
Depressione
Scarsa concentrazione
Calo di rendimento
Facilità a dimenticare
Impoverimento del senso di autostima
Aumento del senso di impotenza
Tra i disturbi psicofisiologici si elencano quelli più importanti e che si riscontrano con maggiore frequenza:
· Disturbi del sonno
· Sintomi cardiovascolari: la frequenza cardiaca e la gettata cardiaca aumentano per fornire
sangue alle zone necessarie in risposta alla situazione stressante
con conseguente sintomatologia soggettiva di palpitazioni
(responsabili vari ormoni in particolare l’adrenalina)
· Dispnea: la frequenza del respiro aumenta per fornire l’ossigeno necessario al cuore, al
cervello, ed ai muscoli in attività
· Ipertensione arteriosa: la sua genesi dipende dal tipo di lavoro, dall’alterazione dei sistemi
coinvolti nella sua regolazione (es. sistema nervoso centrale e
periferico, ormoni [adrenalina, glucagone, cortisolo], apparato
cardiovascolare ecc.)
· Aumento della glicemia: lo stress psichico e fisico influisce indubbiamente sui parametri
glicemici con vari meccanismi:
a) Aumenta la produzione di una serie di ormoni antagonisti dell’insulina (es. adrenalina, glucagone e cortisolo). Ciò può essere responsabile di episodi di iperglicemia.
b) Aumenta considerevolmente la concentrazione di glucosio nel sangue poiché il fegato libera la sua riserva di glucosio nel flusso sanguigno.
· Iperidrosi: la sudorazione aumenta per eliminare le sostanze tossiche prodotte dallo
organismo e per abbassare la temperatura corporea
· Le secrezioni digestive vengono drasticamente ridotte poiché l’attività dell’apparato
digerente non è essenziale per contrastare lo stress
· Tensione muscolare generalizzata connessa ad irrequietezza psicomotoria ed incapacità a rilassarsi. Tutto ciò è dovuto alla deviazione del sangue dalla pelle e dagli organi interni (tranne cuori e polmoni), per aumentare la quantità di ossigeno e glucosio ai muscoli ed al cervello
· Diminuzione delle difese immunitarie (si è già accennato alla significativa relazione tra stress e cancro) da atrofia del sistema linfatico
v
SINDROME DEL BURN OUT
Possiamo sinteticamente
definire la Sindrome del Burn Out come una progressiva perdita di idealismo,
energia e scopi, vissuta da operatori sociali, professionali e non, come
risultato delle condizioni in cui lavorano.
Nel burn out vengono riconosciute due condizioni di stress: soggettiva (o interna) e oggettiva ( o esterna). Fra le condizioni soggettive ci sono quelle legate alle motivazioni ed alle immagini ideali dell’operatore. Fra quelle oggettive ci sono quelle legate alle condizioni materiali di lavoro, alle ambiguità di ruolo, alle strutture di relazione ecc..
La medicina del lavoro ha
portato a considerare come cause fondamentali di fatica e del conseguente calo
motivazionale e di efficienza, anche le caratteristiche ambientali soggettive
come rumore, sostanze tossiche presenti sul posto di lavoro ecc.; ma sembrano
avere peso notevole le variabili più prettamente soggettive e sociali come il
clima di gruppo, le comunicazioni interpersonali e la soddisfazione individuale.
Il sovrappiù di reazione emotiva e mentale che il nostro lavoro richiede, deve essere sempre da noi ascoltato e valutato quando dà un segnale di allarme.
Il burn out, considerato una sindrome per l’insieme dei sintomi che lo contraddistinguono, viene riscontrato soprattutto tra gli operatori che lavorano a stretto contatto con situazioni di sofferenza.
Diversi autori, soprattutto anglo-americani, hanno affrontato il problema.
La Maslach, in particolare,
definisce il burn out come “una sindrome da esaurimento emotivo, da
spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in
soggetti che per professione si occupano della gente”; e ancora: “una
reazione alla tensione emotiva cronica creata dal contatto continuo con altri
esseri umani, in particolare quando essi hanno problemi o motivi di sofferenza”.
Così come nello stress lavorativo, l’individuo non riesce a far fronte adeguatamente alle richieste ambientali, l’operatore sociale sperimenta una situazione di sovraccarico emotivo che si identifica nell’interazione continuata con l’utente, da cui può scaturire una sensazione di esaurimento emotivo e perdita di energia.
L’operatore sociale si renderà conto molto presto di non poter essere utile agli altri come avrebbe voluto quando ha intrapreso la sua professione.
Le strategie che l’individuo mette in atto di fronte a situazioni di distress, modificando il proprio ambiente, vanno sotto nome di coping, che in italiano potrebbe tradursi con “cavarsela”. Si evidenzia così il tentativo di non soccombere alle pressioni ambientali. Gli stili di coping sono sostanzialmente dettati dalle caratteristiche dell’individuo e dalle esperienze personali. Per difendersi dal sovraccarico di stress l’individuo potrà sviluppare una risposta cinica e disumanizzata che possiamo definire spersonalizzazione. Le persone, quelle stesse con cui egli aveva condiviso dolore e disagio, diventano “oggetti” da cui è bene prendere distanza.
Crollate le aspettative, cadono anche le convinzioni personali riguardo alle proprie capacità e competenze: “non sono capace di aiutare gli altri”, “non valgo niente!”.
La Maslach ritiene che i lavoratori più a rischio di burn out siano quelli che hanno difficoltà nel definire i limiti tra se e gli altri ed i confini funzionali tra professione e vita privata; in generale individui che, per taluni aspetti della personalità, possiamo sinteticamente definire fragili, con la disposizione a dedicarsi al lavoro in maniera scarsamente discriminante, animati da un forte entusiasmo e da un eccessivo bisogno di aiutare gli altri.
A fronte delle caratteristiche di personalità di ciascuno, bisognerebbe prendere in considerazione anche altri parametri: ad esempio gli orari prolungati, il sostegno inadeguato (a volte totalmente mancante) o la struttura rigida nella quale il lavoratore è costretto ad operare in condizioni quindi disumanizzanti.
Migliorare la struttura socio-organizzativa è perciò fondamentale per chi è responsabile delle risorse umane, perché possa prevenire il disagio del lavoratore e dunque migliorare la qualità globale del servizio all'utente.
Gli studiosi del campo relativo alla psicologia del lavoro hanno evidenziato che nell’uomo moderno il contesto sociale e lavorativo è quello che risulta essere maggiormente in grado di attivare risposte di stress, sia dal punto di vista comportamentale che dal punto di vista fisiopatologico.
Le condizioni fisiche dell’ambiente
lavorativo o la fatica fisica, il ruolo e le relazioni lavorative, la gestione
del lavoro, la burocratizzazione, sono tutte variabili capaci di provocare negli
operatori i sintomi che caratterizzano la sindrome del burn out: apatia,
perdita di entusiasmo, senso di frustrazione.
I comportamenti lavorativi messi in atto dagli operatori in fase di burn out (coping) riguardano soprattutto il rapporto interpersonale con l’utenza nel momento in cui tale rapporto perde la proprietà di relazione di aiuto e diviene essenzialmente una relazione tecnica di “servizio”: perdita dei sentimenti positivi verso l’utenza e la professione, perdita della motivazione, dell’entusiasmo e del senso di responsabilità, impoverimento delle relazioni, utilizzo di un modello lavorativo stereotipato con procedure standardizzate e rigide, cinismo verso la sofferenza, difficoltà ad attivare processi di cambiamento.
L’ISERES, Istituto di Ricerca, ha promosso a Montreuil, nel 2000, giornate di studio sulla intensificazione del lavoro e la salute. Si è instaurato, dicono i ricercatori ISERES, un clima generale di pressione sul tempo, di ansia, di urgenza. Gli effetti di questa pressione generalizzata, esaminata per lungo tempo nei gruppi di lavoro, restano tuttavia da valutare in modo preciso..
I risultati dei lavori statistici, nazionali ed europei, forniscono motivi di inquietudine: “il lavoro nell’ansia limita le possibilità di ciascuno di far fronte al suo carico di lavoro”: preparare i propri gesti, gli strumenti di lavoro, trovare aiuti e consigli, cambiare a propria misura l’ordine delle operazioni diviene sempre più difficile. L’assunzione di comportamenti a rischio si è fatta più frequente con la inquietudine che ciò provoca, derivandone incidenti concreti, anche se molti di questi cessano di essere denunciati perché l’obbiettivo aziendale “zero infortuni” ha preso un posto importante nei criteri di valutazione del lavoratore.
Infine è stata dedicata una sessione alla sofferenza psichica nel lavoro, in particolare nei lavori di assistenza e di interfaccia diretta con il pubblico (infermieri, medici, assistenti sociali ecc.) ove la questione del burn out, ovvero del “bruciare” le energie a tal punto da rendere insopportabile quel lavoro dopo un certo numero di anni, è stato analizzata con grande attenzione.
Anche i sindacati italiani si pongono il problema di studiare, assieme ai lavoratori, questa nuova condizione di lavoro nella quale convivono intensificazione e saturazione del lavoro, precarietà ed incertezza per il futuro, per lo più in nome di una insensata competitività per abbassare i costi del lavoro.
Tutto questo avrà, verosimilmente, un costo in salute che sarà comunque la società a dover pagare in termini economici e di sofferenza capillarmente diffusa.
· IL BURN OUT NELLE CORSIE OSPEDALIERE
OVVERO QUANDO AIUTARE "BRUCIA"
Curare gli altri può far male al punto di arrivare, ad esempio, alla depressione, all’abuso di psicofarmaci o, come avviene molto più spesso, al cinismo nei confronti del malato.
Ad ammalarsi per primi sono gli operatori sanitari che lavorano in situazioni dette di prima linea: Rianimazione, Pronto soccorso, Chirurgia d’urgenza, Terapia intensiva, Clinica psichiatrica, Reparti di degenza, ecc….. ma anche gli assistenti sociali, gli psicologi, gli assistenti domiciliari e altri.
La loro malattia, sindrome di Burn Out, come abbiamo visto, consiste in un esaurimento delle emozioni ed in una riduzione delle capacità professionali che si esplicano in una costellazione di sintomi: somatizzazioni, apatia, eccessiva stanchezza, risentimento, ecc…
Il disagio è così riconosciuto all’interno di queste categorie di lavoratori che due Società scientifiche (quella di Psicologia e Psicoterapia relazionale e quella di Terapia Comportamentale e Cognitiva) chiedono l’approvazione di un disegno di legge per inserire queste professioni fra quelle usuranti.
Il primo campanello di allarme di un lavoratore che opera nell’ambito sanitario, bruciato dalla propria professione è quello di un atteggiamento burocratico. Il secondo passo è quello della fuga: aspettativa, malattia, ferie, sono una tecnica per sopravvivere al disagio che cresce. Le donne pagano il prezzo più caro a questa sindrome professionale, soffrendo del doppio peso del lavoro in casa e sul posto di lavoro.
Dall’altruismo
al cinismo
Perché così spesso ci capita di osservare una sensibilità inadeguata in persone chiamate a compiti psicologicamente delicati ? Una spiegazione può essere data dal fatto che molti di essi sono “bruciati” (burn), vittime cioè della sindrome omonima, che secondo le statistiche più recenti colpisce fino al 60% di chi lavora a stretto contatto con la malattia, soprattutto se essa è cronica o inguaribile.
Vedere i malati soffrire, peggiorare, e spesso morire può logorare molto, con il tempo diventa difficile sostenere l’accumulo di stress e il dolore contamina chi è deputato a lenirlo. Il processo ha un esordio subdolo, ma oramai codificato. “La vittima del burn out fa sempre più fatica ad alzarsi la mattina”, spiega Nada Crotti, psicologa all’istituto dei tumori di Genova. “Va a lavorare contro voglia e con senso di oppressione, diventa progressivamente superficiale, reagisce infuriandosi se non riesce, ad esempio, a prendere subito una vena, non ammette serenamente i propri errori, scarica le colpe sui colleghi da cui tende progressivamente ad isolarsi”. Le collere esagerate, l’irresponsabilità, le accuse immotivate, tradiscono uno stato di frustrazione profonda, quello di chi sente di collezionare fallimenti e di non servire a nulla. Ovviamente si tratta di fantasie, in realtà queste persone sono state infatti tanto utili e capaci da ammalare per una sorta di esaurimento energetico.
Gli infermieri sono i primi
a “bruciare”.
Tra tutti gli operatori la cui professione implica costante contatto con la sofferenza, dunque dove il coinvolgimento emotivo intenso può essere ad un certo punto insostenibile, gli infermieri sono i più a rischio di sindrome del burn out, soprattutto quelli che lavorano in aree critiche come Pronto Soccorso, Rianimazione, Terapia intensiva, Unità spinale, Reparti di degenza, in particolare quelli a contatto con malati terminali. Proprio in questi ultimi è stata descritta per la prima volta la sindrome, un decennio fa, un po’ per spiegare i fenomeni di acting out (l’infermiere che urla o maltratta il malato), un po’ per dare ragione del maggior assenteismo e del più rapido turn over nei reparti ad alta densità di decessi. Infatti, anche se fra i loro compiti non c’è quello di prendere decisioni determinanti ed anche se hanno il vantaggio di poter cambiare di reparto quando si accorgono dell’eccesso di stress, gli infermieri sono di fatto gli operatori sanitari che vivono più a stretto contatto con il malato, sia in termini di tempo, sia in termini di emotività.
L’infermiere, a differenza del medico, ben raramente è coinvolto nella ricerca, per cui non trae alcuna gratificazione scientifica dal proprio lavoro. Anche l’ambiente extralavorativo gli è spesso sfavorevole in quanto la sua professione non è, in genere, socialmente apprezzata come meriterebbe. Paradossalmente, gli infermieri non sono neppure menzionati nel disegno di legge presentato alla fine del 1998 dal senatore Athos De Luca per il riconoscimento degli effetti collaterali di alcune professioni psicologicamente e fisicamente usuranti.
Inoltre sono del tutto discutibili i benefici previsti dal disegno di legge menzionato, in quanto invece di paventare strategie di prevenzione o di cura, si propone l’agevolazione del pensionamento anticipato, quando è statisticamente noto che andare in pensione può peggiorare uno stato psicologico già deteriorato.
Riassumiamo ora le fasi di questa sindrome che è tipica delle professioni di aiuto, caratterizzate da un distacco emotivo rispetto agli assistiti e dalla perdita di interesse per il proprio lavoro.
Si distinguono quattro fasi:
· La fase dell’entusiasmo idealistico e delle aspirazioni
· La fase dello stress lavorativo, in cui si avverte un progressivo squilibrio tra richieste e risorse
· La fase di esaurimento, in cui si comincia a pensare di non aiutare realmente nessuno ed in cui compare la tensione emotiva, l’irritabilità, l’ansia
· Fase della conclusione difensiva o alienazione, con totale disinteressamento emotivo nel lavoro, apatia, rigidità e cinismo.
Inoltre sono stati individuati tratti caratteriali che predispongono al Burn Out:
o L’ansia nevrotica, propria di quelle persone che si pongono mete eccessive e che si puniscono se non le raggiungono
o Uno stile di vita caratterizzato da eccessiva attività, competizione, in continua lotta contro il tempo
o La rigidità, cioè l’incapacità di adattarsi alle richieste sempre mutevoli dell’ambiente esterno
o L’introversione
SINTOMI FISICI 1) malessere generale
2) disturbi del sonno
3) disturbi gastro-intestinali
4) perdita e/o aumento di peso
5) frequente mal di testa
6) difficoltà sessuali
SINTOMI 1) impazienza eccessiva
COMPORTAMENTALI 2) impulsività
3) irritabilità e aggressività
4) abuso di psicofarmaci e di alcool
5) conflitti in famiglia e con il partner
SINTOMI 1) distacco emotivo dai malati, non disponibilità verso i loro familiari
COGNITIVO- 2) rigidità intellettuale, utilizzo di un modello di lavoro stereotipato con
-AFFETTIVO procedure standardizzate
3) negativismo, atteggiamento critico verso i colleghi
4) mancanza di entusiasmo nel lavoro e fuori dal lavoro
5) cinismo
6) depressione
Possibili
soluzioni per la gestione dello stress e del burn out nelle professioni di aiuto
Il passo più importante è riconoscere le prime avvisaglie del burn out, in modo da intervenire prima che compaiano i sintomi fisici e prima che il malessere si ripercuota sulla vita familiare e sessuale.
Studi recenti hanno individuato alcune strategie di cura individuali ed organizzative.
Quelle individuali comprendono le tecniche di rilassamento e la psicoterapia. È utile ricordare che la vita è anche altrove, fuori dall’ambiente lavorativo; a questo scopo è importante praticare e coltivare hobby.
Esistono poi strategie organizzative e di gruppo.
Prevenzione primaria:
agire sulle strutture di un sistema per eliminarne le caratteristiche patogene o
che comportano peggioramento nella qualità del lavoro e della vita. Individuare
fattori stressanti nell’organizzazione del lavoro e quindi risolverli,
infatti, come afferma Spaltro, il costo del lavoro diminuisce e la produttività
aumenta se si cambiano gli stili di gestione del potere, i modi di
incentivare, il clima nell’ambiente di lavoro.
Per approfondimenti sul Mobbing Aziendale vai al seguente link: http://www.carloanibaldi.com/mobbing.htm
Vedi anche le sezioni storiche del sito:
PILLOLE DI STORIA CONTEMPORANEA dal sito LA GRANDE CROCIATA |
L'Europa degli anni '20-'30 |
Il resto del mondo |
L'ascesa dei regimi |
Cronologia del Nazismo |
L'Europa in fiamme |
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Il sacrificio di milioni di esseri umani per riscattare la barbarie nazista |